C`era una volta il parco buoi

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C`era una volta il parco buoi
Il Sole 24 Ore
Domenica 20 Giugno 2010 - N. 168
10 Commenti
Lettere
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ILSOLE24ORE.COM: Daniele Bellasio
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PRESIDENTE: Giancarlo Cerutti
AMMINISTRATORE DELEGATO: Donatella Treu
Riforme e polveroni H
L’articolo 41 della Costituzione non cita il mercato
e la concorrenza, e dice che la libertà d’impresa va
indirizzata e coordinata a fini sociali: è l’impronta
ideologica della Carta. Come rimediarvi? C’è chi
suggerisce di aggiornare subito la Costituzione per
consentire la riforma liberale, ma si obietta che la
procedura richiede tempi molto lunghi. Sicché altri
propongono di smantellare a poco a poco con leggi
ordinarie tutto ciò che vincola le imprese, e a cose
fatte aggiornare il dettato costituzionale. La
proposta sembra pratica, ma c’è il rischio dei
ricorsi alla Corte tutte le volte che venisse abolito
in modo significativo un laccio o un lacciolo: un
rischio non marginale nei tempi che corrono. Un
dilemma che solo l'emergenza potrebbe sciogliere.
Mario Unnia
e-mail
ogià scrittodi non considerareuntabùlemodifichealla Costituzione: soprattutto
quandoquest’ultimavuolestabilire una puntigliosa grammatica
delle libertà e dei diritti che non
potrà poi evitare le inesorabili
verifiche imposte dall’evoluzione delle culture e dei costumi.
Perusciredalcampo dell’articolo41,siamopropriosicuricheoggi riscriveremmo l’articolo 29,
quello che parla della famiglia,
nei termini originali (che a me
vanno benissimo)? In questi casi, che fare? Lasciare ipocritamente le cose come stanno, magari considerandola Costituzione prescritta per desuetudine
nei casi scomodi? Per questo
considero tutt’altro che peregrinoundibattitosulriconoscimentocostituzionaleallalibertàd’intrapresa, se manteniamo l’idea
(o l’illusione) che la Carta debba
definire una visione del mondo.
Allo stesso modo, sono convinto che la proposta di modificare
l’articolo 41 sarebbe più comprensibile, ed enormemente più
popolare, se accompagnata da
pocheimmediatemisurediliberalizzazione. Non vorrei che, altrimenti, come già è successo in
passato, tutto si riducesse a un
ennesimopolverone. 1
Povera geografia
Sono un insegnante di geografia
nelle scuole superiori, vincitore
di concorso, laureato in Lettere
(ad indirizzo geografico), che
ha sostenuto 6 esami di storia
all’università. Vorrei sapere
perché a me, insegnante
specialista della materia, è
precluso l’insegnamento nelle
classi di concorso A050 e A051
(geografia e storia) nei Licei
quando questa è insegnata da
docenti non specialisti
generalmente laureati in Lettere
classiche che generalmente
hanno sostenito un solo esame
di geografia. Perché gli
insegnanti specialisti di
geografia, dopo la scomparsa
della materia nei Professionali
con la riforma, devono essere
confinati solo nei Tecnici, dove
peraltro è stato ridotto il monte
ore? Mi rendo conto che
l’insegnamento della geografia
non rientra tra le priorità, ma
un minimo di salvaguardia
della professionalità docente
per ciò che ne rimane,
soprattutto nell’interesse degli
studenti, sarebbe auspicabile .
Riccardo Canesi
Carrara
Rabbia operaia
A Pomigliano un sindacalista
della Cgil è stato allontanato
senza troppi complimenti,
cacciato dagli stessi lavoratori
che non credono più in chi da
anni si è dichiarato dalla parte
dei lavoratori e ha fatto finta di
non vedere le migliaia di posti di
lavoro persi a causa delle varie
delocalizzazioni selvagge, tutte
ordinate e disposte dalla
politica che a sua volta è al
servizio dei poteri forti.
Cacciare un sindacalista è un
fatto molto grave, se lo avesse
fatto un qualsiasi datore di
lavoro si sarebbe ritrovato di
fronte a un giudice a discutere
una causa per comportamento
antisindacale, che in casi come
questo viene regolarmente
persa. Ci provi la Cgil a fare lo
stesso con i lavoratori che
hanno cacciato uno dei suoi
uomini.
Pia Dasta
e-mail
...
FINANZA
GLI STATI UNITI E LO YUAN
La piccola vittoria
di Barack Obama
B
arack Obama può tirare un piccolo respiro di
sollievo.Dopotantedifficoltà,Pechinoglitende la mano. Il ritorno dello yuan a un regime più
flessibilerispettoal cambiofisso,decisounasettimana prima del G-20, può essere facilmente considerato una vittoria dagli Stati Uniti, che tanto
hanno insistito affinché la Cina si decidesse al
grande passo. Nessuno però s’illuda troppo sulle
conseguenze di questa nuova fase. L’apprezzamento delloyuan, ora, nonègarantito: losganciamento della valuta avviene proprio nel momento
in cui le aspettative di un rialzo e i flussi di capitale in arrivo in Cina sono molto deboli.
Se ci sarà davvero un apprezzamento, cosa che
nonva esclusa, questo avverràperché Pechino ha
deciso - e giustamente – che è arrivato il momento. I salari stanno crescendo, la domanda interna
seguirà, l’economia è tornata forte: il Partito ha
quindidecisodiridurreunarigiditàchecominciava a creare più danni che benefici. La vittoria degli Stati Uniti è solo apparente: i cinesi sono stati
bravi a sfruttare l’occasione per acquisire un vantaggio diplomatico ma, si sa, cedono alle pressioni solo quando sono più che convinti di aver preso le loro decisioni in piena autonomia.
...
TAGLI AGLI ISPETTORI
Lento pede
contro l’evasione
L
alottaall’evasionecontributivavolaalto,altissimo: 4,6 miliardi di euro recuperati nel 2009
(+40% rispetto all’anno precedente), già 2,2 miliardineiprimicinquemesidel2010(20%diincremento) garantendo – come dichiara il presidente
dell’Inps, Antonio Mastrapasqua – il 90% della riscossione. Trend e risultati importantissimi, tanto più alla vigilia di una stagione che si preannuncia molto difficile, e che potrebbero addirittura
migliorare con gli strumenti messi a disposizione
dal decreto legge 78/2010 (la manovra): dalla sospensione individuale delle prestazioni in caso di
evasione accertata superiore al 20%, al termine
ultra-breve di 90 giorni per la riscossione coattiva, invece dei 24 mesi attuali.
Ilproblemaècheuna lottaall’evasionecosìambiziosa rischia di perdere... le ruote. Nelle pieghe
della manovra, infatti, c’è anche la regola che sospende il blocco dei rimborsi chilometrici ai dipendenti pubblici (ispettori compresi) che utilizzano l’auto propria per ragioni di servizio. I nuovi
successi dei controlli sul campo viaggeranno così, quando andrà bene, alla velocità dell’autobus.
I PIANI DI GOLDLAKE
Mercati azionari?
C’è chi ci crede
ppena tre giorni fa Moby e Kos, le matricole
più attese dell’anno, hanno gettato la spugna: Borsa troppo incerta per quotarsi. Altre
aziende aspettano a investire, preoccupate per
l’instabilitàdei cambie dei mercati. Ma, ogni tanto, ci sono segnali controcorrente: aziende che
sfruttano proprio l’incertezza per mettere a segno investimenti importanti. È il caso di GiuseppeColaiacovoda Gubbio,esponentediuna famiglia cementiera umbra resa famosa per le sue miniere di oro etico (estratto senza sfruttamento
sull’uomo e danni all’ambiente). Ebbene, Colaiacovo ha deciso di entrare nel grande gioco della
finanzamineraria:la suasocietàGoldlake èpronta a rilevare una compagnia aurifera quotata al
Nasdaq. Non è un’acquisizione miliardaria, ma
forse fa più notizia di tante mega-operazioni in
settori più tradizionali del Made in Italy. Avere
una società di famiglia che non teme il confronto
con l’industria globale, è una conferma che il sistema industriale italiano è strutturalmente sano. In certi casi, anche dal cemento si cava l’oro.
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IL RISPARMIO E LA BORSA
LAMANO VISIBILE
...
Le liberalizzazioni
dirigiste
dei democratici
C’era una volta il parco buoi
CORBIS
di Gianfilippo Cuneo
S
isusseguonolenotiziediIporinviate: Fideuram, Kos, Moby; di altre
nuovequotazioniprospettate(Giochi Preziosi, Green Power, Manutencoop,eccetera)siriparleràdopo l’estate.La
ragione normalmente dichiarata è che
l’attuale volatilità dei mercati finanziari
non consente un collocamento a valori
congrui;certamenteivalorisonoinferioria quellidi anni fa, ma se davvero l’Italia
si avvia a un periodo di stagnazione e deflazione è anche possibile che i valori futurisiano ancorapiù bassi.
È interessante ragionare sull’analogia
fra Giappone e Italia; dall’inizio degli an-
COINCIDENZA D’INTERESSI
In un periodo di stagnazione
per collocare bene una
società bisogna tornare
al concetto chiave: la fiducia
nei propri piani di sviluppo
ni90ilGiapponeèentratoinuntunneldi
stagnazione; l’indice Nikkei è oggi meno
diun terzo di quelloche era nel 1990.Esistono altri numerosi paralleli preoccupanti: un lungo periodo in cui il Pil non è
cresciuto, l’enorme debito pubblico (in
Giappone ha superato il 200% del Pil) e
quindi l’impossibilità per lo stato d’indebitarsiulteriormenteperstimolarel’economia,lareattivitàscarsaonulladell’economia agli stimoli artificiali del governo,
nessuna seria riforma dei settori assistiti
o inefficienti, e infine un forte tasso di risparmio delle famiglie, che però privilegiano gli impieghi "sicuri". Se l’Italia dovesse seguire l’evoluzione non virtuosa
del Giappone, non è quindi da escludere
che le Ipo siano da rimandare per un bel
po’ di tempo, a meno di aziende percepite come solide e con significative pro-
spettivedi crescitanonostante tutto.
Chi dà la colpa dei rinvii al mercato
(soggetto cattivo e impersonale) ignora
però l’accresciuta maturità degli investitori, anche di quelli comunemente chiamati"parcobuoi".Dopotutto,leazionidi
moltissime medie aziende quotate negli
anni precedenti il 2008 hanno perso più
dell’indice di borsa e non si sono rivelate
unbuonaffareper gliinvestitori;dobbiamo quindi immaginare che ci sia oggi
maggior freddezza nell’analizzare titoli
nuovi e un maggior scetticismo relativamentealleaffermazionidelprospettoinformativo. Oggi si tende a preferire titoli
noti a nuove emissioni, a meno che non
sianoscontatissime.
Ormai bisogna trattare l’investitore
potenziale in un titolo di un’azienda da
quotarecomeuncompratore professionale che crederà poco ai numeri rappresentati e crederà invece molto di più ad
elementi quali la motivazione dei proprietaridell’azienda,lastoriadicomportamentipiùomenocoerenticongliinteressi degli azionisti di minoranza e soprattutto la collimazione d’interessi per
il futuro. La domanda fondamentale che
un investitore serio si pone è sempre la
stessa: se il proprietario colloca delle
quoteazionarieinborsa,ancorchéinaumento di capitale, non è per caso che in
realtàhaintenzionediliquidareunapartedelproprioinvestimentoquandofinisceil periododi lockup?E sequello fosse
il vero obiettivo, non è per caso che il
proprietariosi attendaunadiminuzione
di valore negli anni seguenti? E in tal caso perché mai qualcuno dovrebbe comprare oggi?
Unadomandaancillareèperchésivoglia quotare l’azienda invece di venderla; la risposta di scuola è che l’imprenditore crede nel futuro dell’azienda e non
vuole cederla oggi. Quotarla, magari a
una valutazione superiore a quella che
un investitore esperto riconoscerebbe
per la vendita del 100%, implica che gli
Basta favole. Prima di investire
il risparmiatore esige adeguate garanzie
azionistidiminoranzadovrebberopagare un premio per essere in minoranza e
contemporaneamente non avere nessuna garanzia tipica dei patti parasociali;
un’evidente assurdità.
E comunque rimane l’interrogativo:
ma domani, quandomagari l’azienda potrebbevaleredi più,come faràl’azionista
diminoranzaamonetizzarequestovaloreseilproprietariononvorràcederlaanche di fronte a un’offerta allettante, non
vorrà distribuire dividendi, non vorrà
averesocifinanziarichelocondizionino,
nonvorràfareaumentidicapitalecheaumentino il valore della società ma faccianoperdereilcontrollo,vorràtrasformarla in una proprietà privata da passare ai
proprifiglienipotiodelistarlaavaloriinferiori a quelli del collocamento? Abbiamogià visto ognunodi questi casi.
Per quotare un’azienda bisogna ormai
ritornare ai concetti fondamentali, più
che mai importanti in un periodo di stagnazione. L’azienda deve avere un serio
ecredibileprogrammadisviluppo,ilmanagement deve dimostrare di credere
nel programma accettando di avere stipendi bassi in cambio della possibilità di
investiree diaverefortistock optioncollegate al valore a termine delle azioni, la
governancedevedare fortipoteri ai consiglieriindipendenti(chenondevonoessernominatidall’azionistadimaggioranza)esoprattuttol’aziendadeveessercontendibile.
Èlogicocheilproprietariodiun’aziendarinviilaquotazionequandoilmercato
finanziario o gli investitori istituzionali
(per esempio i fondi di private equity)
nonriconoscono unvalore adeguatoalle
potenzialità;masedomaniivalorisaranno superiori, e tutti ce lo auguriamo, la
quotazione sarà accessibile solo alle
aziendechedavverosarannocapacidifaregliinteressidegli azionistidiminoranzaecontinuerannoadavereunprogrammadi sviluppo credibile.
di Moisés Naím
I
colombianioggieleggonodemocraticamente il loro prossimo presidente.
Nel frattempo, milioni di cittadini in
altri paesi sudamericani li invidiano. E
fanno bene. Per esempio, invidiano un
paese in cui un presidente con un vasto
appoggiopopolare ela dichiaratavolontà di continuare a governare accetta di
abbandonare il potere e lasciare ogni incarico al termine della legislatura, perché così è stato deciso da un tribunale. Si
tratta di uno scenario impensabile in diversi paesi dell’America Latina, dove i
giudici sono di proprietà del presidente.
I vicini della Colombia sono anche invidiosi dello svolgimento di un confrontoelettoraleincuituttiicandidaticontribuiscono al dibattito con serie credenziali,unavastaesperienza,propostevalideelavolontàdinonriproporrequelpopulismocosìdiffusoinaltripaesidelcontinente.Nonèsoltantolademocraziacolombiana a generare invidia, ma anche i
suoi miracoli. E di miracoli negli ultimi
anni la Colombia ne ha vissuti parecchi.
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Probabilmente è il suo progresso economico ad essere il meno conosciuto a
livello internazionale. Nel 2002, quando Álvaro Uribe iniziò il suo mandato
presidenziale, la Colombia esportava
prodotti non convenzionali come petrolio e caffé per un ammontare pari a
soli 6,6 miliardi di dollari statunitensi.
Lo scorso anno questa quantità ha raggiunto i 15 miliardi. E questo si è verificato nonostante la crisi globale e il blocco
imposto dal Venezuela alle importazioni colombiane.
Durante la presidenza di Uribe l’economia colombiana è cresciuta costantemente, creando così quasi tre milioni di
nuovi posti di lavoro. Gli investimenti
privati nazionali ed esteri hanno registrato un notevole incremento e l’inflazione si è ridotta al 2% del 2009, a partire
dal 7% del 2002.
Queste cifre, se confrontate con
l’esperienza venezuelana nello stesso
periodo,sonotantosgradevoliquantorivelatrici: la scarsità di provviste e l’insicurezza alimentare sono comuni in Venezuela, la perdita di posti di lavoro nel
settoreprivatoèalquantodiffusa,l’infla-
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zione nel paese è la più alta al mondo e
l’economia è calata del 3,3% nel 2009 e
del 5,8% nell’anno corrente.
Seanchecisi limitassea questo,l’invidia dei venezuelani per la Colombia sarebbe pienamente giustificata. Ma non
si tratta solo dell’economia. In Colombia si è verificata anche una miracolosa
trasformazioneperquantoriguardalasicurezza dei cittadini. Mentre una volta
erano Bogotá, Medellín o Cali ad essere
sinonimodi assassinii,sequestri ecrimine diffuso, oggi questo primato spetta a
Caracas e ad alcune città del Messico e
del Centro America.
EpoicisonoleFarc,forzearmatecomposte da sanguinari mercenari che, mascherati da difensori della società, hannocontinuatoadesisteregrazieallapro-
LEZIONI DI DEMOCRAZIA
Inflazione in calo, export in
crescita, sicurezza in strada:
dopo la cura Uribe, il paese
sudamericano sceglie oggi
il nuovo presidente
di Alessandro De Nicola
L
tezionearmata fornitaai narcotrafficanti.Sullastampainternazionaleoggisileggono titoli come questo: «La guerriglia
non è più il grande problema della Colombia». Le Farc non terrorizzano più i
colombiani. Se questo non è un miracolo, ci va molto vicino.
Certamente la Colombia non è un paradiso. La maggior parte dei colombiani rimane estremamente povera e la diseguaglianza economica, le ingiustizie
sociali, la violenza e il narcotraffico
continuano a manifestarsi nella realtà
quotidiana. Ma sempre meno di prima.
Si tratta di un avvenimento importante
in un continente dove il progresso è così raro che quando si verifica sembra
un miracolo.
Non si può negare il progresso della
Colombia durante la presidenza di Álvaro Uribe. I suoi successi non soltanto
generano invidia, ma servono da esempio e speranza per altri paesi che rimangono impantanati nell’autoritarismo e
nel cattivo governo. I colombiani hanno dimostrato al mondo che il popolo
può invertire le tendenze ed evitare un
destino considerato inaccettabile. Per
questo motivo, in un giorno come oggi
possono sentirsi orgogliosi e ammirati.
E anche invidiati.
e leggende metropolitane sono dure a morire.
Una particolarmente tenace riguarda il ruolo
del segretario del Pd Pier Luigi Bersani quale
presunto liberalizzatore dell’economia italiana grazie alle sue magiche "lenzuolate".
Ora, mentre il Pd ha ragione di accusare il governo di immobilismo e istinti corporativi, prendiamo
spunto dalle sette nuove proposte presentate la settimana scorsa dal vertice del partito per sostenere
"la libertà di impresa" e dei consumatori e vediamo
se, al di là delle buone intenzioni, i Democratici sono veri liberalizzatori.
L’approccio di Bersani è ciò che potremmo chiamare un "socialismo consumeristico". In tempi moderninonhasensolaretoricadegli operaiecontadini,quindi ilpopolo verso cuiridistribuire laricchezzaèquellodeiconsumatori.Sepoilemisurechevengono impiegate a tal fine sono dirigiste o dannose,
non importa; se migliorano l’allocazione efficiente
dellerisorse tanto meglio. Così fu, d’altronde, anche
per le lenzuolate originarie. Quelle sulle parafarmacie o sull’abolizione dei minimi tariffari degli avvocati erano sacrosante.
La proibizione, sconosciuta nel resto del CONTRADDIZIONE
mondo, per gli agenti Le sette proposte
assicurativi di essere costruiscono
monomandatariol’eliminazione del costo una curiosa forma
fisso delle ricariche te- di socialismo
lefoniche sono state consumeristico
inutili o costose. Essere sempre e comunque a favore dei consumatori non è né liberale né
efficiente: se obbligo l’edicolante a consegnare ai
clienti un prospetto sui danni che carta e inchiostro
possono provocare alla salute, soprattutto se leccati, non liberalizzo, impongo una sciocchezza.
AnchelenuovesettepropostedelPdsonfattecosì. Per esempio, la libertà di approvvigionamento
dei gestori della rete dei carburanti significa che i
distributori legati ad una società petrolifera da rapporti di esclusiva devono potersi approvvigionare
dibenzinaanchedaaltriperspuntareunminorprezzo. Le compagnie petrolifere scaricheranno perciò
parte dei costiche ora sopportano loro per attrezzarelastazionedi serviziosuidistributoriiquali,nemmeno implorando, potranno ottenere un contratto
inesclusiva: lovieterebbeBersani.Stessodicasidella famigerata nullità della clausola di massimo scoperto o di clausole simili attraverso le quali le banche fanno pagare più interessi a chi va in rosso oltre
un certo limite. Gli istituti di credito daranno interessiattivi piùbassi o applicheranno interessi passivipiùaltiperrecuperareisoldi,svantaggiandoicorrentisti "virtuosi". In alcuni casi le proposte sono
buone (la separazione tra Eni e Snam Rete Gas), oppureconelementiapprezzabiliealtritimidioconfusi (sulla riforma degli ordini professionali o della
vendita dei medicinali) ma il discorso non cambia:
leidee "liberalizzatrici" del Pd non sononecessariamente sbagliate ma spesso "costruttiviste", perché
implicano che l’autorità pubblica sappia meglio di
consumatori e imprese come funziona il mercato.
Anche l’opposizione feroce al cambiamento
dell’articolo 41 della Costituzione è indice di questa
mentalità. Europeisti come sono, dovrebbero sapere che il mercato unico europeo è stato creato dalle
mazzate che la Corte di Giustizia ha inflitto a norme
e regolamenti nazionali che ostacolavano il mercato interno, grazie al fatto che la Costituzione europea (il trattato di Roma) le dava il potere di abrogarle.UnabellanormachericalchiiltrattatodiMaastricht (L’Europa è una «economia di mercato aperta
che opera in regime di libera concorrenza») porterebbe molti più benefici di qualsiasi lenzuolata.
(Traduzione di Graziella Filipuzzi)
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Modellidicrescita.IlmiracoloeconomicoepoliticodiBogotà
Carramba che Colombia
...
A
Le aziende che vogliano sbarcare a Piazza Affari devono ormai considerare
professionali tutti gli investitori, anche quelli più piccoli, oggi molto maturi
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