AM1952M15 - archivioteatrale.it

Transcript

AM1952M15 - archivioteatrale.it
ARNALDO MOMO
[AM1952M15]
IL GIRASOLE
Sacra rappresentazione
di Vincent Van Gogh
1
a Cesare mio fratello
cui sono debitore
Il testo, segnalato al Concorso IDI - Piccolo Teatro di Miliano, è stato messo in scena
dal Piccolo Teatro Città di Brescia, nel Teatro Grande, marzo 1954,
per la regia di Renzo Frusca.
L‟idea di trarre un‟opera teatrale dalle Lettere di Vincent al fratello Theo
mi era stata proposta da Michelangelo Muraro.
2
PERSONAGGI
Vincent Van Gogh
Il signore del discorso funebre
Il signor Jean Dénis
Il dottor Peinikke, Vice Direttore del Museo Municipale di Amsterdasm
Il signor Lébonnet, del Luxembourg di Parigi
Il dottor Van den Borre, della Società Anonima per Azioni Bacini Carboniferi Borinage
Un operaio
Un vecchio operaio
Gabriel Barrè - un operaio
1° Pastore
2° Pastore
3° Pastore
Michel - operaio
Sien
La suicida
Kay
Il padre di Vincent
Tersteeg - mercante
Theo Van Gogh
Paul Gauguin
Violette
Un cameriere
Jo
Il Commissario
La signora Dupont
Il marito della signora Dupont
Un piantone
Un matto
Il dottor Gachet
Coro delle donne del Borinage:
1) una madre; 2) una sposa; 3) una maestra.
Coro di bambini
Voci di uomini e di donne
3
Scena multipla, ma organicamente unitaria. I luoghi possono essere indicati emblematicamente
come nelle Sacre Rappresentazioni. Il passaggio dell‟azione da un „luogo deputato‟ all‟altro nel
tempo è segnato dalla luce che illumina di volta in volta lo spazio dove si svolgono i fatti.
4
EPILOGO - il funerale di Theo
A sipario chiuso. Poche persone, in lutto. Nel centro Jo, la moglie di Theo.
Il Signore del discorso funebre -
Vincent Van Gogh 27 luglio 1890; Theo Van Gogh 21 gennaio
1891; sei mesi dopo la tragica fine del tuo amato fratello che ha voluto violentemente
chiudere la sua giornata terrena (e sia lungi da noi la presunzione di qualsiasi giudizio), tu ci
hai fatto ripercorrere la stessa strada e accanto alla terra smossa di fresco abbiamo dovuto
ancora scavare.
Unica consolazione per noi che restiamo, e per la tua fedele e amorosa compagna prima di
ogni altro, il pensiero che tu certo nel supremo momento non avevi rimpianti, così che il
dolore della separazione si addolcì nella naturale malinconia di un tramonto sereno.
Perché, cosa chiede l‟amore per sé, se non la gioia stessa del donare? E come si può
chiamare la tua vita, se non col nome amore?
Tu hai scelto il posto più difficile per un fratello (per la nostra miseria non è, come dovrebbe
essere, una contraddizione): contemplare lietamente dall‟ombra, tu di quattro anni più
giovane di lui, la luce della gloria, rassicurando, consigliando, sostenendo, perché si
compisse il destino del genio in cui tu solo avevi creduto e di cui umilmente ti rallegravi.
E dunque abbiamo voluto che tu gli riposassi accanto, perché amiamo pensare, nella nostra
misura umana, che più facilmente tu possa così difenderlo anche dinanzi a Dio, e con la tua
pace placare il suo cuore doloroso.
Ma il fischio dei guardiani segna l‟ora in cui siamo costretti a lasciarti e ci richiama al
tempo, che s‟era per un poco con te arrestato nell‟eternità.
Addio. Addio.
Jo depone sulla tomba un mazzo di fiori. Un signore dà il braccio a Jo e, dietro loro, tutti escono.
Corale d‟organo. Si alza lentamente il sipario.
5
I ATTO
IL PAESE NERO DEI MINATORI. 1878-1880
Coro delle donne del Borinage
(1 - una madre; 2 - una sposa; 3 - una maestra)
1-
Nel Belgio meridionale nell‟Hinaut, c‟è una contrada chiamata Borinage.
3-
In questa contrada vive una caratteristica popolazione di operai che lavorano nelle numerose
miniere di carbone.
Ecco quello che dice di loro un piccolo manuale di geografia: “Gli abitanti del Borinage non
si occupano che dell‟estrazione del carbone. E‟ uno spettacolo imponente quello offerto da
miniere di carbone a trecento metri di profondità, dove scende quotidianamente una
popolazione operaia degna della nostra attenzione e della nostra simpatia. Il minatore del
Borinage è un tipo particolare:
2-
per lui il giorno non esiste e non esiste mai la possibilità, salvo la domenica, di godersi i
raggi del sole:
1-
il minatore lavora faticosamente alla luce di una lampada, il cui chiarore è pallido e
nebbioso, in uno stretto budello, col corpo piegato in due. Spesso è obbligato a strisciare;
3-
lavora per strappare dalle viscere della terra questa sostanza minerale di cui tutti conosciamo
la grande utilità,
2-
lavora in mezzo a mille pericoli che si rinnovano senza posa;
3-
eppure il minatore belga ha un felice carattere e quando scende nel suo buco col cappello
sormontato da una piccola lampada che deve guidarlo nelle tenebre, si affida al suo Dio che
vede la sua fatica e che protegge lui,
2-
la sua donna,
1-
i suoi figli”.
6
INTERMEZZO
la vecchia casa del pastore Van Gogh: la ricerca dei documenti
Il dottor Peinikke e il signor Lébonnet, storici dell‟Arte; il signor Denis testimone
Il signor Denis -
(uscendo dalla vecchia casa di Van Gogh fa strada al dottor Peinikke e al
signor Lébonnet) - ... Certo, la casa allora non era come adesso. Voi siete dei signori, dei
cittadini, ma non faccio per dire, ci abbiamo fatto dei lavori, l‟abbiamo molto migliorata.
Dottor Peinikke -
Peccato.
Il Sig. D. -
Peccato che abbiamo migliorato la casa?
Dottor P. -
Intendevo dire cha la casa in tal modo avrà perduto del suo antico carattere.
Il Signor D. - Sì, ma anche allora era la migliore casa, qui intorno.
Il fatto è che il nostro pastore Van Gogh non poteva sopportare di stare meglio dei minatori.
Se avesse potuto, sarebbe sceso con loro, sotto terra.
Ma non volete proprio accomodarvi un momento? Un goccetto di vino, alla buona. Eh, la
mia povera moglie è morta, Signori, sono già sette anni.
Dottor P. -
Grazie, ma dobbiamo andare.
Sig. L. -
Prima di partire vorremmo passare da quel minatore di cui ci avete parlato.
Il Sig. D. -
Sì. (indicando col braccio) Quella là in fondo è la sua capanna. Eh, glielo deve
proprio al nostro pastore Van Gogh, Michel, se si è salvato. Ma non so cosa ne potrete
cavare. Ormai è completamente svanito.
Signor L. -
Bene, tenteremo lo stesso. In caso, ci limiteremo a dare un‟occhiata.
Grazie mille, signor Dénis.
Il signor D. - (allargando le braccia) Per quel che ho potuto, questo è tutto quello che la mia
memoria invecchiata ha saputo raccogliere e quando il nostro Pastore se ne andò, sul lato
della strada, una mattina di primavera com‟era venuto, io non saprei dirvi di più, non
abbiamo più avuto sue notizie, da allora.
Dottor P. -
In ogni modo, se mai si trovasse in seguito qualcuno dei suoi disegni, questo è il
nostro indirizzo. (gli dà un biglietto. Il Sig. D. lo legge).
Sig. L. -
Ci farete un segnalato favore a tenercene informati.
Dottor P. -
Avrebbero un certo valore, capite; in mano a competenti.
Sig. D. -
Fidatevi di me. Ma non credo che ne se ne possano trovare, ancora. Chissà dove sono
andati a finire. Che volete! Lui non copiava le cose che noi chiamiamo belle e preferiva
sempre quello che gli sembrava più miserabile. Voi siete dei professori e ve ne intendete, ma
7
noi ne abbiamo abbastanza di questo, nella vita, non è vero?
Dottor P. -
(guardando l‟orologio) Signor Lébonnet, manca soltanto poco più di un‟ora alla
partenza del nostro treno.
Il sig. D. -
Ma allora sarà meglio che vi accompagni! Se fate la solita strada allungate il giro di
un bel pezzo.
Dottor P. -
Non vorrei vi disturbaste troppo ...
Il Sig. D. -
Per carità! Devo andare anch‟io alla stazione e prima o dopo ...
Se mi aspettate un momento, prendo un pacco e vengo.
Sig. L. -
Siete molto gentile.
Il sig. D. -
Con permesso (entra in casa).
Dottor P. -
Pare impossibile che questa gente abbia ospitato per tanto tempo un uomo come Van
Gogh senza minimamente accorgersene.
Sig. L. -
Mio carissimo dottor Peinikke, non dimenticate i nostri colleghi d‟allora.
E del resto, aveva talento Van Gogh? La domanda vi potrà sembrare stolta, ma non so se
rispondereste affermativamente senz‟altro, se oggi uno, all‟età di trent‟anni, incominciasse
così, come Vincent ha cominciato.
Dottor. P. -
Al nostro amabile sig. Lébonnet piacciono i paradossi.
Il sig. D. -
(uscendo di casa) Già, non si sapeva niente, noi, di ciò ch‟era diventato il pastore
Van Gogh e si è molto sorpresi di sapere ch‟era arrivato ad essere un vero pittore. Ma c‟era
qualcosa in lui. Questo l‟avevamo capito anche noi, persone ignoranti.
8
Coro delle donne del Borinage
3-
Così il Borinage è a sud di Lessines dove si trovano le cave di pietra.
1-
E‟ un luogo scuro e a prima vista tutto intorno ha un aspetto triste e funebre.
2-
Accanto alla miniera, miserabili abitazioni di minatori, con radi alberi morti, completamente
anneriti dal fumo, siepi di pruni, mucchi di immondizie, montagne di carbone inutilizzabili.
3-
Gli operai di queste miniere sono generalmente persone emaciate e pallide di febbre;
2-
hanno l‟aspetto affaticato e consunto, bruciato e vecchio prima del tempo;
1-
le donne, quasi tutte, sono smorte e appassite.
3-
Le miniere hanno cattiva fama per i numerosi accidenti che si susseguone, sia nella discesa,
sia nella salita,
2-
e per l‟aria soffocante, l‟acqua sotterranea,
1-
il crollo di vecchie gallerie,
3-
le esplosioni di grisù.
9
1a SEQUENZA
nella miniera - Morte e Resurrezione
(Urlo di sirene. Grida, voci fuori scena)
Voce di uomo -
Aiuto, aiuto , è successa una disgrazia!
Voce di uomo 2 -
Alle miniere Belghe! Al pozzo numero uno!
Coro 3 -
Padre nostro che sei nei cieli, liberaci dal male.
Voce di uomo -
La squadra di Paul c‟è rimasta tutta!
Voce di uomo 2 -
Sono tutti morti!
Coro 2 -
Signore mio Dio, abbi pietà di noi!
Voce di donna -
C‟è mio figlio la sotto, c‟è mio figlio, lasciatemi andare.
Coro 1 -
Padre nostro che sei nei cieli liberaci dal male.
10
Van Gogh e Michel entrano in chiesa. Van Gogh é seguito da due operai che portano su una
barella Michel.
Van Gogh - Adagiatelo qui.
Un vecchio operaio - (vestito con tela d‟imballaggio. Sul dorso, la parola FRAGILE. All‟altro
operaio) Piano. Fa piano (mettono la barella a terra e distendono Michel su un saccone)
Un operaio - Anche questo è andato, pastore Van Gogh.
Un vecchio operaio - Il medico dice che non arriva a domani, signor pastore. L‟avevo proprio
incontrato questa mattina, davanti al pozzo. Come va? Gli dico. E lui: Bene come al solito,
vecchio. E io gli ho detto, a me non mi vogliono ormai.
Van Gogh - Andate, ora. (gli operai escono con la barella vuota)
(Michel, steso sul pavimento della chiesa è tutto bendato, quasi fosse nel sepolcro. Van Gogh, chino
sopra di lui, è vestito poveramente, come un operaio, con una camicia di sacco).
Van Gogh - (grida sottovoce a Michel). Michel, Michel, mi senti? Non ascoltare più questi urli di
morte. Tutti gridavano intorno a te. Lo so. I moribondi, gli uomini, le donne, e quest‟urlo
delle sirene.
Ti hanno assordato, e tu non odi più le voci della vita. Ma io ti parlo piano, Michel, non può
farti male. E‟ come se tu dormissi fondo, quando nostra madre ci chiamava piano e noi la
sentivamo nel sonno. Michel, Michel, non ascoltare le grida dei morti. Lascia che ti
chiamino e non rispondere. La mia voce è bassa, deve trovare la tua anima.
Si, lo so, tu non puoi parlare, ma apri gli occhi un momento e mi farai capire. Un momento
solo, Michel. E‟ un grande sforzo per te, che io ti chiedo, ma tu lo devi fare. (grida con
forza) Michel, ascoltami, me, mi devi sentire. Io ti chiamo con la voce di Cristo, con la voce
che ha destato Lazzaro e la figliuola del Sacerdote; rispondimi.
Michel, se mi rispondi, tu avrai il volto di Cristo risorto: tu non puoi rifiutarti ai tuoi
compagni.
Coro 1, 2 -
Signore mio Dio, abbi pietà di noi.
Coro 3 -
Padre nostro che sei nei cieli liberaci dal male.
Coro 1, 2 -
Signore mio Dio, abbi pietà di noi.
11
Le voci degli operai e le ragioni dell’impresa
Annunciata da un canto rivoluzionario, entra la delegazione degli operai che si ferma davanti alla
casa della Direzione. Seguono minatori, vecchi, donne e bambini.
Entra il dottor Van den Borre.
Dottor Van den Borre - Vi ho visti arrivare, cari amici, ed eccomi qui.
Un operaio - Siamo stati mandati dai nostri compagni.
Dr. V.d.B. - Sono a vostra disposizione.
Un operaio - Parlate voi, Jean.
Jean Dénis - Paul è rimasto là sotto, signor dottore. Così mi hanno pregato che dicessi io le loro
ragioni. Io non faccio che ripetere quanto mi è stato detto.
Dr. V.d.B. - Dite, dite liberamente, caro amico.
J.D. - Ecco, signor dottore, il signor ingegnere ha detto che ha avuto l‟ordine di riportare la
perforatrice negli altri pozzi. Gli operai dicono che così è impossibile continuare lo scavo.
Un operaio - Siamo andati avanti finché si poteva coi picconi e coi badili.
Un vecchio operaio - Quelli che sono rimasti di qua del gomito li abbiamo recuperati tutti, vivi e
no. Ma poi è crollata tutta la volta del nuovo traforo.
Un operaio - Tremila metri cubi di materiale, almeno.
Dr. V.d.B. - Ma...io non so. Non sono un tecnico. Aspetterò che mi si riferisca. Effettivamente
l‟ordine c‟è stato, ma se si trattasse ancora di poco tempo....
Un operaio - Quindici giorni sicuri di lavoro.
Dr. V.d.B. - Quindici giorni? E l‟estrazione del carbone, intanto?
Gabriel Barré - L‟estrazione del carbone la facciamo noi, non voi. Ma ora c‟è mio figlio, là sotto.
Un operaio - Il carbone deve aspettare.
Dr. V.d.B. - Ma cari amici, io, personalmente, non ho nulla in contrario, e posso anche essere
d‟accordo con voi. Soltanto sento il dovere, come amministratore, di farvi presente che la
Società, in un momento come questo, non può permettersi una simile sospensione di lavoro.
Se volete studiare con me i nostri bilanci...nonostante io non sia autorizzato...sono certo che
capirete, come collaboratori...
Un operaio - Noi non ci capiamo niente, dei vostri bilanci, avrete sempre ragione.
G.B. - Se non ci darete il vostro aiuto, ricordatevi che siamo dei disperati: potreste pentirvene.
Dr. V.d.B. - Ma signori, amici, vi ho già detto che sono con voi. Ma non sono io la Società.
Credetemi, nessuno può farci niente.
12
J.D. - Voi dovete capirli. signor dottore. Pensate se ci fosse vostro figlio là sotto.
Dr. V.d.B. - Ma non confermate voi stessi, come del resto mi è già stato riferito dai tecnici, che è
crollata la volta di tutta una galleria? Certo, se ci fosse anche solo un filo di speranza,
potreste star sicuri che noi non esiteremmo, magari a costo di rischiare il fallimento. Ma in
un caso come questo, non vedo come...
J.D. - Dicono che il Pozzo n. 1, dove si trovava la squadra di Paul, avrebbe potuto resistere.
Un vecchio operaio - Erano in una diramazione, capite. Così la volta forse è ancora in piedi e
sarebbe possibile arrivare almeno ai loro corpi.
Dr. V.d.B. - Capisco. Per voi è doloroso...lo sarebbe per noi tutti...Io vi sono vicino con tutto il
cuore...Ma voi siete degli uomini forti: bisogna farsene una ragione. Sono ormai passati tanti
giorni: lo dite voi stessi che non c‟è più la minima speranza di trovarli vivi: si tratta soltanto
dei corpi, poveri corpi straziati. Sarebbe un dolore, e un rischio inutile: è meglio così,
convincetevi: che riposino in pace per sempre nella loro miniera, dove erano tante volte
discesi. Credetemi: bisogna rassegnarsi...voi avete degli altri figli, ancora, a cui pensare; le
vostre mogli, i vecchi...Se le Miniere dovessero chiudere sarebbe la rovina di noi tutti, di
voialtri per primi.
Un operaio - A questo punto preferiamo morire di fame. Ci sono i nostri compagni, là sotto.
Dr. V.d.B. - Amici, il vostro pastore si rifiuta di parlarvi. Io non sono il più adatto, ma mi pare
che Dio, la sua volontà...
G.B. - Il pastore Van Gogh fa benissimo a tacere. Noi trascineremo in giudizio anche Dio.
Dr. V.d.B. - Amici, come vi ho già detto, io non posso prendere nessun provvedimento definitivo,
sono un dipendente come voi. Se volete scriverò alla Società, farò in modo che vi siano
concesse le perforatrici e tutto quanto occorre. Ma non so come farete poi a vivere, se
l‟estrazione del carbone sarà sospesa. Io ho il dovere di rammentarvi formalmente che
inadempiendo al contratto la paga non può correre.
Un vecchio operaio - Ci sospenderete la paga?
Dr. V.d.B. - Ma non so più come spiegarmi! Vi dovrete ben fidare di qualcuno! Io vi assicuro che
siamo al limite estremo: una sola piccola deflessione e sarà la rovina!
G.B. - La rovina per chi?
Dr. V.d.B. - Ma per tutti! Per me, per voi, per la Società.
Un operaio - E chi è la Società? Chi è questa Società che noi dobbiamo mantenere?
Fateci i nomi.
Dr. V.d.B. - Mio Dio! i nomi! Ma sapete benissimo che è una Società per Azioni, Anonima: la
Società Anonima per Azioni Bacini Carboniferi Borinage. I proprietari non li conosce
13
teoricamente e praticamente nessuno, nemmeno io che vi parlo.
G.B. - E‟ per nessuno dunque che noi dobbiamo morire?
Un operaio - Voi ci lasciate il di fuori di questo maledetto paese. Ma quello che è sotto la terra, e
che vale, il calore, quello ve lo tenete voi.
Noi tutto il giorno scaviamo il buon carbone a carrette, ma se vogliamo scaldarci, le nostre
donne si devono rompere le mani e le ginocchia, a tirarlo fuori con le unghie, qualche stilla
sporca fra le montagne di rifiuti che voi non volete.
Se le miniere non vi rendono abbastanza, datele a noi.
G.B. - Noi ci abbiamo i nostri figli, là sotto. Lo avete detto voi stesso che le Miniere sono di chi ci
ha lasciato i suoi morti.
Dr. V.d.B. - Ma signori, voi mi fate dire quello che non mi è mai passato per la mente!
Se non ci fosse stata la Società, sareste stati costretti a mangiarvelo, il carbone, questo ve lo
assicuro.
Un operaio - Ormai la Società non ci serve.
Dr. V.d.B. - La Società non vi serve? Ma non è a voi che deve servire! Dite addirittura che volete
rifare le leggi!
Un operaio - Le leggi sono vostre, non nostre. Noi non abbiamo diritto al voto.
Dr. V.d.B. - Ma miei poveri amici, sono ben altre le leggi di cui vi parlo! Non occorrono giudici e
carabinieri per farle rispettare...Le leggi dell‟economia...Voi non potete capire...No...sono
io...Mi è molto difficile spiegarvelo, cari amici, ma...
Un operaio - Noi abbiamo deciso.
Dr. V.d.B. - Ebbene, in tal caso io non ho più niente da aggiungere. Riferirò quanto avete deciso.
Ma ricordatevi che non saranno gli azionisti a morire di fame. Ve lo dico sinceramente,
come a dei fratelli: non parlo per me. Sarete costretti a tornare al lavoro, lo vogliate o no, e
sarete voi stessi a chiederlo. (rientra)
Un operaio - (gridandogli dietro) Quando gli scrivete, alla Società, ditegli che sarà il nostro
compagno Gabriel Barré, che ha il figlio là sotto, a decidere quando lo sciopero dovrà finire!
(escono riprendendo il canto rivoluzionario)
14
Van Gogh - (gridando a Michel) Michel, Michel, senti le grida dei tuoi compagni! Essi ti
chiamano alla vita, non volertene andare coi morti. Non puoi lasciarli. La loro fede li salverà
e tu dovrai essere la loro bandiera.
Coro 2 -
Noi non abbiamo più occhi per piangere,
Coro 1 -
le nostre lacrime si sono seccate.
Coro 3 -
Perché un fuoco nascosto si è acceso e ha divampato nei fondamenti delle montagne,
Coro 2 -
e ha tutto bruciato fino al luogo più basso sotterra,
Coro 1 -
e ha consumato la terra e il suo frutto.
Coro 2 -
Ed essi saranno arsi di fame
Coro 3 -
e divorati da carboncelli
Coro 1 -
e abbattuti da pestilenze amarissime.
15
Un vecchio operaio - (entra esitante) E‟ permesso?
Van Gogh - Avanti.
Un vecchio operaio - (si toglie il berretto e parla rigirandoselo tra le mani) Scusatemi, signor
Pastore. Sono venuto così, ma ora, qua, davanti a voi e Michel, non so più cosa dire.
V.G. - (alzandosi dallo scanno) Sedete.
Un vecchio operaio - No, no, restate voi. Mi sarebbe ancora più difficile parlare, altrimenti.
Non dovete credere che io non sia con i miei compagni, signor Pastore. Ma loro sono
giovani e io sono vecchio.Avrei dovuto esserci anch‟io, oggi, là sotto. Ma non mi hanno
voluto. Le mie braccia non sono più buone per loro.
.
Ma il mio paese da bambino era sul mare, signor Pastore, e io so cosa vuol dire.
Ogni volta che tornavano a terra lo bestemmiavano, il mare. Ma poi non sapevano viverci
lontano. Così siamo noi: stiamo più volentieri sotto che sopra la terra. Mi capite signor
Pastore?
V.G. - Sì.
Un vecchio operaio - Non resisterebbero a non tornare là sotto, perché quella è la loro casa.
Così dopo che avranno lottato e sofferto dovranno cedere, e non ci guadagnerà niente
nessuno. Non è solo per il mangiare.
V.G. - Lo so.
Un vecchio operaio - Voi siete istruito, signor Pastore, e sapete certo cosa dovete fare. Io non posso
darvi consigli, ma sono vecchio abbastanza per capire. Se un giorno avremo bisogno del
vostro aiuto, del nostro Pastore, come potrete fare se vi siete ridotto come noi? Io non
ricordo più bene quello che ero venuto a dirvi, signor Pastore, ma forse avrete capito lo
stesso.
Addio, signor Pastore. Il Signore vi protegga. (accenna ad uscire)
Noi tutti vi siamo grati, per quello che avete fatto per noi e per Michel...Addio Michel. (via)
16
2a SEQUENZA
Ora , qui, non è questione di vestito. L’ispezione dei tre Pastori
(Piove. I tre Pastori entrano in scena; hanno gli ombrelli aperti; il primo Pastore si ripara con il
suo ombrello; il secondo protegge con il suo ombrello il terzo, in atto deferente)
1° Pastore - Uno scandalo, uno scandalo incredibile.
2° Pastore - Come un minatore, peggio di un minatore.
1° P. - Vi assicuro, mi sono vergognato per lui, per noi.
2° P. - La nostra Chiesa Evangelica! (riprendono a camminare) Attento a dove mettete i piedi
onorevole collega. E‟ tutto una pozzanghera.
1° P. - Le mani e la faccia nere di carbone. (bussa alla porta della chiesa)
2° P. - La camicia senza colletto inamidato.
1° P. - La casa di Dio come una stalla. (bussa)
3° P. - (fra sé) Appunto il luogo dove ha voluto nascere.
2° P. - Come? ...Nessun riguardo per noi: non un albergo, non una carrozza.
1° P. - Quando entrammo in quel tugurio credemmo d‟esserci sbagliati.
2° P. - Vestito di sacco! Chi avrebbe potuto riconoscerlo? Se non l‟avessimo sentito predicare
saremmo tornati indietro.
Credo che possiamo entrare.
1° P. - Che ne faceva del nostro onorario? (il 1° Pastore, inchinandosi, cede il passo al 3° che
entra)
2° P. - (al 1°) Prego, dopo di voi. (entrano)
Van Gogh - (la luce si sposta su Van Gogh, seduto su uno sgabello accanto al giaciglio di Michel)
Accomodatevi. (ma non ci sono altre sedie e Van Gogh, dopo essersi alzato al loro
ingresso, si risiede. Il 2° Pastore si guarda attorno, poi resta in piedi come gli altri).
1° P. - Non c‟è un‟altra stanza?
V.G. - Non posso lasciare quest‟uomo.
1° P. - Quand‟è così saremo costretti a parlare davanti a lui.
V.G. - Lo potete.
1° P. - E‟ nostro dovere avvertirvi che siamo qui in nome del Concistoro.
V.G. - Dite.
3° Pastore - (guardandosi attorno) Signor Evangelista Van Gogh, vedo che la vostra carità è
veramente piena di zelo. Di questo naturalmente non possiamo che rallegrarci con voi. Ma
quello che può andare bene in casi eccezionali, non può essere la norma costante.
17
1° P. - E‟ la seconda volta, se non erro, che ci accogliete in questo modo.
2° P. - Il tempio può essere, o se volete, deve essere povero, ma che sia sempre lindo e accogliente,
perché è segno e annuncio della Casa del Signore; e il Pastore, che ne è custode, indossi
veste appropriata al suo ufficio, perché i fedeli possano riconoscerlo, anche se non ne
conoscono il nome.
V.G. - Signori, voi rispondete ai vostri fedeli, ed io ai miei. Ed ora, qui, non è questione di vestito;
e quanto al nome, tutti mi conoscono per Vincent.
3° P. - Signor Evangelista Van Gogh, io posso apprezzare il vostro slancio di neofita, ma non
dovete permettervi questo linguaggio offensivo, che certo nasce da un funesto errore. State
in guardia! C‟è una Chiesa in cielo e una Chiesa in terra, ma se noi perderemo la nostra
battaglia in terra, perderemo anche il nostro posto nei cieli. (rapito e duro insieme) Oh, io
non parlo del “mio” posto, del “tuo” posto, ma la Chiesa terrena, come un esercito, dia la
scalata alle mura del Paradiso, e quanti più sugli spalti, tanto più grande la vittoria; se cadrò,
sia fatta la volontà del Signore.
(più pacatamente) Noi siamo i nocchieri; questo è il rango che Dio ci ha sortito: mescolarci
con la ciurma sarebbe tradimento; causa forse dell‟ultimo disastro.
1° P. - “Date a Cesare quel che è di Cesare”. Per non turbare l‟organismo dello Stato, e
compromettere con ciò la stessa Chiesa, la nostra carità deve essere controllata nella
sostanza, e appropriata nella forma.
2° P. - Ecco il punto, come fa notare benissimo il mio onorevole collega: “Di chi è questa effigie
sulla moneta? Ed essi gli risposero: di Cesare”.
3° P: - (con tono fondo) Signor Van Gogh, vorrei indurvi a fare un esame di coscienza: voi avete
scelto la Santità quasi fosse una professione terrena, non avete atteso che la Santità
scegliesse voi. E‟ un atto di superbia, una ribellione a Dio. I disegni di Dio sono
imperscrutabili, ma il successo della vita in terra può essere un segno della sua Grazia. Ed
ecco: per sete di carità, vi siete avvilito oltre il limite del vostro stesso gregge, ma questa
scelta ne ha migliorato le condizioni di vita? No, essi sono rimasti nella loro condizione di
miseria, peggio che sotto i massi che li travolgono nelle viscere della terra, privati dell‟unico
spiraglio di luce, una chiesa e un pastore che non fossero lo specchio della loro miseria.
(sincero) Cercate la vostra strada in umiltà, e se vorrete un giorno ritornare a noi, saremo
pronti a mettervi ancora una volta alla prova.
Addio signor Van Gogh, che il Signore vi illumini.
(Van Gogh china la testa senza alzarsi. I Pastori escono)
18
I Pastori e il rappresentante dell’Impresa si incontrano
2° P. - I miei più sentiti rallegramenti, Onorevole Pastore. Se permettete svolgerò questo tema nel
mio prossimo sermone.
(al primo pastore) - Piove ancora?
1° P. - (stende una mano per sentire) No, non mi pare.
2° P. - Per fortuna molto raramente, ma a chi, come noi, deve frequentare d‟abitudine la Chiesa,
può succedere di incontrare, tra i normali fedeli, qualcuno che si crede Santo, e magari lo è.
La Chiesa ci insegna la massima prudenza, ma poi ci dice anche che la Chiesa è là, dove
sono i Santi. Noi Pastori si rischia una brutta figura.
3° P. - Già, è così.
1° P. - Rem tene, come insegnava l‟antico retore: “Il mio regno non è di questo mondo: se il mio
regno fosse di questo mondo, i miei ministri combatterebbero, acciocché io non fossi dato in
mano dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui”.
Dr V.d.B. -
(era rientrato in scena prima che terminasse la visita pastorale. Chiude l‟ombrello,
attende che i pastori escano, e finiscano di parlare, poi si precipita incontro, togliendosi il
cappello) Avete terminato la vostra visita pastorale, Signori? Infinite scuse se oso fermarvi
così per strada, ma mi è stato riferito che siete sul punto di partire ed io dovrei rivolgervi una
preghiera estremamente delicata ...
Ho sentito, senza volerlo, le vostre illuminanti parole, e il mio animo ne è stato, come
dire...rafforzato..tranquillizzato.
La vostra meta è il Cielo, e il magistero della Chiesa esige dagli uomini la Fede in cambio
della annunciata salvezza.
A noi ci resta, umilmente, la Terra: non è compito della Chiesa immischiarsi nelle leggi
economiche, che d‟altronde sono immutabili e ci governano con la stessa precisione delle
leggi matematiche che fissano il corso degli astri in Cielo.
Lungi dunque da me il pensiero di interferire nelle decisioni che vi spettano, ma purtroppo è
ormai evidente che il signor Pastore Van Gogh, con le sue prediche e, peggio ancora, con
l‟esempio della sua vita, sta facendo una pericolosissima confusione che provocherà la
rovina, prima di tutto, di quegli stessi operai che pretende, da solo, si salvare.
A mio modestissimo avviso, un vostro intervento è improcrastinabile. In fondo, i vostri
fedeli coincidono con i nostri salariati.
Una sostituzione di Pastore renderebbe un servizio a voi, a noi, e a tutti.
19
1° P. - Non dubitate, sarà provveduto.
Dr V.d.B. -
(inchinandosi) Ve ne sarò infinitamente riconoscente, Signori.
3° P. - Non dovete ringraziarci. I vostri desideri coincidono casualmente con le nostre decisioni.
Dr V.d.B. -
Perfetto. Grazie, onorevoli Pastori.
(si salutano. V.d.B. continua ad inchinarsi mentre i Pastori si allontanano)
2° P. - (al 3° P.) Attento alle pozzanghere, caro collega. Questo fango nero è appicicaticcio.
(I Pastori escono. Il dr V.d.B. esce a sua volta. Pausa di silenzio. Un coro di voci bianche da una
Chiesa)
La predica del Pastore Van Gogh
Van Gogh - (leggendo da una Bibbia. Accanto a lui, seduto su una sedia, Michel. Man mano che
si svolgerà la predica, entreranno i minatori, le loro donne, i bambini)
“Ed una visione apparve di notte a Paolo: un uomo Macedone gli si presentò, pregandolo, e
dicendo: Passa in Macedonia e soccorrici”.
Atti degli Apostoli, capitolo XVI°, versetto 9. (Van Gogh chiude la Bibbia)
Tu sai che quell‟uomo macedone era Cristo. Il Vangelo non dice di più. Ma come possiamo
noi immaginarci il suo aspetto?
Poteva egli essere un ricco, e dire quella parola: “Soccorrici”?
Non così noi possiamo pensarlo. Oppure poteva essere come un Pastore, come il reverendo
Pastore Signor Bronte, ad esempio? Certo, il volto del Pastore era quello di un uomo onesto
e religioso. Lo ho veduto discendere dal pulpito, dopo la predica, e l‟alta nobile figura, il
volto pallido e stanco, e la testa imponente con i capelli già striati di grigio, hanno fatto una
forte impressione su di me.
Essere stanchi così, di questo lavoro, è una benedizione, ho pensato.
Ma avrebbe potuto pronunciare quella parola: “Soccorrici”, in quei giorni, quando la Chiesa
nasceva, e non c‟erano Pastori, se non gli Apostoli?
Certo neppure così possiamo pensare all‟uomo Macedone che apparve a Paolo.
Mi ricordo che un giorno, di sera, in una luce grigia e triste, quando gli spazzini ritornano,
con le loro carrette, alla periferia delle grandi città, vidi un vecchio cavallo bianco, magro,
scheletrito, e del tutto spossato da una lunga vita di dura fatica, di un lavoro lungo e difficile.
Il povero animale non aveva per nutrirsi che poca erba rada, stenta fra le pietre e i detriti.
E forse sapeva che in qualche luogo lontano ci sono grasse praterie, fiorite sotto un cielo
azzurro, dove anche lui avrebbe preferito vivere con il sole, un fiume, insieme con altri
cavalli liberi, e l‟atto dell‟amore.
20
Ma il povero cavallo è là, paziente e passivo, coraggioso tuttavia e per così dire deciso, e
così attende la sua ultima ora.
E i carrettieri stessi, con le loro vesti sporche e unte, sembravano ancor più dentro e radicati
nella miseria.
Ora, vedete, è proprio dinanzi all‟abbandono indicibile e indescrivibile - della solitudine,
della povertà, della miseria - è allora che nel nostro spirito sorge con più forza l‟idea di Dio.
Che aspetto poteva dunque avere quell‟uomo macedone apparso una notte a Paolo? Che
volto poteva avere, se non quello di un operaio segnato dal dolore, dalla sofferenza, dalla
fatica, senza nessuna apparenza di bellezza, ma con un‟anima immortale avida del cibo che
non muore, la parola di Dio?
Perché Gesù Cristo, il Signore che può fortificare, è egli stesso l‟uomo dei grandi dolori, che
è stato chiamato il figlio del falegname, sebbene fosse il figlio di Dio; e Dio vuole che a
imitazione di Cristo, l‟uomo viva un‟umile vita sulla terra, non cercando la grandezza, ma
piegandosi all‟umiltà, ascoltando il Vangelo con cuore umile e dolce.
Come nella povertà e nel dolore è più facile incontrare Dio che nella fortuna e nella
ricchezza, così la morte è pegno di una vita eterna: “attraverso le tenebre verso la luce”.
Ora, chi sono quelli che più hanno bisogno di queste parole e possono meglio comprenderle
di voi, che lavorate nelle tenebre, nel cuore della terra, nelle miniere di carbone? Così il
nostro Signore Gesù Cristo, come ha voluto dimostrarci questa verità, risuscitando i morti,
così ha voluto che tu, nostro compagno Michel, tornassi alla vita, come promessa di vita
eterna per quelli che sono rimasti là sotto, dove solo l‟occhio di Dio può scorgerli.
Preghiamo dunque per le loro anime, quando la voce di Dio li chiamerà, il giorno del
Giudizio, ed essi risponderanno, e i loro corpi straziati risorgeranno splendenti nelle tenebre.
Padre nostro che sei nei cieli ...
Michel - (lentissimo, a voce bassa, con sforzo) Padre nostro che sei nei cieli ...
V. G. - sia santificato il nome tuo ....
M. e alcuni minatori - sia santificato il nome tuo ...
V. G. - sia fatta la tua volontà ...
M. e altri minatori oltre ai primi - sia fatta la tua volontà ...
V.G. - così in cielo come in terra ...
M. e tutti - così in cielo come in terra ...
(sulle ultime parole si chiude il sipario; musica religiosa: armonium di una piccola chiesa)
21
INTERMEZZO DEL PASTORE
(si presenta al proscenio a sipario chiuso)
3° Pastore - (si presenta al proscenio a sipario chiuso) Chiedo scusa, signore e signori, se mi
presento a voi in sede, per così dire, privata, contro le regole che governano i personaggi del
teatro, parlando, se mi si concede l‟espressione, alle “spalle” dei miei colleghi.
Voi forse pensavate, e in un certo senso, a ragione, che non mi avreste più rivisto, ma in tal
modo il ruolo che noi sosteniamo, intendo dire il ruolo di Pastori, non di attori, non avrebbe
più potuto far sentire la sua voce; il che non sarebbe poi un gran male, senonché il rapporto
del signor Van Gogh con noi Pastori è decisivo a chiarire il carattere e il destino dello stesso
signor Van Gogh, il protagonista.
E‟ molto significativo dove lo spirito di carità ha condotto il già Evangelista signor Van
Gogh: egli si è messo a convivere coniugalmente con una povera donna perduta, madre di
quattro figli e incinta di un quinto.
L‟abbandono da parte sua, senza che stavolta nessuno ve lo costringesse, della povera
donna, proverà non solo l‟insostenibilità di uno spirito di carità inteso in quel modo,
concediamolo, eroico, ma anche, e soprattutto, che mai, per quella via il signor Van Gogh
avrebbe trovato se stesso.
Ma sento che agli attori è già stato dato il “Chi è di scena”.
Devo dunque lasciarvi velocemente.
Spero che non abbiate inteso queste parole come una meschina ritorsione nei confronti del
signor Van Gogh.
Buona sera, Signori. (accenna ad uscire)
... E... già che sono qui, vi raccomando di non perdere la prossima soirée: una novità
francese che fa riflettere, ma molto divertente e assez osée.
Au révoir. (esce)
(si alza il sipario; canzone francese da un organetto che passa per via)
22
II ATTO
LA HAYE - 1881-1883
UNO STUDIO DI PITTORE CHE GETTI LE SUE RADICI DENTRO LA VITA
3a SEQUENZA
Sien, l’amore cristiano
(Lo studio di Van Gogh. Sien posa nuda, su una branda, per “Sorrow”. Van Gogh disegna, seduto
su una sedia impagliata di cucina. Una bottiglia di liquore con due bicchieri)
Sien - (canta)
Van Gogh - Basta così.
S. - (alzandosi si infila una vestaglia) Ancora un poco e mi veniva un accidente.
V.G. - Scusami. Quando lavoro non mi ricordo di niente.
Una donna - (fuori) Signora Christine!
S. -
(verso la voce) Eh? (si versa da bere e inghiotte d‟un sorso; a Vincent) Un goccio?
V.G. - Grazie. (Sien gli porge il bicchiere)
S. -
(guardando il disegno da dietro le spalle di Vincent) Non si può dire che mi abbellisci.
Voglio essere brutta, ma così neanche un cane mi avrebbe voluta.
V.G. - Mia povera Sien (l‟accarezza)
S. -
Lasciami. (si dirige dietro un paravento, e comincia a vestirsi)
V.G. - Che vuoi che me ne importi di un bel corpo: la Frine di Gérome! Per Dio, non c‟è l‟anima
che c‟è nelle brutte donne di Jsrael e di Millet...
S. -
Io non li conosco questi tuoi nomi. Ma dì la verità, non ti piacerebbe, per farci l‟amore, una
bella ragazza con un bel corpo e un po‟ meno di anima? Dì la verità.
V.G. - (ridendo) Ebbene, non si possono servire due padroni in una volta!
Io mi trovo meglio così, con te. Davvero.
S. -
Sarà, te e la tua anima. (esce mezzo vestita) Io ne so quanto basta per sapere che gli uomini
diventano sentimentali quando non hanno altro di meglio. (canta, poi si versa ancora da
bere)
V.G. - Basta con quella bottiglia!
S. -
Va là, che me l‟ha data mia madre.
V.G. - Lo sai che non è per questo. E se anche, non mi fa piacere.
S. -
Beh, non prendertela. Mica tutto quello che dico lo penso.
23
Ma tu hai la tua pittura, e io bisogna bene che beva, no? (beve)
V.G. - Non è lo stesso. Io non dipingo per vizio, ma perché è il mio lavoro, e sono pieno
d‟ambizione per quello che mi potrà dare: come un operaio quando porta la sua paga a casa.
Perché mi guardi?
S. -
Non ti guardo.
V.G. - C‟è da ridere: tu alleata con la buona borghesia!
S. -
Non c‟è bisogno che mi insulti.
V.G. - Scusa. Vedrai... Vedrai, quando sarà nato il tuo bambino, sarà tutto molto meglio. (Sien va
dietro al paravento, per finire di vestirsi)
V.G. - (parla a lei alzando la voce) E‟ ora di finirla con gli studi mistici e misteriosi! Io voglio uno
studio con le sue radici nella vita, con una culla e un seggiolone per bambini, là, nel mezzo.
Per Dio! Chi ama vive, chi vive lavora, chi lavora ha del pane. Dovranno ben venire anche
per noi i giorni di festa!
S. -
(rientrando) Vincent?
V.G. - Dì.
S. -
Era bella, lei?
V.G. - Chi?
S. -
Chi! Non ti ricordi più come ci siamo incontrati? Allora bevevi anche tu, come me.
V.G. - Lasciala stare, ormai.
Una donna - (fuori) Signora Christine!
S. -
(urlando) Vengo!
Dì, era più bella di me, lei, non è vero? per me non te la saresti bruciata una mano.
V.G. - Sì, forse era più bella di te, e può anche darsi che ci fosse al principio più passione, per lei,
ma il mio amore per te non è meno vero e forte per questo. La passione ci attraversa senza
appartenerci, ma l‟amore è mio, è una mia creatura, fa parte di me.
S. -
Ma, lei, se ti avesse detto di sì...
V.G. - E invece mi ha detto di no. Non ci si può sposare che una volta nella vita; e sono contento
che sia andata così, perché non potrei farlo meglio che con te.
S. -
(uscendo vestita) Beh, non pensiamoci più.
Mi ha fatto del bene incontrarti, se è questo che ti interessa, e anche quando ci saremo
lasciati non mi farà male pensare a te, qualche volta..
Non devo pretendere di più.
24
V.G. - (prendendole le mani) Sien, quello che c‟è tra me e te non è un sogno, credilo.
A poco a poco, mentre io dipingevo e ti insegnavo ad aiutarmi nel mio lavoro, qualcosa è
nato, fra noi, qualcosa di più, che avevamo bisogno l‟uno dell‟altra, e che non ci saremo più
potuti separare, nella nostra vita reciproca...
Una donna - (fuori, urla) Signora Christine!
S. -
E‟ la signora Violette. Le avevo detto che sarei uscita con lei, oggi. (si svincola da Vincent,
si versa e beve) Scusami.
Beh! Ti sono grata sai, che vuoi amarmi. E se non viene meglio non è colpa nostra.
La verità è che non ci hanno voluti, noi, e allora bisognava bene che ci mettessimo insieme,
no?
(alla donna verso la finestra) Vengo!
Non prendertela, Vincent. Ciao. Torno, dopo. (esce cantando. V.G., seduto, si prende la
testa fra le mani)
(la luce si attenua nello studio e si rinforzerà nei luoghi dove appariranno la Suicida, Kay, il
Padre)
25
Interventi di tre comprimari
la suicida, l’amore ignorato - Kay, l’amore preteso - l’onest’uomo, il Pastore padre di Vincent
La suicida - (parla seduta su una semplice sedia, il capo alto come chi non vede la luce)
Non era colta Christine, che Vincent chiamava Sien, e neppure molto sensibile. Ma era una
donna, sapeva. Non che Vincent l‟ingannasse, sia pure con una pietosa bugia.
No, lui veramente pensava che solo con lei avrebbe potuto vivere senza tradire se stesso; e
questo, era anche vero.
Ma non poteva rinnegarsi la nostalgia del suo progetto d‟amore con l‟altra; ed anch‟io avrei
sofferto d‟invidia per la sorte di quella donna inutilmente ricca, se pure avrei accettato
felice, tanto povera e sola, di stare in ogni modo con lui.
Lei era stata amata per il diritto di tutti all‟amore; noi per il suo religioso bisogno d‟amore.
Perché nell‟anima di Vincent ardeva un grande focolare dove nessuno veniva mai a
riscaldarsi e i passanti non ne scorgevano che un sottile filo di fumo, in alto dal camino, e
poi se ne andavano per la loro strada.
Sì, lui pensava ancora a quella donna, il suo cuore aveva battuto per lei, ma come avrebbe
potuto ignorare Sien, quando Sien se ne andava d‟inverno, malata, incinta, affamata, con la
sua vera carne, e l‟altra era ormai un‟immagine lontana, che sapeva solo ripetere: “mai, no,
mai”?
(appare Key, in abito primaverile con l‟ombrellino; in trasparenza, alberi in fiore; musica
romantica)
Key - Mai, no, mai.
Van Gogh - (entra nel raggio di luce intorno a Kay) Kay, io credo che un anno in mia compagnia
sarebbe salutare, per voi e per me. Ricordate? Quando ci siamo incontrati la prima volta,
avete detto che non credevate nella mia professione di pastore. Avete dunque visto chiaro
ancora prima di me. Ora ho solo bisogno della vostra fiducia. Non che io diventi nulla di
straordinario, ma la mia opera sarà sana e ragionevole e potrà servire a qualcosa. Credetemi,
le passioni dei 17, 18, 20 anni sono le vele del piccolo battello, ma è la vela Amore che deve
salvarci: chi non la issa non arriverà mai.
K. -
Vincent, mi dispiace. Ma il mio passato e il mio avvenire restano inseparabili per me.
V.G. - Ebbene, come avete amato un altro, potete dunque amare anche me. Bisogna aver amato, poi
cessato d‟amare, poi amare ancora!
26
K. -
La mia vita è finita, Vincent, con la morte di mio marito: rovinereste ogni cosa. Ho sempre
avuto della simpatia per voi, oltre alla parentela che ci lega. Ma non posso andare al di là di
un sentimento di sorella o fratello.
V.G. - Kay, io sono deciso ad amarvi finché voi finiate per amarmi, e lo sa Iddio chi di noi la
spunterà. Lo domando a voi stessa: è possibile, per uno che ami, strapparsi questo
sentimento dal cuore? Sarebbe come attentare alla propria vita, e se c‟è qualcuno che lo fa,
io non credo d‟avere simili inclinazioni. Ho preso gusto alla vita e sono felice d‟amare: sia
malinconico chi vuole, per me, io ne ho avuto abbastanza, e voglio essere gioioso come
un‟allodola a primavera.
K. -
Vincent, lo dico per voi, credetelo: guarite da questa infatuazione; troverete certo delle
occasioni migliori...
V.G. - Delle occasioni migliori! Chi non ha imparato a dire: “lei e nessun‟altra”, sa cosa è amore?
Oh, il tuo primo “mai, no, mai”, mio Dio, se fu terribile! Ma proprio allora, perché era come
la dannazione eterna, una luce sorse in me come una chiarità nella notte: si rassegni chi può
rassegnarsi, per me, che la mia stessa debolezza sia la mia forza!
K. -
(sottovoce) Non potrò mai essere di un altro, Vincent, mai.
V.G. - Kay, io considero questo “mai, no, mai” come un ghiaccio che stringo sul mio cuore per
farlo sgelare. Certo, se avessi di fronte un iceberg della Groenlandia la situazione sarebbe
disperata. Ma visto che per ora, con tutti questi “no, mai, mai”, voi, se ho ben misurato,
potete essere abbracciata...
Oh Kay, la mia vita e il mio cuore non sono che una cosa sola. io ti amo come me stesso.
(l‟abbraccia)
K. -
(svincolandosi) Lasciatemi, lasciatemi: mai, capite, mai. (fugge. Svanisce la luce di Kay)
Il padre di Vincent - (appare improvvisamente in un cono di luce. Parla agitato)
Signori...scusatemi...Nessuno ha fatto il mio nome, ma tanto, prima o poi, sarebbe venuto
fuori egualmente... Io sono il padre di Vincent, signori, e voglio essere giudicato.
Non cerco scuse, riconosco i miei errori; sì, sono stato io ad usare la parola “incesto” per
questo amore di Vincent per sua cugina Kay, e mio figlio, me ne ha fatto una colpa
imperdonabile.
Ma cosa avrei dovuto fare? Vincent era diventato lo scandalo di tutta la famiglia, come un
pazzo, sì, come un pazzo.
Che ne direste voi di un uomo che mette la sua mano sul fuoco di una candela e chiede al
padre della sua amata un colloquio con la figlia per il tempo che resisterà al dolore?
27
Io non voglio certo giudicarlo, e tanto meno ora che tutti sanno chi era, ma infine, allora, era
proprio Kay che non voleva vederlo, l‟opposizione delle famiglie veniva soltanto dopo
quella della stessa interessata.
Sì, ora che noi siamo morti da un pezzo si mette innanzi la parola “genio”, per giustificare
ogni cosa e darci la croce addosso.
Ma anch‟io amavo mio figlio, signori, e permettetemi di dirlo, più di voi: io sono suo padre.
E quando scoppiò il secondo scandalo, con quella povera donna con cui s‟era messo a
convivere, non gli voltai le spalle, ma lo accolsi ancora in casa nostra; e se fu di danno al
mio ministero di Pastore, questo lo seppi soltanto io quello che voleva dire per me, anche se
a voi certo non potrà sembrare cosa di qualche importanza e nessuno, come è giusto, non lo
nego, si è preso la briga di fare il mio storico.
La nostra vita è la nostra vita, niente di più. Non ero un profeta, e neppure un santo, ed è
ingiusto pretendere tanto da noi, anche se può farci piacere essere giudicati tanto importanti
dai nostri figli finché sono piccolini. Ma ora, a cose fatte, se devo entrare in questa storia oh, in un ruolo di generico - meglio essere ricordato come un comune buon padre, e un
normale pastore, onesto nei suoi limiti.
Compermesso signori! (via)
28
4A SEQUENZA
io c’e l’ho qualche volta con questa sporca pittura: l’amore dell’arte fa perdere l’amore vero
(studio di Van Gogh; il mercante Tersteeg bussa alla porta)
Tersteeg - (entrando) E‟ permesso?
V.G. - (riscuotendosi) Avanti. Ah, siete voi.
Ter. - Ma non sono solo. Guarda chi ti ho portato.
Theo - Vincent! (si abbracciano) Goupil mi ha lasciato libero qualche giorno e così ho voluto
vedere cosa combina il mio solitario fratello.
Ter. - Ormai, a quanto si dice, non più tanto solitario. (guarda in giro)
V.G. - Ma non sono mai stato solitario! Almeno che non chiamiate così un uccello chiuso in
gabbia.
Ter. - Mio caro, il paragone con gli uccelli non tiene. Ogni uomo la gabbia se la costruisce da sé. E
il miglior modo per essere liberi è proprio quello di accettare le convenienze sociali... (come
prevenendo un‟obiezione) o chiamale pure convenzioni...questo non ha importanza, purché
tu non vada a sbandierarlo ai quattro venti. Làsciatelo dire da uno che ha più esperienza di
te.
Th. - (osservando uno studio che prende tra le mani) Buono questo. C‟è qualcosa qua dentro.
Cos‟è?
V.G. - (si avvicina a Theo) E‟ uno studio che ho fatto l‟altro giorno, qua vicino, per modo di dire,
poi ti racconterò: un albero morto su una laguna stagnante, con la strada ferrata per il
carbone, e più lontano le praterie verdi e il cielo grigio, con la profondità del blu, in fondo,
dove le nuvole si diradano un poco. Nient‟altro. Ma ho voluto farlo come deve vederlo, se
non mi sbaglio, il custode del passaggio a livello, con la sua blusa e la piccola bandierina
rossa, quando pensa: “Com‟è triste oggi...”.
Ter. - (si avvicina anche lui) Sì, viene fuori qualcosa di questo, specialmente adesso che l‟hai
detto. ...Perbacco, sai essere eloquente! Complimenti.
Th. - Eppure, anche senza spiegazioni questo quadro...
Ter. - Ma certo, del sentimento c‟è. Ma se devo essere sincero... (a V.G.) Posso?
V.G. - Ma sì.
Ter. - Ebbene...come dire...siamo sempre là...una specie di ingorgo...Se te ne parlo è perché ne
vale la pena.
29
V.G. - Se voi foste venuto con me, dopo tutto un giorno di viaggio in carretta, con i contadini, e poi
la sera con loro, a cena, attorno alla tavola con il piatto delle patate...e dopo la notte, l‟alba,
al di là delle lastre delle finestre...Ma finché state tutto il giorno nella vostra galleria...
Ter. - Mio caro, l‟importante è trovare il proprio posto, e ti auguro di cuore che tu ne trovi uno di
altrettanto chiaro per te. Perbacco! Non potrai mica pretendere che prima di comprare un
quadro uno si faccia quel po‟ po‟ di scarrozzata. Del resto, credo che anche i tuoi contadini
preferirebbero, per un ritratto, di essere, come dire, con l‟abito della festa.
V.G. - Io non credo niente. Io so solo che il pittore ha il dovere di adoperare tutta la sua
intelligenza, di mettere tutto il suo sentimento nella sua opera, perché diventi comprensibile
agli altri. Ma da questo a tener d‟occhio le vendite ci corre. La verità è, se non si è sordi, che
è ormai suonata l‟ora di imparare a fottersi degli amatori!
Ter. - Mio caro, non sei tu che ti fotti di loro, come ami esprimerti, ma loro di te.
Th. - La verità forse sta nel mezzo...
Ter. - (a Th.) La verità ultima è questa, e tu lo sai meglio di me: nessuno mi comprerebbe una tela
così. (a V.G.) Non voglio dire con questo che cesserò di aiutarti, ma tu dovrai bene trovare il
modo di guadagnarti la vita: credimi, nessun uomo può essere soddisfatto, in un‟altra
maniera.
V.G. - Io non ho mai domandato la carità a nessuno. Se voi avete paura per i vostri soldi...
Ter. - Bene, quand‟è così, ho parlato da povero mercante...Vorrà dire che non hai bisogno del mio
aiuto.
V.G. - Certo; preferisco non mangiare a mezzogiorno per sei mesi, piuttosto che ricevere di tanto in
tanto dieci fiorini assieme ai vostri commenti.
Ter. - (si avvicina alla porta) Tu ti fermi, Theodoro, non è vero? Se poi passi da me ci rivediamo.
Buongiorno. (a Vincent) E non temere per i miei fiorini: non ti disturberò più. (esce)
Vincent e Theo da solo a solo
Th. - Non dovevi...
V.G. - (scattando) Ipocrita! Lui e tutti i suoi pari. Non è solo per la mia pittura, anche se in fondo è
la stessa cosa.
E‟ che questo inverno ho incontrato una donna incinta, che errava, d‟inverno, per le strade, e
doveva guadagnarsi il pane, sai come. Io l‟ho presa con me. Ebbene, cos‟è più civile, più
cristiano, abbandonare una donna, o impietosirsi per l‟abbandonata?
30
Th. - Lo sai che non posso non darti ragione. Se mi preoccupo per te, per noi, è solo perché ti
voglio bene e quando uno vuol bene, almeno uno come me, che vuoi, non bisogna
pretendere che sia troppo coraggioso.
V.G. - Tu ti angusti per me, io mi angustio per te, ma vedrai, riuscirò a fare ancora economie, posso
risparmiare qualcosa sul vitto, non ti peseremo più di prima, in due.
Th. - Oh, non è per questo, sebbene anche con Goupil non vada troppo bene, adesso, ma
insomma, in un modo o in un altro tireremo avanti...
Ma, vedi, non solo per la tua vita, ma anche per la mia, c‟è l‟impegno, ormai, che tu riesca.
Non che riesca, mi esprimo male, che tu riesca o no, poco importa, in un certo senso: ma che
tu sia fedele a te stesso, come dice il buon Polonio, questo è l‟essenziale.
V.G. - Oh, non temere che io neghi questo per quello: io sono fedele, nella mia infedeltà, e non
devi credere che abbia perduta la nostalgia per il paese dei quadri, anche se sto con Sien.
Ma per me l‟arte è l‟essenza stessa della vita e il miglior modo per conoscere Dio è ancora
quello d‟amare molto. Preferirei non dire niente piuttosto che esprimermi debolmente, e per
questo è bene frequentare per un po‟ di tempo i corsi gratuiti della grande università della
miseria!
Th. - Già. Se insisto è solo perché voglio che la tua strada sia molto chiara a te stesso. Cerca di
capirmi. Tersteeg ha qualche ragione se non è del tutto convinto, anche se i miei non sono
proprio i suoi stessi motivi, ma anche questo tuo amore di missionario ... che vuoi! ... Io
penso che ti farebbe bene venire un po‟ di tempo con me, a Parigi, dove gli impressionisti ...
V.G. - Gli impressionisti! Io credo che fra loro tu troverai il tuo lavoro. Ma qui, in Olanda, è
difficile capire quel che l‟impressionismo vuol dire in realtà.
Th. - Ed è per questo che io ti dico di venire con me ...
V.G. - Certo! Io sono d‟accordo con te su quanto dici del nero in natura e che anche le ombre sono
colori; ma per me, io sono felicissimo che si trovino i miei studi troppo neri.
Th. - Sì, capisco, tu vuoi tirarti dietro lo sporco della vita, ma ...
V.G. - Sì, lo sporco! La verità è che anche tu stai con loro. Sei migliore, d‟accordo, migliore di
loro, e di me, ma che vuol dire? Avremmo potuto vivere nel 1848, Guizzot ministro di Luigi
Filippo da una parte, Michelet e Quinet con gli studenti e gli operai dall‟altra. Tu non avresti
tirato su di me, ma tu tiri sulle barricate, ed io ci sto dietro. Il mulino non c‟è più ma il vento
soffia ancora. Né tu né io ci occupiamo di politica, ma noi stiamo sulla terra, nel mondo, e
gli uomini si raggruppano da loro in categorie.
31
Th. - Sì. Anche se non è proprio come dici. Ma io non avrei mai tirato su di te, questo devi
saperlo, né ora né allora, e neppure su quelli che stanno con te, perché se anche non sono
come loro, so come riconoscervi.
V.G. - Scusami. Tu sei buono e questo basta. Ho torto io. Tu mi conosci, ci vuol poco ad
accendermi. E non è solo questo. Io ce l‟ho, a volte, con questa sporca pittura! E‟ Richepin
che ha detto, non so dove, che l‟amore dell‟arte fa perdere l‟amore vero. E questo è
terribilmente giusto, e così l‟amore vero allontana dall‟arte.
E‟ triste, sai, trovarsi come me, a trentatré anni, quando si dovrebbe sentire in tutt‟altro
modo, e rinunciare ad una donna, ai bambini ...
Il congedo di Sien
(Torna Sien evidentemente ubriaca, cantando; spalanca di colpo la porta e getta le braccia
attorno al collo di V.G.).
Sien - Amore!
V.G. - (sciogliendosi indica Theo).
S. -
(ricomponendosi, con artificio) Pardon! Il signore voleva vedere i tuoi quadri? Io sono la
sua fidanzata. Fate pure con comodo. Noi due siamo ancora in luna di miele, non è vero? Mi
chiama la sua colomba domestica. (fa per baciare V.G.)
V.G. - Lasciami. (presentando) Mio fratello - Sien.
S. -
Tuo fratello? (resta impietrita; riprendendosi a fatica, poi, esageratamente disinvolta).
Io...io sono un po' allegra, oggi. (ridendo) Sembrava che me lo sentissi. Non mi capitava da
molto di alzare un po' il gomito...ve lo può dire Vincent. Dì, Vincent, perché non parli? (con
allegria forzata) Oggi è una giornata proprio fortunata...il signore viene da Parigi?...Bisogna
fare baldoria...(mettendo sulla tavola alcuni pacchi e bottiglie) Ecco: quando c'è da bere e da
mangiare...qua...
V.G. - (gettando tutto a terra con un colpo) Basta!
S. - (gli si butta addosso, colpendolo) Porco, porco, porco!
V.G. - (la scaglia per terra) Puttana!
S. - (raccogliendo la roba) Porco, porco, porco, non dovevi farmi questo, non dovevi.
(Theo. si china per aiutarla. Sien con scatto) Lasciatemi, Signore. Questa è roba mia.
Ognuno deve mangiare la propria merda.
32
(a V.G.) Puoi sputarmi in faccia se vuoi, sputami, su, sputami, ma questo devi
mangiarlo. Devi bere e mangiare. Non hai il diritto di fare così con questa roba. Ti
prego! (trascinandosi sulle ginocchia) Ti prego! Un boccone solo! Ti bacio i piedi, ti
faccio la serva, tutto quello che vuoi, se ne mangi un boccone solo...un boccone solo...
Th. - (si china, raccoglie una bottiglia di vino, se ne versa un bicchiere. Beve) Grazie. Siete
molto gentile.
S. - (stupefatta, si rialza lentamente) Io...io... (si mette a piangere a dirotto) Sono una
puttana, sì, una puttana, ha ragione lui, cosa posso essere se non una puttana? Ma tu non
hai il diritto di trattarmi in questo modo...tu solo...tu non hai il diritto...Ci hai mangiato
da me, tu, quand'eri malato...slargando le gambe con tutti...tutti ci hanno sputato qua
dentro... (con scatto terribile) Non sarò mai tua moglie, sono stata con te come sono
stata con gli altri... (ridendo istericamente) Sputo più, sputo meno...Sono stata contenta,
signore,
che
abbiate
assistito
al
nostro
fidanzamento...bisogna
proprio
bere...festeggiare... (traballa)
Th. - Aiutami. Dobbiamo metterla a letto:
S. - (a V.G.) Via, tu, non toccarmi. (aiutata da Theo si dirige faticosamente al letto; a Theo)
Grazie, signore. (escono)
V.G. - (raccoglie il cibo, si mette a tavola, mangia. Theo ritorna)Raccontaglielo, dopo.
Vedi...fino all'ultimo boccone...trangugerò tutto fino all'ultimo boccone.
(Passa un organetto ripetendo lo stesso motivo cantato da Sien. La luce si spegne nello
studio).
33
(luce sul luogo della suicida)
La suicida - Così Vincent Van Gogh lasciò Sien e tornò a Nuenen, presso i suoi, dove io lo
conobbi e me ne innamorai, vedendolo dipingere contadini con lo stesso colore della
terra ch'essi avevano seminato, e udendolo parlare dell'azzurro dei loro costumi nel
giallo delle spighe, l'estate, del rosa dei meli sul giovane, tenero verde della primavera,
delle foglie gialle e dei viola autunnali, e dell'inverno col ghiaccio e le piccole figurine
nere.
Allora io mi disperai, per averlo incontrato già vecchia, io povera zitella avvilita, mentre
tutta la mia giovinezza era passata, e avendo fatto una questione di calendario non potei
rassegnarmi e me ne andai volontaria dalla vita.
Ma ora so che non si trattava di anni o di lustri, ma che lui aveva un destino ed io molto
semplicemente non ne avevo.
Così, mentre Vincent se ne andava verso il sole, a incontrare un'altra morte per troppa
luce, io fui seppellita accanto al cimitero, in terra sconsacrata, uccisa da troppa ombra.
Perciò se si racconta che Vincent non fu mai riconosciuto, accanto al nome di suo
fratello ricordatevi di me, perché per tutti non è facile morire, neanche per me, che non
c‟ero già „prima‟, ed è molto facile invece liquidare con la diagnosi: isterica.
(scende veloce il sipario)
34
III ATTO
ARLES, 1888 - UN SOLE, UNA LUCE, CHE IN MANCANZA DI MEGLIO
POSSO SOLO CHIAMARE GIALLO.
5a SEQUENZA - la “casa degli amici”. Disputa fra Van Gogh e Gauguin
(a sipario chiuso. Sirene della polizia)
Voce di donna -
A morte gli Italiani!
Alcune voci -
A morte!
Voce di uomo -
Cacciateli! Tutti via!
2a voce di uomo -
Lasciate passare!
2a voce di donna -
Fuori dal nostro paese!
a
3 voce di uomo -
Prego, lasciate passare, signori.
Voci di uomini -
Delinquenti!
Voci di donne -
Assassini!
3a voce di uomo -
Un momento, Signori, un momento.
Molte voci -
A morte! A morte!
(mentre le urla si allontanano si alza il sipario. Caffè con tavolini all‟esterno)
Cameriere - Cosa è stato?
1° cittadino - Degli italiani hanno ucciso due nostri zuavi.
2° cittadino - In casa di Madame Violette! Per una sgualdrina!
Cameriere - (a Vincent Van Gogh e Paul Gauguin che si stanno sedendo a un tavolino)
Sono bestie feroci.
1° cittadino - Si doveva fare subito giustizia.
2° cittadino - Adesso la tireranno in lungo con processi e controprocessi, e chi ha avuto ha
avuto. (via)
Gauguin -
Non scherzano, eh? (al cameriere) Due absinthes. (cameriere entra nel caffè,
poi uscirà, servirà i clienti, e si metterà appoggiato alla porta, passivamente)
Van Gogh - Bah! I buoni Tarasconesi sono tutti un po' matti.
G. -
Non c'è da meravigliarsene, in un paese sporco come questo.
V.G. -
Eppure ci ho conosciuto qualche persona che non potrò mai dimenticare. Tu...è
come se volessi offendermi...
G. -
Offenderti?
35
V.G. - Qui ad Arles, c'è la nostra povera piccola casa gialla, no? Il nostro “studio del sud”, la
“casa degli amici”. Non te ne vuoi più ricordare?
G. -
E che c'entra? Non per questo vorrai che mi entusiasmi alla sporcizia e ai borghesi di
qui! Per Dio! Mi sembri geloso come una femmina! Credimi, il mito della Provenza
può andar bene per una pallida zitella inglese che si scotta al primo sole e scambia per
barbarie la mancanza di luoghi di decenza. Io, per me, ho deciso. Appena posso, taglio
i ponti con tutto questo e me ne vado in un'isola dell'Oceano, fra i selvaggi veri, dove
il sole non lascia ombre sul serio, né tra le cose, né dentro gli uomini.
V.G. - Tu pensi sempre alla tua isola, perché non sai a cosa pensare d'altro, sul serio.
G. -
Credi?
V.G. - Sì. Tu tieni al successo più di me, e non saprai mai rinunciare alla battaglia parigina.
G. -
Ci saprò rinunciare, invece, a suo tempo; e la mia isola, c'è sul serio. Al mio successo
ci tengo, si capisce. Cosa contano tutti i tuoi discorsi d'amore, se poi le tue tele non si
difendono da sé?
Le donne sono escluse dall'arte proprio per la delicatezza del loro animo: l'unico
sentimento che bisogna conservare, creando, è la ferocia. Come il sole: nessuna pietà,
nessun trucco. Il chirurgo pietoso fa la piaga purulenta.
V.G. - Il vero mezzogiorno è nell'anima: “Thébé, figlia di Theluì, sacerdotessa di Osiris, che
non si è mai lagnata di nessuno”. Solo che noi, io, ed anche tu, dobbiamo
accontentarci di essere i preparatori d'altri artisti che verranno a lavorare nel Sud, una
scuola intera come i vecchi olandesi, senza denti falsi come noi, senza essere costretti
a frequentare i piccoli restaurants e i casini degli zuavi...
G. -
Mio caro, questo può essere consolante per te, che hai il temperamento del
missionario! Ascoltami: l'unico modo per preparare i pittori dell'avvenire è fare dei
bei quadri. Colori puri e forti, e basta. E che i nostri posteri si arrangino come noi!
V.G. - Puoi dire tutto quello che vuoi, ma non riuscirai mai a convincermi che non sia meglio
amare più gli artisti che i quadri. Mio fratello è più produttivo di me, e anche di te! Ma
per chi dipingi, tu, se non per gli uomini? Quando io vedo un quadro che mi lascia
incerto, mi domando sempre: “in che casa, camera, angolo starebbe al suo posto?” Ed
è lo stesso per le cose. Le cose parlano da sé, e bisogna capirle per saperle
rappresentare: un campo di grano, giallo, nel sole; dei cipressi in una notte stellata; e
così gli uomini come i fiori, un ramo di mandorlo, i girasoli...
36
G. -
Tu hai una confusione terribile! Ti farebbe bene dipingere un po' di fantasia. Davvero
che ogni tanto mi sembri una zitella che vuole far rientrare dalla finestra l'amore che
se ne è andato dalla porta. Ma io l'avevo, la tua vera vita, e ho dovuto cacciarla, non è
vero? IL signor Paul Gauguin, 35 anni, funzionario di banca e fortunato speculatore in
borsa, stimato borghese con signora e prole a carico.
Me ne dispiace? E che vuol dire! Nella vita bisogna scegliere, e scegliere è sacrificare
qualcuno o qualcosa. L'importante è che sia salvo quello che conta. Ma lasciamo
andare.
Violette, la puttana rispettosa
Violette - Cameriere, il mio solito. Doppio. Subito. (il cameriere esegue)
Signor Vincent! Come mi fa piacere vedervi! Posso sedermi al vostro tavolo?
G. -
Accomodatevi, prego.
V.G. - Vi conoscete?
G. -
Di vista. (presentandosi) Paul.
V. -
Violette! Piacere.
Ah, sono ancora tutta scombussolata! Mi fa bene vedere delle facce che conosco. (Il
cameriere porta da bere e Violette tracanna d'un colpo. Al cameriere) Cameriere! Un
altro. E portamene un bottiglia da mezzo litro, a parte. In conto. (cameriere esegue)
E' incredibile, sapete. Più ci penso e meno mi par vero. Quella povera Lulù, se la
vedeste! E' stato per lei che è successo quel che è successo. Avete saputo non è vero?
V.G. - Sì.
V. - Barbari Italiani! Vengono da noi e pretendono che gli siamo fedeli.
Sentite, Signor Vincent, come mi batte il cuore! (V.G. non si muove; a G.) Sentite,
signor...
G. -
Paul; senza signor. Permettete. (le mette la mano sulla mammella e gliela stringe) Sì,
sento. Non sono dei gentiluomini, ecco tutto. (a V.G.) E non sanno distinguere. Vedi, è
pericoloso confondere. Una signorina così, per esempio, con Gesù Cristo.
V. -
(ridendo) Beh, con la Maddalena, al massimo!
V.G. - (a G.) Taci!
V. -
Non capisco.
G. -
Non preoccupatevi. Il vostro mestiere non è quello di capire. Non è vero?
V. -
(ride) Signor Vincent, che avete?
37
G. -
Lasciatelo stare. E' geloso.
V. -
Di me?
G. -
Non di voi, ma fa lo stesso.
V. -
Vincent, tesoro! Non devi essere geloso di nessuno, sai?
(a G.) Non è vero che è bello? Le mie compagne dicono che è brutto, ma a me piace.
Guardate che bell'orecchio che ha! (prendendogli il lobo tra due dita e tirandoglielo)
Tu, bello, mi fai fare pazzie! (glielo bacia)
V.G. - Lasciami.
V. -
Sei proprio di cattivo umore questa sera! Vieni con me, va là! che sarò carina con te.
V.G. - Grazie. Ma faresti un cattivo affare.
V. -
Per i soldi? Non credere che ci sia così attaccata, lo so che gli artisti sono sempre a
corto.
(a G.) Anche voi fate il pittore?
(a V.G.) E poi, in caso, mi potrai sempre pagare con il tuo orecchio. (ride)
G. -
Hai sentito, Vincent? Un nuovo Schyloch!
V. -
Chi?
G. -
Un signore che è morto da molto tempo.
V. -
Ah! Non me la sento proprio di andar sola, questa notte. Beh, devo tornare. Sono uscita
per prendere qualcosa da bere. Siamo rimaste senza, stasera, con tutte quelle emozioni.
Mi vengono i brividi a pensare di dover tornare al buio, in quella strada!
G. -
Se volete che vi faccia compagnia...
V. -
Oh, grazie, signore! Ve ne sarei immensamente grata!
G. -
E tu?
V. -
Perché non vieni anche tu? Se voleste fermarvi a dormire...Il mio letto è
grande...Stringendoci un poco...
V.G. - Vattene!
V. -
Oh, come sei ombroso! Non ti tradisco mica, sai, se non vuoi.
V.G. - Andatevene!
G. -
Su, Violette, vieni.
V. -
Sei forte, tu, non è vero?
G. -
Certo, puoi fidarti.
V. -
Non volermene, Vincent! Ti avevo proposto se volevi anche tu...E ricordati! Se mi porti
il tuo orecchio in regalo, ti sarà sempre aperto tutto l'anno! (ride. Van Gogh si alza, fissa
38
Gauguin, poi afferra il bicchiere e glielo scaglia, col contenuto, sul volto. G. evita il
colpo, poi fa un passo verso V.G., fissandolo. V. grida) No!
(V.G. abbassa il capo, poi fugge)
G. -
(a Violette) Vieni. (escono)
Cameriere - Le consumazioni, signori! Fa in tutto un franco e 75 centesimi. (nessuno gli
risponde. Aspetta un poco, poi alza le spalle e rientra nel caffè) Metterò in conto... Con
mancia ed interessi.
Nella casa di Theo a Parigi. Una lettera di Vincent datata 4 aprile 1888
(Jo, seduta, le mani in grembo, la testa chinata. Ad una parete “i girasoli” di V.G.. Theo
legge a Jo la lettera di Vincent)
Theo - “...Mi occorre una notte stellata con dei cipressi o, forse, sopra un campo di grano
maturo; ci sono delle notti molto belle qui. Ora ho una lucidità o un accecamento
d'innamorato per il lavoro; sono molto curioso di sapere il risultato in capo a un anno,
spero che allora sarò meno tormentato dai malanni. Per adesso soffro molto certi giorni,
ma questo non conta.
Bisogna che i miei quadri arrivino a valere quello che spendo, e anche di più, dato le
molte spese già fatte. Ebbene ci arriveremo. Se ti capita un mese o una quindicina in cui
ti trovi in difficoltà, avvertimi, che mi metterò a fare dei disegni; ci costeranno di meno.
E' per dirti che non ti devi sforzare senza motivo, qui non è come a Parigi, che non ci si
può mettere a sedere quando si vuole”.
(a Jo) Poi mi fa un elenco di colori da comprargli.
(riprende a leggere) “...Non occorre aggiungere che se comperi dei colori per me, le
mie spese qui diminuiranno di più del 50%.
Finora ho speso più per i miei colori, tele, ecc. che per me. Ho dipinto ancora un nuovo
giardino per te, ma in nome di Dio fammi arrivare i colori senza indugio. La stagione
degli orti in fiore è così passeggera, e tu sai che questo motivo è di quelli che rallegrano
tutti”.
(a Jo) Jo, mia cara Jo, ho voluto che conosceste i miei rapporti con mio fratello, prima
di parlarvi di me...Voi sapete che ho una viva simpatia per voi, Jo, e spero che anche
voi...Ma mi sarebbe sembrato disonesto tenervi all'oscuro di questo. Mi capite, non è
vero? Io non posso rinunciare a lui. Non è solo perché veramente creda che è un grande
39
artista. E‟ che io non sarei niente senza di lui. Certo, non ho il diritto di imporre questa
situazione anche a voi. Non vi nascondo che qualche volta mi è difficile,
economicamente, tirare avanti, e se uniremo le nostre vite...ci nasceranno forse dei
bambini...Voi avreste tutte le ragioni di chiedere ogni mia forza, tutte le nostre
possibilità, almeno per loro, se non per noi.
Capite che ho bisogno che voi mi approviate, Jo. (Jo si alza e gli mette le mani sulle
spalle. Theo gliele bacia, prima una, poi l'altra) Grazie.
Jo -
Sarà un fratello anche per me.
(la luce si spegne nella casa di Theo.; entrano dei bambini che fanno il girotondo, cantando)
Coro di bambini
Giro giro tondo
Il matto è senza orecchio
Tagliato ed incartato
E poi l'ha regalato
Giro giro tondo
Il mondo è tutto tondo.
(fuggono via ridendo e gridando) “Il matto è senza orecchio...il matto è senza orecchio...”
40
6a SEQUENZA - nel Commissariato - la morale borghese
(la luce illumina l'interno di un commissariato. Un tavolo, delle sedie)
Commissario - Prego. (dopo di lui entrano i signori Dupont, marito e moglie. La signora
Dupont è una donna imponente, con un gran cappello piumato; in mano ha
l'ombrellino. Il signor Dupont è un ometto spaurito, vestito di nero) Faremo di tutto per
mettere termine a questa incresciosa situazione. Intendiamoci, le vostre lagnanze sono
più che oneste...
Signora Dupont - Voi capite, signor Commissario. La gente ha bisogno di avere fiducia
nell'Amministrazione. Noi stessi abbiamo dato il nostro voto, quattro anni fa, con questa
certezza.
Signor Dupont - “Ambasciator non porta pena”, signor Commissario.
Comm. - Accomodatevi. (accenna col gesto. I signori D. si siedono. Il Comm. suona il
campanello. Entra un piantone)
Fai entrare il Signor Gauguin e quella signorina. (si siede)
Mi dispiace imporvi una simile vicinanza, Signora Dupont. Se volete attendere in
un'altra stanza...
Sig.ra D. - Grazie, non occorre.
Violette - (affacciandosi alla porta) Compermesso.
Comm. - Avanti. (dietro Violette entra Gauguin che saluta inchinandosi) Prego,
accomodatevi. (si siedono. Accennando ai Signori Dupont) I signori sono qui per lo
stesso motivo.
Sig.ra D. - Non precisamente.
Comm. - Ecco, appunto, non precisamente, ma insomma...
Vi abbiamo fatto chiamare, Signor Gauguin, come amico e compagno del signor Van
Gogh. Sapete già di che si tratta. (G. si inchina)
V. - Scusate, signor Commissario, ma che c'entro io? Fra me e il signor Vincent non ci sono
mai stati che i soliti rapporti...capite...lui veniva da noi come tutti gli altri clienti, e se
poi...
Comm. - (interrompendola) Ehm! (si fa un silenzio, imbarazzato)
V. - (ai signori D.) Scusate...(al Comm.) Sono perfettamente in regola, signor
Commissario...Se volete controllare... (fa il gesto di tirare fuori i documenti dalla
borsetta)
41
Comm. - (precipitosamente) Non occorre.
Fate la vostra deposizione e poi sarete libera come gli altri.
Signor Gauguin, quanto tempo siete stato insieme col vostro amico?
Gauguin - Quanto tempo siamo stati insieme!
In verità non saprei dirlo. Mi sembra un secolo, se ci penso. Già. Nessuno lo sospettava,
ma due uomini, in quella piccola stanza, hanno fatto un lavoro colossale, per loro, forse
anche per altri.
Sig.ra D. - Non certo per noi.
G. - La signora è della polizia?
Sig.ra D. - Signor Commissario! (a Gauguin) Come vi permettete!
G. - (al Comm.) E‟ forse un'offesa dire a qualcuno che appartiene alla polizia?
Comm. - Signor Gauguin, vi prego!
G. - (inchinandosi) Certo. (la sig.ra D. si rimette a sedere) Vorrei prima di tutto precisare
che non sono venuto ad Arles di mia volontà. Anzi, resistetti a lungo - io allora lavoravo
a Pont-Aven, in Bretagna - e il mio istinto mi diceva che qui sarebbe successo qualcosa
di spiacevole. Ad ogni modo, un bel giorno - anzi, una bella notte, per la precisione eccomi qui, ad ammirare le bellezze di Arles... e delle Arlesiane. (si gira verso la sig.ra
D., che gli volta decisamente la testa)
Comm. - Non vedo come questo...
G. - Abbiate pazienza. Un momento solo. Riconosco che il mio soggiorno è stato piuttosto
movimentato - lui, il mio amico Van Gogh, è così vulcanico (alla sig.ra D. fissandola in
modo allarmante)... ed io anche, anche se si nota di meno. Quando arrivai ad Arles,
Vincent si cercava ancora, mentre io, molto più vecchio, ero già un uomo maturo, come
uomo e come artista, intendo, e perciò, fra parentesi, quando leggo una frase come
questa: “Il disegno di Gauguin ricorda un poco quello di Van Gogh”, non posso fare a
meno di sorridere.
Comm. - Quanto dite è certamente interessante, ma purtroppo il nostro mestiere non ci
concede troppo tempo.
G. - Non crediate che divaghi, signor Commissario. Il nostro lavoro ha la sua parte nella
spiegazione dei fatti. Occorre una grande tensione per dipingere, come ha fatto il mio
amico Vincent, quella serie di soli su soli, in pieno sole. Avete visto il ritratto del poeta?
(numerando sulle dita) La figura e i capelli, gialli di cromo, 1; il vestito, giallo di
cromo, 2; la cravatta, gialla di cromo, 3; con una spilla di smeraldo, verde smeraldo; su
un fondo giallo di cromo, 4.
42
Sig.ra D. - Non siamo qui per ascoltare una lezione di pittura, credo. Quel che ci interessa,
almeno a noi, sono gli scandali incominciati proprio per la venuta del signore!
G. - (inchinandosi) Devo riconoscere che in quanto dice la signora c'è una certa intuizione,
sebbene espressa in forma, diciamoci così, grezza.
Effettivamente il caso ha voluto che qualche persona che mi ha frequentato sia divenuta
pazza. (fissa la sig.ra D.) Ad alcuni è dato un certo ascendente, più o meno, sui loro
amici. Ma da questo ad essere stato io a provocare la pazzia, ci corre. Del resto, Vincent
stesso mi scrisse, mentre ero a Parigi, consigliandomi di consultare uno specialista per
guarire dalla mia pazzia.
Siamo tutti un po' pazzi, non è vero? (Violette ride di un risolino secco, acuto. Al
Comm.) Il consiglio era buono, per questo non l'ho seguito.
Comm. - Ma la condotta del vostro compagno non vi ha mai lasciato supporre queste sue
crisi? In tal caso, voi avreste avuto il preciso dovere di intervenire a tempo.
G. - Sì. Questo rimprovero me lo sono fatto. Chi vuole, tiri pure la prima pietra!
Negli ultimi tempi Vincent era diventato silenzioso: segno di pericolo. Qualche notte lo
sorpresi che, alzatosi dal letto, si avvicinava al mio, quasi come un sonnambulo. Ma
bastava che gli dicessi, serio serio: “Vincent, cosa avete?”, perché senza dire parola se
ne tornasse a letto. Dormiva un sonno di piombo fino al mattino. Ma la tensione s'era
fatta insostenibile. Vincent doveva sentire che avevo ormai deciso di andarmene. Si
arrivò così all'ultima crisi, la più grave. Eravamo al caffè, si discuteva come al solito, un
po' calorosamente, di pittura, quando arrivò la Signorina.
V. - Ricordate, signor Commissario? Rue de la Galette, 18...Il delitto degli Italiani! Ero tutta
emozionata. Non mi parve vero d'incontrare il signor Vincent e il Signore!
G. - Forse sono stato un po' troppo pungente, col mio amico...
V. - Io non centro, Signor Commissario! Anzi, dissi al Signor Vincent...
Comm. - Volete aspettare d'essere interrogata?
V. - Scusate...
G. - La Signorina ha ragione. Infatti, il bicchiere lo tirò in faccia a me, non a lei.
Comm. - Ma perché il Signor Van Gogh si lasciò andare a questo gesto?
G. - In coscienza non vi saprei rispondere. L'occasione è stata certo insignificante. Ma c'era
tutta una lunga storia, prima.
Poi ce ne andammo, io e la Signorina. L'accompagnai perché aveva paura di tornare
sola.
V. - Sempre per il delitto, signor Commissario.
Capirete bene che dopo quanto era successo non me la sentivo di tornare a casa da sola.
43
G. - Ero diretto a un albergo nelle vicinanze...
Comm. - Quanto tempo dopo che riaccompagnaste la Signorina?
G. - Ma...qualche ora...(risolino di V.)
Comm. - Ah!...Bene.
G. - Quando vidi tutta quella gente al nostro portone, mi sentii stringere al cuore. Un agente
mi si avvicinò e mi dice a bruciapelo: “Che ne avete fatto, signore, del vostro
compagno?”.
Non auguro a nessuno un simile momento. Per fortuna era meno grave di quel che
credevo...
V. - Posso?
Comm. - Avanti, avanti.
V. - E' stata la portinaia, Signor Commissario, a portarmi...sì...il pacchetto. “E' venuto un
uomo con un basco sulle orecchie e ha lasciato questo per te”, mi fa. Io svolgo il
pacco...Era fatto bene, incartato e legato con uno spaghetto. In principio non
capii...nonostante mi sentissi rivoltare lo stomaco. Quando vidi che era un orecchio
svenni, come una signora della buona società.
Sig.ra D. - Che delicatezza!
V. - Signora, noi gli uomini non li mangiamo mica a porzioni! (G. ride)
Comm. - (battendo il pungo sul tavolo) Signorina!
Sig.ra D. - Avete trovato un ammiratore delle vostre volgarità, signorina!
G. - (alzandosi) Il Signore risponde delle parole della Signora?
Sig. D. - (alzandosi lentamente) Ma...io...
Comm. - (alzandosi) Signori!...(il Sig. D. si guarda intorno, smarrito, poi si rimette a sedere)
G. - Ah! Bene. (G. si siede; dopo di lui si siede anche il Commissario)
Comm. - Vi prego, signor Gauguin!
G. - Bene, per me, è finito. Se il Signor Commissario è così gentile, non vorrei incontrare ora
il mio amico Van Gogh.
Comm. - Certo, capisco, siete libero. Grazie. (G. si alza)
V. - (alzandosi esitante) Posso andare anch'io, signor Commissario?
Comm. - Ma sì! In caso, vi faremo richiamare.
G. - (inchinandosi) I miei complimenti a tutti.
Sig. D. - (imbarazzato) Complimenti.
V. - (timidamente) Riverisco.
44
G. - (arrivato alla porta si arresta e fa passare prima V., inchinandosi profondamente)
Prego, mademoiselle! (alla sig.ra D.) Potete rassicurare i vostri vicini, Signora. Parto
oggi stesso per Parigi. E poi, molto più lontano: Madagascar...Tahiti! (i signori D. si
alzano di scatto, impauriti; G. via)
Comm. - (si alza) Bisogna compatire...Artisti!...
Sig.ra D. - Saranno anche artisti, ma se vedeste i loro quadri!...Dei mostri. La peggiore genia.
Sig. D. - Pazzi, signor Commissario, pazzi!
Sig.ra D. - Avete visto con chi faceva lega, qui.
Comm. - Non dubitate, sarà tutto sistemato. Il fratello del Signor Van Gogh è una persona
assolutamente rispettabile. Fiduciario della Casa Gaupil, di Parigi. Si è impegnato in
mia presenza di persuadere il fratello ad essere ricoverato in una casa di cura.
Sig.ra D. - Speriamo.
Comm. - I miei rispetti, Signora.
Sig.ra D. - Buonasera.
Sig. D. - Le nostre, sono soltanto due firme, Signor Commissario, fra le ottantaquattro della
petizione al Sindaco: in ordine alfabetico... Riverisco. (via)
Comm. - (si siede e si asciuga il sudore; suona al piantone che entra) Chiudi l'ufficio. Non ci
sono per nessuno, stasera. (il piantone esce; dopo di lui, esce il Comm; la luce del
Commissariato si spegne)
(rientrano in scena i bambini che fanno il giro-tondo cantando)
Coro di bambini
Giro giro tondo
Il matto è in manicomio
Nel sole vuole andare
Ma poi non può tornare
Giro giro tondo
il mondo è tutto tondo.
Il matto è in manicomio
Nel sole vuole andare
E poi ci vuole stare
Prestategli i denari...
(fuggono via ridendo e gridando)
45
7A SEQUENZA
dalla casa di cura di Saint Remyad Auvers - sur - Oise, la città del suicidio. 1889 - 1890
Ebbene, il mio lavoro è mio, ci ho rischiato la mia vita, e la mia
ragione ci si è fusa a metà.
Nella casa di Theo a Parigi. Una lettera di Vincent, aprile 1890
(Jo, seduta, fa un lavoro a maglia per bambini; è incinta. Theo legge a Jo la lettera di Vincent)
Theo - “...Lasciatemi soltanto che continui tranquillamente il mio lavoro; se è quello di un
pazzo, tanto peggio; non posso farci niente, allora. Ma se non sono pazzo, verrà il
giorno in cui potrò mantenere ciò che ti ho promesso, fin dal principio.
Per ora desidero restare internato, sia per la mia tranquillità che per quella degli altri.
Del resto, mi sento bene solo nell'umiltà, dopo la ripetuta esperienza di questo male.
Perché, sebbene ci siano dei malati che urlano o sragionano, c'è qui molta vera amicizia
e dicono: bisogna sopportare gli altri perché gli altri ci sopportino. E fra noi ci
comprendiamo molto bene.
I benpensanti protestano contro di me, ed io protesto contro di loro.
Il quadro col mietitore è terminato, credo che lo terrai a casa tua. E' un'immagine della
morte come ce ne parla il gran libro della natura, ma quel che ho cercato è quasi un
“allegretto”. E' tutto giallo, meno la linea delle colline viola, d'un giallo pallido e
biondo. Non è curioso che io l'abbia visto così, attraverso le inferriate di un manicomio?
Ebbene, ciò che spero, quando mi metto a sperare, è che la famiglia sia per te quello che
è per me la natura, le zolle di terra, l'erba, il grano giallo, il contadino; che tu trovi nel
tuo amore per gli uomini non solo la ragione del tuo lavoro, ma anche la tua
consolazione, e sempre nuovo coraggio, quando ne avrai bisogno”.
(lunga pausa, come saltando delle righe)
“...Io mi sono ammalato nell'epoca che dipingevo i mandorli in fiore. Ma caro fratello, il
mio debito con te è così grande che quando l'avrò pagato, il male di produrre quadri mi
avrà preso la vita intera, e mi sembrerà di non aver vissuto”. (si spegne la luce della
casa di Theo)
(entra in scena un matto)
46
Canto di un matto
Je ne sais pas d'où je suis sorti,
si c'était lumière où tenèbre
si c'était printemps où automne.
Je ne connais pas où je suis déstiné
si serait été où hiver
si serait midi où minuit.
Je ne sais pas d'où je suis sorti,
Je ne connais pas où je suis déstiné.
(via)
47
le apparizioni
(Van Gogh coprendosi gli occhi con le mani.
La luce illumina Michel, bendato come all'inizio. Anche le successive apparizioni, in diversi
punti della scena, resteranno illuminate solo per il tempo in cui sono al centro
dell'attenzione)
V.G. - Michel!
3° Pastore - Non vuol parlare. Ma parlerò io per lui.
E' stato un gioco, signor Evangelista, gettare la colpa sulle nostre spalle. Ma la seconda
mossa vi ha tradito. (appare Sien; sparisce Michel)
V.G. - (soffocato) Sien!
3° Pastore - Ebbene, redentore di uomini? (il 3° Pastore sparisce; appare Kay)
Kay - Io non potrò amarti mai, Vincent, mai.
V.G. - Sien, ascoltami, io ti voglio bene davvero, lei è morta per me, è lontana... (Kay
sparisce)
Sien - (facendo il gesto di bere) Alla tua salute, Vincent; non fartene una colpa. (sparisce)
Gauguin - Pittore o missionario? That is the question. Per chi si ferma a metà restano nobili
consolazioni. (sparisce)
Tersteeg - Io parlo da mercante. Con questa roba non ti guadagnerai mai da vivere. Del resto,
chi ci rimetterà i suoi soldi sarà Theo, non certo io. (sparisce)
Dottor Gachet - Noi faremo tutto il possibile, ma le schiarite si faranno sempre più rade,
finché sarà buio per sempre. (sparisce)
V.G. - (urlando) No! (la luce si concentra solo su V.G.; il resto è buio)
Un matto - (cantando fuori scena)
Je ne sais pas d'où je suis sorti,
Je ne connais pas où je suis déstiné
si serait lumiére ou tenébre...
(V.G. Durante il canto, alza lentamente la rivoltella al petto; lascia partire il colpo. Buio)
48
Ninna nanna
(luce su Jo che canta dondolando la culla del suo bambino)
Jo - Ninna nanna ninna nanna
Fa la nanna il mio bambino
Fa la nanna con l'insalata
Fa la nanna con il baobab.
Fa la nanna col granchiolino
Fa la nanna con l'elefante
Fa la nanna col poverino
Fa la nanna col principino
Fa la nanna il mio bambino
Il mio piccolo Vincent
Con la mamma e col papà.
(la luce si spegne)
49
La morte di Van Gogh
(Vincent è disteso sul letto, ha il busto sollevato dai cuscini. Entra il dottor Gachet che fa
entrare Theo, restando discosto dal letto)
V.G. - Theo!
Theo - (abbracciandolo) Vincent! (dopo una pausa) Perché, perché Vincent?
V.G. - Ero stanco, Theo. Quelle crisi sarebbero ritornate. E' abominevole. Non ho voluto
morire così.
T. - Tu mi hai abbandonato.
V.G. - Che vuoi? Soffrire senza lamentarsi è la sola lezione che c'è da imparare, in questa
vita. Sei sempre stato tanto buono con me. Ti prego. Ancora una volta.
T. - (con rimprovero) Io non ti avrei mai lasciato.
V.G. - La pittura è una cattiva amante, Theo, che spende, spende sempre, e non è mai
abbastanza. Tu sei stato sempre povero per me, ed io, io ho pagato con la vita.
T. - Tu devi tornare con noi, Vincent. Con me, Jo, il nostro bambino appena nato, il piccolo
Vincent.
V.G. - Il piccolo Vincent. Tu sai, c'era stato anche un altro Vincent, da nostro padre e nostra
madre. Ho preso il suo posto, un anno giusto dopo di lui. Ed ora, ecco, è nato un altro
Vincent.
T. - Ci sono i tuoi girasoli, nella nostra stanza da pranzo, contro il camino. Devi venire a
vederli. Sono magnifici.
V.G. - Quei quadri sono tuoi come miei, Theo, se ti piacciono. Perché, credi, noi li abbiamo
fabbricati insieme, quei quadri, noi due. E non so dirti quanto mi faccia del bene,
pensare che in parte ho pagato il mio debito.
T. - Tu dici veramente troppo di una cosa che è soltanto naturale. E proprio adesso che io
avevo giorni di felicità con la mia Jo, tu avevi proprio giorni tanto tristi.
V.G. - Mah! Credo sempre più che non bisogna giudicare Dio da questo mondo: ci resta la
speranza di vedere qualcosa di meglio in un altro, dove la finissimo di sentirci colpevoli
o infelici.
Dottor Gachet - Io cambierei subito il mio posto col vostro.
50
V.G. - Sì, la morte non è la cosa più difficile, per un pittore. Ma questo è tutto? La
conosciamo completamente, la vita, prima della morte, oppure non ne vediamo che un
emisfero?
Allora voi medici direte che non solo Mosè, Maometto, Cristo e gli altri erano pazzi, ma
così Frans Hals, Rembrandt e Giotto, ma così tutte le vecchie buone donne modeste
come nostra madre.
Ah, ciò è grave! Dove sarebbero allora le persone ragionevoli? Sono i tenitori dei
bordelli, che hanno sempre ragione? E' probabile. Allora cosa scegliere? Per fortuna non
c'è da scegliere.
T. - Comunque sia io verrò con te. Io ti sono uguale in questo: non intendo ragione.
V.G. - Caro Theo, mio caro fratello, questo viaggio è troppo incerto. Si corre forte, mentre
scorrono le cose vicine, e soprattutto non si vede la locomotiva.
Mi vuoi accendere la pipa?
(T. guarda il dr. G., che fa cenno di sì. T. accende la pipa e la mette in bocca a Vincent)
Io ho un bisogno terribile di religione. So di non sapere cosa sia. Ma sempre la vista
delle stelle mi ha fatto sognare, così, semplicemente, come mi fanno sognare i punti neri
che rappresentano sulla carta geografica città e villaggi. Perché i punti luminosi del
firmamento ci sarebbero meno accessibili che i punti neri sulla carta di Francia? Se
prendiamo il treno per andare a Tarascon o a Rouen, noi prendiamo la morte per andare
in una stella.
Forse il colera, la tisi, il cancro, o così, come me, sono dei mezzi di locomozione celesti,
come i battelli, gli omnibus, i treni sono quelli terrestri. Morire tranquillamente di
vecchiaia sarebbe andarci a piedi.
T. - Tu non mi vuoi con te, ma è troppo tempo, ormai, che noi stiamo insieme, per poterci
separare.
V.G. - Oh, ti saprò aspettare. Come vorrei riuscire a farti ben comprendere questa verità, che
aiutando gli artisti hai fatto tu stesso opera d'arte!
E se i risultati non sono stati come volevamo, non ci rattristeremo per questo, non è
vero?
Proprio per questo la tua bontà ti resta a più forte ragione, e per me, ebbene io sento che
la storia degli uomini è come quella del grano. Se non si è seminati sulla terra per
germogliarvi, che importa, si sarà macinati, per diventare pane! (sviene)
T. - Dottor Gachet! (il dottor G. si avvicina e prende il polso di Vincent)
51
V.G. - (come in delirio, con sforzo) Il mio lavoro è mio, ci ho rischiato la mia vita e la mia
ragione ci si è fusa a metà - bene - . Ma tu non sei tra i mercanti d'uomini, per quel che
ne so, ma che vuoi...la tristezza durerà tutta la vita.
T. - Vincent, sappilo bene, io non ti abbandonerò.
V.G. - Ora desidererei ritornare. (muore; lunga pausa)
(Il dottor G. gli chiude gli occhi, gli mette le mani in croce, poi prende la Bibbia sul tavolino
accanto al letto)
Dr. G. - C'era un segno nella sua Bibbia. (legge)
“...Or egli è salito, a guisa di rampollo, dinanzi al Signore, ed a guisa di radice da terra
arida. Non vi è stata in lui forma, né bellezza alcuna; e noi l'abbiamo veduto, e non vi
era cosa alcuna ragguardevole, perché lo eleggessimo.
Egli è stato sprezzato, fino a non esser più tenuto nel numero degli uomini; è stato uomo
di dolori, ed esperto in languori; è stato come uno dal quale ciascuno nasconde la faccia;
è stato sprezzato, talché noi non ne abbiamo fatto alcuna stima. Veramente egli ha
portato i nostri languori, e si è caricato delle nostre doglie; ma noi abbiamo stimato
ch'egli fosse percosso, battuto e abbattuto da Dio.
Ma egli vedrà il frutto della fatica dell'anima sua, e ne sarà saziato. Io gli darò parte fra i
grandi, ed egli partirà le spoglie coi potenti; perciocché avrà esposta l'anima sua alla
morte, e sarà stato annoverato coi trasgressori, ed avrà portato il peccato di molti, e sarà
interceduto per i trasgressori.
(Il dr. G. gli mette la Bibbia fra le mani in croce)
Oggi è il giorno 29 luglio 1890.
E’ una bella giornata d’estate
e il sole splende in cielo.
(cala il sipario)
52