Alla ricerca del proprio Daimon
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Alla ricerca del proprio Daimon
A Allllaa rriicceerrccaa ddeell pprroopprriioo D Daaiim moonn "Prima della nascita, l'anima di ciascuno di noi sceglie un'immagine o disegno che poi vivremo sulla terra, e riceve un compagno che ci guidi, un daimon. Tuttavia, nel venire al mondo, dimentichiamo tutto questo e crediamo di essere vuoti. È il daimon che ricorda il contenuto della nostra immagine, gli elementi del disegno prescelto. È lui dunque il portatore del nostro destino". J. Hillman, Il codice dell'anima Platone nel celebre mito di Er rinvia, tramite suggestive immagini, a concetti quali vocazione, disegno dell'immagine, allineamento della nostra vita sul daimon, cioè quel qualcosa che esiste in ciascuno di noi, che ci rende unici e irripetibili, e che contrassegna i nostri vissuti e i nostri agiti in modo irriducibile. Insomma, ognuno di noi ha una sua personalità, una sua vocazione, una sua immagine che lo contraddistingue in modo radicale e che, di conseguenza, va ricercata e alimentata senza posa, per rendere davvero autentica la nostra esistenza. Per dirla con Platone: noi siamo ciò che abbiamo scelto di essere. In questo senso siamo chiamati a decifrare il codice della nostra anima, affinché possiamo cogliere con nitore il senso compiuto della nostra presenza nel mondo. Ma ecco, in sintesi, il celebre mito platonico di Er, descritto nel X libro della Repubblica, a suggello della libera scelta con cui ognuno di noi sceglie il proprio destino: Er, morto in battaglia e risuscitato dopo dodici giorni, racconta agli uomini il destino che li attende dopo la morte, sottolineando come non sarà il dèmone a scegliere le anime, ma le anime a scegliere il dèmone, per cui la responsabilità etica non è del dio, bensì degli stessi uomini che hanno liberamente scelto tra i vari modelli di vita loro proposti nell'aldilà. Ecco perché il nostro modello di vita è da sempre inscritto nella nostra anima: scegliere la virtù, coltivare la parte migliore di noi stessi o attuare ogni giorno, con coerenza e coraggio, la nostra vocazione dipende, quindi, solo da noi. Ascoltiamo direttamente Platone: "Non sarà il dèmone a scegliere voi, ma voi il dèmone [...]. La virtù non ha padroni; quanto più ciascuno di voi la onora, tanto più ne avrà; quanto meno la onora, tanto meno ne avrà. La responsabilità, pertanto, è di chi sceglie. Il dio non ne ha colpa". Questo daimon, che possiamo chiamare anche "genio", componente ineludibile del nostro io, a volte può essere perso di vista, non coltivato, accantonato, ma prima o poi tornerà per possederci totalmente, per definire la nostra immagine, per far emergere quello che chiamiamo il "me". Se l'uomo si vede solamente come "un impercettibile palleggio tra forze ereditarie e forze sociali", si riduce a statistica, a "mero risultato", a "vittima" di un codice genetico. Si tratta di andare oltre il gioco deterministico tra ambiente e genetica e rimetterci sulle tracce del daimon, "di questo compagno segreto", e delle sue modalità di operare in noi. Ritrovarlo, sentirlo, rapportarsi con esso, farlo fiorire dentro di noi è il percorso che ci conduce all’EUDAIMONIA. Letteralmente avere dentro un buon demone, essere accompagnati ed anche guidati da il giusto compagno interiore. EUDAIMONIA, in antico è l’equivalente della nostra Felicità. Entusiasmo è, però, la parola che meglio corrisponde a quell’antico concetto di Eudaimonia. Felicità è una parola di derivazion latina che rimanda invece al concetto di fecondità, di produzione o, al massimo, di buona fioritura. Il senso non è lontano da quello di eudaimonia ma la forza del significato greco antico non è reso altrettanto bene dalla parola Felicità.