Il mondo della Birra: Appunti di una storia millenaria

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Il mondo della Birra: Appunti di una storia millenaria
presenta:
Il mondo della Birra:
Appunti di una storia
millenaria
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INDICE:
CAPITOLO PRIMO: LA PRODUZIONE 4
1. LE MATERIE PRIME ............................................................................... 4
2. PROCESSO DI PRODUZIONE DELLA BIRRA ........................................... 7
CAPITOLO SECONDO: GLI STILI
BIRRARI ........................................... 10
1. LA GERMANIA ...................................................................................... 10
2. LA GRAN BRETAGNA ............................................................................ 12
3. IL BELGIO ............................................................................................. 15
4. GLI STATI UNITI .................................................................................. 18
CAPITOLO TERZO: COME VALUTARE
UNA BIRRA ...................................... 20
1. LA SCHIUMA ........................................................................................ 20
2. LA TRASPARENZA .............................................................................. 20
3. IL COLORE........................................................................................... 21
4. GLI AROMI DELLA BIRRA ..................................................................... 21
5. L’ESAME GUSTATIVO .......................................................................... 22
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CAPITOLO PRIMO: LA PRODUZIONE
1. LE MATERIE PRIME:
- ACQUA: rappresenta circa il 90 – 95 % della birra, pertanto è un ingrediente di
fondamentale importanza.
Le sue caratteristiche dipendono strettamente da due parametri fondamentali: il pH e
la durezza.
Il pH per la produzione deve essere leggermente acido, mentre la durezza deve
essere inferiore a 30 ° gradi di durezza francese.
Per produrre una birra seguendo un determinato stile, occorre un determinato tipo di
acqua. Esistono quindi dei metodi per correggere il contenuto salino di un’acqua o,
addirittura, per demineralizzare l’acqua e “ricostruirla” aggiungendo i sali più
opportuni
- MALTO: è il prodotto che si ottiene dalla maltazione di un cereale. Il cereale più
utilizzato nel campo birrario è l’orzo, anche se per alcune tipologie di birra se ne
utilizzano altri come il frumento (per le weiss) o la segale.
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E’ importante sottolineare che per produrre birra non si utilizza orzo, bensì malto
d’orzo.
La maltazione è necessaria per attivare gli enzimi contenuti nel chicco, in modo tale
che durante la prima fase della produzione della birra si riescano ad estrarre gli
zuccheri semplici (il maltosio e le destrine) dall’amido di partenza contenuto
nell’orzo. Il maltosio è poi trasformato a cura dei lieviti in alcol etilico e anidride
carbonica. Vi sono innumerevoli tipi di malto in commercio, dai malti chiari a quelli
tostati, passando per il monaco, amber, caramello ecc.
-IL LIEVITO: vengono usati due tipi di lievito (microrganismi della famiglia dei
funghi): Saccharomyces carlsbergensis e Saccharomyces cerevisiae.
Il S. carlsbergensis, detto anche lievito a fermentazione "bassa" (perché precipita a
fine fermentazione e predilige temperature di 6-15°C), viene utilizzato per la
produzione di tutte le birre di tipo tedesco, cecoslovacco e di gran parte dei paesi del
centro-sud Europa.
Il S. cerevisiae, detto anche lievito a fermentazione "alta" (normalmente affiora a fine
fermentazione e predilige temperature tra i 15 ed i 30°C), viene utilizzato per gran
parte delle birre belghe, per quelle inglesi, scozzesi ed irlandesi oltre che per molte
birre nord-americane.
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- LUPPOLO: è una pianta rampicante della famiglia delle Cannabinacee.
Esistono molteplici varietà di luppolo, da quelle usate principalmente per dare amaro a
quelle prevalentemente impiegate per l’aroma. In tutti i casi nell’industria birraria si
utilizza solo il fiore femminile della pianta, poiché in esso sono contenuti i principi attivi
responsabili di amaro e aroma.
Il luppolo, una volta raccolto (da agosto ad ottobre) viene essiccato e può essere
utilizzato tal quale. In questa forma, però è piuttosto ingombrante, ragione per cui
sono stati inventati i pellet (luppolo macinato e compresso in piccoli cilindretti o
pastigliette).
- SPEZIE: per la produzione della birra si possono utilizzare una variatà infinita di
spezie, sia durante il processo di bollitura che in fermentazione/maturazione.
Sono saldamente ancorati alla tradizione della speziatura delle birre soprattutto i Belgi: il
più classico esempio sono le blanche (speziate tradizionalmente con coriandolo e scorza
d'arancia amara).
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2. PROCESSO DI PRODUZIONE DELLA BIRRA:
-
AMMOSTAMENTO: il malto macinato viene irrorato con acqua calda per la
formazione della miscela; l’agitatore nella caldaia consente di ottenere un impasto di
consistenza e temperatura omogenee. Segue la fase di ammostamento vero e
proprio in cui la miscela viene mantenuta a temperature definite per tempi definiti.
Indicativamente si lavora tra 50 e 75˚C per 90-120’. Durante l’ammostamento
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l’amido del malto viene convertito in zuccheri fermentabili e non. Al termine della
fase di ammostamento la miscela viene trasferita nel tino filtro per la fase
successiva.
- FILTRAZIONE: durante questa fase si ha la separazione del mosto dai residui del
malto, detti “trebbie”, ed il lavaggio delle stesse con acqua calda per l’estrazione del
mosto residuo. La filtrazione dura circa 3 ore durante le quali il mosto viene raccolto
nella caldaia di bollitura.
- BOLLITURA E WHIRPOOL: Il mosto viene bollito per circa un’ora. In bollitura si
effettuano una o più aggiunte di luppolo con funzione amaricante e aromatizzante.
Durante questa fase si ha la sterilizzazione del mosto. Al termine della bollitura il
mosto viene ricircolato in caldaia con moto tangenziale che provoca un effetto
mulinello, whirlpool in lingua inglese, responsabile della sedimentazione dei residui
di luppolo e coagulo di bollitura che consente di prelevare mosto limpido.
- RAFFREDDAMENTO DEL MOSTO ED INOCULAZIONE DEL LIEVITO:
Il mosto viene pompato nel fermentatore attraversando prima uno scambiatore di
calore che ne provoca l’abbassamento di temperatura a valori ideali per l’inoculo del
lievito (8 e 17˚C rispettivamente per bassa ed alta fermentazione), e poi un aeratore
che lo arricchisce di ossigeno disciolto, essenziale per le funzioni cellulari del lievito,
aggiunto direttamente nel fermentatore oppure in linea nella tubazione di
trasferimento.
-
FERMENTAZIONE:
è il processo attuato dal lievito grazie al quale il mosto
diventa birra. Durante la fermentazione si ha produzione di biomassa, etanolo,
anidride carbonica e molecole ad impatto sensoriale. Questa fase dura in genere da
4 a 10 giorni a temperature tra 10 e 20˚C a seconda della tipologia. Al termine della
fermentazione la birra giovane viene raffreddata per favorire la sedimentazione del
lievito sul fondo del serbatoio. Questo viene in parte eliminato ed in parte recuperato
per essere riutilizzato. La birra viene poi trasferita in un altro serbatoio per la fase di
maturazione.
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- MATURAZIONE: durante questa fase si ha l’affinamento sensoriale, la saturazione
con CO2 e l’illimpidimento della birra con ulteriore sedimentazione del lievito. A
seconda della tipologia, la maturazione avviene a temperature di 4-8˚C e può durare
da 10 a 30 giorni. Al termine della maturazione sensoriale, la birra beneficia di 7-10
giorni di stabilizzazione e freddo a -1˚C.
- FILTRAZIONE: questa operazione ha lo scopo di rendere la birra limpida per il
confezionamento. La birra filtrata viene trasferita nel serbatoio birra filtrata.
- CONFEZIONAMENTO: in fusti o bottiglie.
- CONTROLLO QUALITA’ :
_ controllo parametri chimico-fisici su mosto e birra: densità iniziale e finale, pH.
_ controllo microbiologico su lievito, mosto, birra durante le fasi di fermentazione,
maturazione, post-filtro, birra confezionata.
_ controllo conta cellulare e vitalità lievito pre-inoculo.
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CAPITOLO SECONDO: GLI STILI
BIRRARI
1. LA GERMANIA
Nel 1516
in Germania esce la legge del Reinheitsgebot (editto della purezza)
promulgata da Guglielmo IV a Ingolstadt. Tale legge imponeva per la produzione della
birra l’utilizzo di sola acqua, malto d’orzo e luppolo (il lievito non era citato perché nel
Cinquecento non se ne conosceva ancora la natura). Questa legge è ancora la base
fondante sulla quale si basano le birre prodotte in Germania (a parte le weizen). Molte
birre sono prodotte con lieviti di bassa fermentazione: possiamo dire che ogni città ha il
suo particolare stile ed è praticamente impossibile elencare tutti gli stili tedeschi.
Cercherò di citare soltanto i principali.
E’ obbligatorio partire da Monaco di Baviera, città da sempre legata alla produzione della
birra, dove si tiene annualmente il famoso Oktoberfest, festa in cui si beve birra Märzen
dei sei birrifici della città vecchia: Augustiner, Hacker-Pschorr, Hofbräuhaus, Löwenbräu,
Paulaner, Spaten.
Le birre più diffuse sono però certamente le Helles e le Pils (o Pilsener): entrambe molto
limpide e di colore dorato; si differenziano per il grado alcolico e la luppolatura, più
evidente nelle seconde. Molto interessanti sono le versioni non filtrate, che, a seconda
della zona, possono essere chiamate Keller, Zwickel o Ungespundet: si tratta comunque
di birre piuttosto torbide, dallo spiccato sentore erbaceo spesso disponibili nei pub,
spinate da botti di legno, molto più raramente imbottigliate
Troviamo poi le Dunkel Lager: si tratta di birre scure, con luppolatura sovente moderata,
in cui l’uso del caratteristico malto Monaco dona sfumature di colore molto particolari,
che possono ricordare il rubino.
Salendo di gradazione alcolica incontriamo le Bock, famiglia assai ampia di birre di
bassa fermentazione, più alcoliche delle normali Lager: raramente sono chiare e più
spesso hanno tonalità di colore dall’ambrato allo scuro, partono dai 5,5 gradi alcoli e
possono arrivare oltre i sette.
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Le Maibock, generalmente un po’ più chiare, che discendono direttamente dalle antiche
Lentebier, le birre che nei monasteri sostituivano i pasti solidi durante la quaresima.
Chiudono la famiglia delle birre alcoliche le famose Doppelbock, il cui nome quasi
sempre finisce in -ator (Celebrator, Optimator, Salvator, Maximator, Triumphator, ...) e
che spesso superano i sette gradi alcolici in volume: si tratta di birre stagionali, in molti
casi disponibili soltanto negli ultimi mesi dell’anno, da consumare con moderazione.
Le Eisbock, antica tipologia (in realtà ormai più diffusa negli Stati Uniti che non in
Germania), che prevede una tecnica di congelamento della birra con successiva
asportazione della parte ghiacciata: sfruttando la diversa densità tra acqua e alcol (l’alcol
solidifica a temperature molto più basse dell’acqua) si ottiene una birra molto alcolica,
potente, maltata. Possono superare i 10 gradi alcolici in volume.
Le Rauchenbier, declinate solitamente negli stili Lager, Märzen e Weizen sono birre
nelle quali viene utilizzato malto essiccato a fuoco di legna, secondo quello che
probabilmente era, anticamente, l’unico sistema conosciuto. Il risultato sono birre con
uno spiccato sentore affumicato, che ricorda lo speck o la provola: le più note sono
certamente la Schlenkerla e la Spezial.
Le Dortmunder, note anche come Export, sono birre rese famose dalle qualità dell’acqua
di Dortmund: di bassa fermentazione, di moderata gradazione alcolica e di colore chiaro,
hanno uno spiccato aroma di luppolo che non si riscontra in bocca con l’amaro.
Molto interessanti anche le birre di alta fermentazione, tra cui la parte del padrone la fa
senza dubbio la famiglia delle Weissbier. Le più note sono quelle bavaresi, chiamate
Weizen (frumento, in tedesco): prodotte con una percentuale superiore al 50% di
frumento maltato, si suddividono ulteriormente in Hefe Weizen, Kristall Weizen, Dunkel
Weizen e Weizenbock. Queste birre hanno circa 5 gradi alcolici in volume e sono molto
rinfrescanti: al naso le note tipiche, date dai particolari ceppi ad alta fermentazione, sono
quelle della banana e dei chiodi di garofano, spesso accompagnate da note di crosta di
pane e lievito. In bocca sono leggermente citriche.
Sempre di alta fermentazione, le Kölsch: birre bionda, appena sotto i 5 gradi alcolici,
prodotta con particolari ceppi di lievito di alta fermentazione, responsabili di un bouquet
molto fine, delicatamente fruttato.
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In Germania ci sono una decina di birrifici della città di Düsseldorf che producono una
Alt (vecchio, in tedesco), birra “vecchia”, tradizionale, precedente alla diffusione delle
Lager. Le Alt sono caratterizzate da una lieve gasatura, toni fruttati e un eccellente
bilanciamento tra malto e luppolo.
2. LA GRAN BRETAGNA
Le Mild sono le tipiche birre inglesi. Di basso tenore alcolico, intorno ai 4 gradi, sono
spesso di color scuro e dal gusto dolce tipico di caramello (confondibile con il
diacetile). Ne sono classico esempio la Harvey’s Mild, la Highgate Mild, la Bank’s
Mild, la Ward’s Classic Yorkshire Ale, la londinese Sainsbuty Mild e la Brains Dark
Mild Ale.
Altro stile tipico, le Bitter sono ales “amare”, generosamente luppolate con luppoli
autoctoni, in particolare coltivati nel Kent, come il Fuggle e il Golding.
Di basso tenore alcolico, raramente superano i 5 gradi, sono ricche di esteri che
conferiscono note fruttate di grande intensità.
Con la denominazione “Best Bitter” o “Special Bitter” si intendono bitter ales più alcoliche,
intorno ai 5 gradi mentre con Extra Special Bitter (ESB) si intendono ales ancor più forti e
dal corpo più pronunciato.
Rappresentano lo stile la Pedigree di Marston’s, London Pride di Fuller’s, Young’s
Special, la Old Speckled Hen di Morland, la Bombardier Bitter di Charles Wells, la
Badger Bitter, la Spitfire di Sheperd Neame e la Newcastle Bitter Ale.
Le Pale Ale, sono birre di gradazione intorno ai 5 gradi, generosamente luppolate e
con un retrogusto secco.Tra gli esempi inglesi ricordiamo la Bass Pale Ale
immortalata addirittura da Edouard Manet nel suo celebre “Bar des Folies-Bergères”,
la Whitbread Pale Ale, la Samuel Smith’s Old Brewery Pale Ale e la Mc Mullen
Castle Pale Ale.
Le India Pale Ale, così chiamate perché destinate alle colonie indiane, per
sopportare i lunghi viaggi per mare, erano più alcoliche e più luppolate delle Pale
Ale. Tali caratteristiche sono rimaste e nel caso dell’interpretazione americana,
ancor più accentuate.
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Le Brown Ale sono lo stile tipico del nord dell’Inghilterra, ora un po’ in declino,
caratterizzato da un colore “brown” cioè marrone e da dolci note di caramello e nocciola
avvertibili sia a livello olfattivo che gustativo.
Ricordiamo la celebre Newcastle Brown Ale, la Super Nut Brown della George Gale
e la Samuel Smith Nut Brown Ale.
Le Scotch Ale sono birre dal bel color marrone scuro con riflessi rubino, sono birre
tipicamente scozzesi e si differenziano dalle più secche e luppolate consorelle
inglesi per le note decisamente maltate e dolci e per il tenore alcolico più elevato.
Vengono classificate in base al grado alcolico da Light a Heavy, Export e Strong. Ne
sono esempi la Mc Ewans, la Caledonian Flying Scotsman Ruby Ale, la Belhaven
80/- Export Ale, la Black Douglas e la più forte Old Jock della Broughton, la Maclay
Eigthy Shilling Export Ale e le forti Borve Ale e la nota Traquair House Ale.
Le Old Ale sono birre adatte anche all’invecchiamento, a volte confuse con le meno
alcoliche e complesse Strong Ales, le forti, scure, fruttate e “vinose” Old Ales
rappresentano una tipologia antica e di grande valore. Ricordiamo tra le britanniche
l’imponente Old Tom della Robinson,
la vinosa Suffolk Strong della Greene King ,
invecchiata due anni, unica birra inglese maturata in botti, la Owd Roger della Marston’s,
la Theakston Old Peculier, la Winter Warmer della Young’s e la Sarah Hughes Dark
Ruby.
I straordinari Barley Wine (vino d’orzo) sono tra le più forti birre al mondo, paragonabili ai
vini sia per il tenore alcolico che per le note olfattivo-gustative.
Tipiche birre da meditazione, Il barley wine per eccellenza è sempre stato riferito alla
Thomas Hardy’s Ale prodotta dalla Eldridge Pope fino al 1999.
Le Porter, considerate le antesignane delle Dry Stout, sono birre scure, il cui colore a
volte ricorda l’ebano, di poco corpo e di facile bevibilità con ammalianti e decise note
di fondo di caffè, prugna cotta e frutta secca. Tra gli esempi autoctoni ricordiamo le
Old Style Porter e Honey Porter della St. Peter’s, la Harvey 1859 Porter, la Young’s
London Porter e la Sheperd Neame Original Porter e la Taddy Porter di Samuel
Smith di Tadcaster.
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Capitolo a sè fanno le Stout. Esse si dividono in diverse sottocategorie, spesso
difficilmente diversificabili tra loro.
Analizziamole:
-Irish Dry Stout: scurissime, anzi nerissime dalla caratteristica schiuma cremosa color
cappuccino generata dalla spillatura in carboazoto (anidride carbonica e azoto), le dry
stout sono secche ed amare con decise note di fondo di caffè e liquirizia e
il tradizionale abbinamento culinario è rappresentato dalle ostriche.
-Sweet Stout o Milk Stout: sono birre scure e addolcite con lattosio, con decise note
di cioccolato e di caffè d’orzo.
-Oatmeal Stout: simile alle sweet stout, le oatmeal stout, prendono il nome dalla
farina d’avena, si presentano più ricche e complesse nell’olfatto e più corpose e
vellutate nel palato.
-Imperial Stout: così chiamate per il favore che riscossero nell’Ottocento presso la
corte degli Zar, le Imperial Stout (o Imperial Russian Stout) sono forti e luppolate in
quanto dovevano superare lunghi viaggi nei paesi baltici o nelle colonie caraibiche.
Le Imperial Stout, dall’alto tenore alcolico, anche intorno ai 7-8 gradi, sono molto
eleganti nell’olfatto con note di prugna cotta e di caffè mentre al palato si presentano
vinose, ricche di fruttato, uva sultanina e frutta secca in genere, con decise punte di
caffè, di liquirizia e di affumicato. La birra di riferimento è stata per molto tempo la
sontuosa Courage Imperial Russian Stout.
-Chocolate e Coffee Stout: entrambe popolari soprattutto negli Stati Uniti, sono birre
di varia gradazione alcolica ma sempre caratterizzate da decisi profumi e sapori di
cioccolato e caffè, conferiti dall’utilizzo di malti scuri o, a volte dall’aggiunta di
cioccolato o di caffè.
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3. IL BELGIO
- LA BIERE BLANCHE: (witbier in fiammingo) è una birra di alta fermentazione, di
moderato tenore alcolico, (salvo rare eccezioni non supera i 5 gradi) che impiega malto
d’orzo, frumento non maltato (ai quali raramente si aggiunge avena maltata) e che viene
speziata con coriandolo e scorza d’arance amare di Curaçao, Appartengono a questo
stile la celeberrima Hoegaarden della Inbev e la Sint Bernardus Witbier.
-LE SAISON: stile originario della regione dell’Hainaut in Vallonia, è un nome che si
riferisce a birre leggere, dissetanti ed amarognole adatte alle stagioni più calde, che
venivano portate dalle donne nei campi di lino agli uomini per ristorarli durante la pausa
di mezzogiorno. Al giorno d’oggi le Saison sono più forti, anche fino a 7% vol. alc., e
hanno perso la loro peculiare stagionalità essendo ormai disponibili tutto l’anno. Alcune
di esse sono addolcite e lontane dallo stile originario ma, per fortuna, esistono ottimi
esempi di saison mature, ben invecchiate, caratterizzate da una secchezza lieve ma
sensibile ed opportunamente acidula.
- LE BIRRE TRAPPISTE: nelle Fiandre Occidentali, a Westvleteren, nel cortile della
piccola e sperduta Abbazia di St. Sixtus, i monaci vendono le loro celebratissime birre,
una “blond” leggera, luppolata e due scure più forti, la 8 e la 12 considerate “cult” dagli
esperti di tutto il mondo.
Nell’Abbazia di Westmalle, a nord di Anversa, i monaci accanto alla rarissima,
leggera chiara “Extra” e alla diffusa più forte bruna “Dubbel” (ora anche alla spina)
crearono nel 1934 la potente e dorata “Tripel”, una tipologia di successo, oggi
largamente imitata e non solo in Belgio.
Nell’Abbazia di Sint Benedictus ad Achel, nel Limburgo belga, al confine con quello
olandese, si è ripreso a produrre birra nel dicembre 1998 e dopo un incerto inizio ora la
qualità e, di conseguenza, la reputazione sono in costante miglioramento.
In Vallonia, vicino a Namur, nell’Abbazia di St. Rémy a Rochefort, il bravo e simpatico
“ingénieur- brasseur” laico Gumer Santos produce tre rinomate birre scure, la 6, la 8 e la
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La birre trappiste più diffuse e conosciute sono prodotte nell’Abbazia di Notre-Dame di
Scourmont nei dintorni di Chimay. Vengono classificate in base al colore del tappo,
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bianco, rosso o blu (rispettivamente Cinq Cent, Première, Grand Reserve nella versione
in bottiglia da 75 cl con tappo in sughero). Le Chimay si sono ultimamente trovate
nell’occhio del ciclone per l’utilizzo di ingredienti non propriamente “monastici” come
l’estratto di
malto e l’amido di mais. Esiste anche una leggera Chimay Dorée,
regolarmente disponibile presso l’Auberge de Poteaupré, locale degustazione
dell’Abbazia. Recentemente è apparsa sul mercato una Chimay Triple alla spina simile,
ma non identica, alla “tappo bianco”.
“Last but not least” chiude la rassegna delle sei “autentiche trappiste” la straordinaria,
“amarissima” birra prodotta nell’Abbazia Notre Dame d’Orval, dal tipico e unico “goût
d’Orval”, dovuto anche all’utilizzo di Brettanomiceti (lievito selvaggio).
Sul collarino della caratteristica bottiglia a birillo risalta la celeberrima immagine della
trota con un anello d’oro in bocca ispirata alla leggenda di Matilde di Canossa, alla
quale scivolò l’anello nuziale nella sorgente. Disperata, pregò e supplicò
accoratamente la Vergine che esaudì il suo voto: all’istante la trota uscì dall’acqua
portandole l’anello. Matilde allora esclamò: “ma questa è proprio una valle d’oro” da
cui poi derivò il nome “Orval”, oggi così idolatrato dagli innumerevoli “devoti”
estimatori di questa straordinaria , unica e “divina” bevanda. Presso il locale
degustazione, l’Ange Gardien, è possibile oltre la versione leggera chiamata Petite
Orval (oppure Orval Verte) e trovare ora l’Orval alla spina che risulta giocoforza
meno complessa di quella rifermentata in bottiglia.
-LE BIRRE D’ABBAZIA: generalmente tutte le birre prodotte all’interno di un’abbazia
(o birrifici nati all’interno di un’abbazia) che seguano lo stile delle Belgian Ale.
- OUD BRUIN E RED ALE: lo stile denominato Oud Bruin (rispettivamente vecchio e
bruno) raggruppa le birre originarie della zona di Oudenaarde nelle Fiandre Orientali,
caratterizzata da un’acqua dura, particolarmente adatta a questa tipologia di birre dal
bel colore che varia dal ramato intenso sino al marrone scuro con riflessi rubino.
Sono birre particolari, dal corpo medio-leggero e di norma dal moderato tenore
alcolico, dolci e acidule al tempo stesso con punte di lattico e acetico. Dopo una
maturazione di circa 40-50 giorni in contenitori di acciaio, il birraio aggiunge una
parte di birra invecchiata, a volte anche in botti di legno, ottenendo così un gusto
più dolce e non così aspro come quello che avrebbe una oud bruin matura “tout
court”.
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La birreria di riferimento è la storica Rodenbach di Roeselare, ora appartenente a Palm,
che produce la Rodenbach assemblata con birra vecchia e giovane e la Rodenbach
Grand Cru che in passato era 100% birra invecchiata mentre ora è formata da tre quarti
di vecchia e un quarto di giovane.
LA FERMENTAZIONE SPONTANEA
- LAMBIC: il lambic è stato definito dal produttore Frank Boon “l’anello mancante tra la
birra e il vino”.
Il mosto deve per legge contenere almeno il 30% di frumento crudo, non maltato e per il
resto deve contenere malto d'orzo di colore chiaro tipo pilsener mentre il luppolo
utilizzato detto “suranné”, invecchiato oltre tre anni
ha il
caratteristico odore di
“formaggio maturo”, che perdendo in pratica il potere amaricante, apporta quasi
esclusivamente le proprietà antisettiche e antiossidanti. Fondamentale ed unica è la fase
di raffreddamento (per una notte intera e solo nei mesi freddi) durante la quale avviene
l’inoculazione spontanea da parte dei microrganismi che popolano gli ambienti della
birreria. Il mosto viene versato nella vasca di raffreddamento posta nel sottotetto, dove
opportune fessure favoriscono il passaggio della “miracolosa” microflora. Il mattino dopo
il mosto è pronto per riempire le botti di legno usate provenienti dalle regioni di Porto,
Sherry, Madeira e Cognac. Comincia così la fase della fermentazione
Il lambic che esce dalla botte dopo un anno si presenta piatto, intorno ai 5 gradi alcolici.
Aromi e sapori inusuali che possono a volte ricordare il metallo, il formaggio ammuffito, il
limone, l’aceto, il sudore, le carte da gioco vecchie, il sangue, la carne in scatola, gli
stracci bagnati e così via.
Il lambic piatto, una volta vera e propria “bevanda del popolo” oggi giorno viene
quasi tutto assemblato per produrre la gueuze ed è sempre più difficile da trovare.
- LA GUEUZE: (geuze in fiammingo) prende il nome probabilmente dal termine “gueux”
(pezzente) perché nella regione era la bevanda del popolo mentre il vino trovava posto
solo sulle tavole dei ricchi.
Detta “lo champagne del Belgio”, nasce dall’assemblaggio di due o più lambic di età
diversa. Le caratteristiche aromatico-palatali sono vicine a quelle del lambic sopra
descritte ma, la fermentazione supplementare, oltre alla frizzantezza, conferiscono alla
gueuze una complessità e una finezza molto più marcate. La gueuze tradizionale, di
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gradazione intorno ai 5-6 gradi alcolici, si ottiene dalla rifermentazione in bottiglia di una
miscela di lambic giovani.
- LA KRIEK: nasce dall'aggiunta al lambic di ciliegie (griotte, per essere più precisi) della
varietà acidula detta di Schaerbeek, Il metodo tradizionale prevede l'utilizzo di circa 2030 kg di griotte fresche ed intere ogni 100 litri di lambic invecchiato dai 12 ai18 mesi .
Dopo circa 5-6 mesi di macerazione, si procede all'imbottigliamento come per la gueuze,
cioè miscelando alla kriek una quantità di lambic giovane per la rifermentazione in
bottiglia.
- LA FRAMBOISE: si ottiene dall’aggiunta
di lamponi freschi al lambic in quantità
variabile tra 20 e 35 kg per 100 litri. Il processo produttivo è lo stesso della kriek tenendo
ovviamente conto della diversa consistenza della polpa dei due frutti. La framboise
prodotta con metodi tradizionali, dall’aspetto elegante e dall’aroma delicatamente
pungente, si presenta in bocca secca, tagliente ed astringente con decise punte di
acidulo che la rendono perfetta come aperitivo per un pranzo raffinato.
- FARO: il nome del Faro, vera e propria bevanda delle classi meno abbienti di Bruxelles
e dintorni, sembra derivi dall’omonima città portoghese anche se alcuni storici lo fanno
risalire alla parola latina “farina”. Il faro veniva tradizionalmente preparato dalle birrerie o
dai singoli gestori dei caffè aggiungendo al lambic zucchero candito bruno, talvolta
tagliandolo con una birra leggera e spesso allungato con acqua per dar vita alla Mars,
una bevanda popolarissima all’epoca, ancor più a buon mercato, che da molti decenni è
ormai estinta.
4. GLI STATI UNITI
Il boom dei microbirrifici artigianali negli Stati Uniti esplode a metà degli anni ’80.
Nascono brewpub che servono Helles, Pils, Weizen, Bock (stili tipicamente
tedeschi), altri che servono Blanche, Blonde Ale, Bières d'Abbaye, Noël (tipicamente
belgi), altri ancora con in lista Mild, Bitter, Porter, Imperial Stout (inglesi), stili non
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autoctoni dai quali però emerge subito evidente della passione e dell'ispirazione,
con modifiche estrose del mastro birraio.
Da questo punto di vista gli appassionati e i conoscitori di birra di tutto il mondo
hanno un grande debito nei confronti dei birrai artigianali americani: molte tipologie
che stavano per scomparire o erano addirittura già scomparse in madrepatria sono
state riprese e rilanciate con grande successo proprio oltreoceano. Penso
soprattutto alle Porter e alle Imperial Stout, che, grazie all'ottimo lavoro compiuto dai
birrai americani, si sono salvate da un estinzione quasi certa e stanno vivendo una
nuova giovinezza anche nella nativa Inghilterra.
Anche se non dotati di uno stile proprio, gli americani sono dei grandi sperimentatori.
Estremizzano gli stili, modificano ricette standard e, sviluppano nuove tecnologie.
Su tutte ricordiamo il luppolo: partendo dalle più note varietà europee gli americani
hanno sviluppato, già a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, tipologie
autoctone davvero particolari come il Cascade, il Chinook o il Columbus.
Va detto anche che gli Stati Uniti sono il terreno delle più grandi estremizzazioni
verso l'amaro. Al di là, però, di questi estremismi, va detto che i birrifici americani
producono una gamma davvero vastissima di birre, coprendo praticamente tutti gli
stili birrari del pianeta, comprese le birre a fermentazione spontanea: si possono
trovare Kölsch, Pale Ale, Bitter, Scotch Ale, Altbier, Tripel, Old Ale, Barley Wine,
Porter, Imperial Stout, Weizen, Blanche, Pils, Dormunder, Märzen, Schwarz,
Doppelbock.
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CAPITOLO TERZO: COME VALUTARE
UNA BIRRA
1. LA SCHIUMA
Ogni birra ha la sua schiuma.
Per saperne di più è giocoforza necessario conoscere adeguatamente le tipologie o gli
stili birrari dove appare chiaro che la schiuma non è sempre bianca, ma può anche
presentarsi di un bel colore beige o “caffé” nel caso delle stout. In generale però, si può
dire che una schiuma abbondante, persistente e densa è un chiaro segnale di una birra
ben fatta; importante anche che la schiuma rimanga presente dopo la prima sorsata
“incollandosi” al vetro per creare quelle forme che sembrano ricami e non a caso sono
chiamati, in gergo birrario, “merletti di Bruxelles”.
2. LA TRASPARENZA
Non tutte le birre si presentano limpide. Alcuni stili non prevedono la filtrazione e
pertanto una caratteristica opalescenza o velatura è da considerarsi una qualità.
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3. IL COLORE
Nella valutazione del colore, come regola generale, va quindi tenuto presente l’aderenza
allo stile al quale la birra è da ascrivere. Il colore insomma deve essere tipico. Tranne il
caso in cui la birra non sia stata filtrata, un buon requisito è anche che il colore sia
brillante. Né spento né opaco.
4. GLI AROMI DELLA BIRRA
In generale gli aromi che possiamo ritrovare nella birra sono: il malto, il luppolo, il
fruttato, il floreale e lo speziato. Il malto, con un gradiente di sapori che inizia da
cracker/crosta di pane (PILS), sale a biscotto (VIENNA), poi caramello (BROWN
ALE),
cioccolato (PORTER), terminando con il torrefatto (STOUT). I profumi tipici del luppolo
non sono evidenti in tutte le birre, perché in molti casi esso viene utilizzato solo per
le proprietà amaricanti. In altri casi l'aroma del luppolo entra con vigore nell’impronta
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aromatica con sentori erbacei, balsamici, speziati, floreali o agrumati a seconda della
varietà utilizzata.
Gli aromi fruttati sono dovuti agli esteri ed agli alcoli prodotti durante la
fermentazione; sono particolarmente importanti nelle birre di alta fermentazione,
come le ALES belghe e britanniche, le BIRRE D'ABBAZIA belghe e le BIÈRE DE GARDE
francesi
Gli aromi speziati assumono particolare importanza in birre in cui le spezie stesse
figurano tra gli ingredienti: ad esempio in molte birre belghe, tra cui le
BLANCHE
(coriandolo e buccia d’arancio amaro, il cui aroma è dovuto in entrambi i casi al
limonene), le
SAISON
(cicoria, anice stellato, cardamomo e coriandolo). In molti casi
l’aroma speziato però non deriva dagli ingredienti, ma dal ceppo di lievito utilizzato
(es.Weizen).
5. L’ESAME GUSTATIVO
E’ impensabile per un birraio escludere la degustazione, perché questo è l’unico
sistema che consente una valutazione globale del prodotto.
Quasi tutti i nostri sensi sono coinvolti e noi siamo predisposti positivamente quando
avviciniamo il bicchiere alle labbra. Basta a questo punto un odore “sgradevole“
oppure uno squilibrio di sapori (troppo dolce, salato, amaro o acido) per rovinare
l’incanto.
L’ambiente che circonda il degustatore deve essere il più sobrio e neutro possibile
sia per quanto riguarda i colori dell’arredamento che i suoni (telefono, cerca persone,
chiamate, dialoghi, ….). E’ ovvio che il fumo deve essere bandito dal locale e i
fumatori devono evitare di fumare almeno un’ora prima della degustazione
E’ molto importante mantenere costanti altri parametri che hanno influenza sui
recettori del nostro organismo quali la temperatura del prodotto da degustare (per la
birra 15°C), la forma del bicchiere, il suo colore e la pulizia (il bicchiere deve essere
semisferico per favorire la raccolta dei vapori nello spazio di testa, deve essere
trasparente se non ci sono differenze di colore o torbidità tra i campioni altrimenti
sarà scuro, infine sarà ben pulito, ma si useranno solo detergenti neutri ben
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sciacquabili che non contengono additivi e profumi; vanno evitati i brillantanti per
lavastoviglie).
Di seguito, la ruota degli aromi di Meilgaard:
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