Ortesi di arto inferiore

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Ortesi di arto inferiore
Ortesi di arto inferiore esperienza e prospettiva di innovazione
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI
DI PADOVA
DIPARTIMENTO INGEGNERIA
MECCANICA
Confederazione Nazionale
Artigianato e della Piccola
Media Impresa
dell’
e
INNOVAZIONE
DI PRODOTTO
PER LA
COMPETI
TIVITA’
Ortesi di arto
inferiore
esperienza
e prospettiva
di innovazione
Galileo
PARCO SCIENTIFICO E TECNOLOGICO
Confederazione Nazionale
Artigianato e della Piccola
Media Impresa
dell’
e
INNOVAZIONE
DI PRODOTTO
PER LA
COMPETI
TIVITA’
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI
DI PADOVA
DIPARTIMENTO INGEGNERIA
MECCANICA
Galileo
PARCO SCIENTIFICO E TECNOLOGICO
Ortesi di arto
inferiore
esperienza
e prospettiva
di innovazione
La pubblicazione Ortesi di arto inferiore - Esperienza e prospettiva di innovazione è stata sviluppata
nell'ambito di Innovazione di prodotto per la competitività, progetto realizzato da CNA provinciale di
Padova con il contributo della Camera di Commercio di Padova.
La pubblicazione è stata curata da:
Nicola Petrone - Dipartimento di Ingegneria Meccanica Università di Padova
Fausto Panizzolo - Dipartimento di Ingegneria Meccanica Università di Padova
Sandro Storelli - Settore biomedicale CNA Padova
Hanno collaborato:
Imprese ortopediche della provincia di Padova e del Veneto
Coordinamento del progetto:
CNA Provinciale di Padova
via della Croce Rossa, 56 - 35129 Padova
tel.049.8062236 fax 049.8062200
Grafica di Gianni Plebani
Stampato da Arti Grafiche Padovane
Dicembre 2008
© Tutti i diritti riservati:
CCIAA di Padova
CNA Provinciale di Padova
Confederazione Nazionale
Artigianato e della Piccola
Media Impresa
dell’
e
Da sempre il sogno di ogni impresa è quello di proporre prodotti innovativi, belli, vincenti e
a costi accettabili.
La struttura leggera delle nostre imprese, che in passato è stata una delle ragioni del successo del modello italiano, oggi mostra evidenti fattori di debolezza in termini di risorse, capacità di investimento, competenze. Il nostro sistema economico, dopo aver garantito
nell'ultimo ventennio uno sviluppo senza eguali anche rispetto alle aree più industrializzate
d'Europa, deve ora affrontare la competizione sul mercato in una fase che si preannuncia
molto difficile.
La globalizzazione dei mercati impone in ogni caso nuove soluzioni produttive e commerciali e induce rapide evoluzioni e sviluppi tecnologici.
Indubbiamente l'innovazione è determinante per la competitività, per proteggere le imprese dalla concorrenza basata esclusivamente sui costi.
Le imprese di piccole dimensioni però, tradizionali o presenti nei settori ad alta tecnologia,
percepiscono la necessità di innovazione senza avere spesso un'adeguata capacità di
strutturare la domanda. La filiera dell'innovazione si può quindi sviluppare aiutando le imprese a esprimere le loro esigenze, stimolando e supportando le piccole e medie imprese
nel realizzare - utilizzando la rete presente sul territorio - quell'insieme di attività che generalmente una grande impresa può realizzare al suo interno.
I percorsi e i risultati per l'innovazione di prodotto possono essere utilmente condivisi dalle
imprese di filiere o settori specializzati, in particolare per tipologie di prodotto su cui esistono nell'area locale comuni caratterizzazioni e denominatori tecnici. Nell'innovazione, elementi fondamentali per una elevata capacità competitiva sono un'opportuna valorizzazione dei materiali abbinata al design, l'attenzione alle caratteristiche prestazionali, alla gestione del ciclo di vita del prodotto, all'ambiente.
Questa pubblicazione Ortesi di arto inferiore - Esperienza e prospettiva di innovazione è realizzata nell'ambito del progetto “Innovazione di prodotto per la competitività”, realizzato da
CNA Padova con il contributo della Camera di Commercio di Padova. Con essa intendiamo offrire agli operatori interessati le premesse e i risultati di un percorso sperimentale di
prova per la qualità e sicurezza di prodotto, svolto in collaborazione con imprese del settore e ricercatori dell'Università di Padova.
Il Presidente C.C.I.A.A. di Padova
Roberto Furlan
Il Presidente CNA di Padova
Sergio Gelain
Indici
Premessa
PARTE PRIMA ANALISI DEL CAMMINO
1.1 Ciclo del passo
1.2 Patologie invalidanti
1.2.1 Le paralisi
PARTE SECONDA LE ORTESI
2.1 Classificazione
2.1.1 FO (Foot Orthosis)
2.1.2 AFO (Ankle Foot Orthosis)
1) Solid AFO
2) Hinged AFO
3) Posterior Leaf Spring AFO
2.1.3 KO (Knee Orthosis)
2.1.4 KAFO (Knee Ankle Foot Orthosis)
2.1.5 HKAFO (Hip Knee Ankle Foot Orthosis)
2.1.6 THKAFO (Trunk Hip Ankle Foot Orthosis)
PARTE TERZA CARATTERIZZAZIONE DEL PROCESSO PRODUTTIVO
3.1 Processo di realizzazione
Fasi del processo
Progettazione dell’ortesi
Realizzazione dell’ortesi
Progettazione classica dell’ortesi
Realizzazione classica dell’ortesi
PARTE QUARTA NORMATIVE DI RIFERIMENTO
PARTE QUINTA INNOVAZIONE NEL SETTORE DELLE ORTESI SU MISURA
5.1 Diagnosi e prescrizione
5.1.1 Rilevazione del movimento
5.1.2 Quantificazione delle caratteristiche di rigidità/elasticità articolare
5.1.3 Supporto alla prescrizione dell’ausilio
5.2 Progettazione
5.2.1 Rilevazione della geometria del segmento corporeo
5.2.2 Definizione delle caratteristiche meccaniche e funzionali dell’ortesi
5.2.3 Progettazione a durata
5.2.4 Utilizzo materiali innovativi
5.2.5 Utilizzo sistemi elettromeccanici
5.2.6 Modellazione virtuale strutturale
5.2.7 Modellazione muscolo scheletrica
5.3 Realizzazione
5.4 Collaudo
5.4.1 Verifica delle caratteristiche di sicurezza
5.4.2 Verifica delle caratteristiche prestazionali e funzionali
Osservazioni conclusive
Bibliografia
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Premessa
Il presente documento viene redatto in seno al
progetto: “Innovazione di prodotto per la competitività”, realizzato da CNA provinciale di Padova con il contributo della Camera di Commercio
di Padova, in collaborazione con il Dipartimento
di Ingegneria Meccanica dell'Università di Padova.
Tra gli obiettivi del progetto vi erano quelli di eseguire attività di supporto allo sviluppo di percorsi
orientati all'innovazione di prodotto e di processo in diversi settori economici significativi per il
tessuto produttivo territoriale padovano.
Uno dei settori identificato come significativo per
l'applicazione dello studio è risultato quello delle
ortesi su misura, legato ad un numero elevato di
Laboratori Ortopedici il cui valore e professionalità è ben apprezzato nel territorio.
Tale settore è da considerarsi significativo delle
dinamiche di evoluzione dell'economia del territorio locale in cui la competizione mirante ad introdurre nel mercato prodotti sempre più economici si gioca sulla capacità di fornire a prezzi comunque sostenibili prodotti su misura e servizi al
cliente che siano in grado per qualità, puntualità
e professionalità di giustificare eventuali differenze di prezzo.
L'esperienza svolta è raccolta in questa pubblicazione. Il caso delle ortesi su misura è stato scelto come emblematico di un dispositivo per cui
l'esperienza consolidata del tecnico è chiamata
a fondersi con nuove possibilità tecnologiche
che spaziano dai metodi di diagnosi e prescrizione, ai metodi di progettazione, ai metodi di produzione e collaudo dell'ortesi.
Ringraziamo i tecnici ortopedici, i ricercatori, le
imprese specializzate del settore ortopedico che
hanno contribuito a questo lavoro.
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PARTE PRIMA
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Parte Prima
Analisi del cammino
L'uomo è un essere bipede, in grado cioè di rimanere in posizione eretta e di muoversi utilizzando
esclusivamente i due arti inferiori che, sopportando il peso del corpo, ne determinano istante per
istante l'equilibrio statico e dinamico e costituiscono il mezzo di locomozione del corpo stesso.
La deambulazione può essere definita come la capacità di controllare la tendenza a cadere del baricentro complessivo del corpo mediante il posizionamento opportuno del centro di pressione, ovvero
il punto di applicazione delle reazioni di pressione al suolo, dell'uno e l'altro piede, alternativamente e
dinamicamente, in modo da mantenere l'equilibrio dinamico.
In dettaglio si definisce ciclo del passo il periodo di tempo che intercorre tra due appoggi successivi
del medesimo piede al suolo.
1.1 Ciclo del passo
Si è ritenuta utile una serie di richiami relativi alla
descrizione del ciclo del passo. La comprensione di molte delle problematiche di prescrizione e
innovazione nel settore delle ortesi di arto inferiore presuppone la conoscenza di queste nozioni.
Il ciclo del passo comprende i diversi movimenti
che avvengono tra due appoggi consecutivi dello stesso tallone: è caratterizzato da una fase di
appoggio (stance phase) ed una di sospensione
(swing phase).
Stance
Swing
Figura 1.1: Le principali fasi del ciclo del passo
Nella fase di appoggio o sostegno (60% dell'intera durata del passo), si individuano alcuni eventi significativi: i primi definiscono un periodo frenante, mentre gli ultimi costituiscono un periodo definito
propulsivo.
Abbiamo quindi:
• heel strike (HS): appoggio del piede destro
nello stesso momento in cui il piede sinistro inizia la spinta sull'avampiede (prima fase del doppio appoggio), il tallone viene a trovarsi a contatto con il suolo;
HS
FF
MS
HO
TO
• foot flat (FF): il piede destro aderisce con tutta
la pianta al terreno; nel frattempo il piede sinistro, staccatosi dal terreno, sta avanzando verso il destro;
• mid stance (MS): contatto pieno della pianta
del piede destro, mentre il sinistro viene a trovarsi a livello del piede destro. Questo è il momento nel quale l'equilibrio del soggetto in
cammino è più instabile ed il peso del corpo è concentrato direttamente sopra l'arco portante;
Figura 1.2: Gli eventi significativi della fase di
stance
• heel off (HO): rappresenta il momento in cui avviene lo stacco del calcagno;
• toe off (TO): evento in cui si ha lo stacco delle dita del piede destro.
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I cinque eventi descritti in precedenza permettono di individuare quattro distinte fasi.
Durante il contatto iniziale (10% del ciclo del passo), che porta il piede in posizione di foot flat dopo
l'appoggio inziale, la caviglia ha una leggera flessione in risposta al carico sull'arto del peso del corpo
e questo causa uno spostamento verticale del baricentro.
La seconda fase, quella di risposta al carico (10-30% del ciclo), inizia con lo stacco del piede controlaterale (termina così la fase del doppio supporto) e termina quando il piede di appoggio è completamente supportato dalle ossa del metatarso e delle dita, che iniziano a spingere.
Successivamente si ha la fase mediana (30-50%), dove il tallone si stacca da terra e il corpo passa
sull'arto controlaterale. Il peso si sposta sulla testa del metatarso. Il piede destro è ancora in carico,
mentre il sinistro inizia il suo carico con il tallone (seconda fase del doppio appoggio).
Nell'ultimo intervallo, lo stacco (50-62%), è quello in cui si ha il trasferimento del peso: i muscoli posteriori della gamba entrano in contrazione e producono l'estensione della caviglia, fornendo così la
spinta necessaria a proseguire il passo.
HS
FF
HO
TO
Figura 1.3: Fase completa di appoggio, comprendente gli eventi significativi
Nella fase di sospensione o oscillante (che individua il rimanente 40% dell'intera durata del passo), si
individuano tre sottofasi:
1. Pendolo iniziale (initial swing)
2. Pendolo mediano (mid swing)
3. Pendolo terminale (terminal swing)
Durante l'initial swing (60-73%) l'arto inferiore
d'interesse si sposta in avanti subito dopo lo stacco conseguente alla flessione di anca, ginocchio
e dorso del piede.
Figura 1.4: Fase completa di pendolo, comprendente le sue sottofasi
In seguito, nel mid swing (73-85%), l'arto laterale
si sposta in avanti; simultaneamente, la caviglia si flette per azione del tibiale anteriore e recupera
l'estensione che aveva spinto il corpo in avanti alla fine dell'appoggio, la flessione dell'anca fa avanzare la coscia e crea una forza propulsiva.
La fase di pendolo, e con essa l'intero ciclo del passo, si conclude con il terminal swing (85-100%), in
cui si ha una decelerazione della coscia per il contatto tra il tallone e il suolo e al contempo il sollevamento del tallone dell'arto contro laterale.
Dopo questa fase il movimento ricomincia con l'appoggio del tallone e la ripresa del ciclo del passo.
Per un maggiore dettaglio degli angoli articolari che si formano e variano nelle varie fasi analizzate in
precedenza si veda la figura seguente:
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Figura 1.5: Variazione degli angoli articolari nel ciclo del passo, [Pirola 1998]
1.2 Patologie invalidanti
Alcune alterazioni della morfologia del piede o del ginocchio comportano disfunzioni osteoarticolari,
creando sovraccarichi in alcuni distretti, dolore, ed un alterato ciclo del passo.
Fra le più importanti citiamo:
• piede piatto
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• piede cavo
• ginocchio varo
• piede equino
Nel primo caso si ha un cedimento dell'arco plantare, il che porta tutta o parte della pianta del piede a
contatto con il terreno: ciò può avvenire sia per fenomeni degenerativi che si hanno con l'età, sia, soprattutto nel bambino, in seguito ad una insufficienza dei muscoli cavizzanti, in particolare del tibiale
anteriore. Nel piede piatto il calcagno assume un atteggiamento in valgismo, mentre l'avampiede è abdotto e l'articolazione sottoastragalica è sublussata e spostata medialmente.
Particolari problemi derivanti da questa condizione si hanno se la pronazione perdura durante la fase
di spinta, quando al contrario il piede ha necessità di trasformarsi in una struttura rigida e stabile; in
questi casi la camminata perde efficacia e risulta molto faticosa. A lungo andare si verificano fenomeni
di usura sui tendini, sui legamenti e sulle articolazioni. La gravità di questa malformazione è definita
con un grado da uno a quattro.
Per un'idea qualitativa di come la pressione esercitata sulla pianta varia in funzione delle fasi del cammino inseriamo la seguente figura:
Figura 1.6: Andamento della pressione durante il cammino in un piede piatto, dal secondo al quarto
grado
Il piede cavo rappresenta una malformazione congenita o acquisita della volta della pianta del piede, in
cui la superficie di appoggio del piede è ridotta all'avampiede ed al calcagno, mentre la parte intermedia ha un contatto ridotto o addirittura assente con la base di appoggio; questo avviene in seguito ad un
ipertono dei muscoli cavizzanti e può essere conseguente ad altre patologie.
L'aspetto più caratteristico in questo caso è l'inversione del ritmo del passo: il piede entra in contatto
con il suolo con la parte anteriore, successivamente si appoggia sulle teste dei metatarsi e sul tallone
Figura 1.7: Andamento della pressione
plantare in un piede cavo
Figura 1.8: Deambulazione nel ginocchio
valgo
Figura 1.9: Deambulazione nel ginocchio varo
Il piede equino è una deformità del piede presente
alla nascita, ed ha una eziologia complessa.
Per equinismo si intende un atteggiamento del piede con iperflessione plantare maggiore ai 90°, che
può essere secondaria ad una retrazione del tendine di Achille.
Nel piede equino l'astragalo scivola in avanti e verso il margine interno del piede, mentre la faccia posteriore del calcagno è sollevata dal tendine di
Achille (equinismo) e lo scafoide invece si medializza. Questo comporta nel paziente un utilizzo della parte anteriore del piede come fosse un ammortizzatore, esso infatti si appoggia al suolo nella
sua parte anteriore durante tutta la fase di stance,
mentre il ginocchio effettua solo una piccola flessione all'inizio della fase di pendolo. Durante la
camminata si ha il caratteristico andamento falciante.
I problemi causati da un ginocchio valgo, invece,
si caratterizzano per un passo ampio ed un po'
chiuso, accompagnato da una traslazione laterale
del tronco. Anche nel ginocchio valgo, infine, compaiono delle oscillazioni laterali rilevanti dovute ad
un atteggiamento di compensazione, che risultano però di verso opposto rispetto alle precedenti.
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Oltre a queste patologie, dovute perlopiù a cause genetiche o a fattori già presenti alla nascita, vi sono altre problematiche, che possono comparire in età più avanzata, ed alterare la corretta funzionalità
degli arti inferiori.
1.2.1 Le paralisi
Le paralisi sono solitamente di tipo flaccide, con atrofia e areflessia, mentre la sensibilità viene mantenuta. Sono principalmente associate a queste malattie:
• Poliomelite
• Mielomeningocele
• Distrofia muscolare
Tutte queste patologie comportano un'alterazione del sistema neuromuscolare, con interessamento
degli arti inferiori che dipende dal livello di gravità e dalle caratteristiche del soggetto affetto.
Anche la paralisi cerebrale infantile, un disturbo persistente ma non progressivo della postura e del
movimento, dovuto ad alterazioni della funzione cerebrale prima che il sistema nervoso centrale abbia completato il suo sviluppo, rappresenta l'esito di una lesione del sistema nervoso centrale che
comporta una perdita di tessuto cerebrale.
Le manifestazioni della lesione sono caratterizzate prevalentemente, ma non esclusivamente, da
un'alterazione delle funzioni motorie.
Si può classificare in base alla sede del disturbo motorio in:
• diplegia (disturbo del controllo motorio dei quattro arti, ma prevalente agli arti inferiori)
• emiplegia (disturbo del controllo motorio di un emilato)
• tetraplegia (disturbo del controllo motorio del tronco e dei quattro arti)
Le ortesi gamba-piede sono largamente utilizzate nei casi emiplegici, che presentano numerose alterazioni nel ciclo del passo, come l'aumento della fase di pendolo e la conseguente riduzione della fase di appoggio, e l'aumento del carico sull'arto sano rispetto a quello affetto.
Nelle forme tetraplegiche, le più gravi, non è invece quasi mai possibile il cammino in senso funzionale
e in diversi casi non viene acquisita neanche la capacità di restare seduti autonomamente.
Concludiamo questo elenco con uno studio effettuato su pazienti che hanno subito un ictus.
Anche questa patologia può causare problemi nello svolgimento del cammino, in relazione alla sua
gravità e ad altri fattori, inter e intra soggettivi.
Si sono comunque evidenziate delle variazioni nel ciclo del passo comuni a persone colpite in modo
emiparetico che ne causano la riduzione della velocità media di cammino.
In particolare queste agiscono su:
• una fase di stance più prolungata del normale su entrambi gli arti
• una fase di stance maggiore sull'arto sano
• un tempo maggiore nella fase di doppio supporto.
Figura 1.10: Eventi temporali in un soggetto
emiparetico che ha subito un ictus
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PARTE SECONDA
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Parte Seconda
Le ortesi
2.1 Classificazione
Per ortesi si intende un dispositivo medico, un tutore, un'apparecchiatura ortopedica o simili, utilizzati
in ortopedia o traumatologia nel trattamento di alcune patologie.
A questo proposito la definizione di ortesi introdotta dall'Organizzazione Internazionale degli Standard è la seguente:
“Un dispositivo esterno utilizzato al fine di modificare le caratteristiche strutturali o funzionali dell' apparato neuro-muscolo-scheletrico”.
In particolare le ortesi vengono utilizzate come apparecchi applicabili al corpo con funzioni correttive,
ma non per sostituire parti mancanti, a differenza delle protesi.
Una caratteristica fondamentale per lo sviluppo di una buona ortesi è quella di essere allineata con i
corrispondenti segmenti articolari.
Per questa ragione questi dispositivi vengono denominati anche esoscheletri, poiché mimano le caratteristiche di uno scheletro esterno: essi approssimano il movimento dei vari giunti che compongono lo scheletro vero e proprio del soggetto.
È proprio questa specifica a fare sì che gli esoscheletri forniscano ottimi risultati per quanto riguarda
l'aumento della forza e della coordinazione dei muscoli, consentendo una loro corretta attivazione.
Essendo costretto dall'ortesi a compiere un determinato movimento, il paziente non rischia di esporre
l'articolazione ad inutili e in taluni casi anche dannosi sforzi, che vanno ad agire su di un gruppo muscolare in maniera scorretta.
In questo lavoro andremo ad analizzare le ortesi che coinvolgono l'arto inferiore.
La classificazione ISO divide le ortesi per arto inferiore in base ai segmenti corporei coinvolti, inserendo le lettere sempre a partire dall'articolazione prossimale a quella distale.
Abbiamo quindi ortesi denominate:
•
•
•
•
•
•
FO (Foot Orthosis)
AFO (Ankle Foot Orthosis)
KO (Knee Orthosis)
KAFO (Knee Ankle Foot Orthosis)
HKAFO (Hip Knee Ankle Foot Orthosis)
THKAFO (Trunk Hip Ankle Foot Orthosis)
A loro volta se classificate secondo natura clinica possono essere divise in ortesi di:
Posizione o Scarico
Prevalentemente utilizzate in presenza di fratture e necrosi, impongono un determinato grado di mobilità all'articolazione di modo da evitare movimenti indesiderati e consentirne il recupero in tempi opportuni.
Correzione
Vengono impiegate per correggere movimenti che a causa di
malformazioni, congenite o in seguito a traumi, non permettono un normale movimento dell'arto.
Funzionali
Indicate per far fronte a malattie invalidanti quali poliomielite, paraplegia, emiplegia e neuropatie periferiche.
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Le ortesi agiscono essenzialmente su tre componenti:
• il momento presente sul giunto articolare
• la direzione delle forze applicate
• le forze assiali
In questa maniera l'ortesi posta sul giunto applica un sistema di forze esterno su di esso; sebbene la
maggior parte dei dispositivi abbia l'obbiettivo di agire sul giunto e sui segmenti corporei direttamente, molte ortesi hanno effetti addizionali o secondari su elementi prossimali senza necessariamente
entrare in contatto diretto con essi.
La variazione del momento sul giunto di interesse è il modo più comune di agire dell'ortesi, in questa
maniera si supporta e/o controlla il movimento del giunto su uno o più piani di riferimento.
2.1.1 FO (Foot Orthosis)
Le ortesi di piede sono più comunemente denominate plantari. Essi vengono definiti come un ausilio
ortopedico che è progettato per favorire l'integrità strutturale dei giunti del piede e dell'arto inferiore in
genere, resistendo alla reazione vincolare fornita dal terreno che può causare un anomalo movimento del corpo durante la fase di appoggio e propulsione. Possono essere realizzati per controllare la geometria del piede e la direzione della forza di reazione, stabilizzando i giunti e riducendo le contrazioni muscolari.
Solitamente un plantare viene prescritto negli stati algici del piede e in determinate complicanze che
sorgono negli arti inferiori in seguito a patologie sistemiche quali diabete o artrite reumatoide e in altre
che interessano il sistema vascolare, nervoso e linfatico.
Normalmente i plantari vengono classificati in base alle loro caratteristiche funzionali in:
• correttivi
• antalgici
• biomeccanici
I plantari utilizzati per scopi correttivi si prefiggono l'obiettivo di correggere problemi che appartengono all'età evolutiva, cioè fino a quando l'apparato muscolo-tendineo-scheletrico è in grado di rispondere a sollecitazioni esterne. Alcune tipiche problematiche che vengono fronteggiate con questo tipo
di ortesi sono la pronazione del retro piede, il ginocchio valgo, il piede piatto o l'avampiede varo.
I plantari antalgici, invece, vengono concepiti con lo scopo di ridurre, limitare o addirittura eliminare il
dolore provocato in seguito ad una problematica in corso. Di solito vengono prodotti in materiali morbidi, per ammortizzare o scaricare l'urto in un determinato punto dolente. Sono prescritti per la cura di
artrosi a uno stadio avanzato, artrite deformante, gotta, diabete, grave insufficienza circolatoria e, più
in generale, in tutte quelle circostanze in cui il piede lamenta una grave sofferenza.
Meritano un approfondimento a parte i plantari biomeccanici, poiché rappresentano senza dubbio la tipologia più complessa da realizzare, sia per la complessità nella costruzione, sia per la competenza di
cui un tecnico ortopedico deve poter disporre per aiutare a ristabilire una corretta funzionalità del passo.
In questo caso, dopo un'accurata anamnesi, è necessario valutare attentamente le caratteristiche della camminata del soggetto, quali la valutazione delle eventuali instabilità articolari e la funzionalità del
passo (anche con l'uso di pedane di forza) e solo a questo punto effettuare il calco del piede.
Un'ortesi biomeccanica ha la funzione di:
• assorbire l'impatto a cui il tallone è sottoposto durante la prima fase di appoggio riducendo la forza
istantanea applicata
• normalizzare i tempi di contatto del piede al suolo rispettando la corretta prono-supinazione del piede
• trasferire il peso corporeo durante il movimento
I materiali utilizzati sono i più disparati, raggruppabili nelle seguenti categorie:
• rigidi
• semirigidi
• morbidi
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Si va dal carbonio e da alcune leghe di alluminio, al sughero, al cuoio e alle resine composte termoformabili, fino al lattice e alle schiume poliolefiniche.
Le metodologie produttive sono in prevalenza tre:
• ad asporto
• su calco
• realizzati con metodo CAD-CAM
I plantari realizzati per asporto di materiale da una struttura preformata consentono un tipo di realizzazione veloce e abbastanza standardizzato.
Per i plantari su calco, invece, la strategia produttiva risulta più complessa.
In questo tipo di lavorazione è infatti indispensabile la rilevazione dell'impronta su carta podografica o
pedana baropodometrica e la rilevazione del calco: la carta podografica consente di visualizzare il tipo di appoggio del piede e di conseguenza le zone soggette a maggior carico. Il calco del piede, ottenuto in condizioni di carico statico o in scarico totale, è utile per modellare il plantare stesso.
Per quel che riguarda i metodi CAD-CAM, dopo
aver ottenuto una scansione 2D e 3D del piede,
si procede a una correzione delle immagini mediante software. Successivamente l'impronta viene inviata alle frese a controllo numerico che realizzano il plantare lavorando sagome di materiali
di differente densità e consistenza. In questa maniera si riesce a semplificare molto le fasi della lavorazione.
Dopo questa breve panoramica possiamo concludere che una FO plantare avrà quindi caratteristiche, composizione, sostegni e scarichi diversi dall'avampiede al retropiede in base al paziente e all'obbiettivo che si vuole raggiungere.
Figura 2.3: Esempi
di ortesi plantari
Figura 2.4: Solid,
Hinged e Posterior
Leaf Spring AFO
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Figura 2.1: Rilevazione del
calco di un piede
Figura 2.2: Applicazione di metodi CAD-CAM nella realizzazione
di plantari
2.1.2 AFO (Ankle Foot Orthosis)
Da quarant'anni le ortesi caviglia-piede vengono utilizzate per far fronte alle debolezze e spasticità del
giunto di caviglia. Principalmente esistono tre tipi di AFO:
1. Solid AFO
2. Hinged AFO
3. Posterior Leaf Spring AFO
1)Solid AFO
Vengono utilizzate in condizioni di debolezza o assenza dei flessori plantari e dorsali di caviglia, pesanti
spasticità (ad esempio posizione di equino varo del piede durante la fase di swing e stance), debolezza
degli estensori di ginocchio e mancanza della sensazione propriocettiva.
Le ortesi di tipo Solid, come suggerito dal nome, sono dotate di un design rigido che ha l'obiettivo di
bloccare tutti i movimenti del complesso caviglia-piede su tutti i piani. Solitamente queste ortesi sono fabbricate in plastica
morbida (polipropilene) ed hanno l'effetto di supportare il momento dorsiflessorio prodotto dalla forza di reazione al suolo
sulla caviglia fornendo una forza applicata sullo strap del tibiale e diretta posteriormente, che previene o controlla il movimento relativo della tibia sopra il piede. In questa maniera è
la stiffness propria dell'AFO a produrre un momento plantiflessorio che si oppone a quello presente sul giunto generato
dalla forza di reazione al suolo.
Queste ortesi possono essere anche utilizzate per resistere
alla flessione del ginocchio se regolate in leggera plantiflessione.
In caso di plantiflessori incapaci di produrre un'adeguata forza, il piede si dorsiflette troppo rapidamente e il suo controllo riFigura 2.5: Punti di azione delle forze in un'ortesi di tipo Solid,
sulta scarso, inoltre questa problematica causa un avanza[Richards 2008]
mento della tibia ed una conseguente flessione del ginocchio che portano ad un’andatura irregolare. Al contrario dorsiflessori
scarsi, invece, causano un piede cadente
all'heel strike e durante la fase di swing. Il
blocco dell'articolazione consente quindi
di supportare:
• planti-dorsi flessione
• prono-supinazione
• inversione-eversione
del movimento tra i segmenti cuboide, calcaneo, metatarsale e tibia che si muovono come fossero un singolo segmento.
La sensazione di articolazione bloccata
può costringere i pazienti ad un precoce
heel lift e ad un indiretto effetto sul ginocchio di iperestensione.
Questa iperestensione, o almeno uno
spostamento del ginocchio dalla posizione di flessione, è una delle ragioni per utilizzare una solid AFO, con lo scopo di limitare le irregolarità di una camminata presenti, a titolo di esempio, in un soggetto
Figura 2.6: Variazione dell'angolo alla caviglia in un soggetto patologico, con e senza utilizzo di ortesi AFO
affetto da paralisi cerebrale.
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L'effetto di settare un'AFO di questo tipo in dorsiflessione permette alla tibia di assumere una posizione più avanzata rispetto al giunto di caviglia.
Questo può causare dei problemi nel movimento dall'heel strike alla foot flat position che è solitamente permesso da un controllo di tipo eccentrico in plantiflessione da parte dei dorsiflessori di caviglia.
Questo effetto si evidenzia maggiormente quando si scende una rampa: le limitazioni nella plantiflessione durante il carico e nella dorsiflessione durante l'avanzamento del corpo sull'arto stance possono essere evidenziate in soggetti sani che indossano un'ortesi.
Una rigidità troppo elevata dell'ortesi può causare rilevanti difficoltà nel proseguire il movimento in
soggetti affetti da patologie; è per questo che per aiutare la fase di roll over viene spesso aggiunta una
soletta dal profilo leggermente concavo. Questa permette la progressione della tibia rispetto al piede
senza necessariamente richiedere un movimento da parte del giunto di caviglia, riducendo così il lavoro eccentrico compiuto dai plantiflessori.
Ne consegue che l'effetto prevalente di un'ortesi di tipo Solid è quello di bloccare la caviglia non permettendole di ruotare e di produrre energia; questa tecnica è spesso usata per prevenire l'insorgenza
di reazioni spastiche nella muscolatura interessata.
Figura 2.7: Alcuni esempi
di Solid AFO
disponibili in
commercio
2) Hinged AFO
Questo tipo di ortesi permette il movimento della caviglia in flessione plantare e dorsale ma blocca
l'articolazione nei piani frontale e trasverso impedendone la prono-supinazione e l'inversioneeversione.
Sebbene il movimento sia apparentemente libero nel piano sagittale, in realtà è vincolato da una limitazione del range articolare realizzata per mezzo di alcuni fermi.
Questi fine corsa sono fissati in base alle caratteristiche e alle necessità del paziente.
Una limitazione della dorsiflessione, ad esempio, può essere utile nel caso la tibia abbia una tendenza a collassare sul piede, e si voglia comunque mantenere un certo grado di mobilità della tibia stessa
sopra il piede.
Al contrario un blocco nella plantiflessione può essere utile nel caso si voglia prevenire il piede cadente, sia nella fase di swing che al contatto iniziale con il terreno (heel strike).
Queste ortesi sono di solito realizzate in metallo o in materiali plastici.
Figura 2.8: Alcuni esempi
di Hinged AFO
presenti in
commercio
18
3)Posterior Leaf Spring AFO
Potremmo tradurre letteralmente il nome di questa ortesi come dotata di una “molla a balestra”, per
dare un'idea della flessibilità e dell'elasticità di cui è dotata.
Essa ha l'obbiettivo di permettere un'assistenza alla dorsiflessione durante la fase swing, fornendo
nel contempo stabilità alla caviglia per i movimenti di inversione-eversione.
In particolare questo tipo di ortesi è consigliata per persone con:
•
•
•
•
•
debolezza o assenza dei dorsiflessori
buona stabilità di prono-supinazione
assenza di piede varo o valgo
assenza o presenza molto moderata di spasticità
buona stabilità del ginocchio
Le Leaf Spring AFO sono di solito troppo flessibili per dare supporto al movimento del piede rispetto
alla tibia nel piano trasverso; nonostante questo dipenda comunque dal valore di alcune specifiche
costruttive quali la larghezza e lo spessore del materiale che costituisce la molla posteriore.
Questi parametri sono le criticità da settare in base alla funzionalità richiesta dall'ausilio.
Solitamente questo tipo di AFO viene utilizzato per assistere la dorsiflessione durante la fase di swing
e per prevenire la caduta del piede, in questo caso non è richiesto l'impiego di molto materiale per
bloccare la plantiflessione, poiché questo deve sostenere il peso del piede, o al massimo resistere alle eventuali spasticità dei plantiflessori.
D'altra parte le Leaf Spring possono essere usate anche per assistere l'azione eccentrica dei plantiflessori durante la fase di stance, e questo potrebbe essere realizzato utilizzando un materiale di maggiore spessore. In questa maniera si otterrà una resistenza al momento in dorsiflessione e, quindi, un
maggior controllo sull'arto a contatto con il terreno.
In ogni caso è sempre opportuno tenere bene a mente le specifiche del soggetto, in particolar modo
l'ortesi andrà progettata tenendo conto anche del peso e dell'altezza del paziente.
Un caso clinico di esempio può essere rappresentato da un soggetto con debolezza del polpaccio: la
sua camminata inizia già in posizione di dorsiflessione e prosegue in una flessione ancora maggiore,
anche il range di moto della coscia è ridotto. L'insieme di questi fattori porta ad una riduzione della lunghezza del passo.
Utilizzando un'AFO di questo tipo la posizione del piede del paziente all'heel strike sarà controllata ed
egli riuscirà a muovere il corpo in avanti rispetto all'arto di sostegno, solo con una piccola resistenza
fornita dall'ortesi. Questa resistenza non solo è in grado di migliorare il controllo della caviglia in dorsiflessione, ma permette anche al femore di muoversi in avanti rispetto alla tibia e di portare il ginocchio
all'estensione.
Sebbene la posizione della caviglia si sarebbe potuta regolare anche utilizzando un'ortesi di tipo Solid, questa non avrebbe però permesso lo stesso controllo del movimento della tibia che garantisce
una Posterior Leaf Spring.
Per avere anche una quantificazione numerica dell'aspetto appena descritto possiamo osservare in figura il range articolare dei vari giunti dello stesso paziente: nella colonna di sinistra in una camminata
senza ortesi, mentre in quella di destra
con l'ausilio.
Figura 2.9: WalkOn della Ottobock
e Leaf Spring della Ossur
19
2
Left thigh angle
Angle (degrees)
Angle (degrees)
Left thigh angle
40.0
20.0
0.0
0.0
50.0
% Gait cycle
100.0
30.0
7.5
-15.0
0.0
40.0
0.0
0.0
50.0
% Gait cycle
100.0
65.0
32.5
0.0
0.0
10.0
-5.0
0.0
50.0
% Gait cycle
50.0
% Gait cycle
100.0
Left ankle angle
25.0
Angle (degrees)
Angle (degrees)
Left ankle angle
Figura 2.10: Valori
degli angoli ai
giunti, con e
senza ortesi
100.0
Left knee angle
80.0
Angle (degrees)
Angle (degrees)
Left knee angle
50.0
% Gait cycle
100.0
15.0
0.0
-15.0
0.0
50.0
% Gait cycle
100.0
2.1.3 KO (Knee Orthosis)
La biomeccanica delle KO va considerata in relazione alla capacità di questi ausili di controllare o modificare la biomeccanica del ginocchio nei piani sagittale, frontale e trasverso.
Analogamente a quanto visto per la caviglia anche le ortesi di ginocchio vengono utilizzate per supportare e correggere i momenti presenti al giunto. I casi in cui viene utilizzata un'ortesi KO possono essere così riassunti:
• correzione delle deformità del ginocchio in varismo o valgismo
• immediata immobilizzazione del ginocchio a seguito di un trauma
• stabilizzazione del ginocchio a seguito
di deficit legamentosi ed articolari
In merito a quest'ultimo punto, per citare
un esempio pratico, possiamo dire che ortesi di ginocchio vengono tipicamente utilizzate per supportare problemi al legamento crociato anteriore (LCA), trauma
che si verifica spesso in infortuni di carattere sportivo.
Il crociato anteriore ha una funzione fondamentale nell'opera di stabilizzazione
del ginocchio, come andiamo ad analizzare.
A livello biomeccanico possiamo dire che
la forza di reazione al terreno, durante il
push-off, è composta da una componente verticale diretta verso l'alto e di una com-
20
Forthosis
anterior
Forthosis
posterior
Forthosis
posterior
Forthosis
anterior
Figura 2.11: Forze regolate dal LCA ed esempio
di ortesi utilizzata per sostenerne la funzionalità
ponente parallela al terreno orientata secondo la direzione di marcia.
In risposta a questa forza ne agisce un'altra uguale e contraria al ginocchio che viene trasmessa al femore in parte attraverso il crociato: il bilanciamento fra la forza applicata al femore e quella alla tibia è
dato quindi proprio dal legamento crociato anteriore.
Un danneggiamento dell'LCA tende quindi a far slittare la tibia in avanti rispetto al femore, un'ortesi
per supportare questa perdita di funzionalità deve quindi fronteggiare questo problema.
L'ortesi è dotata di un sostegno che fornisce una forza prossimale diretta posteriormente rispetto alla tibia e di una distale
che agisce sul femore con azione contraria.
Per conferire maggiore stabilità all'intera struttura sono poi richieste una forza distale sulla tibia (orientata anteriormente) e
di una prossimale sul femore (orientata posteriormente).
È per questa ragione che una KO di questa genere viene definita essere a quattro punti di sostegno.
Un altro genere di ortesi di ginocchio è la ginocchiera tubolare
con stabilizzatore rotuleo, particolarmente indicata per patologie che coinvolgono la rotula.
E' di solito realizzata in neoprene e rivestita internamente di materiale morbido per evitare la sudorazione e l'irritazione della
pelle: l'elemento fondamentale è costituito da una tasca perirotulea per l'inserimento dello stabilizzatore, che può essere a ferro di cavallo o a ciambella.
Il suo scopo principale è quello di far fronte alle rotule instabili,
Figura 2.12: Ginocchiera con
in seguito a lussazioni, condromacie…; è particolarmente utistabilizzatore rotuleo
lizzata nella pratica sportiva.
ä Un esempio di applicazione biomeccanica: correzione del varismo
Per concludere questa sessione relativa all'analisi delle ortesi di ginocchio consideriamo un ausilio in
grado di correggere deformità quali il valgismo o il varismo.
Queste posture si possono riscontrare specialmente nell'età infantile, per la maggior parte dei bambini il problema rappresenta soltanto un’espressione del normale sviluppo fisiologico degli arti inferiori
e la correzione avviene spontaneamente senza alcun tipo di trattamento. Solo una piccola percentuale di essi (al massimo il 15%) è affetta da vera patologia che può provocare problemi funzionali, alterazione dell'asse di carico con sviluppo di artrosi precoce monocompartimentale. In questi casi è necessario un trattamento ortesico e solo raramente chirurgico.
In soggetti affetti da valgismo gli arti inferiori assumono un tipico aspetto ad “X”; questa patologia può
accoppiarsi con il piede varo: questo è un effetto compensatorio che la persona attua per ritrovare un
appoggio plantigrado.
È possibile distinguere due forme: il ginocchio valgo congenito e quello sintomatico.
In maniera simmetrica, nel ginocchio varo
l'asse della coscia e quello della gamba formano un arco a convessità esterna. Anche
in questo caso è possibile distinguere una
forma congenita da una forma sintomatica.
Figura 2.13: Possibili configurazioni
di ginocchia
21
2
L'ortesi di ginocchio utilizzata per far fronte ad un caso di varismo è dotata di un braccio esterno in posizione di valgo in grado di ridurre il carico agente sul compartimento mediale, opponendosi ad esso.
F knee
F hlp
Forthosis lateral
2.5 degrees
2.5 degrees
weight
Forthosis medial
weight
Forthosis medial
Forthosis lateral
F knee
F ankle
Figura 2.14: Forze agenti su tibia e femore
Per vedere come agiscono le forze introdotte da questa KO sul ginocchio consideriamo inizialmente i
due segmenti ossei dell'arto inferiore su cui agisce l'ortesi in maniera distinta (Richards, 2008).
Sul segmento prossimale agiscono le seguenti forze:
• mediale, agente verso la direzione esterna del ginocchio per sviluppare un momento correttivo
• laterale diretta internamente, che dovrebbe poter
agire il più vicino possibile al ginocchio
In maniera analoga, come si può notare dalla figura, anche per il segmento distale agiscono una forza mediale, diretta esternamente rispetto al ginocchio, ed una laterale applicata il più vicino possibile al ginocchio.
Andiamo ora a considerare i due segmenti in maniera
congiunta, in questo modo le forze applicate dall'ortesi
sul ginocchio individuano un sistema a tre distinti punti
di pressione.
Per avere una visualizzazione di tipo quantitativo delle
grandezze in gioco consideriamo un soggetto maschio adulto di 90 Kg di peso che abbia un angolo di varo del ginocchio di 5° (scomposti in 2,5° a carico della tibia e a carico del femore).
Utilizzando i parametri antropometrici, tramite le equazioni di equilibrio, otteniamo i valori contenuti in tabella.
Lunghezze (m)
Combined Segments
Three point Force System
Figura 2.15: Visualizzazione di un sistema a tre punti di forza
Forze (N)
Tibia
Femore
Caviglia
Anca
Mediale-caviglia
Mediale-anca
Laterale-ginocchio
0.45
0.50
870.54
746.05
66.64
57.43
123.92
In particolare, per un dimensionamento corretto dell'ortesi è necessario calcolare l'area della superficie di sostegno dell'ortesi a contatto con il ginocchio in base alle forze che si vogliono imporre.
E' stato infatti valutato (Berjian et al. 1983), che un valore di pressione troppo elevato può portare a problemi di circolazione sanguigna.
22
Figura 2.16: Alcuni modelli
di ortesi
di ginocchio
reperibili
in commercio
2.1.4 KAFO (Knee Ankle Foot Orthosis)
Le ortesi di questo tipo vanno ad agire sia sull'articolazione di ginocchio che su quella
di caviglia, è pertanto intuitivo osservare che esse producono un effetto che risulta essere la combinazione di un'ortesi KO e di una AFO.
Questi sistemi vengono utilizzati nel caso sia necessario produrre elevati momenti
esterni sul ginocchio e al contempo il controllo di quest'articolazione e della caviglia risulti essere scarso.
Più in dettaglio le linee cliniche per la prescrizione di una KAFO sono:
• debolezza o paralisi del quadricipite
Figura 2.17:
• varismo o valgismo del ginocchio
Free Walk
• ipertono dei flessori che impedisce di utilizzare l'arto nella funzione
della Ottobock
di sostegno per la deambulazione
• controllo del recurvatum
• favorire la stabilità del ginocchio in estensione
• facilitare l'utilizzo della deambulazione a scopo terapeutico nei casi di ipotonia protratta
Un ottimo esempio di ortesi KAFO presente in commercio è la Free Walk della Ottobock, che consente al paziente di stare in posizione eretta e di camminare.
Esercitando una leggera flessione dorsale nella caviglia ed estendendo il ginocchio, l'articolazione di
ginocchio si sblocca automaticamente prima che l'avampiede venga a contatto con il terreno. Il soggetto è quindi in grado di flettere la gamba e questo permette di spendere meno energia durante il
cammino.
2.1.5 HKAFO (Hip Knee Ankle Foot Orthosis)
Un'ortesi HKAFO è una normale ortesi KAFO con un'estensione all'anca che
permette di includere anche l'area della pelvi.
L'aggiunta di questo giunto permette di controllare i movimenti antero-posteriori, laterali e di rotazione dell'anca, per questo motivo il giunto può essere
progettato per permettere la flessione entro certi limiti o per essere rigido.
Solitamente le HKAFO di ultima generazione consentono un range motorio
da 0° a 90° in flessione.
Una ragione per utilizzare questo tipo di ortesi è quella di ridurre o minimizzare il rischio di spostamento e dislocazione dell'anca dalla propria sede; inoltre in questa maniera è possibile stabilizzare l'anca e la parte inferiore della
spina dorsale nei casi di pazienti con scarsa mobilità o paralisi.
Figura 2.18:
Struttura di
una HKAFO
23
2
Queste ortesi sono raramente utilizzate per soggetti adulti, sono più usate comunemente in maniera
bilaterale in bambini che soffrono di problemi neuromuscolari, come la spina bifida o la paralisi cerebrale infantile. In questi casi l'anca e il ginocchio sono quasi sempre bloccati in situazione di stance e il
giunto alla caviglia è utilizzato di rado.
Questo avviene poiché, essendo l'anca bloccata, la sezione pelvica relativamente rigida, non si riesce
a svolgere il normale ciclo del passo. L'avanzamento è ottenuto grazie ad un movimento rotante di tipo sussultorio che avviene con l'ausilio di un bastone di sostegno.
Esistono comunque dei casi in cui il soggetto è in grado di sviluppare potenza ai flessori dell'anca e
un buon controllo del busto, in questo caso la sezione relativa alla pelvi sarà progettata di modo da essere flessibile a sufficienza da permettere le fasi del passo, sebbene con l'anca bloccata.
Nonostante le HKAFO sembrino molto ingombranti e quasi dannose da utilizzare, esse offrono dei
vantaggi a livello degli organi addominali, inoltre consentono ai soggetti che le utilizzano di mantenere la posizione eretta, un risvolto psicologico da non sottovalutare.
Figura 2.19: Esempi di ortesi HKAFO presenti in
commercio
2.1.6 THKAFO (Trunk Hip Knee Ankle Foot Orthosis)
Per patologie altamente invalidanti, questa ortesi rispetto alla HKAFO fornisce un supporto anche per
il tronco.
In questo tipo di ortesi e anche in quella trattata nel paragrafo precedente, a causa del loro grande ingombro (e conseguente peso) e dei molteplici distretti corporei coinvolti che risultano inabili, si sono
studiate anche delle strategie di attuazione che permettano il movimento passivo del soggetto, alimentandosi ad esempio tramite batterie.
Figura 2.20: Ortesi THKAFO
24
PARTE TERZA
25
3
Parte Terza
Caratterizzazione del processo
produttivo
Le ortesi vengono solitamente realizzate utilizzando una vasta gamma di materiali che comprende:
•
•
•
•
materiali metallici (titanio, acciaio inox, leghe leggere di alluminio ad alta resistenza…),
materiali termoplastici e termoformabili,
materiali compositi,
gomma e pellame
La scelta del tipo di materiale è dovuta alle richieste funzionali che essa deve soddisfare, in particolar
modo in termini di flessibilità, durata, comfort, peso, resistenza e accettabilità estetica. Nel contempo
va tenuto conto che la sperimentazione di fibre come il kevlar e il carbonio, che vengono disposte
all'interno di resine epossidiche tramite un processo di laminazione sottovuoto, ha permesso di aumentare la resistenza delle ortesi riducendone il peso.
Altre soluzioni adottate prevedono l'utilizzo di materiali termoplastici cosiddetti ad alta temperatura,
come polietilene, polipropilene, copolimeri, che, dopo essere stati riscaldati, vengono lavorati su modelli di gesso rappresentanti i distretti corporei interessati. Il vantaggio principale di questi materiali è
quello di mantenere una memoria in grado di farli ritornare nella configurazione iniziale in seguito ad
una deformazione: sono inoltre al tempo stesso molto duraturi e resistenti.
Esistono anche materiali termoplastici a bassa temperatura come il plastazote, che vengono utilizzati
come strati protettivi e all'interfaccia ortesi-utente.
Le ortesi funzionali sono fabbricate tenendo conto di una struttura con caratteristiche tali da sostenere i carichi esterni ai quali sono sottoposte.
Sono principalmente due i tipi di struttura:
• con intelaiatura di tipo tradizionale,
• a valva.
Le ortesi del primo tipo sono costituite da aste, in genere metalliche, ed unite tramite articolazioni della stessa natura, queste due parti costituiscono l'ossatura dell'ortesi, oltre ai cerchielli, che rappresentano la superficie di contatto con il distretto corporeo interessato.
Il tutto è assemblato mediante accoppiamenti filettati, rivetti e chiodature.
Attualmente questa tipologia costruttiva è ancora la più diffusa e permette, a partire da una gamma di
componenti modulari e con tecnologie relativamente semplici, di ottenere buone caratteristiche di
funzionalità e robustezza, mantenendo i costi di produzione abbastanza contenuti.
Inoltre non è da trascurare il fatto che questo tipo di struttura può essere facilmente soggetta a modifiche e riparazioni. Gli svantaggi principali sono invece da riscontrarsi nel design antiquato e nel peso
elevato che queste strutture possono arrivare a raggiungere.
Le ortesi a valva, al contrario, sono formate da un'ossatura in materiale termoplastico o composito,
unita tramite articolazioni metalliche, che, oltre a replicare l'anatomia del paziente, ne consente il supporto dei carichi e dell'appoggio.
I principali vantaggi di questa struttura, di più recente realizzazione rispetto a quella precedentemente descritta, sono: le dimensioni contenute, che ne riducono il peso a parità di rigidezza, una maggiore accettabilità estetica, e un positivo ritorno elastico dell'energia accumulata. Al contrario, le caratteristiche negative e limitanti sono la complessità della progettazione e la conseguente difficoltà di realizzare successive modifiche: questi fattori concorrono a far sì che il loro prezzo risulti particolarmente
elevato.
26
3.1 Processo di realizzazione
Allo scopo di valorizzare le peculiarità professionali del settore dei tecnici ortopedici, e di rilevare anche le possibili criticità dei processi realizzativi delle ortesi su misura, si sono volute caratterizzare in
dettaglio le fasi tipiche del processo di realizzazione di un dispositivo ortesico: tali fasi sono in alcuni
casi comuni a tutti i tipi di ortesi, in altri casi sono specifiche delle tecnologie realizzative di ortesi di posizionamento che vanno da quelle di tipo AFO ai tutori di tipo HKAFO.
In questa sede, allo scopo di individuare le aree di possibile miglioramento legate a percorsi di innovazione tecnologica o procedurale, non si sono specificate le fasi peculiari delle diverse varietà di ortesi, ma si sono descritte macro-fasi caratteristiche dello stato dell'arte attuale, con particolare riferimento ad ortesi di posizionamento d'arto inferiore.
Fasi del processo
Dividiamo il processo che conduce alla creazione di un'ortesi in due macrofasi principali:
u Progettazione
u Realizzazione
Andiamo a dettagliare ora queste due parti, evidenziando i passaggi da compiere.
PROGETTAZIONE DELL'ORTESI
1) Visita medica specialistica
E' solitamente il medico fisiatra, ortopedico, specialista della riabilitazione a stabilire che tipo di recupero e di funzionalità si vuole ripristinare nel paziente, in base a parametri come la patologia, la mobilità, l'età. Il clinico fissa quindi un progetto riabilitativo, nell'ambito del quale fondamentale è l'utilizzo
dell'ortesi e compila una prescrizione medica per il paziente in base alle sue necessità.
2) Visita tecnica ortopedica
A questo punto nell'ortopedia di fiducia del paziente, tramite le competenze professionali tecnico ortopediche, sulla base della prescrizione medica si sviluppa il progetto tecnico, individuando il modello
di ortesi necessario e le specifiche tecniche.
3) Rilevazione antropometrica del soggetto
Per le ortesi più semplici è sufficiente rilevare delle misure antropometriche sul paziente. Nella maggior parte dei casi, invece, è necessario realizzare un calco in gesso.
Questo avviene proprio con l'aumentare della complessità e della funzionalità richieste al dispositivo,
lo scopo è infatti quello di produrre ausili sempre più “personalizzati”, cioè che meglio si adattino al paziente.
A tale proposito sono possibili diverse tecnologie:
• Calco con bende gessate: si avvolge l'arto con una maglia e poi con delle bende gessate, si lasciano asciugare per una decina di minuti, si segnano alcune tracce di riferimento (testimoni) a cavallo della linea di apertura, si apre il calco tagliando opportunamente alcune zone e si ottiene infine il calco in gesso (negativo).
• Calco con guaine preimpregnate a spessore costante: l'arto è inserito in una sorta di guaina di dimensioni opportune, che viene bagnata per aderire perfettamente. Nel giro di pochi minuti il materiale si solidifica, successivamente viene praticata un'apertura per liberare il piede. Poiché lo spessore della struttura è sottile e costante su tutta la superficie si riesce, scansionando quest'ultima, ad
avere un modello positivo dell'arto.
• Rilevazione ottica della superficie: sfrutta tecniche di tipo stereofotogrammetrico per acquisire direttamente la superficie dell'arto di interesse.
• Rilevazione Laser della superficie: permette di acquisire Ia superficie di interesse utilizzando un
sensore laser che ne fornisce un modello digitale sottoforma di una nuvola di punti molto densa.
27
3
4) Produzione di un modello positivo dell'arto
Sono possibili diverse tecnologie, a seconda della tecnica usata per la rilevazione antropometrica.
• Se è disponibile un calco in gesso negativo, si richiude il calco lungo la rima di apertura, seguendo
le tracce di riferimento, e si crea un calco in gesso positivo mediante riempimento di gesso (solitamente alabastrino). E' necessario inserire un tubo di supporto per effettuare l'aspirazione del gesso, in questo modo si facilita il processo di solidificazione e si riduce il peso del calco.
• Se è stata rilevata la superficie dell'arto, si esegue un'elaborazione della superficie allo scopo di introdurre le eventuali modifiche correttive che si vogliono ottenere sull'ortesi. Successivamente si
spediscono le superfici geometriche ad un'officina dotata di fresa CAD-CAM in grado di produrre
un positivo in resina.
5) Stilizzazione del modello
Questa fase è la più importante del processo poiché è qui che entra in gioco il recupero prescritto dal
clinico: si valutano le azioni di lavorazione (in aggiunta o in scarico) opportune per la correzione della
postura del soggetto, ed i punti dove è necessario un maggior sostegno.
In questo momento è fondamentale l'esperienza del tecnico che va a correggere sul modello in gesso/resina eventuali presenze di protuberanze e posizionamenti scorretti.
REALIZZAZIONE DELL'ORTESI
1) Produzione dell'ortesi
A questo punto ha inizio il processo vero e proprio di realizzazione dell'ortesi, che si svolge con due
tecniche principali:
• Termoformatura di lastre in polietilene/policarbonato
È generalmente usata per la realizzazione di tutori rigidi non articolati. E' necessario che il calco del
gesso sia ben asciutto, per evitare che si formi un gradiente di temperatura troppo elevato con il materiale riscaldato da cui viene avvolto.
Il gesso viene rivestito da un foglio dello spessore di qualche millimetro di materiale morbido (solitamente plastazote) che rappresenta la superficie di contatto ortesi-utente e successivamente con
delle lastre in polietilene.
• Laminazione e successiva colata in resina
Con questa tecnica il calco del gesso viene rivestito da strati di maglie, che possono essere più o
meno fitte e numerose in base a quello che si vuole realizzare. Queste maglie possono essere costituite da varie fibre, cotone, vetro e carbonio, sfruttato per conferire alla struttura resistenza e al
contempo leggerezza.
Sul tutto viene poi effettuata una colata con un insieme di resine acriliche e di paste colorate, per migliorare anche l'estetica. La colata di resina ha lo scopo di compattare le maglie, che si imbevono
del prodotto, e conferire stabilità e solidità a tutta la struttura.
2) Finitura
Si completano con le necessarie lavorazioni le superfici dell'ortesi, soprattutto a livello estetico, in modo da poterla fare indossare al soggetto.
3) Prova
E' importante sottolineare il fatto che la prova dell'ortesi direttamente sul soggetto, comprendente anche alcuni movimenti e lo svolgimento di determinati compiti, è parte integrante del processo di produzione di un buon dispositivo ortesico.
28
PROGETTAZIONE CLASSICA DELL’ORTESI
DESCRIZIONE
IMMAGINE
CRITICITÀ POTENZIALI
1) Visita medica/specialistica
Conoscenza caratteristiche
meccaniche materiali e ortesi.
2) Visita tecnica ortopedica
Interpretazione della prescrizione medica.
3) Presa misura
Si avvolge l'arto con una maglia e poi con delle bende
gessate, si lascia seccare
per una decina di minuti, infine si levano le bande e rimane il gesso (negativo).
Finitura della superficie interna del calco.
Errata tracciatura a cavallo
della rima di apertura per
estrazione.
Rottura calco.
4) Calco positivo dell'arto in esame
Il negativo viene riempito,
sempre di gesso (solitamente alabastrino). Viene
inserito un tubo di supporto
in esso.
Corretto posizionamento
del tubo di supporto.
Individuazione dei punti di
rottura.
5) Stilizzazione
È fondamentale l'esperienza del tecnico che va a
correggere sul gesso eventuali presenze di protuberanze e scorretti posizionamenti.
Errata scelta di spessore e
posizione di spinte o scarichi.
29
3
REALIZZAZIONE CLASSICA DELL’ORTESI
DESCRIZIONE
IMMAGINE
CRITICITÀ POTENZIALI
1) Rivestimento
Il gesso viene rivestito con
più strati di film a base di polietilene e poi da un foglio
dello spessore di qualche
millimetro di materiale morbido (solitamente plastazote) che rappresenta la superficie di contatto ortesiutente.
Presenza di pieghe sulla superficie a futuro contatto
con il corpo.
Creazione di bolle d'aria fra
gli strati di materiali diversi.
2) Articolazioni
Se necessarie vanno inserite in posizioni opportune le
aste di estremità di eventuali articolazioni o collegamento tra parti distinte
dell'ortesi.
L'istante fase di inserimento
dipende dal tipo di articolazione.
30
Spessori di aste e gusci nei
collegamenti.
Effetto di Rivetti/Chiodi/viti.
Proprietà di incollaggi.
DESCRIZIONE
IMMAGINE
CRITICITÀ POTENZIALI
3) Termoformatura
Una lastra di polietilene viene riscaldata in forno ad
un'alta temperatura (circa
200°) per favorirne
l'adesione al calco in gesso.
Sufficiente e uniforme riscaldamento della lastra di
modo da consentirne
un'appropriata modellazione.
Lo strato di plastazote viene rivestito da uno di polietilene che, in seguito al riscaldamento, risulta più modellabile.
Calco del gesso non asciutto: il gradiente di temperatura è troppo elevato per il contatto con il materiale riscaldato da cui viene avvolto.
Errata temporizzazione della
fase: raffreddamento troppo
rapido per la modellazione.
Il polietilene viene fissato al
tubo di sostegno di modo
da formare un involucro
chiuso. Per mezzo di un
aspiratore viene poi prelevata l'aria qui compresa, così da permettere una migliore aderenza tra il polietilene e il calco.
Corretto posizionamento
del tubo per l'aspirazione.
I lembi del polietilene si saldano rapidamente, in seguito verrà effettuata
l'apertura proprio su questa direzione.
Errata temporizzazione della fase, è necessario che il
materiale si raffreddi prima
di procedere al taglio
Necessità di effettuare il taglio con precisione.
31
3
DESCRIZIONE
IMMAGINE
CRITICITÀ POTENZIALI
3) Laminazione
Il materiale è disponibile in
bende o fogli e viene applicato sul modello a formare
una maglia di materiale anche molto diverso (cotone,
fibra di vetro, fibra di carbonio…), di diverso spessore
e orientazione.
La scelta del tipo di tessuto,
dello spessore delle maglie, dell'orientazione delle
maglie e della sovrapposizione determina le proprietà locali di RIGIDEZZA e RESISTENZA dell'ortesi.
Colata di resina
Sul tutto viene poi effettuata una colata con un insieme di resine acriliche e La scelta del tipo di resina.
di paste colorate, per migliorare anche l'estetica.
Grado di penetrazione delLa colata di resina ha lo scopo di compattare le maglie, che si imbevono la resina nelle fibre.
del prodotto e polimerizzano a formare una struttura composita fibra- Tempo e temperatura di poresina.
limerizzazione.
4) Finitura
Completamento dell'ortesi,
con le ultime modifiche necessarie.
Esecuzione e ripetibilità dei
test.
In questa fase possono essere effettuati i test previsti
dalla normativa.
4) Prova
Esecuzione di movimenti e
compiti specifici da parte
del paziente che indossa
l'ausilio.
Necessità di alcuni parametri oggettivi.
Difficile ottenere sempre un
buon feedback da parte dei
pazienti (es. bambini molto
piccoli).
Si è inserita la precedente schematizzazione per focalizzare bene l'ordine delle fasi del processo di realizzazione di un dispositivo ortesico: da notare la rilevazione delle criticità di ogni passaggio.
È proprio su questi punti che si potranno effettuare in futuro le innovazioni maggiori, a cui si è riservata
anche una trattazione più approfondita in seguito.
32
PARTE QUARTA
33
4
Parte Quarta
Normativa di riferimento
Le norme Internazionali e Nazionali
ISO è l'acronimo dell'Organizzazione Internazionale per la Normazione (International Organization
for Standardization): essa è la più importante organizzazione a livello mondiale per la definizione di
norme tecniche.
Nei documenti ISO sono contenute le definizioni terminologiche e i protocolli da rispettare per la produzione di un'infinità di dispositivi.
In Europa le normative tecniche sono emanate dal CEN e tipicamente fanno riferimento alle attività di
normazione in corso in ISO o ad attività di normazione direttamente attive a livello CEN.
Le norme europee, se derivate da norme ISO e recepite a livello europeo sono indicate come EN ISO
prima della numerazione della norma, che tipicamente riprende la numerazione ISO.
In Italia le norme CEN vengono recepite, armonizzate e diffuse dall'UNI, l'ente che partecipa in rappresentanza dell'Italia all'attività normativa dell'ISO.
Le norme ISO sono numerate e hanno un formato del tipo "ISO 22222:yyyy: Titolo" dove "22222" è il
numero della norma, "yyyy" l'anno di pubblicazione mentre in "Titolo" è presente una breve descrizione dell'argomento trattato.
Per completare il lavoro di analisi sulle ortesi si è pensato di descrivere sinteticamente in questa sezione la normativa UNI EN ISO attualmente vigente in Italia, essendo di particolare utilità per le aziende e
i professionisti del settore.
La norma internazionale, ratificata UNI, attualmente vigente per il settore delle Ortesi è la UNI EN ISO
22523:2007: “External limb prostheses and external orthoses- Requirements and test methods”; tale
norma è stata approvata dalla comunità europea nell'Aprile del 2006 ed è stata ratificata dall'UNI nel
Gennaio dell'anno seguente 2007.
Dalla UNI EN ISO 22523:2007: alcune indicazioni
La norma UNI EN ISO 22523:2006 sostituisce la precedente UNI EN 12523:2001 dalla quale differisce
solo per aggiornamenti sui riferimenti normativi e per l'aggiunta di alcune metodologie di prova in
Appendice D.
La norma fa riferimento esplicito alla Direttiva sui Dispositivi Medici 93/42/EEC e, assente nella versione precedente, alla Directive 99/5/EC sui dispositivi radio e dispositivi terminali di telecomunicazione.
Infatti compaiono sezioni relative ai disturbi radio che non erano presenti nella versione precedente.
1 - Scopo
Lo Standard Internazionale specifica i requisiti e i metodi di prova per le ortesi esterne e le protesi
d'arto, definite tramite la classificazione ISO 9999:
• 06 03 06 15 Ortesi
• 06 18 - 06 27 Protesi d'arto
Viene conservata la possibilità che in futuro anche i plantari siano coperti dallo standard.
2 - Normativa di riferimento
Esso comprende informazioni in merito alla resistenza, ai materiali, alle restrizioni sull'uso, ai rischi relativi alle normali condizioni di uso dei componenti.
La norma fa riferimento e, tra le altre, cita per un maggiore approfondimento dei temi trattati le seguenti normative:
• ISO 8548-1, Prosthetics and orthotics - Limb deficienses - Part 1: Method of describing limb deficiencies present at birth
34
• ISO 8549-1, Prosthetics and orthotics - Vocabulary - Part 1: General terms for external limb prostheses and ortheses
• ISO 8549-3, Prosthetics and orthotics - Vocabulary - Part 3: Terms relating to external orthoses
• ISO 13404:2005, Prosthetics and orthotics Classification and description of external orthoses and
orthotic components
3 - Definizioni
Dispositivo ortesico o ortesi esterna - dispositivo applicato esternamente composto da un singolo
componente o da un assemblaggio di essi; è applicato ad una parte o all'intero arto inferiore, arto superiore, busto, testa o collo e alle loro articolazioni per assistere il sistema neuromuscolare e quello
scheletrico.
4 - Requisiti generali
L'insorgenza di eventuali problemi associati ad un'ortesi può causare dei danni all'utente.
Per questa ragione il produttore dovrebbe stabilire e mantenere un processo per identificare questi
pericoli e valutarne i conseguenti rischi connessi.
La gestione dei rischi dovrebbe comprendere queste fasi:
•
•
•
•
Analisi del rischio
Valutazione del rischio
Controllo del rischio
Informazioni post produzione
Le prestazioni attese dell'ortesi, incluse la resistenza e la durata, dovrebbero essere descritte nella documentazione tecnica, che ha la funzione di elencarne le caratteristiche funzionali, le applicazioni e le
condizioni d'uso.
Questa documentazione può anche includere, nello specifico caso, riferimenti a rilevanti articoli
scientifici e clinici, calcoli relativi alle grandezza in gioco e risultati dei test effettuati.
L'entità e la natura di ogni valutazione clinica (come previsto dalla direttiva 93/42/EEC) devono essere
determinate in base ai materiali, al design, ai processi costruttivi e sottoposti all'approvazione da parte di personale qualificato.
Anche l'identità del personale deputato alla verifica e le basi su cui quest'ultima viene stilata devono
essere inserite nella documentazione tecnica.
Un'ortesi deve essere dotata di resistenza sufficiente a sostenere i carichi (e/ o le deformazioni) esercitati dai pazienti durante l'utilizzo coerentemente con quanto previsto dal produttore nelle istruzioni
d'uso (NOTA: tale specificazione è una novità importante rispetto alla versione della norma precedente in cui non erano menzionate le limitazioni d'uso previste da costruttore).
In particolare il costruttore deve specificare quale dei seguenti tipi di requisito di resistenza è da considerarsi pertinente:
• Resistenza a fatica - il carico ciclico che può essere sostenuto dall'ortesi per un fissato numero di
cicli
• Resistenza Elastica - il carico statico che rappresenta un evento occasionale severo che debba essere sostenuto dal dispositivo consentendogli di funzionare come previsto.
• Resistenza Ultima - il carico statico che rappresenta un evento unico di grossa portata al seguito
del quale il dispositivo potrebbe diventare inutilizzabile per un eventuale cedimento.
In aggiunta, il produttore deve specificare quali sono i livelli di resistenza per ciascuna prova da considerare appropriati e deve specificare i metodi di prova da applicare.
5 - Requisiti per i materiali
Nei dispositivi ortesici deve essere fatto ogni sforzo possibile per cercare di utilizzare materiali che minimizzino il rischio della propagazione delle fiamme o la produzione di gas tossici, di particolare importanza per persone disabili che non sono in grado di fuggire rapidamente da un incendio.
L'impiego di materiali ignifughi è per questo fortemente consigliato, anche per le continue innovazioni
che vengono realizzate nel loro campo di ricerca.
Anche per questo punto è fondamentale riportare le specifiche nella documentazione allegata.
35
4
È da tenere in conto anche il fatto che i materiali che vengono a trovarsi a contatto con il corpo umano
devono essere biocompatibili, superare un test di citotossicità, prevedere adeguati standard di pulizia (che possono prevedere anche la disinfettazione o la sterilizzazione) e fornire delle garanzie contro effetti di corrosione e di degradazione.
6 - Requisiti meccanici
Le ortesi per definizione applicano forze esterne ai segmenti corporei su cui vanno ad agire.
L'interfaccia dei componenti deve essere progettata in maniera tale da evitare eccessive pressioni o livelli di tensione sui tessuti. I particolare si deve evitare:
•
•
•
•
•
necrosi cellulare dovuta a limitazioni dei nutrienti e dell'ossigeno
distruzione delle cellule a causa di coagulazione termica
interruzioni tessutali dovute a fatica
interruzioni tessutali dovute a sovraccarico meccanico
abrasione dei tessuti per sfregamento
Il produttore deve infine garantire che le grandezze (forze e momenti) applicate dall'ortesi siano effettivamente sostenibili dal paziente, il dispositivo deve essere progettato secondo principi ergonomici
tendono conto delle necessità dell'utilizzatore.
Nel caso sia prevista la possibilità di effettuare delle modifiche da parte del soggetto stesso, queste
devono essere facilmente eseguibili.
Alcune considerazioni di commento
Nonostante l'aggiornamento della norma, la sostanza di fondo dello stato normativo attuale è comunque quello di una fortissima responsabilizzazione del produttore che deve essere in grado di stabilire
quali requisiti debbano essere significativi e quali metodi di prova adottare per la valutazione della resistenza dei componenti.
Il vantaggio di avere una certa libertà di azione è solo apparente: la mancanza di una serie di specificazioni precise si presenta come una grossa incognita nello sviluppo di un prodotto in quanto obbliga anche un piccolo laboratorio ortopedico ad affrontare con un approccio ingegneristico lo sviluppo
del prodotto e con un approccio scientifico la sua valutazione clinica in rispetto della Direttiva
93/42/EE.
Non a caso la Direttiva 07/47/EE, che aggiorna ed integra la direttiva dispositivi medici, insiste particolarmente sul ruolo della valutazione clinica e delle soluzioni tecniche riferibili in progettazione (coerentemente con la consolidata metodica della medicina delle evidenze).
Comunque tale approccio non è da sottovalutare, in quanto in sede di contestazione per danno al paziente o per prodotto difettoso, la possibilità che un perito d'ufficio possa dimostrare che vi erano procedure appropriate per la valutazione delle proprietà di resistenza dell'ortesi è molto alta.
Agire preventivamente e in modo eventualmente consorziato è la strada sostenibile per aziende medio-piccole quali i laboratori o le officine ortopediche.
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PARTE QUINTA
37
5
Parte Quinta
Innovazione nel settore delle
ortesi su misura
Fino a questo punto si è effettuata una panoramica sulle ortesi di arto inferiore, esaminando le patologie che esse vanno a contrastare, i processi realizzativi, le normative vigenti, fino a descriverne anche
alcune tipologie attualmente adottate in clinica o presso i laboratori ortopedici che rappresentano validi supporti biomeccanici per soggetti con problematiche legate alla deambulazione.
In questo modo si è cercato di dare un'idea quanto più possibile completa ed esaustiva a riguardo dello stato dell'arte e dei campi di utilizzo di questi dispositivi, per fornire ai tecnici del settore uno strumento utile di supporto alla professione.
Lo sviluppo delle moderne tecnologie, soprattutto di carattere ingegneristico, può trovare una grande applicazione nel settore delle ortesi e può contribuire a fronteggiare le criticità che si verificano nel
processo produttivo.
Tenendo conto dell'obiettivo principale, che rimane quello di essere in grado di fornire ad ogni persona un ausilio che si adatti sempre più alle sue esigenze personali, in quanto segue si presentano e descrivono in dettaglio alcune prospettive di innovazione secondo la traccia seguente.
1. Diagnosi e Prescrizione
a. Rilevazione del movimento
b. Quantificazione delle caratteristiche biomeccaniche
c. Supporto alla prescrizione dell'ausilio
2. Progettazione
a. Rilevazione della geometria del segmento corporeo
b. Definizione delle caratteristiche funzionali dell'ortesi
c. Progettazione a durata
d. Utilizzo di materiali innovativi
e. Utilizzo di sistemi elettromeccanici
f. Modellazione virtuale strutturale
g. Modellazione muscolo scheletrica
3. Realizzazione
a. Riduzione dei tempi di prototipazione
4. Collaudo
a. Verifica delle caratteristiche di sicurezza
b. Verifica delle caratteristiche prestazionali e funzionali
5.1 Diagnosi e prescrizione
Fondamentale per il successo di una ortesi è la diagnosi e la coerente prescrizione. Importantissima è
una stretta collaborazione tra Medico e Tecnico Ortopedico.
Le competenze delle due figure sono diverse ma complementari, ed uno scambio stretto e chiaro di
informazioni è da considerarsi cruciale per l'ottimizzazione della qualità complessiva del servizio.
A seconda delle patologie, della gravità delle stesse, della condizione psicofisica complessiva del paziente e del suo livello di collaborazione consapevole possono cambiare le modalità di esecuzione di
prove di deambulazione o valutazione funzionali e di conseguenza l'ampiezza delle informazioni disponibili per il clinico ed il tecnico.
38
5.1.1 Rilevazione del movimento
La rilevazione delle caratteristiche del movimento del paziente è da considerarsi come uno degli strumenti più potenti a supporto della diagnosi e della successiva prescrizione di una ortesi su misura.
Le tecnologie applicabili allo stato attuale sono molteplici e, tra esse, molte sono ormai da considerarsi come tecnologie mature: ma la disponibilità di tecnologie anche molto costose non corrisponde direttamente ad un miglioramento dei protocolli di valutazione clinica e tecnica del paziente, se non opportunamente coordinate e rese significative.
Tra le tecniche disponibili per l'analisi del movimento, nel suo senso più esteso del termine, citiamo:
• Analisi Cinematografica del movimento: sistema tipicamente bidimensionale (2D) per la ricostruzione chinesiologica delle fasi di un gesto, tipicamente di deambulazione. Consente di ottenere informazioni quantitative sulle diverse fasi temporali del movimento, sulla postura statica e dinamica del
soggetto, su eventuali asimmetrie di postura e movimento.
• Analisi Stereofotogrammetrica del movimento: sistema tridimensionale (3D) per la “Gait Analysis”. Si tratta di un sistema quantitativo in grado di acquisire le traiettorie tridimensionali dei marker e
di ricostruire l'andamento nel tempo dell'orientamento assoluto e relativo dei segmenti corporei. I sistemi utilizzano pedane dinamometriche incassate nel pavimento o nella via di corsa per rilevare le
Reazioni del Suolo e poter ricalcolare i momenti alle articolazioni.
• Analisi Baropodometrica della deambulazione: sistema basato su pedane o solette con matrici di
sensori di pressione, in grado di rilevare la distribuzione delle pressioni sotto la pianta del piede, il valore della forza di reazione verticale complessiva ed il punto di applicazione (COP) della risultante delle forze di pressione.
• Analisi Elettromiografica della deambulazione: mediante elettrodi e trasmettitori o acquisitori applicati al paziente, si misura l'attivazione muscolare in termini di istante di attivazione, di intensità di attivazione e di coordinazione con altri fasci muscolari. Il metodo consente di valutare la presenza/assenza di attività muscolare nelle diverse fasi del passo, segnalando ad esempio possibili tendenze alla coattivazione che non siano fisiologiche.
• Analisi di tipo MarkerLess: si sta diffondendo la possibilità di rilevare il movimento con sistemi di
telecamere che non richiedano l'applicazione, peraltro delicata e dispendiosa in termini di tempo, di
marker riflettenti sul corpo del paziente. I sistemi sono in fase di sviluppo, si basano sulla capacità di riconoscimento del movimento a partire da analisi di immagine, e potrebbero ridurre le tempistiche legate attualmente alle tecniche di indagine stereofotogrammetriche con marker.
• Analisi con sensori inerziali: si basano sull'applicazione ai segmenti corporei del soggetto di sensori di posizione e velocità angolari, in grado di ricostruire dinamicamente la postura del soggetto a
partire da posizioni note quali la stazione eretta o altre. Tali sistemi sono in fase di valutazione e validazione in diversi laboratori: hanno il vantaggio di una più rapida applicazione ai soggetti, anche se sono sensibili a disturbi legati a campi magnetici intrinseci ad alcuni tipi di ortesi o tutori con parti metalliche.
In generale, va osservato come lo sforzo dei diversi laboratori sia diretto da un lato alla capacità di
INTEGRAZIONE delle diverse tecnologie di Analisi, che comporta un aumento della possibile complessità delle analisi, con informazioni anche ridondanti, dall'altro allo sviluppo di tecniche di SINTESI
nella refertazione dei dati di diversa natura provenienti dalle diverse tecnologie.
Nello specifico, con riferimento ad esempio all'analisi di patologie per le quali sia prescrivibile
un'ortesi tipo AFO, si devono scegliere le tecnologie di analisi del movimento opportune in grado di
fornire indicazioni quantitative riguardo a una serie di informazioni quali:
•
•
•
•
•
•
Lunghezza del passo e Orientazione dei segmenti in fase di appoggio, stacco e oscillazione.
Presenza di movimenti di compensazione sull'arto in esame (vaulting) o sul controlaterale.
Range di Moto tridimensionale dell'articolazione di caviglia in deambulazione.
Grado di inversione/eversione del piede durante appoggio e oscillazione.
Grado di flessione del ginocchio durante le varie fasi del passo.
Presenza di spasticità all'appoggio
39
5
5.1.2 Quantificazione delle caratteristiche di rigidità/elasticità articolare
In alcune patologie, la prescrizione di un'ortesi ad esempio di tipo AFO mira a bilanciare la debolezza
di flessori dorsali o l'iperattività di flessori plantari. In entrambi i casi, è necessario adattare le caratteristiche di rigidezza dell'ortesi a delle caratteristiche di flessibilità o rigidità articolari del singolo soggetto, definibili come caratteristiche meccaniche del legame lineare (o non-lineare) tra coppia applicata
M e rotazione f.
f
D
K fP =
M
fP
K fD =
MD
fD
MD
M
M
P
KfP
Articolazione
f
P
fP
KfD
Figura 5.1: Significato dei parametri quantitativi di rigidezza articolare.
Si tratta di una quantificazione oggettiva delle valutazioni tipicamente effettuate da medici, fisioterapisti e tecnici ortopedici in fase di visita sul paziente, con attenzione a grandezze diverse a seconda anche della patologia in gioco.
Un supporto innovativo alla definizione quantitativa delle caratteristiche del paziente ed alla successiva
prescrizione ottimale del supporto potrebbe derivare dallo sviluppo di sistemi di movimentazione passiva ed attiva dell'articolazione, in grado di quantificare con parametri semplici dapprima e via via più
complessi le caratteristiche di mobilità e rigidità, a vuoto o sotto carico delle articolazioni interessate.
Dalla conoscenza ad esempio della posizione di riposo di un piede equino, e del grado di rigidezza in
flessione dorsale del piede, è possibile quantificare sia la forma di una opportuna ortesi di posizionamento, sia la rigidezza minima od ottimale dell'ortesi AFO per poter ottenere la correzione richiesta
con minori rischi di insuccesso.
5.1.3 Supporto alla prescrizione dell’ortesi
Attraverso la programmazione di attività di ricerca mirate da un lato alla caratterizzazione biomeccanica delle curve di rigidità/mobilità delle diverse articolazioni per diverse tipologie di patologia, e
dall'altro lato alla caratterizzazione meccanica delle diverse ortesi attualmente realizzabili, si prevede
di poter sviluppare delle tabelle comparative sintetiche che possano essere di supporto sia al Clinico
che al Tecnico Ortopedico in fase di prescrizione e progettazione dell'ortesi.
Questo consentirebbe di ridurre le indeterminazioni nella procedura completa di prescrizione/progettazione/costruzione a volte legate all'assenza di informazioni quantitative a supporto, di aumentare la condivisione ed il coordinamento tra Clinica e Laboratorio e di ridurre i rischi di insuccesso.
5.2 Progettazione
La fase di progettazione dell'ortesi è quella in cui si possono individuare le più ampie possibilità di innovazione. Infatti essa è ancora quasi totalmente basata sulle capacità individuali e l'esperienza del
tecnico ortopedico che deve decidere, dopo la definizione del tipo di ortesi e delle caratteristiche cliniche obiettivo, tutte le caratteristiche tecniche dei materiali, dei processi e dei collaudi necessari.
40
Con riferimento alle responsabilità del produttore, richiamate in EN ISO 22523, tali scelte influenzano
di fatto non solo le caratteristiche di funzionalità clinica per cui l'ortesi è stata prescritta, ma anche il
soddisfacimento dei requisiti di sicurezza statica, a fatica e impatto che le ortesi devono necessariamente superare.
Si possono ulteriormente descrivere alcune possibili tecnologie e procedure a supporto dell'innovazione nella progettazione di Ortesi.
5.2.1 Rilevazione della geometria del segmento corporeo
In sostituzione della metodologia tradizionale con bende gessate, si vanno affermando sistemi di rilevazione elettronica delle geometrie dei segmenti corporei su cui applicare le ortesi.
Citiamo, a titolo di esempio, la tecnologia basata su scanner laser che consente di ottenere superfici
definite con precisioni dell'ordine dei 0.5 mm tramite esplorazione con uno scanner laser in un campo
coperto da un sensore di orientazione e posizione spaziale elettromagnetico.
Figura 5.2: Laser FASTSCAN
5.2.2 Definizione delle caratteristiche meccaniche e funzionali dell’ortesi
La caratterizzazione biomeccanica dell'articolazione va accompagnata da una caratterizzazione meccanica delle ortesi tipicamente realizzate: è dunque da prevedere lo sviluppo di una attrezzatura di
prova che, mediante applicazione di coppie note M attorno all'asse articolare, consenta di misurare le
rotazioni corrispondenti, all'interno di un range di moto significativo per l'applicazione in gioco.
M
Ortesi
AFO
K0fP
MD
fD
fP
MP
f
Figura 5.3: Significato dei parametri
quantitativi di rigidezza dell'ortesi AFO
K0fD
41
5
Sono perciò definibili dei parametri oggettivi di comportamento elastico delle ortesi nelle diverse direzioni, non solo ad esempio in flessione plantare/dorsale (figura 5.3), ma anche in inversione/eversione o flessione laterale che costituiscono a volte dei requisiti essenziali in alcune patologie quali la
paralisi cerebrale infantile.
5.2.3 Progettazione a durata
Il requisito di resistenza a fatica è uno dei requisiti fondamentali per le ortesi. Purtroppo in normativa
non sono specificati né i requisiti in termini di Numero di Anni/Mesi/Cicli di funzionamento effettivo
dell'ortesi, né i metodi di svolgimento delle prove. Viene dunque demandata al costruttore la definizione delle metodologie di prova per documentare la durata a fatica dell'ortesi.
Si tratta in generale di poter disporre di informazioni quantitative sull'intensità di utilizzo e la numerosità dei cicli di sollecitazione delle varie tipologie di prodotto.
E' chiaro che per i diversi tipi di patologia e i diversi livelli di gravità sono pensabili diversi requisiti di durata delle ortesi, corrispondenti a maggiore o minore mobilità del paziente, come rappresentato indicativamente per le ortesi AFO e i tutori di tipo KO/HKFO/THKFO in Figura 5.4 .
Nel caso di ortesi di tipo AFO, al crescere della mobilità del paziente, e perciò al decrescere della gravità della patologia per cui l'ortesi è stata prescritta, è pensabile che aumenti la numerosità dei cicli di
sollecitazione (passi) effettuati in un dato periodo di applicazione dell'ortesi, come pure crescano i carichi dinamici di deambulazione.
Nel caso invece di ortesi per arto inferiore, al crescere della mobilità del paziente, e perciò al decrescere della gravità della patologia per cui l'ortesi è stata prescritta passando da una THKFO ad una
HKFO fino ad un tutore KO di ginocchio, è prevedibile che da un lato aumenti la numerosità dei cicli di
sollecitazione (passi) effettuati in
Intensità
un dato periodo di applicazione
(Carichi)
dell'ortesi, mentre dall'altro, visto
che la funzione dell'ortesi è meno
di supporto ai carichi funzionali
ma di guida cinematica delle articolazioni e sostegno ai carichi indesiderati di ab-adduzione o rotazione, è pensabile che l'intensità
delle sollecitazioni decresca.
La Capacità di posizionare l'ortesi
nel corretto punto del diagramma
Carichi/Passi è legata alla possibiNumerosità lità di utilizzare dei sistemi senso(Passi)
rizzati indossabili dai pazienti, di laIntensità
sciarli in registrazione durante le
(Carichi)
normali attività quotidiane, e di poter successivamente “contare” la
successione complessa dei passi
di grande, media e piccola intensità fino a sintetizzarli in Spettri di Carico significativi per la previsione
di vita a fatica e la definizione di Sistemi equivalenti di prova a fatica.
Numerosità
(Passi)
42
Figura 5.4: Diagrammi indicativi
di posizionamento nel piano di
Numerosità/Intensità per diverse
ortesi di tipo AFO o altre ortesi di
arto inferiore
5.2.4 Utilizzo di materiali innovativi
L'innovazione del prodotto ortesi può passare anche attraverso l'individuazione e l'utilizzo di nuovi materiali che per prestazioni o ciclo produttivo risultino vantaggiosi nella costruzione delle Ortesi.
Tra le caratteristiche che possono essere citate come fondamentali per la scelta dei materiali vi sono
quelle di biocompatibilità/traspirabilità/comfort per gli strati a contatto della pelle, quelle di conformabilità combinata a resistenza strutturale per le parti portanti, quelle di modulabilità delle proprietà meccaniche al variare di parametri di “dosaggio” dei componenti costitutivi.
Da citare a titolo di esempio sono i materiali in tela gessata preimpregnati a spessore costante,
utilizzabili per la presa di calchi su piede o gamba con possibilità di ricostruzione della geometria a
partire dalla superficie esterna di un calco negativo senza necessità di sviluppare un calco in gesso
positivo della superficie interna. Ulteriori innovazioni possono essere collegate all'utilizzo di materiali
“intelligenti”, in grado di variare le proprie proprietà a seconda di parametri funzionali quali ad esempio la velocità di deformazione o la temperatura di funzionamento.
Figura 5.5: Materiali innovativi a supporto dell’innovazione
5.2.5 Utilizzo di sistemi elettromeccanici
Una grossa innovazione nell'ambito delle ortesi può essere rappresentata dall'utilizzo di sistemi elettromeccanici che consentono al dispositivo di effettuare dei movimenti indipendentemente dalla presenza di tono muscolare del paziente.
È semplice immaginare le enormi potenzialità di questi sistemi, in particolar modo la capacità di permettere alle persone affette dalle patologie più invalidanti il ritorno ad una maggiore indipendenza nello svolgimento di compiti di vita quotidiana.
L'ortesi in questo caso, essendo dotata di un sistema di attuazione autonomo, è in grado di svolgere
un compito assegnato in maniera attiva, questo può essere settato imponendole una traiettoria da seguire, o il sostegno di un carico in modo variabile.
Agendo inoltre sull'elettronica del sistema di controllo, si possono raggiungere risultati davvero soddisfacenti in termini di adattatività del sistema ad eventuali risposte esterne, creando una macchina
che sia così in grado di interagire efficacemente con l'utente.
Figura 5.6: Un esempio di AFO
attiva e HAL, un esoscheletro
che permette la deambulazione
a soggetti affetti da paralisi
43
5
5.2.6 Modellazione virtuale strutturale
L'analisi del comportamento strutturale di componenti orientati ad applicazioni biomeccaniche non è
una tecnica di per sé innovativa, ma anzi consolidata ed ormai integrata nelle normali procedure di validazione virtuale di prodotti ad alta criticità strutturale quali le protesi interne di anca, ginocchio, spalla etc.
Il suo trasferimento ad una gamma di prodotti su misura quali sono le ortesi in esame rappresenta invece una vera sfida verso l'innovazione della fase di progettazione che richiede una vera e propria ingegnerizzazione del prodotto ad hoc.
Recenti esperienze infatti hanno consentito di ricostruire un modello virtuale di piede dotato di ossa,
legamenti e tessuti molli di geometria ricostruita da scansioni CT [Rao, 2008]. In parallelo, la definizione di un modello 3D di plantare e la schematizzazione delle corrispondenti proprietà meccaniche del
plantare consentono di prevedere prima della realizzazione effettiva la distribuzione delle pressioni di
contatto dinamiche tra piede (anatomico) e plantare: questo consente una scelta ottimale di geometrie e materiali del dispositivo.
Tali studi sono ancora lontani da una loro implementazione personalizzata per il singolo paziente ma
costituiscono esperienze pilota sicuramente interessanti e promettenti.
Figura 5.7: Esempi di modellazione virtuale di piede, plantare e loro interazione [Rao, 2008]
5.2.7 Modellazione muscolo scheletrica
Una direzione di sviluppo molto promettente a supporto della prescrizione e progettazione di ortesi
funzionalmente corrette è l'applicazione di metodi di modellazione e simulazione del sistema muscolo-scheletrico.
Si sono sviluppati infatti codici di simulazione della cinematica del sistema muscolo-scheletrico: oltre
a codici di simulazione già presenti da anni sul mercato tipo SIMM sviluppato a Stanford, si sta affermando l'utilizzo di un codice analogo di più recente sviluppo, AnyBody, sviluppato presso l'università
danese di Aalborg.
Tali codici sono sostanzialmente dei codici di simulazione Multibody, ovvero SW in grado di analizzare e risolvere il comportamento cinematico e dinamico di un sistema di corpi articolati dopo imposizione delle proprietà inerziali dei diversi segmenti del sistema e delle condizioni di vincolo tra i corpi.
In particolare però, il codice AnyBody fornisce un ricco database di sistemi articolati corrispondenti alle ossa del sistema scheletrico umano, scalabile osso per osso o nell'insieme a mimare le dimensioni
antropometriche dell'individuo.
In aggiunta, il codice implementa quasi tutti i muscoli presenti nell'organismo, sia raggruppati che
suddivisi in fasci, con la corretta posizione dei punti di origine ed inserzione sulle ossa, ricavata tipicamente da studi su cadavere o da rilevazioni CT.
44
Un esempio dell'applicazione del codice è riportato in Figura 5.8, relativo all'implementazione di un
modello di spalla e arto superiore per la simulazione di movimenti di abduzione controllati sia a vuoto
(solo sollevamento dell'arto) che in presenza di un carico al palmo di 2 kg: l'analisi virtuale ha fornito i
valori di attivazione dei diversi fasci muscolari che sono stati confrontati con una serie di rilevazioni
sperimentali dell'attività elettromiografica con risultati incoraggianti sulla possibilità da parte del SW
di stimare le attivazioni ed il coordinamento muscolare in gioco.
Figura 5.8: Esempi di modellazione virtuale del sistema muscolo-scheletrico di arto superiore
(Modenese, 2008)
Analoghe esperienze, condotte da diversi ricercatori internazionali, hanno consentito lo sviluppo di
modelli di arto inferiore o di tutto il sistema corporeo, e di eseguire simulazioni della deambulazione.
La proprietà più interessante infatti della tecnologia è la capacità di poter essere utilizzata nella valutazione delle forze muscolari alle diverse articolazioni nota la cinematica del movimento (derivante ad
esempio da una misura stereofotogrammetrica in laboratorio) e le eventuali forze applicate al corpo
dalle interfacce al suolo (rilevate ad esempio da pedane dinamometriche).
Nel caso delle ortesi, è possibile inserire nel modello la presenza di un ulteriore corpo costituito
dall'ortesi, con le sue eventuali caratteristiche cinematiche e strutturali predeterminate in laboratorio.
La presenza di ortesi con parametri funzionali variabili consente di simulare l'effetto della presenza/assenza dell'ortesi sui livelli di attivazione muscolare e di carico articolare del distretto interessato
dall'ortesi, valutando in anticipo le soluzioni ottimali
dell'ortesi più adatta al sinogolo paziente: sono infatti personalizzabili le caratteristiche muscolari degli individui, eventuali deformità o rigidità articolari.
Figura 5.9: Esempi di modellazione virtuale del sistema muscolo-scheletrico di arto
superiore con codice AnyBody.
5.3 Realizzazione
Le prospettive di innovazione della fase di realizzazione sono collegate allo sviluppo delle moderne
tecnologie di produzione integrata con la modellazione virtuale ed alle caratteristiche tecnologiche
dei materiali utilizzati per lo sviluppo.
Le tecniche attuali e la perizia dei tecnici ortopedici già consentono la realizzazione dell'ortesi in tempi
molto brevi dalla presa del calco.
45
5
La tempistica della realizzazione perciò non sembra rappresentare ad oggi una criticità del processo,
che invece potrebbe essere rappresentata da altri fattori quali il controllo dei parametri di processo, la
necessità di un aggiornamento delle competenze dei tecnici al variare dei materiali e tecnologie produttive, la soluzione dei particolari costruttivi alle interfacce avvitate, rivettate, incollate o inglobate nella struttura dell'ortesi.
5.4 Collaudo
Fase finale del processo, il collaudo tecnico rappresenta il momento critico per la valutazione dei risultati di tutto il processo produttivo.
Si possono individuare due verifiche fondamentali da implementare nella fase di collaudo e da documentare opportunamente come richiesto dalle norme vigenti EN 22523.
La prima riguarda la sicurezza dell'ortesi con riferimento ai potenziali meccanismi di cedimento statico, a impatto e a fatica.
La seconda riguarda il raggiungimento dei requisiti prestazionali e funzionali che erano obiettivi primari del progetto
5.4.1 Verifica delle caratteristiche di sicurezza
Le caratteristiche di resistenza riguardano la capacità di sostenere i carichi massimi registrabili in un
utilizzo normale dell'ortesi e la capacità di durare ad una ripetizione ciclica dei carichi medi di deambulazione equivalenti alla durata prevista per il componente.
Nel caso di ortesi di tipo HKFO, la EN 22523 presenta le metodologie estese per la prova del gruppo
aste dei tutori: nonostante la metodologia di prova sia chiaramente descritta sia nel piano sagittale
che frontale, mancano i requisiti da soddisfare, ovvero i valori minimi di resistenza che le aste devono
fornire. Inoltre non vi sono metodologie e requisiti specificati per il tutore nel suo insieme.
Nel caso di ortesi di altra tipologia è lasciato al produttore il compito di definire le metodologie di prova
per quantificare le caratteristiche di resistenza e durata.
Nel caso ad esempio di ortesi di tipo AFO, si devono predisporre dei sistemi sperimentali di applicazione di carichi verticali/orizzontali combinati applicati alla suola dell'ortesi, in modo da simulare i carichi di deambulazione, come pure un sistema per la simulazione della flessione dorsale/plantare ciclica derivante sia dall'appoggio al suolo che dall'oscillazione.
L'esperienza dei tecnici ortopedici accumulata nella quantificazione dell'intensità dei carichi, della loro numerosità e dell'ampiezza delle flessioni definisce lo spettro delle sollecitazioni da applicare: una
macchina con attuatore rotazionale, in grado di applicare ciclicamente flessioni dorso/plantari e di verificare la variazione delle proprietà di rigidezza dell'ortesi al procedere dei cicli è utilizzabile sia per
prove di resistenza massimale che per prove di durata.
5.4.2 Verifica delle caratteristiche prestazionali e funzionali
La verifica finale della prestazione funzionale dell'ortesi va svolta in presenza del paziente.
Sono da prevedere dei protocolli di misura delle caratteristiche funzionali dell'ortesi in condizioni di postura statica e di deambulazione dinamica, sia in occasione della prima applicazione dell'ortesi, sia
dopo un primo periodo di adattamento del paziente stesso all'ortesi.
La deambulazione infatti è un procedimento complesso in cui si verificano dei meccanismi di adattamento alle variazioni esterne o interne delle proprietà di massa, rigidezza, smorzamento delle calzature o delle ortesi.
Ad una valutazione soggettiva del paziente sulla funzionalità dell'ortesi, va affiancata una valutazione
oggettiva con le tecniche di diagnosi che erano state utilizzate in fase di prescrizione.
Il successivo follow up del paziente consentirà di confermare la validità dell'ortesi e valutarne definitivamente la validità come correlata alla continuità di utilizzo nel tempo e l'assenza di abbandono.
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Osservazioni conclusive
Il presente lavoro è stato svolto nell'ambito di un progetto di innovazione d'interesse di settori o filiere
di imprese.
Le finalità del lavoro erano quelle di fornire da un lato un quadro sintetico di caratterizzazione del prodotto prendendo in particolare ad esempio il caso delle ortesi di arto inferiore, quale dispositivo medico su misura in cui la professionalità del tecnico ortopedico è ancora un fattore distintivo del livello
qualitativo delle aziende del Distretto Biomedicale del Veneto.
Si sono dunque raccolte sia le informazioni di base per un inquadramento delle caratteristiche fisiologiche e patologiche della deambulazione, sia la descrizione delle fasi tipiche di sviluppo di un prodotto su misura quale una ortesi di arto inferiore.
Si sono poi richiamate le normative in vigore relative a tale dispositivo, peraltro chiare nel far ricadere
sul produttore le responsabilità non solo nella produzione di un prodotto sicuro, ma anche nella definizione di requisiti e metodi di prova in grado di dimostrarne la sicurezza sotto i carichi massimali o la
durata nel tempo sotto i carichi funzionali.
Si sono infine esplorate le possibili direzioni di azione e sviluppo volte a percorsi di innovazione del
settore e del prodotto, con attenzione alle diverse fasi del processo integrato ed alla massimizzazione
dei vantaggi di applicazione delle nuove tecnologie elettroniche e di modellazione virtuali applicabili
alle varie fasi.
Si ritiene che le potenzialità di sviluppo del settore siano molto elevate, sia per la necessità vitale di innovazione continua che il mercato richiede, sia per la prevedibile crescita di richieste di supporto alla
mobilità e disabilità che una popolazione di età media crescente porterà nella nostra società: essere
in grado di rispondere a tali richieste si presenta non solo come una opportunità di sviluppo ma anche
come una capacità di risposta responsabile alle necessità sociali del territorio.
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