La rigenerazione e innovazione organizzativa
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La rigenerazione e innovazione organizzativa
Working Paper La rigenerazione e innovazione organizzativa come questione nazionale: una proposta per affrontare la crisi Federico Butera WP2 / 2012 È consentita la copia e la distribuzione a scopo divulgativo e didattico, citando la fonte. Sono consentite, inoltre, le citazioni purché accompagnate dall'idoneo riferimento bibliografico. Per ogni ulteriore uso, se ne vieta l'utilizzo senza il permesso scritto degli Autori. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 1 La rigenerazione e innovazione organizzativa come questione nazionale: una proposta per affrontare la crisi di Federico Butera1 Alcune delle emergenze nazionali (crisi e fallimenti delle imprese nella crisi, disoccupazione, scarse competenze per cambiare lavoro, semplificazione e riduzione dei costi della burocrazia, corruzione, lentezza della giustizia, costi e qualità della sanità, degrado dei beni ambientali, mancata difesa e valorizzazione dei beni culturali, inadeguatezza delle scuole e delle università, difesa sociale, e molte altre) hanno la loro causa originaria nelle inadeguatezze delle organizzazioni che avrebbero la responsabilità di affrontare tali emergenze e nella loro scarsa capacità di cambiamento e innovazione. Tuttavia, l’organizzazione delle Pubbliche Amministrazioni, delle imprese, del terzo settore, delle associazioni non sembra, finora, tra le priorità dei governi centrali e regionali e della classe dirigente del Paese. Per contribuire ad affrontare le emergenze antiche e la crisi attuale, formuliamo la proposta di far diventare la rigenerazione e l’innovazione delle organizzazioni e dei lavori una questione nazionale, attivando un programma di politiche pubbliche, di sviluppo di servizi, di attivazione di cantieri di riorganizzazione. Esso deve nascere da un impegno collettivo ampio e condiviso da istituzioni, imprese, sindacati, centri di ricerca e formazione, lavoratori, studiosi, studenti, cittadini: un programma che disponga di risorse materiali, culturali e politiche per poter essere attuato. La sfida e l’opportunità. Inventare e rigenerare organizzazioni di nuova concezione Il governo Monti sta tentando di costruire un percorso di messa in sicurezza dei conti in una prospettiva europea. È dura, ma bisogna farcela sopportando sacrifici che avremmo dovuto fare prima. Nella seconda fase, si ripropone di affrontare la sfida della crescita sostenibile, promuovendo efficienza e modernizzazione dell’economia e della società italiana per la competitività e l’occupazione. Ma come? Sono state annunciate misure di sistema (fisco, liberalizzazioni, mercato del lavoro, etc.), ma non vedo molte proposte sulle materie che riguardano le cause profonde della crisi italiana e le forze per uscirne: la nascita e il rafforzamento di imprese (grandi, medie, piccole) capaci di competere, la ripianificazione dei territori e delle imprese in rete (come i nuovi distretti o – su scala più elevata – il Nord o i “Mezzogiorni”) che si misurino con le global city-region forti di tutto il mondo, la riorganizzazione dei servizi pubblici e delle Pubbliche Amministrazioni centrali e locali, il potenziamento delle organizzazioni di difesa sociale contro i rischi ambientali e la criminalità diffusa e organizzata, il cambiamento dell’organizzazione del lavoro intellettuale e manuale e i contenuti dei lavori e delle nuove professioni che già toccano oltre il 60% dei posti di lavoro nell’industria e nei servizi, l’abilitazione delle persone giovani e anziane ad un mondo del lavoro in radicale cambiamento. Inventare e rigenerare organizzazioni e lavori di nuova concezione non sembra essere nell’agenda del governo centrale e dei governi regionali. Troppo complicato e troppo a lungo termine per le agende dei governi e delle politiche che hanno prospettive temporali a breve? Se non ora, quando? I dati sulla produzione industriale, sulla produttività, sull’esportazione, sull’occupazione, sull’attrattività sono sconfortanti. La crisi economica globale si riversa in un sistema di organizzazioni per lo più fragili. Si sta determinando una “epidemia di organizzazioni malate”: 12.000 imprese, soprattutto piccole, sono fallite nel 2011 e molte di più chiudono o licenziano; imprese medie di successo si domandano se avranno un futuro e tendono a delocalizzare; Pubbliche Amministrazioni che costano troppo e forniscono servizi scadenti o inutili non hanno neanche iniziato a riorganizzarsi; ci sono associazioni che perdono le loro funzioni; settori e piattaforme produttive in declino cedono marcatamente di fronte alla competizione internazionale; 1 Ordinario di Scienze dell’Organizzazione presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca; Presidente della Fondazione Irso - Istituto di Ricerca Intervento sui Sistemi Organizzativi. Una diversa e più ampia versione è pubblicata su Studi Organizzativi n. 2/2011. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 2 la disoccupazione a febbraio 2012 è al 9,3% (31,9% fra i giovani). Mentre, al contrario, prosperano le organizzazioni criminali, i club parassitari, i clan che gestiscono senza controllo gran parte dell’economia e della società italiane. È largamente condivisa la convinzione che le politiche pubbliche possono attenuare queste malattie delle organizzazioni attraverso l’aumento degli investimenti in opere pubbliche o in ricerca, con azioni sul credito, con il recupero dell’evasione fiscale, con incentivi, con la regolazione del mercato del lavoro e molto altro. È condivisa la necessità di investire sui beni comuni per la competitività e sui servizi alle organizzazioni e alle persone. Tali manovre, se sostenibili e corrette, sono necessarie ma non sufficienti, perché non possono far nascere imprese, ridare vita a quelle imprese che di vita non ne hanno quasi più, dare servizi mirati a quelle “organizzazioni private e pubbliche che competono”, ristrutturare le Pubbliche Amministrazioni e i servizi resi. Soprattutto non possono cambiare paradigmi, competenze ed energie diventati obsoleti. Le buone politiche di cui abbiamo tanto bisogno sono come il calore che fa schiudere le uova: esso è necessario, ma è solo la biologia dell’uovo sano e fecondato ciò che genera il pulcino. Ed è proprio della biologia delle organizzazioni e della loro innovazione e rigenerazione che ci occuperemo in questo saggio. Ci sono molti esempi positivi in Italia, ma non bastano: le imprese medie internazionalizzate di Mediobanca (ne occorrerebbero cento volte tante); le Pubbliche Amministrazioni efficienti come l’Agenzia delle Entrate, gli Uffici Giudiziari di Bolzano, il Comune di Reggio Emilia (ne sono necessarie mille volte tante). Occorre allora reinventare e rigenerare le organizzazioni sulla base di nuovi princìpi per renderle innovative, efficienti, efficaci, socialmente responsabili. La politica considera tutto questo materia per una intendenza che seguirà alle grandi scelte, al massimo una competenza del mercato o della gestione amministrativa. Noi sappiamo, al contrario, che l’esplosione dell’economia americana a inizio secolo è stata legata alla diffusione di modelli organizzativi taylor-fordisti sperimentati nelle fabbriche Ford; la ripresa giapponese dopo la guerra è stata resa possibile dalle esperienze di lean production inaugurate alla Toyota e così via; il miracolo economico italiano è stato stimolato dalle grandi imprese private e a partecipazione statale, a partire dalla Olivetti e dalla Fiat all’Eni, etc. Sappiamo che il successo della Germania e della Corea del dopoguerra è stato legato ad una Pubblica Amministrazione efficiente. Per rimettere al centro l’economia reale delle imprese, delle Amministrazioni e del lavoro non è necessaria una palingenesi: l’Italia può contare su uno scrigno di competenze straordinarie e su un processo di innovazione organizzativa già lentamente iniziato da oltre trent’anni. Costretti dalla crisi, si tratta ora di riconoscerlo, accelerarlo, diffonderlo. Il problema: organizzazioni eccellenti e organizzazioni malate Le imprese italiane migliori, da noi studiate e seguite nel programma Italian Way of Doing Industry (Butera e De Michelis, 2011), hanno affrontato la crisi continuando incessantemente a innovare i loro prodotti e servizi, il posizionamento di mercato, le strategie, il business model, i processi, la governance, il dimensionamento, l’organizzazione macro e micro, la tecnologia, le competenze e soprattutto la loro identità. Esse sono nate piccole e sono cresciute internazionalizzandosi, dai casi noti di imprese divenute grandi come Luxottica, Armani, Technogym, Geox, Illy, Alessi, Mapei, ai casi meno noti di imprese di alta tecnologia come IMA, Datalogic, fino a quelli delle macchine tessili, delle biotecnologie, dell’aerospazio, etc. E tante altre, entro 500 milioni di fatturato, sono tenute in stretto monitoraggio da Mediobanca. Emerge un paradigma nuovo di imprese italiane che competono che può essere di esempio a livello internazionale. Esse fanno un’innovazione diversa, cambiano in sintonia con i loro clienti, trasformano i mercati in cui operano, producono meno a prezzi più alti facendo cose sempre nuove e fatte ad arte, sono radicate nel territorio, sono anche nodi di reti molto ampie, hanno come mercato il mondo. Spesso non hanno coscienza di sé. Le ragioni del loro successo non sono ben note e quindi il loro esempio non si diffonde come potrebbe. Purtroppo, imprese di questo tipo sono ancora poche. E le altre? Le medie imprese con una quota modesta di esportazione e più lontane da questo modello rischiano grosso. Per quelle che ancora respirano, è iniziato uno shopping a prezzi stracciati. Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 3 Le piccole imprese sono il capitolo più grave. Le migliori hanno eccellenze di prodotto o di servizio, o nicchie di mercato sicure; hanno una organizzazione sviluppata in modo spontaneo e talvolta efficace. E le altre, che sono la stragrande maggioranza, sono poco più che forme di lavoro autonomo o sotto la dimensione minima, non sono capaci di innovarsi, crescere, mettersi in rete, acquisire nuove competenze manageriali e professionali. Piccolo non è più bello; se mai, lo è stato. A fronte delle inefficienze e del burocratismo di gran parte delle Pubbliche Amministrazioni italiane, molte di esse non hanno nulla da invidiare alle migliori imprese: frugali, efficienti, orientate a fornire direttamente servizi eccellenti al cittadino, integrate con altri soggetti privati nel fornire i servizi, generatrici di “beni comuni per la competitività” del territorio. Le chiamiamo Pubbliche Amministrazioni capaci di servizio e di innovazione. Ma la stragrande maggioranza delle Pubbliche Amministrazioni centrali e periferiche per lo più costa troppo e spesso non fornisce servizi adeguati, o offre servizi buoni che non ci possiamo più permettere. L’Italia è ricchissima di associazioni, alcune delle quali efficaci ed efficienti; altre, invece, rappresentano incrostazioni costose del passato in cui si annidano perniciose lobby e clan: insomma, un’area di bonifica. Il terzo settore in Italia vede un complesso ricchissimo di cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, associazioni di volontariato, organizzazioni non governative, Onlus, etc. Esse vivono entro un’economia del welfare che si sta radicalmente modificando. Anche per loro si pongono questioni di riorganizzazione profonda e, nel caso di quelle peggiori, di estinzione. L’Italia può contare su esperienze straordinarie in corso, su uno scrigno di competenze professionali di prima grandezza, su un processo di innovazione organizzativa già lentamente iniziato da oltre trent’anni e che si è accelerato nel decennio trascorso. Questo è il vero sommerso da far emergere per uscire dalla crisi. Che cos’è una buona organizzazione e che cosa la ostacola Le dimensioni di una buona organizzazione sono molte e vanno viste in modo sistemico, attraverso la progettazione e lo sviluppo continuo dell’organizzazione: la strategia di prodotto o servizio; la strategia economica e sociale; l’ottimizzazione dei processi, l’eliminazione di attività inutili o il loro trasferimento alle tecnologie; la capacità della struttura organizzativa formale di governare le risorse e prendere decisioni; i sistemi di pianificazione e controllo; la leadership e il funzionamento dei gruppi dirigenti; l’efficienza ed efficacia delle unità organizzative operative (come stabilimenti, uffici, negozi, centri di ricerca, etc.); la cooperazione dei gruppi di lavoro; il disegno dei ruoli e dei sistemi professionali che assicurino innovazione, miglioramento continuo e identità al lavoro; la cultura organizzativa; le competenze; le comunità di pratica; la gestione dei conflitti; i sistemi di risposta all’inaspettato e i sistemi per l’innovazione; e infine l’eccellenza dei sistemi operativi (composti da organizzazione, tecnologia e cultura) come la logistica, la qualità, la sicurezza, etc. Le piccole imprese, benché non conoscano la burocrazia razionale, hanno tuttavia un’organizzazione fondata su un modello organico centrato su cooperazione intrinseca basata esclusivamente sui processi, con scarsa divisione del lavoro; condivisione di conoscenza tacita e contestuale; comunicazione estesa con il contesto territoriale; comunità di lavoro basata su comunità di pratiche e team spirit spesso family based. Queste dimensioni di buona organizzazione sono valide per tutte le imprese, ma con alcune profonde differenze. Per le imprese private, la struttura e il funzionamento organizzativo sono influenzate dalle strategie patrimoniali ed economiche degli azionisti, i cui interessi non sono sempre coincidenti con l’efficacia e l’efficienza delle organizzazioni. Sono ben note le storie di distruzione di valore di aziende sane trattate non come soggetto collettivo che accresce il suo valore per tutti gli stakeholder ma come oggetto economico venduto, spacchettato, chiuso in base a logiche esclusive di valore per l’azionista. Per le Pubbliche Amministrazioni, tra i fini fissati dalle autorità politiche e la loro realizzazione, che dovrebbe essere assicurata dai dirigenti tramite una struttura e un funzionamento organizzativo efficace ed efficiente, ci sono di mezzo il diritto amministrativo e le norme del pubblico impiego, che impongono le medesime regole al Ministero della Pubblica Istruzione, al Comune di Pavia, Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 4 all’Ospedale di Caserta. Insomma, è quello che nel linguaggio comune si chiama burocrazia, che assume una forma a sé e che ha regole più centrate sui diritti che sui servizi. Per quanto riguarda il terzo settore, l’organizzazione è incapsulata nei propri fini, ideologie e cultura del welfare, spesso con una base religiosa. In sintesi, processi di appropriazione del capitale, politica e burocrazia, ideologia e associazionismo religioso sono spesso i vettori principali che fanno velo e condizionano le esigenze di efficacia e di efficienza delle organizzazioni. In una fase di grave crisi del sistema Paese, la proposta è di rimettere le organizzazioni sui loro piedi, far sì che producano di più e meglio con meno, con l’impegno di tutti orientato ai risultati e non alle relazioni e agli interessi. Una rivoluzione illuminista e tecnocratica? Forse sì, almeno per un po’. La proposta: nuove politiche di sviluppo, cantieri di innovazione, servizi È necessario avviare una nuova stagione di progettazione di organizzazioni private e pubbliche basata su nuovi paradigmi e che abbia l’ambizione di incidere su obiettivi rilevanti per l’economia e la società italiane: lo sviluppo territoriale, la competitività, la Pubblica Amministrazione leggera ed efficiente, l’occupabilità e la qualità della vita di lavoro, la sicurezza, la sostenibilità ambientale, la difesa sociale, nuovi modelli di consumo, l’uso sociale del web. Le dimensioni di una buona organizzazione che possono incidere in modo determinante su questi obiettivi sono molti e vanno visti in modo sistemico, attraverso la progettazione e lo sviluppo continuo dell’organizzazione: la strategia di prodotto o servizio, la strategia economica e sociale, l’ottimizzazione dei processi, l’eliminazione di attività inutili o il loro trasferimento alle tecnologie, la capacità della struttura organizzativa formale di governare le risorse e prendere decisioni, i sistemi di pianificazione e controllo, la leadership e il funzionamento dei gruppi dirigenti, l’efficienza ed efficacia delle unità organizzative operative (come stabilimenti, uffici, negozi, centri di ricerca etc.), la cooperazione dei gruppi di lavoro, il disegno dei ruoli e dei sistemi professionali che assicurino innovazione, miglioramento continuo e identità al lavoro, la cultura organizzativa, le competenze, le comunità di pratica, la gestione dei conflitti e soprattutto i sistemi di risposta all’inaspettato e i sistemi per l’innovazione, e infine l’eccellenza dei sistemi operativi (fatti di organizzazione, tecnologia e cultura) come la logistica, la qualità, la sicurezza, etc. Un’agenda per un movimento culturale e per un programma di innovazione e rigenerazione delle organizzazioni italiane La proposta che formulo per affrontare la crisi è quella di suscitare un movimento culturale, scientifico e professionale per attivare: a. programmi nazionali e regionali di policy a supporto della creazione e rivitalizzazione delle organizzazioni; b. programmi di ristrutturazione dei servizi alle imprese e alle Pubbliche Amministrazioni; c. cantieri di creazione, sviluppo, rivitalizzazione di specifiche organizzazioni e sistemi di organizzazioni, basati su nuovi modelli di management privato e pubblico. Nel prossimo paragrafo illustreremo i caratteri di tale possibile programma che veda istituzioni, strutture di servizio, imprese e parti sociali lavorare insieme sui tre livelli delle politiche, dei servizi e dell’organization design. L’idea di fondo è quella di sostenere la nascita, lo sviluppo e il consolidamento di organizzazioni in vista di obiettivi cruciali per la ripresa e la crescita dell’economia e della società italiane. Avviare, cioè, una stagione di progettazione di organizzazioni basate su nuovi paradigmi in vista di fini importanti per la nostra società, ossia organization design for… 1. Organization design for development: sviluppare territori e imprese in rete Infrastrutture fisiche (ferrovie, strade, fiumi, reti telematiche, etc.) e infrastrutture sociali (scuole, fiere, istituzioni culturali, etc.)) sono componenti di nuovi sistemi di impresa e società “crocevia di reti globali” vitali, da fare evolvere con una nuova comprensione e nuove politiche. Questo è l’oggetto del Progetto Nord (Perulli e Pichierri, 2010) che la Fondazione Irso, in collaborazione con Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 5 università, Fondazioni, Regioni, ha avviato per comprendere e potenziare le “governance funzionali” della global city-region del Nord, in materia di ricerca, istruzione, sistema portuale, Po. 2. Organization design for competitiveness: rafforzare e diffondere le esperienze delle imprese dell’Italian Way of Doing Industry L’emergente modello della Italian Way of Doing Industry (Butera e De Michelis, 2011) è costituito da imprese e sistemi di imprese di successo con caratteristiche diverse dai loro competitori internazionali; che rivelano una straordinaria aderenza ai bisogni, alla cultura, alle esperienze dei clienti; che valorizzano in modo originale risorse come finanza e tecnologia; che hanno organizzazioni design driven e customer driven basate su cooperazione, condivisione delle conoscenze, comunicazione, senso di comunità; che hanno sviluppato forme di organizzazione del lavoro e di professionalità diverse da quelle della tradizione taylor-fordista e sono caratterizzate dalla passione per la qualità e per la soddisfazione del cliente; che sono economicamente e socialmente rimarchevoli e spesso sono fondate anche su forti valori. Sono stati da poco avviati programmi nazionali e regionali per lo sviluppo di reti di impresa. È stato avviato un programma federativo di ricerca-intervento fra diversi centri di ricerca universitari, istituzionali e aziendali per mettere in comune i risultati di ricerca sui modi di produrre in Italia e per formulare concrete proposte sui servizi necessari al sistema economico italiano. È ancora molto poco rispetto alla magnitudo del cambio di modello produttivo nazionale e internazionale che si profila. 3. Organization design for costs and services: cambiare le singole Pubbliche Amministrazioni L’idea di progetti nazionali per promuovere cantieri di gestione strutturale del cambiamento di singole Pubbliche Amministrazioni, come nei casi americano e inglese, potrebbe generare un numero ancora più elevato di progetti virtuosi (Butera e Dente, 2009). È la base del programma americano Reinventing Government che ha attivato un gran numero di cantieri di Agenzie federali e di Amministrazioni locali. Un programma nazionale di stimolo e di regìa di riorganizzazioni localizzate in Italia non è partito e sono poche le Amministrazioni che hanno messo mano alla propria riorganizzazione. Intanto, però, si aprono cantieri sviluppati in base a specifici programmi nazionali con fondi europei gestiti dalle Regioni che attivano progetti locali di best practice. È il caso di Innovagiustizia, un progetto di riorganizzazione dei processi lavorativi e di ottimizzazione degli Uffici Giudiziari lombardi, patrocinato dalla Regione Lombardia con l’utilizzo del Fondo Sociale Europeo e che fa parte del piano nazionale Piano di diffusione delle Best Practice negli Uffici Giudiziari italiani, un programma condotto da Fondazione Politecnico, Fondazione Irso, Fondazione Alma Mater, Università Bocconi, Lattanzio e Associati, Ernst & Young. 4. Organization design for employability and quality of working life: progettare e sviluppare mestieri della conoscenza e professioni “a banda larga” (broad profession) L’emergenza occupazione può essere fronteggiata a fondo attraverso un percorso di enterprise e job creation di tipo nuovo, attivando un percorso virtuoso per riorganizzare le imprese, le Amministrazioni, il no profit, ripensando all’organizzazione del lavoro mettendo al centro il lavoro come forza produttiva per innalzare di ordini di grandezza produttività e innovatività. Ciò implica assegnare alle persone (giovani e anziani) professioni frugali in cui si misurino non solo con l’apparato cognitivo ma con il sistema delle esperienze fisiche, sociali e relazionali che tradizionalmente sono associate al lavoro; collocare le persone entro percorsi di broad profession che sono materia di identità sociale, formazione, regolazione (come le professioni sociali e le professioni della relazione che abbiamo studiato insieme alle professioni dell’ICT, del management intermedio, etc. (Butera e Di Guardo, 2010; Cinti, 2010; Di Guardo e Morici, 2012 in corso di stampa); riconciliare così organizzazioni e professioni di terza generazione. In questo modo, il progetto organizzativo si incontra con nuovi sistemi di regolazione professionale, come è stato nel caso delle Isole dell’Olivetti o di Google. Questo schema è evocato da molti progetti finanziati dal FSE, ma raramente realizzati davvero. 5. Organization design for safety: sviluppare organizzazioni ad alta affidabilità per la gestione dell’inaspettato, la prevenzione dei grandi rischi e la gestione delle emergenze Vi sono organizzazioni che operano in condizioni estreme, come ad esempio il sistema del traffico aereo, l’aviazione, le missioni spaziali, la Formula Uno, le squadre di soccorso, le unità Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 6 d’emergenza degli ospedali, etc. Queste organizzazioni incontrano un numero elevato e continuo di eventi inaspettati perché le loro tecnologie sono complesse così come le loro strutture organizzative, e perché le persone che vi lavorano hanno una comprensione incompleta dei loro sistemi e di ciò che incontreranno. Le norme sulla sicurezza in Italia sono allineate a quelle di altri Paesi. Quello che manca, in molti casi, è l’educazione al rispetto delle regole, la cultura della sicurezza e della cooperazione di fronte agli eventi avversi, l’etica della sicurezza come caratteristiche dell’organizzazione. Il ruolo principale lo giocano, però, i singoli sistemi organizzativi e i loro manager che, in modo aderente al proprio contesto, possono sviluppare processi e strutture orientate all’alta affidabilità e hanno una pratica manageriale e operativa in grado di preservare la capacità di vedere i segnali deboli e di dare forti e tempestive risposte a questi segnali. I cantieri di progettazione e sviluppo di nuovi sistemi complessi – come ferrovie, aeroporti, edifici complessi ed altri –, e soprattutto la loro gestione, dovrebbero essere condotti puntando ad un alto livello di affidabilità organizzativa e alla formazione manageriale, costruendo High Reliability Organization (HRO) di cui esistono esempi ottimi all’estero e anche in Italia. Occorre imparare da loro, diffondendone le best practice a contesti meno severi che di una elevata affidabilità hanno bisogno. 6. Organization design for environment: promuovere organizzazioni ecosostenibili e capaci di risparmio energetico L’inquinamento, il degrado ambientale e l’esaurimento delle risorse energetiche sono un pericolo attuale per il pianeta e per l’Italia, un Paese molto industrializzato e ad alta densità di popolazione. Le soluzioni verranno non solo dalle nuove tecnologie di energie rinnovabili, dai modi diversi di progettare i processi produttivi e gli edifici industriali e civili, ma soprattutto da un modo diverso dei cittadini e delle organizzazioni di dotarsi di fonti di energia e di selezionarle, di consumare energia, di gestire i rifiuti, etc. Insomma, tecnologie, organizzazione e comportamenti dovranno convergere. Esperienze positive di industrie a bassa emissione, di programmi di risparmio energetico, di case e quartieri ecologici, di programmi di gestione avanzata dei rifiuti, di sviluppo di comunità ad impatto zero coinvolgono i decisori politici e industriali e le popolazioni, attraverso esercizi di democrazia deliberativa (F.M. Butera, 2007). 7. Organization design for social defence: rafforzare le organizzazioni per la difesa sociale La criminalità organizzata schiaccia molte regioni del Paese e inquina il resto. Mafia, ’ndrangheta, camorra, sono organizzazioni complesse di grande e nefasta efficienza ed efficacia, con giro di affari, profitti, connessioni internazionali maggiori delle nostri migliori imprese. L’evasione fiscale è una delle peggiori malattie del nostro sistema economico e sociale che ha effetti gravissimi sul fabbisogno dello Stato, costretto così a far pagare agli onesti quello che i disonesti evadono. Questi gravi problemi di difesa sociale delle persone e delle imprese solleva, in primo luogo, problemi di volontà politica e di legislazione per combattere la criminalità organizzata e i fenomeni di violazione di massa di leggi e regolamenti. Ma non è mai sufficientemente evidenziato il fatto che i maggiori successi in questa lotta sono stati ottenuti da Uffici Giudiziari coraggiosi ed efficienti, da strutture di Pubblica Sicurezza di grande qualità, da associazioni di contrasto alle attività criminali, da giornalisti e scrittori capaci, da istituzioni culturali civilmente impegnate, da scuole con forte capacità educante, anche in situazioni in cui le risorse erano scarse e gli ostacoli formidabili: ossia, una rete di organizzazioni e di professionisti capaci di eccellenza e di cooperazione, anche su scala internazionale. Un’area cruciale di politiche e progetti organizzativi è quella che si pone l’obiettivo di comprendere l’organizzazione criminale (come seppe fare Falcone scoprendo l’organizzazione di Cosa Nostra e attaccandola), rendere visibili la struttura e la cultura di questa rete di difesa sociale e potenziarle con progetti concreti sui singoli nodi della rete e sui flussi informativi e decisionali che li legano. 8. Organization design for the new consumer: inventare organizzazioni per nuovi modelli di consumo Organizzazioni per la produzione ecosostenibile, per il consumo e la distribuzione solidale sono alcuni dei termini che registrano nuove relazioni fra produzione di beni e servizi e consumo. I nuovi modelli non devono essere inventati da zero, ma possono svilupparsi da buone esperienze che la crisi sta evidenziando e moltiplicando. Essi richiedono organizzazioni e professioni nuove e un nuovo approccio al mercato (Fabris, 2008): le imprese dovranno fare prodotti nuovi, le forme Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 7 della promozione commerciale dovranno cambiare, il sistema distributivo dovrà essere profondamente ripensato, una nuova cultura del consumo dovrà essere sviluppata, un nuovo ruolo della scuola dovrà essere concepito. Che organizzazioni di produzioni di beni e servizi si svilupperanno? E che cosa sarà della grande e piccola distribuzione? E del sistema dei trasporti entro una cultura a chilometro zero? 9. Organization design for web 2.0: moltiplicare e valorizzare le reti di organizzazioni e di professioni supportate da tecnologie ICT e web 2.0 La diffusione dei social network, l’impiego sofisticato dell’Information and Communication Technology, l’irrompere pervasivo dalle tecnologie web 2.0 cambiano il modo di gestire i processi organizzativi nelle imprese e nelle Pubbliche Amministrazioni, cambiando i modi di fare Ricerca e Sviluppo, produzione, vendite, amministrazione. Si sviluppano, così, organizzazioni basate su cooperazione autoregolata, condivisione piena della conoscenza, comunicazioni estese, comunità, contaminando lavoro e vita. Il web ci insegna le condizioni di base della partecipazione attraverso communities e cioè l’apertura all’interno e all’esterno (open) contro la chiusura, la libertà di pensare ed agire (free) contro i vincoli, la parità dei partecipanti (peer) contro le strutture gerarchiche che bloccano la creatività (Lamborghini, 2010). Un movimento per attivare un programma interistituzionale per l’innovazione e rigenerazione delle organizzazioni italiane Ogni impresa segue la sua strada e usa le sue risorse. Ma sono possibili programmi che, in modo efficiente e trasparente, supportino la nascita e lo sviluppo delle imprese operando a due livelli: (a) a livello di sistema Paese e (b) a livello dei singoli sistemi di organizzazione? La risposta è positiva. Non occorre un nuovo grande programma affidato ad un improbabile “principe” che ne faccia il proprio programma governo. Basta portare a unità le molte iniziative disperse oggi già attivate dal governo nazionale, dai governi regionali, dalle associazioni imprenditoriali, dalle università e dai centri di ricerca, dalle società di informatica e di consulenza. Basta far emergere l’incalcolabile patrimonio di esperienze, best case, progetti in corso nei sistemi di organizzazioni private e pubbliche. Nessuno da solo può farlo, ma una convergenza di soggetti che concordino su fini e mezzi può riuscire. a. A livello di sistema Paese, facciamo riferimento a programmi e progetti interistituzionali e collaborativi. 1. Politiche pubbliche tese a migliorare i fattori contestuali per lo sviluppo delle organizzazioni, ossia la promozione di risorse, beni comuni, infrastrutture. Ciò dovrebbe essere sostenuto da programmi di ricerche e studi policy oriented, chiamando a collaborare fra loro istituzioni, imprese, università, centri di ricerca, associazioni imprenditoriali, sistemi di imprese, media. Occorrerebbe fondare qualcosa di simile all’Italian Institute of Technology (IIT) di Genova per l’organizzazione, ma non è tempo di nuovi investimenti. Basterebbe aumentare la visibilità, la trasparenza e il monitoraggio dei tanti programmi di sostegno alle imprese e alle organizzazioni condotti a livello nazionale e regionale come avviene in Germania, Francia e Danimarca; rafforzare i legami fra i programmi di ricerca in atto nelle università, anche in vista di un accesso consistente al programma europeo Horizon 2020 come fa da tempo, per esempio, il Fraunhofer Institute, collegato a istituzioni e imprese tedesche; fare in modo che le università e le scuole superiori di ogni facoltà potenzino l’orientamento alla professionalizzazione e al sostegno delle imprese prendendo ad esempio le esperienze migliori dei Politecnici italiani, della Bocconi, dell’IFTS e di moltissimi altri; utilizzare i Fondi Sociali Europei e i Fondi Interprofessionali per fare sviluppo organizzativo, insieme, delle strutture e delle persone, e molto altro ancora. È possibile pensare, infine, di costituire una Consulta integerrima e ad altissimo livello di statisti, imprenditori “olivettiani”, studiosi internazionali, che con una interna divisione del lavoro formuli un master plan condiviso e monitorato da governo, parti sociali, università (una sorta di Commissione Attali per l’innovazione organizzativa, ma con raccomandazioni più operative?). Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 8 2. Programmi nazionali e regionali per promuovere servizi nel campo dell’economia, dell’organizzazione, della tecnologia, delle risorse umane (dalle società di ICT, agli istituti di credito, alle società di consulenza, ai centri di formazione, etc.), suscitando un rinnovato impegno di strutture professionali sul piano culturale, tecnico ed etico. Le società di informatica dovrebbero diventare più capaci di personalizzare i loro servizi; le società di consulenza dovrebbero innalzare il loro livello di qualità e di centratura sul cliente; gli istituti di credito dovrebbero davvero offrire consulenza oltre che risorse finanziaria; i centri di formazione dovrebbero trovare nuovi modelli economici e prestazionali per lavorare con le Pmi e con le piccole Pubbliche Amministrazioni. Questo è un compito di promozione e di riorientamento delle Associazioni di categoria, che dovrebbero collaborare con le Pubbliche Amministrazioni per assicurare correttezza delle gare pubbliche e il contrasto ai cartelli. 3. Programmi nazionali e regionali di sostegno alla nascita e rigenerazione delle organizzazioni Attivare e sostenere cantieri che abbiano per oggetto nascita, rivitalizzazione e sviluppo di specifiche imprese, di reti organizzative, di distretti. In questi cantieri si dovrebbero realizzare progetti esemplari, attività di diffusione di best practice, creazione e comunicazione di nuove culture e metodi di direzione e di gestione: soprattutto, risultati tangibili. I cantieri, oggetto dell’autonoma iniziativa di imprenditori e dirigenti, non dovrebbero ricevere sovvenzioni, ma essere supportati da adeguati servizi pubblici e privati offerti dalle università e dalle società di consulenza e tecnologia. Il MIT si vanta di essere il 17° Paese del mondo, perché genera e aiuta lo sviluppo di impresa su una dimensione superiore al Pil delle nazioni dal 18° posto in giù; attivare e sostenere cantieri per riconoscere e promuovere professioni estese entro cui le persone possano muoversi senza perdere la loro identità Vi sono programmi in atto anche nel nostro Paese, che il Ministero del Lavoro e gli Assessorati al Lavoro e alla Formazione professionale dovrebbero monitorare e rivitalizzare, facendo piazza pulita dalle attività inutili o dannose (Butera e Di Guardo, 2010); aprire uno o più programmi nazionali e regionali di riorganizzazione delle Amministrazioni: promuovere, animare, supportare e diffondere progetti esemplari di riorganizzazione di singoli “pezzi” delle Amministrazioni dello Stato, che ottengano simultaneamente in tempi brevi miglioramenti non incrementali: di efficienza (riduzione dei costi e aumento della produttività), di efficacia (miglioramento delle politiche e dei servizi), di qualità (soddisfazione dei clienti), di relazioni con il contesto economico e sociale, come è avvenuto con i programmi Reinventing Government di Clinton e Gore e Next Steps inglese (Butera e Dente, 2009). L’attivazione di cantieri per lo sviluppo di progetti esemplari va considerato il baricentro dell’intero programma. Essi, da una parte, forniscono dati per disegnare meglio le politiche industriali, territoriali e del lavoro e della formazione e, dall’altra, costituiscono casi concreti, best practice, narrazioni che contagino, che mostrino non solo il cosa, ma anche il come si fa, che diffondano una nuova immagine delle organizzazioni e del lavoro. Il cantiere, soprattutto, consente di attivare cooperazione e cambiamento culturale nelle persone. Il cambiamento è un percorso progettuale e non solo negoziale, e impone una logica propositiva che conduce soggetti con visioni, culture, interessi diversi a operare in vista di obiettivi condivisi, ad affrontare insieme le difficoltà del percorso e a cercare insieme le soluzioni ai problemi e le innovazioni. Un programma nazionale o regionale di animazione del cambiamento, infine, consente di dare senso, diffondere, comunicare i risultati e i metodi dei cambiamenti realizzati, superando così l’alternativa tra un approccio globale dall’alto – che non riesce ad attivare cambiamenti effettivi – e un approccio dal basso – basato sulla sopravvalutazione delle best practice e sulla eccessiva fiducia nella capacità di tutte le organizzazioni di autoriformarsi. Occorrerà soprattutto: studiare: aggregare in grandi progetti di ricerca, anche finanziati da fondi comunitari, università e centri studi, al fine di progettare le soluzioni e i metodi per sviluppare le aree di innovazione; Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 9 comunicare: ricerca e media dovrebbero descrivere, narrare, diffondere le storie di queste nuove organizzazioni e delle nuove forme del lavoro; attivare le persone sulla rete rendendo visibili i siti, i blog, le conversazioni, oggi dispersi sui social network in cui giovani in attesa di lavoro, lavoratori, manager privati e pubblici raccontano le loro storie, le loro esperienze, i loro progetti, costituendo così una comunità di innovatori con l’ausilio di social media, come quelli ormai largamente impiegati nel CRM o nel Marketing; portare l’impresa (privata e pubblica) e il lavoro a scuola e la scuola nell’impresa e nel lavoro: rendere fruibili agli studenti di ogni ordine e grado le culture delle imprese migliori. Fare dell’impresa un’istituzione che insegna non solo attraverso i suoi prodotti e i suoi processi, ma che diventa un centro motore di cultura (Dioguardi, 2010). b. A livello dei singoli sistemi organizzativi privati e pubblici, la proposta è quella di raggiungere risultati di classe internazionale attraverso il consolidamento e lo sviluppo dei modelli di leadership, di organizzazione e di cambiamento delle singole organizzazioni e dei singoli sistemi di organizzazione che esistono già e che noi abbiamo rilevato nello studio dell’Italian Way of Doing Industry e delle innovazioni in corso nelle migliori Pubbliche Amministrazioni. È un compito affidato all’autonomia degli imprenditori e dei dirigenti, affinché sviluppino e diffondano un nuovo modello di management privato e pubblico ed efficaci metodi di innovazione e cambiamento organizzativo. Essi dovranno essere aiutati in ciò dalle università, dalle scuole di management, dalla consulenza, dai media, che dovranno però abbandonare l’attitudine ad insegnare cose apprese oltreoceano per estrarre, dalle esperienze di successo delle organizzazioni italiane, soluzioni, metodi, culture generalizzabili. I temi di questo rinnovamento organizzativo realizzati attraverso una moltiplicazione di casi di successo, di best practice, sono due: nuovi princìpi basati su casi di successo, nuovi metodi per l’innovazione e il cambiamento. Alla luce delle ricerche di cui oggi disponiamo sull’Italian Way of Doing Industry e sulle migliori Pubbliche Amministrazioni, dieci sono i princìpi cardine che le altre organizzazioni dovrebbero perseguire: operare come nodi vitali entro reti e piattaforme produttive; generare strategie di innovazione a 360 gradi; gestire l’inaspettato; innovare e cambiare rapidamente prodotti e servizi e, insieme, le proprie capacità organizzative, ossia strutture, processi e culture; generare energia diffusa; far avvenire davvero le cose; conciliare interessi e visioni diversi; armonizzare risultati economici, tecnici e sociali; valorizzare le potenzialità di innovazione e cambiamento possedute dalle persone; generare occupazione che crei valore alle organizzazioni e offra alle persone reddito e lavoro da cui apprendere. Il tema dei metodi va centrato su come ritrovare un nuovo rapporto fra strategie e organizzazione. È facile immaginare strategie innovative, è facile progettare e realizzare buone operation; più difficile è fare in modo che le strategie si realizzino. È il complesso percorso della gestione del cambiamento: occorre fare in modo che la strategia stessa sia effettivamente realizzata, verificata e migliorata, e occorre produrre agenti di cambiamento in grado di guidare e sviluppare cambiamenti sul lungo periodo. Perché parliamo di un movimento? Perché un tale programma, per essere concepito e realizzato, deve essere sostenuto da una forte tensione culturale ed etica, deve essere condiviso dalle persone, deve essere ampiamente comunicato. Esso richiede innanzitutto di rimettere al centro dell’intero programma l’orientamento ai risultati economici e sociali delle organizzazioni, la cultura, il lavoro ben fatto, la professionalità, il merito, l’integrità, la responsabilità sociale, la qualità della vita, i valori. È necessario un percorso energico che contrasti risolutamente l’impoverimento del lavoro e dei lavoratori, l’occupazione delle organizzazioni da parte di clan e sistemi di potere, la corruzione, l’iniquità sociale. Un movimento che veda protagonisti l’imprenditoria più capace e responsabile, i più professionali e integri fra manager e civil servant, i membri di un rinnovato modo di fare politica. Un movimento, soprattutto, che sia compreso e che generi partecipazione da parte dei giovani, anche attraverso l’impiego dei social network. Un movimento che trovi sostegno da parte delle autorità morali e intellettuali del Paese. Alla base ci sono tre semplici idee antiche ma umiliate dai molti Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 10 responsabili della crisi in atto: il lavoro come fonte della ricchezza del Paese e dell’identità delle persone e non come merce; l’impresa come istituzione economica e sociale e non come pedina di scacchieri finanziari o politici; le Pubbliche Amministrazioni come servizio per la comunità e non come grumi di burocrazia costosa e arrogante. Subordinare il potere e gli interessi alla realizzazione di organizzazioni e lavori eccellenti è un’utopia? No, i casi eccellenti che abbiamo evocato rappresentano esempi robusti in questa direzione. PS. Ma un movimento quale quello appena accennato, potrebbe essere adottato da chi compete nell’agone politico e opera entro tempi brevi? Credo proprio di sì. Non voglio fare nomi italiani contemporanei. Ricordo che Alcide De Gasperi guidò il miracolo economico italiano sostenendo con vari programmi di respiro internazionale lo sviluppo delle grandi imprese private e a partecipazione statale, e che Al Gore, dedicatosi a guidare il programma di riorganizzazione delle Pubbliche Amministrazioni, ha numericamente vinto le elezioni presidenziali americane, pur senza diventare il Presidente. PPS. L’innovazione organizzativa del dopoguerra fu guidata da nomi come Enrico Mattei, Pasquale Saraceno, Oscar Sinigaglia, Adriano Olivetti, Alberto Pirelli, Gaetano Marzotto, Vittorio Valletta, Agostino Rocca, Guido Carli, Raffaele Mattioli, Enrico Cuccia, Ugo La Malfa, Giorgio Napolitano, Carlo Azeglio Ciampi, Bruno Trentin, e da molti studiosi ed esperti. Quali nomi per l’Italia del 2013? Fondazione Irso - Piazza Giovine Italia 3 - 20123 Milano Tel. +39 02 48016162 - Fax +39 02 48016195 - www.irso.it - [email protected] 11 Riferimenti bibliografici Butera F. 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