Nella casa

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Nella casa
Salvo
di Fabio Grassadonia, Antonio Piazza
Mercoledì 2 OTTOBRE 2013 ore 21,00 - presentazione e dibattito a cura del dott. Claudio Villa
Giovedì
3 OTTOBRE 2013 ore 15,00 - presentazione e dibattito a cura del dott. Claudio Lazzeri
Drammatico - 104 minuti - Tematiche: Mafia; Metafore del nostro tempo; Potere; Solidarietà-Amore
 VINCITORE “GRAN PREMIO”– Semaine Internationale de la Critique – CANNES 2013
 VINCITORE “GRAN PREMIO”– Semaine Internationale de la Critique – CANNES 2013
Soggetto: A Palermo oggi. Salvo Mancuso è un killer di mafia tanto solitario nel carattere quanto spietato nei
modi di agire. Una mattina d'estate, impegnato a chiudere un regolamento di conti, entra nella casa di un rivale.
All'interno c'é solo Rita, giovane sorella dell'uomo che deve eliminare. Salvo se la trova di fronte, ma lei non lo
vede perché cieca dalla nascita. Percepisce però una presenza fisica e, quando arriva il fratello, cerca di
preavvertirlo. E' tutto inutile, l'uomo rimane ucciso. Sola con l'assassino, Rita gli si para davanti, Salvo preme una
mano sporca di sangue sul suo volto: gli occhi di Rita non tremano più, ora vede, e vede il killer del fratello. Nel
seguito, Salvo porta via Rita, la chiude in un vecchio capannone, la difende da chi vuole eliminarla. Restano soli,
tra cielo e terra.
Titolo originale: Salvo Nazione: Italia/Francia Anno: 2013
Cast: Saleh Bakri (Salvo Mancuso), Sara Serraiocco (Rita), Luigi Lo Cascio (Enzo Puleo), Giuditta Perriera (Mimma Puleo), Mario Pupella (boss),
Redouane Behache (picciotto), Jacopo Menicagli (picciotto).
Produzione: Massimo Cristaldi, Fabrizio Mosca per Acaba Produzioni, Cristaldi Pictures in coproduzione con Mact Productions, Cité Films, Art France
Cinema. Distribuzione: Good Films
Valutazione Pastorale CEI: Dicono i registi, esordienti: "Palermo è un mondo dove la libertà è pericolosissima,
un mondo che ha bisogno di un tiranno, di un oppressore (...) l'incontro tra i due protagonisti provoca una
frattura pericolosa, una sospensione di questo stato d'eccezione, la possibilità rischiosa della libertà". Loro lo
definiscono un "miracolo, di cui un mondo così fatto avrebbe più bisogno e ha più timore". Si può dire che l'idea
di 'miracolo' é più impegnativa, forse é applicata con qualche rapidità, ma il racconto poggia su scansioni forti,
scava nel vuoto dei valori e azzarda la scommessa di riempirli con provocazioni incisive di sentimenti impensati,
di sensazioni inattese. Calato in un cromatismo fotografico livido e angoscioso, lo scenario scandisce il
progressivo passaggio di atteggiamento, l'affiorare di dubbi e desideri dentro modi di secolare immobilismo.
E' coraggiosa la scelta di uno sguardo fatto di profondità e sospensione del tempo: poche parole, molti silenzi,
le azioni concitate collocate fuori campo, affidate a rumori e voci strozzate. La rivoluzione interiore dei
protagonisti è momento troppo intimo e personale per essere esteriorizzato, sporcato, involgarito.
Rita e Salvo come metafora di una nuova vita.
Appuntamento al 9/10/11ottobre con
Nella casa
di Francois Ozon
Critica
"II vero successo italiano a Cannes, nell'edizione 2013, è questa opera prima a due firme coprodotta con la Francia. Tra
poliziesco, storia d'amore, western e dramma sociale, un film quasi senza parole (le battute di dialogo si contano sulle
dita) ma che parla il linguaggio del cinema: comincia con una semi-soggettiva di venti minuti - tanti ne passano prima che il
volto del protagonista ci sia svelato - e prosegue con inquadrature accuratissime (la fotografia è di Daniele Ciprì), rumori
d'ambiente importanti quanto le immagini, ellissi e reticenze non indegni del cinema di Jean-Pierre Melville."
(Roberto Nepoti, 'La Repubblica', 27 giugno 2013)
"Una coppia di giovani palermitani col desiderio di fare un film, allenati dal lavoro su sceneggiature e progetti altrui,
vince il Solinas con una storia di mafia che piace a due produttori, tra cui Fabrizio Mosca (sì, il produttore de 'I cento
passi'), trova interlocutori nazionali (il Torino FilmLab) e internazionali (tra gli altri Arte), riesce a girare il film che arriva a
Cannes, nel cartellone della Semaine de la Critique, senza distribuzione conquista il Gran Prix. La critica di tendenza
d'oltralpe impazzisce, 'Libération' in testa, e sì che verso il cinema italiano sulla Croisette non sono mai troppo teneri (non è
solo Sorrentino che mal digeriscono). (...) Salvo non è un film “di” mafia, magari è un film dentro la mafia o con la mafia,
senza riferimenti cinefili o di citazione del genere. Non siamo nel 'Padrino' o in 'Good Fellas', Grassadonia e Piazza
provano a ricreare l'universo mafioso fuori da questi codici, affidandolo a una partitura sonora costruita sui rumori degli
ambienti, e alla performance più che alle psicologie dei protagonisti, i cui corpi attraversano spazi fisici e emotivi interni e
esterni. Saleh Bakri, un po' Schwarzenegger e moltissimo il padre, il grande attore palestinese Mohamed Bakri, che al
mondo e ai malavitosi oppone una sola rigida espressione, e Sara Serraiocco, che forse esagera un po' nello strabuzzare
occhi e mani quando recita la cieca, nel corpo a corpo invisibile in piano sequenza col killer. Entrambi animaleschi, senza
parole, solo un sentirsi reciproco di paura, diffidenza e attrazione che li fa esplodere dall'interno. Intorno a questo nucleo i
registi costruiscono la loro trama, orchestrata dal montaggio di Desideria Rayner, che procede per sottrazione. Una
Palermo anonima e volutamente straniata, di cui la fotografia (molto felice) di Daniele Ciprì illumina i lati degradati e
marginali, quasi un paesaggio da western all'italiana (quello che piace a Tarantino), fiabesco e surreale. Come il teatrino
familiare, di complicità ribelle maschia-omoerotica tra Salvo e il suo padrone di casa, marito silenzioso e succube (Luigi Lo
Lascio) di una donna (l'unica altra presenza femminile in quell'universo di uomini) megera. Dalla violenza al miracolo,
passando per il melò d'autore di un amore inconfessabile, la scommessa dei registi è quella di spostare l'iconografia
“mafiosa”, e il racconto della realtà, su un altro piano, dove dal gesto eclatante (lo hanno definito anche “l'anti-Gomorra”)
si passa al quotidiano di complicità e accettazione, di piccoli favori e ipocrisie, di occhi che non vedono come quelli di Rita
perché non vogliono vedere, e se vedono finisce il mondo. E' la realtà, attuale, dentro e fuori lo schermo, conflitto di sussulti
e di consapevolezze necessarie, che molto dice sul mondo a cui i due registi fanno riferimento, assai poco letterario, e così
“vero” nella sua dimensione magica. Mare e cielo qui non hanno niente di poetico, sono inquinati come le apocalissi che
Ciprì ai tempi di Cinico tv distillava nelle immagini di un'umanità non più umana, post apocalittica forse, o sopra la quale
l'apocalisse era passata nell'indifferenza e nell'apatia. Lì però c'era un fondo disperato e viscerale che qui si ha
l'impressione che manchi. Non solo per impacci narrativi o di messinscena, che anzi sono vitali in un “oggetto” eccentrico
come è questo nel nostro cinema. 'Salvo' sembra rispondere alle logiche «artie» che da qualche tempo indirizzano il
cinema indipendente mondiale sviluppato nei FilmLab del mondo (spesso curati dalle stesse persone). Che, appunto, è un
bene abbia trovato qualcuno capace di farne uso anche in Italia, ma che rischia di diventare a sua volta una formula
troppo di stile nelle imperfezioni." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 27 giugno 2013)
Piazza e Grassadonia, i due registi-sceneggiatori, non sono due pensosi intellettuali, ma due cinefili che hanno riversato nel
film tutti i loro amori. Il film comincia con una sequenza d'azione che potrebbe essere uscita da una delle tante 'Piovre', o
da un poliziesco di John Woo; prosegue con un tono da realismo magico, ha momenti di commedia grottesca e finisce con
uno “showdown” alla Sergio Leone. Troppa roba? Forse. Se 'Salvo' ha un difetto, è la discontinuità: ma le tante anime che
in esso coesistono sono altrettante scommesse stilistiche che alla fine Piazza e Grassadonia riescono a chiudere, e quindi a
vincere. Il titolo è bello perché ambiguo: “Salvo” è un nome, ma è anche un aggettivo e, volendo, un verbo (prima persona
singolare di “salvare”). Salvo è un killer di mafia che in un certo senso “salva” Rita, la sorella delle sue vittime, e quindi
rende “salvo” anche se stesso. (...) Film sulla mafia fuori da ogni cliché, magari imperfetto ma estremamente vivo e
stimolante." (Alberto Crespi, 'L'Unità', 27 giugno 2013)