responsabilità degli amministratori e dei sindaci di società
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responsabilità degli amministratori e dei sindaci di società
Tuttavia, detto criterio è applicato nell’ipotesi in cui manchino o siano completamente inattendibili le scritture contabili; in questo caso, infatti, il danno non è specificamente determinabile, ma non lo è per fatto e colpa degli amministratori, che, quindi, rimangono gravati dell’onere di provare che il danno è diverso e minore rispetto allo sbilancio attivo-passivo fallimentare: Altra ipotesi di applicazione è quella in cui il dissesto (inteso come la grave insufficienza patrimoniale che avrebbe determinato senz’altro l’obbligo della dichiarazione di insolvenza) sia stato causato direttamente da comportamenti colposi degli amministratori. • DIFFERENZA DEI NETTI PATRIMONIALI (C.D. PERDITA INCREMENTALE) Criterio di valutazione utilizzabile in presenza di situazioni di prosecuzione dell’attività di impresa per un periodo di tempo considerevole, con conseguente difficoltà di ricostruire ex post le singole operazioni non conservative e di collegare ad esse un danno al netto dell’eventuale ricavo. Il criterio è comunque equitativo e va sempre giustificato il suo utilizzo. Esso consiste nella differenza tra il patrimonio netto della società al momento del verificarsi della causa di scioglimento della società ed il patrimonio netto di quest’ultima al momento della messa in liquidazione (o della sentenza dichiarativa di fallimento, se non preceduta da fase di liquidazione). Il criterio dei netti patrimoniali agevola l’apprezzamento dell’effettiva diminuzione patrimoniale della società (dunque, appunto, il danno per la società e per i creditori) intervenuta a causa della ritardata liquidazione. Naturalmente si dovrà individuare correttamente il primo termine di paragone, che sarà il bilancio a partire dal quale la società ha perso il capitale sociale. Detto capitale viene ricostituito all’epoca in cui la società andava posta in liquidazione. Devono essere anche confrontate anche situazioni patrimoniali omogenee, essendo sbagliato ed illogico comparare il risultato di bilanci redatti sul presupposto della continuità aziendale e bilanci redatti sul presupposto di attività liquidatoria. Le rettifiche di funzionamento operate sul primo bilancio vanno ripetute anche sul secondo bilancio posto in comparazione. Solo in questo modo è possibile individuare un depauperamento del patrimonio ragionevolmente imputabile. Infine, ovviamente, qualora nel corso della gestione sociale, si siano succeduti più amministratori (e/o sindaci) in periodi diversi, occorrerà stabilire l’incremento di deficit creatosi nel periodo in cui ciascuno ha ricoperto la carica, poiché solo per quel periodo ciascuno risponde. *** La responsabilità solidale degli amministratori e del collegio sindacale è correntemente ricercata sotto il profilo del diritto penale dalla magistratura, relativamente a reati quali il falso in bilancio e scritture contabili, dichiarazioni inesatte alle autorità di controllo, appropriazione indebita, ecc.. Sotto il profilo civile, liquidatori, commissari e curatori ricercano quasi sistematicamente la responsabilità congiunta dell’organo amministrativo e di controllo al fine di ottenere un risarcimento diretto che costituirà un attivo della procedura da ripartire tra tutti i creditori della società. Avv. Françoise Marie Plantade Avv. Francesco Maria Avelli RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI E DEI SINDACI DI SOCIETÀ VIA XX SETTEMBRE, 118 - 00187 ROMA TEL. +39 06.47825609 - FAX +39 06.4789630396 [email protected] www.agathemis-studiolegaleassociato.it Nell’attuale ordinamento giuridico appare di estremo interesse la problematica riguardante la responsabilità degli amministratori e dei sindaci, in quanto: A) le azioni di responsabilità per danni, previste dagli artt. 2392-2395 c.c., costituiscono il rimedio più efficace contro gli abusi dei vasti poteri gestori conferiti agli amministratori di società e garantiscono così una valida tutela degli interessi a rischio, non solo della società amministrata, ma anche dei creditori sociali, dei singoli soci e dei terzi; B) il tema della responsabilità del collegio sindacale, ovverosia una responsabilità da controllo, è caratterizzato da una certa sproporzione tra la limitatezza dei poteri di azione e di reazione di cui il sindaco dispone per svolgere la sua funzione di vigilanza sulla gestione e la legalità, e l’ampiezza delle responsabilità cui si espone nel caso in cui la società, i creditori sociali e i terzi siano danneggiati da comportamenti illegittimi degli amministratori sfuggiti al controllo dei sindaci (cfr.: art. 2407 c.c., nonché artt. 2393, 2393 bis, 2394, 2394 bis e 2395 c.c.). I. RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI Gli Amministratori rispondono civilmente del loro operato (in estrema sintesi): 1) verso la società, per l’inadempimento di obblighi imposti dalla legge o dal contratto sociale: violazione dei doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto in assenza della diligenza professionale richiesta (art. 1176, co. 2, c.c.), con conseguente responsabilità contrattuale (art. 2392 c.c.) e possibile azione sociale di responsabilità promossa in seguito a deliberazione dell’assemblea o del collegio sindacale (art. 2393 c.c.) oppure esercitata dai soci di minoranza (art. 2393 bis c.c.); 2) verso i creditori sociali, per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale: solo se le perdite non si sarebbero verificate qualora gli amministratori avessero rettamente adempiuto i loro doveri e il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti (art. 2394 c.c.); 3) verso i singoli soci e terzi non creditori direttamente danneggiati per dolo o colpa: responsabilità extracontrattuale per i danni patrimoniali direttamente arrecati ai predetti soggetti nell’esercizio delle loro funzioni (art. 2395 c.c.). II. RESPONSABILITÀ DEI SINDACI Il Collegio Sindacale, organo collegiale per natura, svolge compiti di controllo limitati (il controllo contabile può essere demandato ad un revisore esterno o ad una società di revisione) alla vigilanza: 1) sull’osservanza della legge e dello statuto; 2) sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società. La vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione implica un controllo di legalità, e quindi di legittimità sostanziale (in ordine alle scelte gestionali compiute dagli amministratori, al fine di verificare la loro conformità ai criteri di ragionevolezza e di razionalità economica, secondo una valutazione di prudenza e di diligenza) con esclusione di qualsiasi controllo di merito diretto a valutare l’opportunità e la convenienza delle scelte di gestione effettuate dagli amministratori. Una responsabilità dei sindaci postula la violazione dei doveri di vigilanza sugli stessi incombenti e l’esistenza di un nesso di causalità fra detta violazione ed il danno prodotto da quella eventuale attività illecita. L’attività vigilata corrisponde all’attività sociale nel suo com- plesso e, quindi, all’attività dell’organo amministrativo, principalmente, nonché all’attività dell’assemblea dei soci. Rispetto all’organo di amministrazione si evidenzia un controllo sul rispetto dei principi di corretta amministrazione. In particolare, il concetto di corretta amministrazione si ricollega a quello di amministrazione diligente, vale a dire di un’amministrazione svolta in modo informato e ponderato, i cui atti siano adattati nel rispetto delle regole sostanziali di funzionamento. Una responsabilità solidale del Collegio Sindacale con l’Amministratore, per i fatti e le omissioni di questo, potrà altresì configurarsi solo quando il danno causato (alla società, ai creditori sociali, ai terzi) sarebbe stato evitato se essi avessero vigilato in conformità agli obblighi della loro carica. La responsabilità dei sindaci, difatti, non è un’automatica proiezione di quella degli amministratori, dovendo sempre nascere da fatti imputabili ai sindaci medesimi. Preme, poi, precisare che la responsabilità dei sindaci per culpa in vigilando sugli amministratori (art. 2407 c.c.), logicamente e giuridicamente, postula quella degli amministratori stessi che, dunque, dovrà essere previamente provata (in quanto antecedente logico-giuridico). I sindaci non rispondono per il fatto in sé degli amministratori, ma rispondono limitatamente al danno che derivi da una violazione di uno specifico obbligo inerente la loro funzione specifica. Qualora i sindaci abbiano vigilato diligentemente e ciò nonostante il danno si sia ugualmente prodotto per l’esclusivo comportamento degli amministratori, non potrà essere ravvisata alcuna loro responsabilità. III. RESPONSABILITÀ INDIVIDUALE Il danneggiato deve provare la sussistenza del nesso causale, ai sensi della norma generale prevista dall’art. 2697 c.c. fra il comportamento dell’amministratore o del sindaco e il pregiudizio subito dalla Società. L’assenza di prova del nesso di causalità tra l’azione e/o il comportamento del sindaco revisore ed il presunto danno, dovrebbe comportare una dichiarazione di assenza di responsabilità del Collegio sindacale e/o del singolo sindaco. Più specificatamente, per la responsabilità individuale del professionista (tenuto a espletare l’attività professionale secondo canoni di diligenza e di perizia tecnica), accertata l’omissione di tale attività, si può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell’evento lesivo e che, di conseguenza, la condotta doverosa, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell’evento stesso. IV. PRESCRIZIONE DELL’AZIONE DI RESPONSABILITÀ CIVILE Il principio generale è rappresentato dall’art. 2935 c.c. che statuisce che la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere. • L’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori si prescrive nel termine di 5 anni dalla cessazione della carica (art. 2393, co. 3, c.c.) o dal successivo momento in cui il danno si è prodotto ed esteriorizzato. Purché gli amministratori non abbiano celato o concorso a celare il pregiudizio prodotto, nel qual caso la prescrizione è sospesa (art. 2941, n. 8, c.c.) sino a quando non sia scoperto il dolo. In ogni caso deve ritenersi applicabile il maggior termine di prescrizione decennale per i fatti che, ai sensi degli artt. 216-223 L.F, costituiscono reato. L’azione dei creditori sociali si prescrive in 5 anni dal manifestarsi dell’insufficienza del patrimonio (art. 2949, co. 2, c.c.). • L’azione di responsabilità nei confronti dei sindaci si prescrive in 5 anni; la sospensione del decorso della prescrizione finché gli amministratori sono in carica non si applica però ai sindaci e ai direttori generali, trattandosi di previsione normativa di carattere eccezionale e tassativo. V. NATURA E VALUTAZIONE DEI DANNI Conseguenza inevitabile della condotta censurabile imputabile agli amministratori e/o ai sindaci sono i danni e il pregiudizio sofferti dalla società, creditori sociali, terzi, che richiedono una giusta riparazione. v NATURA DEL DANNO: • Gli amministratori rispondono dei danni conseguenza immediata e diretta della loro condotta inadempiente. Il pregiudizio derivante da specifici atti illegittimi imputabili agli amministratori non deve, però, essere confuso con il risultato negativo della gestione patrimoniale della società. Non sempre è, poi, possibile dimostrare che in caso di corretto adempimento la società non avrebbe comunque subito il danno. Difatti l’irregolarità contabile, l’occultamento della perdita ad essa connessa e l’omissione dei provvedimenti di ricapitalizzazione necessari, in sé sono irregolarità non sufficienti a determinare una responsabilità risarcitoria a carico degli amministratori nei confronti della società qualora si dimostri che, a causa di quelle violazioni, la società medesima ha subito un danno. Anche l’irregolarità contabile e l’occultamento della perdita che ne sia derivata può solo essere invocata come presupposto dell’accertamento di uno stato di scioglimento della società, funzionale a qualificare come illecita l’attività gestionale successiva in quanto non in linea con la finalità conservativa dell’integrità del patrimonio che gli amministratori possono-devono perseguire in una prospettiva liquidatoria (ex art. 2486 c.c.), la quale potrebbe aver prodotto ulteriori perdite per la società. • Una ipotesi di responsabilità solidale del Collegio Sindacale con l’Amministratore, per i fatti e le omissioni di questo, potrà invece configurarsi solo quando il danno causato (alla società, ai creditori sociali, ai terzi) sarebbe stato evitato se essi avessero vigilato in conformità agli obblighi della loro carica. La responsabilità dei sindaci, difatti, non è un’automatica proiezione di quella degli amministratori, dovendo sempre nascere da fatti imputabili ai sindaci medesimi. v CRITERI DI LIQUIDAZIONE DEL DANNO: A fronte della speciale complessità di talune situazioni economicogestionali (anche legate alla non veridicità dei dati contabili), si può ricorrere anche a criteri equitativi di liquidazione del danno, motivando la ragione per la quale li si invoca. • DIFFERENZA ATTIVO-PASSIVO La differenza attivo-passivo che porta al fallimento consiste in uno sbilancio patrimoniale avente causa non necessariamente riconducibile ad un comportamento illegittimo dei gestori e dei controllori della società. In linea generale, dunque, il criterio c.d. di differenza attivo-passivo non è in alcun modo compatibile con la necessaria sussistenza di un nesso causale tra condotta e danno. Infatti, nelle passività sono comprese situazioni debitorie non imputabili in quanto anteriori alla individuata perdita del capitale e l’attività è condizionata anche dall’azione della curatela che può essere non tempestiva o non adeguata.