Le ultime due elezioni in Italia e la legge di Duverger
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Le ultime due elezioni in Italia e la legge di Duverger
Dipartimento di Politiche Pubbliche e Scelte Collettive – POLIS Department of Public Policy and Public Choice – POLIS Working paper n. 115 April 2008 Perché in Italia le elezioni violano la legge di Duverger? Guido Ortona UNIVERSITA’ DEL PIEMONTE ORIENTALE “Amedeo Avogadro” ALESSANDRIA Periodico mensile on-line "POLIS Working Papers" - Iscrizione n.591 del 12/05/2006 - Tribunale di Alessandria Guido Ortona Perché in Italia le elezioni violano la legge di Duverger? Riassunto Almeno quattro delle ultime cinque elezioni politiche italiane hanno dato esiti in contrasto con la cosiddetta legge di Duverger. Un semplice modello di teoria dei giochi è in grado di spiegare questo andamento. 1 1. La legge di Duverger e l'Italia. La cosiddetta legge di Duverger (Duverger, 1951) non è naturalmente una legge, bensì una regolarità empirica: e più precisamente la associazione fra un sistema elettorale maggioritario e la struttura bipartitica dell'offerta politica. Come si è detto, questa associazione è frequente nella pratica; inoltre, essa è coerente col robusti pezzi di teoria, in particolare con il teorema dell'elettore mediano (Hotelling, 1929; Black, 1948) e con la teoria spaziale di Downs (Downs, 1957). Cosa forse ancora più rilevante, essa è coerente con il buon senso: se il sistema è maggioritario, uno schieramento (per esempio "la sinistra") che si presentasse diviso propizierebbe per ciò stesso la vittoria di un altro (per esempio "la destra"), e questo dovrebbe spingere i due schieramenti ad unirsi al loro interno (in base allo stesso ragionamento, gli schieramenti saranno appunto due). Come è noto, gli italiani non amano rispettare le leggi. E questo vale anche per la legge di Duverger: essa è stata disapplicata nel corso di tre elezioni politiche sostanzialmente maggioritarie (1994, 1996 e 2001), nelle quali non si è verificata una tendenza alla riduzione del numero dei partiti (Ortona et al., 2008), mentre questa riduzione si è avuta nel 2008 con un sistema proporzionale. Come mai? In questo articolo suggerisco una possibile spiegazione. 2. Assunzioni. Supponiamo quanto segue: a) Ci sono due coalizioni, ciascuna con un partito grande e un partito piccolo. Non occorre supporre un maggior numero di partiti, in quanto ciò che vogliamo spiegare è perché i partiti minori non si fondono in quello maggiore: possiamo ragionevolmente supporre che ciò che conviene fare a un partito minore convenga anche ad eventuali altri. b) Se una coalizione compete come tale e l'altra è divisa, la prima è praticamente certa di vincere le elezioni, e quindi la seconda di perderle. c) Infine, ammettiamo che valga l'assunto di Olson (1965) che i gruppi piccoli (in questo caso i partiti piccoli) abbiano un vantaggio rispetto a quelli grandi nel caso si debba formare una coalizione, in quanto i grandi subiscono un danno maggiore se la coalizione non si forma. Questo vantaggio implica, secondo Olson, che se l'alternativa ad un accordo è la rottura della coalizione, sarà il gruppo (qui il partito) grande ad accettare le condizioni di quello piccolo, e non viceversa. 3. Il gioco di base. In base all'ultima assunzione, e usando un'altra terminologia, possiamo dire che il gruppo piccolo è leader e quello grande follower. Il problema può allora essere formalizzato come segue. In entrambe le coalizioni, il partito piccolo ha tre possibili scelte (strategie in termini tecnici), partecipare da solo (s), fare una "federazione" (o polo) con quello grande (p), entrare e sciogliersi in esso (e). Il partito grande ne ha invece due, accettare l'accordo 2 con il piccolo (a), oppure rifiutarlo (r), nel qual caso ammettiamo che (1) il piccolo e il grande litighino, (2) partecipino separati alle elezioni e (3) perdano le medesime in base all'assunzione b1. Naturalmente, la coppia di strategie che corrisponde a quanto si è effettiamente verificato in Italia nel 1994, nel 1996 e nel 2001 è (p,a), in violazione della legge di Duverger, che prescrive invece (e,a). Quanto sopra è riassunto nel gioco che segue, dove P indica il partito piccolo e G il partito grande, e dove ogni coppia di numeri in fondo indica l'utilità delle coppie di strategie, rispettivamente per P (primo numero) e per G (secondo numero): 6 indica la coppia preferita, 1 la peggiore. Queste utilità sono rappresentate da valori arbitrari, ma ciò non crea inconvenienti, in quanto ci interessa solo il loro ordine. E' invece importante notare che i guadagni sono valori attesi: il valore di una coppia di strategie sarà infatti diverso a seconda che essa sia associata alla vittoria o alla sconfitta alle elezioni2. Per esempio, nel caso di (e,a) l'utilità per il partito grande è data da Ug[(e,a)|vittoria]v+Ug[(e,a)|sconfitta](1-v) cioè dalla somma dell'utilità della vittoria avendo inglobato il partito piccolo moltiplicata per la probabilità di vincere (v) e dell'utilità della sconfitta nelle medesime condizioni, moltiplicata per la relativa probabilità. Gioco 1 P / | \ e p s / | \ / | \ / | \ | | | G G G a/ \r a/ \r a/ \r / \ / \ / \ 5,6 | 6,5 | 4,4 | 1,1 3,2 2,3 I motivi per cui supponiamo l'ordine dei guadagni che compare nel gioco sono i seguenti. Per il partito grande la cosa peggiore è (e,r): è una soluzione talmente stupida che non può non 1 2 A meno che anche l'altra coalizione non partecipi divisa; ma come vedremo questo caso è da escludersi. Stiamo semplicemente applicando a questo contesto la teoria standard dell'utilità attesa. 3 portare a tensioni interne e seri problemi. Sulla base di analoghe considerazioni di buon senso seguono (p,r), e quindi (s,r). Queste tre combinazioni di strategie implicano che i due partiti della coalizione si presentino divisi, e quindi la sconfitta alle elezioni per entrambi (assunzione b), a meno che anche l'altra coalizione non sia divisa; ma come abbiamo anticipato e vedremo questa eventualità è da escludersi. Anche (s,a) implica la sconfitta alle elezioni, ma presumibilmente è preferibile a (s,r) perchè non comporta una lotta fatricida entro lo schieramento. Le ultime due combinazioni danno una ragionevole probabilità di vincere le elezioni e ammettiamo quindi che siano preferibili a tutte queste; e naturalmente per il partito grande (e,a) è preferibile a (p,a). Per il partito piccolo la cosa migliore è analogamente (p,a), e la seconda è (e,a), dato che offrono la possibilità di vincere le elezioni mentre le altre quattro implicano la sconfitta. La terza è (s,a): se si devono perdere le elezioni, almeno si difende la propria autonomia (s) e non si litiga entro la coalizione (a). La peggiore è naturalmente (e,r) - si chiede di sciogliersi nel partito grande, e si viene rifiutati. Delle ultime due, che implicano un litigio entro la coalizione, (p,r) è presumibilmente preferibile a (s,r), in quanto consente di dare la colpa della sconfitta elettorale al partito grande in modo più credibile che non (s,r), ma è facile verificare che un'eventuale inversione dell'ordine di queste coppie non cambia il risultato. La soluzione di un gioco di questo tipo, cioè l'individuazione della coppia di strategie che sarà scelta, si basa sulla backward induction: si accetta cioè che in ogni nodo il giocatore cui spetta scegliere scelga nel modo migliore, e che l'altro giocatore lo sappia, e quindi scelga la sua strategia in base a ciò. E' allora facile verificare, risalendo dal basso, che P proporrà p, e G sarà obbligato ad accettare. 4. Una specificazione ulteriore. Tuttavia, non è mai stato dimostrato che l'assunto di Olson sul maggior potere dei partiti piccoli sia sempre valido, e ci sono anzi fondati motivi per ritenere che possa non esserlo (si veda p.e. Sandler, 1992, par. 2.4). Dobbiamo quindi accettare un'ulteriore assunzione, e cioè che i partiti piccoli possano effettivamente ricattare quelli grandi, cioè che la loro minaccia di uscire dalla coalizione qualora i partiti grandi non accettino le loro condizioni sia credibile. Come abbiamo visto, questa assunzione è ritenuta universalmente valida da Olson, e anche la letteratura seguente (cfr. Sandler, citato più sopra) ritiene che essa sia la norma. Nel caso italiano c'è una caratteristica specifica che punta in questa direzione, e cioè la normativa sui rimborsi elettorali. Un partito con il 2% dei voti può contare su un rimborso di circa 5 milioni di euro; e sappiamo dalla teoria della burocrazia, fin dai suoi inizi (Niskanen, 1968) che un burocrate tipico è normalmente interessato a massimizzare il budget di cui lui può disporre3. 3 A ciò va aggiunto che un eventuale accordo in base al quale il partito piccolo entri in quello grande in cambio di una determinata ripartizione del finanziamento non può avere valore vincolante, e quindi difficilmente potrà essere adottato. Infatti, la legge stabilisce che il finanziamento è un rimborso delle spese elettorali. Tali spese non devono essere rendicontate, e sono di norma molto inferiori 4 La credibilità della minaccia dei partiti piccoli può essere formalizzata supponendo che il partito piccolo, ma non quello grande, preferisca (s,a) e (s,r) a (e,a), che cioè preferisca correre da solo, anche a costo di perdere, piuttosto che sciogliersi nel partito grande e vincere4. In tal caso, il gioco 1 diventa il gioco 25. E' facile verificare che in esso il partito piccolo potrà ancora imporre (p,a), nonostante che il partito che propone le strategie sia ora quello grande, e quello piccolo possa solo accettare e rifiutare. Infatti, G otterrà 2 con e, 4 con s e 5 con p, e quindi proporrà appunto p. Gioco 2 G | \ p s | \ | \ | \ | | | P P P a/ \r a/ \r a/ \r / \ / \ / \ 5,2 | 6,5 | 5,4 | 1,1 3,2 4,3 / e / / / Riassumendo, abbiamo ottenuto i risultati che seguono: (a) il partito piccolo imporrà effettivamente la sua autonomia al partito grande all'interno della coalizione, purché (b) sia in grado di dire credibilmente al partito grande "se non accetti io corro da solo", condizione che (c) è ritenuta normale dalla letteratura e (d) è propiziata nel caso specifico dalla normativa vigente. 5. E se i partiti grandi corressero da soli? La situazione sarebbe diversa se i due partiti grandi potessero mettersi d'accordo per correre entrambi da soli. In tal caso, i partiti piccoli possono solo correre da soli anch'essi, e dato che il sistema è maggioritario avranno pochissimi seggi, forse nessuno; questo esito sarà naturalmente propiziato dal fatto che molti loro elettori sceglieranno il "voto utile" (più correttamente da definirsi strategico) e voteranno per il partito grande. In alternativa, possono contrattare col partito grande l'elezione di qualche loro candidato nelle sue liste. In entrambi i casi la legge di Duverger risulterà applicata6. al finanziamento ottenuto (come risulta da evidenza giornalistica). Ma un eventuale causa civile implicherebbe molto probabilmente una rendicontazione, e quindi non sarebbe interesse di nessuno proporla. 4 Infatti, se durante la contrattazione i partiti non si mettono d'accordo, a un certo punto uno dei due dovrà interrompere le trattative e minacciare di correre da solo. Se ammettiamo informazione completa, se escludiamo cioè come priva di valore generale l'ipotesi di un bluff riuscito, questa minaccia è credibile solo se il partito che la enuncia preferisce effettivamente questa soluzione a un esito non soddisfacente della trattativa. 5 Il primo numero continua ad indicare il guadagno del giocatore P. 6 Non a caso, è questo l'accordo proposto in vista delle elezioni del 2008 dal capo del maggior partito della potenziale coalizione di sinistra al suo omologo di destra, accordo ovviamente (per i motivi che vedremo) rifiutato da quest'ultimo. 5 Questo accordo non è però implementabile. Esso non può ovviamente avere valore legale, e quindi può basarsi solo sulla reciproca fiducia. Ma se un partito grande corre da solo, l'altro avrà tutto da guadagnare a correre coalizzato, dato che così facendo sarà certo di vincere le elezioni; e se il primo corre coalizzato, il secondo dovrà farlo anch'esso, a pena di perdere le elezioni. In effetti, il gioco fra i due partiti grandi (G1 e G2) che ne risulta è un classico dilemma del prigioniero, dove entrambi hanno una strategia dominante (coalizzarsi), la cui combinazione porta a un esito inefficiente. Il gioco infatti è il gioco 3, dove s sta correre da soli e c in coalizione. Gioco 3 G1 s c G2 s 3,3 1,4 c 4,1 2,2 La soluzione preferibile per ciascuno dei due è correre coalizzati se l'altro corre da solo, e la peggiore il contrario (nel primo caso si vincono le elezioni, nel secondo si perdono). Fra le due possibilità restanti sarebbe meglio correre entrambi da soli, in modo da non "pagare un prezzo" al rispettivo partito piccolo; ma come è facile vedere coalizzarsi è dominante, conviene quale che sia la scelta dell'altro, e quindi entrambi opteranno per questa strategia. La coppia di strategie risultante sarà (c,c), nonostante l'efficienza di (s,s) rispetto ad essa. 6. Conclusioni fin qui: perché è quando La legge di Duverger non funziona. Il risultato che abbiamo ottenuto è del tutto generale, non legato alla contingenza italiana. Esso suggerisce la seguente ipotesi: la legge di Duverger può non funzionare, e anzi probabilmente non funziona, se la situazione preesistente è pluripartitica. In effetti, l'associazione empirica definita dalla legge può corrispondere a tre diversi casi reali: che si sia già in un sistema maggioritario, nel qual caso la legge impedirebbe l'accesso di altri partiti; che il sistema maggioritario venga adottato per la prima elezione in un paese in cui in precedenza non si svolgevano elezioni, nel qual caso la legge farebbe sì che nascano solo due partiti; e infine che il sistema maggioritario venga adottato in un paese in precedenza proporzionale, e quindi con molti partiti. In questo caso la legge fallisce nel sotto-caso, da ritenersi normale, che uno o più partiti piccoli possano agire da leader, obbligando un partito grande al ruolo di follower. Condizione sufficiente perché ciò avvenga è che per qualsiasi motivo, eventualmente per motivi istituzionali, uno o più partiti piccoli preferiscano perdere da soli piuttosto che vincere inglobati senza sufficiente autonomia in un partito grande. 6 7. La legge di Duverger in un sistema proporzionale: le elezioni italiane del 2008. Abbiamo visto perché la riduzione del numero di partiti richiesta dalla legge di Duverger non si è prodotta nelle tre elezioni a grande prevalenza maggioritaria del 1994, del 1996 e del 2001; rimane da chiarire perché invece si è prodotta nelle elezioni proporzionali del 2008, ma non in quelle proporzionali del 2006. In effetti, il vero problema è proprio la differenza fra il 2006 e il 2008. Il premio di maggioranza che caratterizza il sistema proporzionale adottato nel 2006 mantiene anche in questo sistema lo stesso incentivo a formare coalizioni che si aveva nel sistema precedente, e quindi la discussione svolta fin qui si applica anche alle elezioni del 2006, e avrebbe dovuto applicarsi anche a quelle del 2008, come invece non è stato. Come possiamo allora spiegare che nel 2008 la coalizione di sinistra si è spezzata, senza invalidare l'analisi precedente? Come segue. Le elezioni del 2008 si sono svolte nella sostanziale certezza della vittoria della coalizione di destra. Ora, ricordiamo che i guadagni dei giochi 1 e 2 sono guadagni attesi, ottenuti cioè moltiplicando il valore intrinseco di un esito per la probabilità che esso si verifichi. Per la coalizione di sinistra i guadagni attesi connessi alla vittoria nelle elezioni diventano allora minuscoli, dato il bassissimo valore di questa probabilità; per semplicità supponiamo che si azzerino, e che in caso di sconfitta l'ordine dei guadagni sia -plausibilmente- s, p, e (cui diamo il valore 3,2, e 1 rispettivamente) per il partito piccolo ed e, s, p per quello grande. Il gioco 2 diventa allora il gioco 4, in cui tutti i guadagni corrispondono a una situazione di sconfitta7: Gioco 4 G | \ e p s / | \ / | \ / | \ | | | P P P a/ \r a/ \r a/ \r / \ / \ / \ 1,3 | 2,1 | 3,2 | 1,3 2,1 3,2 / ed è facile verificare che la strategia che dà a G il guadagno maggiore è S (che P accetterà, come in effetti si è verificato in Italia nel 2008, se ammettiamo che i due partiti preferiscano non litigare fra loro). I partiti correranno da soli, e la soglia di sbarramento, che risulterà efficace per la prima volta, sarà sufficiente a introdurre un limitato livello di accorpamento. 7 E in cui nuovamente il primo numero indica il guadagno del partito piccolo. 7 In termini correnti, dato che tanto le elezioni sono perse, al partito piccolo conviene mantenere la propria identità, e a quello grande conviene l'alleanza con il partito piccolo solo se questo accetta di sciogliersi, mentre non ha alcun senso accettare una coalizione paritaria, che imporrebbe dei limiti alla propria politica senza i vantaggi del governo. Se le cose stanno così, la semplificazione dei partiti verificatasi nelle ultime elezioni è frutto di una situazione contingente, e il suo valore teorico è limitato. Si noti comunque che il modello qui esposto riesce a spiegare perché la riduzione del numero di partiti si è verificata nel 2008 ma non nel 2006; a suffragio della sua validità. 8 Bibliografia - BLACK, D. 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(1992), Collective Action: Theory and Applications, Ann Arbor, The University of Michigan Press. 9 Recent working papers The complete list of working papers is can be found at http://polis.unipmn.it/pubbl *Economics Series 2008 n.116* **Political Theory Series ε Al.Ex Series Carla Marchese: The limits to growth then and now 2008 n.115** Guido Ortona: Perché in Italia le elezioni violano la legge di Duverger? 2008 n.114* Cinzia Di Novi: From theory to implementation of the best policy instrument to protect human health: a brief overview 2008 n.113* Cinzia Di Novi: Adverse selection in the U.S. health insurance markets: evidence from the MEPS 2008 n.112* Giovanni B. Ramello: Semiotica, diritto e mercato. Economia del marchio nel terzo millenio 2008 n.111ε Stefania Ottone and Ferruccio Ponzano: How people perceive the welfare state. A real effort experiment 2008 n.110* Daron Acemoglu, Davide Ticchi and Andrea Vindigni: A theory of military dictatorships 2008 n.109* Marcello Montefiori and Marina Resta: Social influence and neighbourhood effects in the health care market 2007 n.108* Davide Ticchi and Andrea Vindigni: War and endogenous democracy 2007 n.107* Fabio Privileggi: The cutoff policy of taxation when CRRA taxpayers differ in risk aversion coefficients and income: a proof 2007 n.106* Daniele Bondonio: La valuazione d’impatto della riforma universitaria 3+2: un’analisi empirica sui dati dell’Ufficio Statistica del MIUR 2007 n.105* Franco Amisano and Alberto Cassone: Proprietà intellettuale ed industria farmaceutica: ricerche nel campo della proprietà intellettuale dei farmaci 2007 n.104* Gianna Lotito: Resolute Choice in interaction: a qualitative experiment 2007 n.103* Daniele Bondonio: La distribuzione dei finanziamenti europei sul territorio regionale: un’analisi su micro-dati 2000-2006 2007 n.102* Stefania Ottone and Ferruccio Ponzano: Non-self-centered inequity aversion matters. A model 2007 n.101* Daniele Bondonio: Gli effetti occupazionali delle politiche di aiuto alle imprese una valutazione comparativa tra diverse modalità di agevolazione 2007 n.100* Giovanni B. Ramello: Access to vs. exclusion from knowledge: Intellectual property, efficiency and social justice 2007 n.99* Roberto Zanola: Major influences on circus attendance 2007 n.98** Corrado Malandrino: Pre-modern covenant and covenantalism in Daniel Judah Elazar's federalist elaboration 2007 n.97ε Stefania Ottone, Ferruccio Ponzano and Roberto Ricciuti: Simulating voting rule reforms for the Italian parliament. An economic perspective 2007 n.96* Albert Breton, Anthony Scott and Angela Fraschini: Explaining differences in environmental governance patterns between Canada, Italy and the United States 2007 n.95* Roberto Ricciuti: The quest for a fiscal rule: Italy, 1861-1998 2007 n.94ε Davide Biassoni: L'influenza dei sistemi elettorali nella stabilita' dei governi 2007 n.93** Joerg Luther and Domenico Francavilla: Nepal's constitutional transition 2007 n.91ε Marie-Edith Bissey and Guido Ortona: The program for the simulation of electoral systems ALEX4.1: what it does and how to use it 2007 n.90* Roberto Ricciuti: Un'analisi economica della partecipazione ai referendum abrogativi 2007 n.89* Michela Bia and Alessandra Mattei: Application of the Generalized Propensity Score. Evaluation of public contributions to Piedmont entreprises 2007 n.88* Michela Bia: The Propensity Score method in public policy evaluation: a survey 2007 n.87* Luca Mo Costabella and Alberto Martini: Valutare gli effetti indesiderati dell’istituto della mobilità sul comportamento delle imprese e dei lavoratori. 2007 n.86ε Stefania Ottone: Are people samaritans or avengers? 2007 n.85* Roberto Zanola: The dynamics of art prices: the selection corrected repeat-sales index 2006 n.84* Antonio Nicita and Giovanni B. Ramello: Property, liability and market power: the antitrust side of copyright