Il bambino, quell`oggetto da plasmare

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Il bambino, quell`oggetto da plasmare
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Il bambino, quell’oggetto da plasmare…
testimonianza raccolta da
Roberto Keller
giurista
Nel tentativo di offrire uno spunto di riflessione libera ai lettori di questo testo, ho chiesto ad un
caro amico di potere pubblicare una lettera che lui stesso mi aveva scritto tempo fa e che mi aveva
colpito. Lo ringrazio per la disponibilità dimostrata e riprendo parte del suo scritto qui di seguito
...certe volte ho pensato con invidia ai potenti della terra, persino a Dio ! In fondo, mi dicevo, cosa
hanno loro che manca a me...!?
Solo un po’ di fortuna in più: le carte della sorte sono state distribuite in modo diverso... ma, le mie
capacità, quelle non si toccano...! Io so di essere! Anzi, per assurdo possa sembrare, a volte mi
sento molto vicino a Dio, nel senso che, lui, deve essere molto simile a me...!
...poi è nato mio figlio... e allora ho capito che il potere, il grande potere del padre sul figlio, era in
me e che lui, mio figlio, il figlio nato solo grazie al mio seme, era lì: aspettava me, aspettava di
essere plasmato da me... come un vaso di argilla ancora bagnata, oggetto duttile nelle mani del
suo creatore e padrone, lui aspettava le forme che io gli avrei dato.
Sì! Naturalmente nel senso buono del termine e del suo significato, e nell’esclusivo interesse di
mio figlio, mi sentivo allora come l’antico romano, “paterfamilias”, con diritti illimitati sulla propria
discendenza...!
Grande! Grandissimo!
Sentimento generante enormi sogni e immensa soddisfazione:
avrei potuto realizzare mio figlio e mostrare al mondo le sue capacità, sicuramente notevoli, che
erano poi le mie, inespresse per fatalità fino ad allora, magari perché io non avevo avuto la fortuna
di avere un padre come il suo...! Comunque non avrei sicuramente rifatto gli errori di mio padre...!
Tutti, parenti amici, colleghi e... gli altri, avrebbero capito chi eravamo noi e, soprattutto chi vera
mente ero io...! Io, che avrei dato a mio figlio tutte quelle opportunità che non avevo mai ricevuto
dalla vita...
A mio figlio avrei fatto dono del mio sapere e lo avrei reso partecipe della mia sensibilità. Lui mi
avrebbe apprezzato, capito nel profondo e seguito come la farfalla notturna con la luce...
Lui non mi avrebbe dato frustrazioni, poiché io, suo padre, glielo avrei impedito e, con l’immenso
amore di cui solo i padri conoscono il significato vero, lo avrei guidato, giustamente severo, con
energia e sicurezza durante il suo cammino. Magari lo avrei anche punito se necessario,
comunque in modo giusto, perché... quando ci vuole, ci vuole...! E lo avrei costretto solo nelle cose
che la vita chiede, per essere come gli altri, anzi per essere dei vincenti, e quindi uomini felici...!
E così, lui mi avrebbe sempre ammirato, rispettato e, sicuramente molto amato, poiché io sono suo
padre e gli voglio molto, molto bene...
Tutto questo e tante altre cose avevo pensato con calma, mentre lui faticosamente passava dal
grembo di sua madre alla luce della sua nuova verità, e tutto questo pensavo, e molto, molto di
più, diciassette mesi dopo, nel breve volgere di un attimo, mentre un medico mi spiegava con
pedante tecnicità che, mio figlio, il mio bambino, a causa di una gravissima infezione chiamata
anche la “peste dei bambini”, sarebbe irrimediabilmente morto nel breve volgere di quattro ore...
E allora, mentre d’un tratto capivo il terribile significato del “cielo che cade in testa”, desideravo
solo dire al mio bambino, che non mi sentiva più, grazie d’esistere piccolo mio, grazie...!
Forse, quando si lotta per il nulla che diventa tutto o per il tutto che diventa nulla, quando il futuro
non c’è perché esiste solo il presente, forse, quando il sentimento cammina da solo e non ha più
corpo, tante cose cambiano e allora, ciò che sembra ...non è, e ciò che è... non sembra!
E in quei momenti cambiano tante cose, tanti modi di pensare, tante convinzioni.
Tu stai per diventare padre e, leggendo queste mie righe, mi crederai forse un po’ esaltato,
frastornato emotivamente dai fatti che mi sono capitati...
Eppure, oggi, quando guardo l’agire di certi genitori con i loro figli, quando li vedo attivi nel loro
ruolo fondamentale di guida, vedo la realizzazione di quanto anch’io prima credevo fosse normale
fare, come papà. Allora, confuso, mi chiedo: - perché non ci accorgiamo di quanto stiamo
facendo...?!
Credo che la violenza sui nostri bambini incominci ben prima di quanto ci si possa accorgere
normalmente: quante nostre azioni nel corso di una giornata, fatte con naturalezza nei loro
confronti, legittimate dalla presunta “necessità di educarli”, sono in realtà coercizioni ed espressioni
di egoismo che, una dopo l’altra, come la goccia che batte sulla testa, feriscono gravemente chi li
deve subire.
Non posso discutere su fatti e situazioni personali che comunque sono sempre molto complessi,
però credo vada detto e sottolineato che la violenza sui bambini non è tale solo quando il dolore
fisico o quello mentale causati diventano di palese evidenza per tutti.
La violenza può essere anche molto più sottile e camuffata nel silenzioso consenso, quasi
complice, di chi ci sta attorno. La violenza può travestirsi con l’abito dell’amore e giustificarsi con
risultati ritenuti essenziali per il bene di quei piccoli che, proprio perché tali, non hanno comunque
alternativa. La violenza non è solo “agire”: può anche essere silenzio, distacco o mancata
presenza, freddezza... oppure “non fare”, perché, tanto non serve...! O perché, anche noi ci siamo
passati e... guarda, non siamo poi riusciti tanto male...!
Quando ho temuto di perdere mio figlio e durante la sua lunga e dura lotta per la sopravvivenza,
credo di essere stato catapultato di forza in un mondo diverso da questo. Là qualche cosa in me è
cambiato, molto.
Mi sono perciò permesso di comunicarti, proprio in questo momento importante per te, con tutta
l’umiltà possibile, queste mie riflessioni.
Oggi io ammiro, rispetto e amo molto mio figlio, poiché ho la possibilità di essere suo padre...!