NPL, sofferenze e forborne nel segmento SME

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NPL, sofferenze e forborne nel segmento SME
ISSN 1972 - 7216
EXECUTIVE SUMMARY
NPL, sofferenze e forborne nel
segmento SME
Scelte strategiche e impatti operativi alla
luce della AQR
ANNO 2015
DIVISIONE BANCHE
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Strategia,
innovazione e finanza.
Questi i tre elementi fondanti le attività del CeTIF
Il Centro di Ricerca su Tecnologie, Innovazione e Servizi Finanziari (CeTIF) dal 1990 realizza studi
e promuove ricerche sulle dinamiche di cambiamento strategico e organizzativo nei settori finanziario, bancario
e assicurativo.
Ogni anno CeTIF attiva più di 15 strutture di ricerca, quali Competence Centre e Osservatori, cui possono
partecipare gli oltre 20.000 professionisti che sono parte del network e organizza oltre 10 workshop dedicati a
banche assicurazioni e aziende non finanziarie con l’obiettivo di favorire fra i partecipanti lo scambio di
esperienze e l’adozione di pratiche innovative.
Le attività di ricerca si focalizzano principalmente sugli effetti dello sviluppo di nuove strategie,
sull’innovazione normativa, sull’approfondimento di prassi organizzative e di processo e sugli
effetti dell’introduzione dell’innovazione tecnologica.
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Inoltre è presente la struttura CeTIF Academy, scuola di Alta Formazione Universitaria, che si pone
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NPL, sofferenze e forborne nel segmento SME
ANNO 2015
DIVISIONE
BANCHE
EXECUTIVE SUMMARY
NPL, sofferenze e forborne nel
segmento SME
Scelte strategiche e impatti operativi alla
luce della AQR
AUTORI:
Federico Rajola
Chiara Frigerio
Serena Lobbia
Pubblicato nel mese di novembre 2015
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pertanto i lettori che tali affermazioni sono solamente previsioni e potrebbero quindi
discostarsi in modo considerevole dagli effettivi riscontri ed eventi futuri. CeTIF declina fin
d’ora qualsiasi responsabilità e garanzia in relazione a tali proiezioni.
Scelte strategiche e impatti operativi alla luce dell’AQR
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CONTESTO DI MERCATO
Dal 2007 la lunga crisi che ha interessato il sistema finanziario e l’economia reale ha determinato
- tra le altre cose – l’aumentare dell’ammontare di crediti deteriorati nei bilanci delle banche
europee.
In tale contesto, segnato da contrazione degli investimenti e diminuzione della produttività
industriale, la qualità del credito, strettamente correlata al quadro dell’economia reale continua a
peggiorare (Banca d’Italia, 2015).
A supporto di questo l’ultimo Rapporto sulla Stabilità (il n.1/2015) indica il valore dei crediti
deteriorati al 31 dicembre 2014 di 350 miliardi di euro: il 17% circa del valore delle posizioni
creditizie del sistema bancario italiano.
Scomponendo il portafoglio dei crediti deteriorati, le sofferenze rappresentano il 56% dell’intero
portafoglio.
Nell’ultimo trimestre del 2014 il flusso annuo di nuove sofferenze in rapporto al totale dei
prestiti alle famiglie è stato pari all’1,4%, in linea con la media del biennio precedente. L’incidenza
delle sofferenze sui prestiti ha registrato un incremento contenuto; complessivamente la quota di
finanziamenti con anomalie nei rimborsi è salita al 10,8% a dicembre del 2014 (Banca d’Italia
2015).
Nell’ultimo trimestre del 2014 il flusso di nuove sofferenze e quello del complesso dei crediti
deteriorati sono risaliti in rapporto ai prestiti. L’interruzione del miglioramento nella qualità del
credito è dovuta sia al protrarsi della debolezza dell’attività economica nel corso del 2014, sia al
recepimento nei bilanci bancari dei risultati della asset quality review (AQR).
Alla luce del diffuso peggioramento della qualità del credito, emerge sempre più la necessità da
parte degli intermediari del nostro Paese di rivolgere maggiore attenzione ai processi gestionali
delle posizioni anomale, i cui principi organizzativi mostrano alcuni ambiti di inefficienza e criticità.
Inoltre, in questo contesto, emergono importanti novità di carattere normativo, tra cui le nuove
definizioni di forborne e forbearance measure che avranno importanti impatti in termini di gestione
dei crediti deteriorati.
Sulla base del contesto descritto è stata proposta un’indagine volta a:
 analizzare le attuali opzioni strategiche di gestione dei crediti deteriorati, individuandone
le principali criticità e i relativi KPIs di performance;
 rilevare l’attuale modello organizzativo, nelle fasi della gestione interna e di scelte di
outsourcing attraverso la definizione dei processi e delle competenze;
 valutare il fabbisogno informativo a supporto delle scelte strategiche e del modello
operativo in coerenza con l’accounting policy, la definizione del potenziale di recupero e
le scelte di cessione.
oggetto della ricerca sono state le piccole medie imprese: questo segmento, infatti,
particolarmente colpito dai cicli economici negativi, ha registrato un marcato peggioramento delle
proprie condizioni economiche con conseguenti difficoltà a rispettare nei tempi previsti i
contratti di finanziamento sottoscritti con gli intermediari finanziari.
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LE SOFFERENZE NEL SISTEMA BANCARIO ITALIANO: DALL’AQR ALLE OPZIONI
STRATEGICHE PER LA GESTIONE
Le perdite su crediti hanno assorbito negli ultimi anni larga parte della redditività operativa delle
banche italiane. Di fatto nel sistema bancario italiano, nonostante l’aumento dei prestiti
deteriorati, il livello di copertura dei crediti deteriorati, misurato dal rapporto tra le rettifiche e
l’ammontare lordo delle esposizioni, è salito nel secondo semestre del 2014, dal 42,4 al 44,4 per
cento e per i primi cinque gruppi, tutti interessati dal processo AQR, ha raggiunto il 46,6 per
cento.
Le rettifiche di valore ed i consistenti accantonamenti che le banche sono state costrette a
realizzare hanno avuto quindi un forte impatto sulla redditività delle banche. I forti aggiustamenti
nei bilanci che le banche italiane hanno realizzato per rispondere alle pressioni generate dalla crisi
hanno portato a quasi 53 miliardi di euro di perdite in quattro anni.
Il settore bancario italiano in media ha quindi chiuso i conti economici del 2014, per il quarto
anno consecutivo, con una perdita d’esercizio significativa. Nel confronto con le banche dell’area
euro, il peso relativamente più elevato delle attività deteriorate sembra riflettersi sull’andamento
delle loro quotazioni di borsa.
La crescita esponenziale delle posizioni in sofferenza non solo ha prodotto riflessi sulla
redditività del nostro sistema creditizio ma ha anche creato difficoltà di ordine gestionale ed
organizzativo, data l’enorme stock di crediti in sofferenza che le strutture di recupero si sono
trovate a gestire.
All’interno del processo di credito le strutture di recupero nelle banche hanno tradizionalmente
ricoperto nei fatti essenzialmente un ruolo secondario. Tali strutture non sempre dispongono di
valide procedure di selezione e di controllo che dovrebbero consentire l’individuazione repentina
dei prestiti con maggiore probabilità di recupero su cui prioritariamente dovrebbero essere
concentrati gli sforzi. Allo stesso modo spesso si riscontra un’assenza di specializzazione nella
gestione delle pratiche che presentano peculiarità specifiche.
Al momento si stanno studiando diverse soluzioni che a livello sistemico potrebbero aiutare a
ridurre il peso che le sofferenze portano all’intera gestione bancaria.
In ogni caso data tale condizione è diventato di prioritaria importanza per tutti gli intermediari
creditizi rivisitare al loro interno gli assetti organizzativi relativi ai processi di monitoraggio e
gestione delle sofferenze al fine di ottenere performance ottimali adottando adeguate strategie di
gestione di tali posizioni.
Le opzioni strategiche che sono a diposizione del management possono essere raggruppate
essenzialmente in quattro categorie:
1.
2.
3.
4.
cessione – cartolarizzazione;
gestione in house;
servicing interno;
outsourcing.
L’andamento delle variabili macroeconomiche dell’economia italiana, ed in particolare i valori del
PIL alquanto contenuti, non portano al momento ad intravedere una contrazione nel breve
termine delle posizioni in sofferenza. Pertanto urgenti appaiono i correttivi almeno sul piano
dell’efficienza nella gestione di tali posizioni. Qualunque sia la strada intrapresa dalla banca, il
grado di efficienza con cui svolge il processo di recupero, influenzerà il suo equilibrio economico
– patrimoniale. L’obiettivo deve essere quello di massimizzare il valore del recupero, minimizzare
i tempi e sostenere i minimi costi. Fra le diverse opzioni l’intermediario deve scegliere quel mix di
soluzioni che melio consentono di ottenere il raggiungimento di tali obiettivo. La scelta fra le
diverse opzioni avrà comunque dei vincoli rappresentati dalla dimensione dell’intermediario, dal
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suo livello di patrimonializzazione, dalla politica degli accantonamenti seguita nel passato, dalla
disponibilità di risorse umane e di sistemi di ICT, ma anche dalla maggiore o minore
consapevolezza interna di quanto una gestione efficiente delle sofferenze possa influire sulla
contrazione delle perdite.
I CREDITI “FORBORNE”: SEMPLICE NOVITÀ NORMATIVA OD OPPORTUNITÀ DI GESTIONE
PROATTIVA?
Il 7° aggiornamento del 20 gennaio 2015 della Circ. 272 di Banca d’Italia, che fa seguito al
Regolamento di Esecuzione (UE) n. 227 del 9 gennaio 2015 della Commissione Europea, ha
modificato le definizioni di attività deteriorate, allineandole alle nuove nozioni di Non-Performing
Exposures e Forbearance introdotte dagli Implementing Technical Standards EBA.
Le categorie di deterioramento passano da quattro a tre:
 Sofferenze;
 Inadempienze probabili (Unlikely to Pay, in cui di fatto confluiscono Incagli e Ristrutturati, le
cui nozioni vengono abrogate): sono il risultato del giudizio dell’intermediario circa
l’improbabilità che, senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, il debitore
adempia integralmente (in linea capitale e/o interessi) alle proprie obbligazioni creditizie;
 Esposizioni scadute e/o sconfinanti deteriorate.
Per quanto concerne invece le esposizioni oggetto di concessioni (forbearance), rientrano in tale
categoria i crediti che – in maniera trasversale rispetto alla classificazione del rapporto (forborne
performing piuttosto che forborne non-performing) – congiuntamente:
1. [presupposto oggettivo:] siano state oggetto di rifinanziamento e/o modifica delle
originarie condizioni contrattuali (in senso favorevole al debitore); trattasi delle c.d.
forbearance measures: sospensione rate, allungamento durata, allungamento periodo di preammortamento, moratoria ecc.;
2. [presupposto soggettivo:] abbiano beneficiato di suddetti rifinanziamenti/modifiche
contrattuali in quanto in stato di difficoltà finanziaria (troubled debt) presente o prossima (a
prescindere dalla conseguente perdita economica eventualmente subita dalla banca, e a
prescindere – come già detto – che si tratti di crediti performing o non-performing).
Dunque, emerge fin da subito come il perimetro entro cui ricomprendere le esposizioni forborne
– peraltro, anche sul piano operativo, non sempre di agevole identificazione – sia ben più ampio
rispetto a quello degli ex crediti Ristrutturati.
La ratio della targatura a forborne pare infatti essere l’identificazione di tutti quei rapporti che –
nell’ottica di evitarne il default – siano stati oggetto di forbearance measures (“misure di
tolleranza”, nella traduzione in italiano); come peraltro rimarcato dalla Raccomandazione della
Commissione Europea del 12 marzo 2014 su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e
all’insolvenza, avente particolare finalità di garantire alle imprese UE in difficoltà finanziaria di
“ristrutturarsi” in una fase precoce, per l’appunto in modo da evitare l’insolvenza e proseguire la
propria attività.
Una sintesi dei principali elementi di novità in ambito regolamentare introdotti dalla normativa si
può ritrovare nella seguente figura (Figura 1).
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Figura 1 - Le tre filiere Forborne
Fonte : Dott. Bandirali autore del capitolo, 2015
Gli elementi di novità regolamentare possono portare a possibili opportunità per le banche sul
piano gestionale degli asset problematici.
Tanto più l’attività gestionale sarà proattiva, tanto più i rischi/costi di credito “forborne-correlati”
potranno essere mitigati e contenuti: fattore di successo, ora ancor più che in passato, è l’azione
anticipatoria dell’insolvenza/crisi, ovvero l’attività consulenziale della banca che consenta – ad es.
facendo emergere l’inadeguatezza dei cash-flow prospettici dell’impresa cliente – di rimodulare
preventivamente il piano d’ammortamento di un finanziamento (altrimenti inesorabilmente
destinato all’alveo del non-performing), in un’ottica di piena continuità aziendale.
Tale approccio di gestione “proattiva” del credito dovrebbe comportare – se non nel breve,
almeno nel medio periodo – un maggior tasso di riporto e mantenimento “in bonis” delle
esposizioni, con chiari benefici evidentemente anche per i debitori, “messi in sicurezza” grazie alla
tempestiva concessione di forbearance measure a superamento delle difficoltà finanziarie palesate.
Almeno a tendere, la nuova normativa può pure rappresentare un’opportunità di gestione
“virtuosa” di asset problematici, in quanto – se le forbearance measures sono state correttamente
e tempestivamente concesse – è altrettanto prospettabile che la probabilità di default del credito
forborne diminuisca man mano che il suo ciclo di vita prosegue senza eventi negativi.
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PROCESSI E COMPETENZE A SUPPORTO DELL’EVOLUZIONE DELLA GESTIONE DEI CREDITI
DETERIORATI
Grazie all’analisi del processo di gestione delle sofferenze è stato possibile identificarne le fasi di
gestione e le sue criticità; l’attuale processo è stato sintetizzato nella seguente figura (Figura 2):
Figura 2 - Framework del processo attuale di gestione delle sofferenze
Fonte: CeTIF 2015
Il processo comincia nel momento in cui alcuni criteri oggettivi di tempo e di esposizione
vengono rispettati (fatta eccezione per gli incagli soggettivi), una pratica passa in sofferenza nel
momento in cui la banca, in modo soggettivo, ritiene che non ci siano più le possibilità di
recuperare una determinata posizione. Più precisamente ove esiste uno status di persistente
instabilità patrimoniale e finanziaria idonea ad intralciare il recupero del credito da parte
dell’intermediario.
All’interno del processo e delle strategie stabilite emergono diverse criticità come ad esempio:
punti aperti in materia di concordati su cui i gestori non sono ancora al 100% allineati,
tempistiche della giustizia civile, difficoltà degli intermediari nel rivendere i beni pignorati dalle
controparti, etc.
A fronte delle criticità, che si possono riscontrare in maniera differente sia nelle strategie
giudiziali che nelle strategie stragiudiziali, gli intermediari più avanzati hanno scomposto il
processo in sotto fasi ben più precisamente definite rispetto a quelle utilizzate fino a tempi
recentissimi come si può osservare nella figura sottostante:
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Figura 3 - Framework Processo a tendere: Sofferenze
Fonte: CeTIF 2015
L’attuale processo gestionale, poco strutturato e mal supportato da sistemi informativi integrati
ed adeguati, inibisce l’analisi da un punto di vista statistico della storia delle posizioni e la
valutazione circa l’efficacia di un tipo di azione rispetto alle altre.
I vantaggi da un processo caratterizzato da maggiore standardizzazione e da sistemi informativi
integrati end to end si possono specificare nella possibilità di:
 conoscere e valutare in modo real time lo stato del processo: attori coinvolti e fase
di lavorazione;
 avere una visione integrata della storia della posizione (dalla concessione del
credito ad oggi) in termini di: attori coinvolti, tempistiche, strategie utilizzate ed
azioni effettuate;
 catalogare precisamente il proprio portafoglio crediti in funzione delle variabili filtro
e degli stati gestionali;
 definire indicatori di performance organizzativa sia sulla qualità sia sulla tempistica
della lavorazione con l’obiettivo di migliorare e perfezionare il processo;
 produrre statistiche ex-post non solo riguardanti i KPIs di processo, ma soprattutto
la storia delle posizioni e delle strategie utilizzate al fine di valutarne gli effetti e
poter impostare indicatori previsionali di successo delle strategie;
 archiviare tutte quelle informazioni di passaggio stato e passaggio da processo a
processo (da bonis a sofferenza) utili per alimentare il database delle perdite
storicamente registrate sulle posizioni in default di Banca d’Italia;
 disporre di una visione più chiara dei costi operativi relativi al processo di gestione
e alle attività di recupero;
 migliorare la qualità dei dati relativi alle posizioni in default in ottica di bilancio (sia
in funzione delle indicazioni degli IAS39, sia delle norme IFRS9).
Un ulteriore elemento che potrebbe permettere una più efficiente gestione del credito
deteriorato è la specializzazione dei gestori per:
 area geografica;
 tipologia di credito;
 volume.
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Un maggior grado di specializzazione dei gestori con riferimento alle diverse categorie di credito
che può consentire di raggiungere percentuali di recupero superiori.
In tale maniera i gestori debbono possedere tutte le caratteristiche di know-how per la valutazione
delle posizioni negli specifici settori di mercato.
Un altro fattore da monitorare insieme alle performance dei gestori è quello del carico di lavoro
dei gestori interni, così come dei legali. Allo stesso modo, la definizione di linee guida che i
gestori devono seguire con riferimento alle strategie di recupero stragiudiziale oltre che legale
con una chiara indicazione delle modalità con cui perseguire il tentativo di recupero stragiudiziale
così come un sistema di incentivi per allineare la retribuzione dei gestori ai risultati ottenuti.
Infine, una possibile strada per alleggerire il carico dei gestori è quella di costituire dei Back Office
specializzati che possano sostenere l’operato dei gestori liberandoli, di fatto, da attività di natura
più amministrativa. Questi uffici potrebbero supportare i gestori nella raccolta di documentazione
interna ed esterna: dalla pratica di affidamento ad eventuali atti giudiziari.
CONCLUSIONI
Lo studio ha messo in evidenza le ragioni per cui le banche si stanno muovendo nella direzione di
un deciso miglioramento delle modalità di gestione dei crediti deteriorati. Inoltre ha cercato di
fornire un insieme di indicazioni per impostare tale miglioramento in maniera vincente.
Ne esce che la standardizzazione e la riconoscibilità delle fasi di processo sono variabili
fondamentali per l’impostazione di tale miglioramento, perché permettono la memorizzazione
della storia delle posizioni e delle strategie adottate per il rientro in bonis o per il recupero del
credito. Tutto ciò ha, naturalmente, un grosso impatto per impostare un processo di learning che
porti la banca a migliorare il proprio approccio alla gestione delle specifiche situazioni che dovrà
gestire.
Il cambiamento passa attraverso investimenti importanti sul ridisegno del processo, sui sistemi
informativi, ma anche e soprattutto su un diverso modo di lavorare da parte degli specialisti e del
personale del credito. In particolare sarà necessario che i gestori ai vari livelli di delega imparino
ad impostare strategie di gestione in modo preventivo e spesso codificato anche in funzione di
dati storici messi a loro disposizione dai sistemi informativi. Inoltre dovranno sentire la
responsabilità nella messa in opera delle azioni previste dalla strategia e soprattutto
dall’aggiornamento dei dati relativi alle aziende clienti. Non c’è, infatti, strategia che possa essere
definita correttamente senza una base di informazioni aggiornata, non riguardante soltanto le
variabili di bilancio, ma anche di mercato, di compagine azionaria e organizzative.
Un’altra importantissima azione di learning che le banche si troveranno a fronteggiare è quella
relativa alla valutazione dei dati storici per imparare da essi ed impostare miglioramenti nella
gestione per il futuro. Ricercare e definire le modalità di analisi dei dati, ma soprattutto di sintesi
per ottenere il cosiddetto so what sarà una competenza da sviluppare fortemente, sempre in
assonanza con quanto quel preciso periodo storico propone come scenario in ambito SME.
Un ulteriore tema di innovazione emerso durante la ricerca è il nuovo ruolo che le banche
dovranno ricoprire nei prossimi anni, passando dal ruolo di banca commerciale ad un ruolo
sempre più di consulenti e più vicino quello della banca d’investimento. La direzione che la
normativa europea e il mercato stesso sembrano suggerire è di accompagnare le imprese ad
entrare nel mercato dei capitali aiutandole nell’emissione di strumenti partecipativi piuttosto che
di debito.
Una volta messi a disposizione i nuovi strumenti di gestione, le problematiche relative al
tempestivo aggiornamento delle informazioni e alla ricerca del so what dai dati storici, saranno la
principale sfida per il cambiamento che le banche dovranno affrontare e risolvere nel prossimo
futuro.
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Cloud Implementation and Gov
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In collaborazione con:
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