dalla chiesa per la chiesa
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dalla chiesa per la chiesa
DALLA CHIESA PER LA CHIESA Vidi poi un nuovo cielo e una terra nuova... Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”. (Ap 21,1-3) 2 Tra le tante cose che in questi anni ci hai insegnato, sicuramente il custodire un cuore grato ci riecheggia come un leitmotiv di ogni occasione in cui ci hai voluto dire di non disperdere la grazia ricevuta. Da questo cuore grato nasce questa “piccola memoria” della piccola storia di ognuno che è diventata storia di tutti noi, colti spesso alla sprovvista dalla straordinaria abbondanza di grazia che l’atelier ha dato modo di gustare. Certamente, insieme a tanti inciampi, fatiche e dubbi, ma forse anche proprio grazie a questi. A ognuno in questa storia Dio ha voluto dire una parola e, a vent’anni dall’inizio, condividerla oggi, così come ognuno sa e può, ci è sembrato il modo migliore di dirti grazie, padre Marko. Ci hai insegnato a guardare sempre oltre l’immediato per non dare nulla per scontato, per saper gioire di quello che ci era dato di vivere sapendo che quanto più ognuno, nel suo piccolo, riusciva a dare la precedenza all’altro, a non affermare la sua santa individualità, tanto più la comunione diventava trasparente. Ed è diventata questo mosaico di persone che cercano di volersi bene, perché solo da questo bene si può creare e lavorare insieme. Questa è la nostra arte più grande, ed è di tutti. Perciò, finché Dio vuole, noi ci siamo. 3 … tocca a voi, uomini e donne che avete dedicato all’arte la vostra vita, dire con la richezza della vostra genialità che in Cristo il mondo è redento: è redento l’uomo, è redento il corpo umano, è redenta l’intera creazione, di cui san Paolo ha scritto che “attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio” (Rm 8,19). Essa aspetta la rivelazione dei figli di Dio anche mediante l’arte e nell’arte. È questo il vostro compito. A contatto con le opere d’arte l’umanità di tutti i tempi – anche quella di oggi – aspetta di essere illuminata sul proprio cammino e sul proprio destino. (san Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti, 1999, n. 14) Centro Aletti, 1997 4 Seguire la visione di un altro ti fa seguire un Altro nella visione, e mentre segui sei generato a vita nuova, scopri che Dio colma di grazia i tuoi giorni, adempie le sue promesse anche se in un modo del tutto altro. Ma è proprio questo totalmente altro che, mentre ti stupisce nella sua verità, ti fa benedire. Manuela Redemptoris Mater, 1999 5 Reggio Emilia, 2001 Eh, per noi è più facile fare un metro quadro di mosaico che mettere insieme due parole. Siamo grati perché grazie al Centro Aletti, grazie a p. Marko, possiamo esistere anche noi come un gruppo di artisti che può fare cose belle. Siamo veramente come dei semi gettati dal buon seminatore (in questo caso p. Marko) nella terra buona (quella dell’arte), e ci impegniamo molto per poter dare il frutto buono (le opere realizzate). Un grande saluto dal gruppo ucraino... Yevhen e Petro 6 Barletta, 2002 Dopo molti anni vissuti al Centro porto nel cuore, assieme a Maria Grazia che con me condivide questo cammino, esperienze ricche di contenuto umano e spirituale. In particolar modo sono grato per la comunione nella diversità e complementarietà, per il sentirmi parte di un progetto ecclesiale che va oltre ogni mia aspettativa e desiderio, il sentire nell'animo di essere tutt'uno con gli amici artisti che condividono con me in modo unico e originale questa esperienza di essere Chiesa. È bello per me riconoscere come il Signore sia buono nel farsi incontrare attraverso la contemplazione della Parola e delle immagini sapientemente mediate da p. Marko, al quale va la mia riconoscenza e stima. Un grazie di cuore alle sorelle per la loro accoglienza che mi ha fatto sentire in famiglia, grazie a tutti i sacerdoti che hanno vissuto al Centro, partendo da p. Špidlík del quale ho apprezzato con meraviglia la semplicità e spontanea giovialità che, unita ad un profonda spiritualità, ne hanno fatto per me un padre nella fede e una figura degna di onore e affetto. Silvano 7 Per me è un ringraziamento per tanto tanto, soprattutto per tante diverse persone che prima o poi si incontrano in Cristo e cercano di mostrare i fondamenti piu belli della nostra fede sulle pareti e nella vita. Grazie, perciò Na mnohaja ljeta… Grosuplje, 2002 Jože Mozaik je zame kamen dragocen v mozaiku mojega življenja, ki ga Stvarnik, dobri moj mecen, meni je podaril, poleg vsega lepega in pa trpljenja. Jakob Črni Vrh, 2002 8 Il mosaico è per me una pietra preziosa nel mosaico della mia vita che il Creatore, mio buon mecenate, mi ha donato insieme a tutto il bello e la sofferenza. Centro Aletti, 2002 Sono grato a Dio che attraverso il Centro Aletti mi ha chiamato a servirlo lì dove Lui mi vede. Grazie alla santissima Trinità per le belle relazioni tra di noi, per l'amicizia, per tutto ciò che per grazia di Dio abbiamo creato per la Chiesa. Boštjan 9 Vivere e lavorare insieme nell’atelier di arte del Centro Aletti è una esperienza dal sapore ecclesiale, eppure credo che ognuno di noi è arrivato qua senza troppa coscienza di questo, più per fare l’artista che per entrare a far parte di un Corpo. Poi, nell’incontro con l’altro, con la materia, con il cantiere e con il passare del tempo, capisci che ognuno è un dono unico, ma nessuno è qualcosa da solo, che arte e vita camminano insieme, che solo rimanendo dentro la comunione si può essere salvati, e che proprio in questa appartenenza ad un unico corpo, quello di Cristo, trovi il significato stesso del vivere e del faticare e la forza per vivere ciascuno la sua vocazione. In questi anni siamo stati tanto benedetti dal Signore e chiamati a lavori anche molto impegnativi. In certi momenti Milano, 2002 credo che tutti abbiamo sentito di essere portati da una forza che non era più nostra, ma dello Spirito Santo in noi, come trasportati da un’onda che noi si deve solo cavalcare per seguire il suo movimento. Spesso p. Marko, guardando noi e le nostre diversità all’opera, riconosce in noi il mosaico più bello che abbiamo realizzato, e noi in lui riconosciamo il dono di dirigere questa grande orchestra.Viene dal cuore una gratitudine per questo suo dedicarsi a noi come un maestro pronto a trasmettere con generosità tutti i segreti del mestiere, ma anche tanta ricchezza teologica e spirituale, pronto a fidarsi e anche a passare la staffetta. Il grazie è per essere diventato, oltre che un maestro, un padre. E per tutto grazie a te, Dio nostro Padre, che con creatività e amore per noi artisti ci hai raccolti, ci hai salvati da noi stessi e ci hai messi insieme dentro ad una grande tradizione per continuare a cercare nelle sante immagini e negli spazi liturgici la bellezza e la gioia della tua santa Chiesa. Stella 10 Damasco, 2004 Dragi oče, sotto la guida dello Spirito e del tuo amore per la Chiesa, per l'arte liturgica, per l'arte della vita, è stata fatta tanta strada tra numerose chiese, case, comunità, famiglie e persone, sempre cercando di tra smettere la luce vera, l'amore e la bellezza. Dal cuore ti ringraziamo e preghiamo il Padre nostro che ci custodisca e aiuti a rimanere in Cristo. Grazie a tutti gli artisti del Centro Aletti, presenti, passati e futuri. Svetozar e Lea con famiglia 11 Vivere in un “alveare” come è il nostro atelier è rendersi conto che siamo tanto diversi in un corpo solo, quello di Cristo! Ognuno conta come i denti nella bocca che sorride: quando uno, manca il sorriso è buffo, mentre è bello e affascinante con tutti i denti. Questa “bocca del padre” che ci ha accolti e radunati tutti insieme, ci aiuta a testimoniare con le nostre mani l’amore del Padre! Renata Ljubljana -Šentvid, 2004 12 Il Centro Aletti è il luogo dove artisti della Chiesa dell’Oriente e dell’Occiden te si sentono come a casa propria. Il motivo è il fatto che, oltre al vero amore cristiano che si percepisce in questa casa già all'ingresso, anche l'arte di padre Marko Rupnik, che sia l'Oriente che l'Occidente sentono come propria, perché unisce in sé i valori essenziali dell'arte sacra, cristallizzati lungo i duemila anni di storia dell'intero mondo cristiano. Dejan Lecce, 2004 13 Dopo il mosaico alla Nunziatura Apostolica di Damasco, concluso a febbraio di quest’anno, l’Atelier ha lavorato nella Cappella del Collegio S. Stanislao a Lubiana in Slovenia; a Lecce, nel centro “Le sorgenti” della Comunità Emmanuel guidata da p. Mario Marafioti s.j.; ancora in Slovenia nella chiesa di s. Floriano a Krnice; a Parigi presso la Nunziatura Apostolica e a Roma nella chiesa di s. Chiara presso il Seminario francese. (...) Anche questa volta il mosaico è un’esperienza di condivisione, Idrijske Krnice, 2004 tra noi stessi, e con i parrocchiani. Si percepisce di essere accompagnati nella preghiera, si sente l’attesa di vedere il lavoro finito, si gioisce dello stupore di riconoscere che ogni cosa è al suo posto, che ogni colore, ogni tessera, ogni movimento cerca di entrare in comunicazione con il resto e rivelare un po’ della bellezza di Dio, a ognuno a suo modo. dal bollettino di Natale 2004 14 Paris, 2004 New Haven, 2005 Sarà il fatto di essere stati così lontani da casa, sarà che siamo una squadra ormai rodata, sarà che eravamo preoccupati di non finire in tempo - perché comunque si trattava sempre di più di 100 mq - ma in queste due settimane - orario fuso o non fuso, noi fusi o non fusi - abbiamo lavorato con un ritmo, un piacere, un’intensità da stupire pure noi stessi. È vero che l’accoglienza dei Cavalieri di Colombo - è nella cappella del loro quartier generale che abbiamo eseguito il mosaico - è stata a dir poco insuperabile. (...) Continuiamo a ringraziare Dio per tutto ciò che opera attraverso ciò che le pietre raccontano, chiedendogli la grazia di poter esserne degni. dal bollettino di Pasqua 2005 15 Da sempre, il “Vagito” dell'Uomo nuovo è la gratitudine; quel grazie che, più che una parola, è uno schiudersi del cuore. La gratitudine è una sorpresa. È come quando, al termine del lavoro, l'impalcatura si apre e tutti i difetti, che il susseguirsi delle giornate di affresco, avevano reso un fardello pesante da portare, d'improvviso vengono assunti dall'insieme, scompaiono, integrati in un'impensabile Bellezza. Così, per noi, il dono dell'Arte e dell'Atelier, è questo scoprirsi sempre più parte di un insieme, di un Corpo Bello, impregnato d'Amore. Grazie e che Dio Padre continui ad elargire sempre la Sua Benedizione. Elisa Bari, 2005 16 Dopo il mega mosaico nella chiesa di s. Pasquale a Bari, realizzato in occasione del Congresso Eucaristico nazionale (250 mq di mosaico nell’abside), l’Atelier ha lavorato a Kočevski Rog in Slovenia, nella cappella dell’arcivescovo cattolico di Belgrado e a Madrid, nella Sacrestia della cattedrale dell’Almudena. (...) Abbiamo ormai tante opere alle spalle, ma niente toglie a ciascuna ciò che ha di particolare e di personale. È una grazia di Dio anche il fatto di fare mosaici in luoghi così diversi, lontani per spazio e significato. (...) Lavoriamo insieme ormai da tanto tempo ed è bello constatare che diventa sempre più facile, anche quando potrebbe essere più difficile. Kočevski Rog, 2005 dal bollettino di Natale 2005 17 Scivolare con gli occhi tra le pietre dove con fatica abbiamo intessuto le nostre vite mi fa percepire che la vocazione artistica, insieme a quella dei genitori e dei sacerdoti sia la più bella che posso immaginare nella Chiesa. Per grazia di Dio siamo a servizio dell’incontro tra Dio e gli uomini. Siamo come le punte delle dita del Corpo di Cristo Risorto che è la Chiesa e con le quali essa dipinge se stessa nella storia ed è protesa verso la sua pienezza. Per grazia siamo parte della liturgia in un modo palpabile e per grazia come figli e fratelli lasciamo che attraverso di noi passi la vita divina che ci sta trasfigurando ad immagine di Colui al quale apparteniamo. Grazie a Dio che ci ha messi insieme. Eva Roma, 2006 18 Madrid, 2006 Eccoci di nuovo a Madrid! Ma questa volta abbiamo triplicato la metratura… e dimezzato il tempo, il che è tutto dire! (...) E ciò che si dice del nostro modo di lavorare è ancora più importante del lavoro stesso, perché davvero questo non sarebbe nulla se mancasse la carità, quella carità che sudi ogni momento e che non sempre ti riesce spontanea, anzi che proprio non sempre ti riesce, quella carità che nei mille mondi che ognuno di noi è non è affatto scontata quando vivi tante ore al giorno a contatto con persone che certamente non hai scelto tu e che a loro volta di per sé non hanno certamente fatto una scelta di vita “comunitaria”, con tutto ciò che questa comporta. Ma alla fine ognuno arriva a riconoscere che il solo cammino possibile è proprio quella opzione di andare oltre, nonostante tutto. Perché in quel “nonostante” ci sei anche tu. Penso che sempre di più il nostro mosaico parli anche di questo e che questo le persone vedano ancor prima di vedere il lavoro finito. Ed è soprattutto di questo che dobbiamo ringraziare Dio. dal bollettino di Natale 2006 19 Da raccontare ce ne sono parecchie, considerando che in due settimane abbiamo attraversato tutta la Spagna e siamo arrivati nella profonda Slavonia, ma Ljubljana - Šentvid, 2006 ormai anche a noi tutto questo sembra normale (...) Con tre ore di sonno alle spalle, [da Madrid] siamo ripartiti per Roma ... e dopo due giorni per Požega nella profonda Croazia. Lì, nonostante la grande ospitalità dei croati, abbiano concluso in un giorno e mezzo e siamo partiti per Ljutomer in Slovenia. A Ljutomer, dove l’ospitalità non è stata da meno, con un benvenuto in piena regola di tutta la parrocchia, abbiamo finito in un giorno solo, benché la parete fosse quasi il doppio di Požega… Da Ljutomer siamo andati all’Istituto Oncologico di Ljubljana e lì, siccome era uno spazio piccolo, piccolo piccolo, con un altro piccolo giorno di lavoro – che però non finiva più – abbiamo concluso. A quel punto padre Marko ha spento le turbine che ci aveva messo nelle mani e ci ha riportati a Roma! (...) Il mosaico all’Istituto Oncologico è stato significativo perché padre Marko ha voluto donarlo in memoria della sorella che lì è morta e con lei a tutti quei malati che ogni giorno varcano quella soglia. È l’anno degli ospedali questo. Anche a Madrid si trattava della cappella dell’ospedale delle suore ospedaliere, le stesse per le quali a Roma, proprio ai nostri inizi, abbiamo realizzato la deposizione dalla croce. da bollettino di Pasqua 2007 20 Roma, 2007 Per noi il mosaico è una vera via di amicizia in Cristo. È proprio vero, senza di voi per me sarebbe impossibile. Radu Fairfield, 2008 21 Fatima, 2007 22 Che l’Atelier abbia lavorato alla Redemptoris Mater è stata una grazia, che abbia potuto lavorare a Fatima e a Lourdes è un vero e proprio miracolo. E queste tre opere vanno proprio insieme, legate alla Madonna e a Giovanni Paolo II. [A Fatima] era uno spettacolo curioso vederci andare e venire tra il cantiere e la casa dove stavamo, attraversando la piazza, con i caschetti rossi in mano, come dei veri e propri pompieri! A Lourdes (...) soprattutto i primi giorni quando la temperatura è scesa a meno otto e abbiamo avuto un vero e proprio shock termico! Lì, più che i caschi, serviva un bel po’ di grappa e di the, per non rimanere congelati sull’impalcatura dove soffiavano i venti di tutta la rosa, quelli freddi “naturali” e quelli caldi dagli apparecchi di riscaldamento che hanno dovuto mettere. Non per noi, beninteso, ma solo perché il collante ha bisogno di una certa temperatura per non gelare! (...) Ma, come sempre, quando passano i ricordi più immediati (ma la visita di p. Špidlik a Fatima, alla fine dei lavori, è un evento che non dimentichiamo proprio), gli episodi più divertenti, le canzoni del cantiere, quando ti dimentichi di come p. Marko ha ribattezzato tutti i nomi francesi, di come ti sei fatto 1500 km in un giorno solo (perché è meglio così!), delle facce di quelli che a Fatima sono andati con la macchina dove l’aria condizionata a metà strada è saltata, allora ciò che rimane è la profonda gratitudine a Dio per aver potuto essere lì, per aver potuto fare qualcosa per degli anniversari così importanti - i 90 anni delle apparizioni di Fatima e i 150 di Lourdes -, per aver potuto lavorare con così tanta fatica ma anche con così tanta leggerezza, sentendo tu stesso che, se anche volevi un po’ lamentarti, ti dovevi un po’ vergognare a farlo. Il ricordo di tutti i sacrifici di Giacinta, Francisco. Lucia e Bernardette non ci ha lasciati indifferenti. E ciò che offri al Signore fa sempre frutto. dal bollettino di Natale 2007 Lourdes, 2007 23 Reggio Calabria, 2008 Il primo cantiere dopo la Pasqua è stato quello di Reggio Calabria. E non a caso proprio quello è stato raccontato nel DVD. Dalla “piccola Slovenia” e i 250 mq di Villa Urbana a Ljubljana abbiamo fatto un raid a Beirut, dove, per le suore della Croce del Libano, tre giorni prima della canonizzazione del loro fondatore, abbiamo concluso un mosaico nella loro casa madre, sotto lo sguardo vigile della madre generale al cui occhio nulla sfuggiva, soprattutto p. Marko, per il quale aveva una richiesta ogni tre minuti, sapendo che appena ripartiva non sarebbe mai più riuscita a riacciuffarlo! (...) Siamo tornati negli Stati Uniti (...) Quanto al cibo (...) hanno voluto farci sentire come a casa e hanno cercato di farci mangiare il più possibile all’europea, così che la nostra voglia di hot dog e hamburger da telefilm è rimasta insoddisfatta! Ma a riprenderci ci ha aiutato il cantiere di Supersano (già il nome vi dice tutto) vicino a Lecce, dove la cucina non era solo europea, ma del sud che più sud non si può. Un salto di un paio di giorni a Rijeka in Croazia per mettere su altri 50 metri quadrati e siamo a dicembre, in partenza per Monza! 24 Monza, 2008 Ci stupiamo continuamente che Dio continui a darci tanta grazia e tanto lavoro. Sappiamo di non meritarla e spesso neppure la comprendiamo. Ma è certo che, proprio alla luce di questa grazia, il lavoro nell’atelier è sempre meno lavoro, sempre meno idillico, ma è una vera e propria vocazione e perciò la si vive nel segno della verità dell’amore. Tutte le cose che non ne fanno parte si stanno spezzando, diluendo e perdendo. Rimane solo la verità della carità. Perciò pian piano ognuno capisce che è esattamente quello sforzo di carità, che va dal piccolo gesto alla grande opzione, a fare la differenza. Quel saper riconoscere con gratitudine il bene che l’altro ti fa, il saper andare oltre a ciò che ti dà un fastidio immediato, il sapere che ogni cosa ti è donata per crescere. Non c’è lavoro importante o meno importante, ma è proprio l’atelier come squadra che è il luogo di grazia per ognuno e per tutti insieme. Ed è quello che resta, in ogni mosaico e oltre ogni mosaico. dal bollettino di Natale 2008 25 San Giovanni Rotondo, 2009 Siamo a San Giovanni Rotondo, da padre Pio (...) Stiamo lavorando qui ormai da due settimane, ai ritmi soliti, con la prospettiva di altri due mesi così, con gli operai che quasi ci tolgono le impalcature mentre siamo ancora seduti perché non ce ne sono abbastanza e via via si smontano e si ricostruiscono per poter continuare, ma lavoriamo con una pace che è quasi palpabile. È un lavoro molto bello, un’altra esperienza di lavoro in un luogo santo, santificato dal padre e da quanti si sono lasciati convertire e purificare da quella parola di Dio che padre Pio aveva per ogni sguardo che incontrava il suo. dal bollettino di Pasqua 2009 Ricordare il 21 giugno, giorno della visita di Benedetto XVI a San Giovanni Rotondo, risulta ancora oggi incredibile… Non so se si può immaginare cosa significhi, al termine di un lavoro colossale come quello fatto lì, aspettare la visita del Papa, avere tutte le istruzioni sulle varie modalità in cui potrebbe avvenire l’incontro, pensare di essere preparati a tutto e poi vivere l’unica situazione che non hai previsto perché era davvero del tutto imprevedibile che uno potesse schiacciare il pulsante sbagliato dell’ascensore. (...) Come dovevamo reagire noi poveri artisti quando si è aperta la porta di uscita della cripta e da lì è entrato il Papa? (...) Insomma, alla fine abbiamo almeno potuto salutare il Papa personalmente. (...) dal bollettino di Natale 2009 26 Abbiamo programmato, abbiamo lavorato (...), ma alla fine, come dice p. Marko, basta un mal di denti e tutto cambia. E in questo tempo i mal di denti sono stati parecchi. Ma credo che ognuno di noi, sia nell’équipe del Centro che nell’équipe dell’Atelier percepisca che è benedetto il tempo che ti sfugge dalle mani senza che tu riesca a compiere ciò che hai voluto, pensato, per cui hai messo tutta l’energia. Perché ti dona la grazia di respirare insieme agli altri guardandoti negli occhi con quella santa pace che viene quando sai che proprio nulla dipende da te. No, non crediate che non si lavori, anzi, ma alle volte qui, mentre lavoriamo, dimentichiamo di respirare. A febbraio abbiamo finalmente portato a termine la Cappella del Pontificio Collegio Irlandese e stiamo più o meno pronti per partire a concludere il lavoro a san Giovanni Rotondo (sì, ancora!) e poi per la Spagna. Ma stavolta, tanto per dire qualcosa di diverso, vorrei ricordare ognuno di questi personaggi che lavorano in Atelier (...) Dopo tanti anni che cerchiamo di lavorare insieme, perdendo ogni tanto per strada qualcuno e acquistandone qualche Ljubljana, 2009 altro, è sempre più evidente che è l’amicizia di Cristo e in Cristo quella che ci tiene insieme, quella che ci fa lavorare fianco a fianco credendo che ciò che facciamo insieme è di più di ciò che ognuno nella sua grandezza potrebbe fare da solo. Questa è la verità che poi misteriosamente e miracolosamente traspare dalla materia con cui lavoriamo, frutto della fatica di guardare l’altro sempre con la stessa benevolenza con cui il Signore guarda te. Silvano è il patriarca che lavora normalmente a Milano, nel suo laboratorio e che, quando è un po’ che non sente nessuno, ti chiama e ti dice: “Volevo dirti che sto bene sai, stai tranquillo …”. Svetozar è quello che ha le pinze incorporate. Comincia a sudare freddo se sta finendo una cosa e non ha già pronto quello che deve iniziare poi. Lea è sua moglie e, per fortuna, ha capito come funziona. Renata non lancia più urli quando si fa male lavorando. Ha capito che ci fa morire e allora fa solo un rumore soffocato tra sé e sé. Questo è amore. Radu, sul più bello che ha cominciato a lavorare come un treno deve tornare a casa e cominciare a lavorare in Romania. (...) Eva e Stella sono le due sorelle che lavorano fisse in Atelier e che, se lavorassero da un’altra parte, 27 certamente tutti ne sentirebbero la mancanza! (...) Boštjan pure lui è da tanti anni che lavora qui, continua a dire che ci rimane finché Dio vuole. E speriamo che Dio voglia a lungo, anche perché ormai, oltre al mosaico, conosce i prezzi di tutti i negozi tecnici di Roma e non pagherà mai a nessuno un euro più del necessario. Jože è il nostro “nada te turbe”. Ma quando lui comincia è come una trivella che non si ferma finché non arriva a destinazione. Sia nel mosaico che nei discorsi. A chi gli chiede da dove viene, lui di solito risponde: “Dalla terra”. (...) Quest’anno è arrivato Andrea, un vero giovane, visto che ha vent’anni. Nel suo primo cantiere ha già capito che c’è poco da scherzare, ma per tirarsi su non ha smesso un momento di fare battute sui rischi che correva, di morire di fame, di caldo, di sonno... E non ha ancora visto tutto. Ma tra gli artisti ora c’è anche un sacerdote cinese, vero, Zhiming, simpaticissimo. Non parla ancora molto italiano, ma sembra che gli artisti comincino già a destreggiarsi con il cinese. Vedremo come finisce. Il capo lo conoscete. Lui non ha mal di denti. Manuela, la segretaria, sta cercando di farglielo venire. dal bollettino di Pasqua 2010 Roma, 2010 28 Ringrazio Dio per avermi dato la possibilità di entrare in relazione con il Centro Aletti permettendomi così di venire a conoscenza di una spiritualità e di un modo di vivere e lavorare per me del tutto nuovo. E ringrazio particolarmente per il fatto che tutto ciò sia avvenuto all'inizio della mia vita, così che realmente io possa costruire la stessa appoggiandomi e ispirandomi su questo esempio. Andrea La ripresa dei lavori a settembre ha visto qualche faccia nuova in Atelier (...) Il viaggio in Romania è stato il rodaggio e sembra che pure le combinate di Messico e Francia funzionino in mezzo a Cina, Serbia & co. Questa volta, partire per la Romania è stato come tornare in un luogo familiare. L’accoglienza del parroco e della parrocchia ortodossa dove stiamo continuando il lavoro iniziato anni fa è stata calorosissima (...). A lavori conclusi e chiesa ripulita con una velocità estrema, siamo stati tutti alla messa di p. Titus, il parroco. Ioan Ica jr, nostro caro amico, ha celebrato da diacono e ha predicato nella domenica dedicata ai santi Padri del VII concilio ecumenico, il niceno II, nel quale si condanna l’eresia iconoclasta. Niente di meglio per introdurre la spiegazione che p. Marko ha dato alla fine sul mosaico e ha parlato così bene che l’applauso finale – per niente usuale nel contesto di una liturgia ortodossa – sembrava invece del tutto liturgico. È stato commovente, come lo è stato l’incontro nel pomeriggio con S.E. Bartolomeu, il metropolita ortodosso di Cluj, che ha voluto incontrarci a conclusione di questa seconda tranche di lavori, nonostante la sua età e la non più fiorente salute. Ha insignito p. Marko della “Croce Transilvana” in segno di apprezzamento e riconoscenza per il coinvolgimento ispirato nel rinnovamento di un legame attraverso la bellezza dell’icona tra la Chiesa ortodossa e cattolica. Non è stato un atto formale. Il metropolita ha detto molto chiaramente che ritiene una grazia concessagli da Dio il poter vedere ancora con i suoi occhi come con questa opera in questa chiesa si vive già la comunione delle Chiese. Con il cuore grato per tanta grazia, nella quantità del lavoro, nella trasparenza delle relazioni tra di noi e anche nella fatica che ti ricorda sempre che ciò che puoi fare è dono di Dio. dal bollettino di Natale 2010 Valladolid, 2010 29 Ringrazio Dio, perchè qui si vive l’amore, cresce la bellezza, e si testimonia la fraternità in Cristo. Nella sinergia dello Spirito Santo seguiamo la nostra locomotiva - cioè padre Marko - e camminiamo coraggiosamente sempre avanti. Amen! Zhi Ming Cluj, 2010 Grazie, padre Marko, per questa grazia di poter condividere la fede, la creatività e la fatica quotidiana. Il popolo “mexica” è molto grato per essere una tessera in questo bel mosaico che siamo tutti noi. Juan Carlos 30 Cluj, 2012 Lo spazio tra un bollettino e un altro mi sembra così breve, eppure in mezzo ci sono migliaia di chilometri. Novità grosse non ce ne sono, se non che ora abbiamo inaugurato anche il lavoro notturno da cui fino a questo momento ci eravamo preservati. A Caltagirone, per poter fare un salto a Monreale e alla Cappella Palatina, abbiamo prolungato quella che sembrava l’ultima giornata fino alle 23.00, ma il giorno successivo, dopo una bella gita (e si tratta comunque di altri 400 km…), altre due orette di lavoro fino alle 21.30 non ce le ha tolte nessuno. E, visto che tutto è questione di abitudine, considerando che siamo rientrati a Roma la domenica e ripartiMadrid, 2011 ti martedì per Velehrad, in Repubblica Ceca, quando il mercoledì alle 16.30 siamo arrivati, dopo due giorni di viaggio e 1500 km sulle spalle, ci siamo detti (cioè potete ben immaginare chi può averlo detto…): perché non cominciare subito ad attaccare il mosaico sul sarcofago di p. Špidlík? (...) E siccome l’abitudine acquisita si può perdere facilmente, in questo tour de force dopo Velehrad ci aspettava ancora un sedicente piccolo cantiere a Trieste, ma per piccolo che fosse erano sempre 25 mq. (...) Insomma non riusciamo a liberarci dal ritmo “finire e partire”, sembra sempre che abbiamo rubato qualcosa e scappiamo in fretta e furia. Potrebbe sembrare che ci piaccia accumulare mosaici uno dietro l’altro, ma in verità stiamo facendo i salti mortali perché in tanti stanno aspettando e in qualche modo sentiamo che è una richiesta ecclesiale e perciò chiede una risposta ecclesiale. Anche con tanta fatica. La gioia di un mosaico fatto è legata alla gioia di quelli che l’hanno finalmente ricevuto. Torniamo subito per non approfittare dell’accoglienza e dell’ospitalità, ma anche perché questo nostro lavoro è così bello che alla fine si può rischiare di attaccarci a 31 ciò che si fa. Fare e lasciare aiuta a ringraziare Dio per ciò che si è potuto fare e andare avanti mantenendo una sana libertà su ciò che alla fine non è nostro. A Madrid abbiamo messo l’ultima pietra alle 13.00 e alle 14.00 eravamo già in viaggio. Ma la velocità con cui passiamo da un posto all’altro non toglie nulla alla preziosità degli incontri, alla regalità dell’accoglienza e all’attenzione che ogni volta riceviamo. (...) Il nostro lavoro ha senso finché Dio continuerà a donarcelo, e finché dal nostro essere insieme e lavorare trasparirà proprio quella comunione trinitaria che cerchiamo cominciando la giornata con l’eucaristia, iniziando ogni cantiere nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e nella mano che ci stringiamo alla fine, ringraziandoci a vicenda per aver potuto real mente lavorare insieme, mettendo ognuno del suo meglio perché l’opera sia veramente di tutti, di noi che la realizziamo e di quelli che ogni giorno la vedranno con occhi nuovi. dal bollettino di Pasqua 2011 Trieste, 2011 32 Tra S. Tommaso e le suore Pastorelle a Roma, Rače in Slovenia e la un po’ più grande cattedrale di S. Sebastiano a Bratislava, in due mesi abbiamo finalmente potuto accorciare l’elenco dei mosaici in attesa, ma soprattutto in questo tempo siamo passati nei contesti più diversi e ancora abbiamo sperimentato come siamo privilegiati a entrare in una comunità dalla porta della bellezza. È come se si creasse uno spazio fuori dal tempo, una comunione che puoi quasi toccare da quanto è reale e che riempie l’aria di quel desiderio che tutto vada bene, che tutto sia fatto al meglio e che, per quanto spetta a te, cercherai di mettercela tutta. E questo anelito in qualche modo coinvolge gli artisti e le persone del posto, siano suore, parrocchiani, parroci oppure vescovi. Ogni cantiere è occasione, per noi e per quelli che incontriamo, di far uscire la parte migliore, è un contesto così particolare e rimane sempre unico anche per noi che ne abbiamo ormai quasi un centinaio alle spalle e che spinge ogni persona a collaborare, a non pensare che una cosa sia impossibile da fare, ma a cercare la strada per renderla possibile. Soprattutto mette in moto quella creatività delle relazioni che mostra come ci siano dei legami che si creano e rimangono vivi anche se per la logica stessa della vita non avranno più occasione concreta di incontro. La cosa per la quale sono più grata a Dio oggi è di svegliarmi alla mia realtà di sempre non più sola, ma circondata da una moltitudine di fratelli e sorelle con i quali camminiamo insieme nella vita vera. Credo che sia questa la Comunione dei Santi: sapersi una piccola parte di un grande Corpo, ognuno importante e tutti insieme uniti nella bellezza che è Cristo. dal bollettino di Natale 2011 Bratislava, 2011 Isabella 33 Certo è che il lavoro nella Cappella del Padre Generale alla Curia dei gesuiti è stato affrontato con una sorta di timore reverenziale e, benché i metri quadrati non fossero tanti, ognuno ci teneva ad essere presente e magari a mettere pure qualche tessera! (...) Siamo stati invitati all’Eucaristia e al pranzo con il Padre Generale e questo è per tutti noi un vero evento, ci conferma e ci fa gioire rendendoci ancora più partecipi della collaborazione con la Compagnia di Gesù. Ogni cantiere, ogni luogo rimane sempre del tutto unico, ma c’è qualche tratto che li accomuna sempre, delle domande che ritornano (...) Secondo voi quando si finisce??? È la scommessa all’inizio di ogni cantiere ed è una domanda a rotazione… Ma “Fino a che ora si lavora?” è invece la domanda che nessuno ha mai il coraggio di fare... Per raccontarvi il contenuto del mosaico di Verona (...) userò le parole che qualcuno ci ha scritto dopo un cantiere: “Grazie, carissimi, per la bella esperienza: percepire la vostra unione, la forte intesa, il senso di familiarità che vi lega è stato quasi più bello che vedere l’opera venir su pian piano. Sembra quasi che nella Cappella rimanga come il segno o la testimonianza di qualcosa di vivo, la persistenza di una vibrazione, un sapore nell’aria: qualcosa di voi e della vostra anima è rimasto qui, fissato per sempre nelle tessere colorate, insieme all’esperienza di vita comune dell’Atelier. Agere sequitur esse, recita un antico prin cipio filosofico: non si può fare arte se non si è toccati dentro da quella Bellezza che illumina la carne del Trasfigurato e che allieta il mondo, consola e rapisce i cuori. È la bellezza della Chiesa che si intravede nella vostra équipe; quell’esperienza di comunione l’avete - per così dire - impastata con il kerabond, e ora essa corre e pulsa sotto le scene dell’opera che ci avete lasciato, e ci parla di voi. Sapete: non ci stanchiamo di ammirare; gli occhi passano da un punto all’altro del mosaico senza consumare la storia narrata, anzi immergendosi sempre più nel mistero che l’arte fa affiorare, al quale allude e al quale incessantemente rimanda. Confesso che mi rimane anche una punta di nostalgia… è come guardare una vostra foto: si vede l’immagine, si pensa alle persone. Ringrazio il Signore di avervi conosciuti, di avervi visti all’opera e che la vostra opera sia passata di qui”. Ringraziamo anche noi il Signore, per tutti i posti dove ci ha permesso di passare. Il mosaico lo fa il Mosaico e nel Mosaico insieme a noi entrate anche tutti voi. dal bollettino di Pasqua 2012 Roma, 2012 34 Mi sento molto felice e grato di aver imparato l'arte del mosaico presso l'Atelier del Centro Aletti. È stata un'esperienza molto ricca e meravigliosa. Anche se sono qui in Brasile, mi sento un membro dell’équipe che permette di evangelizzare tutto il mondo attraverso l'arte. Prego Dio sempre per tutti gli artisti e il Centro Aletti, affinché continuino sempre a realizzare questa bella missione di portare la bellezza in tanti luoghi e convertire tanti cuori. Geraldo Lisbona, 2012 35 Più che fare l'arte nuova, oggi, occorre vivere in modo nuovo l'arte. Ciò richiede non solo la conversione del cuore, ma soprattutto dell'intelligenza estetica e della creatività artistica. All'artista viene perciò chiesto un passaggio: dall'arte come espressione di sé, all'arte come ministero ecclesiale. Il Centro Aletti è un luogo dove tutto questo è di casa. Luigi Chiampo, 2012 36 Sono grato di cercare insieme a voi la Bellezza, quella che non passa, quella che desidera l’unione e non l’uniformità tra Dio e l’uomo. Marco Ringrazio Dio, che ci dà la possibilità di vivere e lavorare insieme. Vorrei ringraziare per il fatto che possiamo gustare quello che oggi solo l’archeologia chiama: “casa-chiesa”. Significa una cosa semplice: la vita, il lavoro e le relazioni vissute intorno al Sangue e al Corpo di Cristo. Perché è Lui il punto di partenza e il punto d’arrivo, il primo e l’ultimo. Spero che da questa esperienza emergano altre “case-chiese” nel mondo ... e forse anche nel mio paese. Jiři 37 Dall’ultimo bollettino, considerando che in mezzo c’erano pure le vacanze, potremmo riempire lo spazio già solo con l’elenco dei cantieri fatti, che da maggio a oggi sono ben 9. Sui metri quadrati non possiamo mai essere troppo precisi, perché siamo ogni volta in balía del nostro grande pedagogo che, secondo una valutazione psicologica fatta a colpo d’occhio sullo stato dell’atelier, ci fa credere che i metri da fare siano di più o di meno, sulla base di quello che sarà bene per noi! Difficile raccontarli tutti, ma difficile pure non raccontarli, perché quest’anno più che mai ciascuno di loro è stato così particolare che sembrerebbe quasi un’offesa non menzionarne esplicitamente qualcuno. 1. Alla fine di aprile abbiamo fatto il mosaico nell’infermeria dei padri gesuiti a Roma. In quella Presentazione Tainach/Tinje, 2012 al tempio e nell’attesa di Simeone che alla fine della vita può finalmente ricevere il Salvatore tra le mani c’è ogni attesa, anche la lunga attesa di questo mosaico che in un bellissimo biglietto i padri della comunità hanno reso eloquente e tanto simpatica. 2. A metà maggio si parte per un tour di tre mosaici, in Francia, Spagna e Portogallo, così si risparmia tempo e benzina. Le forze un po’ di meno, ma queste costano meno. La prima tappa è stata Tarbes, vicino a Lourdes, dalla congregazione delle Figlie di Nostra Signora dei Dolori. Questa è stata una commedia a tutti gli effetti. Non si possono spiegare le telefonate fatte per riuscire a far consegnare le pallets con il materiale. Ad ogni telefonata sembrava che non ci fossimo parlati due ore prima sempre le stesse persone, ma alternate, così che ognuno aveva informazioni continuamente diverse. E la domanda era: uno di noi è fuso, ma chi??? In compenso il mosaico con il primo esperimento di torre eucaristica è riuscito così bene che ci siamo meritatati una bellissima scatola di cioccolatini francesi. 38 3. Da Tarbes a Idanha, vicino a Lisbona, nella cappella della casa di salute mentale delle suore ospedaliere. (...) 4. Il nostro giro si è concluso a Gijon, dove abbiamo realizzato la Cappella del Santissimo. (...) 5. Al rientro, giusto il tempo di un respiro e nel giro di dieci giorni siamo ripartiti per Chiampo, vicino a Vicenza, dove questa volta eravamo certi che ci aspettavano almeno 400 mq per il santuario del beato Claudio Granzotto, frate minore e scultore. (...) Siamo riusciti anche a non vestire san Francesco come un cappuccino, che era la più grande preoccupazione che serpeggiava tra i frati! 6. Dai cappuccini invece ci siamo riservati l’impresa di agosto, mese perfetto per riprendere a pieno ritmo dopo le vacanze di luglio. Ma per noi i cappuccini sono sempre i cappuccini, e al Collegio S. Lorenzo da Brindisi a Roma cominciava da lì a poco il loro Capitolo. Mica lo potevano fare senza il mosaico dell’abside, no? (...) 7. Con un’altra corsa contro il tempo, a settembre siamo partiti per l’Austria in una casa di esercizi vicino a Klangenfurt, il cui responsabile ha cominciato a chiedere il mosaico quando la posta elettronica ancora non esisteva e perciò ci ha letteralmente subissato di fax che oggi davvero mi pento di non aver conservato perché ne avremmo fatto un bel volume! (...) 8. Da Tainach a Maribor, per un bel mosaico all’aperto in una stagione che non è esattamente la migliore per la zona. Ma, diciamo la verità, il tempismo quest’anno non è stato il nostro forte, perché anche andare in Romania alla fine di novembre non è una gran geniata… Grazie a Dio, in Slovenia ci è andata più che bene, a parte una tempesta di vento e pioggia che ha convinto perfino il nostro pedagogo a farci scendere Maribor, 2012 di corsa dall’impalcatura! (...) 39 9. Dulcis in fundo, un bellissimo mosaico dalle Suore Preziosine nella loro casa per ferie... pubblicità sotterranea per invitarvi a fermarvi lì quando venite a Roma! È durato troppo poco per quanto era bello starci, ma immaginate che abbiamo trovato una superficie almeno doppia di quello che da sempre si diceva parlando del piccolissimo mosaico che ci aspettava lì… Forse era meglio farla subito quando ce l’avevano chiesta, dato che nell’attesa si è arrivati a decidere di coprirla tutta. Piccolissimo è rimasto solo il tempo a disposizione… dal bollettino di Natale 2012 Beati noi a cui è permesso di essere pietruzze di Dio. Beato te, povero padre Rupnik, che da Lui hai ricevuto il dono di avvicinarci a ciò che è l’essenziale. Roma, 2012 40 Oscar Bologna, 2013 Ranica, 2013 Siamo tornati dai 250 mq di Bologna avendo fatto anche i 50 mq di Ranica, creando il cantiere nel cantiere... approfittando del fatto che il gruppo al gran completo è una gran forza. (…) È evidente che la concentrazione su due fronti ci è costata un po’… ma è stato molto “liberante” cancellare in un solo colpo due attese dalla lista e potersi concentrare sul prossimo lavoro, il nuovo centro dedicato a Giovanni Paolo II a Cracovia. (...) Guardando il gruppo che lavora non si può non dire grazie a Dio che alla fine porta a compimento tutto sempre in tempo. Grazie a Dio per tanta grazia di entusiasmo, di solerzia, di capacità artistica e pure fisica di lavorare perché, dopo tanti giorni di ritmo sostenuto, ancora ognuno riceve una “ricarica” per non tirarsi indietro. E, d’altra parte, davanti alla grazia immensa che è una vocazione così, alla fine l’unica cosa che puoi 41 offrire è proprio quella gran fatica che ti porti a casa a conclusione di un’opera, fatica che rimane la garanzia di fare questo per vocazione e non per lavoro, fatica senza la quale sempre rischieremmo di prenderci per ciò che non siamo. Fatica che Dio custodisce perché ha insegnato a noi a custodirla senza farla scoppiare in reazioni a catena. Ed è proprio la custodia di questa fatica a ricordarti che il dono ricevuto non è tuo, e che perciò un cantiere non può mai diventare una bella vacanza dove sempre ti ricevono in posti belli, ti accolgono come un ospite tanto atteso e fanno a gara per darti il meglio che c’è. Ogni cantiere rimane il momento più bello perché è il luogo dove si consuma il dono che ti è fatto e, mentre si consuma, non puoi far altro che continuare a ringraziare Dio per tutte le attenzioni che nel frattempo ricevi e che non ti sono dovute (...) Ma il termine di ogni opera è sempre maestoso, è sempre un congedo ed è sempre più un grande grazie a Dio per gli artisti che ha messo insieme in questo atelier sempre più variegato e sempre più “a conduzione familiare”. Krakow, 2014 Krakow, 2013 42 dal bollettino di Pasqua 2013 Velehrad, 2013 Uno sguardo sull’arte, un guardare il cuore degli altri ... ho trovato un dono per arricchire la Chiesa di ciò che era perduto! Grazie per essere parte di questa storia! Adriano Nella espressione dell’arte, nella profonda intimità con la parola, p. Rupnik ci insegna a raffigurare sulla parete la testimonianza di Dio stesso. Melania Niš, 2013 43 Nel Centro Aletti sento una cosa molto forte: che accolgo tutto da Dio, perchè ogni cosa che vivo qui è un dono di Dio. Xinai Vrhpolje, 2013 Mi sono chiesto tante volte che significato avesse per un sacerdote dedicarsi all’arte. Qui ho capito che fare arte cristiana è un servizio che consiste nel rendere visibile il mistero di Dio attraverso la materia. La pietra, il lavoro, la fatica, la creatività e il tempo diventano un'offerta a Dio per il bene della Chiesa; diventano un'offerta eucaristica. Un po' mi accorgo che fare arte è in fondo una cosa sola con quello che si celebra all’altare. E come all'altare non si celebra se stessi e da soli, cosi anche non si può fare arte cristiana per celebrare se stessi e da soli. Nell’atelier del Centro Aletti, attraverso tante feconde amicizie, ho avuto occasione di comprendere più profondamente la mia vocazione e di viverla in comunione con gli altri. È una grazia immensa poter morire a se stessi per risorgere dentro il Corpo di Cristo che è la Chiesa. Di questo sono grato a Dio e a tutti quelli con i quali condivido la mia vita. Roberto 44 Litija, 2013 Szentkút, 2014 Come non dire che nell’ultimo cantiere abbiamo fatto il giro delle cantine del posto? Però di sera, dopo il lavoro! Ma a Vrhpolje ogni casa ha la cantina e produce un ottimo vino… E benchè lì ci abbiano aspettato solo per 12 anni – secondo i calcoli di Rupnik, che chi lo conosce bene sa che contengono sempre una certa dose di arrotondamento (sempre difficile valutare se in più o in meno…) – l’accoglienza ricevuta evocava piuttosto un’attesa escatologica, di quando finalmente berremo il vino nuovo nel regno dei cieli. (...) Dopo questi 180 mq, i 50 mq di Litija – sempre in Slovenia – ci sono sembrati uno scherzetto e così ben allenati abbiamo finito in due giorni, tutto perfettamente sincronizzato al punto che smontavano l’impalcatura da una parte che ancora si finiva di lavorare dall’altra, sperando che non togliessero il tubo portante... Stavolta con questo bell’incastro 45 siamo riusciti a risparmiare un viaggio… recuperando i duemila kilometri in più che ci siamo fatti a settembre, dove l’incastro non è riuscito così bene! Eravamo partiti per la Serbia prevedendo di concludere lì due cantieri per passare direttamente in Repubblica Ceca a montarne un altro più piccolino. Per ovviare a dei ritardi nella consegna dei lavori preparatori dopo il primo cantierino, invece di stare con le mani in mano siamo partiti per Velehrad e, finito lì, siamo tornati in Serbia sperando di poter cominciare il secondo che invece era un cantierone. Comunque non erano ancora pronti, abbiamo fatto quel poco che si poteva e siamo tornati a Roma… per ripartire meno di una settimana dopo per la stessa destinazione. Quindi dopo il tour Bologna-Bergamo-Bologna ci siamo allargati alla Serbia-Cechia-Serbia. Del grande lavoro che devono fare i nostri angeli custodi vi racconterò la prossima volta. In questi ultimi mesi hanno avuto un bel da fare tra punti in testa, gomme esplose e schegge negli occhi, ma ci hanno custodito bene. Il prossimo cantiere sarà Cracovia e lì sappiamo di poter contare soprattutto sulla protezione di Giovanni Paolo II. Portiamo nel cuore sempre tanta gratitudine per ciò che possiamo vivere, lo ripeto ogni volta, ma è vero che viviamo in un fiume di grazia dove tutto ci continua a riportare all’amore del Padre che ci permette di vivere così, insieme, da figli. Buon Natale, ve lo auguriamo da bambini! dal bollettino di Natale 2013 FALEMINDERIT. Grazie. Grazie di farmi sentire parte di questa bellezza. Artur 46 Ma la bellezza che cosa è, se non aggrapparsi insieme su un muro più grande di tutti noi per coprirlo con le pietre, gli smalti e l'oro, rivestirlo di rosso e blu e farlo passare nell'eternità, dove anche la materia avvolta nell'Amo re rimane per sempre, perché divinizzata? Grazie, padre Marko! Lucjan Paris, 2014 47 Anche i trecento mq di Castanhal sono archiviati. In una settimana i 19 prodi sono riusciti a portare a termine, e stavolta pure senza affanno, una parete che all’inizio ci si presentava proprio come un muro, vuoto e duro. (...) Dei miliardi di zanzare non se ne sono viste che il minimo necessario, dato il luogo. “Ma milioni erano!”, mi corregge il catastrofico ottimista. Dei 40 gradi previsti, promessi e minacciati, ce ne sono stati dati molti di meno. “Solo un po’ di meno”, dice lui, “mica con 35 si scherza!” Dell’umidità terrificante non abbiamo avuto troppa percezione. “Ma che dici, invece di annegare abbiamo potuto anche respirare”, precisa sempre lo stesso soggetto... Le sudate pazzesche hanno riguardato soprattutto Castanhal, 2014 le stazze più abbondantine. “Ma non è vero, abbiamo sudato tutti, almeno quelli che lavoravamo!!!”. Ma certo, ci credo che abbiamo sudato come pazzi, e lo dice lui a capo della banda che, per non raffreddarsi, spegneva tutti i ventilatori installati a ogni piano appositamente per non sudare. Ma come si fa a raffreddarsi se sono 40 gradi e quella che gira continua a essere aria calda??? (...) Mi sembra sempre di più che la parete, quasi come quella che si trova davanti chi scala, ad un certo punto ti risucchia, ti coinvolge, concentra la tua attenzione e la tua passione – nel senso più nobile del termine direbbe Rupnik! – e ti conduce secondo un ritmo che è tutto tuo, talmente personale da annullare le condizioni sfavorevoli. Diventa la misura di come ti lasci coinvolgere per diventare ciò che fai e non per il principio che le cose bisogna farle bene, esserci dentro e crederci, ma perché il mosaico ti costringe continuamente a uscire da te. La pietra non è morta ma è come un cacciavite che stringe chiedendoti se ci sei e perché lo fai e in qualche modo fa uscire la tua verità. Credo che abbia questo “ultimo tocco” di far uscire ogni nostra inconsistenza. dal bollettino di Natale 2014 48 “E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia... Romani qui residenti ... e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio” (At 2, 8-11). Un aspetto molto singolare e divertente del Centro Aletti è la confluenza, in uno spazio ridotto, di persone provenienti da luoghi molto diversi, tanto da poter dire che qui il mondo intero è rappresentato. Il rischio di una comunità così eterogenea è, però, che possa presto trasformarsi in una “Babilonia”. Il Centro Aletti è, invece, più assomigliante alla situazione della città di Gerusalemme descritta all’inizio degli Atti degli Apostoli, dove erano presenti persone di svariate nazionalità: siamo italiani, sloveni, spagnoli, polacchi, cinesi, brasiliani, ecc ... eppure, qui, ciascuno ha la possibilità di sentir parlare nell’unica lingua nativa ricevuta gratuitamente al momento della nostra rinascita battesimale: la carità. È un alfabeto che travalica qualsiasi confine nazionale o limite grammaticale e che permette di sperimentare sulla propria pelle la bellezza dell’universalità della Chiesa. Grazie a Dio, a padre Spidlik, a padre Marko e a tutto il Centro Aletti per la possibilità di vivere tutto questo. Filippo L’umanità si frantuma in nome di fantomatiche ideologie e presunte fedi. Qui, per dono, gusto la concretezza di uomini e donne “disarmati” dalla misericordia di Dio, che insieme desiderano trasmettere la bellezza dell’essere Corpo di Cristo. Grazie! Sara Casciago, 2015 49 Washington, 2015 Una delle cose di cui sono più grato, e che sto lentamente apprendendo in questa esperienza all'atelier, è l'ascolto al gemito della creazione che attende e chiede di essere lei pure liberata. Scopro che la trasfigurazione della materia può avvenire solamente attraverso una vita di comunione, in un tessuto variopinto di relazioni che solo lo Spirito Santo ha la forza misteriosa di armonizzare. Di questo rendo grazie al Signore, al Centro Aletti, a padre Marko. Paolo 50 Come è miracoloso il modo di vivere quando Dio ti dà l'opportunità di essere parte di qualcosa di più grande. Far parte di una comunità, di un gruppo pieno di amore e di fratellanza che vive e lavora con fede e umiltà è un dono che ha cambiato le nostre vite e ci ha portato in un nuovo mondo, un mondo sereno e tranquillo, ma entusiasmante. Padre Marko è diventato il nostro grande amico e la guida nella vita spirituale e di questo noi di Bokart gli siamo grati. Daniel 51 Era più o meno l’anno 1997. Stava crescendo in me l’interesse per l’architettura e l’arte spirituali, mi aveva molto impressionato la visione del film di Tarkovskij su Andrej Rublëv in cui arte e vita del monaco/artista erano tutt’uno alla presenza di Dio e della dura storia del popolo russo. Ero dunque passato in Gregoriana per vedere le tavole del pittore georgiano Irakli Parjiani, icone contemporanee di grande fascino. Uscendo nell’atrio mi cadde lo sguardo sulla locandina che annunciava per quell’ora di quel giorno la presentazione del volume “Dire l’uomo” in Aula Magna. Entrai, stavano iniziando a parlare gli autori, padre Špidlík e padre Rupnik. Una autentica musica spirituale mi travolse...Acquistai dal banchetto di Lipa, all’ingresso, il volume “L’arte, memoria della comunione”. Mi aveva colpito questo titolo suggestivo ed anche un po’ misterioso per me allora. Lo lessi con trasporto almeno due volte e quel libro mi spalancò dinnanzi la visione vertiginosa dell’arte spirituale che P. Marko traeva dal poeta Vjačeslav Ivanov, un’arte lanciata dalla terra ad esplorare il cielo per tornare intrisa di umiltà e di grazia sulla terra. Per un ancora giovane architetto cresciuto nell’idea di un’arte autoaffermativa e gravida di implicazioni sociali, era una autentica metanoia! Cercai lungamente P. Marko, incrociandolo a convegni, lezioni, liturgie fino a quando si arrese alla mia insistenza, invitandomi ad accompagnarlo in un viaggio in auto verso il nord Italia. Parlammo, parlammo a lungo: nacque un’amicizia, che ancora oggi mi onora, e qualche tempo 52 dopo si instaurò tra noi anche una collaborazione professionale che dura tutt’ora e che a me ha dato un sostegno spirituale ed anche umano formidabili. Ho così conosciuto il Centro Aletti, i Padri, le sorelle, l’Atelier con i suoi artisti, le mille pietre colorate di questo mosaico umano. Con Simonetta, mia moglie che aveva ad un certo punto preso ad accompagnarmi nelle visite a Via Paolina, ci accorgemmo che ogniqualvolta eravamo invitati al Centro, per partecipare ad un’ Eucarestia, o cenare con la Comunità o anche semplicemente ci trovavamo a scambiare pensieri con una sorella, un Padre o un artista, quando uscivamo alla fine dal portone l’ impressione più profonda e duratura che restava dentro di noi era un senso di cura, di pienezza, di pace. Il Centro Aletti è come un alveare dove api industriose ininterrottamente atterrano col nettare e volano via di nuovo portando il miele. Le persone che oggi trovi qui, domani possono essere dall’altra parte del mondo, ma lo spirito di comunione e di preghiera che cementa questo piccolo popolo e contagia tutto e tutti si chiama Spirito Santo. Sono cresciuto nel solco di questa amicizia, nutrito dalle letture che P. Marko mi ha suggerito per scrutare in profondità il cuore dell’uomo e quello di Dio. È sorprendente come l’architettura, l’arte, la ricerca sulla liturgia, la comunione, l’allegria e insieme il duro lavoro vissuti in questi quasi vent’anni siano sgorgati da mille vene, mescolando le loro acque con meravigliosa naturalezza. Un’arte ed un’architettura che non calano dall’alto della cultura, ma salgono dal basso del popolo di Dio, richiesti fino allo sfinimento da parroci di montagna o da piccole congregazioni religiose, un’ arte che nasce nel cuore vivo della Chiesa e si mette al suo servizio. Siamo testimoni con gli amici artisti dell’Atelier che proprio su questa frontiera può rinascere miracolosamente il “bel composto” berniniano, un’esperienza artistica totale a lode di Dio andata dolorosamente, ma forse provvidenzialmente, in frantumi dopo la stagione del Barocco. L’arte che diventa il “tu” dell’architettura e viceversa. E tutto poi confluisce mescolato con il canto e l’incenso, nella Santa Liturgia che lega la terra al cielo. Ho visto il popolo di Dio a Milano o a Rijeka piangere di commozione davanti ai nuovi mosaici dell’Atelier Aletti svelati nelle omelie d’inaugurazione tenute da P. Rupnik. Sì, posso dire come un pio ebreo nella notte di Pasqua : “Dajenu, questo ci sarebbe bastato”! Paolo Marciani 53 Come se l’arte mi attirasse da sempre. Il contatto con essa e con gli artisti mi suscitava da sempre una gioia particolare. Come se avessi cercato per tanto tempo un posto penetrato dall’arte, un posto, dove si crea insieme, nella comunione... Al Centro Aletti ho trovato la mia vita. Andrej Un profondo senso di gratitudine, per aver gustato, in questi pochi anni di amicizia nel Centro Aletti, la Bellezza di una Vita che, attraverso il lavoro quotidiano, si sviluppa e cresce, non come una costruzione solida, compatta, precisa e definita, ma come un organismo vivente che, costituito da molteplici membri e giunture, costantemente in movimento fra di loro, rende preziose persino quelle ferite strutturali dell'Esistenza, trasformandole in feritoie da cui lasciar trasparire l'attraente Luce dell'Eternità da cui proveniamo. Fabiana 54 Sapendo che la cosa più importante probabilmente rimane nel mio cuore senza riuscire ad essere espressa, ringrazio soprattutto perché posso sperimentare l'integrità spirituale della mia vita. Mi è stato donato un luogo e un tempo dove accogliere l'unità della mia vita: non c'è stacco fra il lavoro, la vita spirituale e l'amicizia. Il Signore si è servito di questa casa e di questa vocazione artistica per farmi conoscere la vita nuova in Lui che mi ha redento, una vita piena d'intensità, vivificante per gli incontri e le profonde condivisioni nella Chiesa. La dedizione al lavoro dell'architettura della Chiesa costituisce il frutto visibile, l'ispirazione di questa unità, un mezzo “sacramentale”. Sono tanto grata al Signore per questa bella brezza nel mio cammino di pellegrina verso l'eternità dove di sicuro rimarrà la comunione vissuta qua tra tutte le cose, e soprattutto tra tutte le persone, perché qui, nonostante le nostre limitazioni, agisce fortemente lo Spirito per cui tutto è vissuto dall'Amore. Elvira In occasione dei vent'anni dell'atelier vogliamo fare arrivare un GRAZIE di cuore anche dalle Ande in Perù dove un gruppo di venti artisti peruviani lavora da alcuni anni ispirandosi all'arte per la Chiesa e nella Chiesa che il padre Marko e i suoi collaboratori ci hanno fatto conoscere, assaporare. Il mosaico, fatto e vissuto sullo stile del Centro Aletti, ci ha fatto finalmente trovare ciò di cui la nostra scuola della missione aveva bisogno: esprimere attraverso l'arte il desiderio di Cielo, di un Padre buono, il desiderio di vivere questo Amore nella Comunione fra di noi, nel rispetto, nel lavoro duro e silenzioso, un lavoro che a fine giornata ti riempie il cuore. (...) Come direttrice di questa piccola scuola d'arte davvero vedo in questo legame un regalo del Signore, è lui a guidarci e metterci sul cammino persone buone che ci possano correggere e sostenere. Come moglie e mamma ringrazio di poter vivere l'esperienza in missione fra i poveri, una vita semplice lontana da tante distrazioni, una vita immersa nell'arte con la libertà di poter scegliere, sognare cose grandi, per i miei figli, la famiglia, per i ragazzi che lavorano nella scuola, che è anche la nostra casa. Ed è questo che ho respirato passando spesso da Roma in quel piccolo “angolo di Paradiso”. Entrando la prima volta mi sono commossa ed ho pensato: ecco quello che cercavo, Signore ... l'arte, i colori, le pietre, l'affetto delle persone che lavorano con il sorriso e sempre un'attenzione per noi. Matilde e tutta la scuola d’arte Don Bosco delle Ande in Perù Grazie, p. Marko, perché ci aiuti a trovare una luce che ci porta a vivere in amicizia come fratelli, e che illumina ognuno per rivelare l’amore verso Dio e verso il prossimo. Jorge 55 “Tutto ciò che fa bella Afrodite terrena, la gioia delle case e dei boschi e dei mari, tutto unirà la Bellezza celeste in un modo più puro, più forte e più vivo e più pieno.” (V. Solov’ëv) Centro Aletti, novembre 2015 56
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