APOCALYPSE NOW / HEART OF DARKNESS Marco De
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APOCALYPSE NOW / HEART OF DARKNESS Marco De
APOCALYPSE NOW / HEART OF DARKNESS Marco De Baptistis Introduzione Nel 1979, dopo una genesi produttiva travagliata, esce sugli schermi americani un film che rimarrà nella storia del cinema, Apocalypse now di Francis Ford Coppola1. Il film è basato sul libro Heart of Darkness, Cuore di tenebra, scritto nel 1902 dello scrittore polacco, naturalizzato inglese, Joseph Conrad2. Il successo economico del film ripara solo in parte gli sforzi e le fatiche affrontate per realizzarlo, ma consegna alla storia del cinema uno dei suoi più grandi capolavori. Nel 2001, ventidue anni dopo la sua uscita, un’altra versione del film - più lunga di tre ore e 20 minuti – è realizzata con il titolo di Apocalypse now Redux. "Redux" in questo caso vuole dire "ritornato", come da un prolungato esilio o da una battaglia. L'Apocalisse ritorna nelle sale cinematografiche per merito della Miramax. Il film si stava inesorabilmente deteriorando nelle poche copie su pellicola rimaste; la nuova versione restaurata ci permette di ammirare lo stupendo cromatismo del film, merito della fotografia di Vittorio Storaro. È interessante notare come il fascino del libro di Conrad si trasmetta come un virus nel film di Coppola, la cui sconcertante attualità è tutto oggi innegabile. L’adattamento molto riuscito dal testo letterario al testo filmico arricchisce di nuove prospettive il binomio colonialismo/guerra, su cui si gioca il rapporto tra i due 1 Regia:Francis Ford Coppola, Sceneggiatura:Francis Coppola e John Milius, Fotografia:Vittorio Storaro, Scenografia: Dean Tavoularis, Costumi:Charles E. James, Musica:Carmine Coppola e Francis Coppola, Montaggio:Walter Murchs, Prodotto da:Francis Coppola e Kim Aubry, (USA, 1979-2001), Durata:202’,Distribuzione cinematografica:Buena Vista International Italia. Interpreti:Colonnello Walter Kurtz: Marlon Brando; Capitano Willard: Martin Sheen; Colonnello Kilgore: Robert Duvall; Chef: Frederic Forrest; Mr. Clean: Laurence Fishburne; Roxanne de Marais: Aurore Clement; Hubert de Marais: Christian Marquand; Reporter: Dennis Hopper 2 Joseph Conrad, pseudonimo di Teodor Jòzef Konrad Korzeniowski (Berdicev, Ucraina, 1857- Bishopsboume Kent, 1924) 1 testi, e lo fa mettendo in evidenza un livello non solo tematico, né solamente figurativo, ma un livello intermedio che possiamo chiamare figurale3. In questa prospettiva le diverse edizionI del film, originale e redux, appaiono come una sorta di fisarmonica. Possiamo aggiungere o togliere delle scene che arricchiscono di figure l’impianto generale del film, mostrando o nascondendo “le tenebre”, sviando o continuando ad aprire parentesi sul viaggio dei protagonisti, attualizzando le guerre o gli interessi coloniali, con una nemmeno tanto indebita proiezione degli eventi odierni, in un’ottica sociosemiotica attenta alla vita, al dialogo o al “ballo delle muse”4 che i testi intrattengono tra loro. "Cuore di tenebra" è anche il titolo un articolo sull'Iraq apparso sul Wall Street Journal del 2 aprile di Christopher Hitchens, giornalista e saggista americano. Il giornale L a Repubblica per non essere da meno pubblica un commento sulla morte di Nick Berg, ostaggio americano giustiziato in Iraq, a firma di Vittorio Zucconi dallo stesso titolo: "Cuore di tenebra". Leggere sui giornali o vedere in televisione riferimenti a questa parabola sulla guerra e sul colonialismo occidentale, dimostra la forza e l’attualità dei testi e la possibilità di citare nel discorso giornalistico o politico dei testi di fiction che metaforizzano gli eventi odierni in un ottica di comunicazione interculturale. 3 Per la definizione del termine figurale intendiamo rifarci alla definizione di Zilberberg, nel secondo tomo del Dictionnaire raisonné de la théorie du langage del 1986, trad. it parziale a cura di Pierluigi Basso in « Per un lessico di semiotica visiva » in Leggere l’opera d’arte II: dal figurativo all’astratto, a cura di Lucia Corrain, p.114: “ci sembra auspicabile sostituire la coppia figurativo/non-figurativo, conformemente a un principio di deiescenza costitutivo del percorso generativo, con la coppia figurale / figurativo. Dato che la semiosi ha, non meno della natura, “orrore del vuoto”, il confronto non ha luogo tra la negatività del non-figurativo e la positività del figurativo, ma tra due modi di figurazione Dal punto di vista epistemologico, questi due modi partecipano di una correlazione che iscrive il figurale come costante e il figurativo come variabile. Di questo (s)fondo figurale, inattaccabile perché presupposto, il quadrato semiotico, con la sua geometria, i suoi percorsi, le sue immersioni, le sue risalite, è un esempio familiare. Il f i g u r a l e è ciò a cui rinviano i manuali scolastici con l’espressione senso figurato, a patto di omologare: senso figurato : senso proprio : : figurale : figurativo. Infine, le figure non sono separabili dai valori e la tipologia delle figure sarà in qualche modo omotetica a quella dei valori, non appena questa sarà stabilita. 4 Jurij Lotman, Il girotondo delle muse. Saggi sulla semiotica delle arti e della rappresentazione, Moretti & Vitali, Bergamo,1998 2 Quello che qui ci interessa però, è di mettere a confronto il libro di Conrand e il film di Coppola per vedere come, aldilà delle differenze tra i due testi, ci sia un substrato figurale comune che scorre lungo il fiume del senso. Vedremo come, con strategie diverse e mezzi propri, i vari testi mettono in scena il rapporto di ricerca-conflitto e ammirazione-disprezzo tra Willard/Marlow e Kurtz. In particolar modo prenderemo in esame la parte iniziale e finale del romanzo e del film, mostrando come lo spazio del viaggio sia organizzato come uno spazio figurale, con una propria assiologia patemica ben definita messa in relazione semisimbolica con contrasti cromatici ed effetti di indeterminatezza, dissolvenza e sfocatura. Heart of Darkness 1. Strategie enunciative e trasformazione patemica nell’inizio del libro Il libro è scritto in prima persona; c’è un io narrante che descrive gli eventi, ci fa conoscere i personaggi e ci introduce al narratore diegetico degli eventi Marlow, un uomo di mare, un attante competente e portatore di conoscenza e sapere. I quattro personaggi sono su una barca ormeggiata sul fiume Tamigi. La descrizione della discesa della sera sul fiume diventa una messa in scena dell’isotopia cromatica dominante del romanzo: luce vs oscurità. Da un lato abbiamo le luci della grande città sullo sfondo, dall’altro abbiamo la notte che avanza: And at last, in its curved and imperceptible fall, the sun sank low, and from glowing white changed to a dull red without rays and without heat, as if about to go out suddenly, stricken to death by the touch of that gloom brooding over a crowd of men.5 La descrizione del narratore sembra innescare il racconto di Marlow, così come una macchina da presa filmerebbe il paesaggio, per poi fermarsi dopo una lunga carrellata sul personaggio che prenderà la parola. 5 Joseph Conrad, Heart of Darkness, 1902, Electronic Text Center, University of Virginia Library, 1993 3 Il libro di Conrad funziona come un gioco di scatole cinesi6, in cui l’enunciazione enunciata del narratore personaggio di cui non sappiamo il nome ma che potremo chiamare x - riporta un’altra enunciazione enunciata interna, un débrayage enunciazionale di secondo grado del protagonista degli eventi, Marlow. Egli, prima di iniziare a raccontare un episodio della sua storia, ci racconta un’altra storia più antica, quella dei coloni romani che risalirono per primi il Tamigi, delle loro paure nel trovarsi così lontano da casa in una terra selvaggia, sconosciuta e inesplorata. Marlow conclude presto la sua breve storia sui romani, la quale ha un curioso effetto di anticipazione rispetto agli eventi di cui andrà ben presto a parlare e di cui è stato testimone in prima persona. La storia dei romani però aveva anche una funzione di ricordo del passato, che riprende la situazione in cui si trovano i cinque personaggi in barca nel tempo presente del racconto. Anche loro stanno risalendo il Tamigi come avevano fatto più di mille anni fa i romani. Lo stato d’animo dei cinque è molto diverso da quello degli antichi coloni: tranquilli e rilassati i primi, impauriti e timorosi delle insidie i secondi. Lo stato patemico dei personaggi in barca sembra cambiare seguendo i cambiamenti atmosferici dell’ambiente esterno. Calano le tenebre e sembra riaffiorare, nelle parole del narratore x, l’ombra dei personaggi storici che sono partiti da quel fiume verso mete sconosciute da cui non hanno fatto più ritorno. Siamo in un momento di incertezza temporale, il passato e il presente sembrano oscillare in una sorta calma spaziale, momento estesico di contemplazione/ascolto e di stasi motoria (la barca è ferma in mezzo al fiume al tramonto), da cui la voce di Marlow ci strappa via per rituffarci nel racconto. Riassumendo: avremo un tempo presente del racconto in cui si colloca prima il racconto dei romani (débrayage enunciativo interno), poi si ritorna al tempo presente (embrayage) i n cui la situazione emotiva interna (interocettività) degli ascoltatori (simulacri dell’enunciatario) è cambiata, così come è cambiato il tempo atmosferico (estrocettività), si è così predisposti al 6 Questa caratteristica del romanzo di Conrad è messa in evidenza anche nell’introduzione all’edizione italiana del libro edita da Fertrinelli, ad opera dello scrittore Alessandro Baricco. 4 viaggio nel cuore di tenebra, il racconto dell’esperienza di Marlow (simulacro del narratore). Il primo racconto fa da parabola, nel senso di condensazione narrativa, del secondo racconto7 che ora può finalmente incominciare. 2. Il fiume serpente e lo spazio figurale "Now when I was a little chap I had a passion for maps. I would look for hours at South America, or Africa, or Australia, and lose myself in all the glories of exploration. At that time there were many blank spaces on the earth, and when I saw one that looked particularly inviting on a map (but they all look that) I would put my finger on it and say, When I grow up I will go there. The North Pole was one of these places, I remember. Well, I haven't been there yet, and shall not try now. The glamour's off. Other places were scattered about the Equator, and in every sort of latitude all over the two hemispheres. I have been in some of them, and . . well, we won't talk about that. But there was one yet--the biggest, the most blank, so to speak-that I had a hankering after. "True, by this time it was not a blank space any more. It had got filled since my boyhood with rivers and lakes and names. It had ceased to be a blank space of delightful mystery--a white patch for a boy to dream gloriously over. It had become a place of darkness. But there was in it one river especially, a mighty big river, that you could see on the map, resembling an immense snake uncoiled, with its head in the sea, its body at rest curving afar over a vast country, and its tail lost in the depths of the land. And as I looked at the map of it in a shop-window, it fascinated me as a snake would a bird--a silly little bird. Then I remembered there was a big concern, a Company for trade on that river. Dash it all! I thought to myself, they can't trade without using some kind of craft on that lot of fresh water-steam-boats! Why shouldn't I try to get charge of one? I went on along Fleet Street, but could not shake off the idea. The snake had charmed me.8 In questa porzione di testo viene stabilito lo spazio figurale del romanzo. La similitudine del fiume con il serpente rende conto del movimento ondulatorio della risalita del fiume da parte degli avventurieri verso l’interno della jungla. Il fiume-serpente è apparentemente in riposo ma pronto a mangiarsi i suoi imprudenti avventori come se fossero uccellini. La forma del fiume-serpente non consente di proseguire dritto, ma obbliga a deviazioni continui 8 Joseph Conrad, Heart of Darkness, ibid 5 spostamenti, u n a pista tortuosa e pericolosa da seguire.Entrare nella bocca del serpente/foce del fiume significa entrare nell’avventura, in uno spazio interno, dentro le viscere del serpente, uno spazio oscuro in cui ci si può perdere. 3. Bianco vs Nero, opposizione cromatica di base del romanzo Ci sono certe zone che da bambino Marlow vedeva nelle carte dell’Africa e che chiamava "zone bianche" perché non ancora esplorate. Il viaggio in questa zona bianca diventerà un viaggio verso un buco nero. Questa trasformazione del bianco in nero è un’isotopia figurativa ricorrente in tutto Cuore di tenebra Il bianco è una potenzialità aperta della struttura caricata di valore positivo, un voler-sapere associato alla giovinezza e all’innocenza. Dal bianco potenzializzante del virtuale, Marlow passa alla conoscenza dell’età adulta, le carte geografiche si riempiono di nomi, di definizione, per questo però, non diventano affatto più chiare, anzi, diventano più oscure. Operazione principale della colonizzazione è nominare o ribattezzare le cose, farne una mappa. Il nome in questo caso è inadeguato a chiarire cosa si nasconde dietro alle definizioni e alle parole, dietro alla civilizzazione di zone sentite ancora come selvagge, non completamente domate. I romani scrivevano sulle mappe geografiche hic sunt leones nei luoghi non ancora sotto il loro pieno controllo. Le prime parole messe in bocca a Marlow da Conrad sono: "And this also," said Marlow suddenly, "has been one of the dark places of the earth." Il bianco della luce della civilizzazione che i romani portarono alla Gran Bretagna secoli e secoli fa viene contrapposto al momento iniziale di buio e terrore dei primi navigatori che risalivano il Tamigi. Il bianco è il colore dell’avorio, ovvero ciò che gli inglesi cercano in Africa. Il romanzo nella sua parte centrale mette in evidenza il contrasto tra la luce impietosa del giorno e lo sfruttamento del lavoro, la violenza della “civilizzazione” forzata. È emblematico a questo proposito l’incontro di Marlow con uno schiavo che ha un pezzo di spago bianco legato intorno al collo: 6 He had tied a bit of white worsted round his neck--Why? Where did he get it? Was it a badge--an ornament--a charm--a propitiatory act? Was there any idea at all connected with it? It looked startling round his black neck, this bit of white thread from beyond the seas.9 Subito dopo Marlow incontra il capo contabile della compagnia che mantiene la sua divisa bianca, pulita e in ordine, come per contrasto con la sensazione di malattia e degrado che si avverte nell’aria. È proprio lui a parlargli di Kurtz per la prima volta. Il bianco pian piano scivola verso un’assiologia timica disforica, da potenzialità aperta e indeterminata diventa elemento rapace di sfruttamento e annientamento, così come la luce sembra avere la capacità di distruggere il buio. Nella parte centrale del romanzo il viaggio verso il buio, l’oscurità del non-conosciuto procede e Marlow arriva quasi a trovare un fascino perverso nell’oscurità durante la risalita del fiume. Per rendere conto di questo scivolamento assiologico possiamo citare una piccola parte del romanzo (abbiamo sottolineato in neretto la coincidenza tra cromatismo e stato patemico): Going up that river was like traveling back to the earliest beginnings of the world, when vegetation rioted on the earth and the big trees were kings. An empty stream, a great silence, an impenetrable forest. The air was warm, thick, heavy, sluggish. There was no joy in the brilliance of sunshine10 È dall’incontro attanziale tra il soggetto e la natura che si realizza la costruzione patemica intesa come agire e patire11. La passione si inscrive in uno spazio figurale che, come direbbe Denis Bertrand, fonda il soggetto e lo costituisce cognitivamente12. È nel momento del confronto con Kurtz che l’identità si confonde con l’alterità. Kurtz è visto come genio predatore e come bestia arcaica, luce e ombra. Alla fine vince il buio, nelle parole di Kurtz: “The horror! The horror”. 9 Joseph Conrad, Heart of Darkness, ibid Joseph Conrad, Heart of Darkness, ibid 11 G. A. Greimas e J. Fontanille Semiotica delle passioni: dagli stati di cose agli stati d'animo a cura di Francesco Marsciani e Isabella Pezzini, Bompiani, Milano, 1996 12 Denis Bertrand «Le virtualità dello spazio» in Semiotica in nuce II, a cura di Paolo Fabbri e Gianfranco Marrone, Meltemi, Roma 10 7 Marlow torna a casa in un Europa che definisce un “bianco sepolcro” Tutta la luce gli sembra contaminata dal buio, in una sorta di grigiore morale. Marlow rimpiange i contrasti forti tra luce ed ombra che aveva trovato nella figura di Kurtz. Per ora sospendiamo l’analisi del romanzo e concentriamoci sull’inizio del film di Coppola, per vedere come sono stati adattati, a vari livelli del percorso generativo, questi effetti di senso legati ad un ragionamento per figure, evidenziando le isotopie ricorrenti in entrambi i testi; poi ritorneremo al libro per un confronto più generale, in cui saranno messe in evidenza le differenze tra i due testi e la ripresa delle isotopie comuni. Apocaypse Now 1. Preparazione, ricerca e compimento Possiamo dividere il film in tre grandi blocchi narrativi: 1. il primo consiste nella preparazione al viaggio: il governo degli Stati Uniti affida a Willard (l’equivalente di Marlow nel film), una missione segreta, quella di trovare e “porre fine” al comando di Kurtz in maniera definitiva. Il governo in questo caso è il destinante di un fare pratico, eliminare Kurtz.Willard però si pone da subito come autodestinante di una ricerca di un sapere non finalizzata solamente al compimento della missione, al fare-pragmatico. Il voler-sapere cognitivo si lega ad un valore timico euforico, del soggetto che vuole congiungersi al suo oggetto di valore, la conoscenza di ciò che è oscuro. _. Il punto di passaggio tra il primo e il secondo blocco si apre con la famosa scena della cavalleria dell’aria. Il colonnello Kilgore fanatico del surf viene giudicato da Willard come un personaggio agli antipodi di Kurtz. Il colonnello è sia aiutante che opponente insieme, perché aiuta i nostri a iniziare il viaggio lungo il fiume, ma gli fa perdere tempo con la sua ossessione per il surf. È un punto di passaggio che viene figurativizzato dall’ingresso nel fiume come accesso all’azione e alla missione. È un punto di passaggio dalla fase preparatoria alla ricerca vera e propria. La barca viene letteralmente sollevata e posata sul fiume dagli elicotteri, vero deus ex machina, con sottofondo della cavalcata delle Walkirie di Wagner. 8 2. Il secondo blocco ci mostra la risalita del fiume da parte della barca e del suo equipaggio: il viaggio. Questa fase si conclude con l’attraversamento del ponte di Do Lung, estrema frontiera della guerra, oltre la quale c’è soltanto Kurtz. 3. L’ultima fase è l’incontro risolutore con Kurtz nel suo regno, il confronto, quello che Greimas sulla scorta di Vladimir Propp avrebbe definito la prova qualificante. Questa fase può a sua volta dividersi in due: 3.1 Ricerca del sapere e confronto tra Willard/Kurtz. 3.2 Compimento della missione di Willard con l’uccisione di Kurtz e partenza per ritornare a casa, discendendo il fiume. Per ora ci concentreremo sulla sequenza di apertura del film. Vedremo come le isotopie messe in gioco siano riproposte in tutte il film e come la musica funzioni da ponte tra il romanzo e la sua trasposizione filmica. Questa idea è messa in luce anche nell’analisi del film realizzata da Barbara Grespi.13 L’autrice parla giustamente di una soglia, una sorta di varco incorniciato, di un gioco di cornici in cui la musica e, come vedremo, l’effetto di dissolvenza incrociata forniscono dei punti di passaggio e di tensione tra il piano plastico e il piano figurativo del film. 2. Analisi della sequenza di apertura di Apocalypse Now14 È buio e sentiamo il rumore dell’elica di un elicottero. Il film si apre con l’immagine di un gruppo di alberi nella jungla. C’è un primo passaggio di un elicottero. Si alza della polvere gialla che confonde l’immagine degli alberi. Nello stesso tempo parte la colonna sonora con un pezzo del gruppo musicale The Doors dal titolo The End. Vediamo un secondo elicottero che passa, mentre il cantante dei Doors, Jim Morrison incomincia a cantare: “This is the end…15”. 13 Barbara Grespi “Il racconto dal romanzo al film” capitolo 6 del libro Il prodotto culturale, teorie, tecniche di analisi, case histories, a cura di Fausto Colombo e Ruggero Eugeni, Carocci editore, Roma, 2001 14 Rimandiamo alla tabella di trascrizione dei codici visivi e dei codici sonori della sequenza iniziale del film, presente nel testo “Il racconto dal romanzo al film” di Barbara Crespi a p.163-165 15 Il testo integrale della canzone è questo: 9 Contemporaneamente gli alberi prendono improvvisamente fuoco e la polvere riempie totalmente lo schermo. Terzo passaggio di elicotteri, dissolvenza incrociata in cui compare il volto di Willard in primissimo piano, a testa in giù, sulla parte sinistra dello schermo. Willard apre e chiude gli occhi, mentre un’altra dissolvenza incrociata fa scomparire gli elicotteri e comparire a destra dello schermo un ventilatore da soffitto con pale girevoli. Ricompare la jungla totalmente in fiamme in un’altra dissolvenza a destra. Questa volta la mdp sembra essere lì in mezzo agli alberi, in mezzo al fuoco; scorre da destra verso sinistra mentre Willard apre gli occhi e si porta una sigaretta accesa alla bocca. Di nuovo dissolvenza a destra dove compare il volto di pietra di un idolo pagano, a sinistra rimane sempre il volto di Willard capovolto. Dissolvenza completa dello schermo in cui riappaiono ancora gli elicotteri, poi compiono per un attimo solo le pale del ventilatore, poi di nuovo il volto di Willard. A questo punto le immagini degli elicotteri, della jungla in fiamme, del ventilatore e del volto di Willard sono in compresenza sullo schermo. Le fiamme sono, a livello topologico, sovrapposte a i capelli di Willard, in This is the end / Beautiful friend / This is the end / My only friend, the end / Of our elaborate plans, the end/ Of everything that stands, the end / No safety or surprise, the end / I'll never look into your eyes...again / Can you picture what will be / So limitless and free / Desperately in need...of some...stranger's hand / In a...desperate land / Lost in a Roman...wilderness of pain / And all the children are insane / All the children are insane/ Waiting for the summer rain, yeah / There's danger on the edge of town / Ride the King's highway, baby / Weird scenes inside the gold mine/ Ride the highway west, baby / Ride the snake, ride the snake / To the lake, the ancient lake, baby/ The snake is long, seven miles / Ride the snake...he's old, and his skin is cold/ The west is the best / The west is the best / Get here, and we'll do the rest / The blue bus is callin' us/ The blue bus is callin' us / Driver, where you taken' us / The killer awoke before dawn, he put his boots on/ He took a face from the ancient gallery / And he walked on down the hall / He went into the room where his sister lived, and...then he / Paid a visit to his brother, and then he / He walked on down the hall, and / And he came to a door..and he looked inside / Father, yes son, I want to kill you / Mother...I want to...fuck you / C'mon baby, take a chance with us / C'mon baby, take a chance with us / C'mon baby, take a chance with us / And meet me at the back of the blue bus / Doin' a blue rock / On a blue bus / Doin' a blue rock / C'mon, yeah / Kill, kill, kill, kill, kill, kill / This is the end / Beautiful friend / This is the end / My only friend, the end / It hurts to set you free / But you'll never follow me / The end of laughter and soft lies / The end of nights we tried to die / This is the end. 10 corrispondenza della sua fronte. La mdp fa compiere al volto di Willard, che ora ci appare disteso sul letto in primo piano, una rotazione in senso orario di 270 gradi per poi scomparire in un’altra dissolvenza. Vediamo una carrellata orizzontale da sinistra verso destra che mostra in primo piano: medaglie, foto, libri e alti oggetti appartenenti a Willard, l’immagine di Willard stesso sdraiato sul letto con gli occhi chiusi. Le immagini degli elicotteri continuano ad affiorare sullo sfondo, mentre vediamo, prima a fuoco, dopo in dissolvenza: bicchiere, cucchiaio e poi la mano aperta di Willard sul cuscino con vicino una pistola sempre in primo piano a fuoco e nitida. Stacco e dissolvenza incrociata tra il ventilatore e il volto di Willard in primissimo piano a testa in giù che riapre gli occhi. La musica si attenua fino a scomparire come a voler segnare il punto di risveglio di Willard. Altro stacco e vediamo l’immagine del ventilatore ripresa da un’altra angolazione -sentiamo ancora il rumore degli elicotteri - la macchina da presa compie un movimento verso il basso, rivelando che ci troviamo dentro una camera di un albergo. Stacco sul primissimo piano di Willard, che muove gli occhi, come a voler cercare la ragione del rumore ancora persistente degli elicotteri. Stacco e carrellata in avanti verso la finestra con le veneziane chiuse. Vediamo nell’esterno della camera d’albergo una città orientale – il rumore degli elicotteri si affievolisce fino a sparire - mentre la voce over di Willard dice: “Saigon, cazzo, sono ancora soltanto a Saigon”. La dissolvenza e la compresenza sullo schermo delle immagini crea un effetto tra l’immagine onirica e l’immagine ricordo. Possiamo inferire che le varie scene che si sovrappongono all’immagine del volto di Willard siano delle immagini oniriche, poiché lo vediamo sdraiato sul letto con gli occhi parzialmente chiusi, come in una sorta di delirio ad occhi aperti; nello stesso tempo siamo autorizzati anche a considerarle delle immagini ricordo, una sorta di flash back sugli eventi della sua precedente missione. Le scene in questione però, non sono né sogni né ricordi, sono delle vere e proprie anticipazioni, dei flashforward, di quello che vedremo successivamente nel film, una sorta di riassunto condensato, un trailer interno al film. 11 La jungla in fiamme con gli elicotteri rimanda alla scena della cavalleria dell’aria e del colonnello Kilgore (_). Il volto di pietra in dissolvenza è una rima figurale con il volto di Willard; accostamento di figure che viene ripreso nella scena finale del film, nella partenza del battello per discendere il fiume. Le fiamme sembrano rimandare all’episodio del ponte (2) o comunque ad un isotopia cromatica generale di contrasto tra tonalità calde giallo-rosso e tonalità fredde verde-blu, dal colore della jungla fino ad arrivare al nero della notte. Le immagini sfumano l’una nell’altra creando uno scivolamento del figurativo sul plastico. Gli elicotteri vengono sostituiti dall’immagine delle pale del ventilatore, una sorta di metonimia visiva. Il rumore degli elicotteri fa da collante tra le i due formanti figurativi e permette il passaggio dal flash forward al tempo ed allo spazio diegetico presente. L’oscillazione tra débrayage ed embrayage spazio temporali (non-ora, non-qui vs ora e qui) è accompagnata da un crescendo altalenante della musica. Il movimento rotatorio della macchina da presa sembra coincidere con il movimento del ventilatore. Willard è preso dal movimento del ventilatore/elicottero. Vediamo comparire nelle immagini nitide e a fuoco quegli oggetti che caratterizzano il personaggio del soldato, la mdp sembra scivolare accanto al suo corpo sdraiato. Willard è portato fuori dal letto con una carrellata orizzontale, seguita dallo stacco del movimento di macchina, che prima discende verso il basso, rivelando lo spazio diegetico reale, poi opera con un zoom verso la finestra. Sia il movimento della macchina da presa dall’alto verso il basso, sia il movimento di avvicinamento verso la finestra, possono essere considerati in relazione semisimbolica con i movimenti del solo sguardo dell’attore prima, del suo intero corpo poi. La macchina da presa si antropomorfizza mano a mano che si passa dal sonno alla veglia. Lo sguardo della macchina, sguardo in soggettiva attribuibile a Willard, si risveglia attraverso la musica e il rumore dell’elicottero. La fase onirica termina quando lo sguardo della macchina da presa (soggettiva dello sguardo di Willard) 12 guarda verso l’esterno.La dissolvenza/sogno over-diegetica, è messa in rapporto con la camera interna e inter-diegetica, in cui si risveglia Willard. Guardare fuori dalla finestra costituisce la prova di sanzione tra realtà e sogno di un destinate-giudicante cognitivo rappresentato dallo stesso Willard, che costituisce un simulacro di noi spettatori, dell’enunciatario. Il protagonista guarda fuori dallo spazio interno della camera verso l’esterno e ci dice finalmente dove siamo a livello diegetico, c’è una stabilizzazione spazio-temporale e il film ora può iniziare. 3. Dissolvenza e spostamento metonimico tra figura e sfondo Come nel romanzo abbiamo un’oscillazione spazio-temporale che crea un momento d’imperfezione, di sfasatura spazio-temporale che corrisponde a livello plastico all’effetto di dissolvenza incrociata. È interessante sottolineare come la dissolvenza sia un procedimento che, molto spesso nel cinema, può separare delle sequenze ad episodi che si succedono in ordine cronologico16. In questo specifico caso però, la dissolvenza marca appunto questo effetto di non-continuità sul piano plastico e di continuità sul piano figurativo, per spostamento figurale, metonimico, come una anamorfosi della figura.17 16 Si veda Christian Metz ,“Problemi di denotazione nei film di finzione” in Semiologia del cinema, Garzanti Editore 1972, p. 189. 17 A riguardo del problema del figurale Pierluigi Basso in Confini del Cinema; Strategie estetiche e ricerca semiotica, Lindau, Torino 2003 scrive: “Se il piano figurativo è individuato da trasformazioni di valori inquadrabili sotto un regime di dinamiche interattanziali, il figurale non si pone semplicemente come una regione di questo caratterizzata da una bassa densità di tratti, ma piuttosto una messa in prospettiva del materiale discorsivo che ne enfatizza le relazioni interne, soprattutto in termini di tensione tra elementi plastici e figurativi. In questo senso il figurale non è riducibile alla significazione semisimbolica (che tende a correlare una categoria figurativa con una categoria plastica) ma è certamente alla base della significazione tropica, in particolare metaforica. Quest’ultima si regge su una anamorfosi discorsiva, dato che è frutto di un’allotopia semantica rispetto alla quale la coerenza delle trasformazioni narrative, nel testo di occorrenza, può essere riguadagnata solo assumendo un punto di vista eccentrico, grazie al quale risolvere la figuratività aberrante decomponendola in formanti plastici rialticolabili con contenuti tali da sopportare un paesaggio di valori nuovamente omogeneo. Sono questi i valori figurali: essi restano attivati da una tensione irresolubile tra la prospettiva di semantizzazione retta dalle isotopie figurative diffuse nel testo, e 13 Christian Metz in Cinema e psicanalisi; il significante dedica un paragrafo alla dissolvenza immaginario18, incrociata, ponendo l’accento sulla capacità di rendere metonimiche le metafore, o meglio di sciogliere il paradigmatico nel sintagmatico producendo effetti che Metz chiama, rifacendosi alle teorie di Freud, di condensazione e spostamento. Citando anche le teorie sulla metafora di Jaques Fontanille possiamo notare che quello che scrive a riguardo della costituzione percettiva dei tropi, tra assenza e presenza, è appropriato per descrivere il funzionamento della dissolvenza incrociata: possiamo considerare il valore di una figura come correlazione fra i gradi rispettivi dell’i n t e n s i t à e dell’e s t e n s i t à enunciazionale di un contenuto realizzato e di un contenuto potenzializzato…lo spettatore va e viene tra le due visioni di presenza e assenza percettiva, cercando di stabilizzare il campo di presenza gerarchizzandolo in profondità. Quindi avremo una Mira che apre il campo e una Presa che lo chiude.19 La dissolvenza incrociata realizza a livello plastico proprio questo passaggio tra figura e sfondo, tra estensità sintagmatica e intensità paradigmatica. Questo presuppone un’idea tensiva rispetto al problema della differenza tra una figura e lo sfondo. Come chiarisce efficacemente Gilles Deleuze: La differenza è lo stato in cui si può parlare della determinazione. La differenza «tra» due cose è soltanto empirica, mentre estrinseche sono l e determinazioni corrispondenti. Senonché in luogo di una cosa che si distingue un’altra, immaginiamo qualcosa che si distingua eppure ciò da cui si distingue non si distingue da essa. Il lampo per esempio non si distingue dal cielo nero, ma deve portarlo con sé, come se si distinguesse da ciò che non si distingue. Si direbbe che il fondo sale alla superficie, senza cessare di essere fondo […] il distinto si oppone a qualcosa che non può da esso distinguersi e che continua a coniugarsi con ciò che da esso si quella anamorfica. Come abbiamo detto, questa deflagra plasticamente il paesaggio figurativo per ricomporlo come espressione di nuovi contenuti (quelli figurali appunto) che, pur instabili, si propongono persino come connettori isotopici privilegiati del testo, in quanto risultano dalla percezione di strutture di relazioni semantiche più profonde. p.29-30 18 Christian Metz, Cinema e psicanalisi; il significante immaginario, Marsilio editore, Venezia, 1980 19 Jacques Fontanille Per una retorica tensiva: tropi e passioni, Documenti di lavoro e pre-pubblicazioni, Centro Internazionale di Linguistica e Semiotica di Urbino, Urbino, 1996, p.19 14 separa. La differenza è questo stato della determinazione come distinzione unilaterale. Della differenza, si deve dunque dire che la si fa, o che si fa, come nell’espressione «fare la differenza»20 In questo caso specifico, l’effetto non è solo locale, relativo solo alla sequenza d’inizio, ma viene replicato con rinnovata efficacia nella sequenza finale, come un serpente che si morde la coda; questo contribuisce a creare un effetto di circolarità nel film. A livello molto generale possiamo considerare la tensione tra figura e sfondo come un’invariante tra il romanzo e film. Come nel romanzo avevamo una sfasatura tra i due racconti – il primo faceva da parabola al secondo e dava il via alla narrazione dell’esperienza di Marlow- nel film abbiamo il sogno di Willard, tra ricordo e anticipazione, che condensa figurativamente il film. Entrambi i testi nella loro parte iniziale sono caratterizzati da questa incertezza discorsiva, questa oscillazione dell’enunciazione che produce un ribattimento dell’esterocettivo sull’intracettivo, del piano figurativo/figurale sul piano timico. Questo fa in modo che il temine complesso della categoria dell’esterocettività e della interocettività, cioè quello della propriocettività, si faccia carico delle trasformazioni patemiche dei soggetti. 4 .La canzone “The End” come elemento di risonanza intertestuale tra libro e film La similitudine del fiume serpente presente nel libro di Conrad viene ripresa nella canzone: “Ride the snake, ride the snake / To the lake, the ancient lake, baby/ The snake is long, seven miles”. Nella canzone poi c’è un riferimento agli antichi romani che richiama il primo racconto di Marlow “/ Lost in a Roman...wilderness of pain /“. Alla fine del film, nel momento dell’uccisione di Kurtz, la musica riprende da dove si era interrotta. Willard si mimetizza il volto con i colori della jungla per andare ad uccidere Kurtz ed è accompagnata dalle parole “The killer awoke before dawn, he put his boots on/ He took a face from the ancient gallery /”. C’è un invito all’omicidio “/ Kill, kill, kill, kill, kill, kill / This is the end / Beautiful friend /”. 20 Gilles Deleuze, Differenza e ripetizione, Cortina, Milano 1997, p.43. 15 Naturalmente la canzone dei The Doors non è stata composta e pensata per il film di Coppola, né tanto meno realizzata pensando al libro di Conrad ma, dal momento che è stata scelta e associata al film come colonna sonora, siamo autorizzati a rendere pertinenti ed attivare quelle isotopie che ritroviamo nel film e nel romanzo. Come fa notare Nicola Dusi21 l’inserimento di un testo all’interno di un altrp porta a un cambiamento a livello di significazione di entrambi i testi, sia del testo contenente, sia del testo contenuto. I testi attraverso una modalità tensiva, sono messi in risonanza tra di loro ed alcune proprietà, sia del piano dell’espressione, sia del piano del contenuto, vengono potenzializzate, mentre altre sono narcotizzate. In questo caso specifico la canzone inserita nel film produce una risonanza intertestuale tra il libro e il film, una sorta di operatore traduttivo che, come direbbe Eco, funziona da interpretante tra i due testi. 5 . Ripresa della musica e ripresa dell’incertezza spaziotemporale Dopo essersi svegliato Willard si ritrova da solo con una bottiglia di whisky, nella stanza d’albergo, a confrontarsi con i suoi ricordi. La sua voce over ci informa che ha già compiuto altre missioni nel Vietnam e che ora non riesce più a trovarsi a suo agio né a casa in America, né a Saigon. Non capisce più quale è il suo posto: “Quando ero nella Jungla non volevo altro che tornare a casa, quando ero là volevo solo tornare nella jungla” Il soldato esprime la sua incertezza cognitiva sulla sua collocazione spazio-temporale esplicitando verbalmente la dissolvenza incrociata iniziale. Egli sta aspettando un’altra missione e nel frattempo, come dice lui stesso si “..sta lasciando andare”. Willard è inquadrato dall’alto all’interno della camera, con la barba lunga, ripreso di spalle e seduto per terra in una posa da meditazione, a gambe incrociate. Il ventilatore getta un’ombra sul suo corpo.“Sono ancora nella jungla e Charlie è in agguato nella boscaglia… diventa sempre più forte” esclama la sua voce over, mentre la musica dei The Doors, riprende da dove si era interrotta, parzialmente effettata e distorta. 21 Nicola Dusi Il cinema come traduzione. Da un medium all’altro: letteratura, cinema, pittura, UTET, Torino, 2003 16 “La stanza diventa sempre più piccola, sento le pareti che mi si stringono attorno” ed intanto le inquadrature si succedono con l’effetto dissolvenza della scena iniziale. C’è una ripresa delle immagini oniriche e anticipatrici, vediamo le pale del ventilatore dissolversi nelle immagini della jungla in fiamme. Il corpo di Willard sembra mimare un combattimento in un’arte marziale orientale non ben definita, come una sorta di danza spastica e arcaica. Vediamo sovrapporsi in dissolvenza all’immagine presente di Willard, la sua immagine futura in cui combatterà contro Kurtz. Mentre la musica sale, Willard distrugge uno specchio con un pugno, si scola un’intera bottiglia di whisky e poi cade nudo tra le coperte bianche macchiandole di sangue. Questa sequenza, oltre a mostrarci il decadimento di Willard, si pone come un’anafora dell’effetto di incertezza spazio-temporale iniziale. La musica ha una funzione di connessione tra le scene, infatti verrà ripresa da dove si era interrotta durante il confronto finale con Kurtz. La rottura dello specchio segna la lenta, progressiva fine della sequenza, come una rottura dello schermo, un accecamento dell’occhio della mdp che seguiva impietosamente Willard. Abbiamo un montaggio veloce senza raccordo in una serie di inquadrature oggettive, come schegge dello specchio, che si succedono con la musica in calando. L’importanza dello specchio inserito nel testo è stata messa in luce negli studi semiotica, si pensi al celebre capitolo che gli dedica Christian Metz nel suo libro L'enunciazione impersonale o il luogo del film 22. 22 Nel suo libro L'énonciation impersonelle ou le site du film, Paris, Klincksieck; trad. it., L'enunciazione impersonale o il luogo del f i l m , Ed. Scientifiche Italiane, Napoli 1995, Christian Metz sottolinea giustamente il fatto che l’enunciatore e l’enunciatario non devono essere confusi con le istanze di produzione o della ricezione dell’enunciato. Metz propone di sostituire ai termini enunciatore ed enunciatario che si portano dietro una forte caratterizzazione antropomorfa, la coppia foyer e cible. Metz mette in luce anche come nell’enunciazione cinematografica vi sia la capacità di designare se stessa in chiave metatestuale attraverso l’uso degli specchi, dei raddoppiamenti del quadro, del film nel film ecc. Per la questione dell’enunciazione impersonale nel cinema si veda anche Pierluigi Basso Confini del Cinema; Strategie estetiche e ricerca semiotica, Lindau, Torino 2003 17 6. La foto in ombra di Kurtz Le foto di Kutz nel film costituiscono un motivo ricorrente. Willard vede una foto di Kurtz prima di’intraprendere la missione, sulla scrivania dei suoi superiori. Sente la voce di Kurtz registrata da un messaggio radio intercettato dal controspionaggio. Come dirà più tardi durante il viaggio Willard, “…non riesco a collegare la voce a quest’uomo”, alle immagini nelle fotografie; a questo punto Willard ha in mano una foto in cui l’immagine di Kurtz in cui lui è totalmente in ombra, si distinguono solo i contorni della figura. Quando Willard incontra Kurtz per la prima volta nel film, vediamo la figura ripresa in tre quarti di Kurtz entrare e uscire dall’ombra, come in quadro di Caravaggio, grazie all’illuminazione artificiale delle torce che rendono tremolanti e fuggevoli i contorni. L’immagine di Kurtz, tra uomo eccezionale e bestia assassina, viene mostrata a livello plastico attraverso questi effetti di contrapposizione tra nero e giallo, mentre l’immagine è combattuta a livello figurativo tra luce ed ombra. La vita precedente di Kurtz entra nel film solo attraverso le fotografie-ricordo, non c’è un momento di confronto postumo con la memoria di Kurtz come nel romanzo, solo la constatazione da parte di Willard che Kurtz si è spinto così oltre che probabilmente i suoi cari stenterebbero a riconoscerlo. 7. Isotopie cromatiche a confronto, l’importanza dello sfocato nel film Il romanzo presenta una forte opposizione cromatica tra la luce e le tenebre a livello di figure del contenuto. L’opposizione è realizzata all’interno del discorso grazie alle isotopie cromatiche ricorrenti. Il bianco e nero come luce e tenebra acquistano anche valenze metaforiche nel testo letterario. Nel film invece l’opposizione cromatica si ha a livello di figure plastiche del piano dell’espressione, tra tonalità calde, giallo-rosse, e tonalità fredde, verde-blu. Secondo Greimas “le categorie del piano del contenuto delle lingue naturali corrispondono alle categorie del piano questo è stato dell'espressione del mondo naturale”23, 23 Del senso, Bompiani, Milano, 1974, sull’argomento si veda anche Francesco Marsciani «L’Occhio, lo Spirito e la Scrittura» in Il testo filosofico a cura di Gianfranco Marrone, Epos, Palermo, 1994 18 recentemente ribadito con forza da Fontanille. Egli sostiene che: Non ci sono categorie semiotiche che afferiscono aprioristicamente al piano dell’espressione o quello del contenuto. Infatti l’isomorfismo tra i due piani di un linguaggio è specifico di ogni semiosi, e il rapporto tra espressione e contenuto viene così ridefinito a ogni nuova enunciazione.24 Il cinema adatta a sua volta, le categorie del piano del contenuto del libro di Conrad nel suo piano dell’espressione, in parte trasformandole, in parte mantenendo le assiologie di base del romanzo. Se nel film avremo sul piano plastico un effetto continuo vs discontinuo, sul piano del contenuto avremo un effetto distinto vs indistinto. Nel film l’indeterminatezza tensiva delle zone sfocate è in relazione semisimbolica con la categoria timica euforia vs disforia I punti di passaggio tra la visione nitida e la visione offuscata (visione a fuoco vs visione sfocata, non-nitida) si accompagna a stati altalenanti tra certezza euforica e 25 incertezza disforica . Il film condivide lo stesso spazio figurale del romanzo: più ci si allontana dal mare, - spazio aperto euforico - più ci si addentra nell’interno - spazio chiuso disforico - . La risalita del fiume con il suo percorso tortuoso pone la categoria conosciuto vs sconosciuto in relazione semisimbolica con la categoria distinto vs indistinto. L’episodio dell’attraversamento del ponte di Do Lung è emblematico. Vediamo solamente bagliori e fuochi nella notte, tonalità calde, giallo-rosse esplodono nelle tonalità fredde, verde-blu della jungla. Momento d’incertezza assoluta, il ponte abbattuto e ricostruito di continuo diventa un elemento di passaggio/scontro delle sponde opposte. A livello semisimbolico mette in relazione le categorie vita vs morte a luce vs buio, ed a ad un livello topologico, lo spazio sotto il controllo degli americani e lo spazio sotto controllo delle forze vietnamite o comunque delle forze avverse agli americani. 24 Jacques Fontanille, Figure del corpo. Per una semiotica dell’impronta, Meltemi, Roma, 2004, p. 31. 25 Si veda a tale proposito Nicola Dusi Il cinema come traduzione; Da un medium all’altro: letteratura, cinema, pittura, UTET, Torino, 2003. 19 Inoltre, il passaggio non è s u l ponte, ma sotto il ponte, tramite il fiume. Il ponte diventa una porta verso il regno di Kurtz, verso il regno dell’ignoto. Possiamo considerare il ponte, in rapporto al romanzo, come una seconda bocca del serpente, la prima era nell’imbocco del fiume durante l’episodio della cavalleria dell’aria. 8. Lenz, il personaggio indistinto Lenz è il soldato che impazzisce durante il viaggio e rappresenta una sorta di maschera neutra26. Unico membro dell’equipaggio che riesce a sopravvivere al viaggio a parte Willard. Personaggio che sembra attraversare, fisicamente indenne, tutte le vicissitudini con una tecnica da camaleonte, si mimetizza letteralmente dipingendosi la faccia con i colori della jungla e della notte, nero e verde, avvolge la barca con un fumogeno rosa., si integra fra i nativi. Non per nulla il personaggio è un surfista, il suo compito sembra quello di rimanere a galla, di cavalcare gli accadimenti fenomenici come le onde, senza soccombere alle forze della natura. Durante l’episodio del ponte Lenz si prende un acido e lo sguardo della macchina da presa si fa portatrice, come avrebbe detto Pierpaolo Pasolini, di un Le immagini sembrano “discorso indiretto libero”27. rallentare. Le voci dei soldati assumono un eco inquietante. Sprazzi di luce contendono all’oscurità totale il predominio sullo schermo. Lo sguardo del film in questo momento è lo sguardo sotto acido di Lenz, anche senza coincidere a livello diegetico con esso. Nella sequenza in cui Kurtz porta la testa mozzata del soldato Chef a Willard, vediamo Kurtz come Lenz, con i colori mimetici di guerra, uscire e poi rientrare nell’ombra. Al momento di uccidere Kurtz, Willard si mimetizzerà a sua volta come Lenz e Kurtz, perché, come abbiamo già detto, deve diventare parte della jungla per riuscire a compiere il suo programma narrativo e terminare la sua missione. “Era sopratutto la jungla a volerlo morto” dirà la voce over di Willard. In una scena molto suggestiva Willard sembra sorgere 26 Si veda il saggio di Francesco Marsciani “La maschera neutra” in Francesco Marsciani Esercizi di semiotica generativa: dalle parole alle cose, Esculapio, Bologna, 1999. 27 Pierpaolo Pasolini, Il «cinema di poesia» in Empirismo Eretico, Garzanti, Milano, 1972. 20 dall’acqua come un mostro marino in mezzo alla nebbia per compiere l’atto sacrificale. Kurtz viene ucciso con un macete, in una sorta di contrappasso, come a voler vendicare la decapitazione di Chef, e richiamare a livello figurale il momento del sacrificio del bue durante la festa. Versione redux del film 1. Confronto tra i due manifesti Il manifesto della versione Redux è diverso da quello originale del 1979. Nella versione originale i volti di Kurtz e di Willard sono presenti, uniti anche all’immagine del ponte Do Lung che brilla nella notte e si rispecchia nei suoi bagliori nel fiume, come un centro di irradiazione di luce. C’è una sorta di compresenza tra la notte nera e il tramonto giallo rosso, con la sagoma nera degli elicotteri che passano davanti al sole, grandi come zanzare. Nel manifesto della versione Redux invece scompaiono i volti umani e l’immagine del ponte. Rimane solo il fiume che si distende nella jungla nera ed un tramonto che diventa il vero protagonista del manifesto, con un sole enorme che esce dalle nuvole insieme ai piccoli elicotteri. 2. L’indice del DVD Anche le immagini presenti nell’indice del DVD della versione redux di Apocalypse Now ripropongono le immagini degli accadimenti fenomenici: esplosioni del ponte nella notte, fiume nella nebbia e durante il tramonto; uniti all’immagine di una carta geografica ed occhi di bambini vietnamiti che ci guardano attraverso una tenda nera lacerata. I bambini vietnamiti che guardano verso noi spettatori, sono un simulacro dell’enunciatario, di noi spettatori; allo stesso tempo rappresentano l’alterità, lo sguardo a l t r o della macchina da presa che si gira e guarda verso di noi come in uno specchio. 3. Le seguenze aggiunte Le immagini aggiunte sono molto interessanti per la nostra analisi perché pongono l’accento proprio su quelle che abbiamo considerato essere le isotopie generali del film, 21 nonchè sugli effetti di indeterminatezza, di occultazione vs svelamento dello sguardo. Nella prima sequenza inedita Willard sottrae la tavola da surf al Colonnello Kilgore. Momento di passaggio tra la fase preparatoria e l’inizio del viaggio. Questa è dal punto di vista narrativo una sorta di prova di scaltrezza dell’eroe, moderno Ulisse, che trova sempre il modo per proseguire il suo viaggio. Nella seconda sequenza l’equipaggio incontra l’elicottero di Playboy a corto di carburante e Willard scambia delle taniche di carburante con un paio di ore con le playmate per risollevare il morale dei soldati. Anche questa sequenza ha origine da un accadimento fenomenico, la pioggia battente che cade nella jungla e avvolge i personaggi in un mare di fango. Nella terza sequenza l’equipaggio entra dentro un banco di nebbia, nell’indistinto, e incontra i coloni De Marais, (Aurore Clement e Christian Marquand), famiglia di origine francese ma nata e cresciuta da generazioni in Indocina. Qui il film opera un spostamento parabolico e sottolinea in maniera esplicita il rapporto tra la guerra e il colonialismo. L’episodio sembra riprendere anche le atmosfere a cavallo tra Ottocento e Novecento presenti nel libro di Conrad. A chiudere l’episodio c’è una sequenza in cui Willard fuma di notte dell’oppio con Aurore Clement. Tutto sembra tornare nell’indistinto. Vediamo il corpo nudo della donna chiudere i veli attorno al letto a baldacchino coprendo l’occhio della macchina da presa. La quarta sequenza in cui Kurtz, quasi ripreso in piedi per intero, legge a Willard, senza commentarli, articoli di quotidiani americani del tempo sulla guerra in Vietnam. Questo inserimento dell’immagine distinta e nitida in pieno giorno di Kurtz è messa in relazione con una lettura oggettivante dei fatti della guerra, lettura che nella prima versione del film forse sarebbe stata censurata. Coppola a questo proposito ha dichiarato: “Questo spezzone non si sarebbe potuto mostrare vent'anni fa, perché dà chiara prova di come l'opinione pubblica americana sia stata ingannata”. È interessante notare che l’elemento scandaloso presente nei giornali non è dovuto agli eventi raccontati, ma al loro ottimismo relativo alle sorti finali della guerra, ottimismo totalmente smentito dai fatti. Lo spettatore odierno del 22 film, se ha un minimo di competenza storica sui fatti del Vietnam, riesce a capire meglio la distanza tra la propaganda giornalistica del tempo e gli eventi successivi al ’79. Anche se lo spettatore però, non avesse nessuna informazione extrafilmica sulla guerra del Vietnam, il film contribuirebbe benissimo da solo a modalizzare lo spettatore, a dotarlo di una competenza sul Vietnam raccontato da Apocalypse Now, il quale, come abbiamo già detto, fa da parabola più generale sulla guerra e sul colonialismo. L'ultima immagine che appare sullo schermo, prima dei titoli di coda, è cambiata: ora c'è un primo piano di Willard che rimanda all’inizio del film, come ad un nuovo inizio o ad una nuova fine. Libro e il film a confronto 1. Divergenze principali Per quanto riguarda il film rispetto al romanzo possiamo notare diverse dissomiglianze. Nel film abbiamo un destinante rappresentato dal governo che stabilisce subito la missione di Willard verso Kurtz. Nel libro Marlow viene a conoscenza dell’esistenza di Kurtz solo dopo una ventina di pagine, in modo apparentemente casuale, durante una conversazione. Nel libro non c’è un punto di passaggio forte tra la preparazione e la partenza lungo il fiume, come c’è nel film con la scena di Kilgore (_). Nel libro un guasto al battello rallenta la partenza e l’inizio del viaggio. Questo fa in modo che l’interesse per Kurtz possa nascere e crescere. In termini tensivi possiamo dire che viene potenzializzato da un momento d’incertezza, di stasi motoria. La vera missione di Marlow per la compagnia passa in secondo piano rispetto all’interesse crescente che lui continua a maturare per Kurtz. Il dover-fare di Willard nel film è contrapposto ad un voler-sapere di Marlow nel libro. Anche nel film è presente una componente di sfasamento tra il dover-fare pragmatico e il voler-sapere cognitivo, ma viene risolto alla fine con il completamento della missione, l’uccisione di Kurtz. Nel libro Kurtz muore di malattia ucciso dalla jungla stessa in cui lui si era abbandonato anima e corpo. Nel film l’uccisione di Kurtz viene messa in scena con un sintagma alternato che mostra una festa dei nativi con il sacrificio di un bue. L’eliminazione di Kurtz assume la vera e propria 23 valenza di un sacrificio rituale. Willard esce fuori dal tempio come colui che uccide il re e prende il suo posto. Anche fisicamente Willard deve trasformarsi in Kurtz, mimetizzandosi, divenendo parte della jungla. Nel libro apparentemente nessuno sembra voler la morte di Kurtz, anche se ad un’ammirazione per Kurtz si sostituisce l’imbarazzo della compagnia nel momento in cui il direttore si trova davanti al regno di Kurtz nella jungla. La relazione tra la Compagnia e Kurtz è più ambigua, sfumata, fatta di impliciti e non detti. Nel romanzo Marlow è il testimone partecipante degli eventi, il suo sguardo di narratore diegetico rappresenta anche l’istanza giudicante rispetto ai valori messi in gioco nel romanzo. Egli si comporta da giudicante esplicito degli eventi della storia che lui stesso racconta. Nel film il giudizio di Willard è reso implicito dal suo fare. Il film finisce con un atto pragmatico e con la partenza del battello; nel libro invece, assistiamo al ritorno a casa di Marlow, al suo confronto cognitivo con la ragazza di Kurtz. 2. Débrayage cognitivo e enunciazione impersonale Willard / Marlow compie un doppio viaggio, uno fisico, lungo il fiume, un altro lungo i propri pensieri per arrivare a capire chi è Kurtz. La voce narrante di Willard nel fim, voce over, rende conto dei suoi pensieri, proprio come fa la voce di Marlow, enunciazione enunciata di secondo grado installata nel romanzo. Come fa notare Barbara Grespi28, Willard, nella sequenza di apertura del film, interpella con il suo sguardo direttamente l’enunciatario. Lo stesso accade nella sequenza finale. Questo fa sì che venga mostrato direttamente il dispositivo enunciativo del film attraverso un’enunciazione eununciata. C’è però uno scollamento tra lo sguardo e la voce del narratore Willard. La voce over del soldato proviene da un luogo non ben definito e la sovrapposizione tra la voce di Kurtz e l’immagine del volto di Willard nella parte finale sembra superare la distanza tra i due e proporre una fusione mitica, nel senso di superamento dei contrari, tra i due attanti. Nel film la voce over di Willard appare in relazione a momenti di passaggio tra i vari accadimenti del film ed è 28 “Il racconto dal romanzo al film” in Fausto Colombo e Ruggero Eugeni, op. cit. 24 meno invasiva della voce narrante di Marlow. Marlow nel romanzo opera un débrayage cognitivo. Fontanille nel secondo tomo del dizionario di semiotica chiarisce il rapporto tra la dimensione pragmatica e la dimensione cognitiva: Gerarchicamente superiore alla dimensione pragmatica che gli serve da referente interno, la dimensione cognitiva del discorso si sviluppa parallelamente all’aumento del sapere (come attività cognitiva) attribuito ai soggetti installati nel discorso. Se la dimensione pragmatica - con i concatenamenti di azioni programmate che le sono propri - non richiede necessariamente la dimensione cognitiva, il reciproco non è vero: la dimensione cognitiva, definibile come il farsi carico, da parte del sapere, delle azioni pragmatiche, le presuppone. Al limite, la dimensione pragmatica può essere, in un discorso dato, solo il pretesto di attività cognitive, come accade sovente in certe correnti di letteratura moderna. La proliferazione - sui due assi dell’essere e del fare - dei “Che cosa so?”, “Chi sono?”, “Che cosa ho fatto?”, “In che cosa sono riuscito?” ecc., va di pari passo con l’atrofia di “quel che accade”, della componente pragmatica. L’espansione, nel discorso narrativo, della dimensione cognitiva, serve allora da transizione tra il figurativo e l’astratto (tra cui non esiste alcuna soluzione di continuità): si giunge così a discorsi apparentemente meno figurativi (o caratterizzati da un altro tipo di figuratività), e cioè a discorsi cognitivi29. Come ci ricorda sempre Fontanille “Il débrayage cognitivo enunciazionale interviene, per esempio, quando il narratore, installato nel discorso, non condivide lo stesso sapere dell’enunciante che lo delega”30 in questo caso il personaggio X delega tutto il sapere sulla storia a Marlow. Nel film Willard sembra il vero narratore degli eventi, ma lo sguardo/movimento della macchina da presa del film dà luogo, come spesso accade nel cinema, ad un débrayage cognitivo, frutto, come direbbe Metz, di un’enunciazione impersonale. Nel film, per riuscire a sopravvivere, i personaggi devono fondersi/confondersi con la jungla, con la notte, così come l’alterità t r a “colonizzatori” e “colonizzati” deve essere superata. Nel libro Marlow non si sente di confessare alla ragazza le ultime parole di Kurtz “l’orrore, l’orrore!”. Conrad attraverso Marlow opera una 29 Secondo tomo del Dictionnaire raisonné de la théorie du langage del 1986, trad. it. parziale a cura di Pierluigi Basso in « Per un lessico di semiotica visiva » in Corrain Lucia, Leggere l'opera d'arte 2: dal figurativo all'astratto, Esculapio, Bologna, p.101-102. 30 ibid, trad. it. p.102. 25 censura di fronte all’istanza giudicante della morale civile, simulacro del narratorio, rappresentata en abyme nel suo racconto dal personaggio della ragazza. Il confronto con lei rappresenta una sorta di prova qualificante del confronto Marlow/Kurtz. Prova che viene aggirata con una menzogna. Sfasatura inconciliabile da parte di Marlow tra il sapere e il dire; di fronte al voler-sapere della ragazza. Marlow le dice quello che lei vuole sentirsi dire, che è semplicemente quello che la ragazza è disposta a credere. Nel confronto con l’alterità secondo Conrad la maschera di progresso dietro cui si nasconde la società occidentale sembra cadere, la luce si spegne nel buio. Con una menzogna Marlow cerca di salvare la memoria di Kutz di fronte alla società civile. Nel film invece Kurtz viene giudicato, sacrificato e immolato dalla stessa - ipocrita secondo Kurtz - società civile e dalla jungla. Nel romanzo le ultime parole di Kurtz risuonano nei pensieri di Marlow. Anche nel film le parole di Kurtz risuonano extra-diegetiche con forza disforica, messe in relazione con il volto di Willard. Esse accompagnando la partenza del battello nella nebbia, ancora una volta nell’indistinto. Conclusioni Riassumendo il nostro confronto tra Apocalypse now e Heart of D a r k n e s s siamo giunti alle seguenti conclusioni. L’adattamento del romanzo nel film riprende la critica del colonialismo espressa dal romanzo di Conrad a livello profondo della categoria natura vs cultura, omologa a identità vs alterità, e la proietta attualizzandola nella guerra del Vietnam. Lo fa giocando su uno spazio figurale comune che abbiamo chiamato, sfruttando una felice similitudine presente nel libro del fiume/serpente. Dal punto di vista enunciativo abbiamo visto come i continui slittamenti tra débrayage ed embrayage, siamo modalità enunciative comuni del libro e del film. Uno stato d’incertezza cognitivo dovuta alla collocazione spaziotemporale si accompagna ad una proiezione/ribattimento dell’esterocettivo sull’interocettivo, confronto attanziale tra la natura esterna e l’interiorità dei personaggi, nella costruzione di un propriocettivo incerto e disforico. 26 Nel libro abbiamo collocato sul piano del contenuto la categoria luce vs ombra in relazione semisimbolica con un assiologia timica che porta la luce, considerata come euforica civilizzazione dell’uomo bianco, da potenzialità iniziale della conoscenza, a scivolare disforicamente nel grigio della penombra della conquista e dello sfruttamento (non-luce vs non-ombra). Nel film sono gli effetti cromatici presenti sul piano dell’espressione, di indeterminatezza tensiva tra sfocatura e messa a fuoco, tra tonalità calde e tonalità fredde, osservabili a livello plastico, che rendono conto della modalizzazione incerta dell’enunciatario. Abbiamo trovato aldilà del livello tematico e semionarrativo un livello discorsivo più astratto del livello figurativo proprio di ogni occorrenza testuale, il livello figurale. È proprio questo livello intermedio che permette la trasposizione delle figure attraverso le varie occorrenze testuali.Inoltre questo livello dà luogo a un discorso che lavora per parabole, che, come direbbe Paolo Fabbri “ragiona per figure”. È proprio questa caratteristica che, rispetto ha un sfondo socioculturale più generale, in un gioco di rimandi e intertestualità, rende attuali i testi e permette di trasformarli adattandoli di continuo. GRIGIO FINE INIZIO INDISTINTO DISSOLVENZA 27 FINE IGNORARE VS SAPERE PERICOL O DEVIAZIONI varianti DEVIAZIONI varianti INIZIO PERICOLO OMBRA VS LUCE SICUREZZ A VERDE/BLU VS GIALLO/ROSSO NERO VS BIANCO Bibliografia ALONGE ANDREA GIAIME 1993 Tra Saigon e Bayreuth: Apocalypse now di Francis Ford Coppola, Tirrenia Stampatori, Torino BARICCO ALESSANDRO 1995 « Andata e ritorno destinazione l’orrore » introduzione all’edizione italiana di Cuore di tenebra, Universale Economica Fertrinelli, Giangiacomo Fertrinelli Editore, Milano, 1995 BASSO PIERLUIGI 28 1999 « Per un lessico di semiotica visiva » in Corrain Lucia, Leggere l'opera d'arte 2: dal figurativo all'astratto, Esculapio, Progetto Leonardo, Bologna 2003 Confini del Cinema; Strategie estetiche e ricerca semiotica, Lindau, Torino DELEUZE GILLES 1968 Difference et repetition, Presses Universitaires de France, Paris, trad. it. 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