APOCALYPSE NOW / HEART OF DARKNESS Marco De

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APOCALYPSE NOW / HEART OF DARKNESS Marco De
APOCALYPSE
NOW
/ HEART
OF
DARKNESS
Marco De Baptistis
Introduzione
Nel 1979, dopo una genesi produttiva travagliata, esce sugli
schermi americani un film che rimarrà nella storia del
cinema, Apocalypse now di Francis Ford Coppola1. Il film è
basato sul libro Heart of Darkness, Cuore di tenebra, scritto
nel 1902 dello scrittore polacco, naturalizzato inglese,
Joseph Conrad2. Il successo economico del film ripara solo in
parte gli sforzi e le fatiche affrontate per realizzarlo, ma
consegna alla storia del cinema uno dei suoi più grandi
capolavori.
Nel 2001, ventidue anni dopo la sua uscita, un’altra
versione del film - più lunga di tre ore e 20 minuti – è
realizzata con il titolo di Apocalypse now Redux. "Redux" in
questo caso vuole dire "ritornato", come da un prolungato
esilio o da una battaglia. L'Apocalisse ritorna nelle sale
cinematografiche per merito della Miramax. Il film si stava
inesorabilmente deteriorando nelle poche copie su pellicola
rimaste; la nuova versione restaurata ci permette di ammirare
lo stupendo cromatismo del film, merito della fotografia di
Vittorio Storaro.
È interessante notare come il fascino del libro di
Conrad si trasmetta come un virus nel film di Coppola, la cui
sconcertante attualità è tutto oggi innegabile. L’adattamento
molto riuscito dal testo letterario al testo filmico
arricchisce
di
nuove
prospettive
il
binomio
colonialismo/guerra, su cui si gioca il rapporto tra i due
1
Regia:Francis Ford Coppola, Sceneggiatura:Francis Coppola e John
Milius, Fotografia:Vittorio Storaro, Scenografia: Dean Tavoularis,
Costumi:Charles E. James, Musica:Carmine Coppola e Francis Coppola,
Montaggio:Walter Murchs, Prodotto da:Francis Coppola e Kim Aubry,
(USA, 1979-2001), Durata:202’,Distribuzione cinematografica:Buena
Vista International Italia. Interpreti:Colonnello Walter Kurtz: Marlon
Brando; Capitano Willard: Martin Sheen; Colonnello Kilgore: Robert
Duvall; Chef: Frederic Forrest; Mr. Clean: Laurence Fishburne; Roxanne
de Marais: Aurore Clement; Hubert de Marais: Christian Marquand;
Reporter: Dennis Hopper
2
Joseph Conrad, pseudonimo di Teodor Jòzef Konrad Korzeniowski
(Berdicev, Ucraina, 1857- Bishopsboume Kent, 1924)
1
testi, e lo fa mettendo in evidenza un livello non solo
tematico, né solamente figurativo, ma un livello intermedio
che possiamo chiamare figurale3. In questa prospettiva le
diverse edizionI del film, originale e redux, appaiono come
una sorta di fisarmonica. Possiamo aggiungere o togliere
delle scene che arricchiscono di figure l’impianto generale
del film, mostrando o nascondendo “le tenebre”, sviando o
continuando ad aprire parentesi sul viaggio dei protagonisti,
attualizzando le guerre o gli interessi coloniali, con una
nemmeno tanto indebita proiezione degli eventi odierni, in
un’ottica sociosemiotica attenta alla vita, al dialogo o al
“ballo delle muse”4 che i testi intrattengono tra loro.
"Cuore di tenebra" è anche il titolo un articolo
sull'Iraq apparso sul Wall Street Journal del 2 aprile di
Christopher Hitchens, giornalista e saggista americano. Il
giornale L a Repubblica per non essere da meno pubblica un
commento sulla morte di Nick Berg, ostaggio americano
giustiziato in Iraq, a firma di Vittorio Zucconi dallo stesso
titolo: "Cuore di tenebra". Leggere sui giornali o vedere in
televisione riferimenti a questa parabola sulla guerra e sul
colonialismo occidentale, dimostra la forza e l’attualità dei
testi e la possibilità di citare nel discorso giornalistico o
politico dei testi di fiction che metaforizzano gli eventi
odierni in un ottica di comunicazione interculturale.
3
Per la definizione del termine figurale intendiamo rifarci alla
definizione di Zilberberg, nel secondo tomo del Dictionnaire raisonné
de la théorie du langage del 1986, trad. it parziale a cura di
Pierluigi Basso in « Per un lessico di semiotica visiva » in Leggere
l’opera d’arte II: dal figurativo all’astratto, a cura di Lucia
Corrain, p.114: “ci sembra auspicabile sostituire la coppia
figurativo/non-figurativo, conformemente a un principio di deiescenza
costitutivo del percorso generativo, con la coppia figurale /
figurativo. Dato che la semiosi ha, non meno della natura, “orrore del
vuoto”, il confronto non ha luogo tra la negatività del non-figurativo
e la positività del figurativo, ma tra due modi di figurazione Dal
punto di vista epistemologico, questi due modi partecipano di una
correlazione che iscrive il figurale come costante e il figurativo
come variabile. Di questo (s)fondo figurale, inattaccabile perché
presupposto, il quadrato semiotico, con la sua geometria, i suoi
percorsi, le sue immersioni, le sue risalite, è un esempio familiare.
Il f i g u r a l e è ciò a cui rinviano i manuali scolastici con
l’espressione senso figurato, a patto di omologare: senso figurato :
senso proprio : : figurale : figurativo. Infine, le figure non sono
separabili dai valori e la tipologia delle figure sarà in qualche modo
omotetica a quella dei valori, non appena questa sarà stabilita.
4
Jurij Lotman, Il girotondo delle muse. Saggi sulla semiotica delle
arti e della rappresentazione, Moretti & Vitali, Bergamo,1998
2
Quello che qui ci interessa però, è di mettere a
confronto il libro di Conrand e il film di Coppola per vedere
come, aldilà delle differenze tra i due testi, ci sia un
substrato figurale comune che scorre lungo il fiume del
senso. Vedremo come, con strategie diverse e mezzi propri, i
vari testi mettono in scena il rapporto di ricerca-conflitto
e ammirazione-disprezzo tra Willard/Marlow e Kurtz. In
particolar modo prenderemo in esame la parte iniziale e
finale del romanzo e del film, mostrando come lo spazio del
viaggio sia organizzato come uno spazio figurale, con una
propria assiologia patemica ben definita messa in relazione
semisimbolica con
contrasti cromatici ed
effetti di
indeterminatezza, dissolvenza e sfocatura.
Heart of Darkness
1. Strategie enunciative e trasformazione patemica nell’inizio
del libro
Il libro è scritto in prima persona; c’è un io narrante che
descrive gli eventi, ci fa conoscere i personaggi e ci
introduce al narratore diegetico degli eventi Marlow, un uomo
di mare, un attante competente e portatore di conoscenza e
sapere. I quattro personaggi sono su una barca ormeggiata sul
fiume Tamigi. La descrizione della discesa della sera sul
fiume diventa una messa in scena dell’isotopia cromatica
dominante del romanzo: luce vs oscurità.
Da un lato abbiamo le luci della grande città sullo
sfondo, dall’altro abbiamo la notte che avanza:
And at last, in its curved and imperceptible fall, the sun sank
low, and from glowing white changed to a dull red without rays
and without heat, as if about to go out suddenly, stricken to
death by the touch of that gloom brooding over a crowd of men.5
La descrizione del narratore sembra innescare il
racconto di Marlow, così come una macchina da presa
filmerebbe il paesaggio, per poi fermarsi dopo una lunga
carrellata sul personaggio che prenderà la parola.
5
Joseph Conrad, Heart of Darkness, 1902, Electronic Text Center,
University of Virginia Library, 1993
3
Il libro di Conrad funziona come un gioco di scatole
cinesi6, in cui l’enunciazione enunciata del narratore personaggio di cui non sappiamo il nome ma che potremo
chiamare x - riporta un’altra enunciazione enunciata interna,
un débrayage enunciazionale di secondo grado del protagonista
degli eventi, Marlow. Egli, prima di iniziare a raccontare un
episodio della sua storia, ci racconta un’altra storia più
antica, quella dei coloni romani che risalirono per primi il
Tamigi, delle loro paure nel trovarsi così lontano da casa in
una terra selvaggia, sconosciuta e inesplorata. Marlow
conclude presto la sua breve storia sui romani, la quale ha
un curioso effetto di anticipazione rispetto agli eventi di
cui andrà ben presto a parlare e di cui è stato testimone in
prima persona. La storia dei romani però aveva anche una
funzione di ricordo del passato, che riprende la situazione
in cui si trovano i cinque personaggi in barca nel tempo
presente del racconto. Anche loro stanno risalendo il Tamigi
come avevano fatto più di mille anni fa i romani. Lo stato
d’animo dei cinque è molto diverso da quello degli antichi
coloni: tranquilli e rilassati i primi, impauriti e timorosi
delle insidie i secondi. Lo stato patemico dei personaggi in
barca sembra cambiare seguendo i cambiamenti atmosferici
dell’ambiente esterno.
Calano
le
tenebre
e
sembra
riaffiorare, nelle parole del narratore x, l’ombra dei
personaggi storici che sono partiti da quel fiume verso mete
sconosciute da cui non hanno fatto più ritorno. Siamo in un
momento di incertezza temporale, il passato e il presente
sembrano oscillare in una sorta calma spaziale, momento
estesico di contemplazione/ascolto e di stasi motoria (la
barca è ferma in mezzo al fiume al tramonto), da cui la voce
di Marlow ci strappa via per rituffarci nel racconto.
Riassumendo: avremo un tempo presente del racconto in
cui si colloca prima il racconto dei romani (débrayage
enunciativo interno), poi si ritorna al tempo presente
(embrayage) i n
cui
la
situazione emotiva
interna
(interocettività) degli ascoltatori (simulacri dell’enunciatario) è cambiata, così come è cambiato il tempo
atmosferico (estrocettività), si è così predisposti al
6
Questa caratteristica del romanzo di Conrad è messa in evidenza anche
nell’introduzione all’edizione italiana del libro edita da
Fertrinelli, ad opera dello scrittore Alessandro Baricco.
4
viaggio nel cuore di tenebra, il racconto dell’esperienza di
Marlow (simulacro del narratore).
Il primo racconto fa da parabola, nel senso di
condensazione narrativa, del secondo racconto7 che ora può
finalmente incominciare.
2. Il fiume serpente e lo spazio figurale
"Now when I was a little chap I had a passion for maps. I would
look for hours at South America, or Africa, or Australia, and
lose myself in all the glories of exploration. At that time
there were many blank spaces on the earth, and when I saw one
that looked particularly inviting on a map (but they all look
that) I would put my finger on it and say, When I grow up I will
go there. The North Pole was one of these places, I remember.
Well, I haven't been there yet, and shall not try now. The glamour's off. Other places were scattered about the Equator, and in
every sort of latitude all over the two hemispheres. I have been
in some of them, and
. . well, we won't talk about that. But
there was one yet--the biggest, the most blank, so to speak-that I had a hankering after.
"True, by this time it was not a blank space any more. It had
got filled since my boyhood with rivers and lakes and names. It
had ceased to be a blank space of delightful mystery--a white
patch for a boy to dream gloriously over. It had become a place
of darkness. But there was in it one river especially, a mighty
big river, that you could see on the map, resembling an immense
snake uncoiled, with its head in the sea, its body at rest curving afar over a vast country, and its tail lost in the depths of
the land. And as I looked at the map of it in a shop-window, it
fascinated me as a snake would a bird--a silly little bird. Then
I remembered there was a big concern, a Company for trade on
that river. Dash it all! I thought to myself, they can't trade
without using some kind of craft on that lot of fresh water-steam-boats! Why shouldn't I try to get charge of one? I went on
along Fleet Street, but could not shake off the idea. The snake
had charmed me.8
In questa porzione di testo viene stabilito lo spazio
figurale del romanzo. La similitudine del fiume con il
serpente rende conto del movimento ondulatorio della risalita
del fiume da parte degli avventurieri verso l’interno della
jungla. Il fiume-serpente è apparentemente in riposo ma
pronto a mangiarsi i suoi imprudenti avventori come se
fossero uccellini. La forma del fiume-serpente non consente
di proseguire dritto, ma obbliga a deviazioni continui
8
Joseph Conrad, Heart of Darkness, ibid
5
spostamenti, u n a
pista
tortuosa
e
pericolosa
da
seguire.Entrare nella bocca del serpente/foce del fiume
significa entrare nell’avventura, in uno spazio interno,
dentro le viscere del serpente, uno spazio oscuro in cui ci
si può perdere.
3. Bianco vs Nero, opposizione cromatica di base del romanzo
Ci sono certe zone che da bambino Marlow vedeva nelle carte
dell’Africa e che chiamava "zone bianche" perché non ancora
esplorate. Il viaggio in questa zona bianca diventerà un
viaggio verso un buco nero. Questa trasformazione del bianco
in nero è un’isotopia figurativa ricorrente in tutto Cuore di
tenebra Il bianco è una potenzialità aperta della struttura
caricata di valore positivo, un voler-sapere associato alla
giovinezza e all’innocenza. Dal bianco potenzializzante
del
virtuale, Marlow passa alla conoscenza dell’età adulta, le
carte geografiche si riempiono di nomi, di definizione, per
questo però, non diventano affatto più chiare, anzi,
diventano più oscure.
Operazione principale della colonizzazione è nominare o
ribattezzare le cose, farne una mappa. Il nome in questo caso
è inadeguato a chiarire cosa si nasconde dietro alle
definizioni e alle parole, dietro alla civilizzazione di zone
sentite ancora come selvagge, non completamente domate. I
romani scrivevano sulle mappe geografiche hic sunt leones nei
luoghi non ancora sotto il loro pieno controllo. Le prime
parole messe in bocca a Marlow da Conrad sono: "And this
also," said Marlow suddenly, "has been one of the dark places
of the earth." Il bianco della luce della civilizzazione che
i romani portarono alla Gran Bretagna secoli e secoli fa
viene contrapposto al momento iniziale di buio e terrore dei
primi navigatori che risalivano il Tamigi. Il bianco è il
colore dell’avorio, ovvero ciò che gli inglesi cercano in
Africa. Il romanzo nella sua parte centrale mette in evidenza
il contrasto tra la luce impietosa del giorno e lo
sfruttamento del lavoro, la violenza della “civilizzazione”
forzata.
È emblematico a questo proposito l’incontro di Marlow
con uno schiavo che ha un pezzo di spago bianco legato
intorno al collo:
6
He had tied a bit of white worsted round his neck--Why? Where
did he get it? Was it a badge--an ornament--a charm--a propitiatory act? Was there any idea at all connected with it? It looked
startling round his black neck, this bit of white thread from
beyond the seas.9
Subito dopo Marlow incontra il capo contabile della
compagnia che mantiene la sua divisa bianca, pulita e in
ordine, come per contrasto con la sensazione di malattia e
degrado che si avverte nell’aria. È proprio lui a parlargli
di Kurtz per la prima volta. Il bianco pian piano scivola
verso un’assiologia timica disforica, da potenzialità aperta
e indeterminata diventa elemento rapace di sfruttamento e
annientamento, così come la luce sembra avere la capacità di
distruggere il buio. Nella parte centrale del romanzo il
viaggio verso il buio, l’oscurità del non-conosciuto procede
e Marlow arriva quasi a trovare un fascino perverso
nell’oscurità durante la risalita del fiume.
Per rendere conto di questo scivolamento assiologico
possiamo citare una piccola parte del romanzo (abbiamo
sottolineato in neretto la coincidenza tra cromatismo e stato
patemico):
Going up that river was like traveling back to the earliest
beginnings of the world, when vegetation rioted on the earth and
the big trees were kings. An empty stream, a great silence, an
impenetrable forest. The air was warm, thick, heavy, sluggish.
There was no joy in the brilliance of sunshine10
È dall’incontro attanziale tra il soggetto e la natura
che si realizza la costruzione patemica intesa come agire e
patire11. La passione si inscrive in uno spazio figurale che,
come direbbe Denis Bertrand, fonda il soggetto e lo
costituisce cognitivamente12. È nel momento del confronto con
Kurtz che l’identità si confonde con l’alterità. Kurtz è
visto come genio predatore e come bestia arcaica, luce e
ombra. Alla fine vince il buio, nelle parole di Kurtz: “The
horror! The horror”.
9
Joseph Conrad, Heart of Darkness, ibid
Joseph Conrad, Heart of Darkness, ibid
11
G. A. Greimas e J. Fontanille Semiotica delle passioni: dagli stati
di cose agli stati d'animo a cura di Francesco Marsciani e Isabella
Pezzini, Bompiani, Milano, 1996
12
Denis Bertrand «Le virtualità dello spazio» in Semiotica in nuce II,
a cura di Paolo Fabbri e Gianfranco Marrone, Meltemi, Roma
10
7
Marlow torna a casa in un Europa che definisce un
“bianco sepolcro” Tutta la luce gli sembra contaminata dal
buio, in una sorta di grigiore morale. Marlow rimpiange i
contrasti forti tra luce ed ombra che aveva trovato nella
figura di Kurtz.
Per
ora
sospendiamo l’analisi
del
romanzo
e
concentriamoci sull’inizio del film di Coppola, per vedere
come sono stati adattati, a vari livelli del percorso
generativo, questi effetti di senso legati ad un ragionamento
per figure, evidenziando le isotopie ricorrenti in entrambi i
testi; poi ritorneremo al libro per un confronto più
generale, in cui saranno messe in evidenza le differenze tra
i due testi e la ripresa delle isotopie comuni.
Apocaypse Now
1. Preparazione, ricerca e compimento
Possiamo dividere il film in tre grandi blocchi narrativi:
1.
il primo consiste nella preparazione al viaggio: il
governo degli Stati Uniti affida a Willard (l’equivalente di
Marlow nel film), una missione segreta, quella di trovare e
“porre fine” al comando di Kurtz in maniera definitiva. Il
governo in questo caso è il destinante di un fare pratico,
eliminare Kurtz.Willard però si pone da subito come autodestinante di una ricerca di un sapere non finalizzata
solamente al compimento della missione, al fare-pragmatico.
Il voler-sapere cognitivo si lega ad un valore timico
euforico, del soggetto che vuole congiungersi al suo oggetto
di valore, la conoscenza di ciò che è oscuro.
_.
Il punto di passaggio tra il primo e il secondo
blocco si apre con la famosa scena della cavalleria
dell’aria. Il colonnello Kilgore fanatico del surf viene
giudicato da Willard come un personaggio agli antipodi di
Kurtz. Il colonnello è sia aiutante che opponente insieme,
perché aiuta i nostri a iniziare il viaggio lungo il fiume,
ma gli fa perdere tempo con la sua ossessione per il surf. È
un punto di passaggio che viene figurativizzato dall’ingresso
nel fiume come accesso all’azione e alla missione. È un punto
di passaggio dalla fase preparatoria alla ricerca vera e
propria. La barca viene letteralmente sollevata e posata sul
fiume dagli elicotteri, vero deus ex machina, con sottofondo
della cavalcata delle Walkirie di Wagner.
8
2. Il secondo blocco ci mostra la risalita del fiume da
parte della barca e del suo equipaggio: il viaggio. Questa
fase si conclude con l’attraversamento del ponte di Do Lung,
estrema frontiera della guerra, oltre la quale c’è soltanto
Kurtz.
3.
L’ultima fase è l’incontro risolutore con Kurtz nel
suo regno, il confronto, quello che Greimas sulla scorta di
Vladimir Propp avrebbe definito la prova qualificante. Questa
fase può a sua volta dividersi in due:
3.1 Ricerca del sapere e confronto tra Willard/Kurtz.
3.2 Compimento della missione di Willard con l’uccisione
di Kurtz e partenza per ritornare a casa, discendendo il
fiume.
Per ora ci concentreremo sulla sequenza di apertura del
film. Vedremo come le isotopie messe in gioco siano
riproposte in tutte il film e come la musica funzioni da
ponte tra il romanzo e la sua trasposizione filmica.
Questa
idea è messa in luce anche nell’analisi del film realizzata
da Barbara Grespi.13 L’autrice parla giustamente di una
soglia, una sorta di varco incorniciato, di un gioco di
cornici in cui la musica e, come vedremo, l’effetto di
dissolvenza incrociata forniscono dei punti di passaggio e di
tensione tra il piano plastico e il piano figurativo del
film.
2. Analisi della sequenza di apertura di Apocalypse Now14
È buio e sentiamo il rumore dell’elica di un elicottero. Il
film si apre con l’immagine di un gruppo di alberi nella
jungla. C’è un primo passaggio di un elicottero. Si alza
della polvere gialla che confonde l’immagine degli alberi.
Nello stesso tempo parte la colonna sonora con un pezzo del
gruppo musicale The Doors dal titolo The End. Vediamo un
secondo elicottero che passa, mentre il cantante dei Doors,
Jim Morrison incomincia a cantare: “This is the end…15”.
13
Barbara Grespi “Il racconto dal romanzo al film” capitolo 6 del
libro Il prodotto culturale, teorie, tecniche di analisi, case
histories, a cura di Fausto Colombo e Ruggero Eugeni, Carocci editore,
Roma, 2001
14
Rimandiamo alla tabella di trascrizione dei codici visivi e dei
codici sonori della sequenza iniziale del film, presente nel testo “Il
racconto dal romanzo al film” di Barbara Crespi a p.163-165
15
Il testo integrale della canzone è questo:
9
Contemporaneamente gli alberi prendono improvvisamente fuoco
e la polvere riempie totalmente lo schermo. Terzo passaggio
di elicotteri, dissolvenza incrociata in cui compare il volto
di Willard in primissimo piano, a testa in giù, sulla parte
sinistra dello schermo. Willard apre e chiude gli occhi,
mentre un’altra dissolvenza incrociata fa scomparire gli
elicotteri e comparire a destra dello schermo un ventilatore
da soffitto con pale girevoli. Ricompare la jungla totalmente
in fiamme in un’altra dissolvenza a destra. Questa volta la
mdp sembra essere lì in mezzo agli alberi, in mezzo al fuoco;
scorre da destra verso sinistra mentre Willard apre gli occhi
e si porta una sigaretta accesa alla bocca. Di nuovo
dissolvenza a destra dove compare il volto di pietra di un
idolo pagano, a sinistra rimane sempre il volto di Willard
capovolto. Dissolvenza completa dello schermo in
cui
riappaiono ancora gli elicotteri, poi compiono per un attimo
solo le pale del ventilatore, poi di nuovo il volto di
Willard. A questo punto le immagini degli elicotteri, della
jungla in fiamme, del ventilatore e del volto di Willard sono
in compresenza sullo schermo. Le fiamme sono, a livello
topologico, sovrapposte a i
capelli
di
Willard, in
This is the end / Beautiful friend / This is the end / My only friend,
the end / Of our elaborate plans, the end/ Of everything that stands,
the end / No safety or surprise, the end / I'll never look into your
eyes...again / Can you picture what will be / So limitless and free /
Desperately in need...of some...stranger's hand / In a...desperate
land / Lost in a Roman...wilderness of pain
/ And all the children
are insane / All the children are insane/
Waiting for the summer
rain, yeah / There's danger on the edge of town / Ride the King's
highway, baby / Weird scenes inside the gold mine/ Ride the highway
west, baby / Ride the snake, ride the snake / To the lake, the ancient
lake, baby/
The snake is long, seven miles / Ride the snake...he's
old, and his skin is cold/ The west is the best / The west is the best
/ Get here, and we'll do the rest / The blue bus is callin' us/ The
blue bus is callin' us / Driver, where you taken' us / The killer
awoke before dawn, he put his boots on/ He took a face from the
ancient gallery / And he walked on down the hall / He went into the
room where his sister lived, and...then he / Paid a visit to his
brother, and then he / He walked on down the hall, and / And he came
to a door..and he looked inside / Father, yes son, I want to kill you
/ Mother...I want to...fuck you / C'mon baby, take a chance with us /
C'mon baby, take a chance with us / C'mon baby, take a chance with us
/ And meet me at the back of the blue bus / Doin' a blue rock / On a
blue bus / Doin' a blue rock / C'mon, yeah / Kill, kill, kill, kill,
kill, kill / This is the end / Beautiful friend / This is the end / My
only friend, the end / It hurts to set you free / But you'll never
follow me / The end of laughter and soft lies / The end of nights we
tried to die / This is the end.
10
corrispondenza della sua fronte. La mdp fa compiere al volto
di Willard, che ora ci appare disteso sul letto in primo
piano, una rotazione in senso orario di 270 gradi per poi
scomparire in un’altra dissolvenza. Vediamo una carrellata
orizzontale da sinistra verso destra che mostra in primo
piano: medaglie, foto, libri e alti oggetti appartenenti a
Willard, l’immagine di Willard stesso sdraiato sul letto con
gli occhi chiusi. Le immagini degli elicotteri continuano ad
affiorare sullo sfondo, mentre vediamo, prima a fuoco, dopo
in dissolvenza: bicchiere, cucchiaio e poi la mano aperta di
Willard sul cuscino con vicino una pistola sempre in primo
piano a fuoco e nitida.
Stacco e dissolvenza incrociata tra il ventilatore e il
volto di Willard in primissimo piano a testa in giù che
riapre gli occhi. La musica si attenua fino a scomparire come
a voler segnare il punto di risveglio di Willard.
Altro stacco e vediamo l’immagine del ventilatore
ripresa da un’altra angolazione -sentiamo ancora il rumore
degli elicotteri - la macchina da presa compie un movimento
verso il basso, rivelando che ci troviamo dentro una camera
di un albergo.
Stacco sul primissimo piano di Willard, che muove gli
occhi, come a voler cercare la ragione del rumore ancora
persistente degli elicotteri.
Stacco e carrellata in avanti verso la finestra con le
veneziane chiuse. Vediamo nell’esterno della camera d’albergo
una città orientale – il rumore degli elicotteri si
affievolisce fino a sparire - mentre la voce over di Willard
dice: “Saigon, cazzo, sono ancora soltanto a Saigon”.
La dissolvenza e la compresenza sullo schermo delle
immagini crea un effetto tra l’immagine onirica e l’immagine
ricordo. Possiamo inferire che le varie scene che si
sovrappongono all’immagine del volto di Willard siano delle
immagini oniriche, poiché lo vediamo sdraiato sul letto con
gli occhi parzialmente chiusi, come in una sorta di delirio
ad occhi aperti; nello stesso tempo siamo autorizzati anche a
considerarle delle immagini ricordo, una sorta di flash back
sugli eventi della sua precedente missione.
Le scene in questione però, non sono né sogni né
ricordi, sono delle vere e proprie anticipazioni, dei flashforward, di quello che vedremo successivamente nel film, una
sorta di riassunto condensato, un trailer interno al film.
11
La jungla in fiamme con gli elicotteri rimanda alla
scena della cavalleria dell’aria e del colonnello Kilgore
(_).
Il volto di pietra in dissolvenza è una rima figurale
con il volto di Willard; accostamento di figure che viene
ripreso nella scena finale del film, nella partenza del
battello per discendere il fiume.
Le fiamme sembrano rimandare all’episodio del ponte (2)
o comunque ad un isotopia cromatica generale di contrasto tra
tonalità calde giallo-rosso e tonalità fredde verde-blu, dal
colore della jungla fino ad arrivare al nero della notte.
Le immagini sfumano l’una nell’altra creando uno
scivolamento del figurativo sul plastico.
Gli elicotteri vengono sostituiti dall’immagine delle
pale del ventilatore, una sorta di metonimia visiva. Il
rumore degli elicotteri fa da collante tra le i due formanti
figurativi e permette il passaggio dal flash forward al tempo
ed allo spazio diegetico presente. L’oscillazione tra
débrayage ed embrayage spazio temporali (non-ora, non-qui vs
ora e qui) è accompagnata da un crescendo altalenante della
musica.
Il movimento rotatorio della macchina da presa sembra
coincidere con il movimento del ventilatore. Willard è preso
dal movimento del ventilatore/elicottero.
Vediamo comparire nelle immagini nitide e a fuoco quegli
oggetti che caratterizzano il personaggio del soldato, la mdp
sembra scivolare accanto al suo corpo sdraiato. Willard è
portato fuori dal letto con una carrellata orizzontale,
seguita dallo stacco del movimento di macchina, che prima
discende verso il basso, rivelando lo spazio diegetico reale,
poi opera con un zoom verso la finestra.
Sia il movimento della macchina da presa dall’alto verso
il basso, sia il movimento di avvicinamento verso la
finestra,
possono
essere
considerati
in
relazione
semisimbolica con i movimenti del solo sguardo dell’attore
prima, del suo intero corpo poi. La macchina da presa si
antropomorfizza mano a mano che si passa dal sonno alla
veglia. Lo sguardo della macchina, sguardo in soggettiva
attribuibile a Willard, si risveglia attraverso la musica e
il rumore dell’elicottero.
La fase onirica termina
quando lo sguardo della
macchina da presa (soggettiva dello sguardo di Willard)
12
guarda verso l’esterno.La dissolvenza/sogno over-diegetica, è
messa in rapporto con la camera interna e inter-diegetica, in
cui si risveglia Willard.
Guardare fuori dalla finestra costituisce la prova di
sanzione tra realtà e sogno di un destinate-giudicante
cognitivo rappresentato dallo stesso Willard, che costituisce
un simulacro di noi spettatori, dell’enunciatario. Il
protagonista guarda fuori dallo spazio interno della camera
verso l’esterno e ci dice finalmente dove siamo a livello
diegetico, c’è una stabilizzazione spazio-temporale e il film
ora può iniziare.
3. Dissolvenza e spostamento metonimico tra figura e sfondo
Come nel romanzo abbiamo un’oscillazione spazio-temporale che
crea un momento d’imperfezione, di sfasatura spazio-temporale
che corrisponde a livello plastico all’effetto di dissolvenza
incrociata. È interessante sottolineare come la dissolvenza
sia un procedimento che, molto spesso nel cinema, può
separare delle sequenze ad episodi che si succedono in ordine
cronologico16. In questo specifico caso però, la dissolvenza
marca appunto questo effetto di non-continuità sul piano
plastico e
di
continuità sul
piano figurativo, per
spostamento figurale, metonimico, come una anamorfosi della
figura.17
16
Si veda Christian Metz ,“Problemi di denotazione nei film di
finzione” in Semiologia del cinema, Garzanti Editore 1972, p. 189.
17
A riguardo del problema del figurale Pierluigi Basso in Confini del
Cinema; Strategie estetiche e ricerca semiotica, Lindau, Torino 2003
scrive: “Se il piano figurativo è individuato da trasformazioni di
valori inquadrabili sotto un regime di dinamiche interattanziali, il
figurale non si pone semplicemente come una regione di questo
caratterizzata da una bassa densità di tratti, ma piuttosto una messa
in prospettiva del materiale discorsivo che ne enfatizza le relazioni
interne, soprattutto in termini di tensione tra elementi plastici e
figurativi. In questo senso il figurale non è riducibile alla
significazione semisimbolica (che tende a correlare una categoria
figurativa con una categoria plastica) ma è certamente alla base della
significazione tropica, in particolare metaforica. Quest’ultima si
regge su una anamorfosi discorsiva, dato che è frutto di un’allotopia
semantica rispetto alla quale la coerenza delle trasformazioni
narrative, nel testo di occorrenza, può essere riguadagnata solo
assumendo un punto di vista eccentrico, grazie al quale risolvere la
figuratività
aberrante
decomponendola
in
formanti
plastici
rialticolabili con contenuti tali da sopportare un paesaggio di valori
nuovamente omogeneo. Sono questi i valori figurali: essi restano
attivati da una tensione irresolubile tra la prospettiva di
semantizzazione retta dalle isotopie figurative diffuse nel testo, e
13
Christian Metz in Cinema e psicanalisi; il significante
dedica
un
paragrafo
alla
dissolvenza
immaginario18,
incrociata, ponendo l’accento sulla capacità di rendere
metonimiche le
metafore, o
meglio di
sciogliere il
paradigmatico nel sintagmatico producendo effetti che Metz
chiama, rifacendosi alle teorie di Freud, di condensazione e
spostamento. Citando anche le teorie sulla metafora di Jaques
Fontanille possiamo notare che quello che scrive a riguardo
della costituzione percettiva dei tropi, tra assenza e
presenza, è appropriato per descrivere il funzionamento della
dissolvenza incrociata:
possiamo considerare il valore di una figura come correlazione
fra i gradi rispettivi dell’i n t e n s i t à e dell’e s t e n s i t à
enunciazionale di un contenuto realizzato e di un contenuto
potenzializzato…lo spettatore va e viene tra le due visioni di
presenza e assenza percettiva, cercando di stabilizzare il
campo di presenza gerarchizzandolo in profondità. Quindi avremo
una Mira che apre il campo e una Presa che lo chiude.19
La dissolvenza incrociata realizza a livello plastico
proprio questo passaggio tra figura e sfondo, tra estensità
sintagmatica e intensità paradigmatica. Questo presuppone
un’idea tensiva rispetto al problema della differenza tra una
figura e lo sfondo. Come chiarisce efficacemente Gilles
Deleuze:
La differenza è lo stato in cui si può parlare della
determinazione. La differenza «tra» due cose è soltanto
empirica,
mentre
estrinseche
sono
l e determinazioni
corrispondenti. Senonché in luogo di una cosa che si distingue
un’altra, immaginiamo qualcosa che si distingua eppure ciò da
cui si distingue non si distingue da essa. Il lampo per esempio
non si distingue dal cielo nero, ma deve portarlo con sé, come
se si distinguesse da ciò che non si distingue. Si direbbe che
il fondo sale alla superficie, senza cessare di essere fondo […]
il distinto si oppone a qualcosa che non può da esso
distinguersi e che continua a coniugarsi con ciò che da esso si
quella anamorfica. Come abbiamo detto, questa deflagra plasticamente
il paesaggio figurativo per ricomporlo come espressione di nuovi
contenuti (quelli figurali appunto) che, pur instabili, si propongono
persino come connettori isotopici privilegiati del testo, in quanto
risultano dalla percezione di strutture di relazioni semantiche più
profonde. p.29-30
18
Christian Metz, Cinema e psicanalisi; il significante immaginario,
Marsilio editore, Venezia, 1980
19
Jacques Fontanille Per una retorica tensiva: tropi e passioni,
Documenti di lavoro e pre-pubblicazioni, Centro Internazionale di
Linguistica e Semiotica di Urbino, Urbino, 1996, p.19
14
separa. La differenza è questo stato della determinazione come
distinzione unilaterale. Della differenza, si deve dunque dire
che la si fa, o che si fa, come nell’espressione «fare la
differenza»20
In questo caso specifico, l’effetto non è solo locale,
relativo solo alla sequenza d’inizio, ma viene replicato con
rinnovata efficacia nella sequenza finale, come un serpente
che si morde la coda; questo contribuisce a creare un effetto
di circolarità nel film.
A livello molto generale possiamo considerare la
tensione tra figura e sfondo come un’invariante tra il
romanzo e film. Come nel romanzo avevamo una sfasatura tra i
due racconti – il primo faceva da parabola al secondo e dava
il via alla narrazione dell’esperienza di Marlow- nel film
abbiamo il sogno di Willard, tra ricordo e anticipazione, che
condensa figurativamente il film. Entrambi i testi nella loro
parte iniziale sono caratterizzati da questa incertezza
discorsiva, questa oscillazione dell’enunciazione che produce
un ribattimento dell’esterocettivo sull’intracettivo, del
piano figurativo/figurale sul piano timico. Questo fa in modo
che il temine complesso della categoria dell’esterocettività
e della interocettività, cioè quello della propriocettività,
si faccia carico delle trasformazioni patemiche dei soggetti.
4 .La canzone “The End”
come elemento di
risonanza
intertestuale tra libro e film
La similitudine del fiume serpente presente nel libro di
Conrad viene ripresa nella canzone: “Ride the snake, ride the
snake / To the lake, the ancient lake, baby/
The snake is
long, seven miles”. Nella canzone poi c’è un riferimento agli
antichi romani che richiama il primo racconto di Marlow “/
Lost in a Roman...wilderness of pain /“. Alla fine del film,
nel momento dell’uccisione di Kurtz, la musica riprende da
dove si era interrotta. Willard si mimetizza il volto con i
colori della jungla per andare ad uccidere Kurtz ed è
accompagnata dalle parole “The killer awoke before dawn, he
put his boots on/ He took a face from the ancient gallery /”.
C’è un invito all’omicidio “/ Kill, kill, kill, kill, kill,
kill / This is the end / Beautiful friend /”.
20
Gilles Deleuze, Differenza e ripetizione, Cortina, Milano 1997,
p.43.
15
Naturalmente la canzone dei The Doors non è stata
composta e pensata per il film di Coppola, né tanto meno
realizzata pensando al libro di Conrad ma, dal momento che è
stata scelta e associata al film come colonna sonora, siamo
autorizzati a rendere pertinenti ed attivare quelle isotopie
che ritroviamo nel film e nel romanzo. Come fa notare Nicola
Dusi21 l’inserimento di un testo all’interno di un altrp porta
a un cambiamento a livello di significazione di entrambi i
testi, sia del testo contenente, sia del testo contenuto. I
testi attraverso una modalità tensiva, sono messi in
risonanza tra di loro ed alcune proprietà, sia del piano
dell’espressione, sia del piano del contenuto, vengono
potenzializzate, mentre altre sono narcotizzate. In questo
caso specifico la canzone inserita nel film produce una
risonanza intertestuale tra il libro e il film, una sorta di
operatore traduttivo che, come direbbe Eco, funziona da
interpretante tra i due testi.
5 . Ripresa della musica e ripresa dell’incertezza spaziotemporale
Dopo essersi svegliato Willard si ritrova da solo con una
bottiglia di whisky, nella stanza d’albergo, a confrontarsi
con i suoi ricordi. La sua voce over ci informa che ha già
compiuto altre missioni nel Vietnam e che ora non riesce più
a trovarsi a suo agio né a casa in America, né a Saigon. Non
capisce più quale è il suo posto: “Quando ero nella Jungla
non volevo altro che tornare a casa, quando ero là volevo
solo tornare nella jungla” Il soldato esprime la sua
incertezza cognitiva sulla sua collocazione spazio-temporale
esplicitando verbalmente la dissolvenza incrociata iniziale.
Egli sta aspettando un’altra missione e nel frattempo, come
dice lui stesso si “..sta lasciando andare”. Willard è
inquadrato dall’alto all’interno della camera, con la barba
lunga, ripreso di spalle e seduto per terra in una posa da
meditazione, a
gambe incrociate. Il ventilatore getta
un’ombra sul suo corpo.“Sono ancora nella jungla e Charlie è
in agguato nella boscaglia… diventa sempre più forte” esclama
la sua voce over, mentre la musica dei The Doors, riprende da
dove si era interrotta, parzialmente effettata e distorta.
21
Nicola Dusi Il cinema come traduzione. Da un medium all’altro:
letteratura, cinema, pittura, UTET, Torino, 2003
16
“La stanza diventa sempre più piccola, sento le pareti che mi
si stringono attorno” ed intanto le inquadrature si succedono
con l’effetto dissolvenza della scena iniziale.
C’è una ripresa delle immagini oniriche e anticipatrici,
vediamo le pale del ventilatore dissolversi nelle immagini
della jungla in fiamme. Il corpo di Willard sembra mimare un
combattimento in un’arte marziale orientale non ben definita,
come una sorta di danza spastica e arcaica. Vediamo
sovrapporsi in dissolvenza all’immagine presente di Willard,
la sua immagine futura in cui combatterà contro Kurtz. Mentre
la musica sale, Willard distrugge uno specchio con un pugno,
si scola un’intera bottiglia di whisky e poi cade nudo tra le
coperte bianche macchiandole di sangue.
Questa sequenza, oltre a mostrarci il decadimento di
Willard, si pone come un’anafora dell’effetto di incertezza
spazio-temporale iniziale. La musica ha una funzione di
connessione tra le scene, infatti verrà ripresa da dove si
era interrotta durante il confronto finale con Kurtz. La
rottura dello specchio segna la lenta, progressiva fine della
sequenza, come una rottura dello schermo, un accecamento
dell’occhio della mdp che seguiva impietosamente Willard.
Abbiamo un montaggio veloce senza raccordo in una serie di
inquadrature oggettive, come schegge dello specchio, che si
succedono con la musica in calando. L’importanza dello
specchio inserito nel testo è stata messa in luce negli studi
semiotica, si pensi al celebre capitolo che gli dedica
Christian Metz nel suo libro L'enunciazione impersonale o il
luogo del film 22.
22
Nel suo libro L'énonciation impersonelle ou le site du film, Paris,
Klincksieck; trad. it., L'enunciazione impersonale o il luogo del
f i l m , Ed. Scientifiche Italiane, Napoli 1995, Christian Metz
sottolinea giustamente
il fatto che l’enunciatore e l’enunciatario
non devono essere confusi con le istanze di produzione o della
ricezione dell’enunciato. Metz propone di sostituire ai termini
enunciatore ed enunciatario che si portano dietro una forte
caratterizzazione antropomorfa, la coppia foyer e cible. Metz mette in
luce anche come nell’enunciazione cinematografica vi sia la capacità
di designare se stessa in chiave metatestuale attraverso l’uso degli
specchi, dei raddoppiamenti del quadro, del film nel film ecc. Per la
questione dell’enunciazione impersonale nel cinema si veda anche
Pierluigi Basso Confini del Cinema; Strategie estetiche e ricerca
semiotica, Lindau, Torino 2003
17
6. La foto in ombra di Kurtz
Le foto di Kutz nel film costituiscono un motivo ricorrente.
Willard vede una foto di Kurtz prima di’intraprendere la
missione, sulla scrivania dei suoi superiori. Sente la voce
di Kurtz registrata da un messaggio radio intercettato dal
controspionaggio. Come dirà più tardi durante il viaggio
Willard, “…non riesco a collegare la voce a quest’uomo”, alle
immagini nelle fotografie; a questo punto Willard ha in mano
una foto in cui l’immagine di Kurtz in cui lui è totalmente
in ombra, si distinguono solo i contorni della figura.
Quando Willard incontra Kurtz per la prima volta nel
film, vediamo la figura ripresa in tre quarti di Kurtz
entrare e uscire dall’ombra, come in quadro di Caravaggio,
grazie all’illuminazione artificiale delle torce che rendono
tremolanti e fuggevoli i contorni. L’immagine di Kurtz, tra
uomo eccezionale e bestia assassina, viene mostrata a livello
plastico attraverso questi effetti di contrapposizione tra
nero e giallo, mentre l’immagine è combattuta a livello
figurativo tra luce ed ombra. La vita precedente di Kurtz
entra nel film solo attraverso le fotografie-ricordo, non c’è
un momento di confronto postumo con la memoria di Kurtz come
nel romanzo, solo la constatazione da parte di Willard che
Kurtz si è spinto così oltre che probabilmente i suoi cari
stenterebbero a riconoscerlo.
7. Isotopie cromatiche a confronto, l’importanza dello sfocato
nel film
Il romanzo presenta una forte opposizione cromatica tra la
luce e le tenebre a livello di figure del contenuto.
L’opposizione è realizzata all’interno del discorso grazie
alle isotopie cromatiche ricorrenti. Il bianco e nero come
luce e tenebra acquistano anche valenze metaforiche nel testo
letterario. Nel film invece l’opposizione cromatica si ha a
livello di figure plastiche del piano dell’espressione, tra
tonalità calde, giallo-rosse, e tonalità fredde, verde-blu.
Secondo Greimas “le categorie del piano del contenuto
delle lingue naturali corrispondono alle categorie del piano
questo è
stato
dell'espressione del mondo naturale”23,
23
Del senso, Bompiani, Milano, 1974, sull’argomento si veda anche
Francesco Marsciani «L’Occhio, lo Spirito e la Scrittura» in Il testo
filosofico a cura di Gianfranco Marrone, Epos, Palermo, 1994
18
recentemente ribadito con forza da Fontanille. Egli sostiene
che:
Non
ci
sono
categorie
semiotiche
che
afferiscono
aprioristicamente al piano dell’espressione o quello del
contenuto. Infatti l’isomorfismo tra i due piani di un
linguaggio è specifico di ogni semiosi, e il rapporto tra
espressione e contenuto viene così ridefinito
a ogni nuova
enunciazione.24
Il cinema adatta a sua volta, le categorie del piano del
contenuto del libro di Conrad nel suo piano dell’espressione,
in parte trasformandole, in parte mantenendo le assiologie di
base del romanzo. Se nel film avremo sul piano plastico un
effetto continuo vs discontinuo, sul piano del contenuto
avremo un
effetto distinto vs
indistinto. Nel
film
l’indeterminatezza tensiva delle zone sfocate è in relazione
semisimbolica con la categoria timica euforia vs disforia I
punti di passaggio tra la visione nitida e la visione
offuscata (visione a fuoco vs visione sfocata, non-nitida) si
accompagna a stati altalenanti
tra certezza euforica e
25
incertezza disforica . Il film condivide lo stesso spazio
figurale del romanzo: più ci si allontana dal mare, - spazio
aperto euforico - più ci si addentra nell’interno - spazio
chiuso disforico - . La risalita del fiume con il suo
percorso tortuoso pone la categoria conosciuto vs sconosciuto
in relazione semisimbolica con la categoria distinto vs
indistinto.
L’episodio dell’attraversamento del ponte di Do Lung è
emblematico. Vediamo solamente bagliori e fuochi nella notte,
tonalità calde, giallo-rosse esplodono nelle tonalità fredde,
verde-blu della jungla. Momento d’incertezza assoluta, il
ponte abbattuto e ricostruito di continuo diventa un elemento
di passaggio/scontro delle sponde opposte. A
livello
semisimbolico mette in relazione le categorie vita vs morte a
luce vs buio, ed a ad un livello topologico, lo spazio sotto
il controllo degli americani e lo spazio sotto controllo
delle forze vietnamite o comunque delle forze avverse agli
americani.
24
Jacques Fontanille, Figure del corpo. Per una semiotica
dell’impronta, Meltemi, Roma, 2004, p. 31.
25
Si veda a tale proposito Nicola Dusi Il cinema come traduzione; Da
un medium all’altro: letteratura, cinema, pittura, UTET, Torino, 2003.
19
Inoltre, il passaggio non è s u l ponte, ma sotto il
ponte, tramite il fiume. Il ponte diventa una porta verso il
regno di Kurtz, verso il regno dell’ignoto. Possiamo
considerare il ponte, in rapporto al romanzo, come una
seconda bocca del serpente, la prima era nell’imbocco del
fiume durante l’episodio della cavalleria dell’aria.
8. Lenz, il personaggio indistinto
Lenz è il soldato che impazzisce durante il viaggio e
rappresenta una sorta di maschera neutra26. Unico membro
dell’equipaggio che riesce a sopravvivere al viaggio a parte
Willard. Personaggio che sembra attraversare, fisicamente
indenne, tutte le
vicissitudini con
una
tecnica da
camaleonte, si mimetizza letteralmente dipingendosi la faccia
con i colori della jungla e della notte, nero e verde,
avvolge la barca con un fumogeno rosa., si integra fra i
nativi. Non per nulla il personaggio è un surfista, il suo
compito sembra quello di rimanere a galla, di cavalcare gli
accadimenti fenomenici come le onde, senza soccombere alle
forze della natura. Durante l’episodio del ponte Lenz si
prende un acido e lo sguardo della macchina da presa si fa
portatrice, come avrebbe detto Pierpaolo Pasolini, di un
Le
immagini
sembrano
“discorso
indiretto
libero”27.
rallentare. Le voci dei soldati assumono un eco inquietante.
Sprazzi di luce contendono all’oscurità totale il predominio
sullo schermo. Lo sguardo del film in questo momento è lo
sguardo sotto acido di Lenz, anche senza coincidere a livello
diegetico con esso.
Nella sequenza in cui Kurtz porta la testa mozzata del
soldato Chef a Willard, vediamo Kurtz come Lenz, con i colori
mimetici di guerra, uscire e poi rientrare nell’ombra. Al
momento di uccidere Kurtz, Willard si mimetizzerà a sua volta
come Lenz e Kurtz, perché, come abbiamo già detto, deve
diventare parte della jungla per riuscire a compiere il suo
programma narrativo e terminare la sua missione. “Era
sopratutto la jungla a volerlo morto” dirà la voce over di
Willard. In una scena molto suggestiva Willard sembra sorgere
26
Si veda il saggio di Francesco Marsciani “La maschera neutra” in
Francesco Marsciani Esercizi di semiotica generativa: dalle parole
alle cose, Esculapio, Bologna, 1999.
27
Pierpaolo Pasolini, Il «cinema di poesia» in Empirismo Eretico,
Garzanti, Milano, 1972.
20
dall’acqua come un mostro marino in mezzo alla nebbia per
compiere l’atto sacrificale. Kurtz viene ucciso con un
macete, in una sorta di contrappasso, come a voler vendicare
la decapitazione di Chef, e richiamare a livello figurale il
momento del sacrificio del bue durante la festa.
Versione redux del film
1. Confronto tra i due manifesti
Il manifesto della versione Redux è diverso da quello
originale del 1979. Nella versione originale i volti di Kurtz
e di Willard sono presenti, uniti anche all’immagine del
ponte Do Lung che brilla nella notte e si rispecchia nei suoi
bagliori nel fiume, come un centro di irradiazione di luce.
C’è una sorta di compresenza tra la notte nera e il tramonto
giallo rosso, con la sagoma nera degli elicotteri che passano
davanti al sole, grandi come zanzare. Nel manifesto della
versione Redux invece scompaiono i volti umani e l’immagine
del ponte. Rimane solo il fiume che si distende nella jungla
nera ed un tramonto che diventa il vero protagonista del
manifesto, con un sole enorme che esce dalle nuvole insieme
ai piccoli elicotteri.
2. L’indice del DVD
Anche le immagini presenti nell’indice del DVD della versione
redux di Apocalypse Now ripropongono le immagini degli
accadimenti fenomenici: esplosioni del ponte nella notte,
fiume nella nebbia e durante il tramonto; uniti all’immagine
di una carta geografica ed occhi di bambini vietnamiti che ci
guardano attraverso una tenda nera lacerata. I bambini
vietnamiti che guardano verso noi spettatori, sono un
simulacro dell’enunciatario, di noi spettatori; allo stesso
tempo rappresentano l’alterità, lo sguardo a l t r o della
macchina da presa che si gira e guarda verso di noi come in
uno specchio.
3. Le seguenze aggiunte
Le immagini aggiunte sono molto interessanti per la nostra
analisi perché pongono l’accento proprio su quelle che
abbiamo considerato essere le isotopie generali del film,
21
nonchè sugli effetti di indeterminatezza, di occultazione vs
svelamento dello sguardo.
Nella prima sequenza inedita Willard sottrae la tavola
da surf al Colonnello Kilgore. Momento di passaggio tra la
fase preparatoria e l’inizio del viaggio. Questa è dal punto
di vista narrativo una sorta di prova di scaltrezza
dell’eroe, moderno Ulisse, che trova sempre il modo per
proseguire il suo viaggio.
Nella
seconda
sequenza
l’equipaggio
incontra
l’elicottero di Playboy a corto di carburante e Willard
scambia delle taniche di carburante con un paio di ore con le
playmate per risollevare il morale dei soldati. Anche questa
sequenza ha origine da un accadimento fenomenico, la pioggia
battente che cade nella jungla e avvolge i personaggi in un
mare di fango.
Nella terza sequenza l’equipaggio entra dentro un banco
di nebbia, nell’indistinto, e incontra i coloni De Marais,
(Aurore Clement e Christian Marquand), famiglia di origine
francese ma nata e cresciuta da generazioni in Indocina. Qui
il film opera un spostamento parabolico e sottolinea in
maniera esplicita il
rapporto tra
la
guerra e
il
colonialismo. L’episodio sembra riprendere anche le atmosfere
a cavallo tra Ottocento e Novecento presenti nel libro di
Conrad. A chiudere l’episodio c’è una sequenza in cui Willard
fuma di notte dell’oppio con Aurore Clement. Tutto sembra
tornare nell’indistinto. Vediamo il corpo nudo della donna
chiudere i veli attorno al letto a baldacchino coprendo
l’occhio della macchina da presa.
La quarta sequenza in cui Kurtz, quasi ripreso in piedi
per intero, legge a Willard, senza commentarli, articoli di
quotidiani americani del tempo sulla guerra in Vietnam.
Questo inserimento dell’immagine distinta e nitida in pieno
giorno di Kurtz è messa in relazione con una lettura
oggettivante dei fatti della guerra, lettura che nella prima
versione del film forse sarebbe stata censurata. Coppola a
questo proposito ha dichiarato: “Questo spezzone non si
sarebbe potuto mostrare vent'anni fa, perché dà chiara prova
di come l'opinione pubblica americana sia stata ingannata”. È
interessante notare che l’elemento scandaloso presente nei
giornali non è dovuto agli eventi raccontati, ma al loro
ottimismo relativo alle sorti finali della guerra, ottimismo
totalmente smentito dai fatti. Lo spettatore odierno del
22
film, se ha un minimo di competenza storica sui fatti del
Vietnam, riesce a capire meglio la distanza tra la propaganda
giornalistica del tempo e gli eventi successivi al ’79. Anche
se lo spettatore però, non avesse nessuna informazione
extrafilmica sulla guerra del Vietnam, il film contribuirebbe
benissimo da solo a modalizzare lo spettatore, a dotarlo di
una competenza sul Vietnam raccontato da Apocalypse Now, il
quale, come abbiamo già detto, fa da parabola più generale
sulla guerra e sul colonialismo.
L'ultima immagine che appare sullo schermo, prima dei
titoli di coda, è cambiata: ora c'è un primo piano di Willard
che rimanda all’inizio del film, come ad un nuovo inizio o ad
una nuova fine.
Libro e il film a confronto
1. Divergenze principali
Per quanto riguarda il film rispetto al romanzo possiamo
notare diverse dissomiglianze. Nel film abbiamo un destinante
rappresentato dal governo che stabilisce subito la missione
di Willard verso Kurtz. Nel libro Marlow viene a conoscenza
dell’esistenza di Kurtz solo dopo una ventina di pagine, in
modo apparentemente casuale, durante una conversazione. Nel
libro non c’è un punto di passaggio forte tra la preparazione
e la partenza lungo il fiume, come c’è nel film con la scena
di Kilgore (_). Nel libro un guasto al battello rallenta la
partenza e l’inizio del viaggio. Questo fa in modo che
l’interesse per Kurtz possa nascere e crescere. In termini
tensivi possiamo dire che viene potenzializzato da un momento
d’incertezza, di stasi motoria. La vera missione di Marlow
per
la
compagnia passa
in
secondo piano
rispetto
all’interesse crescente che lui continua a maturare per
Kurtz. Il dover-fare di Willard nel film è contrapposto ad un
voler-sapere di Marlow nel libro. Anche nel film è presente
una componente di sfasamento tra il dover-fare pragmatico e
il voler-sapere cognitivo, ma viene risolto alla fine con il
completamento della missione, l’uccisione di Kurtz.
Nel libro Kurtz muore di malattia ucciso dalla jungla
stessa in cui lui si era abbandonato anima e corpo. Nel film
l’uccisione di Kurtz viene messa in scena con un sintagma
alternato che mostra una festa dei nativi con il sacrificio
di un bue. L’eliminazione di Kurtz assume la vera e propria
23
valenza di un sacrificio rituale. Willard esce fuori dal
tempio come colui che uccide il re e prende il suo posto.
Anche fisicamente Willard deve trasformarsi in Kurtz,
mimetizzandosi, divenendo parte della jungla. Nel libro
apparentemente nessuno sembra voler la morte di Kurtz, anche
se ad un’ammirazione per Kurtz si sostituisce l’imbarazzo
della compagnia nel momento in cui il direttore si trova
davanti al regno di Kurtz nella jungla. La relazione tra la
Compagnia e Kurtz è più ambigua, sfumata, fatta di impliciti
e non detti. Nel romanzo
Marlow è il testimone partecipante
degli eventi, il
suo sguardo di
narratore diegetico
rappresenta anche l’istanza giudicante rispetto ai valori
messi in gioco nel romanzo. Egli si comporta da giudicante
esplicito degli eventi della storia che lui stesso racconta.
Nel film il giudizio di Willard è reso implicito dal suo
fare. Il film finisce con un atto pragmatico e con la
partenza del battello; nel libro invece, assistiamo al
ritorno a casa di Marlow, al suo confronto cognitivo con la
ragazza di Kurtz.
2. Débrayage cognitivo e enunciazione impersonale
Willard / Marlow compie un doppio viaggio, uno fisico, lungo
il fiume, un altro lungo i propri pensieri per arrivare a
capire chi è Kurtz. La voce narrante di Willard nel fim, voce
over, rende conto dei suoi pensieri, proprio come fa la voce
di Marlow, enunciazione enunciata di secondo grado installata
nel romanzo. Come fa notare Barbara Grespi28, Willard, nella
sequenza di apertura del film, interpella con il suo sguardo
direttamente l’enunciatario. Lo stesso accade nella sequenza
finale. Questo fa sì che venga mostrato direttamente il
dispositivo enunciativo del film attraverso un’enunciazione
eununciata.
C’è però uno scollamento tra lo sguardo e la voce del
narratore Willard. La voce over del soldato proviene da un
luogo non ben definito e la sovrapposizione tra la voce di
Kurtz e l’immagine del volto di Willard nella parte finale
sembra superare la distanza tra i due e proporre una fusione
mitica, nel senso di superamento dei contrari, tra i due
attanti. Nel film la voce over di Willard appare in relazione
a momenti di passaggio tra i vari accadimenti del film ed è
28
“Il racconto dal romanzo al film” in Fausto Colombo e Ruggero
Eugeni, op. cit.
24
meno invasiva della voce narrante di Marlow. Marlow nel
romanzo opera un débrayage cognitivo. Fontanille nel secondo
tomo del dizionario di semiotica chiarisce il rapporto tra la
dimensione pragmatica e la dimensione cognitiva:
Gerarchicamente superiore alla dimensione pragmatica che gli
serve da referente interno, la dimensione cognitiva del discorso
si sviluppa parallelamente all’aumento del sapere (come attività
cognitiva) attribuito ai soggetti installati nel discorso. Se la
dimensione pragmatica - con i concatenamenti di azioni
programmate che le sono propri - non richiede necessariamente la
dimensione cognitiva, il reciproco non è vero: la dimensione
cognitiva, definibile come il farsi carico, da parte del sapere,
delle azioni pragmatiche, le presuppone. Al limite, la
dimensione pragmatica può essere, in un discorso dato, solo il
pretesto di attività cognitive, come accade sovente in certe
correnti di letteratura moderna. La proliferazione - sui due
assi dell’essere e del fare - dei “Che cosa so?”, “Chi sono?”,
“Che cosa ho fatto?”, “In che cosa sono riuscito?” ecc., va di
pari passo con l’atrofia di “quel che accade”, della componente
pragmatica. L’espansione, nel discorso narrativo, della
dimensione cognitiva, serve allora da transizione tra il
figurativo e l’astratto (tra cui non esiste alcuna soluzione di
continuità): si giunge così a discorsi apparentemente meno
figurativi (o caratterizzati da un altro tipo di figuratività),
e cioè a discorsi cognitivi29.
Come ci ricorda sempre Fontanille
“Il débrayage
cognitivo enunciazionale interviene, per esempio, quando il
narratore, installato nel discorso, non condivide lo stesso
sapere dell’enunciante che lo delega”30 in questo caso il
personaggio X delega tutto il sapere sulla storia a Marlow.
Nel film Willard sembra il vero narratore degli eventi,
ma lo sguardo/movimento della macchina da presa del film dà
luogo, come spesso accade nel cinema, ad un débrayage
cognitivo, frutto, come direbbe Metz, di un’enunciazione
impersonale. Nel film, per riuscire a sopravvivere, i
personaggi devono fondersi/confondersi con la jungla, con la
notte,
così
come
l’alterità t r a
“colonizzatori” e
“colonizzati” deve essere superata. Nel libro Marlow non si
sente di confessare alla ragazza le ultime parole di Kurtz
“l’orrore, l’orrore!”. Conrad attraverso Marlow opera una
29
Secondo tomo del Dictionnaire raisonné de la théorie du langage del
1986, trad. it. parziale a cura di Pierluigi Basso in
« Per un
lessico di semiotica visiva » in Corrain Lucia, Leggere l'opera d'arte
2: dal figurativo all'astratto, Esculapio, Bologna, p.101-102.
30
ibid, trad. it. p.102.
25
censura di fronte all’istanza giudicante della morale civile,
simulacro del narratorio, rappresentata en abyme nel suo
racconto dal personaggio della ragazza.
Il confronto con lei rappresenta una sorta di prova
qualificante del confronto Marlow/Kurtz. Prova che viene
aggirata con una menzogna. Sfasatura inconciliabile da parte
di Marlow tra il sapere e il dire; di fronte al voler-sapere
della ragazza. Marlow le dice quello che lei vuole sentirsi
dire, che è semplicemente quello che la ragazza è disposta a
credere. Nel confronto con l’alterità secondo Conrad la
maschera di progresso dietro cui si nasconde la società
occidentale sembra cadere, la luce si spegne nel buio. Con
una menzogna Marlow cerca di salvare la memoria di Kutz di
fronte alla società civile. Nel film invece Kurtz viene
giudicato, sacrificato e immolato dalla stessa - ipocrita
secondo Kurtz - società civile e dalla jungla.
Nel romanzo le ultime parole di Kurtz risuonano nei
pensieri di Marlow. Anche nel film le parole di Kurtz
risuonano extra-diegetiche con forza disforica, messe in
relazione
con il volto di Willard. Esse accompagnando la
partenza del battello nella nebbia, ancora una volta
nell’indistinto.
Conclusioni
Riassumendo il nostro confronto tra Apocalypse now e Heart of
D a r k n e s s siamo
giunti
alle
seguenti
conclusioni.
L’adattamento del romanzo nel film riprende la critica del
colonialismo espressa dal romanzo di Conrad a livello
profondo della categoria natura vs cultura, omologa a
identità vs alterità, e la proietta attualizzandola nella
guerra del Vietnam. Lo fa giocando su uno spazio figurale
comune che
abbiamo chiamato, sfruttando una
felice
similitudine presente nel libro del fiume/serpente.
Dal punto di vista enunciativo abbiamo visto come i
continui slittamenti tra débrayage ed embrayage, siamo
modalità enunciative comuni del libro e del film. Uno stato
d’incertezza cognitivo dovuta alla collocazione spaziotemporale si
accompagna ad
una proiezione/ribattimento
dell’esterocettivo sull’interocettivo, confronto attanziale
tra la natura esterna e l’interiorità dei personaggi, nella
costruzione di un propriocettivo incerto e disforico.
26
Nel libro abbiamo collocato sul piano del contenuto la
categoria luce vs ombra in relazione semisimbolica con un
assiologia timica che porta la luce, considerata come
euforica civilizzazione dell’uomo bianco, da potenzialità
iniziale della conoscenza, a scivolare disforicamente nel
grigio della penombra della conquista e dello sfruttamento
(non-luce vs non-ombra). Nel film sono gli effetti cromatici
presenti sul piano dell’espressione, di indeterminatezza
tensiva tra sfocatura e messa a fuoco, tra tonalità calde e
tonalità fredde, osservabili a livello plastico, che rendono
conto della modalizzazione incerta dell’enunciatario.
Abbiamo trovato aldilà del
livello tematico e
semionarrativo un livello discorsivo più astratto del livello
figurativo proprio di ogni occorrenza testuale, il livello
figurale. È proprio questo livello intermedio che permette la
trasposizione delle figure attraverso le varie occorrenze
testuali.Inoltre questo livello dà luogo a un discorso che
lavora per parabole, che, come direbbe Paolo Fabbri “ragiona
per
figure”. È proprio questa caratteristica che, rispetto
ha un sfondo socioculturale più generale, in un gioco di
rimandi e intertestualità, rende attuali i testi e permette
di trasformarli adattandoli di continuo.
GRIGIO
FINE
INIZIO
INDISTINTO
DISSOLVENZA
27
FINE
IGNORARE VS SAPERE
PERICOL
O
DEVIAZIONI
varianti
DEVIAZIONI
varianti
INIZIO
PERICOLO
OMBRA VS LUCE
SICUREZZ
A
VERDE/BLU VS GIALLO/ROSSO
NERO VS BIANCO
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