Forum Digitale 2 - Made In etaly Srl

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Forum Digitale 2 - Made In etaly Srl
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Un momento dei lavori del forum “Alla ricerca
di sinergie”, organizzato da M&D e svoltosi
nell’ambito di MEET Milano
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Discografia e new media: alla ricerca di sinergie
mero di maggio 2007, la nostra testata continua
infatti a proporsi come mediatore fra i diversi
operatori in campo per sviluppare questo mercato, mantenendo la promessa fatta allora di organizzare periodicamente incontri di questo tipo;
allora si era parlato di cadenza semestrale, ma,
perché no, forse ci potrebbero essere anche appuntamenti più ravvicinati, vista la velocità a cui
viaggia questo mercato, cui “Musica e Dischi”
stessa si è dovuta aprire, attraverso il lancio, il
mese scorso del suo sito completamente rinnovato
(www.musicaedischi.it), una vera e propria
agenzia di stampa per le notizie musicali di interesse per gli operatori, e di un settimanale che
viene inviato per posta elettronica (MD Online),
contenente notizie brevi, classifiche, anticipazioni
e recensioni . Il 24 settembre scorso si è dunque
tenuto un nuovo convegno, questa volta all’interno di MEET Milano, cui hanno partecipato
Nicola Ghezzi (Product Manager di Yahoo! Musica), Max Moroldo (Presidente di Made in
Etaly), Claudio Somazzi (Owner e Partner Digital Magics Group e CEO Digital Bees), Claudia Lisa (Business Development & Business Distribution Director EMI Music) e Roberto Razzini (Amministratore Delegato Warner Chappell).
Questa volta si è deciso di puntare l’attenzione
sulle possibili sinergie fra tutte le forze in campo,
atte a sviluppare le nuove possibilità che si stanno aprendo sul mercato, con particolare riferimento ai contenuti video. A moderare gli interventi è stata la nostra responsabile web e mobile
Simona Lamonaca.
Simona Lamonaca: Buongiorno a tutti.
Oggi siamo qui per parlare ancora una volta
di musica digitale, di un mercato che per
molto tempo ha visto una forte contrapposizione fra l’industria dei contenuti e gli
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operatori del web e del mobile, ma che ultimamente è in espansione, e vede i due settori lavorare a braccetto alla ricerca di sinergie sempre più importanti che aiutino a svilupparlo al meglio. Seduti a questo tavolo
ci sono operatori provenienti da esperienze
diverse. Esponenti del web, della discografia, dell’editoria e una media company. L’idea è quella di mettere a confronto le loro
diverse esperienze nel settore per capire cosa si sta facendo per incrementare il mercato e quali prospettive ci possono essere per
il futuro. Darei per primo la parola a Nicola
Grezzi, che rappresenta appunto il web, perché ci racconti un po’ l’esperienza di Yahoo!
Musica.
Nicola Ghezzi: Io mi occupo appunto del
canale musica di Yahoo! Italia. Yahoo! ha
lanciato questo servizio nel mondo 14 anni
fa e nel corso di questi
anni si è consolidato come la prima realtà musicale a livello internazionale. In Italia siamo partiti un anno e mezzo fa.
Si tratta di un servizio
basato su due aree di
prodotti: da un lato i
contenuti audio-video e
dall’altro quelli di tipo
informativo. La parte
audio consiste in una
serie di radio personalizzabili da parte dell’utente, e in un’altra di radio pre-programmate
che il nostro team editoriale edita su base
quotidiana/settimanale
(per un totale di circa 70 radio tematiche
divise per genere). Per quanto invece riguarda l’offerta video abbiamo un database
di video musicali che ci vengono forniti direttamente dalle case discografiche, al
quale l’utente ha la possibilità di accedere
Nicola Ghezzi,
Product Manager
Yahoo! Musica
majors, a livello locale con le indipendenti,
dalle quali otteniamo sia i contenuti audio
che quelli video.
Lamonaca: Mi piacerebbe sapere quali
sono i contenuti che i vostri utenti apprezzano di più e se ci sono dei prodotti che si
stanno sviluppando in
questo momento.
Ghezzi: I contenuti
più richiesti sono quelli
video, seguiti dagli audio. Gli accordi che abbiamo con le etichette a
livello internazionale ci
consentono per di più di
anticipare sul digitale le
uscite sul mercato italiano di artisti internazionali, dato che passiamo direttamente dall’America. Il video per
quanto ci riguarda rappresenta dunque una
parte estremamente importante della nostra offerta, e per i nostri utenti è una delle cose più
richieste. Altra esigenza molto sentita dall’utente è quella di lasciare un marchio all’interno del sito, personalizzando la fruizione
dei propri contenuti, e in tal senso ci stiamo
muovendo per sviluppare i cosiddetti
“Yahoo!
si è consolidato come
la prima realtà
musicale a livello
internazionale”
(N. Ghezzi)
▼
econdo appuntamento per fare il punto sul
S
mercato digitale in Italia promosso da “Musica e Dischi”. Dopo il forum pubblicato sul nu-
on demand. Il servizio è completamente
gratuito e in più l’utente ha la possibilità di
interagire all’interno del sito a 360 gradi,
scegliendo i video dei propri artisti preferiti
e guardandoli in qualsiasi momento. Dall’altra parte abbiamo una serie di contenuti
informativi, come notizie musicali, speciali
sugli artisti, ecc., creati dal nostro team
editoriale o forniti da alcuni partners esterni. Nostro punto di forza è il fatto di essere
sempre riusciti a rispondere alle esigenze
dei nostri utenti, soprattutto grazie al fatto
che facciamo parte di un grosso network
che ci consente di sfruttare gli accordi presi
a livello internazionale per offrire anteprime e contenuti particolarmente appetibili.
Lavoriamo con tutte le tipologie di partners sedute a questo tavolo. Collaboriamo
naturalmente moltissimo con le case discografiche, con le quali abbiamo contratti
siglati a livello internazionale con le
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users generated contents, che danno la possibilità di creare communities, di interagire
sui video e di creare dei
clip musicali.
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fondamentali per poter
dare visibilità ai prodotti. Quello che abbiamo sofferto in questi 10 anni di sviluppo
della tecnologia è stata
una mancanza di coordinamento con le
strutture che rendono
disponibili, attraverso
le tecnologie, i nostri
prodotti, per far sì che
si rispettino in qualche
modo i vari passaggi di
questa filiera produttiva e distributiva, considerato che all’origine
di tutti i prodotti di cui
possiamo beneficiare attraverso Internet o
la telefonia c’è comunque la musica, ed è
di questa che dobbiamo parlare. Tutte le
iniziative per la distribuzione della musica
sono fondamentali ed essenziali ma vanno
ben regolamentate per consentire il rispetto del lavoro che è all’origine di tutto: il
prodotto musica, quello svolto dagli autori
in primis e quindi dagli interpreti nelle loro esecuzioni. E’ dunque fondamentale accettare e condividere i nuovi progetti offerti dalle tecnologie, tuttavia bisogna farlo
sempre rispettando i diritti collegati alle
proprietà musicali. Questo all’inizio del
grande sviluppo avuto dalla tecnologia
non è accaduto, e noi abbiamo sofferto come categoria di editori musicali (così come hanno sofferto anche i nostri cugini discografici) di tutta una serie di prevaricazioni. Il prodotto musica ha naturalmente
una penetrazione notevole sul mercato, ha
la possibilità attraverso le tecnologie di
essere fruibile in ogni dove e con contenuti rapidissimi, veloci (le suonerie da 30 secondi o la canzone da 3 minuti e mezzo).
Questa possibilità è considerata molto appetibile per noi che produciamo e che facciamo musica così come per gli operatori
digitali che rendono disponibile questo
prodotto, però è essenziale che ci sia un
equilibrio fra tutte le parti in causa affinché si garantisca il giusto rispetto di tutto
il ciclo produttivo e distributivo del prodotto musica.
“EMI
sta sviluppando
molto i video e i live”
(C. Lisa)
Lamonaca: Passerei
ora la parola all’industria dei contenuti tradizionale, dunque a
Claudia Lisa della EMI
e a Roberto Razzini
della Warner Chappell,
per vedere da un lato
quali iniziative sta portando avanti l’industria
discografica per sviluppare il settore e in che modo si sta muovendo per essere propositiva, dall’altro cosa sta facendo l’industria editoriale. Abbiamo dunque due majors a confronto.
Claudia Lisa: Per quanto riguarda la EMI
noi stiamo sviluppando molto i video e i live. Come infatti diceva Nicola Ghezzi, sono
contenuti che oggi funzionano bene. Se fino a qualche tempo fa le occasioni di
showcase erano considerate solo situazioni promozionali, oggi vengono registrate e
fornite come contenuti per streaming e
downloading sia sulle piattaforme web che
su quelle mobile, gratuitamente su Yahoo!,
ma anche a pagamento su altre piattaforme quali Rosso Alice o i portali mobili. Accanto allo sviluppo di nuovi contenuti per
il digitale, tuttavia, la EMI sta anche lavorando per avvicinare in un certo senso il
prodotto fisico al prodotto digitale. Per
esempio siamo stati la prima casa discografica a realizzare braccialetti USB, per
venderli in Media Market, Feltrinelli, ecc.
L’idea è quella di ideare un prodotto che
vada a sposarsi con il gadget, con l’obiettivo di avvicinare meglio i fan, per mezzo di
un oggetto che è diverso dal supporto tradizionale, dato che contiene contenuti
creati ad hoc, esclusivi, non commercializzati in altro modo. Infine stiamo operando
anche nel campo del gioco java, non semplicemente attraverso l’acquisizione di diritti di brani da sincronizzare o la creazione
di video, ma acquisendone i diritti proprio
per creare nuovi contenuti su cui lavorare
per questo campo (un’operazione ha visto
coinvolto Vasco Rossi). Infine stiamo lavorando alla creazione di eventi, che permettano ai fans di sentirsi più vicini ai loro idoli, dato che crediamo molto nelle communities degli artisti.
Lamonaca: Come casa editrice adesso
che cosa state facendo per interfacciarvi a
questo settore?
Razzini: Abbiamo un canale che è parallelo a quello tradizionale gestito dalla Siae,
che si occupa per nostro conto e per nostro
mandato dell’amministrazione dei diritti. Si
tratta di un canale attivo e propositivo che
lavora alla ricerca di partnerships e di opportunità varie con le entità che si occupano di tecnologie e di distribuzione della
musica. C’è però un problema grosso: non
riusciamo a trovare un punto di incontro fra
la nostra necessità di fare ricerca, e quindi
Claudia Lisa,
Business
Development &
Business
Distribution
Director EMI Music
di dare visibilità a chi ancora non è famoso
attraverso i nuovi media, e l’interesse da
parte degli operatori del web e della telefonia a usufruire di ciò che è già consolidato
sul mercato, perché è molto più facile da
vendere, va incontro alle richieste del pubblico, ecc. La sinergia dal mio punto di vista
dovrebbe trovarsi in un supporto da parte
degli operatori delle nuove tecnologie, al fine di rendersi disponibili per trovare insieme delle formule che possano servire a far
crescere anche i nuovi talenti, altrimenti si
rischia di lavorare sempre e solo sui grossi
nomi, che prima o poi si ritireranno, impedendoci di avere un futuro.
Lamonaca: Il problema di sviluppare nuovi talenti e di inserire in questo mercato anche nuovi artisti accomuna alle case editrici
anche le etichette indipendenti. Per questo
motivo sono nate sul mercato delle realtà di
aggregatori, intermediari che si preoccupano di raccogliere cataloghi e di proporli alle
aziende digitali. Fra queste una delle ultime
società nate in Italia è Made in Etaly. Passo
dunque la parola a Max Moroldo.
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Il tavolo dei relatori:
da sin. Claudio
Somazzi, Roberto
Razzini, Simona
Lamonaca
(moderatrice),
Max Moroldo,
Nicola Ghezzi e
Claudia Lisa
Roberto Razzini: Io rappresento una categoria che in questo scenario occupa un
ruolo abbastanza particolare. L’editoria
musicale, infatti, male si coniuga con il
settore industriale, perché, al di là delle
strutture multinazionali di cui facciamo
parte, noi ci occupiamo ancora del lavoro
artigianale sulla musica, dato che prima di
arrivare ai grandi successi dei grandi artisti
svolgiamo un lavoro di ricerca. Detto questo, le sinergie con il digitale per noi sono
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Max Moroldo: Made in Etaly è un consorzio d etichette indipendenti nato nove
mesi fa. Noi ci siamo mossi sul mercato soprattutto con l’idea di dare spazio a quegli
artisti che non avevano la possibilità di ottenere un riscontro immediato, in quanto
emergenti o appartenenti a etichette indipendenti. Oggi Made in Etaly sta sviluppando insieme alle etichette
una ricerca di linee di
sviluppo dei contenuti.
Per questo collabora
direttamente con le case discografiche, dando
riscontro, prima ancora
della fase di produzione dell’album di un artista, di quali sono i
contenuti più richiesti
dagli operatori. Per
ogni singolo store o
operatore con cui collaboriamo valutiamo infatti le esigenze specifiche per poi trasferirle
alle etichette che fanno
parte del consorzio, dopo di che cerchiamo di sviluppare con loro
contenuti che vadano al di là del semplice
master o del semplice brano. Negli ultimi
mesi abbiamo notato un netto aumento di
richieste di contenuti video. Ma è aumentata anche la richiesta di informazioni, dato
che ormai non basta più mettere semplicemente a disposizione contenuti e cataloghi,
ma bisogna lavorare sulla loro giusta visibilità. In questi pochi mesi di vita Made in
Etaly ha lavorato in sinergia con i suoi associati, preoccupandosi di creare insieme a
loro il prodotto più consono per ciascun
operatore, da fornirgli in esclusiva: per uno
stesso prodotto si possono trovare 5 o 6
versioni diverse realizzate ad hoc per diversi operatori telefonici o per diverse piattaforme web. Questo è
stato il nostro sforzo
maggiore. Ultimamente la richiesta si sta focalizzando soprattutto
sui contenuti video, per
cui stiamo affiancando
al nostro catalogo distributivo, finora focalizzato soprattutto sull’audio, una serie di
contenuti video che
prima non c’erano. Li
stiamo costruendo insieme agli associati,
caricandocene talvolta
i costi di produzione
che non tutti possono
sostenere. Oggi è fondamentale saper lavorare sui prodotti, altrimenti il risultato è analogo a quello che
si aveva sul mercato tradizionale, quando
c’erano dischi negli scaffali dei negozi, ma
non c’era possibilità alcuna di pre-ascoltarli. Made in Etaly è dunque nata proprio con
l’idea di sviluppare l’attività di marketing
sul digitale. Abbiamo creato in questi mesi
molti prodotti che non esistevano sul fisico
attingendo ai nostri cataloghi. Abbiamo
chiesto alle etichette il permesso per poterlo fare e, come nel mercato tradizionale
fino a qualche anno fa si lavorava molto
sulle compilations, così abbiamo fatto per
il digitale, presentando agli stores compilations, ma anche prodotti ad hoc con contenuti audio, video, audio video, giochi,
ecc. Come diceva Claudia Lisa, è un mercato
che sta cambiando e
che bisogna seguire
passo passo. Noi ci occupiamo di farlo.
“Noi editori ci
occupiamo ancora
del lavoro artigianale
sulla musica”
(R. Razzini)
Lamonaca: E’ emersa un po’ da tutti gli interventi l’importanza in
questo momento dei
contenuti video, che si
stanno affiancando a
quelli audio, che hanno
invece avuto il compito
di dare l’impulso di
partenza al settore, soprattutto
attraverso
suonerie e download di
singoli brani. A questo punto passerei la
parola a Claudio Somazzi di Digital Magics,
media company specializzata nella creazione di nuovi format, per saperne di più di video on demand, della necessità di offrire in
streaming musica live, ecc.
Claudio Somazzi: Digital Magics è nata
nel 2004, focalizzandosi abbastanza velocemente sul vero e proprio fulcro di questo
settore, quello di cui parlava Razzini, e che
purtroppo nei primi anni del digitale è venuto fuori poco, cioè il prodotto musica. Fino da ora, come sappiamo tutti a questo tavolo, la musica digitale a livello di fatturato
ha visto in primo piano il mobile. Mi ricordo
che quando qualche anno fa abbiamo fatto
i primi convegni in giro
per l’Europa si parlava
del cosiddetto Jamba
effect, cioè del fatto che
le suonerie hanno di
fatto portato il mercato
delle musica digitale a
una crescita esponenziale, ma di contro non
hanno contribuito a valorizzare il cuore di tutto ciò che è il prodotto,
vale a dire l’artista, la
singola canzone, ecc...
Noi abbiamo assistito a
un’iniziale concentrazione di iniziative da
parte di aziende esterne
al mondo della musica,
anche se oggi le case discografiche stanno
recuperando molto velocemente e stanno
superando gli operatori in fatto di creatività
del prodotto. Tuttavia è un dato di fatto che
gli stessi operatori che hanno contribuito a
sviluppare il mercato lo hanno di fatto anche cannibalizzato. Roberto Razzini sa bene
che le suonerie non prese dal master hanno
tolto fatturato alle aziende per lo sviluppo
“Made in Etaly è
nata con l’idea di
sviluppare l’attività
di marketing sul
digitale”
(M. Moroldo)
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degli artisti. Dunque i primi due tre anni di
sviluppo della musica digitale hanno visto
una forte focalizzazione sul mobile, fra l’altro su un unico prodotto, tralasciando invece le mille risorse della musica. Io e i miei
soci veniamo da una lunga esperienza in
questo campo che risale alla metà degli anni ’80, quando abbiamo lavorato alla realizzazione di programmi televisivi quali
“Deejay Television” e abbiamo contribuito
alla nascita di MTV. Abbiamo dunque cercato di mettere il nostro know how al servizio
del settore digitale. Ci siamo resi conto che
i primi due anni di vita di questo mercato
sono stati monopolizzati da un unico contenuto che era la suoneria, e i successivi due
anni, fino all’anno scorso, sono stati impiegati non nella ricerca della valorizzazione
dei contenuti posseduti dalle case discografiche (e ce ne sono tantissimi), ma in
quella di nuovi modelli di vendita delle
suonerie stesse. E’ assurdo: sono stati persi
tre anni a lanciare un prodotto che non è
propriamente un prodotto musicale e gli altri due a tamponare l’inevitabile discesa di
Roberto Razzini,
Amministratore
delegato
Warner Chappell
questo mercato, senza invece ragionare sui
contenuti e quindi sul cuore di questo prodotto. Quindi quando due anni fa abbiamo
deciso di entrare in questo settore ci siamo
chiesti quale sarebbe dovuto essere il nostro ruolo: se proporci come editori o produttori di musica, ma non è il nostro mestiere, o inseguire il Jamba effect; alla fine
abbiamo pensato che avremmo dovuto fare
leva sulla nostra esperienza di produttori di
contenuti video, puntando in primo luogo
al web, più interessato a questo tipo di contenuti, dal momento che è difficile che un
prodotto solo audio possa sfondare sotto il
profilo musicale in Rete. Per quanto invece
riguarda il mobile siamo andati a cercare
non contenuti nuovi, ma cose che spesso le
stesse case discografiche non sanno di avere e di cui noi siamo a conoscenza in virtù
della nostra esperienza precedente. In questo senso posso dire che Digital Bees, che è
il brand di Digital Magics sul consumer e
sulla musica, è un packager, che si occupa
di affiancare le case discografiche che spesso hanno poche risorse sul comparto digitale, per cercare con loro contenuti da proporre. Immediatamente ci siamo chiesti se
sul mobile, due anni fa soprattutto 2G e
quindi poco pronto tecnologicamente a sviluppare il video, sarebbe stato possibile
mettere un semino in questo senso. Abbiamo provato con un contenuto banale, ma
poco sfruttato, come il live, convinti che allora come oggi non sia necessario inventarsi chissà che di nuovo. Il live in fondo è l’enfatizzazione più alta della musica. Oggi,
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in un mercato che cerca passionalità, il
live è forse l’unico prodotto che offre ancora
effervescenza. Un concerto è sempre un
momento di passione vera, vissuta dai ragazzi ma anche dal pubblico adulto. Sono
seguiti accordi a livello internazionale con
un paio di operatori, e altri con la maggior
parte delle majors presenti in Italia, con
l’intento di lavorare con loro nella valorizzazione del catalogo. E’ iniziata così una sperimentazione con il primo operatore 3G in
Italia, 3, che si è subito tradotta in un modello di business molto efficace, basato sull’offerta di contenuti che già esistevano nel
catalogo home entertainment delle case,
arricchiti da contenuti forniti dai principali
produttori di eventi live al mondo. I risultati
ci sono stati subito: già il primo mese, nel
novembre ’96, il canale concerti di 3 si è trasformato dall’ultimo canale video al secondo per fatturato (il primo è quello di contenuti adult). Quello che ci è parso interessante è che gli stessi contenuti che nel mercato del Dvd hanno risultati importanti, ma
non paragonabili a quelli della vendita di
Cd, qui sono finiti per diventare il secondo
canale per importanza, cosa che ha sorpreso tanto noi quanto h3g. Così possiamo dire di avere piantato un seme che abbiamo
chiamato video musica. Oggi gli operatori
ci chiedono di intervenire in questo senso.
Attualmente abbiamo appena firmato un
accordo con Tim, che ci ha affidato l’esclusiva della sua video musica. Il mercato chiede
sempre più questi contenuti. Oggi le case
discografiche producono dei video che non
nascono più come strumento promozionale
(quindi voce in rosso nel bilancio), ma sono
un vero e proprio prodotto da commercializzare. Noi ci poniamo come loro interfaccia, impegnata nella valorizzazione dei loro
cataloghi e nella ricerca di prodotti basati
sempre su quello che è, come diceva Razzini, il cuore del mercato: la musica. Non c’è
bisogno di inventarsi cose strane, basterebbe davvero sedersi intorno a un tavolo, capire quali sono i contenuti importanti e valorizzarli.
no intravedere a oggi su questo settore. Do’
la parola a Claudia Lisa.
qua: anche se disponibile gratuitamente,
quasi tutti la comperano. Perché? Forse
dobbiamo essere noi in grado di vendere
questo prodotto, di vendere la passione e
l’emozione che lo permea. Noi stiamo lavorando su questo.
to sia fondamentale trovare un equilibrio
tra i vari operatori del settore e della necessità di favorire il lancio di nuovi talenti, ecc.
Dal mio punto di vista la piattaforma web
consente di rispondere alle esigenze di tutti
gli operatori del mercato a 360 gradi e di venire nello stesso tempo incontro alle richieste degli utenti. Per quanto riguarda per
esempio il lancio di nuovi talenti, che in
questo periodo trova sempre meno spazi e
comporta investimenti notevoli da parte
delle case discografiche, noi abbiamo allestito sul sito una sezione dedicata proprio
agli artisti emergenti del mese. In molti
Yahoo! Music a livello internazionale, in Italia ancora no ma ci sarà prossimamente, c’è
un programma che si chiama “Who’s next”
che è dedicato proprio al lancio di talenti
sconosciuti, un programma che produciamo noi editorialmente, in cui diamo la possibilità a quattro giovani band o artisti di
proporsi sul sito, sì che poi l’artista o la
band più votati hanno la possibilità di andare in studio e registrare
dei live che vengono
poi promossi sul portale. Per quanto riguarda
le edizioni musicali, ci
sono molti siti sul web
che offrono i testi delle
canzoni, ovviamente illegalmente,
Yahoo!
Music è stato il primo,
e forse è ancora l’unico
al mondo, a legalizzare
questa prassi, pagando
il copyright su tutti i testi che pubblica sul sito
americano. La cosa importante, con tutta l’illegalità che c’è sul web,
è per noi fare fatturato
anche sul digitale. Sul web noi abbiamo dei
contratti con le case discografiche che prevedono un pagamento sulla base del numero degli streams fatti a livello mensile. Inoltre del nostro lavoro beneficia anche il mercato tradizionale, che si avvale della promozione che facciamo su album e artisti, tanto
più che su molte iniziative sfruttiamo non
soltanto il canale musica di Yahoo! ma tutto il nostro network. Stessa cosa vale per il
mobile, che non trattiamo in maniera diretta, dato che non è il nostro lavoro, ma che
trainiamo attraverso un’area ove si offre ai
nostri utenti la possibilità di acquistare
suonerie rimandando a partners. L’utente
vuole contenuti gratuiti. Vuole venire online, guardare dei video e ascoltare musica
gratuitamente. Noi, attraverso la nostra
strategia commerciale, riusciamo a consentirgli di farlo, versando nello stesso tempo
all’industria i diritti che le spettano. Per
quanto invece riguarda le problematiche,
quella maggiore resta l’illegalità: l’utente
vuole appunto contenuti gratuiti e ha ancora facilità a trovarli. Noi la combattiamo attraverso questo equilibrio.
Lamonaca: A questo punto chiederei un
nuovo giro di opinioni al tavolo per capire i
problemi e le linee di sviluppo che si posso-
Ghezzi: Vorrei fare un piccolo passo indietro rispetto a tutto quello che si è detto
a questo tavolo. Razzini ha parlato di quan-
Moroldo: Per quanto concerne Made in
Etaly, a prova anche di quello che ha detto
Somazzi prima, lavorando in questi mesi
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Lisa: Per quanto riguarda le problematiche direi che è importante ampliare i contenuti
da noi posseduti. Noi
stiamo lavorando per
allargare le nostre proprietà, con l’intento di
sviluppare il più possibile prodotti che non
sono più solo musica. E’
vero infatti che la musica resta il nostro core
business, ma in questo
settore (e non solo) è
importante anche sviluppare l’artista, lavorando con lui su nuove
possibilità. E’ importante, come dicevo all’inizio, avvicinare i fans agli
artisti. Siamo in grado di farlo in quanto
siamo un po’ l’anello di congiunzione fra
questi due mondi, insieme a chi si occupa
di concerti. Le difficoltà sono molte, fra
queste non si può non considerare la percezione che il fan ha dei contenuti a pagamento. Bisogna creare contenuti che davvero abbia senso pagare. In fondo questo
mercato può essere come quello dell’ac-
“In un mercato che
cerca passionalità,
il live è forse l’unico
prodotto che offre
ancora
effervescenza”
(C. Somazzi)
Claudio Somazzi,
Owner & Partner
Digital Magics
Group e CEO
Digital Bees
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Un altro momento dei
lavori del forum,
seguito da numerosi
osservatori presenti
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sui cataloghi delle etichette che hanno
sottoscritto un contratto con noi, abbiamo
scoperto con molta sorpresa che molto di
questo repertorio loro stesse non lo conoscevano e non lo avevano mai sfruttato. Il
nostro lavoro è stato dunque quello di
prendere questo materiale, cercare di svilupparlo, non attraverso semplici repackaging ma dandogli una forma diversa e cercando nuove forme per poterlo vendere e
distribuire. Lo abbiamo fatto per artisti
emergenti, consentendo il download di uno
o due brani del loro album in cambio di visibilità. Abbiamo cercato di sviluppare tutte
le forme alternative di vendita oltre al Pay
per download, forme di subscriptions, formule chiamate All you can eat… ove si può
scaricare di tutto (un
brano, un video, un wall
paper, ecc.), abbiamo
cercato di utilizzare tutto quello che il mercato
oggi ci mette a disposizione, comprese quelle
forme di sviluppo del
prodotto che in Italia
ancora non sono state
prese in considerazione, come la vendita di
contenuti durante i
concerti, durante le serate in discoteca…
Quello che speriamo
per i prossimi mesi è
che il problema che vivono gli editori e le case
discografiche possa essere risolto con l’aiuto di aggregatori, ma anche di operatori come Yahoo!, dato che io credo che la pirateria si possa combattere con un impegno da
parte di tutti, soprattutto attraverso la creazione di contenuti nuovi ed appetibili, anche relativi ad artisti emergenti.
nire un prodotto che sia tutelato e tutelabile, per poter continuare ad offrirlo anche in
futuro, grazie ad un modello di business.
Sono ottimista per il futuro. Abbiamo avuto
un trascorso di quasi 10 anni dove siamo
usciti malconci dalla distribuzione digitale,
dalla telefonia, da Internet, ecc., in cui non
c’era sensibilità per questi temi. E’ importante che oggi ci sia invece questa presa di
coscienza, è importante che si riesca a sensibilizzare il mercato rispetto al pagamento
del prodotto musica, anche se con pochi
centesimi di euro. Fatto questo, poi sicuramente insieme si possono fare grandi cose,
perché il prodotto, come è stato ampiamente dibattuto, offre possibilità di utilizzo
illimitate. Il limite è solo la tecnologia da
una parte e la nostra fantasia dall’altra.
Somazzi: Io magari
andrò un po’ contro
tendenza, tanto per animare la conversazione.
Parlare di essere ottimisti o pessimisti, dal mio
punto di vista e per l’esperienza che abbiamo,
è facile: siamo entrambe le cose, perché in
questo momento quello a cui stiamo assistendo non è una inversione
di tendenza ma una
confusione totale su
ruoli e su prospettive.
Non saprei dire se questa cosa possa essere
dannosa per il futuro o positiva. Io sono
una persona pratica. Oggi stiamo assistendo a bibite che fanno i produttori di musica,
operatori che fanno hardware telefonico,
che inventano operazioni musicali, telefoniche che fanno i produttori televisivi… a
fronte di tutto questo credo che sia necessario stare un po’ con i
piedi per terra. Io credo
che non si possa inventare nulla da un giorno
con l’altro. Ci sono delle
esperienze, delle storie
all’interno delle aziende
e non sempre improvvisarsi altro e seguire la
corrente può portare a
dei successi. Dico questo perché oggi quando
si parla di produttori di
musica si parla delle
majors, ma anche di
Nokia che fa accordi
con artisti, al punto che
talvolta non è chiaro se
sia solo un produttore di
hardware telefonico o anche una casa discografica. Questo un po’ mi spaventa, così
come mi spaventa il monopolio sul web.
Come dicevo noi abbiamo puntato subito
sul mobile perché sembrava essere a breve
(dobbiamo ovviamente anche guardare ai
nostri bilanci) la cosa che rendeva di più,
ma siamo molto interessati al web. Eppure
il web è un’arma a doppio taglio. Si pensa a
“L’utente vuole
contenuti gratuiti e
ha ancora facilità
a trovarli”
(N. Ghezzi)
Razzini: Mi sembra che sia emerso un
quadro interessante. Vale la pena sottolineare che partiamo da un presupposto importante che è quello che sancisce la musica (insieme alla pornografia, ma questo
non ci interessa) come prodotto primario
nello sviluppo di Internet e della telefonia.
Le prospettive per il futuro sono dunque sicuramente molto positive per chi produce
musica, subordinatamente al fatto che ci
sia da parte degli operatori, cosa che mi pare stia avvenendo, una presa di coscienza
della necessità di lavorare insieme per moralizzare in qualche modo il mercato. Il problema della gratuità della musica è un problema noto, dato che, da quando è nato, Internet ha consentito di usufruire gratuitamente del prodotto musica attraverso il file
sharing e con tante altre iniziative borderline, ai limiti della pirateria, anche se ad uso
personale. Capisco che per i ragazzi è difficile entrare nella consapevolezza di dover
pagare l’utilizzo della musica attraverso Internet o attraverso mobile, ma questo è un
passaggio inevitabile. Noi abbiamo bisogno degli operatori del settore per poter attivare dei meccanismi di protezione del prodotto musica, perché è nostro interesse for-
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Internet come alla cosa più grande del
mondo, in realtà è la cosa più piccola del
mondo: milioni di miliardi di siti danno
un’idea di libertà e di immensità, ma in
realtà ci sono colossi come Yahoo!, Google
o Msn che monopolizzano al punto che
quando Yahoo! decide di fare qualcosa diventa un benchmark, sì che tutti seguono
Max Moroldo,
Presidente
Made in Etaly
quello, che sia il bene o il male. Il motto di
Google è non essere cattivi, però oggi se installiamo Google Desktop sul nostro Pc abbiamo uno strumento fantastico ma affidiamo la nostra vita in mano a delle persone.
Ecco perché anche nella musica in questo
momento va fatto ordine. E qui mi allaccio
al discorso di Razzini, dato che va fatto ordine soprattutto in relazione al diritto. Io oggi
se voglio comprare un concerto dei Duran
Duran non so di chi è il diritto. Potrebbe essere di Claudia Lisa, ma io lo sto comprando da un produttore americano. Dunque
faccio un invito alle majors e agli operatori
tutti perché cerchino di dare più chiarezza
alla catena del diritto. Cito un esempio: volevamo fare un bellissimo speciale sui Maroon 5, gruppo emergente che ha venduto
10 milioni di copie con il primo disco. Ci
siamo imbattuti in un loro live, peraltro
pubblicato su un disco ufficiale. Ancora oggi io non so di chi è, dato che non è della
Sony BMG che ha ceduto alla Universal il
contratto, non è della Universal, e neanche
della casa di produzione degli stessi Maroon 5. Per cui se in questo momento io
fossi spinto un po’ più
da spirito imprenditoriale e un po’ meno dalla volontà di evitare il
lavoro ai nostri legali,
potrei pubblicare su
web e su mobile quel
concerto bellissimo,
splendidamente girato,
senza preoccuparmi di
acquistarne i diritti. La
chiarezza del diritto è
alla base del lavoro di
tutti. E’ inutile costruire un grattacielo cercando di farlo triangolare per il web, quadrato per il mobile... Cerchiamo invece semplicemente di partire dalla chiarezza sui titolari del diritto. Inoltre un’altra cosa su cui noi
come Digital Magics ci stiamo movendo è,
dopo essere corsi dietro al mobile, fare retromarcia per correre dietro al web. Ecco
come in sei mesi cambia la visione. Cambia
anche chi sta pagando la musica. In questo
momento lo stanno facendo gli operatori, sì
che in questo momento su 10 iniziative
“Stiamo lavorando
per sviluppare
prodotti che non sono
più solo musica”
(C. Lisa)
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che stiamo seguendo per conto di grossi
player 9 saranno gratuite, ma non per questo illegali, chi paga? I brand. Oggi le case
discografiche sono indietro anni luce dai
modelli di pagamento definiti da parte dell’advertising dei contenuti. Non per colpa
della divisioni local, ma perché non ci sono
ancora a livello internazionale dei modelli
predefiniti. Nicola Ghezzi faceva riferimento
a modelli di Pay per view o Pay per streaming, ecc., ma questo se lo possono permettere Yahoo! o YouTube, che a livello
mondiale riescono a spuntare accordi particolarmente concorrenziali con gli operatori,
ma quello non è un modello. Ecco perché
Internet è molto chiuso. Se io oggi come
imprenditore voglio fare un prodotto concorrenziale al loro, magari fatto meglio da
un punto di vista editoriale, non sono sul
mercato, perché Yahoo! e YouTube hanno
accordi con le case che per tutte le altre
aziende sono inarrivabili. Dunque l’altro tema grosso su cui dovremo confrontarci è
“web e mobile non esisteranno più?”. L’invito che faccio, che è poi una presa di coscienza di tutto il mondo che produce contenuti, è a cercare di aiutare tutti noi ad
avere dei benchmark veri, competitivi, trasparenti, altrimenti si rischia di tornare al
modello Jamba, dove Google, YouTube o
Yahoo!, che hanno il 95% del mercato, saranno quelli che detteranno le regole, dal
momento che, per quanto i contenuti siano
fondamentali, il potere è di chi ha il display.
Dunque se le case discografiche non mirano a diventare entertainment companies,
assumendosi un lavoro che non è il loro, è
opportuno che ci sia chiarezza sul diritto e
chiarezza nei termini di confronto economico con gli operatori. Oggi bisognerebbe
parlare di Pay per streaming per Yahoo!, di
Pay per streaming per You Tube e di Pay per
streaming per gli umani. Non bisogna dimenticare che le cose più belle nascono
dalla collaborazione e la collaborazione viene fuori quando il mercato è aperto.
Ghezzi: Io non vedo come te un conflitto
fra il grosso e il piccolo. Per quello che ci riguarda i nostri antagonisti sono gli altri
grossi operatori. Nei confronti dei piccoli ci
poniamo nell’ottica di creare delle sinergie,
tanto è vero che Yahoo! ha in catalogo anche video e audio di molte etichette indipendenti. Noi offriamo anche ai piccoli la
possibilità di avere uno spazio in un grosso
portale, per dare loro non solo visibilità ma
anche reddito. Questo non impedisce poi
alla piccola etichetta di firmare accordi anche con altri concorrenti, per carità.
Somazzi: In realtà il
mio paragone fra il piccolo e il grande non riguardava la discografia
ma gli operatori e imprenditori del web. Il discorso è che, se il web
oggi è in prima linea
nella creazione di nuovi
modelli di business, è
anche vero che se questi modelli vengono decisi e incrementati da
tre entità è un conto, se
invece si lascia spazio
anche ad altri tre miliardi di pensatori è
probabile che le idee
sul tavolo sulle quali riflettere possano essere di più. Il mio intento era quello di sollecitare le majors a considerare che per
quanto Yahoo! sia sicuramente un interlocutore importante, devono lasciare spazio
anche ad altri, a tutela stessa del loro lavoro, dato che sedersi a un tavolo con un solo
interlocutore significa dover necessariamente accettarne le condizioni.
cantonati per chi ne facesse richiesta. Era
una scorciatoia abbastanza curiosa, che voleva dimostrare una qualche legalità nella
pubblicazione di quel prodotto, ma non è
così che si rispettano le regole relative alla
riproduzione audiovisiva o alla stampa di
un testo. Quindi il diritto c’è, esiste, è sancito dalle leggi. Il problema è talvolta trovarne il titolare, e su questo Claudio Somazzi ha
ragione, dato che talvolta ci sono dei problemi su repertori
emergenti internazionali non ancora istituzionalizzati, ma anche
su cataloghi di multinazionali coinvolti nei
processi di fusioni o acquisizioni. In secondo
luogo Somazzi parlava
del problema di Nokia
che diventa produttore.
Io in questo senso non
ci vedo nulla di strano.
Questa mi pare una
semplice evoluzione del
mercato. Noi lavoriamo sui diritti, poi se
questi diritti vengono esercitati da parte di
editori e discografici o da parte di un player
come Nokia, fa lo stesso. Certo, se questo
dovesse diventare una consuetudine vorrà
dire che non avremo saputo governare il
nostro business, ma ad oggi Nokia per me è
un operatore qualsiasi, è un partner commerciale come lo può essere Mediaset, la
Rai o Radio Deejay: acquisisce dei diritti e li
utilizza. Se Nokia decide di veicolare un dato repertorio attraverso un’operazione interessante che coinvolge 4 o 5 milioni di telefonini, per noi è un’opportunità importante. Anni fa si vendevano milioni di dischi,
oggi se ne vendono meno. In qualche modo
dobbiamo sostituire quel mercato fisico
con un mercato liquido che da qualche parte si deve concretizzare, non può restare per
sempre allo stato gassoso. Dunque ben
vengano le memory card. L’importante è
che Nokia assolva il diritto all’origine.
Un’ultima parola sul concetto di visibilità di
cui ha parlato ancora Somazzi, con riferimento al potere di YouTube, ecc. Parlo per
un’esperienza che ho vissuto sulla pelle di
Warner Chappell. Noi alla fine degli anni ‘90
siamo stati acquistati come gruppo Time
Warner da America Online. E’ stato il massimo esempio di come la visibilità abbia accecato tutti, dato che una società che ha costruito la sua solidità sul nulla è arrivata a
comprare un colosso di contenuti mondiale
come Time Warner (canali satellitari, Tv via
cavo, editoria, musica, cinema, parchi,
ecc.). Ebbene dopo 4 anni America Online
non figura neanche nella ragione sociale di
Tme Warner. Questa è la dimostrazione che
la visibilità è importante ma è un po’ fine a
se stessa se rappresentata da contatti che
sono gratuiti e senza una consistenza reale.
Noi invece parliamo di una cosa reale, che
vive allo stato gassoso, ma è comunque
reale e concreta: la musica, che però deve
essere veicolata. Quindi questi i contatti
“Credo che la
pirateria si possa
combattere
soprattutto attraverso
la creazione di
contenuti nuovi ed
appetibili”
(M. Moroldo)
Razzini: Volevo fare qualche precisazione. Claudio ha parlato della necessità di fare chiarezza sul diritto. Sul diritto dubbi
non ce ne sono. C’è il diritto editoriale e
quello discografico. Ci sono principi sanciti
in tutto il mondo con ampie normative a tutela del diritto d’autore. L’unico problema
può essere la certezza della titolarità di ciascuno, perché in effetti talvolta per alcune
registrazioni può essere difficile da reperire.
Negli anni ’80 questo problema ha investito
i cosiddetti bootleg. Allora per bypassare
queste difficoltà si era trovata la soluzione
di scrivere da qualche parte sul supporto
che i diritti erano riservati e venivano ac-
▼
Il forum di M&D è stato
anche l’occasione
per presentare agli
operatori le nuove
iniziative online
realizzate dalla nostra
testata
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con gli operatori del digitale devono sicuramente esserci, ma attenzione a non farci trarre in inganno da una visibilità che ci
dà tantissimi contatti solo perché sono gratuiti: è facile con YouTube fare un video che
magari raggiunge il primo posto della sua
classifica, ma vendere quel contenuto è
un’altra faccenda. Il nostro lavoro consiste invece nel cercare di trarre un beneficio economico dai nostri prodotti, dato che il nostro business si basa proprio
sulle loro utilizzazioni
economiche.
Lisa: Certamente noi teniamo molto al
nostro know how. Certo in passato non abbiamo brillato per flessibilità o velocità né
dal punto di vista strategico né da quello
commerciale, e quindi guardiamo con attenzione a questi nuovi competitors, però
riteniamo di avere dalla nostra il know how
e su quello stiamo lavorando. Noi non siamo
di certo in grado di fare
telefonini (per ora), così come Nokia non riesce a lavorare come discografica (per ora). Ma
sicuramente la nostra
mancanza di flessibilità
e la rigidità a livello internazionale, dovuta a
persone che si sono formate in questa industria e ci sono rimaste
per anni, un po’ ha
bloccato un processo di
modernizzazione che è
ora necessario.
“La musica è un
prodotto primario
nello sviluppo di
Internet e della
telefonia”
(R. Razzini)
Somazzi: Una breve
precisazione a Razzini:
sulla titolarità del diritto certamente non c’è
dubbio. Ma posso assicurare che per un operatore la rintracciabilità
di questo è decisamente importante. Faccio un
esempio. Abbiamo appena chiuso un accordo importante con Music Box. Per loro selezioniamo e acquistiamo sul mercato internazionale contenuti live. Il paradosso è che
mi hanno suggerito un concerto di Mary J
Blige. Siamo andati a cercarlo per prima cosa in Universal dove abbiamo firmato un
contratto senza grossi problemi. Dopo tre
settimane arriva una lettera di diffida da
parte di un distributore inglese (MBD) che
dice di essere titolare del diritto. In Universal ammettono di essersi sbagliati. Dunque
abbiamo chiuso il contratto con Universal e
ne abbiamo sottoscritto uno nuovo con
MBD. Tre settimane dopo ci scrive MBD
chiedendoci scusa e dicendo che in realtà
quel concerto non è loro. Dunque se non né
loro né di Universal né del management di
Mary J Blige, allora di chi è? La stessa cosa è
accaduta con un concerto di Pink con la
Sony BMG, dove c’è un interlocutore preparato come Andrea Rosi... Insomma per chi
fa il nostro lavoro sapere a chi versare i diritti, o quanto meno a chi chiedere il permesso di trasmettere contenuti, è importante. Passando invece a Nokia, non mi lamentavo tanto delle operazioni organizzate
sulle memory card. Claudia Lisa e i suoi colleghi fanno splendide operazioni sul precaricamento dei brani. Mi chiedo piuttosto
se sia lecito che Nokia si ponga non come
distributore ma come produttore. Forse lo
sa fare meglio delle case discografiche o
nostro (dobbiamo fare un po’ di autocritica), però questo un po’ mi spaventa, perché
è come se domani, al prossimo board internazionale ci dicessero che da un giorno all’altro dobbiamo metterci a fare telefonini… La musica ha una sua coerenza, un suo
modo di crescere: il rapporto con gli artisti,
la sensibilità su cosa va e cosa non va, il
controllo dei costi… Ora forse EMI non è in
grado di fare un telefonino. Mi domando se
Nokia sa davvero fare un disco. Poi magari
saranno molto bravi e allora la discografia
avrà un problema in più.
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Simona Lamonaca: Lascio ora la parola al
pubblico per qualche intervento. Interviene
per primo Mario Limongelli (presidente della PMI, Produttori Musicali Indipendenti).
Mario Limongelli: Volevo fare semplicemente qualche considerazione. Intanto
quel caos di cui parlava Claudio Somazzi
credo sia l’effetto della confusione in cui i
discografici si trovano in questo momento
di grande cambiamento. Per cui capita il
concerto di cui non si capisce la titolarità e
altri simili problemi. Stiamo vivendo un
momento davvero delicato. Io dubito che
Nokia sia in grado di
fare il lavoro che facciamo noi, almeno come indipendenti, dato
che qui non si tratta di
produrre
semplicemente un disco e di
trovarne il nuovo supporto e le nuove vie
promozionali. Si tratta
invece di avere le capacità necessarie per
questo lavoro e le qualità che ci contraddistinguono e che ci consentono per esempio
di instaurare quel particolare rapporto con l’artista che è stato
sempre il nostro fiore all’occhiello. Volevo
poi fare una domanda a voi che siete
esperti di nuove tecnologie. Premetto che
da piccolo ero un artista io stesso e sono
ancora legato al prodotto tradizionale da
cui difficilmente mi distaccherò mai. Volevo sapere secondo voi il prodotto fisico
che fine farà, se davvero in un futuro prossimo non ci sarà più o se invece continuerà ad essere una componente dell’attività delle nostre aziende. La PMI come associazione quando è nata nel 2005 ha
scelto nella definizione il ruolo di produt-
tori musicali, anziché discografici, proprio
perché sapeva di questo cambiamento.
Moroldo: Viene facile rispondere, essendo una realtà dipendente. Il supporto fisico
subirà certamente ancora un calo. Certo bisogna chiedersi quale tipo di supporto fisico e destinato a chi. Già oggi c’è una diversità fra le vendite di determinati prodotti
sul fisico e sul digitale. C’è una distinzione
per generi e per età dell’acquirente. Per
esempio la musica jazz, per quanto si possa
distribuire online, continua a vendere Cd e
continuerà ancora per molto. Di contro alcuni generi fruiti dal pubblico giovane, come la musica dance, l’hip hop o il rock alternativo, sono più sviluppati sul fronte online, perché ci sono più forme di promozione
per questo tipo di musica sul web. Oggi le
tecnologie sono cambiate. In discoteca i Dj
non hanno più alcun supporto, hanno persino superato il problema del bollino Siae.
Arrivano con delle fantastiche memory card
che hanno i brani pre-caricati, il 90% dei
quali “diciamo acquisiti” su stores virtuali.
Come Made in Etaly posso dire che molti
prodotti non vengono neanche più stampati, ma creati esclusivamente per il circuito
digitale. Ho paura, per i nostalgici come
noi, che il Cd per alcuni generi rimarrà un
semplice veicolo promozionale da mandare
agli operatori per avvisarli che è uscito quel
disco e per dargli la possibilità di usarli come master se li preferiscono a un caricamento Ftp. Per concludere dico a Somazzi
che con gli indipendenti problemi sui diritti
non ne ha. I concerti te li diamo, ne abbiamo i diritti e molti dei nostri contenuti li hai
anche venduti bene.
Mario De Luigi: Vorrei ribattere a questo
ultimo intervento, per
dire che non sono assolutamente d’accordo
con Moroldo, ma evito
di approfondire qui
l’argomento dato che
proprio su questo tema
si terrà un convegno a
Faenza all’interno del
MEI a fine novembre,
sempre promosso da
“Musica e Dischi”, che
avrà come titolo “Disco
e Internet: nemici o alleati”, in cui metteremo a confronto le varie
posizioni a questo riguardo. E’ interessante però vedere queste prese di posizione
così nette non solo da parte dei media, che
già da tempo, a volte addirittura con una
certa tracotanza, danno per estinto il supporto fisico. La lobby di Repubblica lo sta
facendo almeno da tre anni. Mi colpisce
sentire le stesse cose da parte di uno come
Moroldo, che è nato discografico, addirittura con il vinile. Certo, poi, hai passato le
varie fasi della vita dell’industria musicale.
Hai creato un gruppo che all’inizio era solo
discografico, poi ti sei allargato all’editoria, per poi lavorare oggi alle prospet-
“Va fatto ordine
soprattutto in
relazione al diritto”
(C. Somazzi)
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tive tecnologiche che si stanno aprendo
ora nel settore.
Lamonaca: La parola a Isabella Longo
dell’Imaie.
Isabella Longo: Volevo fare una domanda riguardo al rapporto con il consumatore
e al Drm. Per quanto riguarda quest’ultimo
sappiamo che ci sono delle discrepanze fra
le posizioni delle majors. Da un lato abbiamo infatti le associazioni internazionali di
categoria (dalla Riaa all’Ifpi) impegnate in
una serie di cause contro la pirateria, dall’altro la politica della gratuità, per cui si
cerca di assecondare questa richiesta del
consumatore, pagando attraverso la pubblicità o altre forme alternative, ecc., infine
alcune majors che hanno abbandonato la
difesa dei Drm, che da essere la panacea
contro l’illegalità risultano adesso in crisi.
Di fronte a questa schizofrenia, dato che
noi difendiamo i diritti degli artisti, vorrei
capire quali sono le potenziali forme di retribuzione che questi nuovi modelli possono avere. Per esempio non ho capito il
modello di Yahoo!, che probabilmente è
una strada da perseguire ma non ho capito se lo è solo per tamponare i danni della
pirateria o se è invece una strategia a medio termine per vedere cosa succederà.
Lisa: Rispondo volentieri alla questione
del Drm, visto che noi come EMI siamo stati la prima casa discografica a dare il Drm
free. E’ vero che ci sono altre case discografiche che non sono d’accordo con noi, ma
in realtà noi abbiamo prima fatto una serie
di esperimenti in America proprio offrendo
la possibilità di acquistare a Drm free brani
di artisti amati dai teen agers, vale a dire
dai consumatori più attivi nella pratica del
Peer to Peer. Abbiamo fatto per esempio
un’operazione di questo tipo con Jesse Mc
Cartney, volevamo vedere come si sarebbe
diffuso il brano offerto a Drm free a fronte
di un certo numero di downloads legali.
Non abbiamo notato grande differenza rispetto a quanto accaduto con artisti acquistabili con Drm. Al contrario molti hanno
acquistato questo brano in virtù della possibilità, più che di poterlo regalare agli
amici, di scaricarlo nel Pc di casa, nell’iPod,
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nel telefonino, ecc. Forse bisogna comunicare meglio che cos’è questo Drm, un brano a Drm free non vuol dire che può essere
regalato agli amici, ma che lo si può ascoltare in più posti, su più lettori, ecc., laddove le protezioni Drm consentono solo di
salvarlo n volte in n posti.
Ghezzi: Per quanto invece riguarda il nostro modello, negli USA diamo la possibilità di scegliere fra due modelli: il Pay per
download (quello tradizionale di iTunes) e
lo stream gratuito, ma quello in download
rappresenta una frazione minima delle revenues sia nostre che delle case discografiche, dato che si è visto che l’utente preferisce la fruizione gratuita.. Per quanto riguarda il modello streaming noi facciamo un
accordo con le case discografiche riconoscendo loro un corrispettivo per ogni singolo stream dei loro artisti, laddove noi come Yahoo!, per rientrare di queste spese,
abbiamo il display advertising, cioè la pubblicità tradizionale sul web (fondamentalmente banner).
Lisa: Vorrei aggiungere solo una cosa riguardo al discorso di prima sul supporto
Cd. In realtà noi non abbiamo intenzione
di eliminarlo, anzi ci crediamo, l’unica cosa che speriamo possa cambiare in futuro
è la sensibilizzazione, dato che ancora oggi
i ragazzi continuano ad avere la percezione
del costo di un Cd pari a 20, 22 euro, mentre invece non è più così.
Moroldo: Riallacciandomi al discorso
del Drm volevo precisare che EMI sarà
senz’altro stata la prima multinazionale a
decidere per il Drm free, ma Made in Etaly
è nata a Drm free, convinta che tutti i suoi
contenuti debbano essere il più friendly
possibili per gli utenti finali. Abbiamo fatto degli esperimenti prima di partire seguendo questa filosofia e abbiamo notato
che i prodotti che venivano dati agli operatori senza Drm erano accolti in maniera diversa, per assurdo erano quelli che venivano meno piratati. Dunque oggi il 99,9% dei
prodotti che distribuiamo sono proposti
così, non proprio tutti, dato che c’è sempre
qualcuno che ci impone di lavorare a Drm.
Quello che stiamo cercando di fare è di
proporre il nostro modello anche agli operatori, e la maggior parte di loro sta iniziando a lavorare in questi termini. Ovvio
che per alcuni colossi come ad esempio
Telecom non sarà soltanto Made in Etaly a
far cambiare la loro politica, però a furia di
insistere con i nostri contenuti ho visto
che c’è un’apertura in questo senso. In risposta sia a Claudia Lisa che a Mario De
Luigi non ho detto che il Cd è morto, ho
detto che ci sarà sicuramente un certo genere che vedrà un’ulteriore crisi del supporto fisico. Poi è normale che, essendo io
discografico, mi auguro che il Cd possa durare il più a lungo possibile, ma ci sono alcuni prodotti che non hanno più neanche
ragione di esserci su supporto fisico. Molti
vinili non vengono più stampati, dato che i
costi di realizzazione li renderebbero vendibili a un prezzo totalmente fuori mercato. Del resto non va trascurato il fatto che
il digitale offre l’opportunità di offrire un
album competo a 9,90 Euro, ma anche l’acquisto delle singole tracce. Il consumatore
è più libero.
Dunque, nonostante siano ancora diversi i
problemi che attanagliano il settore, il fatto
stesso che non si parli più solo di pirateria e di
illegalità, ma anche di problematiche diverse
(difficoltà nel reperimento dei titolari del diritto, ricerca di nuovi modelli di business, eventualmente anche basati sulla gratuità, ecc.), fa
pensare che il mercato stia davvero facendo un
passo avanti rispetto anche solo a un anno fa.
E a conferma di questo c’è anche il fatto che
questi dibattiti stanno ormai archiviando le tematiche relative alla distribuzione delle mere
suonerie, per discutere invece sulla distribuzione di prodotti più specificamente musicali. Colpisce per esempio la diffusione del video su web
e mobile, un prodotto che al contrario sul mercato fisico è bel lungi dal raggiunge le quote
dell’audio. Certo il settore va avanti alla velocità della luce. Rimandiamo dunque ai nostri
prossimi appuntamenti, primo fra tutti il convegno “Disco e Internet: nemici o alleati”, che si
terrà in occasione del MEI di Faenza a fine novembre, e agli altri che organizzeremo nei prossimi mesi, che continueranno a seguire da vicino le evoluzioni di un settore sempre più strategico per l’industria musicale.
A cura di Simona Lamonaca
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