dove va il mercato discografico?

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dove va il mercato discografico?
CERTIFICADO DE NIVEL AVANZADO
ITALIANO
COMPRENSIÓN DE LECTURA TAREA 2
Escuelas Oficiales de Idiomas
CONSEJERÍA DE EDUCACIÓN
Comunidad de Madrid
SECONDO COMPITO (7 ITEM X 1 PUNTO = 7 PUNTI)
Legga il seguente testo. Indichi se le frasi sono VERE (V) o FALSE (F).
Per rispondere, usi le caselle in bianco. La prima frase (item 0) è un
esempio.
PUNTI
DOVE VA IL MERCATO DISCOGRAFICO?
Il mercato discografico sta attraversando un periodo di crisi.
Ecco un’opinione su quali potrebbero esserne le cause
Come si fa a stare aggiornati al ritmo folle delle uscite discografiche? Chi si può permettere un
budget così elevato da soddisfare tutti gli acquisti che interessano? Certo Internet ha facilitato le
cose e, nonostante i tentativi di porre rimedio allo scaricamento indiscriminato, la rete continua a
rimanere l’unico modo possibile per accedere e fare fronte al paradosso del mercato che non
vende a sufficienza, ma continua a produrre in modo esagerato. A chi giova saturare di cd gli
scaffali di negozi e i grandi magazzini?
Certamente non ai discografici che lamentano una crisi acuta di vendite, ma si guardano bene dall’
abbassare il prezzo, di sicuro non al dettagliante che ha seri problemi di spazio e si vede
regolarmente preferire dall’acquirente il megastore che può offrire tutto (o quasi) in tempo reale;
ma neanche all’artista, il quale, arrivato finalmente a una major, e certo di aver così risolto tutti i
suoi problemi, si ritrova, frustratissimo, abbandonato al suo destino, con una promozione
costantemente subordinata ai grandi nomi e alla continua riduzione di personale addetto.
E allora?
E allora, forse, possiamo ricostruire la difficile filosofia degli addetti ai lavori che comunque devono
garantire ai loro superiori un certo numero di uscite discografiche l’anno, a prescindere dal
materiale che hanno a disposizione. I responsabili della scala gerarchica discografica, ciascuno
torchiando chi sta al livello immediatamente inferiore, devono creare una potenzialità di vendita
(anche se del tutto virtuale) e naturalmente sostenere le mosse della concorrenza. Nessuno tra i
discografici è convinto che la crisi sia dovuta ai prezzi molto alti dei cd ed è tanto meno disposto a
ammettere di avere spesso a che fare con lavori molto mediocri. Il delirio produttivo così procede
fino a che emerge finalmente qualcuno che, avendo successo, riesce a coprire tutte le spese anche
di chi non viene minimamente considerato. A quel punto si ricomincia da capo sostituendo i “pesi
morti” con altre potenzialità. Il termine artista è oggi assolutamente sopravvalutato e spesso usato
a sproposito: tutti sono artisti, ma se qualcuno “esplode”, il vero genio è il discografico che l’ha
creato, a prescindere dall’infinità di fallimenti che l’hanno preceduto. Il direttore artistico oggi
sembra venire scelto più in base alle sue doti manageriali che a quelle di intuito creativo e anche
se in passato molti di questi discografici sono stati sopravvalutati perché assistiti più dalla fortuna
che dalla reale comprensione del valore del soggetto che avevano di fronte, oggi è ancora più
difficile trovare un filosofo piuttosto che un ragioniere. La frenesia del mercato impone di realizzare
immediatamente, senza dare tempo a un musicista di crescere, maturare e completarsi: chi non
rende subito, spesso può anche affogare. Molto più facile allora puntare sulla canzone orecchiabile,
che possa fare subito breccia, piuttosto che fare leva su valori più a lungo termine. In una crisi di
testi importanti, anche Sanremo sembra regalarci canzoni impegnate: è sufficiente soffermarsi su
temi che non siano proprio banali per essere spacciati per intellettuali. Chi tra i responsabili
discografici ha una sensibilità sociale capace di cogliere i fermenti in atto più interessanti? Chi tra
questi si scomoda per andare a sentire la musica in un centro sociale, piuttosto che nei piccolissimi
club dove ogni sera si alternano decine di aspiranti musicisti?
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Certo nei cassetti dei loro armadi arrivano centinaia di cd, spesso in attesa di improbabile risposta,
ma chi è davvero in grado di collegare quella musica con il mondo di chi la compone e di capire
quanto possa essere più in generale condivisibile? Più facile affidarsi al proprio egoico orecchio
musicale, al proprio gusto che inevitabilmente tiene più conto della possibilità di successo
immediato che delle tendenze che potrebbero seguire.
Molto più attente sono le etichette indipendenti: più piccole, ma più orientate su specifici target
che spesso non mancano di ottenere risultati interessanti. Non è un caso che gran parte di coloro
che si sentono imprigionati nel virtuale castello dorato delle major, prima o poi, decidano di
affidarsi proprio a queste piccole realtà, fatte più a misura, maggiormente disposte a dialogare e a
concedere libertà espressive. Come faranno a sopravvivere queste indipendenti visto che vendono
anche a prezzo inferiore?
da Roberto Caselli © adattato
V/F
0
La produzione discografica attuale si mantiene grazie a Internet.
7
La produzione massiva di musica non reca vantaggio al mercato
discografico.
8
La sovrapproduzione discografica nuoce principalmente ai grandi nomi.
9
I prezzi dipendono in linea di massima dalla produzione della
concorrenza.
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Le case discografiche garantiscono continuità anche ad artisti poco
redditizi.
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L’autore pensa che oggi i discografici siano i veri artisti.
12
Nel mercato discografico chi non produce rendite immediate di solito
viene scartato.
13
Molti artisti abbandonano le grandi case discografiche in cerca di
manager più aperti.
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