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ISTITUTO
ISTRUZIONE
"FRANCESCOelUSA"
SUPERIORE
STATALE
NUORO- NUIS00300R
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Viale Costituzione 33 - 08100 - Nuoro
Tel. 0784201212 - Fax 0784201200
[email protected] - C.F. 80006570917
Iprot. e Data: Vedi segnatura
AI Prof. Silvio Zucchelli
Sede
Staff - Sito web www.ciusa.gov.it
IOGGETIO: Giorno della Memoria - Manifestazione "II ricordo dell'Oblio"
Il Presidente della camera di Commercio Agostino Cicalò, per quanto in lettera allegata e nella info di seguito
riportata, invita i Dirigenti Scolastici, o loro delegati, degli istituti superiori di Nuoro, al fine di programmare
congiuntamente le attività del Distretto Culturale per il 2017.
Per assicurare la miglior partecipazione e presenza della nostra scuola sono delegati alla partecipazione il
Vicepreside Prof. Zucchelli che si avvarrà del supporto di un docente di Lettere e di un docente di materie
informatiche.
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INFO:
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Il D~:cn:~e Scolastico
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/I 28 Gennaio 2012, a Nuoro, presso la Camera di Com';nerCioIndustria Agricoltura ed Artigianato, è stata costituita
l'''Associazione Distretto Culturale del Nuorese" con l'obiettivo di avviare e realizzare un progetto di Distretto Culturale,
basato sulla collaborazione e interazione di tutti i soggetti protagonisti dello sviluppo culturale del territorio. Ad oggi la
nostra Associazione conta l'adesione di diversi enti pubblici e realtà private di primo piano, tra cui: la Camera di
Commercio, il Comune di Nuoro e quello di Orune, la Provincia di Nuoro, il Consorziouniversitario Nuorese (Uninuoro) e
diverse associazioni di categoria.
L'area del Distretto è queffa del Sistema Territoriale del Nuorese (STN)e comprende i comuni di Nuoro, Bitti, Dorgali,
Mamoiada, Oliena, Oniferi, Orani, Orgosolo, Orotelli, Orune, Osidda e Sarule: un territorio diffuso, caratterizzato da forti
elementi di omogeneità sotto il profilo delle tradizioni culturali e delle dinamiche socio-economiche, particolarmente
adatto, dunque, a una caratterizzazione di tipo distrettuale.
Considerata l'abbondanza del patrimonio culturale che da sempre ha caratterizzato questo territorio, i socifondatori
hanno ritenuto che quest'ultimo potesse rappresentare una valida opportunità per sostenere anche lo sviluppo sociale ed
economico dell'intera area.
A distanza di quattro anni, e in virtù di quando evidenziato dallo studio di fattibilità (che troverà in sintesi nel nostro
sito www.distrettoculturaledelnuorese.it). quella del Distretto Culturale è ormai una realtà organica e operativa che si sta
occupando di pianificazione culturale mediante il costante coinvolgimento di policy maker e operatori economici e
culturali.
Per ogni altra informazione www.distrettoculturaledelnuorese.it
contattate la segreteria allo 0784 24 25 40
Segreteria Organizzativa - Simone Tatti
Associazione Distretto Culturale del nuorese - Atene della Sardegna
Via M. Papandrea, 8 - 08100 Nuoro - [email protected]
- 078424254
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Sezioni Nuoro:
Liceo Artistico
1st. Tec. Geometri
1st. Tec. Industriale
Sezioni Gavoi
1st. Tec. Commerciale
1st. Tec. Geometri (serale)
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www.ciusa.it
ASSOCIAZIONE
DISTRETTO CULTURALE
DEL NUORESE
Via Papandrea 8 -do CCIAA di Nuoro
08100 Nuoro
CF:93041950911
Prot. 4 /2017
Alla cortese attenzione
del Dirigente Scolastico
GentilissimoDirigente,
facendo seguito all 'incontro del 14 dicembre 2016, nel quale si è discusso in merito alla
possibilità di coinvolgere attivamente gli istituti scolastici superiori di Nuoro nell 'organizzazione delle
attività che il Distretto Culturale ha pianificato per il 2017, riteniamo opportuno incontrarci nuovamente al
fine di definire insieme gli aspetti operativi, in virtù delle linee programmatiche stilate dalla coordinatrice
scientifica delprogetto, profssa Angela Guisa.
A tal proposito, sarebbe opportuno che ogni istituto nomini un responsabile di progetto quale
membro del Comitato Esecutivo che curerà le attività progettuali e referente unico per l'istituto di
riferimento.
L'atto di nomina potrà essere redatto in carta semplice, a firma del Dirigente Scolastico, e
consegnato alla segreteria organizzativa del Distretto il giorno dell 'incontro, nel corso del quale saranno
definite modalità di partecipazione e budget a disposizione.
Pertanto, per discutere di questi e altri aspetti, vi invitiamo a partecipare ali 'incontro che si
terrà mercoledì 1febbraio 2017 alle ore 15.00presso la sede della Cameradi Commerciodi Nuoro.
Confidandonella vostrapartecipazione, colgo l'occasioneper porgere i più cordiali saluti.
Nuoro, 24 Gennaio 2017
Il Presidente
Agostino Cicalò
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Associazione Distretto CulturaleAtene della Sardegna
Via M. Papandrea, 8 - 08100 Nuoro
[email protected]
0784242540
PROGETTO
" /I ricordo dell'oblio" Tre esperienze a confronto di vita vissuta
in un campo di concentramento
Descrizione
Il progetto vuole mettere a confronto tre esperienze vissute in un
Campo di Concentramento, tre esperienze in tre campi diversi,
tre età diverse, tre ruoli diversi. Questo serve a divulgare la triste
storia del fascismo e di tutte le sue contraddizioni,
prevalentemente alle giovani generazioni e ai cittadini.
Protagonisti:
Modesto Melis
Michele Montagano
Bogdan Bartnikowski
Luciano Zani
Modesto Melis nato a Gairo il 11 aprile 1920 internato nel campo di
Mathausen
La storia di Modesto Melis Modesto Melis, classe 1920, nato a Gairo
ma da anni residente a Carbonia, Invalido di Guerra e
Presidente della Sezione ANMIG di Carbonia. Chi ha letto "Se questo
è un uomo" di Primo Levi può farsi un'idea di quello che può aver
patito un prigioniero dei nazisti: fame, umiliazioni, malattie.
E la paura, costante, di essere tra quelli che, da un giorno all'altro,
sparivano nel nulla. IIlager di Melis si chiamava Gusen ed era a circa
quattro chilometri dal corpo centrale di Mauthausen. "II ricordo
dell'ultimo giorno al campo è dolce come un biscotto", anzi come i
biscotti che gli uomini delle jeep, gli americani, porsero a Modesto e ai
suoi compagni di sventura che a stento, magri, ricoperti solo dai loro
pigiami, camminavano ma credevano che fosse davvero finita. Era il 5
maggio 1945: Melis era entrato lì nell'agosto 1944. Internato come
prigioniero politico, identificato con il triangolo rosso e marchiato con il
numero di matricola 82.241. Una storia che è diventata
anche un libro, "L'animo degli offesi", editore Giampaolo Cirronis
Modesto Melis è sopravvissuto a un campo di sterminio nazista, a un
Konzentrations-Zentrum, all'annientamento totale delle Schutzstaffel
SS. È un uomo di 96 anni con austere sopracciglia increspate. Minuto
e massiccio come un sardo di
montagna a volte si presenta. Padrone di un personalissimo
linguaggio in grado di spiegare l'orrore con la semplicità. A conferma
che la parola non è mai sufficiente per riportare i dettagli della "non-
vita" da deportato, l'ausilio di un taccuino e
di due penne ha consentito di descrivere plasticamente la latrina del
lager di Mauthausen, una vasca di 5 metri con una coppia di travi
parallele a mo' di trespolo. I costretti la svuotavano a mano con un
secchio e una scala. Un giorno lì dentro precipitò un ebreo sfinito che
morì senza un gemito e senza
nessuno che potesse salvarlo.
Catturato dai fascisti a Firenze il 4 febbraio del '44, in seguito a una
delazione, Melis è stato deportato nel lager austriaco dopo aver
transitato per l'ex carcere di Firenze delle Murate e per i
campi di concentramento italiani di Fossoli e Gries. Ha ritrovato la
libertà con l'arrivo degli americani a Mauthausen, il 5 maggio 1945.
La fase di sbandamento che l'esercito regio subisce dopo 1'8
settembre '43 è ben evidenziata nella prima parte del racconto di
Melis. Emerge la totale deriva alla quale andavano incontro i soldati:
tra chi sceglieva Salò, chi la Resistenza e chi saltava le linee, c'era
una ampia zona grigia fatta di espedienti, improvvisazione, rischi e
violenza. La Firenze dove lui si trova sbandato tra il '43 e il '44 è una
città molto pericolosa. I tedeschi si stavano riorganizzando a monte
della lenta avanzata
alleata e dovevano tagliare le gambe a qualunque forma di
resistenza, soprattutto in zone strategiche a ridosso della linea gotica
dove si collocava la città, per evitare insurrezioni a sostegno degli
angloamericani. Questo spiega la pesante tensione che aleggia nel
racconto di Melis. "Ero già stanco di fare la guerra. Con chiunque
fossi andato avrei dovuto combattere. Tanto valeva restare sbandato.
Come va va. Se non toccava a lui toccava a me", ripete l'ex deportato
nel
descrivere le azioni e le uccisioni di fascisti. Come quella consumata
in auto, dal sedile posteriore:
nel corso del primo arresto, Melis fredda i suoi aguzzini con due colpi
alla nuca ravvicinati e si dilegua.
Le descrizioni più forti e sconvolgenti della deportazione, così come in
Primo Levi, riguardano le figure dei cosiddetti "musulmani", i
sommersi, i rassegnati, i "votati alla selezione", coloro che senza
scampo erano destinati al gas e alla morte per sfinimento. Gli ebrei
certamente, ma soprattutto
chi non riusciva a svicolare dalla disciplina mortale del lager. Melis ha
conosciuto i non-uomini, i testimoni integrali, sempre per citare Levi,
"coloro che hanno visto il volto della Gorgona" e quindi non hanno
potuto sopravviverle. Li ha osservati, li ha descritti e ha sperimentato
l'allucinante disperazione dell'essere testimone della non-vita, e
quindi della non-morte, in loro vece. Levi è così ossessionato dal
peso e dalla responsabilità di questa testimonianza al punto da
annebbiare persino
l'euforia davanti ai russi liberatori: "La libertà suonò grave e chiusa, e
ci riempì gli animi, ad un tempo, di gioia e di un doloroso senso di
pudore, per cui avremmo voluto lavare le nostre coscienze e le nostre
memorie della bruttura che vi giaceva: e di pena, perché sentivamo
che questo non
poteva avvenire, che nulla mai più sarebbe potuto avvenire di così
buono e puro da cancellare il nostro passato". Per questo in pochi
corsero incontro ai salvatori, continua Levi.
Forse anche Modesto Melis ha conosciuto questa strana
disperazione.
"Certe situazioni non le posso raccontare - racconta - Si camminava
al buio. A volte mi chiedo se è vero quello che ho visto e resto
imbambolato. Nemmeno io so come mi sono salvato. Quando non
avevamo i cucchiai ci si metteva in tre davanti al piatto e guai a chi
spostava le labbra oltre il
proprio angolo. Mangiavamo sempre roba nera, a volte rane, forse
riconoscevo qualche patata. Il vestiti di ricambio erano quelli dei morti.
Ho pianto quando in un villaggio tra il campo e le gallerie dove
lavoravamo ho visto dei bambini che giocavano su delle biciclette. Ho
pianto perché ho ricordato che anche io ero stato bambino". Quando
ha deciso di testimoniare, ricorda:
"Sono passati tanti anni prima che decidessi di raccontare la mia
storia. AI rientro era impossibile, non mi credevano. Pesavo 37 chili e
quando mia madre mi vide svenne. Ho iniziato a parlare nelle scuole.
Oggi faccio anche 27 incontri in un mese. Ma all'inizio nessuno mi
credette" .
Michele Montagano nato a Casacalenda il 27 ottobre del 1921
internato nellager di UnterlUss
Presidente Vicario
Dott. Michele Montagano, nato a Casacalenda (CB) il 27 ottobre del
1921; funzionario di banca in pensione; ufficiale di complemento
degli alpini; internato militare nei campi nazisti e nello straflager KZ di
Unterluss: invalido di guerra Vice Presidente Nazionale ANMIG.
Componente della Commissione per la concessione delle Medaglie
d'Onore ai deportati e internati italiani in Germania (legge 296/2006); componente della Commissione per le provvidenze agli ex deportati
nei campi di sterminio nazisti legge (legge 791/1980). E' insignito
dell'onorificenza di Grande Ufficiale dell'Ordine al Merito della
Repubblica Italiana.
Lo sguardo di Michele Montagano, classe 1921, si ferma davanti alla
fotografia dei suoi giovani compagni internati militari in Germania.
«Eravamo così giovani, pieni di speranze e di sogni, di voglia di
vivere» riflette l'anziano reduce. Poi ricorda: «L'8 settembre 1943 ero
ufficiale del Regio esercito italiano, in forza alla Guardia alla frontiera
e prestavo servizio in Siovenia. All'annuncio dell'armistizio con gli
Alleati, su ordine del Comando, con il mio reparto iniziai una faticosa
marcia, ma fummo catturati dai tedeschi a Gradisca d'lsonzo e
trasportati a Villa Opicina». Dopo la firma dell'armistizio da parte di
Badoglio gli ex alleati tedeschi chiedevano apertamente agli italiani
se volevano continuare la guerra a fianco della Germania. «Noi, pur
giovani e con tanta voglia di rivedere l'Italia e le nostre famiglie prosegue Montagano - gettammo in faccia al nemico il primo dei tanti
no! Fu così che venni portato nel campo di Thorn e immatricolato con
il n. 29750. Chiusi nei lager nazisti, in un primo tempo fummo
prigionieri di guerra. Poi, 1'1 ottobre 1943 siamo stati definiti "Imi" con
provvedimento arbitrario di Hitler». Un modo per sviare la
Convenzione di Ginevra del 1929 sulla tutela dei prigionieri di guerra.
«lo e i miei compagni - racconta sopportammo per oltre venti mesi la disciplina rigida e vessatoria e le
sadiche punizioni dei nostri carcerieri, la fame terribile, il rigore del
clima senza adeguati indumenti, la mancanza di assistenza sanitaria,
la sporcizia, i parassiti, la privazione di notizie da parte delle famiglie,
la lenta distruzione
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della personalità, per ridurci a semplici stuk, che in tedesco vuoi dire
pezzi». Nel luglio del '44 «in virtù dell'ignobile accordo stipulato con
Mussolini, la Germania ebbe facoltà di precettare per il lavoro coatto
anche gli ufficiali». Così un giorno, con altri 213 ufficiali, in virtù di
questo accordo della civilizzazione, fummo congedati dall'Oflager di
Wietzendorf - precisa Montagano - e condotti a lavorare». Per i
tedeschi i militari italiani erano civili, ma «noi - afferma Montagano continuavamo a sentirei ufficiali del Regio esercito italiano. A ribadire il
nostro no alla collaborazione con il nazifascismo. Tutti e 214 ci
rifiutammo di lavorare ad oltranza». Un vero sabotaggio durato cinque
giorni dopo i quali gli ufficiali dovettero fare i conti con la Gestapo e le
SS. «Ventuno di noi furono presi e destinati alla decimazione. E la
condanna sarebbe avvenuta
sicuramente se 44 ufficiali non si fossero offerti spontaneamente di
prendere il loro posto. Sono stato messo al muro per ben otto ore ad
aspettare la fucilazione». Poi, la condanna fu commutata in carcere a
vita da scontare nel campo di sterminio di Unterluss, satellite di
Sergen Selsen, direttamente gestito dalle SS.«Avuta salva la vitacontinua il reduce - ho iniziato questa fase della
mia nuova prigionia lanciando dal treno diretto in Germania un
biglietto fortunosamente giunto ad un mio parente a Trieste nel quale
dicevo di essere in mano dei tedeschi». Montagano in quel
biglietto scriveva: «La mia coscienza di Italiano è integra. Avvisate la
famiglia: Viva l'Italia». Per lui, così come per gli altri prigionieri, la
Patria non era morta. Anzi, quel no ai tedeschi, come fu il no della
Divisione Acqui a Cefalonia e Corfù, rappresenta il primo atto di
resistenza fuori dall'Italia
dopol'B settembre. Una resistenza senza armi che ha contribuito in
modo importante a portare la libertà e la democrazia nel nostro
paese. Come la maggior parte degli arruolati nel Regio esercito
italiano, anche Montagano quando fu chiamato alle armi era poco più
che ventenne. «Sulla manica della mia divisa portavo la fascia VU,
ovvero volontario universitario. Così ci chiamavano, anche se
volontari non eravamo» racconta l'ex ufficiale. Montagano, assieme
agli altri giovani, educati a dire
sempre "sissignore" una volta internati dissero "no" a qualsiasi forma
di collaborazione con il Terzo Reich e con la Repubblica di Salò. Dopo
la Liberazione in una lettera alla madre il giovane
Montagano scriveva: «Sono finalmente libero e ringrazio Iddio per la
forza concessami a durare sino in fondo. Ho fatto quanto era mio
dovere di soldato italiano. Sono fiero della prova che ho
sostenuto e dell'esempio che ho dato». Ancora oggi, dopo 70 anni,
Michele ricorda l'azzurro del cielo dell'Italia e il blu del lago di Garda
quel giorno quando finalmente rientrò a casa nel settembre del 1945.
L'unico ricordo triste immediatamente successivo alla Liberazione
rimane, dopo tanti anni, quello dell'incontro con il padre, anche lui
militare del Regio esercito italiano con il grado di comandante, che
Michele rivide tra le fila di quei soldati che cedettero a schierarsi a
favore della
Repubblica sociale di Salò. «II pensiero che ora i partigiani avrebbero
potuto ucciderlo - ricorda - mi assillò fino a quando la Liberazione
non fu compiuta. Poi finalmente lo riabbracciai a casa».
Bogdan Bartnikowski nato a Varsavia 24 gennaio 1932 e a 12 anni
deportato in un campo di sterminio ad Auschwitz.
Varsavia professione giornalista, scrittore
Bogdan Bartnikowski (. B 24 gen 1932 a Varsavia [1]) - militare
polacco, scrittore e giornalista.
Biografia
Durante la rivolta di Varsavia è stato un collegamento nel reparto di
guardia. "Gustav" (Andrew Chyczewski) e combattimenti in Ochota.
12 Agosto 1944. Fu deportato insieme con la madre su
Auschwitz-Birkenau. Nel mese di gennaio 1945. Lo hanno trasferito al
campo di Berlino- Blankenburg. Lì, ha lavorato per la rimozione delle
macerie di Berlino. Il 22 aprile, 1945. È stato
liberato dall'Armata Rossa. Dopo il ritorno a Varsavia ha continuato la
sua formazione nella scuola media e superiore. Stefan Batory. Dopo il
diploma di scuola superiore nel 1952. Ufficiale è entrato nella scuola
di aviazione in Deblin. nel 1968. E' stato pilota fino alla pensione nel
1985. Ha lavorato come giornalista nella stampa militare.
Nel 1966. Ha pubblicato il primo libro - una raccolta di racconti sulle
persone dell'aviazione. Nel 1969 ha pubblicato più volte, storie di
bambini polacchi di Auschwitz "Infanzia in uniformi a
righe", che grazie all'impegno della Fondazione sono stati pubblicati
in tedesco.
Gli è stato assegnato Croce dell'Ordine della rinascita della Polonia
(2002) del Ufficiale. "Infanzia dietro il filo spinato" scritto da Bogdan
Bartnikowski, questo raccoglie un insieme di
racconti e atroci ricordi di Bogdan. Egli è nato nel 1932 a
Varsavia. Lo arrestarono insieme alla madre durante l'insurrezione di
Varsavia del 1944, li condussero inizialmente al campo di
smistamento di Pruszkòw, poi furono deportati ad Auschwitz. Il
numero di Bogdan era 192731, in seguito lo rinchiusero a Birkenau,
dapprima nella baracca dei bambini nel settore femminile e
successivamente nel settore maschile "B" con gli altri bambini