Rivolta contro il Jobs act, raffinerie occupate
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Rivolta contro il Jobs act, raffinerie occupate
Corriere della Sera Mercoledì 25 Maggio 2016 11 # REUTERS/STEPHANE MAHE Esteri Rivolta contro il Jobs act, raffinerie occupate Il governo di Parigi manda gli agenti a sgomberare i dimostranti. La benzina comincia a scarseggiare % Francia DAL NOSTRO CORRISPONDENTE I distributori di benzina sono a secco, ma il premier Manuel Valls non vuole e non può cedere. Dopo la marcia indietro sulla revoca della nazionalità, e dopo avere già ammorbidito la riforma El Khomri, il ritiro completo della legge sul mercato del lavoro preteso dai manifestanti sarebbe l’ammissione di un fallimento totale, la prova che l’esecutivo non è più in grado di governare la Francia. Così ieri mattina alle 4h15 gli agenti anti-sommossa sono intervenuti per togliere il blocco alla raffineria e al deposito petrolifero di Fos-sur-Mer, poco lontano da Marsiglia, scontrandosi con oltre 200 militanti del sindacato CGT che hanno dato fuoco alle gomme e lanciato sassi contro i poliziotti. Una scena ormai non infrequente in molte PARIGI 1 ● La riforma El Khomri amplia il ventaglio delle cause di licenziamento senza reintegro indicando le ragioni economiche ma anche modifiche dell’attività o della semplice riorganizzazione aziendale 2 ● Per incentivare nuove assunzioni, la riforma francese prevede un sistema di tutele crescenti con l’anzianità aziendale pur salvaguardando i diversi tipi di contratti 3 ● Cambiati anche l’orario di lavoro e il calcolo degli straordinari. Con la riforma le ore possono salire a 12 al giorno. Così come il modello delle ore settimanali che possono arrivare fino a 60 piazze della Francia, da Parigi a Nantes, dove il movimento contro la riforma del lavoro — giudicata neo-liberale e schiacciata sulle pretese degli industriali — si fa ogni giorno più duro. Nelle ultime settimana la Francia dello stato di emergenza contro il terrorismo ha visto centinaia di «casseur» (i black bloc) spaccare vetrine e attaccare le forze dell’ordine, dare fuoco a un’auto della polizia con un agente ancora dentro (è accaduto a Parigi) o a una Porsche simbolo del capitalismo (a Nantes). A loro volta, i manifestanti hanno documentato con il telefonino atti di rara violenza dei poliziotti contro i manifestanti, denunciando metodi repressivi sproporzionati. Oggi il movimento spontaneo della Nuit Debout, l’occupazione pacifica di place de la République a Parigi contro la riforma del lavoro, si salda ormai con la mobilitazione dei sindacati, e il nuovo fronte della protesta è quello dell’approvvigionamento della benzina. Tutto il ciclo è bloccato. A cominciare dai tre porti in sciopero di Le Havre, Saint Nazaire e Marsiglia, dove arrivano le navi con il greggio. Il petrolio passa poi alle 8 raffinerie del Paese, nelle quali la CGT ha dichiarato il blocco: erano solo 6 fino a questa mattina, l’azione di forza di Valls ha convinto le ultime due a unirsi alla lotta. Le proteste poi coinvolgono i depositi di carbu- Lo scontro Oltre 200 militanti del sindacato CGT hanno dato fuoco alle gomme e lanciato sassi contro i poliziotti rante che alimentano le 12 mila stazioni di servizio distribuite in tutta la Francia. In questi depositi ci sono riserve industriali e strategiche per quattro mesi di consumo, solo lo Stato può decidere di attingere e potrebbe farlo se i blocchi continueranno. Infine, ultima tappa, le autocisterne che portano la benzina nei distributori: ferme pure quelle dallo scorso weekend. I prossimi giorni si annunciano davvero non facili, perché è prevista una nuova manifestazione nazionale (domani), e scioperi dei treni, dei mezzi pubblici a Parigi e degli aeroporti anche dopo l’inizio degli europei di calcio, fissato per il 10 giugno. La CGT minaccia di fermare anche le centrali nucleari. Valls assicura: «Non torneremo indietro». Stefano Montefiori © RIPRODUZIONE RISERVATA Il personaggio La camicia a rigoni del compagno Lépine per spiegare ai francesi una protesta impopolare DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Per fare passare la legge El Khomri sulla riforma del lavoro, il 10 maggio scorso, il governo francese ha fatto ricorso all’articolo 49-3 della Costituzione, evitando un voto in Parlamento che non era sicuro di controllare. Quella decisione ha stabilito il tono del confronto e mostrato tutta la determinazione di un esecutivo che in queste ore non ha certo risparmiato le forze, anche verbali: «I sindacalisti prendono in ostaggio i francesi», hanno detto prima il ministro delle Finanze Michel Sapin e poi il premier Manuel Valls. A rispondere alle bordate del governo la CGT ha designato il segretario generale della branca chimica e petrolio, Emmanuel Lépine. Con la sua camicia a rigoni viola è il signor Lépine ad apparire in tutte le tv, tocca a lui difendere davanti ai francesi la protesta forse più impopolare che si possa immaginare. Peggio dei treni fermi e dei voli cancellati, in Francia e altrove, ci sono solo le file ai distributori e le auto che rimangono a secco. , è PARIGI ● Emmanuel Lépine è segretario generale della branca chimica e petrolio della Cgt (Confederazione generale del lavoro) ● La Cgt è stata fondata nel 1895. Vicina al partito comunista fino al 1999, ora fa parte della Confederazione europea dei sindacati Il capo della CGT è Philippe Martinez, l’ex comunista figlio di immigrati spagnoli che in queste ore coordina le azioni del sindacato in tutti i settori, dai trasporti all’energia. Ris p o n d e n d o a l l ’ i n v i to d i François Ruffin, uno dei leader ufficiosi del movimento spontaneo Nuit Debout, Martinez cavalca la protesta nelle piazze e sta lanciando il primo sindacato di Francia — ma che ha soli 700 mila aderenti — nella battaglia definitiva contro la legge El Khomri. Un’occasione d’oro, tutto sommato, per ridare smalto a un’organizzazione indebolita dalle vane proteste del 2010 contro la riforma delle pensioni, dall’addio dell’amato leader Bernard Thibault, e soprattutto dal disastro del suo successore Thierry Lepaon, costretto a dimettersi nella vergogna per essersi fatto pagare dal sindacato i 130 mila euro di lavori di lussuosa ristrutturazione dell’appartamento di funzione. La CGT, fondata nel 1895 a Limoges e per tradizione vicina al partito comunista francese, negli ultimi mesi stava per- - Total 1 Grandpuits Donges Feyzin & Blocco degli impianti da parte degli oppositori alla Legge sul lavoro ProvenceLa Mède Lavéra ! Scene dalla rivolta Lavoratori e manifestanti hanno alzato barricate per bloccare l’entrata dei depositi di diverse raffinerie. Su 12 mila pompe di carburante in tutta la Francia circa 1.500 sono rimaste a secco dendo terreno a vantaggio della CFDT, il sindacato cristiano che l’ha scalzata, per esempio, dal suo tradizionale bastione di Air France. Ma il movimento contro la riforma del lavoro vede adesso la CGT in prima linea, e Lépine diventa un volto noto. È chiamato a tenere testa al capo del governo, e lo fa con una certa efficacia. Quando Valls parla di francesi «presi in ostaggio» perché non possono fare benzina, Lépine gli ricorda in tv che in questa fase storica, tra attentati e terrorismo, gli ostaggi sono un’altra cosa. Il governo in preda al nervosismo evoca il «ricatto del sindacato»? Lépine ribatte con pacatezza che «se esercitare il diritto di sciopero diventa ricattare, allora è la fine della democrazia». Il rappresentante della CGT prova sempre a rimandare la palla nel campo dell’avversario: se tutte le otto raffinerie francesi sono ferme, «la colpa è della sedicente fermezza del governo: due impianti che ancora funzionavano hanno deciso il blocco dopo le violenze della polizia a Fos-sur-Mer». Le manifestazioni contro la riforma del lavoro non sono certo oceaniche, e i sindacati da anni continuano a perdere iscritti: chi fa notare che la protesta nel Paese è minoritaria, poco rappresentativa, non ha tutti i torti. Lépine ripete comunque che la CGT si fermerà solo quando il governo avrà ritirato la legge El Khomri. E spera che, nei giorni della benzina razionata, i francesi finiscano per odiare Valls più che lui stesso. S. Mon. @Stef_Montefiori © RIPRODUZIONE RISERVATA % Italia 1 ● Il Jobs act ha avuto per obiettivo la flessibilità del mercato del lavoro. Abolendo l’articolo 18 sui licenziamenti illegittimi, la riforma esclude il reintegro del lavoratore e prevede un risarcimento economico 2 ● La riforma italiana abolisce i diversi tipi di contratto e introduce il sistema delle tutele crescenti. In caso di licenziamento per motivi economici, l’indennizzo è stabilito in base all’anzianità 3 ● È stata eliminata la cassa integrazione per i dipendenti nel caso in cui l’attività aziendale (o una sua parte) venga cessata in modo definitivo e non esistano possibilità concrete di proseguimento