La Casa dei Sogni - Il Gatto e la Luna

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La Casa dei Sogni - Il Gatto e la Luna
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ISBN: 978-88-96104-42-2
@2013 Il Gatto e la Luna editrice
Anna dai Capelli Rossi – La Casa dei Sogni
Collana: Gatto Verde
di Lucy Maud Montgomery
Titolo originale dell’opera:
Anne’s house of dreams
Prima pubblicazione: Canada, 1917
Traduzione di Ilaria Isaia
INDICE
Capitolo 1, Nella soffitta dei Tetti Verdi
Capitolo 2, La Casa dei Sogni
Capitolo 3, La terra sospesa tra i sogni
Capitolo 4, La prima sposa dei Tetti Verdi
Capitolo 5, L’arrivo a casa
Capitolo 6, Capitan Jim
Capitolo 7, La sposa del maestro
Capitolo 8, Una visita di Miss Cornelia Bryant
Capitolo 9, Una sera a Punta Quattro Venti
Capitolo 10, Leslie Moore
Capitolo 11, La storia di Leslie Moore
Capitolo 12, Una visita di Leslie Moore
Capitolo 13, Una serata spettrale
Capitolo 14, Giorni di novembre
Capitolo 15, Natale ai Quattro Venti
Capitolo 16, Capodanno al faro
Capitolo 17, Inverno ai Quattro Venti
Capitolo 18, Giorni di primavera
Capitolo 19, Alba e tramonto
Capitolo 20, La perduta Margaret
Capitolo 21, Le barriere vengono spazzate vie
Capitolo 22, Miss Cornelia organizza le cose
Capitolo 23, Arriva Owen Ford
Capitolo 24, Il diario di bordo di Capitan Jim
Capitolo 25, La stesura del libro
Capitolo 26, La confessione di Owen Ford
Capitolo 27, Sulla striscia di sabbia
Capitolo 28, Argomenti vari
Capitolo 29, Gilbert e Anna non sono d’accordo
Capitolo 30, Leslie prende una decisione
Capitolo 31, La verità rende liberi
Capitolo 32, Miss Cornelia discute della faccenda
Capitolo 33, Il ritorno di Leslie
Capitolo 34, La Nave dei Sogni entra in porto
Capitolo 35, Politica ai Quattro Venti
Capitolo 36, Bellezza invece di cenere
Capitolo 37, Miss Cornelia fa un annuncio sconcertante
Capitolo 38, Rose rosse
Capitolo 39, Capitan Jim attraversa la striscia
Capitolo 40, Addio alla Casa dei Sogni
Note
Capitolo 1
Nella soffitta dei Tetti Verdi
“Finalmente ho chiuso con la geometria, che si tratti d’impararla o d’insegnarla”, disse Anna Shirley, appena un po’ vendicativa, gettando in un
baule pieno di libri un volume di Euclide decisamente malridotto. Poi sbatté, trionfante, il coperchio e ci si sedette su, guardando Diana Wright,
dall’altra parte della soffitta, con occhi grigi che parevano un cielo mattutino.
La soffitta era un posto misterioso, suggestivo, delizioso, come dovrebbero essere tutte le soffitte. Dalla finestra aperta, accanto alla quale sedeva
Anna, spirava l’aria dolce, profumata e calda di sole di quel pomeriggio di agosto. Fuori i rami dei pioppi stormivano e si agitavano al vento.
Dietro i pioppi c’erano i boschi, dove il Viale degli Innamorati snodava il suo percorso incantato e il vecchio meleto ancora portava con generosità
il suo roseo raccolto. E, al di sopra di tutto, c’era una grande catena montuosa di candide nuvole nel cielo azzurro a meridione. Dall’altra finestra
si scorgeva, in lontananza, il mare azzurro incappucciato di bianco: il bel Golfo di San Lorenzo sul quale, come un gioiello, galleggia Abegweit,
il cui più morbido e dolce nome indiano è stato da tempo dimenticato per quello più prosaico di Isola del Principe Edward.
Diana Wright, tre anni più grande di quando l’avevamo vista l’ultima volta, era nel frattempo diventata piuttosto grassoccia. Ma i suoi occhi erano
ancora neri e vivaci, le guance rosee e le fossette incantevoli come lo erano state tanto tempo prima, quando lei e Anna Shirley si erano giurate
amicizia eterna nel giardino del Pendio del Frutteto. Tra le braccia reggeva una piccola creatura addormentata, dai riccioli neri, che da due anni era
nota nel mondo di Avonlea come “la Piccola Anna Cordelia”. La gente di Avonlea sapeva perché Diana l’avesse chiamata Anna, naturalmente. Ma
la gente di Avonlea era perplessa per quel Cordelia. Non c’era mai stata una Cordelia né tra i Wright né tra i Barry. La signora Harmon Andrews
diceva che probabilmente Diana aveva trovato quel nome in qualche romanzo scadente e si stupiva che Fred avesse avuto tanto poco buonsenso
da permetterglielo. Ma Diana e Anna si scambiavano sorrisi. Loro sapevano come mai la Piccola Anna Cordelia aveva quel nome.
“Hai sempre odiato la geometria”, disse Diana, sorridendo nel ricordare il passato, “E comunque penso che anche averla fatta finita con
l’insegnamento ti renda felice.”
“Oh, mi è sempre piaciuto insegnare, geometria a parte. Questi ultimi tre anni a Summerside sono stati belli. Quando sono tornata a casa, la
signora Harmon Andrews mi ha detto che non troverò la vita matrimoniale tanto meglio dell’insegnamento come mi aspetto. Evidentemente la
signora Harmon Andrews la pensa come Amleto: meglio sopportare le pene che abbiamo già piuttosto che correre incontro ad altre che ancora non
conosciamo.”
La risata di Anna, allegra e irresistibile come un tempo, con una nota in più di dolcezza e maturità, risuonò nella soffitta. Nelle cucina in basso
Marilla, che preparava la marmellata di prugne, la sentì e sorrise; poi sospirò al pensiero di quanto raramente quella bella risata avrebbe risuonato
nei Tetti Verdi negli anni a venire. In vita sua nulla aveva reso tanto felice Marilla quanto sapere che Anna avrebbe sposato Gilbert Blythe. Ma
ogni gioia deve portare con sé la sua piccola ombra di tristezza. Durante i tre anni a Summerside Anna era tornata spesso a casa, per le vacanze e
i fine settimana. Ma da ora in poi un paio di visite all’anno sarebbero state il massimo in cui poter sperare.
“Non farti intimorire da quel che dice la signora Harmon Andrews”, disse Diana, con la calma certezza della signora già sposata da quattro anni,
“Certo, la vita matrimoniale ha i suoi alti e bassi. Non devi aspettarti che vada sempre tutto liscio. Ma ti assicuro, Anna, che è una vita felice, se
hai sposato l’uomo giusto.”
Anna soffocò un sorriso. Le arie da grande esperta che si dava Diana la divertivano sempre un po’.
“Forse me le darò anch’io quando sarò sposata da quattro anni”, pensò, “Ma sicuramente il mio senso dell’umorismo me ne terrà al riparo.”
“Avete già deciso dove andrete a vivere?”, domandò Diana, coccolando la Piccola Anna Cordelia con quell’inimitabile gesto materno che mandava
nel cuore di Anna, pieno di sogni e desideri dolci e inespressi, un brivido che era a metà puro piacere e a metà un dolore strano ed etereo.
“Sì. È quello che volevo dirti quando ti ho telefonato di venire oggi. A proposito, non riesco ancora a rendermi conto che adesso ad Avonlea
abbiamo davvero i telefoni. Sembra così assurdamente aggiornato e moderno per questo delizioso, tranquillo vecchio paese.”
“Per quelli dobbiamo ringraziare la S.P.C.A.1”, disse Diana, “Non avremmo mai avuto la linea telefonica se non ci fossero stati loro a occuparsi
della faccenda e portarla avanti. Avevano gettato su di loro tanta acqua fredda da scoraggiare qualunque associazione. Ma nonostante tutto loro
si sono impuntati. Hai fatto una cosa magnifica per Avonlea quando hai fondato quell’associazione, Anna. Quanto ci divertivamo alle riunioni!
Potremo mai dimenticarci la sede blu e il progetto di Judson Parker di far dipingere pubblicità di medicinali sul suo steccato?”
“Io non so se sono totalmente riconoscente alla S.P.C.A. per la faccenda dei telefoni”, disse Anna, “Oh, lo so che sono utilissimi... perfino più del
nostro vecchio stratagemma di mandarci segnali con la luce delle candele. E, come dice la signora Rachel Lynde, ‘Avonlea deve mantenersi al
passo col progressismo, ecco’. Ma in un certo senso è come se non volessi che Avonlea venisse rovinata da quelle che il signor Harrison, quando
vuole essere arguto, chiama ‘le seccature moderne’. Avrei voluto che rimanesse per sempre com’era ai nostri bei vecchi tempi. È stupido. È
sdolcinato. È impossibile. Perciò adesso diventerò subito più saggia a pratica possibile. Il telefono, come ammette il signor Harrison, è ‘una vera
cannonata’... anche se sai che probabilmente c’è una mezza dozzina di gente curiosa ad ascoltarti in linea.”
“Questo è il lato peggiore”, sospirò Diana, “È così seccante sentire i ricevitori che si sollevano tutte le volte che chiami qualcuno. Dicono che la
signora Harmon Andrews abbia voluto farsi sistemare il telefono in cucina in modo da poterlo sentire non appena squilla e allo stesso tempo tenere
d’occhio la cena. Oggi, quando mi hai chiamato, ho sentito distintamente il rintocco di quello strano orologio dei Pye. Perciò senza dubbio Josie,
o Gertie, stava ascoltando.”
“Ah, allora è per questo che hai detto ‘Ma hai un orologio nuovo ai Tetti Verdi, vero?’. Non riuscivo a capire che intendessi dire. Ho sentito uno
scatto violento non appena l’hai detto. Immagino fosse il ricevitore dei Pye che veniva abbassato con irriverente energia. Be’, non preoccuparti
dei Pye. Come dice la signora Rachel, ‘Pye sono, e Pye rimarranno, fino alla fine dei tempi, amen’. Voglio parlare di cose più piacevoli. È già tutto
sistemato per quanto riguarda dove sarà la mia nuova casa.”
“Oh, Anna, dove? Spero che sia qui vicino.”
“N... no. È questo il lato negativo. Gilbert si sistemerà alla Baia dei Quattro Venti... a sessanta miglia da qui.”
“Sessanta? È come se fossero seicento!”, sospirò Diana, “Ormai non posso allontanarmi da casa più in là di Charlottetown.”
“Ai Quattro Venti dovrai venirci. È la baia più bella dell’Isola. Sul promontorio c’è un piccolo villaggio che si chiama Glen St Mary, e il Dottor
David Blythe ha esercitato lì per cinquant’anni. È il prozio di Gilbert. Sta per andare in pensione e Gilbert rileverà il suo ambulatorio. Però il
Dottor Blythe si terrà la casa, così dobbiamo cercarci una casa per noi. In realtà non so ancora come, né dove, sarà, ma nella mia fantasia c’è già
una casetta dei sogni tutta arredata... un piccolo, delizioso castello in aria.”
1
S.P.C.A.= Società per il Progresso della Città di Avonlea, associazione giovanile fondata da Anna nel secondo libro, Anna di
Avonlea. I suoi membri vengono chiamati Progressisti (NDR)
“Dove andrai in luna di miele?”, domandò Diana.
“Da nessuna parte. Non fare quella faccia inorridita, Diana cara. Sembri la signora Harmon Andrews. Senza dubbio lei osserverebbe con sussiego
che chi non può permettersi i ‘paggi’ di nozze è saggio a non farli. E poi mi ricorderebbe che Jane ha fatto i suoi in Europa. Io voglio trascorrere
la mia luna di miele ai Quattro Venti nella mia splendida casa dei sogni.”
“E hai deciso che non vuoi damigelle?”
“Non ce n’è nessuna. Tu, Phil, Priscilla e Jane2 mi avete tutte battute sul tempo in fatto di matrimoni. E Stella insegna a Vancouver. Non ho nessun
altro ‘spirito affine’, e non voglio avere una damigella che non lo sia.”
“Però il velo te lo metti, vero?”, chiese, ansiosa, Diana.
“Ma sì, certamente. Non mi sentirei una sposa, senza. Mi ricordo che dissi a Matthew, quella sera che mi portò ai Tetti Verdi, che non mi aspettavo
di diventare mai sposa perché ero così bruttina che nessuno avrebbe mai voluto sposarmi... a meno che non lo facesse qualche missionario
all’estero. Ero convinta che i missionari all’estero non potessero permettersi di essere schizzinosi in fatto di bellezza, se volevano una ragazza che
rischiasse la vita tra i cannibali. Avresti dovuto vedere il missionario che ha sposato Priscilla. Era bello e imperscrutabile come quelli che un tempo
noi sognavamo di sposare, Diana. Era l’uomo meglio vestito che io abbia mai incontrato, e si sperticava in lodi per la ‘bellezza eterea e dorata’ di
Priscilla. Ma certo, in Giappone non ci sono cannibali.”
“Però il tuo abito da sposa è una favola”, sospirò, rapita, Diana, “Con quello sembri proprio una regina... sei così alta e snella. Come fai a mantenerti
così snella, Anna? Io sono sempre più grassa. Fra un po’ non avrò neanche più un girovita.”
“A quanto pare la corpulenza o la magrezza sono cose predestinate”, disse Anna, “A ogni modo, la signora Harmon Andrews non può dire a te
quel che ha detto a me quando sono tornata da Summerside. ‘Eh, Anna, sei più ossuta che mai’. È romantico essere ‘snella’, ma ‘ossuta’ ha un
gusto completamente diverso.”
“La signora Harmon mi ha parlato del tuo corredo. Ammette che è bello come quello di Jane, anche se dice che Jane ha sposato un milionario e tu
stai per sposare ‘un dottore povero e giovane che non possiede neppure un centesimo’.”
Anna rise.
“Certo che i miei vestiti sono belli. A me piacciono le belle cose. Mi ricordo il primo vestito bello che abbia mai avuto... quello di tessuto gloria
marrone che Matthew mi diede per il nostro spettacolo scolastico. Prima avevo solo cose brutte. Quella sera mi sembrò di entrare in un nuovo
mondo.”
“Quella fu la sera in cui Gilbert recitò ‘Bingen sul Rhine’ e guardò te mentre diceva ‘Ce n’è un’altra, e non una sorella’. E tu eri furibonda perché
s’infilò la tua rosellina di stoffa rosa nel taschino sul petto. Non t’immaginavi che l’avresti mai sposato.”
“Ah, be’, questa è un altro caso di predestinazione”, rise Anna mentre scendevano dalle scale della soffitta.
2
In questo libro troveremo ogni tanto cenni ai personaggi comparsi nei primi tre, ma non a quelli del quarto, “Anna dei Pioppi
Fruscianti”, perché quello, pur collocandosi cronologicamente a metà della storia di Anna, è l’ultimo a essere stato scritto (NDR)
Capitolo 2
La Casa dei Sogni
Ai Tetti Verdi nell’aria c’era più eccitazione di quanta ce ne fosse mai stata in tutta la sua storia. Perfino Marilla era così eccitata da non poter fare
a meno di dimostrarlo, fatto che era quasi straordinario.
“Non c’è mai stato un matrimonio in questa casa”, disse, quasi a scusarsi, alla signora Rachel Lynde, “Da bambina sentii un vecchio sacerdote
dire che una casa non può essere davvero tale se non è mai stata consacrata da una nascita, da un matrimonio e da una morte. Qui abbiamo avuto
morti... mio padre e mia madre son morti qui, e anche Matthew; e qui abbiamo avuto anche una nascita. Tanto tempo fa, subito dopo che ci eravamo
trasferiti in questa casa, per un po’ abbiamo avuto un lavorante sposato, e sua moglie ebbe un figlio qui. Ma non c’era mai stato un matrimonio
prima. È così strano pensare ad Anna che si sposa. In un certo senso mi sembra ancora la bambina che Matthew portò qui quattordici anni fa. Non
riesco a rendermi conto che è cresciuta. Non dimenticherò mai come mi sentii quando vidi Matthew portare una bambina. Chissà che ne sarebbe
stato del ragazzo che avremmo preso se non ci fosse stato quell’errore. Chissà qual è stato il suo destino.”
“È stato un errore fortunato”, disse la signora Rachel Lynde, “Anche se, bada, c’è stato un momento in cui non la pensavo così... quella sera che
venni a vedere Anna e lei mi fece quella scenata. Ma da allora sono cambiate tante cose, ecco.”
La signora Rachel sospirò, e poi si attivò di nuovo. Quando c’era da preparare matrimoni la signora Rachel era disposta a lasciare che il morto
passato seppellisse i suoi morti.
“Voglio dare ad Anna due dei miei copriletto di filato di cotone”, riprese, “Uno a strisce color tabacco e uno a foglie di melo. Mi ha detto che
torneranno assai di moda. Be’, moda o non moda, credo che non ci sia niente di più grazioso, per il letto di una camera degli ospiti, di un bel
copriletto a foglie di melo, ecco. Devo vedere di candeggiarli. Dalla morte di Thomas li avevo cuciti in borse di cotone e senz’altro sono di un
colore orrendo. Ma c’è ancora un mese e il candeggio fa meraviglie.”
Un mese soltanto! Marilla sospirò, poi disse con orgoglio:
“Io darò ad Anna quella mezza dozzina di tappetini intrecciati che ho in solaio. Non avrei mai immaginato che li avrebbe voluti... sono così fuori
moda, e sembra che ora la gente non voglia altro che zerbini ricamati in lana. Ma lei me li ha chiesti. Dice che preferisce avere sui pavimenti quelli
che qualunque altra cosa. In effetti sono graziosi. Li ho fatto con le pezze migliori e li ho intrecciati a strisce. Mi è stato tanto di compagnia in
questi ultimi inverni. E le farò tanta marmellata di prugne da riempire la sua credenza delle confetture per un anno. Quegli alberi di prugne blu non
facevano neanche un fiore da tre anni e pensavo che fosse ora di tagliarli. E questa primavera erano tutti bianchi, e hanno portato un tale raccolto
di prugne che io ai Tetti Verdi non avevo mai visto.”
“Grazie al cielo alla fine Anna e Gilbert si sposano davvero. È quello per cui ho sempre pregato”, disse la signora Rachel, col tono di chi sia
serenamente sicuro che le sue preghiere abbiano ottenuto molto, “Mi sono sentita molto sollevata nel sapere che non aveva veramente intenzione
di mettersi con quell’uomo di Kingsport. Era ricco, è vero, e Gilbert è povero... almeno, per cominciare. Ma perlomeno è un ragazzo dell’Isola.”
“È Gilbert Blythe”, disse Marilla soddisfatta. Marilla avrebbe preferito morire mille volte prima di dire a parole quel pensiero che era sempre
stato in fondo alla sua mente tutte le volte che guardava Gilbert, fin da quando era piccolo... il pensiero che se non fosse stato per quel suo ostinato
orgoglio di tanto, tanto tempo fa, lui avrebbe potuto essere il suo, di figlio. Marilla sentiva che, in qualche strano modo, il suo matrimonio con
Anna avrebbe raddrizzato quel vecchio errore. Era venuto fuori del buono dal male di una vecchia acrimonia.
E per Anna lei era così felice da averne quasi paura. Agli dei, così dice la vecchia superstizione, non piace vedere mortali troppo felici. Perlomeno,
è sicuro che a certi esseri umani non piace. Due esseri di quel tipo andarono a trovare Anna, una sera color violetta, e cominciarono a fare quel che
potevano per far scoppiare la bolla arcobaleno della sua soddisfazione. Se credeva di aver guadagnato qualcosa di particolare col giovane Blythe, o
se s’illudeva che lui fosse ancora infatuato di lei come lo era stato negli anni verdi della sua giovinezza, allora era loro dovere farle vedere le cose
sotto un’altra luce. Eppure quelle due degne signore non erano nemiche di Anna. Al contrario, le volevano bene e l’avrebbero difesa come fosse
stata figlia loro se chiunque altro l’avesse attaccata. La natura umana non è obbligata a essere coerente.
La signora Inglis -nata Jane Andrews, per dirla come il Daily Enterprise- arrivò con sua madre e con la signora Jasper Bell. Ma in Jane il latte
dell’umana gentilezza non si era ancora cagliato dopo anni di battibecchi coniugali. La sua sorte era caduta su luoghi deliziosi1. Nonostante il
fatto -come avrebbe detto la signora Rachel Lynde- che avesse sposato un milionario, il suo matrimonio era stato felice. La ricchezza non l’aveva
resa viziata. Era ancora la tranquilla, amabile, Jane dalle guance rosa del vecchio quartetto, che si entusiasmava per la felicità della sua vecchia
compagna e s’interessava con altrettanta passione a tutti i minimi dettagli del corredo di Anna, come se questo avesse potuto rivaleggiare coi suoi
splendori di sete e gioielli. Jane non aveva una mente acuta, e probabilmente in tutta la sua vita non aveva mai fatto un’osservazione che valesse la
pena ascoltare. Ma non diceva mai nulla che potesse ferire i sentimenti di qualcuno. Cosa che può essere un talento in negativo, ma che allo stesso
tempo è un talento raro e invidiabile.
“E perciò Gilbert non ci ha ripensato su di te”, disse la signora Harmon Andrews, riuscendo a comunicare un’espressione di sorpresa nel suo tono
di voce, “Be’, di solito i Blythe mantengono la parola una volta che l’hanno data, qualunque cosa accada. Vediamo... tu hai venticinque anni, vero,
Anna? Quand’ero ragazza io, i venticinque anni erano il primo intoppo da superare. Ma tu sembri ancora giovane. Per quelli coi capelli rossi è
sempre così.”
“Adesso i capelli rossi vanno molto di moda”, disse Anna cercando di sorridere, ma parlando con una certa freddezza. La vita aveva sviluppato in
lei un senso dell’umorismo che l’aveva aiutata in molte situazioni difficili. Ma ancora niente era riuscito a fortificarla contro un qualunque accenno
ai suoi capelli.
“È così, è così”, ammise la signora Harmon, “Non si sa mai che strani capricci la moda può seguire. Oh, Anna, le tue cose sono molto graziose e
molto adatte alla tua posizione nella vita, vero, Jane? Spero che tu sia molto felice. Hai i miei migliori auguri. Un lungo fidanzamento non sempre
viene fuori bene. Ma certo, nel tuo caso non si poteva fare altrimenti.”
“Gilbert sembra molto giovane per essere un dottore. Temo che la gente non si fiderà molto di lui”, disse, cupa, la signora Jasper Bell. Poi serrò la
bocca, come se avesse detto quel che considerava suo dovere dire e si fosse messa a posto la coscienza. Apparteneva a quel genere di persone che
hanno sempre una piuma nera e sottile sul cappello e disordinati ciuffi di capelli sul collo.
In superficie, la contentezza di Anna per le sue piccole cose da sposa si offuscò; ma in profondità la sua felicità non poteva venire turbata a questo
modo. E le frecciate delle signore Bell e Andrews vennero dimenticate quando più tardi arrivò Gilbert, e insieme passeggiarono fino alle betulle
del ruscello, che erano alberelli quando Anna era arrivata ai Tetti Verdi, ma che adesso erano alte colonne d’avorio di un palazzo incantato fatto
di crepuscolo e di stelle. Alla loro ombra, Anna e Gilbert parlarono alla maniera degli innamorati della loro nuova casa e della loro vita insieme.
1
La sua sorte era caduta su luoghi deliziosi: è una citazione biblica, dai Salmi 15 (16):6
“Ho trovato un nido per noi, Anna.”
“Dove? Non proprio nel villaggio, spero. Non mi piacerebbe affatto.”
“No. Non c’erano case disponibili nel villaggio. Questa è una piccola casetta bianca sulla spiaggia della baia, a metà strada tra Glen St Mary e
Punta Quattro Venti. È un po’ fuori mano, ma quando ci avremo messo il telefono non importerà più così tanto. La posizione è bella. Guarda verso
il tramonto e ha davanti la grande baia azzurra. Non molto lontano ci sono le dune di sabbia, coi venti marini che ci soffiano sopra e gli spruzzi
del mare che le inzuppano tutte.”
“Ma la casa, Gilbert? La nostra prima casa? Com’è?”
“Non molto grande, ma grande abbastanza per noi. Al pianterreno c’è uno splendido soggiorno col caminetto, e una stanza da pranzo che affaccia
sulla baia, e una stanzetta che mi andrà bene come studio. Ha circa sessant’anni, la casa più vecchia dei Quattro Venti. Ma è stata tenuta in buono
stato di conservazione, ed è stata interamente rifatta una quindicina d’anni fa... hanno rifatto il tetto, l’intonaco e il pavimento. Ed era stata
ben costruita già in partenza. Ho saputo che c’è una qualche storia romantica legata a quell’edificio, ma l’uomo dalla quale l’ho affittata non la
conosceva. Ha detto che adesso Capitan Jim è l’unico che possa raccontare quella storiella.”
“Chi è Capitan Jim?”
“Il guardiano del faro di Punta Quattro Venti. Anna, ti piacerà il faro dei Quattro Venti. È uno di quelli che girano, e al crepuscolo manda bagliori
come un’enorme stella. Noi lo possiamo vedere dalle finestre del soggiorno e dalla porta principale.”
“A chi appartiene la casa?”
“Be’, adesso è proprietà della Chiesa Presbiteriana di Glen St Mary, io l’ho affittata dai suoi fiduciari. Ma fino a poco tempo fa apparteneva a una
signora molto anziana, Miss Elizabeth Russell. È morta la primavera scorsa, e dal momento che non aveva parenti prossimi ha lasciato tutto alla
Chiesa di Glen St Mary. La sua mobilia è ancora in casa e io l’ho comprata quasi tutta... per un tozzo di pane, per così dire, perché era così fuori
moda che i fiduciari disperavano di poterla vendere. La gente di Glen St Mary preferisce il broccato di lusso e le credenze con gli specchi e le
decorazioni, immagino. Ma la mobilia di Miss Russell è ottima e sono sicuro che ti piacerà, Anna.”
“Fin qui, tutto bene”, disse Anna annuendo con cauta approvazione, “Ma Gilbert, non si vive di sola mobilia. Non hai ancora menzionato la cosa
più importante. Ci sono alberi attorno alla casa?”
“Ce n’è a mucchi, oh driade! C’è una grande macchia di abeti sul retro, due file di pioppi lungo il viale e un anello di betulle bianche attorno a un
giardino veramente delizioso. La nostra porta d’ingresso si apre direttamente sul giardino, ma c’è un’altra entrata... un cancelletto tra due abeti. I
cardini sono su un tronco e il gancio di chiusura sull’altro. I loro rami formano un arco in alto.”
“Oh, sono tanto felice! Non potrei vivere dove non ci sono alberi. Qualcosa di vitale in me deperirebbe. Dopo questo è inutile chiederti se ci sono
ruscelli da quelle parti. Sarebbe aspettarsi troppo.”
“Ma c’è un ruscello... in effetti attraversa proprio un angolo del giardino.”
“Ma allora”, disse Anna con un profondo sospiro di somma soddisfazione, “questa casa che hai trovato è davvero la mia casa dei sogni, e
nessun’altra.”
Capitolo 3
La terra sospesa tra i sogni
“Hai già deciso chi ci vuoi al matrimonio, Anna?”, domandò la signora Rachel Lynde mentre, laboriosamente, faceva l’orlo a giorno ai tovaglioli,
“È ora che spedisci gli inviti, anche se saranno solo informali.”
“Non voglio avere molti invitati”, disse Anna, “Vogliamo solo quelli che più amerebbero vederci sposati. I parenti di Gilbert, il signor e la signora
Allan, il signor e la signora Harrison.”
“C’è stato un tempo in cui difficilmente avresti contato il signor Harrison tra i tuoi più cari amici”, disse secca Marilla.
“Be’, non mi sono sentita estremamente attratta da lui al nostro primo incontro”, ammise Anna, con una risata per quel ricordo, “Ma il signor
Harrison è migliorato, a conoscerlo, e la signora Harrison è un vero tesoro. E poi ovviamente ci sono la signorina Lavanda e Paul.”
“Hanno deciso di venire sull’Isola per l’estate? Pensavo andassero in Europa.”
“Hanno cambiato idea quando gli ho scritto che sto per sposarmi. Oggi m’è arrivata una lettera da Paul. Ha detto che qualunque cosa accada in
Europa, lui deve venire al mio matrimonio.”
“Quel bambino ti ha sempre idolatrato”, osservò la signora Rachel.
“Quel ‘bambino’ adesso è un giovanotto di diciannove anni, signora Lynde.”
“Come vola il tempo!”, fu la replica brillante e originale della signora Lynde.
“Con loro potrebbe venire Carlotta Quarta. Ha mandato a dire tramite Paul che verrebbe volentieri, se suo marito glielo permette. Chissà se porta
ancora quegli enormi fiocchi azzurri, e se suo marito la chiama Carlotta o Leonora. Mi piacerebbe che Carlotta venisse al mio matrimonio. Carlotta
e io siamo già state a un matrimonio tanto tempo fa1. Pensano di tornare alla Tana dell’Eco la prossima settimana. Poi ci saranno Phil e il Reverendo
Jo...”
“È orribile sentirti chiamare un sacerdote a quel modo, Anna”, disse, severa, la signora Rachel.
“Sua moglie lo chiama così.”
“Allora dovrebbe avere anche lei più rispetto per il suo santo ufficio”, ribatté la signora Rachel.
“Ma se voi stessa criticate in modo piuttosto pungente i sacerdoti, vi ho sentita io”, la provocò Anna.
“Sì, ma lo faccio con reverenza”, protestò la signora Lynde, “Non mi hai mai sentita dare nomignoli a nessuno di loro.”
Anna represse un sorriso.
“Poi ci sono Diana e Fred, e il piccolo Fred e la Piccola Anna Cordelia... e Jane Andrews. Vorrei ci fossero anche Miss Stacey e zia Jamesina,
e Priscilla e Stella. Ma Stella è a Vancouver e Miss Stacey s’è sposata in California, e zia Jamesina è andata in India a esplorare il campo della
missione di sua figlia, nonostante il suo terrore dei serpenti. È veramente spaventoso, il modo in cui la gente si sparpaglia per il globo.”
“Il Signore non l’ha mai voluto, ecco”, disse, autoritaria, la signora Rachel Lynde, “Quand’ero giovane io la gente cresceva, e si sposava, e si
sistemava lì dove nasceva, o nelle sue vicinanze. Grazie al cielo tu sei rimasta sull’Isola, Anna. Temevo che Gilbert volesse scapparsene ai quattro
angoli della terra una volta finito il college, trascinandoti con sé.”
“Se tutti rimanessero dove sono nati, i posti sarebbero ben presto colmi, signora Lynde.”
“Oh, Anna, non intendo discutere con te. Non sono laureata in lettere, io. A che ora ci sarà la cerimonia?”
“Abbiamo deciso a mezzogiorno... mezzogiorno in punto, come dicono i giornalisti di cronaca mondana. Così avremo tempo di prendere il treno
della sera per Glen St Mary.”
“E vi sposerete in salotto?”
“No. No, a meno che non piova. Vogliamo sposarci nel frutteto... col cielo azzurro sopra di noi e la luce del sole che ci circonda. Sapete quando e
dove mi piacerebbe sposarmi, se potessi? Dovrebbe essere all’alba... un’alba di giugno, con un meraviglioso sole che sorge e le rose che sbocciano
nei giardini. E io scenderei silenziosamente e andrei incontro a Gilbert, e insieme raggiungeremmo il centro del bosco delle betulle. E lì, sotto
quegli archi verdi simili a una splendida cattedrale, ci sposeremmo.”
Marilla sbuffò sdegnosa a la signora Lynde parve sconvolta.
“Ma questo sarebbe terribilmente bizzarro, Anna. Non sembrerebbe neppure legale. E che direbbe la signora Harmon Andrews?”
“Ecco l’intoppo”, sospirò Anna, “Ci sono così tante cose nella vita che non facciamo per paura di quel che direbbe la signora Harmon Andrews.
‘È vero, è un peccato, è un gran peccato, è vero’. Quante cose splendide potremmo fare se non fosse per la signora Harmon Andrews!”
“Certe volte, Anna, non sono affatto sicura di capirti”, si lamentò la signora Lynde.
“Lo sai che Anna è sempre stata romantica”, disse Marilla in tono di scuse.
“Be’, la vita coniugale la guarirà da questo”, si consolò la signora Rachel.
Anna rise, e sgattaiolò verso il Viale degli Innamorati, dove Gilbert la trovò. E nessuno dei due parve prendere in considerazione la paura, o la
speranza, che la vita coniugale li curasse dal romanticismo.
La gente della Tana dell’Eco arrivò la settimana seguente, e i Tetti Verdi risuonarono della loro gioia. Miss Lavanda era così poco cambiata che
i tre anni trascorsi da quando era stata per l’ultima volta sull’Isola sarebbero potuti sembrare una sola notte; ma Anna sussultò sbalordita quando
vide Paul. Com’era possibile che quello splendido uomo alto un metro e ottanta fosse il piccolo Paul di quando insegnava alla scuola di Avonlea?
“Mi fai sentire davvero vecchia, Paul”, disse Anna, “Per guardarti devo alzare la testa!”
“Voi non invecchierete mai, Maestra”, disse Paul, “Voi siete uno di quei fortunati mortali che hanno trovato la Fonte della Giovinezza e vi si sono
abbeverati. Voi e Mamma Lavanda. Sentite! Quando vi sposerete non vi chiamerò signora Blythe. Per me voi sarete per sempre la Maestra. La
maestra delle migliori lezioni che io abbia mai imparato. Voglio mostrarvi qualcosa.”
Il “qualcosa” era un taccuino pieno di poesie. Paul aveva messo in versi alcune delle sue belle fantasie e i redattori dei giornali ne erano rimasti
tutt’altro che poco affascinati, come certe volte ci si aspetta che siano. Anna lesse con gioia le poesie di Paul, che erano piene di fascino e speranza.
“Sarai già famoso, Paul. Ho sempre sognato di avere un alunno famoso. Avrebbe dovuto essere un rettore universitario... ma un grande poeta è
anche meglio. Un giorno potrò vantarmi di aver sculacciato il famoso Paul Irving. Però io non ti ho mai sculacciato, vero, Paul? Che opportunità
mancata! Però credo di averti mandato nell’angolo una volta.”
“Potreste essere voi a diventare famosa, Maestra. Ho visto parecchi vostri lavori in questi ultimi tre anni.”
1
Carlotta e io siamo già state a un matrimonio tanto tempo fa= fa riferimento al matrimonio tra Miss Lavanda Lewis (che viene
ancora chiamata signorina nonostante sia ormai sposata da anni) e il signor Irving, padre di Paul, alla fine del secondo libro, Anna di Avonlea
(NDR)
“No. So quel che posso fare. So scrivere storielle graziose e fantasiose che i bambini amano leggere e che gli editori pagano con ben graditi
assegni. Ma non posso fare nulla di grande. La mia unica opportunità d’immortalità terrena è trovare un angolino tra le tue memorie.”
Carlotta Quarta aveva abbandonato i fiocchi, ma le lentiggini non erano visibilmente diminuite.
“Non avrei mai creduto che mi sarei abbassata a sposare uno yankee, Miss Shirley signora”, disse, “Ma non sappiamo mai a cosa andiamo incontro,
e poi non è colpa sua: è nato così.”
“Anche tu sei una yankee, Carlotta, dal momento che ne hai sposato uno.”
“Miss Shirley, signora, io non sono una yankee! E non lo sarei neppure se sposassi una dozzina di yankee! Tom è caruccio. E ho pensato che era
meglio se non ero troppo incontentabile, perché potrei non avere un’altra occasione. Tom non beve e non brontola, perché deve lavorare tra un
pasto e l’altro, e alla fine dei conti sono contenta, Miss Shirley signora.”
“Ti chiama Leonora?”, domandò Anna.
“Santi numi, no, Miss Shirley signora. Se lo facesse io non saprei con chi ce l’ha. Certo, quando ci siamo sposati lui ha dovuto dire ‘Prendo te,
Leonora’, e vi dico, Miss Shirley signora, che da allora ho la terribile sensazione che non fosse con me che stava parlando e che non mi sono affatto
sposata regolarmente. E quindi anche voi vi sposate, Miss Shirley signora? Ho sempre pensato che mi sarebbe piaciuto sposare un dottore. Sarebbe
così utile per quando i bambini hanno il morbillo e la laringite. Tom è solo un muratore, ma ha davvero un buon carattere. Quando gli ho detto
‘Tom, posso andare al matrimonio di Miss Shirley? Intendo andarci comunque, ma vorrei avere il tuo permesso’. Lui ha detto solo: ‘Quel che va
bene a te, Carlotta, va bene anche a me’. È molto piacevole avere un marito così, Miss Shirley signora.”
Philippa e il suo Reverendo Jo arrivarono ai Tetti Verdi il giorno prima del matrimonio. Anna e Phil ebbero un entusiastico incontro che ben presto
si smorzò fino a diventare una chiacchierata raccolta e riservata su tutto quel che era stato e stava per succedere.
“Regina Anna, sei più regale che mai. Io sono dimagrita spaventosamente da quando ho avuto i bambini. Non sono bella neppure la metà di prima;
ma credo che a Jo piaccia. Non c’è poi tanta differenza tra di noi. Oh, è assolutamente meraviglioso che sposi Gilbert. Roy Gardner non sarebbe
andato bene per niente. Per niente. Ora lo vedo, anche se all’epoca rimasi terribilmente delusa. Lo sai, Anna, che hai trattato molto male Roy.”
“Però ho saputo che si è ripreso”, sorrise Anna.
“Oh, sì. Si è sposato, e sua moglie è una creaturina tanto dolce; sono felicissimi. Tutto concorre al bene2. Lo dicono Jo e la Bibbia, e loro sono
ottime autorità.”
“Alec e Alonzo si sono già sposati?”
“Alec sì, ma Alonzo no. Quando parlo con te, Anna, mi tornano in mente quei bei vecchi tempi alla Casa di Patty. Quanto ci siamo divertite!”
“Sei stata alla Casa di Patty ultimamente?”
“Oh, sì, ci vado spesso. Miss Patty e Miss Maria stanno ancora sedute accanto al fuoco a sferruzzare. E questo mi ricorda... ti abbiamo portato il
loro regalo di nozze, Anna. Indovina cos’è!”
“Non potrei mai. Come sapevano che sto per sposarmi?”
“Oh, gliel’ho detto io. Sono stata lì la settimana scorsa. Erano così interessate. Due giorni fa Miss Patty mi ha scritto un biglietto dicendomi di
andare da loro, e mi ha chiesto se potevo portarti il loro regalo. Qual è la cosa che desideri di più dalla Casa di Patty, Anna?”
“Non starai dicendo che Miss Patty mi ha mandato i suoi cani di porcellana?”
“Indovinato. In questo preciso istante sono nel mio baule. E ho una lettera per te. Un attimo che la prendo.”
“Cara Miss Shirley”, aveva scritto Miss Patty, “Maria e io siamo state molto partecipi nel sapere delle vostre nozze imminenti. Vi mandiamo i
nostri migliori auguri. Maria e io non ci siamo mai sposate, ma non abbiamo nulla da obiettare se gli altri decidono di farlo. Vi mandiamo i nostri
cani di porcellana. Avevo deciso di lasciarveli col testamento, visto che sembravate sinceramente affezionata a loro. Ma Maria e io ci aspettiamo
di vivere ancora a lungo (Deo volente), perciò ho deciso di darvi i cani ora che siete giovane. Non avrete dimenticato che Gog guarda a destra e
Magog a sinistra.”
“Immagina quei deliziosi vecchi cani seduti accanto al caminetto nella mia casa dei sogni”, disse Anna con trasporto, “Non mi sarei mai aspettata
una cosa così bella.”
Quella sera i Tetti Verdi fervevano per i preparativi per il giorno seguente. Ma al crepuscolo Anna sgattaiolò via. Aveva un ultimo pellegrinaggio
da compiere in quel suo ultimo giorno da ragazza e doveva farlo da sola. Andò sulla tomba di Matthew, nel piccolo cimitero di Avonlea all’ombra
dei cipressi, e lì tenne un convegno silenzioso con vecchi ricordi e amori immortali.
“Come sarebbe felice Matthew domani, se fosse qui”, sussurrò, “Ma io credo che lo sappia, e che ne sia felice... da qualche altra parte. Da qualche
parte ho letto che ‘i nostri morti non sono mai morti fino a quando non li dimentichiamo’. Per me Matthew non sarà mai morto, perché io non lo
dimenticherò mai.”
Lasciò sulla sua tomba i fiori che aveva portato e scese lentamente dalla collina. Era una serata piacevole, piena di deliziose luci e ombre. A ovest
c’era un cielo di nuvole a pecorelle: cremisi e ambra con una lunga striscia di cielo verde-mela nel mezzo. Dietro, c’era lo scintillante fulgore del
mare al tramonto, e l’incessante voce di tante onde che salivano dalla spiaggia dorata. Tutt’attorno a lei, adagiate nel silenzio puro e bello della
campagna, c’erano le colline, e i campi, e i boschi che conosceva e amava da così tanto tempo.
“La storia si ripete”, disse Gilbert raggiungendola, quando lei passò davanti al cancello dei Blythe, “Ti ricordi la nostra prima passeggiata giù da
questa collina, Anna... la nostra prima passeggiata in qualunque posto, per la verità.”
“Stavo rincasando, al crepuscolo, dalla tomba di Matthew... e tu uscisti dal cancello. E io mandai giù anni di orgoglio e ti parlai.”
“E tutto il paradiso mi si aprì davanti”, aggiunse Gilbert, “È da quel momento che aspetto quel che accadrà domani. Quando quella sera ti lasciai
davanti al tuo cancello e tornai a casa, ero il ragazzo più felice del mondo. Anna mi aveva perdonato.”
“Penso che fossi tu quello che aveva più cose da perdonare. Io ero una miserabile piccola ingrata... e dopo che tu mi avevi salvato la vita quel
giorno sul laghetto, per di più. Come avevo detestato all’inizio quel debito! Non mi merito la felicità che mi è toccata.”
Gilbert rise e strinse più forte la mano da fanciulla che portava il suo anello. L’anello di fidanzamento di Anna era un cerchietto di perle. Si era
rifiutata di indossare un diamante.
“Non mi sono mai piaciuti davvero i diamanti da quando ho scoperto che non erano le deliziose pietre violette che avevo sognato. Mi ricorderanno
per sempre la mia vecchia delusione.”
“Ma le perle sono per le lacrime, dice la vecchia leggenda”, aveva obiettato Gilbert.
“Non mi fa paura. E le lacrime possono essere di gioia come di tristezza. I miei momenti più felici sono stati quando avevo le lacrime agli occhi...
quando Marilla mi disse che potevo rimanere ai Tetti Verdi... quando Matthew mi diede il primo bel vestito che io abbia mai avuto... quando seppi
2
Tutto concorre al bene= come dice Phil, è una citazione biblica, tratta dalle Lettere ai Romani 8:28 (NDR)
che tu stavi guarendo dalla malattia. Perciò dammi le perle per il tuo anello di fidanzamento, Gilbert, e io accetterò volentieri i dolori della vita
assieme alle sue gioie.”
Ma quella notte i nostri innamorati pensarono solo alla gioia e mai al dolore. Perché l’indomani sarebbe stato il giorno delle loro nozze, e la loro
casa dei sogni li attendeva sulla spiaggia indistinta e purpurea della Baia dei Quattro Venti.
Capitolo 4
La prima sposa dei Tetti Verdi
Anna si svegliò la mattina delle sue nozze e trovò la luce del sole che ammiccava dalla finestra della cameretta sul porticato e la brezza di
settembre che giocava con le tendine.
“Sono proprio contenta che il sole brillerà su di me”, pensò, felice.
Ricordò la prima mattina in cui si era svegliata in quella stanzetta sul portico, quando la luce del sole le era scivolata addosso attraverso la massa
fiorita della vecchia Regina delle Nevi. Quello non era stato un risveglio felice, perché portava con sé l’amara delusione della sera precedente. Ma
da allora quella cameretta era stata impreziosita e resa sacra da anni di felici sogni infantili e visioni fanciullesche. In quella camera lei era tornata
con gioia dopo ogni assenza. Alla sua finestra si era inginocchiata quella notte di penoso tormento, quando credeva che Gilbert stesse morendo,
e accanto ad essa aveva seduto in muta felicità la sera del suo fidanzamento. In quella stanza aveva trascorso molte veglie di gioia e qualcuna di
dolore. E oggi l’avrebbe lasciata per sempre. Da ora in poi non sarebbe più stata sua. La quindicenne Dora l’avrebbe ereditata dopo di lei. Né Anna
desiderava altrimenti; quella stanzetta era consacrata alla giovinezza, alla fanciullezza... al passato che avrebbe chiuso l’oggi prima che il capitolo
della condizione di moglie venisse aperto.
Quel mattino i Tetti Verdi erano una casa indaffarata e gioiosa. Diana arrivò presto, col piccolo Fred e la Piccola Anna Cordelia, per dare una mano.
Davy e Dora, i gemelli dei Tetti Verdi, portarono subito i bambini in giardino.
“Non fate sporcare i vestiti alla Piccola Anna Cordelia”, li ammonì, ansiosa, Diana.
“Non aver paura di affidarla a Dora”, disse Marilla, “Quella bambina è più sensibile e attenta della maggior parte delle madri che abbia mai
conosciuto. Per certi versi è davvero sorprendente. Non somiglia per nulla a quell’altro scapestrato che ho cresciuto.”
Al di sopra della sua insalata di pollo, Marilla sorrise ad Anna. Potremmo perfino sospettare che in fondo preferisse lo scapestrato.
“Quei due gemelli sono bambini davvero bravi”, disse la signora Rachel, una volta accertatasi di non essere più a portata d’orecchio, “Dora è tanto
femminile e servizievole, e Davy sta diventando un ragazzo davvero in gamba. Non è più la peste di una volta.”
“In tutta la mia vita non sono mai stata tanto agitata quanto nei primi sei mesi che lui ha vissuto qua”, ammise Marilla, “Poi, immagino, mi ci sono
abituata. Ultimamente s’è appassionato molto all’agricoltura e vuole che il prossimo anno gli permetta di governare la fattoria. Potrei farlo, perché
il signor Barry non pensa di volerla affittare ancora e bisogna pur fare nuovi progetti.”
“Oh, Anna, è una giornata incantevole per le tue nozze”, disse Diana lasciando scivolare un voluminoso grembiule sopra sopra l’abito di seta, “Non
avresti potuto averne una migliore neppure se l’avessi ordinata da Eaton’s1.”
“Ah, ci sono fin troppi quattrini che abbandonano l’Isola per quella stessa Eaton’s”, disse indignata la signora Lynde. Aveva convinzioni profonde
sui tentacolari grandi magazzini, e non perdeva mai occasione per esporle, “E quei loro cataloghi, adesso per le ragazze di Avonlea sono la Bibbia,
ecco. Ci passano su tutta la domenica invece di studiare le Sacre Scritture.”
“Però sono favolosi per intrattenere i bambini”, disse Diana, “Fred e la Piccola Anna Cordelia ci passano le ore a guardare le figure.”
“Io ho intrattenuto dieci bambini senza l’aiuto di nessun catalogo”, disse, severa, la signora Rachel.
“Avanti, voi due, non litigate per il catalogo di Eaton’s”, disse, allegra, Anna, “Questo è il mio grande giorno, lo sapete. Sono così felice che vorrei
che anche tutti gli altri fossero felici.”
“Oh, spero proprio che la tua felicità sia duratura, bambina mia”, sospirò la signora Lynde. Lo sperava davvero, e ne era convinta, ma temeva che
ostentare tanta felicità troppo apertamente fosse una sorta di sfida alla Provvidenza. Anna, per il suo stesso bene, andava moderata un pochino.
Ma fu una sposa bella e felice, quella che quel mattino di settembre scese dalle vecchie scale coperte di tappeti fatti in casa: la prima sposa dei
Tetti Verdi, snella e dagli occhi lucenti, tra i suoi veli da fanciulla e con le braccia cariche di rose. Gilbert, che l’aspettava giù all’ingresso, sollevò
su di lei uno sguardo adorante. Finalmente era sua, questa sfuggente Anna a lungo cercata e conquistata dopo anni di paziente attesa. Era da lui
che andava, nella dolce resa della sposa. Ma lui era degno di lei? Poteva renderla felice come sperava? Se l’avesse delusa... se non fosse riuscito
a essere all’altezza del suo ideale virile... poi lei gli tese la mano, i loro sguardi s’incrociarono e tutti i dubbi vennero spazzati via da una felice
certezza. Appartenevano l’uno all’altra. E qualunque cosa la vita avesse in serbo per loro, questo non sarebbe mai mutato. La loro felicità stava
nella reciproca armonia e nessuno di loro aveva paura.
Si sposarono nel luminoso, vecchio frutteto, circondati dai volti amati e gentili di amici di lunga data. Li sposò il signor Allan, e il reverendo Jo
pronunciò quella che in seguito la signora Rachel Lynde definì “la più bella preghiera nuziale” che avesse mai sentito. Gli uccelli non cantano
spesso a settembre, ma uno cantò dolcemente da qualche ramo nascosto mentre Gilbert e Anna ripetevano le loro imperiture promesse. Anna lo
sentì e si emozionò; Gilbert lo sentì, e si stupì che tutti gli uccelli del mondo non stessero prorompendo in un canto di giubilo; Paul lo sentì e ci
scrisse su una strofa, che fu fra le più ammirate del suo primo libro di poesie; Carlotta Quarta lo sentì ed ebbe la certezza che fosse un segno di
buon augurio per la sua adorata Miss Shirley. L’uccello cantò fino alla fine della cerimonia e poi terminò con un ultimo breve trillo appassionato e
felice. Quella vecchia casa grigio-verde, tra i frutteti che la cingevano, non aveva mai conosciuto un pomeriggio più spensierato e allegro di quello.
Vennero offerte tutte le battute e le facezie che è doveroso fare ai matrimoni fin dai tempi dell’Eden, e sembravano tutte nuove, brillanti e divertenti
come se non fossero mai state raccontate prima. Le risate e l’allegria la fecero da padrone. E quando Anna e Gilbert se ne andarono per prendere
il treno di Carmody, con Paul come cocchiere, i gemelli si prepararono col riso e con le vecchie scarpe, nel lancio dei quali Carlotta Quarta e il
signor Harrison svolsero un ruolo eroico. Marilla rimase in piedi al cancello e guardò la carrozza allontanarsi fino a scomparire sul lungo viale
dalle sponde bordate di verghe auree. Quando giunse in fondo, Anna si voltò per dare il suo ultimo addio con la mano. E poi non c’era più. I Tetti
Verdi non erano più casa sua. Il volto di Marilla era molto grigio e vecchio, quando la donna si voltò verso la casa che Anna aveva riempito per
quattordici anni, perfino quando era assente, di luce e di vita.
Ma Diana e i suoi piccoli, la gente della Tana dell’Eco e gli Allan erano rimasti per aiutare le due anziane donne a superare la solitudine della
prima sera. E riuscirono ad organizzare una cena tranquilla e piacevole, sedendosi attorno alla tavola e chiacchierando dei dettagli della giornata.
E mentre loro sedevano, Anna e Gilbert stavano scendendo dal treno alla fermata di Glen St Mary.
1
Eaton’s= importante catena di grandi magazzini canadese, effettuava anche vendite per corrispondenza tramite cataloghi. Venne fondata a Toronto nel 1869,
fece bancarotta nel 1999 ma attualmente è ancora esistente (NDR)