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Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 Questo capitolo del libro Yoga demenziale di Jacopo Fo è pubblicato per 13:03 Pagina 1 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 I edizione: ottobre 2009 © 2009 Fazi Editore srl Via Isonzo 42, Roma Tutti i diritti riservati Editing e revisione di Marianna De Pascale e Gabriella Canova Le immagini interne sono di Jacopo Fo www.fazieditore.it Pagina 2 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 Jacopo Fo Yoga demenziale Il manuale definitivo della Rivoluzione Pigra 13:03 Pagina 3 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 Pagina 4 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 Tutto è iniziato con un evento accaduto trentadue anni fa. Ed è a causa di quell’episodio che ora sono qui a scrivere questo libro: quando avevo circa diciott’anni, un mio amico fece la sua apparizione a una festa di compleanno dopo essere sparito per sei mesi. Ci raccontò di aver vissuto per tutto quel tempo in una baita in montagna, di aver mangiato solo soia e riso integrale e di aver passato le giornate a respirare con le mani e con i piedi. Era il 1973: non sapevamo neanche cosa fosse la soia e la new age non l’avevano ancora inventata. Eravamo un nucleo di giovani militanti comunisti dediti alla rivoluzione e concludemmo che era pazzo. Allora lui decise di darci una dimostrazione di cosa si ottiene respirando con i 5 Pagina 5 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 piedi: si sedette per terra a gambe incrociate e ci sfidò a spostarlo spingendolo in due. Era magrolino, e la sfida mi sembrò assurda. Ma non riuscimmo spostarlo. Era come piantato per terra. Ero sconvolto. Come ci riusciva? Era una cosa che dovevo assolutamente imparare ma non intendevo mettermi a respirare con i piedi. L’idea di finire in mano a un santone buddhista pazzo e giapponese mi terrorizzava. In effetti, impiegai anni a scoprire come facesse il mio amico. Per riuscirci ho dovuto prendere un sacco di botte e sperimentare molte situazioni decisamente sgradevoli. Praticamente una caccia al tesoro. Il primo elemento del puzzle lo trovai in un libro: Lo zen e il tiro con l’arco di Eugen Herrigel. Un volume che ha dato origine a un’intera genia di testi. In realtà, è un libro assurdo: è la storia di un tedesco che si reca in Giappone negli anni Trenta come ambasciatore. Essendo un fottuto nazista, si appassiona alle tecniche dei samurai e inizia a studiare con impe6 Pagina 6 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 gno il tiro con l’arco giapponese. Ma dopo quattro anni di lezioni estenuanti – tre ore al giorno, tre volte alla settimana – non riesce a soddisfare il maestro. Gli sembra di eseguire perfettamente i movimenti ma, ogni volta che sta tendendo l’arco, il maestro gli si avvicina, lo tocca e gli dice: «No!». A un certo punto il tedesco si incazza, e va di notte dal maestro a urlargli che è un razzista e ce l’ha con lui perché è alto, biondo e con gli occhi azzurri. Allora il maestro lo porta nella palestra dove si tira, prende arco e frecce, spegne la luce, lancia una freccia con l’arco e, quando riaccende la lampada, la freccia è piantata nel centro del bersaglio. Il maestro poi dà il suo arco al tedesco (il che era considerato un onore pazzesco) e gli dice: «Tira!». Lui tende l’arco, il maestro lo tocca con un dito e finalmente esclama: «Sì!». Il libro finisce così. Nessuna spiegazione. Ma checcavolo era successo? Perché il maestro prima lo tocca e gli dice «No!» e poi improvvisamente «Sì!»? Insomma, era un libro in 7 Pagina 7 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 cui non si capiva un cazzo, ma tutti ne andavano pazzi e ripetevano: «Oh! Che libro di profonda saggezza!». E, come per la Corazzata Potëmkin, nessuno aveva il coraggio di dire che era una boiata pazzesca. Poi un bel giorno mi ricordai di un gioco che facevo alle elementari. Forse lo conosci anche tu: si appoggia il dorso della mano a un muro e si spinge per sessanta secondi, poi si smette di spingere, ci si allontana dalla parete e si lascia il braccio rilassato e a questo punto succede una cosa assurda: il braccio si alza da solo! Si prova una sensazione strana: il tuo braccio si sta muovendo e tu non gli stai ordinando di farlo. È una sensazione buffa che fa ridere i bambini. Questo esperimento ti permette di verificare un particolare meccanismo della tua mente. Abbiamo due funzioni mentali: razionale e non razionale. Sono come due diversi programmi che girano sullo stesso computer. Quando inizi a spingere, l’ordine di azione parte dalla mente razionale e la muscolatura razionale comincia a muoversi. Ma 8 Pagina 8 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 dopo un po’ questi muscoli, che non sono adatti a sforzi prolungati, si stancano. Inizia così a lavorare la mente non razionale che aziona la muscolatura non razionale. Dopo sessanta secondi, quando pensi «Ora basta!», l’ordine raggiunge la muscolatura razionale ma non quella non razionale, che continua a spingere. La cosa strana è che la sensazione dello sforzo non viene percepita: la muscolatura non razionale non invia al cervello un senso di fatica. Si tratta di un meccanismo naturale noto agli scienziati ma sconosciuto alle persone comuni. Succede a tutti. Secondo la mia esperienza, però, questo esperimento fallisce nel 3-4 per cento dei casi. Si tratta di persone con una grande capacità di concentrazione: se durante i sessanta secondi in cui spingono non si distraggono neanche per un istante, non avviene il passaggio delle consegne tra mente razionale e irrazionale. Ma ciò non vuol dire che queste persone funzionino in modo diverso: se vanno in bicicletta e pedalano per dieci minuti, azionano comunque la mente 9 Pagina 9 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 non razionale. Nessuno riesce a mantenere la concentrazione per più di qualche minuto e, non appena si verifica un istante di distrazione, attacca a lavorare la mente non razionale; i primi giri di pedale li controlli razionalmente, ma poi i piedi cominciano ad andare da soli e tu puoi pensare ad altro: fare i conti, cantare… Qualche tempo dopo ho scoperto un altro strano esperimento che mi era stato presentato come un miracolo del ki (o chi, l’energia vitale). Dopo una serie di appropriati esercizi di meditazione ed energizzazione, visualizzando un raggio di energia cosmica, sono riuscito a produrre un’incredibile rigidità del mio braccio, teso davanti a me. Chi avesse tentato di piegarlo, non ci sarebbe riuscito. Ci ho lavorato un po’ su e mi sono accorto che tutta la messa in scena mistica non era necessaria: in venti anni di corsi, ho insegnato questo trucco a migliaia di persone. Bastano trenta secondi per riuscirci e non ho mai trovato nessuno che non ne sia stato capace. 10 Pagina 10 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 Fingi di sentire un getto d’acqua fredda nel braccio Il braccio non si piega 11 13:03 Pagina 11 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 Prova a farlo anche tu con un amico, e se siete in tre è anche meglio: stendi il braccio davanti a te, dritto, con le dita distese ma non contratte (questo è essenziale, le dita devono essere stese). Ora devi fare una cosa che hai fatto migliaia di volte da bambino: giocare a fare finta che… Fai finta di sentire che il tuo braccio non è un braccio ma un tubo dell’acqua. Nel tuo braccio passa un getto di acqua fredda molto forte. La persona che ti aiuta deve ripeterti: «Il tuo braccio è un tubo che sta innaffiando davanti a te… Senti l’acqua fredda che scorre». E mentre dice queste parole, deve fare dei gesti con la mano lungo il tuo braccio, senza toccarlo, come a rappresentare questo flusso d’acqua. I gesti sono importanti, sono immagini che la mente non razionale comprende meglio delle parole. Per la riuscita dell’esperimento, questa cazzata pazzesca deve essere eseguita giocando a prendersi sul serio. Colui che interpreta il ruolo del mago deve partecipare emotivamente alla sceneggiata, immedesimarsi nella parte. 12 Pagina 12 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 È un gioco, ma come tutti i giochi va fatto seriamente. Ora, attenzione, è sufficiente che tu faccia finta di sentire questa sensazione assurda per un quinto di secondo. Non devi concentrarti: se ti concentri, attivi la mente razionale che non è capace di farti ottenere il risultato desiderato. Solo un istante è sufficiente. Si tratta di inviare alla mente non razionale una richiesta facendole vedere cosa vuoi. Tutta questa fase preparatoria deve durare almeno venti secondi. Poi il mago prova a piegare il braccio mettendo una mano sul polso e l’altra all’altezza dell’incavo del gomito. Inizia a spingere delicatamente e via via aumenta la forza fino a raggiungere il massimo della potenza. E il braccio non si piega. Se c’è una terza persona può provare a palpeggiare il braccio manipolandolo in profondità tra la spalla e il gomito: si accorgerà che le fasce muscolari superficiali sono rilassate, mentre quelle aderenti all’osso sono molto contratte. 13 Pagina 13 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 Inoltre, verificherà che il tuo braccio non trema leggermente come accade sempre quando la muscolatura razionale è sotto sforzo. Anzi, il braccio sembra aver acquisito una strana consistenza, sembra quasi inanimato. Questo perché la muscolatura non razionale è strutturalmente diversa da quella razionale: è composta da fasce più lunghe che reagiscono a impulsi meno frequenti. Anche se non uso difficili parole scientifiche, i fisiatri sanno perfettamente di cosa sto parlando. Non vorrei apparire polemico, ma credo si tratti di un peccato che queste fondamentali conoscenze siano restate finora appannaggio di una ristretta cerchia di specialisti. Alcune persone non riescono a ottenere subito la rigidità del braccio perché hanno difficoltà a visualizzare la sensazione del getto d’acqua. Con questi bisogna seguire un altro percorso: si inizia come sopra col getto d’acqua e, quando si prova a piegare il braccio, lo si fa con uno sforzo minimo, lenta14 Pagina 14 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 mente, fino a quando si incontra una resistenza anche solo di mezzo grammo. Allora ci si ferma e si chiede alla persona di fotografare la sensazione che sente nel braccio. Quindi si stende nuovamente e si ripetono i gesti sciamanici di prima, chiedendogli di ricordare, di far finta di risentire nel braccio, per un solo istante, la sensazione che ha fotografato mentalmente poco prima. Poi si prova a piegarlo, si cerca la resistenza, che è lievemente aumentata, e così via fino a ottenere la totale rigidità dell’arto. Anche questo esperimento l’ho realizzato con migliaia di persone e non ho ancora trovato nessuno che non ci sia riuscito. Solo una volta, con una ragazza, ho dovuto ripetere la procedura quattordici volte. Ma era molto carina. Il tuo cervello è più veloce della tua ombra Una sera vidi alla TV due professori che spiegavano che i tempi di reazione del cervello sono più lenti di una banconota che 15 Pagina 15 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 cade tra le dita. Invitarono il pubblico a provare: una persona teneva in mano una banconota (allora si usavano le mille lire, che sono lunghe come i venti euro di oggi) e l’altra persona metteva l’indice e il pollice, aperti, alla base di essa. Quando la banconota veniva lasciata cadere, chi faceva l’esperimento doveva chiudere le dita senza muovere la mano e afferrarla al volo. Durante la trasmissione, ci provarono un centinaio di persone ma nessuno riuscì a prenderla. Visto che stavo studiando l’incredibile velocità dei movimenti nelle arti marziali, volli provare utilizzando la tecnica della visualizzazione appena descritta: immaginai per un istante di aver già preso la banconota, di sentire la percezione della carta sui polpastrelli con il relativo senso di soddisfazione per averla acchiappata. Poi non feci nulla, semplicemente aspettai di vedere se i miei riflessi istintivi riuscivano veramente a prendere la banconota da soli, senza l’intervento della mia mente razionale, esattamente come succede negli 16 Pagina 16 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 esercizi del braccio che si alza da solo e del braccio che non si piega. E ci riuscii. I due scienziati non si erano sbagliati, solo avevano parlato dei tempi di reazione della mente razionale, che è molto lenta. Usando la visualizzazione si affida il compito di acchiappare la banconota alla parte non razionale: entrano così in gioco i riflessi istintivi, che sono cinque volte più veloci. E non dico cinque tanto per dire: quando attivi completamente la parte non razionale, riesci ad afferrarla entro il primo quinto della sua lunghezza. Se usi la mente razionale, casca per tutta la sua lunghezza e tu non hai ancora stretto le dita. Questo succede perché la mente razionale deve identificare i passaggi dell’azione. È come se li nominasse: «La banconota cade!», «Dita chiudetevi!». E questo percorso è troppo lungo. La mente non razionale vede l’immagine delle dita che hanno preso la banconota e la realizza automaticamente, senza perdere tempo a rielaborarla. Sono i riflessi della scim17 Pagina 17 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 mia che guarda la banana sull’albero, si immagina mentre la mette in bocca e si muove per concretizzare questo desiderio senza aver bisogno di pensare ai singoli passi. In realtà, anche questo sai già farlo benissimo: quando guidi ti capita di frenare senza neppure pensarci, lo fai automaticamente. Corollario Sono venticinque anni che insegno questo esperimento. E, anche in questo caso, ho trovato migliaia di persone disposte a impararlo. Pochi giorni fa su «Discovery Channel», nella trasmissione Brainiac, ho visto un professore che spiegava che non era possibile prendere una penna biro che viene lasciata cadere tra le tue dita. Ripetevano il test e nessuno ci riusciva. Possibile che idee sbagliate, come questa sui tempi di reazione del cervello, siano così difficili da correggere? 18 Pagina 18 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 C’è arco e arco (e l’arcobaleno non è il marito della balena) A questo punto della mia ricerca sulla muscolatura irrazionale, decisi che dovevo capire come funzionava il tiro con l’arco giapponese. Presi le Pagine Gialle e telefonai a un grosso negozio di attrezzature per arti marziali e chiesi quanto costasse un arco giapponese. Il commesso mi chiese di attendere e dopo un minuto arrivò all’apparecchio il proprietario del negozio. Desolato, mi informò del fatto che, per motivi incomprensibili, i giapponesi non volevano vendergli gli archi. Telefonai a un altro negozio e mi venne raccontata la stessa storia. Pensai che fossero impazziti. Figurati, i giapponesi ti venderebbero anche la mamma! Quindi chiamai la sede nazionale dei tiratori d’arco giapponesi, a Milano, e chiesi di comprarne uno. Pensavo che gestissero loro il commercio in regime di monopolio. La ragazza che mi rispose mi chiese: «Ma lei 19 Pagina 19 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 sa tirare con l’arco?». Ormai iniziavo a essere un po’ irritato: «Signorina, vorrei comprare un arco proprio per imparare a tirare. Lei capisce che, se non lo compro, non posso imparare?». «Forse è meglio che parli con il Maestro». Odio quando fanno così i gerarchici… Così telefonai al Maestro, il signor Rosemberg, e gli dissi: «Vorrei comprare un arco giapponese ma sembra sia impossibile, mi dicono che solo lei mi può permettere di comprarne uno». Il Maestro rispose solo: «Forse è meglio che lei mi venga a trovare». Mi sembrava di essere in un film sulla vita paranoica delle spie. Ma sono un duro, e così mi ritrovai nella campagna dell’hinterland milanese: un gruppo di palazzine in un parco. All’ultimo piano, suonai alla porta di casa Rosemberg. Mi aprì un giapponese con barba lunga e bianca, sandali infradito e vestito da samurai del Quattrocento; gli mancavano però gli occhi a mandorla e il colorito giallino, dal momento che era lombardo e bianchiccio 20 Pagina 20 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 come me. Mi portò sul terrazzo (enorme, sembrava un giardino giapponese) dove c’era un bersaglio: un paglione di un metro di diametro. E, dietro, una rete per evitare di ammazzare, con le frecce tirate male, la gente che passava sotto il palazzo. In fondo pensai che il signor Rosemberg non fosse cattivo al cento per cento. Fu allora che il mio ospite prese l’arco e tirò una freccia. E (cazzo!) lì capii che l’arco giapponese non è un arco: è una catapulta! E non te lo vendono non perché siano cattivi, ma perché, se prendi un arco giapponese e tiri una freccia come faresti con l’arco occidentale, ti recidi il pollice della mano con cui lo impugni. Io non ci credevo, e adesso mi ritrovo con una bella cicatrice sul pollice. Per fortuna avevo solo teso appena la corda. Ma ora mi spiego meglio: nel nostro modo di tirare, l’asta dell’arco sta ferma. I giapponesi, invece, mentre scoccano la freccia, fanno girare l’asta dell’arco sul proprio asse. La corda gira, proprio come in una catapulta, la freccia si stacca e la corda conclude 21 Pagina 21 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 la sua traiettoria battendo sul polso della mano dell’arciere. Per farlo, l’arco deve ruotare su se stesso per tre quarti di giro (questo accade in certe scuole, in altre si ferma prima del polso, ma il concetto è lo stesso). E l’arciere, per agevolare questa rotazione dell’asta dell’arco, si cosparge la mano con una polvere bianca per ridurre l’attrito (e comunque tutti i tiratori hanno le palme delle mani bruciate: niente impronte digitali). Inoltre, per tirare con l’arco serve un guanto speciale in legno e cuoio, fatto su misura. Lo si infila nella mano che tende la corda. Serve perché, per ottenere un rilascio della corda particolarmente secco, le dita non si limitano ad agganciare la corda ma la piegano facendole fare una Z. Per il nostro scopo, però, è sufficiente sapere che l’arciere giapponese deve compiere contemporaneamente tre movimenti velocissimi per evitare di ferirsi: togliere la testa dalla traiettoria della corda per non perdere un orecchio, far roteare l’arco su se 22 Pagina 22 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 stesso e trasformarlo in una catapulta per non tagliarsi via un dito. Questa tecnica sfrutta la schiena e le braccia per dare forza alla freccia in un movimento tanto veloce che il nostro occhio ha difficoltà a coglierlo. Per questo, imparare la tecnica giapponese di tiro è così difficile. Per formare un arciere occidentale da mandare in battaglia, basta qualche settimana di allenamento quotidiano. Per un samurai, servono anni. Questa tecnica ha diversi vantaggi: il primo è che, se dei contadini rubassero gli archi ai samurai, non riuscirebbero a usarli. Il secondo è che un arciere giapponese, siccome sfrutta anche la schiena e le braccia per tirare la corda, ha bisogno di un arco meno duro per scagliare una freccia. Per tendere un arco giapponese, servono venti libbre di sforzo. Un arciere occidentale, per lanciare una freccia alla stessa distanza, ha bisogno di uno sforzo da cinquanta libbre. Il che vuol dire che un arciere nipponico riesce a scagliare anche seicento frecce, mentre uno 23 Pagina 23 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 Arco Freccia Corda L’arco gira su se stesso L’arco giapponese visto dall’alto europeo, dopo centocinquanta, stramazza a terra per la fatica. 24 Pagina 24 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 C’è però un problema: l’arciere occidentale, mentre scaglia la freccia, sta immobile e quindi può mirare. L’arciere a catapulta no. Ma se tiri contro uno schieramento nemico largo un chilometro e profondo duecento metri, della mira non ti importa un granché. Gli arcieri giapponesi riescono a volte a mirare d’istinto e centrare il bersaglio. Ma è difficile quanto farlo con una fionda. Ricordi la storia di Davide e Golia? Davide non usava una tirasassi (si mira col ramo biforcuto e con l’elastico). La fionda era composta da due corde di cuoio unite da una pezzuola nella quale si appoggiava una pietra. Poi, impugnando le corde dal lato opposto al proiettile, si fa roteare l’arma lasciando infine uno dei capi delle due corde per lanciare il sasso. Anche la fionda è un’arma a catapulta, buona per spaventare un branco di pecore o tirare nel mucchio contro un esercito schierato. Ma colpire la fronte di Golia o il centro di un bersaglio è un’altra cosa. Fare centro con l’arco giapponese è altrettanto difficile. 25 Pagina 25 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 Ecco perché nel libro Lo zen e il tiro con l’arco l’ambasciatore tedesco resta stupito dalla precisione del lancio al buio fatto dal maestro. Insomma, per tirare con l’arco giapponese, bisogna produrre dei movimenti molto veloci e mirare in modo istintivo. La tecnica che si usa è quella di immaginare la freccia già piantata nel bersaglio. Indovina quale parte del cervello devi usare per riuscirci? Prendere botte per imparare non è il massimo, ma a volte capita (però, prima di farti picchiare da un giapponese di Monza, ti consiglio di vedere in giro se c’è una scappatoia: fidati, lo so per esperienza!) A questo punto scoprii che ero in grado di eseguire una versione dell’esperimento del mio amico che restava seduto per terra ancorato al suolo. L’avevo visto fare da un maestro di aiki26 Pagina 26 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 do che, stando in piedi, riusciva a resistere alla spinta di dieci persone. Mettendo insieme quel che avevo scoperto sulla visualizzazione e la muscolatura istintiva, non razionale, provai a farlo anch’io, ovviamente con un solo avversario. Assunsi la posizione di lotta, con i piedi ben piantati a terra, ginocchia leggermente flesse, il pube in avanti, la schiena arcuata, spalle e collo rilassati, mi spinsi fino a essere sulla mia linea di caduta. Proprio un millimetro prima di perdere l’equilibrio e cadere per terra. Poi immaginai di avere le radici e di essere una quercia, cercai una forte emozione dentro di me, iniziai a respirare come per emettere un sospiro di sollievo, lasciando uscire l’aria spontaneamente, senza spingerla fuori. Questa è la tecnica di respirazione che dà più forza alla muscolatura non razionale. Molto più delle grida dei film di kung fu. Poi sorrisi, perché il sorriso è un’autosuggestione positiva. Infine, chiesi al mio cervello razionale di farsi da parte, di non interferire e stare sem27 Pagina 27 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 plicemente a guardare quello che accadeva. Insomma, di fare solo da testimone. Appoggiai le mani sui gomiti dell’amico che mi avrebbe spinto. Le sue mani erano sulle mie spalle. Iniziò a spingere e io mi accorsi che non riusciva a spostarmi. Non sapevo cosa stessi facendo, non percepivo nessuno sforzo da parte mia, mentre invece lo sentivo ansimare per la fatica. Ce l’avevo fatta! E non mi ci volle molto per trovare il modo di insegnarlo. Sono necessari solo due giorni, a volte meno. E anche in questo caso ci sono riuscito con migliaia di persone, senza mai incontrare qualcuno che non ce l’abbia fatta: si tratta di una capacità innata! Quindi non c’è nulla di difficile. Però è necessario provare una forte emozione ed essere capaci di lasciare il nostro ego razionale a fare da spettatore. Durante i corsi di Yoga demenziale, insegno l’esercizio della spinta partendo dalla comprensione di quel che succede nella creatività: se una persona riesce a capire che nella scrittura è la mente non razionale che in28 Pagina 28 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 venta, avrà più fiducia nelle sue capacità istintive. In seconda battuta, propongo esperimenti sulla pittura, sulle percezioni, sul massaggio, sulla danza, sul gioco. Alla fine le persone si fidano della mente non razionale, la apprezzano e sono disposte a sperimentare veramente le sue potenzialità nel “gioco della spinta”. Se hai capito tutto finora, puoi certamente riuscirci senza frequentare un mio corso. A me non l’ha insegnato nessuno. Però fai attenzione allo stato d’animo col quale ti disponi alla prova: devi avere un livello molto alto di energia e di emozioni e devi trovare in te tutta la tua determinazione. In effetti, quando ci sono riuscito la prima volta, ero avvantaggiato perché il mio maestro di kendo, il grande Mario Bottoni, aveva liberato la mia parte animale (e la mia fiducia in essa) attraverso un sistema molto antico e semplice: mi picchiava selvaggiamente con un bastone di bambù tagliato in quattro perché fosse flessibile e non provocasse fratture. Avevo addosso una specie di armatura molto scenografica, ma una mer29 Pagina 29 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 da dal punto di vista della protezione. Presi botte per quattordici giorni, tre ore di lezione al giorno: un incubo. Avevo il corpo coperto di lividi su lividi. Di tutti i colori. Anche belli, da un certo punto di vista. Ma essere picchiati sui lividi del giorno prima era veramente doloroso. Non riuscivo a fermare le lacrime. Il Maestro aveva un metodo semplicissimo di insegnare, mi attaccava a bastonate riducendomi nell’angolo della palestra e continuava a colpirmi urlando: «Tira fuori il ki! Usa l’harà1!». Il maestro urlava e colpiva ed era estremamente chiaro che avrebbe continuato in eterno se non fossi riuscito a buttarmi contro di lui e a uscire d’impeto dall’assedio. Ed era impossibile senza tirare fuori la forza della disperazione perché il maestro si era trasformato in un muro di cemento armato: cozzavo contro di lui e finivo per terra! E lui continuava a colpirmi. E quindi ringrazia che ho trovato un modo di spiegare come si fa che non prevede che io venga a casa tua a picchiarti personalmente (nel kendo, dopo 30 Pagina 30 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 aver preso le botte, si ringrazia il Maestro. E io ringrazio il mio). Quando misi insieme tutte le conoscenze che ti ho appena descritto, arrivai finalmente a svelare il segreto del mio amico che restava cementato al suolo e a capire perché il maestro di tiro con l’arco toccava il tedesco e poi esclamava: «No!». Hai capito anche tu? Se hai già colto il nesso, sei più intelligente di me, perché io ho impiegato un bel po’ di mesi prima di arrivare a unire i puntini. Ma una volta capito, è semplicissimo: il maestro tocca l’allievo per sentire se trema. Se trema, sta usando la muscolatura razionale e quindi non potrà mai tirare l’arco giapponese in modo decente. E l’esercizio di non farsi spostare funziona perché non si resiste con la forza razionale ma sfruttando muscoli e riflessi irrazionali, cambiando così le leve per opporsi alle spinte degli avversari in modo talmente forte e veloce da non offrire una presa stabile e da deviare verso il terreno quel che resta della spinta. Più l’avversario si sforza, e più 31 Pagina 31 Libretto Jacopo Fo promocard def.qxd 28-10-2009 13:03 tu resti ancorato al terreno: usi la sua forza deviandola grazie alle leve negative che tu non conosci ma che il tuo istinto è capace di usare. Spero che tu voglia realmente sperimentare quanto ti ho proposto perché solo così la tua mente razionale si convincerà che può fidarsi della tua parte non razionale. E quando succederà, la tua vita cambierà perché saprai che dentro di te c’è un Superman. 1. L’harà è un punto energetico che si trova tre dita sotto l’ombelico: è una sfera immaginaria grande quanto una mela che è il centro dell’equilibrio e della forza istintiva. Dal punto di vista occidentale, è una specie di succursale del cervello dedita a compiti di bassa manovalanza. Se n’è parlato recentemente su alcune riviste scientifiche. 32 Pagina 32