l`isola dei misteri

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l`isola dei misteri
L'ISOLA DEI MISTERI
Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura - Ente Formatore per Docenti
Istituzione Promotrice della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola in Italia e all’Estero
Partendo dall’incipit di Andrea Esposito e con il coordinamento dei propri docenti, hanno scritto il racconto gli studenti delle scuole e delle classi appresso
indicate:
Istituto d’Istruzione Superiore di Leonforte – Classi I A, II B/C
I.T.G. “Galileo Galilei” di Benevento – Classi I/II A
Liceo-Ginnasio Statale di San Demetrio Corone – Classi II A/B
I.I.S. “Cenni – Marconi” di Vallo Della Lucania – Classe II A Costruzione Ambiente
e Territorio
ITI “G. B. Lucarelli” di Benevento – Classi Elettrotecnica ed Elettronica II EEA, I EEA
I. S. “Majorana” di Moncalieri - Classe II A
IIS "M. Buniva" di Pinerolo - Classe II A SEZ C.A.T.
I. I. S.S. “Leonardo Sciascia” di Erice - Classe II H - Casa Circondariale - Sez.
Mediterraneo
Istituto di Istruzione Superiore “T. Confalonieri“ di Campagna - Classe I A linguistico
Circolo Didattico “A. Gabelli” di Torino - Classi LA (mattino), LB (preserale), LC (due
classi Preserale serale)
I.P.S.S.E.O.A. Istituto Professionale di Stato “Marco Pittoni” Servizi per l’enogastronomia
e l’ospitalità Alberghiera di Pagani - Classe II F-Alberghiero
Editing a cura di: Francesca Tornatore
Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo Associazione di Enti Locali
Ente Formatore per docenti accreditato MIUR
Il racconto è pubblicato in seno alla Collana dei Raccontiadiecimilamani
Staffetta Bimed/Exposcuola 2014
Istituzione Promotrice della Staffetta di Scrittura Bimed/Exposcuola in Italia e all’Estero
Direzione e progetto scientifico
Andrea Iovino
Monitoraggio dell’azione
e ottimizzazione delle procedure
Ermelinda Garofano
Segreteria di Redazione
e responsabili delle procedure
Valentina Landolfi
Margherita Pasquale
Francesco Rossi
Staff di Direzione
e gestione delle procedure
Angelo Di Maso
Adele Spagnuolo
Responsabile per l’impianto editoriale
Marisa Coraggio
Grafica di copertina:
l’Istituto Europeo di Design, Torino
Docente: Sandra Raffini
Impaginazione
Tullio Rinaldi
Ermanno Villari
Relazioni Istituzionali
Nicoletta Antoniello
Piattaforma BIMEDESCRIBA
Gennaro Coppola
Angelo De Martino
Amministrazione
Rosanna Crupi
Annarita Cuozzo
Franco Giugliano
I libretti della Staffetta non possono essere in alcun modo posti in distribuzione Commerciale
RINGRAZIAMENTI
I racconti pubblicati nella Collana della Staffetta di Scrittura Bimed/ExpoScuola 2014 si
realizzano anche grazie al contributo erogato in favore dell’azione dalle istituzioni e dai
Comuni che la finanziano perché ritenuta esercizio di rilevante qualità per la formazione
delle nuove generazioni. Tra gli Enti che contribuiscono alla pubblicazione della Collana
Staffetta 2014 citiamo: Siano, Bellosguardo, Pisciotta, Pinerolo, Moncalieri, Castellamonte,
Torre Pellice, Forno Canavese, Ivrea, Chivasso, Cuorgnè, Santena, Agliè, Favignana, Lanzo
Torinese, Sicignano degli Alburni, Petina, Piaggine, San Giorgio a Cremano, l’Associazione
in Saint Vincent e l’Associazione Turistica Pro Loco di Castelletto Monferrato.
La Staffetta di Scrittura riceve un rilevante contributo per l’organizzazione degli Eventi di
presentazione dei Racconti 2014 dai Comuni di Moncalieri, Salerno, Pinerolo e dal Parco
Nazionale del Gargano/Riserva Naturale Marina Isole Tremiti.
Si coglie l’occasione per ringraziare i tantissimi uomini e donne che hanno operato per il
buon esito della Staffetta 2014 e che nella Scuola, nelle istituzioni e nel mondo delle associazioni promuovono l’interazione con i format che Bimed annualmente pone in essere in
favore delle nuove generazioni. Ringraziamenti e tanta gratitudine per gli scrittori che annualmente redigono il proprio incipit per la Staffetta e lo donano a questa straordinaria
azione qualificando lo start up dell’iniziativa. Un ringraziamento particolare alle Direzioni
Regionali Scolastiche e agli Uffici Scolastici Provinciali che si sono prodigati in favore dell’iniziativa. Infine, ringraziamenti ossequiosi vanno a S. E. l’On. Giorgio Napolitano che ha insignito la Staffetta 2014 con uno dei premi più ambiti per le istituzioni che operano in ambito
alla cultura e al fare cultura, la Medaglia di Rappresentanza della Repubblica Italiana giusto dispositivo SGPR 01/10/2013 0102715P del PROT SCA/GN/1047-1
Partner Tecnico Staffetta 2014
Si ringraziano per l’impagabile apporto
fornito alla Staffetta 2014:
i Partner tecnici
UNISA – Salerno, Dip. di Informatica;
Istituto Europeo di Design - Torino;
Cartesar Spa e Sabox Eco Friendly
Company;
il partner Must
Certipass, Ente Internazionale Erogatore
delle Certificazioni Informatiche EIPASS
By Bimed Edizioni
Dipartimento tematico della Biennale delle Arti e delle Scienze del Mediterraneo
(Associazione di Enti Locali per l’Educational e la Cultura)
Via della Quercia, 64 – 84080 Capezzano (SA), ITALY
Tel. 089/2964302-3 fax 089/2751719 e-mail: [email protected]
La Collana dei Raccontiadiecimilamani 2014 viene stampata in parte su carta
riciclata. È questa una scelta importante cui giungiamo grazie al contributo di
autorevoli partner (Sabox e Cartesar) che con noi condividono il rispetto della
tutela ambientale come vision culturale imprescindibile per chi intende contribuire alla qualificazione e allo sviluppo della società contemporanea anche attraverso la preservazione delle risorse naturali. E gli alberi sono risorse ineludibili per
il futuro di ognuno di noi…
Parte della carta utilizzata per stampare i racconti proviene da station di
recupero e riciclo di materiali di scarto.
La Pubblicazione è inserita nella collana della Staffetta di Scrittura
Bimed/Exposcuola 2013/2014
Riservati tutti i diritti, anche di traduzione, in Italia e all’estero.
Nessuna parte può essere riprodotta (fotocopia, microfilm o altro mezzo)
senza l’autorizzazione scritta dell’Editore.
La pubblicazione non è immessa nei circuiti di distribuzione e commercializzazione e rientra tra i prodotti formativi di Bimed destinati
unicamente alle scuole partecipanti l’annuale Staffetta di Scrittura
Bimed/ExpoScuola.
La Staffetta 2013/14 riceve:
Medaglia di Rappresentanza della Presidenza della Repubblica Italiana
Patrocini:
Senato della Repubblica, Camera dei Deputati, Ministero della Giustizia,
Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Ministero dell’Ambiente
PRESENTAZIONE
Quante attenzioni, quanta positiva tensione e quanto straordinario e felice impegno
nella Staffetta di quest’anno. L’emozione che abbiamo provato quando il Presidente
della Repubblica ha conferito alla Staffetta la Medaglia di Rappresentanza è
stata grande ma ancora e di gran lunga maggiore è stata, l’emozione, nel vedere
gli occhi dei nostri ragazzi in visita al Quirinale. Ho avvertito in quegli occhi
l’orgoglio di chi sentiva di essersi impegnato in un’attività che le istituzioni gli stavano
riconoscendo … È quello che vorrei vedere negli occhi di quei tanti giovani che
dopo la scuola, a conclusione del proprio ciclo d’istruzione, invece, in questo tempo
sentono l’apprensione di un contesto che, probabilmente, dovrebbe sancire la
Staffetta come buona prassi da adottare in funzione del divenire comune. Cos’è, in
fondo la Staffetta? E’ un format educativo, un esercizio imperdibile per l’acquisizione
gli strumenti necessari a affrontare LA VITA sentendo lo straordinario dono della vita.
La Staffetta è una sfida in cui tutti si mettono insieme stando dalla stessa parte,
sentendo anche le entità lontane come i compagni di un cammino comune …
L’altro che diventa te stesso … Questo è la Staffetta un momento che dura un intero
anno e che alla fine ti mette nella condizione di sentirti più forte e orgoglioso per
quello che è stato fatto, insieme a tanti altri che hanno concorso a realizzare un
prodotto che alla fine è la testimonianza di un impegno che ci ha visti UNITI (!)
in funzione di un obiettivo … Si tratta di quello di cui ha bisogno il Paese e di
quello che appare indispensabile per qualificare il tempo e lo spazio che stiamo attraversando.
Andrea Iovino
L’innovazione e la Staffetta: una opportunità per la Scuola italiana.
Questo è il secondo anno che operiamo in partnership con Bimed per la realizzazione
della “Staffetta di scrittura Creativa e di Legalità”. Siamo orgogliosi di essere
protagonisti di questa importante avventura che, peraltro, ci consente di raggiungere
e sensibilizzare un così grande numero di persone sull’attualissimo, quanto per
molti ancora poco conosciuto, tema che attiene la cultura digitale.
Sentiamo spesso parlare di innovazione, di tecnologia e di internet: tutti elementi
che hanno rivoluzionato il mondo, dalle amicizie, al tempo libero,lo studio, il lavoro
e soprattutto il modo di reperire informazioni. L’innovazione ha travolto il mondo
della produzione, dei servizi e dell’educazione, ma non dobbiamo dimenticare
che “innovare” significa, prima di tutto, porre la dovuta attenzione alla cultura.
Da un punto di vista tecnico, siamo tutti più o meno esperti, ma quanti di noi
comprendono realmente l’essenza, le motivazioni, le opportunità e i rischi che
ne derivano?
La Società è cambiata e la Scuola, che è preposta alla formazione di nuovi
individui e nuove coscienze, non può restare ferma di fronte al cambiamento che
l’introduzione delle nuove tecnologie e internet hanno portato anche nella
didattica: oggi gli studenti apprendono in modo diverso e questo implica
necessariamente un metodo di insegnamento diverso.
Con il concetto di “diffusione della cultura digitale” intendiamo lo sviluppo del
pensiero critico e delle competenze digitali che, insieme all’alfabetizzazione,
aiutano i docenti e i nostri ragazzi a districarsi nella giungla tecnologica che
viviamo quotidianamente.
L’informatica entra a Scuola in modo interdisciplinare e trasversale: entra perché
i ragazzi di oggi sono i “nativi digitali”, sono nati e cresciuti con tecnologie di cui
non è più possibile ignorarne i vantaggi e le opportunità e che porta inevitabilmente
la Scuola a ridisegnare il proprio ruolo nel nostro tempo.
Certipass promuove la diffusione della cultura digitale e opera in linea con le
Raccomandazioni Comunitarie in materia, che indicano nell’innovazione e
nell’acquisizione delle competenze digitali la vera possibilità evolutiva del
contesto sociale contemporaneo. Poter anche soltanto raccontare a una comunità
così vasta com’è quella di Bimed delle grandi opportunità che derivano dalla
cultura digitale e dalla capacità di gestire in sicurezza la relazione con i contesti
informatici, è di per sé una occasione imperdibile. Premesso che vi sono indagini
internazionali da cui si evince l’esigenza di organizzare una forte strategia di
ripresa culturale per il nostro Paese e considerato anche che è acclarato il dato
che vuole l’Italia in una condizione di regressione economica proprio a causa del
basso livello di alfabetizzazione (n.d.r. Attilio Stajano, Research, Quality,
Competitiveness. European Union Technology Policy for Information Society IISpringer 2012) non soltanto di carattere digitale, ci è apparso doveroso
partecipare con slancio a questo format che opera proprio verso la finalità di
determinare una cultura in grado di collegare la creatività e i saperi tradizionali
alle moderne tecnologie e a un’idea di digitale in grado
di determinare confronto, contaminazione, incontro, partecipazione e condivisione.
Promuoviamo, insieme, la cultura digitale e la certificazione delle I-Competence
per garantire competenze indispensabili per acquisire a pieno il ruolo di cittadino
attivo nella società della comunicazione e dell’ informazione.
Partecipiamo attivamente alla diffusione della cultura digitale, perché essa diventi patrimonio di tutti e di ciascuno, accettando la sfida imposta dalle nuove
professioni che nascono e dai vecchi mestieri che si trasformano, in modo profondo
e radicale.
Tutti noi abbiamo bisogno di rigenerare il pensiero accettando nuove sfide e
mettendo in gioco tutto quanto imparato fino adesso, predisponendoci al
cambiamento per poter andare sempre più avanti e un po’ oltre.
Il libro che hai tra le mani è la prova tangibile di un lavoro unico nel suo genere,
dai tantissimi valori aggiunti che racchiude in sé lo slancio nel liberare futuro
collegando la nostra storia, le nostre tradizioni e la nostra civiltà all’innovazione
tecnologica e alla cultura digitale. Certipass è ben lieta di essere parte integrante
di questo percorso, perché l’innovazione è cultura, prima che evoluzione tecnologica!
Il Presidente
Domenico PONTRANDOLFO
INCIPIT
ANDREA ESPOSITO
Mi chiamo Franco Geffo e di mestiere faccio il fotografo. Forse
sono modesto, qualcuno mi definirebbe un fotoreporter di successo: sono un free lance che è stato in tante zone di guerra, Iraq,
Afghanistan, Libano, senza mai riportare un graffio. E poi... se
penso a quello che mi è successo mi viene da ridere!
La mia fidanzata, Tina, ha fittato un appartamentino per l’estate nel
meraviglioso borgo del Castello Aragonese, sull’isola d’Ischia nel
Golfo di Napoli. Un luogo incantevole, dimenticato dal tempo: un
agglomerato di casette di pescatori attraversato da un dedalo di
viuzze odorose di pesce e spezie, come il ramificarsi di vene varicose. Per me che giro il mondo e porto addosso il puzzo delle metropoli del Medio Oriente e dei copertoni delle auto date alle
fiamme nelle zone di guerra, quest’angolo di paradiso è qualcosa
di incredibile, un piccolo Eden che credevo davvero di non vedere mai nella mia caotica vita.
Dopo essere scampato ai cannoneggiamenti della Guerra del
Golfo, ai cecchini a Mogadiscio e alle raffiche di mitra della primavera araba in Siria, ho riportato una dolorosissima distorsione
alla caviglia giocando una partita di calcetto con gli amici, qui
a Ischia su un campetto di terra battuta!
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Adesso sono qui nell’appartamentino di Tina, fresco per carità, ma
noioso da morire. Sono sulla sedia a rotelle, la gamba fasciata da
una bendatura e una steccatura rigida. La forzata inattività per
uno come me è un malanno ben maggiore di una caviglia slogata
giocando a pallone.
I ritmi frenetici della mia vita di reporter, il filtro della macchina fotografica che uso da anni ormai per osservare una vita drammatica, distorta, spesso inumana, come quella delle zone di guerra in
Medio Oriente, mi hanno come anestetizzato le emozioni; ho perso
la capacità di contemplare ciò che di bello ci può essere in quello
che vedo.
Cerco di rilassarmi, respirare piano e sorridere al sole estivo che
mi batte sul viso; guardo il mare azzurro che luccica sullo sfondo
del quadro di vita che è diventato per me, in questi giorni, la finestra dell’appartamento della mia ragazza. Sono solo, lei è al lavoro.
Tina è tanto una brava ragazza, forse un po’ troppo sofisticata
per me. Fa la designer di abiti d’alta moda. È così che ci siamo
conosciuti, quando io facevo quel tipo di servizi fotografici tanti
anni fa. Insiste che vuole sposarmi, che le farebbe piacere se io lavorassi a tempo pieno per un giornale invece che in giro per il
mondo a farmi ammazzare come free lance. Io prendo tempo, amo
la mia vita, il mio pericoloso lavoro mi piace. I nostri stili di vita
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forse sono incompatibili e io preferirei mantenere la nostra relazione così com’è.
Amo Tina e temo che ogni altra forzatura farebbe naufragare il
nostro amore come la bellissima barca a vela, bianca candida,
che si staglia all’orizzonte. Ho tutto il tempo che voglio per godermi quel panorama multicolore: dal vicolo sotto, i bottegai e le
massaie si mescolano come formichine; mi pungono le narici l’odore
del pesce fresco e quello delle spezie, il profumo dei limoni e della
frutta estiva fresca e, in fondo alla stradina, l’aroma croccante del
forno del quartiere che vende il pane appena fatto.
Tutti insieme questi odori e colori mi mettono in pace con me stesso,
mi infondono serenità e mi fanno ben sperare in una pronta guarigione.
Ah, che potere immenso ha la psiche, quando è ben disposta, su
un povero calciatore maldestro e sfortunato come me!
Poi accade qualcosa, la mia estasi contemplativa è interrotta da
una presa di coscienza: anche il vicoletto dove abita la mia ragazza, anche il grande piazzale davanti all’enorme massiccio del
Castello Aragonese di Ischia, è attraversato dalla vita di tutti i
giorni, dalla quotidianità.
Afferro la mia potente macchina fotografica, ci inserisco il teleobiettivo e inizio a spiare i miei vicini.
Vedo una giovane coppia, lei biondina lui un moro muscoloso, di
certo sposati da poco. Vedo una ballerina piuttosto procace che
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vive con un pianista in crisi creativa. Vedo una coppia senza figli
che ha riversato il proprio affetto su un cagnolino. E ancora una
zitella dal cuore solitario con manie d’arte. E infine una coppia
che litiga, coniugi appena entrati negli anta. Sono di certo in crisi
matrimoniale, la notte scorsa ho sentito che lei urlava come spaventata contro di lui e, in verità, stamattina non vedo più trotterellare per il vicoletto neppure il cagnolino dei due sposini senza
figli.
Un dubbio mi si insinua dentro: saranno poi davvero ciò che sembrano gli abitanti di questo idilliaco borgo di mare?
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CAPITOLO PRIMO
Intrighi nell’ombra
Nei giorni successivi un’aria inquieta e piuttosto tesa ha caratterizzato le stradine del borgo. Del cagnolino nemmeno la più piccola traccia: la sua scomparsa ha sconvolto la vita della povera
coppia, la quale, ogni sera dopo il tramonto, grida invano il nome
del cane per ore, fino a notte fonda.
Ma l’avvenimento che ha scosso, più di ogni altra cosa, la mia serena e tranquilla vacanza di mare, è stata la sparizione della signora. Dopo la lite dell’altra sera non l’ho più vista fare la sua
solita passeggiata mattutina in riva al mare, quando a farle compagnia era proprio il dolce cagnolino della coppia senza figli.
Quest’ultimo, infatti, era solito ogni mattina uscire sul davanzale
della finestra illuminato dai primi raggi del sole e andare a giocare in riva al mare per qualche ora, approfittando del fatto che
i suoi padroni dormissero.
Una settimana è già trascorsa dallo strano avvenimento accaduto quella sera e i miei dubbi diventano di giorno in giorno sempre più grandi. La sera non riesco a chiudere occhio; Tina dorme
profondamente. Il dolce rumore del mare, che sbatte contro gli
scogli, fa da sottofondo alle voci che, invano, gridano il nome del
cagnolino. Mi alzo un po’ scosso dal letto e guardo fuori dalla fi-
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Intrighi nell’ombra
nestra; sui miei occhi è riflesso il dolce chiarore della luna che, sorgendo, illumina la notte.
La mia attenzione, però, viene attratta da strani rumori provenienti
dalla dimora della coppia anta. Delle ombre si muovono nel buio.
Sta per succedere qualcosa?
Sporgendomi dal davanzale, riesco a distinguere una fragile figura femminile: è forse la signora che credevo scomparsa? O un’altra figura emerge in questo strano mistero? I ritmi frenetici, che fino
a qualche mese prima hanno caratterizzato i miei giorni da reporter, sono ritornati nuovamente, inducendomi a fotografare quella
strana scena che si presenta ai miei occhi come l’inizio di un nuovo
viaggio.
Tutte le luci vengono spente, la cittadina dorme, il silenzio incombe. Chiudo la finestra e ritorno a dormire.
La mattina seguente, le prime luci del sole illuminano il mio viso. Mi
alzo un po’ scosso dal letto: nella mente è riflessa l’immagine impressionata la sera precedente nella pellicola della mia macchina
fotografica, che mi induce a sviluppare subito la foto. Non so se
è ansia o curiosità, ma qualcosa dentro me freme dalla voglia di
saperne di più su quelle ombre immortalate.
Non riesco a credere a ciò che è dinanzi ai miei occhi: l’ultimo
scatto raffigura un’immagine, non due ma almeno cinque sono le figure femminili, che la scorsa notte, nel dormiveglia, sono riuscito a
Capitolo primo
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fissare sulla pellicola. Circondano un uomo alto e muscoloso. Mi
sembra di riconoscerlo.
La mia mente ritorna indietro a qualche giorno prima, quando
avevo visto una giovane coppia, lei biondina, lui un moro muscoloso: sì è proprio lui!
Tiro fuori le foto dei giorni precedenti, per averne la certezza; le
confronto: il mio intuito ha colto nel segno. Quale strano mistero si
cela tra quelle mura? Cosa condividono il vecchio della coppia
anta e il moro muscoloso?
Scosso da ciò che i miei occhi hanno visto, non riesco a toccare
cibo per l’intera giornata.
La curiosità (ma è solo quella?) soffoca la mia tranquilla e serena
vacanza e attira l’attenzione di Tina, che inizia a formulare interminabili domande: «Ma cos’hai? Sei diventato più silenzioso del
solito. Ti sei stancato di stare qui con me? Hai nostalgia della tua
vita vagabonda?»
A quel punto le racconto tutto, ma lei non sembra affatto preoccupata, anzi mi mette a conoscenza della professione che il vecchio della coppia anta esercitava prima che andasse in pensione.
«Il signor Attilio era un chirurgo estetico molto famoso. Pare che
abbia rifatto il viso di personaggi importanti, sia della politica che
dello spettacolo. Si vocifera che abbia anche partecipato a degli
esperimenti su cavie umane, a cui erano molto interessate indu-
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Intrighi nell’ombra
strie farmaceutiche straniere. Per un periodo di tempo non si è più
saputo nulla di lui. Ma da un anno è venuto ad abitare qui. La moglie va e viene. Io non mi preoccuperei molto del fatto che non si
veda. Forse ha deciso di andare via per qualche giorno, come fa
di solito».
Tina mi invita pertanto a tranquillizzarmi, ma qualcosa dentro di
me mi induce a pensare che una guerra senza bombe e senza alcuna arma, ma pur sempre una guerra in cui il bene si contrappone
al male, sta per iniziare.
Mi affaccio alla finestra, i pensieri che affollano la mia mente mi
impediscono di assaporare il magnifico paesaggio. Cerco di spingermi su questa maledetta sedia a rotelle, ma non ho forza nelle
braccia. Per fortuna Tina è con me, sempre pronta ad aiutarmi.
Dopo aver fatto colazione, lei va subito al lavoro.
Poco più di un’ora dopo, il silenzio viene spezzato da un pianto
disperato. Faccio capolino, spostando leggermente la tenda
dalla finestra. È la giovane biondina, si regge appena sulle sue
fragili gambe. Con accento straniero e con tono cupo ma disperato mormora qualcosa. Apro leggermente la finestra, vorrei riuscire a sentire qualche parola.
«Stefano, Stefano, me l’avevi promesso. Mi avevi detto che era
tutto a posto».
L’uomo con durezza: «Così va la vita Anja, rassegnati».
Capitolo primo
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Lui ha un tono duro, deciso, lei sembra indifesa e piuttosto sofferente. L’uomo chiamato Stefano cammina a passo veloce mantenendosi poco distante da lei che, con pianto strozzato, sembra
volerlo rincorrere. Prendo in mano le foto. Cosa ci faceva ieri sera
in casa del dottor Attilio?
Fra un pensiero e l’altro, le campane della chiesa scoccano il mezzogiorno. Oggi Tina è rientrata dal lavoro un po’ prima rispetto al
solito. Fra le sue mani la busta della spesa e stretto a sé, sotto il
braccio, il quotidiano.
È piuttosto turbata e mi dice: «Guarda un po’ il giornale di oggi.
Una grossa tragedia ha sconvolto la gente di quest’isola. Alexandra, la ballerina che abitava qui di fronte, è stata trovata priva di
vita in riva al mare. Leggi, leggi anche tu. Una tragedia terribile.
Così giovane, così piena di talento, così bella. È terribile. Sembra
si sia suicidata».
Sento un vuoto allo stomaco, il sangue mi si congela nelle vene,
non riesco a dire una sola parola. Vorrei scappare, non avere
udito mai questa notizia. Perché tutto questo?
Tina non smette di parlare e mentre parla gesticola. Non riesco a
sentirla, la guardo fissa non pronunciando alcuna parola. Poggia
sul tavolo pietanze già pronte da mangiare. Non riesco a mandare giù proprio niente. Ho voglia di uscire, di respirare, di gridare, di correre. La stecca e la fasciatura che porto alla caviglia
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Intrighi nell’ombra
diventano, di minuto in minuto, sempre più insopportabili. Dovrò
farmi vedere da un medico, sì, penso proprio che uscirò domani
mattina, andrò a farmi visitare proprio da lui: dal dottor Attilio.
Dopo una notte insonne, mi preparo a dirigermi verso lo studio del
medico chirurgo. In paese non si fa altro che parlare della giovane Alexandra. La gente bisbiglia, ognuno esprime la propria
opinione. Prendo le stampelle e mi avvio zoppicando. La caviglia
mi fa un male terribile, ma voglio prima fare un giretto qui attorno.
Mi spingo verso il bar.
La gente del luogo è molto ospitale, così decido di prendere un
caffè e di scambiare qualche parola con il barista del posto. Mi
dice che Alexandra, di nazionalità russa, era venuta in Italia per
fare carriera. Era riuscita nel suo intento, ma lo stesso non si poteva
dire del marito. Claudio, pianista di professione era stato rifiutato
da una compagnia non molto importante, in cui però aveva riposto tutte le sue speranze. La vita non aveva mai dato a Claudio
niente di buono, aveva solo Alexandra, ma anche lei gli era stata
tolta; ora non gli era rimasto proprio niente.
Esco dal bar e, trascinandomi con forza, mi dirigo verso la grande
porta del dottor Attilio. Prima di suonare il campanello, alzo il viso
verso l’alto e riesco a notare una finestra socchiusa. Ho come l’impressione che qualcuno mi stia spiando. In ogni caso tiro su più
che posso il braccio sinistro e premo quell’unico campanello.
Capitolo primo
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Suono, suono nuovamente. Magari non sentono. Che strano, eppure mi è sembrato di vedere qualcuno lì a quella finestra. Ma nessuno apre. Provo ancora per l’ultima volta, aspetto qualche
istante, ma niente.
Deluso e affaticato mi soffermo per altri dieci minuti. Stare fra la
gente mi fa sentire meglio. Mi allontano e da una notevole distanza spio attentamente il portone; nessuno entra, ma soprattutto
nessuno esce.
Mi intrattengo per circa un’oretta, dopo di che faccio rientro a
casa. Chiamo Tina al telefono, anche se so che a quest’ora è
molto impegnata nel suo lavoro. Le dico che a casa il dottor Attilio non c’era, che non mi ha risposto nessuno e che nel pomeriggio cercherò di ritornarci. Sento Tina un po’ stupita, è strano che
non ci fosse neppure la donna delle pulizie a rispondere.
Mi affaccio dal balcone di casa mia. Un’altra stranezza: la finestra
che prima era socchiusa adesso è totalmente chiusa. Il dottor Attilio è rientrato? Certo che sono proprio sfortunato. Ho l’impressione però che la fortuna non c’entri. Messo lì, cerco di fare il punto
su tutto ciò che di inquietante è successo: la scomparsa della moglie del dottor Attilio, quella del cagnolino, le strane ombre fotografate, lo sguardo tenero di Anja e quello duro di Stefano, la
notizia del suicidio o, forse, omicidio di Alexandra e infine quella
finestra che da socchiusa adesso è chiusa.
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Intrighi nell’ombra
CAPITOLO SECONDO
Una notte buia e tempestosa
Piove abbastanza da scoraggiare la mia idea di fare una nuova
visita al dottor Attilio e, per ingannare il tempo, decido di diventare un profiler della polizia. Per darmi un tono realistico comincio
con l’attaccare le foto sulla superficie di plexiglas che custodisce
la gigantografia di una spiaggia esotica e remota nei miei ricordi
giovanili…
Ero alle Hawaii sull’onda delle suggestioni di un vecchio film giallo,
al tramonto, accanto a una ragazza carina e silenziosa. Le raccontavo la trama del film usando la mia arma di seduzione più efficace: le parole…
Ritorno alla realtà e comincio a tessere la trama di un ipotetico
racconto e, of course, scelgo come protagonisti i misteriosi inquilini che occupano i miei pensieri in questi giorni di forzata immobilità.
Cerco fogli di carta e pennarelli colorati e comincio a costruire le
schede dei personaggi con le loro caratteristiche. Mi accorgo subito che ho pochissimi elementi concreti e posso solo delinearne
le caratteristiche fisiche che vedo nelle foto scattate nei giorni
scorsi. Alcuni personaggi hanno un nome, ad altri ne attribuirò uno
che rispecchi quella che credo sia la loro personalità.
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Una notte buia e tempestosa
Il muscoloso si chiama banalmente Stefano (resisto alla tentazione
di battezzarlo Hulk), la sua giovane sposa, la biondina esile e triste, Anja. La ballerina rinvenuta morta sulla spiaggia, Alexandra e
suo marito, il pianista fallito, Claudio. Alla pittrice single attribuisco
il nome Tamara (famosa pittrice polacca del 1900); la sfuggente
moglie del dottore, così elegante e raffinata, potrei chiamarla
Grace in omaggio a Grace Kelly.
E alla giovane coppia senza figli che riversa il proprio affetto sul
cagnolino?
Mi rendo conto che, dopo averli tanto a lungo osservati nella loro
quotidianità, so molto poco di loro e non riesco a trovare un nesso
che mi aiuti nel mio lavoro di detective. Piove ancora e non posso
scendere al bar per fare due chiacchiere e porre abili domande
per saperne di più.
Un momento... Viaggiare mi ha fatto conoscere un sacco di gente;
scorro febbrilmente la mia agenda alla ricerca di qualcuno che
possa aiutarmi… trovato! Giovanni. Lavora nella redazione del
Quotidiano di Napoli e si occupa di cronaca nera. Ci siamo frequentati molto in passato, ma adesso si ricorderà di me?
Ha smesso di piovere ma le nuvole sfilacciate e scure, basse all’orizzonte, non fanno ben sperare. Se devo telefonare sarà meglio
che lo faccia prima del ritorno di Tina, per evitare che lei possa ridere di me per queste mie strane elucubrazioni.
Capitolo secondo
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Aspetto con ansia di sentire la voce di Giovanni; ecco, ci siamo…
«Ciao, sono Franco, Franco Geffo. Non so se…»
«Certo che mi ricordo di te, dove sei?»
«Più vicino di quanto tu possa pensare, sono a Ischia…»
«Noo! E Bali, Bagdad, Kuala Lumpur?»
«Non sfottere, sono in vacanza forzata: un banale infortunio mi
blocca da troppo tempo; ma tu che fai?»
«Il solito, caro! Non tutti hanno le possibilità di vivere al massimo
come te… a proposito a cosa debbo l’onore della telefonata?
Qualcosa bolle in pentola?»
«Oh no, nulla, è che mi farebbe piacere rivederti dopo tanto
tempo e…»
Lo sento sospirare nella cornetta di bachelite nera e decido di
essere sincero. È un buon amico e stimo la sua vivace intelligenza.
«Mi farebbe piacere vederti; inoltre l’ozio forzato e strani avvenimenti mi hanno convinto a giocare al detective… Che ne diresti
di prendere l’ultimo traghetto stasera? Potresti venire a dormire qui
e trascorrere il week end al mare. Che ne dici?»
«Hmm… Sei solo?»
«No, ricordi Tina? Ci siamo fidanzati, alla fine, e sono ospite nella
casa che ha affittato quest’estate. Ma non ti preoccupare, sono
sicuro che farà piacere anche a lei chiacchierare al fresco con in
mano un buon bicchiere di vino bianco locale…»
30
Una notte buia e tempestosa
«Ok, arrivo, aspettami: mi hai incuriosito. A presto».
Sono contento di aver chiamato Giovanni. Ordino la pizza e telefono a Tina per avvertirla. Mi rimetto al lavoro, cerco collegamenti e faccio ipotesi aspettandola. Nella foto notturna ci sono
cinque donne con Stefano: chi possono essere? Ragazze dell’est
che Alexandra ha scoperto essere sfruttate dal muscoloso? Questo spiegherebbe anche le lacrime di Anja, ma perché erano nell’appartamento dei due anziani coniugi l’altra sera? C’entrerà
qualcosa la sparizione della moglie del dottore? Il cagnolino entra
nei miei pensieri e lo rivedo correre avanti e indietro intorno ad
Alexandra che gli sorride e gli lancia un rametto trovato sulla
spiaggia.
Avevo fotografato quel momento di serenità e cerco le istantanee in sequenza, le guardo adesso con attenzione professionale
e noto particolari cui non avevo fatto caso: Alexandra, nelle ultime due foto non sorride più e fissa un punto sulla sua destra vicino al capanno delle barche… C’è qualcosa che disegna sulla
sabbia un’ombra nera e lunga…
È tardi, Tina arriva allegra, guarda con stupore il tavolo ingombro
di fogli, le foto, comincia a sorridere.
Avvicinandosi e, sedendosi sul bracciolo della sedia a rotelle, mi
canzona e fingendo di tenere un microfono fra le mani, con voce
professionale, rivolta a un’immaginaria telecamera: «Siamo qui
Capitolo secondo
31
nella ridente isola del Golfo di Napoli per intervistare il famoso segugio di Scotland Yard sulle tracce del cagnolino scomparso…»
Ridiamo, mangiamo con gusto la pizza e sobbalziamo al suono
del campanello che annuncia l’arrivo di Giovanni.
Giovanni è tutto bagnato e prima di abbracciarci segue Tina in
bagno per mettersi dei vestiti asciutti.
«Non mi avevi detto di questo tempaccio, sul traghetto si ballava
che era un piacere».
La sera sta cedendo il posto a una notte buia e tempestosa, ma
noi non ci curiamo dei bagliori dei lampi che illuminano a giorno
la spiaggia e del fragore dei tuoni, presi come siamo dalla nostra
conversazione. Qualcosa, a un certo punto, ci fa ammutolire: un
suono, prolungato come un lamento, ci fa precipitare. La finestra
si spalanca improvvisamente per una folata di vento.
Da dove proviene quel suono? Chi lo ha emesso?
Giovanni corre fuori scendendo precipitosamente le scale. Aspettiamo ansiosi e, poco dopo, lui torna fradicio con qualcosa tra le
braccia: è il cagnolino, bagnato, tremante e con una corda intorno al collo così stretta che in alcuni punti gli entra nella pelle.
«Dove lo hai trovato? È il cagnolino scomparso di cui ti dicevo, i
padroni lo hanno tanto cercato… non poteva essere qui vicino,
avrebbe risposto ai richiami insistenti…»
32
Una notte buia e tempestosa
Povera Alexandra, la bestiola non le farà compagnia là dove è
ora!
Mentre parlo Tina ha preso il cagnolino e, con calma e dolcezza,
lo ha liberato dalla corda; poi, rassicurandolo con la voce, lo ha
disinfettato con l’acqua ossigenata.
Giovanni ci guarda con espressione interrogativa mentre cerca
di asciugarsi alla meglio con un tovagliolo.
«Hai ragione a essere sorpreso, se non hai troppo sonno ti offro un
buon bicchiere e ti racconto una storia. Vuoi?»
Il cagnolino uggiola piano piano, ma beve avidamente dalla ciotola di acqua fresca che Tina gli ha messo davanti.
Giovanni si siede sul divano allungando le gambe e, dopo aver
assaggiato il vino con un smorfia di apprezzamento, mi incalza:
«Allora comincia: penso che sentirò una delle tue solite storie
senza capo né coda, ma sono curioso di sapere se la povera bestia c’entra con la tua telefonata di oggi pomeriggio».
Capitolo secondo
33
CAPITOLO TERZO
Pelle di serpente
Inizio a raccontare la storia strampalata (a dire di Giovanni), ma
uno scampanellio insistente mi interrompe.
«Vado io, non preoccuparti!» si offre Giovanni.
«Ancora lei fra i piedi signor Lorusso?» Pronunciando questa frase
appare sulla soglia un uomo basso, grosso, tozzo, con i baffi e
pelato (un Poirot un po’ ingrassato).
«Caro Franco, abbiamo il piacere di avere fra noi il commissario
Vito D’Ignoto».
«Visto che il suo amico mi ha già presentato non perdiamo tempo
in chiacchiere inutili. Sono qui per indagare sulla… Lei, signor
Franco Geffo, deve raccontarmi tutto ciò che sa sui suoi vicini e
farmi vedere le foto che ha scattato: i vicoli hanno orecchie e
occhi, si sa».
«Stavo appunto per raccontare l’accaduto a Giovanni; prego, si
accomodi».
Racconto tutto: i litigi, la scomparsa della signora, le strane ombre
fotografate nell’appartamento del dottor Attilio, la zitella, la scomparsa e il ritrovamento del cagnolino…
Mi soffermo sui particolari, mostro le foto, cerco di ricordare ogni
indizio utile ed espongo i miei sospetti.
34
Pelle di serpente
«Le sue informazioni sono sicuramente utili, ma farebbe meglio a tenersi fuori dalle indagini. A ciascuno il proprio lavoro, come ho
detto tante volte al suo amico Lorusso!» intima il commissario.
«Come desidera, ne starò fuori» rispondo con aria infastidita.
Pensando di essere stato abbastanza chiaro, il commissario saluta ed esce dall’appartamento.
«Non vorrai farti intimidire dalle sue parole? Lo conosco da una
vita e so com’è fatto: sembra duro ma alla fine si avvarrà delle nostre ricerche. Molte volte mi sono intromesso nelle sue inchieste,
perché, come sai bene, ho il pallino dell’investigazione. Dobbiamo
muoverci; con cautela, ma dobbiamo muoverci. Non mi avrai fatto
venire fin qui invano?»
Dicendo così Giovanni, stanco, va a dormire.
Non ho sonno: continuo a pensare a questa strana vicenda. Mi
avvicino alla finestra. Piove a dirotto. Riesco a scorgere in lontananza le onde del mare che si infrangono sui duri scogli, il baluginare dei lampi riflesso sull’acqua; odo il rimbombo dei tuoni che si
mescola con il fragore del mare.
La mia mente ritorna alle esperienze di guerra: la luce e il boato
delle bombe intelligenti, i pianti dei bambini, i colpi secchi dei
cecchini…
Com’è perversa la natura umana! In un luogo ameno come Ischia,
dove si potrebbe vivere tranquillamente, la vita può diventare
Capitolo terzo
35
drammatica, distorta, spesso inumana come nelle zone di guerra.
In fondo la guerra silenziosa, che pensavo stesse iniziando nel vicolo, è già scoppiata. Il mio pessimismo questa sera ha raggiunto
l’apice. Sento una forte fitta alla caviglia. È proprio vero: la psiche
ha una grande influenza sul corpo!
Intanto Tina, che era uscita per riportare il cane alla coppietta
che tanto lo aveva cercato, rientra e con aria turbata chiede:
«Che ci faceva qui il commissario…?» bloccandosi prima di pronunciarne il nome.
Resto alquanto stupito: come fa Tina a conoscere il commissario?
Glielo chiedo.
Tina risponde evasivamente: «È una lunga storia…»
Poi sbotta: «Ma è possibile che non riesci a stare tranquillo neanche qui? Dovremmo essere in vacanza; non sei in guerra, ma la
guerra te la porti ovunque e la vedi dappertutto! Sono stanchissima, vado a dormire e dovresti farlo anche tu».
Mi sveglio; Tina è già andata al lavoro. In cucina trovo Giovanni
che ha preparato il caffè e mi sta aspettando per iniziare le nostre indagini. Mi propone di far visita a uno dei miei vicini per scoprire qualcosa in più; a me lascia la scelta del vicino da visitare.
Andremo da Tamara con la scusa di farci fare un ritratto.
Pochi minuti dopo, nonostante le mie stampelle, siamo già davanti
alla porta della zitella. Suoniamo. Si presenta ai nostri occhi una
36
Pelle di serpente
donna magra, di media statura, dai capelli lunghi e biondi, in vestaglia e pantofole; è un tipo eccentrico. I tratti del suo viso non
passano inosservati: sopracciglia tatuate, zigomi e labbra esageratamente turgidi, nasino alla francese (sicuramente inadeguato al volto), fronte bassa, orbite enormi così come le
mandibole. Lombroso avrebbe scritto sicuramente un trattato su
questo soggetto.
Nonostante il suo volto, nel resto del corpo la signora dimostra almeno sessant’anni. Insomma la sua è una giovinezza sfatta e rifatta.
«Buongiorno» dice la signora assonnata e infastidita.
«Buongiorno a lei. Ci scusi per l’ora, ma vorremmo che ci facesse
un ritratto. Abbiamo saputo che è una brava pittrice e che è
molta famosa nel borgo».
Inizialmente fa la sostenuta, dice che non è il suo genere, non fa
ritratti e, comunque, sceglie lei i soggetti da dipingere. Giovanni
diplomaticamente le fa capire che sarà ben ricompensata e
quindi alla fine accetta. Ci fa entrare nel suo studio. Appese alla
parete ci sono tante sue opere, ma quelle che colpiscono la mia
attenzione sono in particolare due delle sue riproduzioni: in una
è rappresentato il mosaico di un serpente che si avvinghia su se
stesso e ha tre nodi nel corpo, nell’altra è raffigurato un serpente
che intrecciandosi forma un otto. Sotto i quadri c’è la scritta
Chiesa di Sant’Adriano - San Demetrio Corone (CS).
Capitolo terzo
37
Vi sono anche riproduzioni di altri serpenti, ma poco artistiche.
Mentre continuiamo a osservare le sue opere con il naso per aria,
involontariamente urtiamo con il braccio una teca che custodisce
un serpente abbastanza inquietante.
Lei osserva i nostri volti turbati.
«Anche voi avete paura dei serpenti? Io ho una venerazione quasi
religiosa per loro; strisciano, sembrano innocui e lo sono davvero
se non vengono attaccati, sono leali, fanno del male soltanto se
si sentono in pericolo, a differenza di alcuni uomini, che fanno del
male solo per il gusto di farlo. I serpenti hanno una dote che invidio molto: cambiano la loro vecchia pelle e si rinnovano continuamente… Gli uomini ci provano chirurgicamente, ma non sempre
ci riescono bene…»
Tamara ci fa sedere su degli sgabelli per iniziare il ritratto.
«Vive qui da tanto, signora?» chiede Giovanni.
«Ci vivo da una vita» risponde Tamara.
«Ha saputo cos’è accaduto?»
«Sì, ho saputo qualcosa… vagamente… sapete, non esco mai.
Conoscevo la vittima di vista, queste giovani e belle ragazze si
sentono onnipotenti, pretendono di fare cose più grandi di loro e
molto spesso si cacciano nei guai».
«Che cosa vuole dire con questo?»
«Niente, era solo una riflessione ad alta voce. Piuttosto, lei stia
fermo mentre la ritraggo!»
38
Pelle di serpente
Io, come Giovanni, non riesco a stare fermo né tantomeno zitto.
«Conosce il dottor Attilio? Ho bussato più volte alla sua porta perché volevo che mi visitasse la caviglia, ma non mi ha aperto nessuno».
«Le sembro un tipo che può non conoscere un chirurgo estetico?»
risponde con un sorriso malizioso la donna.
«Ho conosciuto il dottor Attilio quando è venuto a trascorrere le vacanze qui a Ischia, sa com’è, ad avere un vicino così famoso… la
tentazione è stata grande… ma pare che solo le dive riescano a ottenere ciò che vogliono. Ho dovuto subire molti interventi al viso; il
vostro Attilio non è sicuramente una persona che rispetta il corpo
umano o che fa beneficenza. Fa tutto per denaro. Mi dispiaccio per
quelle povere giovani donne che si sono messe nelle sue mani».
«Alexandra era una di queste?»
«Non saprei, ma è certo che il nostro gran dottore, tra chirurgia
estetica e sperimentazioni senza scrupoli su cavie umane, ha fatto
molti danni, danni irreversibili che si trascinano nel tempo».
Mentre dipinge continuiamo a parlare per scoprire qualcosa. Tamara, che non ha niente di polacco, in realtà si chiama Fulvia (nessun altro nome le sarebbe stato meglio), è nata a Ischia e ha
viaggiato tantissimo per poi ritornare sempre sull’isola.
Ci consegna il ritratto, a nostro giudizio mediocre, lodiamo falsamente le sue capacità artistiche, la ricompensiamo, salutiamo e
usciamo.
Capitolo terzo
39
Dopo il colloquio con l’artista i nostri dubbi e sospetti aumentano;
decidiamo di fare una passeggiata per il borgo e qualche altra
chiacchierata.
«Ci vorrebbe un altro caffè!» dice Giovanni davanti al bar del borgo.
«Hai proprio ragione».
Il barista ci accoglie calorosamente: «Buongiorno dottor Geffo,
buongiorno signore, cosa desiderate?»
«Per carità, chiamami Franco! Portaci due caffè!»
Mentre aspettiamo i caffè, discutiamo sul colloquio con Fulvia.
Il barista origlia la nostra conversazione e, vedendo il nostro ritratto, ci chiede: «Siete andati a trovare la pittrice?»
«Sì, siamo andati da lei per farci fare questo ritratto».
«Bello!» dice il barista riferendosi al ritratto.
«Brava la nostra Pelle di serpente!»
«Pelle di serpente?» chiediamo all’unisono, stupiti.
«Sì, è così che viene soprannominata da tutti qui nel borgo, non
lo sapevate?»
«No… e per quale motivo, scusa?»
«Siete stati nel suo studio: avete sicuramente notato la sua grande
ammirazione per i serpenti e, poi, avete osservato il suo viso?
Anche lei ha cercato più volte di cambiare pelle come i serpenti.
Ma per fare questo tipo di operazioni c’è bisogno di tanto denaro e lei ha certamente fatto di tutto, il lecito e l’illecito, per
averlo; almeno così si racconta».
40
Pelle di serpente
CAPITOLO QUARTO
Il mistero di Tina
Usciti dal bar io e Giovanni pensiamo alle parole dette dal barista.
Chiedo a Giovanni: «Cosa pensi di quel giovane ficcanaso? Ha
proprio l’aria di nascondere qualcosa!»
Dopo un attimo di riflessione, Giovanni risponde: «Hai ragione! Non
credevo che in un posto così tranquillo potessero verificarsi strani
intrighi. E pensare che avevo deciso di trasferirmi in questo piccolo paradiso, per trascorrere in pace gli ultimi giorni della mia
vita!»
Invito Giovanni a fermarsi e, approfittando del caldo tepore del
sole autunnale, ci sediamo su una panchina di fronte al porto. Immediatamente il nostro sguardo viene attratto dal passaggio di
uno strano individuo che trascina faticosamente due grandi trolley, su uno dei quali sono disegnati due cobra, sull’altro tanti teschi.
Sarà uno straniero? Cosa è venuto a fare sull’isola?
Si ferma, ha l’atteggiamento di chi sta aspettando qualcuno. Dopo
pochi minuti vediamo arrivare una donna: è la misteriosa Fulvia, la
nostra Tamara. Indossa un lungo cappotto nero, una sciarpa verde
e scarpe rosse con i tacchi. I capelli non sono pettinati e, stranamente, non ha trucco. Cammina frettolosamente e si ferma proprio
42
Il mistero di Tina
vicino allo strano individuo che ha colpito la nostra attenzione. Lo
saluta calorosamente e inizia a parlare; si agita gesticolando animosamente.
Franco si alza e con aria indiscreta si avvicina per origliare le parole che si dicono. Più s’avvicina e più si accorge che lo strano individuo è il dottor Attilio.
È meglio non farsi riconoscere e osservare la scena da una certa
distanza.
Giovanni, incuriosito, si alza e mi chiede: «Con chi parla Fulvia?
Conosci quell’uomo?»
«Certo» gli rispondo «è il dottor Attilio. Finalmente si è fatto vivo!
Mi vien voglia di avvicinarmi e salutarlo ma non saprei…»
«Per il momento è meglio evitare: osserviamo quello che accade»
risponde Giovanni.
La discussione sembra proseguire, quando mi squilla il cellulare. È
Tina: è ritornata a casa e vuole vedermi urgentemente.
“Cosa è accaduto?” penso.
Poi, rivolto a Giovanni, sbotto: «Proprio adesso che iniziavo a capire… Giovanni, tu rimani qui; avvertimi se succede qualcosa di
nuovo».
Mi avvio verso casa ma, a un certo punto, squilla nuovamente il
cellulare. È Giovanni che mi informa che i due si stanno allontanando e lui non vuole perderli d’occhio.
Capitolo quarto
43
Intanto arrivo a casa e noto che la porta d’ingresso è socchiusa.
Entro e vedo Tina molto agitata e preoccupata. Cerco di calmarla e le chiedo cosa sia successo, ma lei non risponde e, abbassando la testa, se ne va in camera da letto.
La seguo: non l’ho mai vista così preoccupata! Aspetto una sua risposta, ma non la forzo tentando di entrare in camera.
Nel frattempo ritorna Giovanni, che sembra pensieroso. Lo vedo
preoccupato e mi chiede notizie di Tina. Gli spiego di essere disperato perché Tina sembra sconvolta ma non vuole aprire bocca.
Non riesco a capire che cosa stia succedendo. Rimpiango la tranquillità del lavoro da reporter! Eppure allora avevo vissuto la vera
guerra… e non era stata proprio una passeggiata!
Giovanni ha un urgente bisogno di uscire. Tina, intanto, riposa. Io
ne approfitto per fare un bagno rilassante. A un certo punto sento
un rumore provenire dalla camera da letto, esco dalla vasca e mi
precipito verso la fonte del rumore. Trovo Tina seduta sul letto:
sembra più serena.
Mi abbraccia e con le lacrime agli occhi inizia a parlare: «Cinque
anni fa, mentre tu ti trovavi in Siria, per vincere la noia decisi di recarmi con una mia amica dalla pittrice Fulvia, la tua Tamara che
vive nel nostro paese.
«Era da tempo che voleva farmi un ritratto e io avevo trovato sempre varie scuse. Mi sembrava una persona strana! Sempre sola,
nessuna amica.
44
Il mistero di Tina
«La si vedeva in giro soltanto durante il concorso di estemporanea e sempre con compagnie maschili di dubbia provenienza.
«Oh, dimenticavo! La mia amica si chiama Betty: non l’hai mai conosciuta e io non te ne ho mai parlato perché…»
Tina scoppia a piangere e io cerco di calmarla.
«Betty» riprende Tina «aveva trent’anni e, fino a cinque anni prima,
viveva a Ischia. Aveva superato coraggiosamente una brutta malattia, ma se il vero cancro era stato sconfitto, un altro psicologico la stava divorando lentamente!
«Andammo da Tamara e lei fu molto gentile con noi. Promise di
farci i ritratti in una settimana. Betty doveva appenderlo nella sua
nuova stanza e aveva fretta. Ogni mattina l’accompagnavo a
casa di Fulvia e, mentre lei dipingeva, parlavamo insieme.
«Era una donna molto colta, aveva viaggiato molto e conosceva
tre lingue. In un momento di intimità mi raccontò, addirittura, di aver
avuto una breve relazione con un diplomatico russo. Mi fece vedere le foto di un loro viaggio in America. Poi un brutto incidente
l’aveva costretto a vivere su una sedia a rotelle. Lei era ritornata
Italia e non l’aveva più rivisto.
«Durante le nostre discussioni ci parlava di un suo caro amico, un
famoso chirurgo estetico, e una sera ci invitò a una cena. Fu lì che
conobbi il dottor Attilio e, in quell’occasione, iniziò il calvario per
Betty. Prese un appuntamento presso il suo studio a Napoli. Da
Capitolo quarto
45
tempo voleva sottoporsi alla chirurgia plastica per risolvere i danni
subiti dalla mastectomia.
«Si vergognava, portava una protesi mobile e, scampato il pericolo della grave malattia, aveva deciso di affrontare il problema
estetico. Guardarsi allo specchio e vedersi senza cicatrice: un
sogno che si poteva avverare! L’accompagnai io a Napoli il 3 settembre del 2008. Chi può dimenticare quella data!
«Era una bellissima giornata settembrina, il cielo terso e il mare di
un azzurro intensissimo sono ancora presenti nella mia memoria.
Giunte allo studio, in un palazzo nobiliare di via Chiaia, annunciate dalla segretaria, fummo accolte dal chirurgo con molta gentilezza e cortesia. Dopo la visita, il dottore suggerì di optare per
un intervento innovativo, poco invasivo, con poche possibilità di
rigetto e, soprattutto, poco costoso.
«Betty si prese un po’ di tempo per decidere e, durante il viaggio
di ritorno, parlò molto con me della sua decisione di fare l’intervento senza avvertire la famiglia. Era una sua scelta e io, anche
se la pensavo diversamente, non ostacolai in alcun modo la sua
decisione. Oh, se invece lo avessi fatto!»
Tina scoppia di nuovo a piangere e, questa volta, riesco a calmarla con molta fatica.
«Alla fine Betty prese la sua decisione e, dopo il day hospital
per gli esami di rito, si decise la data dell’intervento: 20 settem-
46
Il mistero di Tina
bre 2008. L’accompagnai e mi fermai a Napoli per qualche
giorno. Presi una camera in un hotel nei pressi della clinica per
starle vicino dal momento che Betty era sola; aveva detto alla
famiglia che sarebbe andata a Napoli per lavoro.
«Il giorno dell’intervento Tina era tranquilla e serena, aveva
molta fiducia del dottor Attilio e non vedeva l’ora di ritornare e
cancellare il brutto ricordo della malattia. L’intervento andò
bene e per i primi due giorni non ebbe alcuna complicazione,
anzi tutto procedeva tranquillamente. Avevo deciso di partire il
quarto giorno; Tina stava bene e sarebbe stata dimessa dopo
tre giorni.
«Ci salutammo con l’impegno di vederci il giorno delle dimissioni.
La sera stessa in cui ero arrivata a Ischia, Betty mi chiamò e con
voce flebile mi disse di star male. Non potevo non informare i genitori che prontamente partirono con me. Betty stava male,
aveva dolori atroci e la febbre altissima. Nessuna terapia sembrava lenire la sofferenze della mia sventurata amica.
«Il dottor Attilio era sempre più evasivo e il secondo giorno si
rese irreperibile. Che fare!? Bisognava trasferire al più presto
Betty dalla clinica in un ospedale specializzato. Dopo una serie
di telefonate e su richiesta dei familiari, Betty fu trasferita a Roma.
Lì subì un nuovo intervento di rimozione e venne sottoposto ad
analisi il materiale utilizzato durante l’operazione precedente.
Capitolo quarto
47
«Allora venne fuori la verità! Quell’assassino del dottor Attilio
aveva utilizzato carne di cobra che aveva provocato una grave
infezione a Betty. Roba da galera! Betty denunciò il chirurgo e si
aprì un’inchiesta. Il dottor Attilio si recò più volte da Betty, minacciandola di morte se non avesse ritirato la denuncia. Anche Fulvia
la chiamava di continuo, la perseguitava.
«La sua vita era diventata un inferno! L’accompagnai dalle forze
dell’ordine ed è lì che incontrai il commissario, che conosco per
questo motivo. Betty ora è andata via, mentre il processo è ancora
in corso; ma stamane mi ha telefonato e mi ha detto che verrà domani e ho paura che…»
48
Il mistero di Tina
CAPITOLO QUINTO
La vera bellezza
Non riesco a calmare Tina... Cosa posso fare?
Resto in silenzio per qualche minuto, poi stringendole forte le mani,
la rassicuro e le dico che ho in mente un piano: «Partiamo insieme
per Roma e convinciamo Betty ad annullare o almeno a posticipare il suo ritorno ad Ischia».
Alle mie parole Tina ritrova il sorriso: «Presto, prepariamoci, senza
perdere tempo, dobbiamo arrivare a Roma prima di sera!»
Corriamo a preparare la valigia con le poche cose che ci sarebbero servite per il viaggio.
Siamo già sulla porta di casa pronti per uscire quando ci troviamo
davanti Giovanni che era appena ritornato per assicurarsi che
Tina stesse bene. Lo metto al corrente della nostra decisione e gli
raccomando di restare a lschia per continuare le indagini mentre
io sono fuori.
Salutiamo Giovanni e partiamo nel primo pomeriggio. Arriviamo a
Roma intorno alle 20:00 e subito Tina si mette in contatto con
Betty.
«Cosa ci fate qui a Roma?» chiede Betty «Avremmo dovuto vederci domani a Ischia».
E Tina: «Ti spiego tutto adesso che saliamo su da te».
50
La vera bellezza
Le due amiche, felici di rivedersi dopo tanto tempo, si abbracciano e cominciano a parlare mentre prendono un caffè.
Io intanto dal divano le guardo ammirato perché la loro è una
vera amicizia, che non viene scalfita né dalla lontananza, né
dagli ostacoli che la vita pone.
«Ma come è nata la vostra amicizia?» chiedo incuriosito.
«Tutto è cominciato circa dieci anni fa» risponde Betty «quando
io, appena laureata, grazie a uno stage presso una rivista di
moda, mi trovavo a Milano a una sfilata. Quel giorno anche Tina,
stilista alle prime armi, era lì per conoscere quel mondo così affascinante, nella speranza che i suoi modelli potessero suscitare
interesse in tutti i presenti.
All’improvviso il pianto di una giovanissima modella attirò l’attenzione di entrambe e solo noi due riuscimmo a rasserenare
quella ragazza così emozionata e insicura, che era alla sua
prima passerella. Poi, vedendola sfilare serena, si stabilì tra me e
Tina una certa intesa, forse perché in quell’ambiente, dove sembravano regnare indifferenza e superficialità, noi eravamo proprio diverse...
«Hai proprio ragione cara Betty» intervengo io con slancio «tu
e la mia Tina siete davvero speciali e continuo a chiedermi come
abbiate fatto a realizzarvi in quell’ambiente dove egoismo e cinismo sono le parole d’ordine».
Capitolo quinto
51
«Hai perfettamente ragione» risponde Betty «è un mondo ambiguo, che ho dovuto lasciare per la mia malattia, ma poi per fortuna
ce l’ho fatta e ho vinto la mia battaglia con il cancro. La strada è
stata dura e lastricata di prove difficili... Sono anche caduta in
una grande depressione, ma grazie alla psicoterapia e anche alla
scrittura sono diventata una Betty migliore, senz’altro più tenace
e più forte e con altri obiettivi nella vita. Ecco perché ho scritto un
romanzo autobiografico dove c’è tutto della mia esperienza professionale e soprattutto umana e in particolare delle mie vicissitudini legate all’intervento estetico di ricostruzione del seno che mi
ha fatto rischiare la vita. Se io ho rischiato la vita per necessità,
non capisco perché molte ragazze oggi mettano in pericolo la
propria vita solo per uno sfrenato narcisismo o per inseguire un
determinato modello di bellezza, lontano dalla realtà e, inoltre,
affidandosi a mani inesperte. Vorrei tanto che il mio libro potesse
rendere queste ragazze più consapevoli dell’inutilità di ritocchi e
interventi estetici quasi maniacali perché...»
«Perché la vera bellezza è altro!» aggiungo io, mentre seguo con
interesse il racconto di Betty «Forse il titolo del tuo libro potrebbe
essere proprio: La vera bellezza! Vedrai, lascerà il segno il tuo
libro!»
«Vorrei crederci» replica Betty «ma di una cosa sono certa: che il
mio libro sarà pubblicato perché l’editore a cui l’ho presentato ne
52
La vera bellezza
è rimasto entusiasta e metà del ricavato della vendita andrà all’AIRC affinché possa essere d’aiuto ai ricercatori che si sono tanto
impegnati a rendere curabile ogni tipo di cancro».
«Ho sempre saputo quanto sei speciale» esclama Tina «ma in questi anni, in mezzo a tanto dolore, c’è stato posto per l’amore?»
«Certamente sì, ho ripreso la mia relazione con quel diplomatico
russo di cui ti avevo parlato... Ivan ha avuto un grande ruolo nella
mia ripresa dopo la malattia, ha sempre creduto nella mia forza e
sostiene ogni mia iniziativa».
«Spero di incontrarlo un giorno» dice Tina.
Lo squillo del mio cellulare interrompe la nostra conversazione: «È
Giovanni!» e mi allontano per parlare con lui
«Cosa c’è? Hai delle novità?»
«Sì» dice Giovanni «sono riuscito ad avere, grazie a un amico, i risultati dell’autopsia sulla ragazza della spiaggia... I nostri sospetti
sono giusti: non si tratta di suicidio, ma di omicidio. La povera ragazza è morta per un violento colpo alla nuca, che le ha spezzato
le vertebre cervicali e poi alcuni lividi sulle braccia fanno pensare che sia stata afferrata con forza e poi uccisa. Sono stato
sempre convinto che quella povera ragazza non si fosse suicidata.
Ma non è tutto» incalza Giovanni «è stato ritrovato a poca distanza dal corpo, anche un foulard di seta con piccolissime tracce
di colore a olio».
Capitolo quinto
53
«Apparteneva alla ragazza?» chiedo.
«No, e qui viene il bello: appartiene alla signora scomparsa».
Chiamo in disparte Tina e la metto al corrente delle novità quindi
decidiamo di ripartire l’indomani.
«Non è un buon momento per ritornare ad Ischia con Betty» dice
Tina «le cose nell’isola si complicano sempre più. Dobbiamo evitare che le minacce del dottore Attilio e di Tamara si trasformino
in atti concreti.
Forse per te sarebbe meglio allontanarti per un po’ andando a
Pietroburgo da Ivan e trascorrere con lui una bella vacanza. Pietroburgo è una città bellissima sul mar Baltico, ricca di bellezze
artistiche come il Palazzo d’Inverno, antica residenza degli Zar e
oggi occupato dal Museo dell’Ermitage».
«Non so, ci devo riflettere. Forse sì, è l’unica soluzione in questo
momento, anche se credo che la mia collaborazione, lì a Ischia,
possa essere utile alle indagini! Devo farmi coraggio e tornare!»
«No, tu non puoi assolutamente rientrare a Ischia» dice Tina «è
troppo pericoloso! Franco, credo che tu debba ripartire da solo
per l’isola, io resterò qui con Betty. Stavolta resto con lei!»
II giorno dopo alle prime ore del mattino lascio Roma, dopo aver
salutato, non senza angoscia e preoccupazione, Tina e Betty.
Durante il viaggio mi sento come frastornato, mille pensieri attraversano la mia mente... Posso stare tranquillo lasciandole sole a
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La vera bellezza
Roma? E a Ischia cosa sta succedendo? Chi ha ucciso la giovane
sulla spiaggia? Perché il foulard che indossava la signora scomparsa è stato ritrovato sul luogo del delitto? E quelle tracce di
colori a olio sul foulard?
Devo mettere in ordine i tasselli di questa storia, ma avverto uno
strano presentimento...
Capitolo quinto
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CAPITOLO SESTO
Un intricato puzzle
È mattina. L’alba di una notte senza sonno. Sono ancora scosso da
ciò che è successo ieri. Il rumore della pioggia che batte contro i
vetri mi fa capire che anche oggi è una di quelle giornate in cui sarebbe meglio starsene in casa. L’isola, quando il vento soffia così
forte, sembra essere scossa dalle forze della natura e, pur essendo
affascinato dal mare in burrasca, preferirei guardarlo dalla finestra.
Ma prima di partire ho preso il libro di Betty, sperando di trovare un
po’ di tempo per leggerlo da solo. La faccenda mi incuriosisce,
devo assolutamente scoprire qualcosa di più e per questo cerco
del tempo per starmene in disparte, solo. Penso a un posto adatto
per immergermi nella lettura, quando mi ritorna in mente Brandy, la
vecchia barca di un ricco imprenditore americano dove, da ragazzo, mi rifugiavo quando avevo bisogno di un po’ di solitudine e
tranquillità. Anche se mi sarà difficile a causa della mia sedia a rotelle, devo assolutamente ritornarci. Eccola lì, al porto: nonostante
gli anni siano passati, lei è rimasta la stessa, sempre pronta ad accogliermi, a parte qualche ammaccatura in più e un po’ di ruggine.
“...In seguito capii che Attilio, il dottore che ha causato problemi
per la mia salute, finanziava l’agenzia di moda per cui lavoravo
56
Un intricato puzzle
avendo in cambio modelle da sfruttare come cavie umane per i
suoi esperimenti illegali. Il mio datore di lavoro, il signor Stefano,
concedeva i corpi delle proprie modelle per mancanza di fondi
necessari per mandare avanti l’azienda. In tutta questa storia le
modelle erano allo stesso tempo vittime e complici. Ignoravano
ciò che le aspettava dopo aver accettato le condizioni di Attilio
e allo stesso tempo erano disposte a tutto pur di attirare l’attenzione di un uomo, evidentemente più maturo di loro. C’era un
nonsoché di losco ma allo stesso tempo affascinante nel dottore.
Era il tipico uomo che dalla sola espressione di quegli occhi profondi e penetranti riusciva a esprimere la propria abilità nell’approfittarsi delle debolezze altrui. Ed è per questo motivo che sono
sicura che una modella in particolare sia stata attratta dal suo
carisma. La conoscevo. Oltre alle sue qualità di indossatrice, era
anche una ballerina in gamba. Ogni proposta di Attilio veniva
colta da lei in un modo positivo e ammirato. Ma c’era qualcosa di
più. Alexandra deve essere stata una di quelle modelle utilizzate
come cavie e, che Dio mi fulmini adesso, sono convinta che tra
loro sia nato anche un forte sentimento. Non il solito rapporto
paziente-dottore…”
Non ci posso credere. Tutto ciò che coinvolge il dottor Attilio è
strettamente collegato alle persone di quest’isola. Stefano, AleCapitolo sesto
57
xandra, e così anche altre situazioni: ecco perché Stefano e Anja
stavano litigando…
Lei non è d’accordo su questo commercio di corpi. E la capisco! Non
è umano. Non mostra alcun rispetto della persona. Povere ragazze:
questo spiega il motivo per cui nello studio di Attilio ci fossero cinque
donne con Stefano. E se vi fosse collegato anche l’omicidio di Alexandra, la questione sarebbe legale oltre che morale.
Mi sveglio l’indomani con un leggero mal di testa e di malavoglia
faccio colazione. Giovanni sarebbe tornato presto dalla sua passeggiata mattutina e io riguardo le foto che ho scattato negli ultimi giorni. L’ombra lunga potrebbe essere chiunque, perfino uno
sconosciuto; le macchie sul foulard, e quindi anche quelle sul cane,
sono legate alla pittrice Fulvia; l’artista si collega ad Attilio attraverso le pelli di serpente e il chirurgo ci apre molte strade possibili, in cui tutto il vicinato potrebbe essere colpevole dell’omicidio
di Alexandra.
«Buongiorno amico mio!» Giovanni chiude la porta «Stamattina c’è
uno splendido sole, un sole che ha visto troppe cose strane in questa isola dimenticata da Dio».
«Buongiorno Giovanni, ho un paio di cose di cui parlarti: ti andrebbe di ascoltarle dopo che avrò finito di fare colazione?»
«Volentieri, soprattutto se riguardano lo strano caso del dottor Attilio e di Alexandra».
58
Un intricato puzzle
«Amico mio, ho letto il libro di Betty: è una fonte piena di nuovi indizi» gli dico «pare che Attilio sponsorizzi uno studio di moda di
Stefano, marito di Anja, per averne in cambio modelle che facciano da cavie umane per i suoi esperimenti; Alexandra era probabilmente una delle vittime di queste follie, e non solo: la
ballerina aveva anche rapporti molto sentimentali con il chirurgo...»
«Perché non andiamo dall’ispettore Vito D’Ignoto a dargli queste
buone notizie?»
«Penso che tu abbia ragione» rispondo, seppure controvoglia
«domani prenderemo il traghetto delle 11:00 per Napoli. Non ci tireremo mica indietro davanti a un uomo che ha una mongolfiera al
posto della pancia?»
Così dicendo terminiamo le nostre conversazioni per il resto della
giornata.
L’indirizzo del commissariato è Via Muzy Concezio 49, non molto
lontano dal porto e, con qualche indicazione da parte di anziani
come Matusalemme che conoscono Napoli come le loro tasche, riusciamo ad arrivare alla centrale di polizia. Rabbrividisco soltanto a
vedere sopra alla porta d’ingresso un uccello dalle ali spiegate con
due inquietanti teste. Sul portone leggo “Castel Capuano - Palazzo
di Giustizia Progetti di restauro al Tempo dell’Unità”.
«Pare che vogliano ristrutturare ‘sto rudere» afferma Giovanni. E
poi soggiunge: «Non sarebbe una brutta idea».
Capitolo sesto
59
Nonostante sia un luogo abbastanza ampio, c’è molta confusione
e veniamo travolti da un fiume di persone impegnate e concentrate nel loro lavoro.
In mezzo a tutto quel frastuono sento squillare il mio telefono: è
Tina. Con voce dolce e allegra lei mi dice: «Scusa il disturbo, volevo soltanto avvertirti che siamo finalmente arrivate a Pietroburgo, che è davvero bellissima! Il viaggio è stato lungo e siamo
un po’ stanche...»
«E Betty sta bene?» la interrompo.
«Sì, ora è molto più tranquilla. Ha avuto il tempo di raccontarmi
tutte le sue peripezie degli ultimi anni».
«Avete incontrato Ivan?»
«Stamattina alla stazione. È un uomo molto colto, simpatico ed
estroverso; il tipo ideale di Betty».
«Sai già quanto ti fermerai?»
«Non ancora... Aspetteremo che si risolvano i problemi a Ischia; intanto sarà Ivan a ospitarci».
«Sono contento».
«Tu continua a indagare! Prima si risolverà questa faccenda, prima
potrò tornare!»
«Guarda caso mi trovo con Giovanni alla stazione di polizia. A
presto!»
Giovanni mi fa strada fino alla segreteria, dove chiediamo di parlare con il commissario che, a quanto pare, è nella sua pausa
60
Un intricato puzzle
pranzo. Ci fanno entrare lo stesso. Lo studio puzza di fumo, la scrivania dà le spalle alla finestra e il commissario ci guarda con un
sorriso pungente, che esprime tutta l’inopportunità del momento.
«’A pànza è de pellècchia, cchiù ce miètt e cchiù se stennècchia».
Noto un sorriso tirato sul volto di Giovanni che, evidentemente, ha
capito il significato della frase e prende subito la parola.
«Scusi per l’interruzione. Ci sono novità. Abbiamo trovato un libro
che potrebbe essere utile per le indagini. Il dottor Attilio sponsorizzava una casa di moda di Milano e usava le modelle come
cavie per esperimenti illegali; Alexandra, la vittima, era una delle
ragazze con i rapporti più stretti con il dottore... Non so se capisce cosa intendo, commissario» conclude con fare complice Giovanni.
«Sient’ ammè, lei mi lasci fare il lavoro mio ed esca coi pensieri suoi
da questa indagine».
«Mah...»
«Nessun compromesso. In mano nun tenete nulla. Non tenete credibilità. Sono io il professionista, per San Gennaro. E ora se non vi
dispiace, quella è la porta».
Nell’uscire vengo colpito da un attacco di rabbia per quell’uomo
per un motivo strano che non colgo subito. Ma poi lo afferro.
È il suo menefreghismo per quella ragazza e per le ragioni che
hanno portato qualcuno a ucciderla.
Capitolo sesto
61
Il commissario D’Ignoto crederà anche di saper fare il suo lavoro,
ma questa non è una situazione ordinaria, ma un caso imprevedibile e pericoloso; la pioggia e il vento hanno cessato di imperversare sulla costa e Giovanni e io decidiamo di fermarci ancora
un poco per calmarci prima di riprendere il traghetto.
Entriamo nel primo bar che troviamo ma capiamo subito che forse
non abbiamo scelto un locale ben frequentato: in un angolo alcuni
ubriachi discutono animatamente. Tra questi un uomo in particolare
colpisce la mia attenzione: ma certo! È Claudio, l’ex marito di Alexandra che, dopo aver urlato qualcosa contro gli altri avventori,
esce traballante in strada.
Lo seguiamo e lo sentiamo dire tra sé e sé: «Che poi alla fine lo intuivo... Se ne sarebbe andata in ogni caso. Se non morendo, con
quel tipo, il dottor Attilio. Ne parlava come se fosse Dio. “È un
uomo eccezionale, è in grado di affascinarti con le sue teorie” ripeteva sempre. Inoltre l’ho sentita non poche volte parlarne con
le sue amiche; sono addirittura arrivato a curiosare nel suo telefonino, ma era furba e non lasciava tracce. Ma io ne ero e ne sono
tutt’ora certo: lei aveva una relazione con quel tizio. Lo sapevo,
ma nonostante questo ho fatto sempre finta di nulla. Che idiota!»
Claudio scoppia in lacrime e noi non osiamo consolarlo.
62
Un intricato puzzle
CAPITOLO SETTIMO
La tana del serpente
Dopo aver origliato le parole di Claudio in piazza, i dubbi presenti
in me si sono moltiplicati.
Giovanni e io decidiamo di allontanarci per riflettere con calma sull’accaduto.
Iniziamo a camminare lungo una bellissima spiaggia, il mare è piatto,
non c’è un’onda, i gabbiani sfrecciano a pelo d’acqua e ogni tanto
riescono a prendere qualche pesciolino. In lontananza si intravedono alcune rovine che sorgono sopra una scogliera molto alta, appaiono come incantate grazie anche al sole che lentamente sta
iniziando a tramontare e le illumina con una luce giallastra che tende
all’arancione.
La spiaggia è affollata, i bambini giocano tranquilli e le mamme si rilassano sotto i raggi del sole che batte ancora forte. Improvvisamente passiamo accanto a un bambino che sta costruendo dei
castelli di sabbia e mi accorgo che ha una gamba ingessata...
In quel momento mi ricordo che devo andare alla visita di controllo...
Finalmente il periodo di ingessatura è finito; con grande fretta mi dirigo in ospedale per farmi visitare la caviglia dal dottor Mario, un
mio vecchio amico che ho conosciuto in Africa quando facevo il
free lance.
64
La tana del serpente
Giovanni intanto decide di tornare a Ischia con il primo traghetto disponibile: vuole investigare ancora sul traffico di modelle.
Dopo un breve periodo di attesa entro nell’ambulatorio. Il dottor
Mario mi accoglie calorosamente: lo vedo ingrassato, sembra più
basso e gli è cresciuta notevolmente la barba; iniziamo a parlare
e mi racconta dei suoi viaggi in giro per il mondo, confessa anche
di aver deciso di diventare medico dopo essere stato in Africa
perché si era reso conto della disperata situazione in cui versano
queste popolazioni.
In seguito a una breve ma attenta visita, egli decide che è giunto il
momento di rimuovere la steccatura; mi dice che devo recarmi alla
sala gessi che si trova in fondo al corridoio del piano terra. Ci salutiamo con un caloroso abbraccio, ripromettendoci di vederci presto
per una cena.
Mi dirigo verso la sala che mi ha indicato. Il percorso fra l’ambulatorio di Mario e la sala gessi non è lungo, ma io dopo metà percorso
sono già esausto, maledetta caviglia...
Arrivato davanti alla porta della sala inizio a bussare, un’infermiera
mi apre e mi invita a entrare: è giovane e attraente, è molto alta,
bionda, con gli occhi azzurri. Alla sua vista rimango incantato ma,
quando il medico mi rimuove la steccatura, le fitte alla caviglia mi riportano in me.
Avviandomi verso l’uscita intravedo Fulvia accompagnata da alcune splendide ragazze.
Capitolo settimo
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Mi sorgono dei dubbi e mi chiedo se la pittrice possa avere qualcosa
a che fare con il traffico di modelle utilizzato dal dottor Attilio per i
suoi folli esperimenti.
Ma come può la donna essere coinvolta in questa inquietante vicenda?
Tutto a un tratto mi ritorna in mente la storia di Betty, la sua terapia a
base di carne di serpente e il desiderio della pittrice di voler essere
come i serpenti per poter cambiare pelle.
Istintivamente inizio a seguirla, scendiamo un paio di rampe di scale
fino a trovarci davanti a una porta nascosta in un angolo del sotterraneo.
La donna si volta e torna indietro, io mi nascondo dietro a una rientranza; fortunatamente non riesce a vedermi e, quando sono completamente sicuro che se ne sia andata, entro in quella spaventosa
sala. Sulla porta intravedo un nome: dott. Dattila Attilio.
Leggendolo sono sicuro che sia la sala dove egli intraprende i suoi
esperimenti criminali.
La sala è completamente grigia, illuminata da poche luci al neon
che contribuiscono a creare una strana atmosfera. Ai miei occhi si rivela un ambiente tetro, pieno di teche contenenti le più svariate specie di serpenti. Le piastrelle sono sporche di sangue e di altre
sostanze liquide, al centro della sala ci sono molti macchinari affiancati da barelle.
La tana del serpente
Inizio a pensare che la sala sia insonorizzata perché è impossibile
che nessuno abbia mai udito quelle strane macchine in funzione! Sulla
scrivania ci sono dei fascicoli etichettati. I nomi scritti attirano la mia
attenzione. Su uno leggo chiaramente “Alexandra” e, mentre mi accingo a leggerli, sento che qualcuno armeggia con la maniglia e sta
per entrare. Mi guardo intorno e decido di nascondermi dentro un armadio. Riesco a distinguere due voci, una maschile e una femminile.
Attraverso le fessure dell’armadio riesco a scorgere il volto di Fulvia,
ma non conosco l’uomo: sono colpito dalla sua altezza e dal timbro
di voce roco e tagliente.
«È possibile che ti lamenti sempre? Te ne ho già procurate delle altre,
guarda, ma non gridare altrimenti le spaventi» dice Fulvia indicando
le ragazze che poco più in là si guardano intorno intimorite.
«È ovvio che mi lamento se iniziano a ribellarsi: stamattina una di loro
si è staccata dalle macchine interrompendo l’esperimento».
«Se non vuoi che si ribellino devi trovare un modo per tenerle tranquille».
«Non so più come fare, ho provato in ogni modo possibile, persino...»
In quel momento i due escono dalla sala e non riesco più a sentirli.
Colgo l’occasione per uscire dall’armadio, ma appena esco le ragazze iniziano a gridare.
Prendo il fascicolo più voluminoso e mi dirigo fuori dall’ospedale. Inizio a pensare alle parole che ho udito e a chi possa essere quelCapitolo settimo
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l’uomo, mi sento molto stanco e allora mi siedo su una panchina e inizio a leggere il fascicolo rubato.
Man mano che procedo nella lettura rimango sconvolto: su di esso
è scritto il nome di Giovanni.
Continuo a leggere sperando che ci sia scritto qualcosa che mi aiuti
a capire e a togliermi il senso di amarezza che mi assale.
Mi dirigo con uno strano presentimento verso Ischia. Durante il viaggio l’aria marina mi aiuta a riordinare i pensieri: troppe cose accadute, troppo in fretta. Ma possibile che Giovanni c’entri qualcosa? Ho
bisogno di chiedergli delle spiegazioni al più presto.
La porta di casa è socchiusa, entro lentamente con il cuore che mi
pulsa sordo nella gola: il soggiorno è a soqquadro, riverso sul pavimento giace un corpo senza vita... È Giovanni. Accanto a lui, arrotolato, un serpente... Rimango impietrito, poi arretro lentamente e mi
precipito fuori. Riesco a malapena a digitare il numero della polizia.
Resto imbambolato e stranito, mentre poliziotti e medico legale invadono la casa. Mi sembra tutto così assurdo!
Il commissario, con molta gentilezza, mi invita a seguirlo in centrale per
la consueta prassi... Tutto intorno a me sembra muoversi a rallentatore
come in un incubo.
Un ispettore inizia a porre le solite domande: «Dove si trovava alle
17:00 di oggi?» e «Aveva discusso con la vittima?» Rispondo a tutto
come in trance, consegno loro il fascicolo sottratto nel laboratorio
La tana del serpente
e inizio a raccontare tutto quello che so. Forse farebbero meglio a
rivolgersi al commissario D’Ignoto, dico, che sa tutto della strana storia che stiamo seguendo. Finalmente posso andare, ma dove? Mi
sento stordito e inquieto: troppe domande mi attraversano la mente
e sono tutte per lo più senza risposta.
Uscito dal commissariato chiamo un taxi e mentre lo aspetto inizio a
pensare che quei poliziotti non mi aiuteranno e che non risolveranno
il caso.
Dopo dieci minuti di attesa arriva il taxi che mi accompagna fino a
un piccolo hotel, dove avevo passato la mia prima vacanza a Ischia
con Tina.
Appena entrato la chiamo subito e le dico che Giovanni è stato ucciso; lei stranamente non sembra sconvolta...
Mi dice che ha scoperto alcune cose su Giovanni e che probabilmente era in qualche modo coinvolto in questa vicenda. Betty, guardando una foto di Giovanni, si era ricordata di lui: era sempre
presente alla sedute del processo seguito alla sua criminale operazione chirurgica...
Capitolo settimo
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CAPITOLO OTTAVO
Una ingarbugliata matassa
È un mattino luminosissimo a Ischia. Il sole risplende, il mare è più
bello che mai… Ma il mio carissimo amico Giovanni non c’è più.
Ucciso. Mi sembra d’impazzire! Perché l’hanno ucciso? Mi ero rivolto proprio a lui perché di lui mi sono sempre fidato ciecamente,
e adesso scopro che invece era coinvolto in questa brutta e lercia storia anche se ancora non so bene come.
Sul fasccolo rubato all’ospedale c’è il suo nome. Ho quasi paura
a leggerlo tutto, forse per il timore di trovare rivelazioni poco piacevoli sul suo conto. Prendo una comoda sedia e l’avvicino al
balcone. Sbircio tra le tapparelle. Adesso provo la sensazione fisica della paura e la cosa mi spaventa molto. Mi verso da bere e
comincio a riflettere cercando di tirare un po’ le somme.
Nella innocua isola, al momento, si contano due morti: la procace
ballerina russa, Alexandra, ritrovata priva di vita in riva al mare, e
Giovanni, il mio amico. A questo si aggiungono: un maldestro tentativo di uccisione di un cagnolino, un traffico di ragazze dell’est
coperto da una agenzia di fotomodelle gestita da un losco figuro,
certo Stefano, e coadiuvato dall’inquietante figura di Fulvia, la
pittrice che ama i serpenti perché simbolo di vita che si rinnova
continuamente cambiando pelle. La stessa Fulvia procaccia
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Una ingarbugliata matassa
nuove ragazze che servono ad alimentare un mercato di sperimentazioni illegali di chirurgia plastica il cui artefice è il prestigioso
dottor Attilio. Si hanno le prove che egli utilizzi carne di cobra per
i suoi esperimenti, come scoperto “grazie” a una gravissima infezione contratta da Betty, un’amica della mia ragazza Tina, in seguito a un “miracoloso” intervento chirurgico che le avrebbe
dovuto ricostruire il seno mancante per una precedente asportazione per via di un cancro alla mammella.
Inoltre, c’è un lungo processo ancora in atto, intentato da Betty
contro il dottor Attilio al quale, secondo le sorprendenti dichiarazioni di Betty, Giovanni, in qualità di cronista, ha partecipato assiduamente raccogliendo un voluminoso dossier su tutti i protagonisti.
Che sia stato questo il motivo del suo assassinio? Aveva forse scoperto qualcosa di talmente pericoloso da condurlo alla morte?
Finalmente mi decido a leggere il dossier di cui ho fatto una copia
prima di consegnarlo alla polizia. Lo mando giù tutto d’un fiato,
come una medicina particolarmente disgustosa.
È mostruoso! Peggio di quanto potessi immaginare! Crollo improvvisamente e mi addormento esausto fino al mattino seguente.
Intontito credo di sentire bussare alla porta. Chi può essere all’alba? Mi alzo e, con voce impastata, chiedo: «Chi è?»
Risponde una perentoria voce maschile: «Sono il commissario
D’Ignoto».
Capitolo ottavo
71
Apro la porta e lo faccio accomodare. Si siede con calma, mi
guarda fisso negli occhi e con malcelata rabbia mi dice: «Ma lei,
signor Franco, davvero pensava che io fossi un incapace? Che
fossi il solito menefreghista commissario di una piccola città? Ebbene, si è sbagliato. Questo caso, davvero complesso e con risvolti internazionali, è seguito da un reparto speciale della Polizia
di Stato da me coadiuvato. Le avevo chiesto di starsene fuori, e
invece c’è scappato il morto. Ora è giusto che sappia che sia lei
che la sua ragazza Tina state correndo un serio pericolo. La
smetta di giocare al detective!»
Per la testa mi passano mille domande, mille quesiti da sottoporgli, ma l’istinto da investigatore dilettante non ha il sopravvento.
Sono preoccupatissimo per Tina. Liquido con poche parole il commissario e mi precipito a telefonare alla mia ragazza. La chiamo
parecchie volte, ma niente, nessuna risposta.
Bussano nuovamente alla porta.
«Chi è?»
«Sono un amico, vengo da parte di Tina».
Apro e mi trovo davanti Stefano, il super-macho titolare della
agenzia di modelle che, spingendo a forza la porta, mi comunica
sogghignando: «Caro Franco, Tina e Betty sono temporaneamente
mie gradite ospiti. Il dottor Attilio ti prega di non preoccuparti e
inoltre ti consiglia vivamente, per il bene di tutti quanti, di rimanere fuori dai suoi affari e da questa storia!»
72
Una ingarbugliata matassa
Vorrei mettergli le mani addosso, ma mi rendo conto che metterei
in grave pericolo le due ragazze. Riesco solo a dirgli: «Voglio parlare con loro. Adesso!»
Stefano telefona e così posso parlare con Tina che mi dice di stare
bene e di fare come dicono loro.
Esco, incapace di stare fermo, mentre a casa di Tina la polizia effettua i consueti rilievi per le indagini. Quando rientro trovo la casa
a soqquadro, ma dopo il passaggio della “scientifica” me l’aspettavo.
Mi affaccio alla finestra e, con sorpresa, vedo la casa del dottor
Attilio aperta, con le finestre spalancate. Ci sono parecchie persone, che, ahimè, conosco tutte fin troppo bene: Stefano, Fulvia,
il dottor Attilio, alcune delle ragazze dell’agenzia di fotomodelle
e un uomo alto che vedo per la prima volta, e chissà perché, mi
ricorda vagamente l’uomo di cui ho sentito la voce mentre ero nascosto in un armadio dell’ospedale. Sarà lui?
Mentre rifletto su questo particolare, vedo arrivare con passo incerto Claudio, il pianista fallito e vedovo di Alexandra. Traballa
un po’, deve aver bevuto. Punta dritto verso il dottor Attilio e, malgrado le mani tremino visibilmente, quando gli arriva vicino a pochi
metri, estrae un revolver e gli spara.
Tutti scappano via spaventati. Claudio rimane immobile lasciando
cadere la pistola per terra, prontamente immobilizzato da Stefano.
Capitolo ottavo
73
Lo sconosciuto uomo alto soccorre immediatamente il dottore, il
quale, malgrado la vistosa ferita al petto, si muove e si lamenta.
Dai gesti che compie, così precisi e mirati per aiutare il ferito, mi
convinco che anche lui è un medico.
Malgrado la ferita alla caviglia mi faccia ancora molto male, esco
claudicante da casa afferrando la macchina fotografica per immortalare la scena in cerca di dettagli importanti.
Arrivo insieme alla polizia che arresta Claudio. Mentre l’ambulanza
trasferisce il dottore all’ospedale sopraggiungono anche il commissario D’Ignoto e una gran folla di curiosi. Con mia grande sorpresa vedo uscire dalla casa anche Tina e Betty, sane e salve. Ci
abbracciamo al colmo della felicità.
«Andiamo a casa» dico alle ragazze.
Adesso siamo assieme, ma che strano!... Sembrano tranquille, serene, come se nulla fosse successo. Vorrei tempestarle di domande
ma non ci riesco, mi sento come bloccato e infastidito dalla loro
indifferenza. Ordiniamo delle pizze e, dopo qualche boccone,
Tina mi chiede: «Credi che Giovanni sia stato morso dal serpente?
Credi che abbia sofferto?»
Di rimando io invece le chiedo come hanno fatto a tornare da San
Pietroburgo a Ischia e, soprattutto, come fanno a essere così tranquille e serene dopo tutto quello che è successo e, in particolar
modo, Tina, visto che le hanno ammazzato un uomo a casa! Le in-
74
Una ingarbugliata matassa
timo di parlare, urlando tutta la mia rabbia: «Adesso basta con
questi segreti. Voglio sapere tutta la verità!»
Con riluttanza, Tina comincia a parlare: «Franco, quando mi hai
conosciuta facevo la modella e sai che per le modelle la bellezza
è la cosa più importante in assoluto, quella che ci consente di lavorare e per questo cerchiamo di preservarla intatta il più a lungo
possibile. Il dottor Attilio era già molto famoso come eccellente
chirurgo plastico. Ma era molto caro e io, che non navigavo nell’oro, non potevo permettermelo. Però tutte quante sapevamo, che
se accettavi di sottoporti alle sue sperimentazioni, lui ti operava
gratuitamente. Mi fece uno strano discorso, parlandomi del fatto
che stava studiando un modo per avere una pelle sempre fresca
e giovane senza l’ausilio di farmaci o interventi chirurgici. Mi feci
convincere e dopo pochi giorni mi recai presso il suo laboratorio
all’interno dell’ospedale da cui scappai via terrorizzata non appena vidi sangue dappertutto, ragazze attaccate a strane macchine e tanti, ma tanti serpenti! Anni dopo, quando Betty decise di
rifarsi il seno e seppi che il medico era proprio lui, fui ovviamente
molto preoccupata. Carne di serpente! Ma cosa credeva di fare?»
Le due ragazze notano il fascicolo che avevo sottratto all’ospedale e dico: «È semplicemente mostruoso. Credo che il dottore sia
un uomo mentalmente instabile, anzi sono certo che sia un criminale
psicopatico disposto a tutto per portare avanti la sua folle idea».
Capitolo ottavo
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Nascondo il fascicolo, non so nemmeno io perché. La cosa che
più mi colpisce è che le ragazze non mi abbiano chiesto di leggerlo, e questo mi sembra ancora più strano. Inoltre ancora non si
decidono a spiegarmi come hanno fatto a volare da San Pietroburgo a Ischia così velocemente! È tutto così illogico!
Bussano nuovamente alla porta e sullo zerbino trovo un plico a me
indirizzato. Contiene una busta con su scritto: “Per Franco. Il tuo
amico Giovanni”.
Allontanandomi dalle ragazze inizio a leggere:
“Caro Franco,
quando starai leggendo questa lettera io sarò già morto. Ti chiedo
scusa se ti ho nascosto parecchie cose. Se sono corso a Ischia
quando mi hai chiamato non è stato solo per pura curiosità professionale, ma, in un certo senso, è stato per proteggere i miei interessi. Anni fa iniziai a seguire il caso del dottor Attilio come
semplice cronista, e scoprii talmente tante cose da decidermi di ricattarlo chiedendo, in cambio del mio silenzio, ingenti quantità di
denaro. La somma maggiore la ricevetti in seguito all’uccisione di
Alexandra da parte della moglie del dottore, impazzita dalla rabbia e dalla gelosia per la storia d’amore che i due stavano vivendo. Come tu ben sai, da allora, la donna è scomparsa. Ho
chiesto troppo, e credo che per questo pagherò un prezzo molto
caro. Sono sicuro che cercheranno di far ricadere la colpa della
Una ingarbugliata matassa
mia morte su Fulvia, che in realtà è una povera donna vittima del
fascino del dottore e del suo folle terrore d’invecchiare. Spero sia
almeno una volta furba, e che al momento si trovi al commissariato
a raccontare tutto a D’Ignoto, che è meno scemo di quanto sembri…”
La lettera continua con altri particolari e io mi sento particolarmente sporco e sudicio e mi ritrovo a rimpiangere le mie vere ma
“sane” zone di guerra!
Capitolo ottavo
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CAPITOLO NONO
Questione di soldi
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La lettera di Giovanni mi lascia sconvolto: lui, il mio caro amico
coinvolto in questa triste storia, fino a essere ucciso e senza sapere da chi.
Giovanni prendeva soldi dal dottor Attilio e pretendeva sempre
maggiori compensi per la sua complicità e il suo silenzio sulle storie del dottore.
Resto smarrito per alcuni minuti, ma, non so perché, penso sempre
all’ipotetico dottore, colui che aveva soccorso il dottor Attilio
quando in casa sua Claudio, il pianista fallito e vedovo di Alexandra, gli aveva sparato. Ma come facevano a trovarsi anche
Tina e Betty in casa del dottor Attilio? E se ci fosse stato un complotto? E se l’ipotetico dottore sperasse di sostituire il dottor Attilio, visto il giro di affari che si era creato con il traffico di
modelle-cavie provenienti dall’est? E la moglie del dottor Attilio?
Giovanni aveva scritto nella lettera che la signora aveva pagato
una somma notevole per far uccidere Alexandra, la quale era diventata l’amante del dottore; poi era stato ucciso subito anche lui,
Giovanni, il quale nella lettera aveva detto: “Ho chiesto troppo e
credo che per questo pagherò un prezzo molto caro”.
Il dottor Attilio si sarebbe stancato delle sue richieste?
Questione di soldi
Senza dubbio il dottor Attilio negli anni del suo prestigioso lavoro
aveva accumulato una grande fortuna. Ora, se fosse morto, alla
moglie sarebbe spettata sicuramente l’eredità.
E Betty? Anche lei era stata vittima del dottore. Ma Tina? Cosa
c’entrava Tina?
Finalmente giunge la notte, una tempesta di pensieri affolla la mia
mente, penso a qualche giorno di riposo per riprendermi e vedere
con più chiarezza le cose.
La mattina dopo prendo la macchina, voglio uscire per rilassarmi
un po’, magari una passeggiata vicino al mare potrebbe giovarmi.
Sono le sette. Ischia di solito a quell’ora è tranquilla, non c’è traffico, solo poche macchine.
Nonostante la calma noto subito una cosa: le macchine rallentano
passando vicino all’edicola principale della città. Arrivo davanti
all’edicola e rallento anch’io. Ecco un titolo molto evidente: SPARI
CONTRO UN PRESTIGIOSO CHIRURGO PLASTICO.
Accosto a destra, compro il giornale e leggo velocemente l’articolo. Lo rileggo con calma: “La polizia ha arrestato l’uomo-killer
che ha sparato al prestigioso chirurgo, il quale si trova in condizioni gravi nell’ospedale di Ischia. Proseguiranno le indagini anche
per quanto riguarda la moglie, i collaboratori del dottore e le pazienti che si facevano operare da lui, soprattutto modelle provenienti dall’Est”.
Capitolo nono
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Il dottore, infatti, aveva allontanato la moglie perché questa era
diventata troppo fastidiosa a causa della sua gelosia nei suoi
confronti e per il fatto che egli aveva a che fare soprattutto con
donne giovanissime.
Salgo sulla macchina e riparto per andare a casa: il mio desiderio è quello di dimenticare questa triste storia e di riprendere con
la mia macchina fotografica situazioni più piacevoli che non affliggono l’animo, come mi è successo fino ad ora.
Ed ecco che vedo due persone, che sicuramente saranno famose
perché, si sa, Ischia è nota come l’isola dei Vip.
Avvicinandomi un poco, noto che lei è giovane, bella, alta, con i
capelli biondi e gli occhi di colore azzurro-chiaro; lui, invece,
meno giovane, dai capelli brizzolati e gli occhi scuri.
Ciò che attira la mia attenzione è il loro affiatamento. Passeggiano
sul marciapiede a destra pieno di negozi molto belli; a sinistra, invece, c’è il mare splendido. I due si fermano in un bar a prendere
un caffè, poi riprendono la loro passeggiata fino a quando non arrivano davanti a una gioielleria dove la ragazza indica un anello
incastonato di diamanti. Si trattengono per un bel po’ di tempo
ed escono con un pacchetto tra le mani. Poi vanno verso sinistra,
dove è possibile ammirare il mare bellissimo.
Sento un suono di campane, guardo l’orologio e mi accorgo che
è tardi: devo tornare a casa, non ho nemmeno avvisato Tina e
Betty che sarei uscito, per lasciarle riposare.
80
Questione di soldi
CAPITOLO DECIMO
La verità
Sono sempre molto teso e faccio fatica a rientrare in albergo,
dove io e Tina siamo andati a stare. Quando sono in territorio di
guerra o di rivolta, tutto il mio corpo è vigile a cogliere i segnali
di pericolo e sa cogliere le atmosfere che indicano che potrebbero esserci dei nuovi conflitti. Anche qui ora, a Ischia, è così…
Mi dico che questo stato d’animo è quello che mi ha fatto notare
la coppia affiatata che compra gioielli. Certamente gli altri abitanti dell’isola non l’avranno nemmeno vista!
Ma sento dentro di me anche un’altra inquietudine: che cosa c’entra veramente Tina in tutta questa storia?
Io non riesco a mettere a fuoco i pensieri e non capisco per quale
motivo mi senta così a disagio pensando a lei. Non so proprio chi mi
potrà aiutare. Mi potrò ancora fidare di lei? E Giovanni? Nonostante
il contenuto della lettera, non riesco a liberarmi dell’idea che sia
colpa mia, come se fossi stato io a immischiarlo in tutto questo.
Rientro in albergo, dove Tina e Betty sono serene.
«Ma dove sei finito? Non hai fatto colazione con noi!» dice Tina
un po’ risentita.
«Noi stiamo facendo progetti per il futuro… io vorrei aprire una
pasticceria e lasciare per sempre l’ambiente della moda» dice
Betty, allegra e sorridente.
82
La verità
«Io vorrei solo conoscere la verità; c’è qualcosa che mi sfugge, le
tessere del mio puzzle non sono ancora a posto...» e queste mie
parole rendono l’atmosfera della stanza molto pesante.
«Forse mi dovete raccontare qualche cosa che non so? Forse mi
dovete spiegare come mai non siete andate a Pietroburgo?»
Senza attendere una risposta continuo il racconto della mia giornata: «Oggi, mentre cercavo di catturare immagini di pace e di
colore per dimenticare un po’ le inquietudini, ho visto una bella
coppia. Sembrava una coppia molto affiatata. Diciamo che queste due persone non sono passate inosservate ai miei occhi. Lui
era decisamente un bell’uomo, alto e brizzolato, e lei una giovane
donna. Non capisco perché abbiano attirato così tanto la mia attenzione...»
Mentre formulo questi pensieri ad alta voce un dubbio comincia a
nascere nella mia mente… E anche Tina e Betty ora sembrano un
po’ smarrite!
«Perbacco, ci sono! Lui è l’uomo che ho visto quando mi sono nascosto nell’armadio? Ma chi è e che cosa ci fa in giro a comprare
gioielli?!» dico pensando ad alta voce.
«Tina, io vorrei andare un po’ in riva la mare: a quest’ora il sole è
davvero piacevole. Perché non esci con me?»
Betty interrompe il flusso dei miei pensieri, ma mi accorgo che il suo
umore è molto cambiato, c’è in lei una certa agitazione e con gesti
veloci e confusi inizia a prepararsi per uscire.
Capitolo decimo
83
Sembra che non aspetti nemmeno la risposta di Tina.
Io incrocio lo sguardo di Tina, ma lei abbassa gli occhi.
La conosco da molti anni e questo atteggiamento non è da lei.
«Voi conoscete quell’uomo, lo conoscete molto di più di quello
che vorreste far vedere! Betty, raccontami del tuo Ivan, non so
niente di lui!»
«Perché ti viene in mente, lui è lontano, non c’entra con le tue storie e le tue indagini! Perché continui a fare domande? Non c’è più
nulla da sapere ormai!» risponde lei uscendo.
«Tina, anche tu esci con lei?» mentre spero che mi risponda di no.
«Sì, vorrei proprio accompagnarla…!» è la risposta un po’ sommessa di Tina.
«Io ti chiedo di rimanere: ho urgente bisogno di stare con te!»
Betty allora esce da sola.
«Io non posso più continuare ad avere una relazione con te, non
so più chi ho davanti, non so chi sei veramente... Partirò domani,
non mi vedrai mai più, ma vorrei conoscere la verità!»
«Ti prego, non partire… Provo a raccontarti come sono andate le
cose, anche se è molto doloroso! La mia storia inizia in Russia: sono
nata là, dove ho vissuto l’infanzia, l’adolescenza… E sono stati
anni duri. Ho incontrato Ivan mentre era alla ricerca di modelle da
far lavorare sulle passerelle europee, anche in Italia. Lui mi propose di finanziare i miei studi e di lavorare per una agenzia. Ste-
84
La verità
fano e il dottor Attilio erano i suoi soci e, dunque, i miei datori di
lavoro. È cosi che ho conosciuto Betty e Alexandra.
«Attilio, dopo un po’ di mesi che ero lì, mi raccontò una strana faccenda. Mi parlò di un nuovo siero per un lifting miracoloso. Il siero
si otteneva preparando una soluzione di sangue umano e sangue
di serpente. Attilio, grande chirurgo, mi chiese di diventare socia
nell’affare: io avrei avuto il compito di avvicinare le modelle a cui
somministrare il magico prodotto di bellezza. Per le modelle sarebbe stato veramente interessante e per me una grande fonte di
guadagno.
«Avvicinai così Fulvia, perché era sempre molto preoccupata del
suo aspetto fisico, non si piaceva. Si sentiva brutta e inadatta a
fare la modella. Fu la prima cliente. Poco per volta i guadagni aumentarono e le modelle diventarono carne da macello. Alexandra è una mia vecchia amica. Lei e Claudio si conobbero a
Mosca. Lui era in tournée con un piccolo gruppo di musicisti. Si innamorarono follemente e lei lo seguì qui in Italia. Mi contattò appena arrivò in Italia. Io le proposi di lavorare con noi come
modella e anche a lei proposi il trattamento fantastico. Ahimè, Attilio mise gli occhi su di lei. In breve divennero amanti sotto gli
occhi di tutti. Anche la moglie di Attilio, Giulia, si sentì mortalmente
ferita da questa relazione così evidente... Chissà… ad ammazzare
Alexandra potrebbe essere stata proprio Giulia per vendetta…
Capitolo decimo
85
86
«Hai ragione: Ivan è proprio il socio di Attilio. Giulia e Ivan potrebbero essere complici… Lui potrebbe averla convinta a fare
una passeggiata con lei… I colori di Fulvia potrebbero essere
una falsa pista… Ivan non vuole rimanere per tutta la vita il socio
di minoranza, vorrebbe essere lui il titolare dell’azienda e l’unico
ad utilizzare il prodotto! (Ma sarà la moglie del dottore la ricca
ereditiera…)
«Quando Betty si ammalò, tutti nostri affari ebbero un crollo e nell’ambiente si cominciò a pensare che il suo cancro potesse essere
causato dal siero prodotto dal sangue di serpente. Anche Betty
si convinse di questa ipotesi e poco per volta cominciò a fare e
a porsi domande…, fino a costruire il suo romanzo autobiografico».
Poco per volta, mentre Tina parla, nella mia mente si compone un
quadro molto complesso e anche molto triste ed io mi sento preso
in giro.
«Comincio a capire… Non avevate nessun bisogno di andare a
Pietroburgo, Ivan era qui con voi!»
«Nessuno poteva permettersi di lasciare che Betty ti desse la sua
biografia. Nel suo romanzo ci sono tutti i suoi sospetti, tutti i suoi interrogativi, e per un bravo detective non sarebbe difficile trovare
le prove e trovare altri indizi. Tu non potrai usare contro di me ciò
io che io ti sto raccontando, perché nessuno ti crederebbe! Io doLa verità
vevo controllare Betty e Ivan aveva il compito di sottrarti quel documento».
«Betty pensa che tu sia la sua migliore amica!»
«Neanche Giovanni era tuo amico! Lui ci ricattava tutti. Aveva
scoperto l’affare che c’era dietro all’agenzia di moda, mentre preparava un reportage sul lavoro delle ragazze dell’est in Italia.
Anche lui sperava di guadagnare moltissimo. Tutti erano stufi di
dover regalare dei soldi a quel tipo! Era uno sporco ricattatore».
«Ma allora chi lo ha ucciso? Ivan forse?»
«Io non ti dico nulla, ma quella sera in cui è stato trovato Giovanni, Ivan avrebbe dovuto venire in questa casa per cercare il
romanzo di Betty, mentre io e lei eravamo prigioniere. Giovanni
avrebbe forse voluto fare la stessa ricerca che stava facendo
Ivan. Si sono incontrati e… forse Ivan aveva con sé del veleno di
serpente…»
Troppe persone sono entrate a far parte di questa impresa, sta
diventando troppo pericoloso per tutti! Dentro di me è ancora
tutto confuso: dove saranno Giulia, Stefano e Betty? Sono in pericolo?
Dentro di me si scatena una grande battaglia. Il dovere morale
del giornalista è raccontare la verità, ma che cosa posso farne di
queste verità?
Capitolo decimo
87
CAPITOLO UNDICESIMO
La scoperta
88
Dopo una notte insonne, con la mente affollata da mille domande e
tanti pensieri, il mattino seguente, ancora intorbidito, decido di fare
una passeggiata sulla riva del mare, per svagarmi da tutti quei pensieri che da tempo offuscano la mia mente. Velocemente mi vesto e
finalmente per la prima volta posso camminare senza l’aiuto della
sedia a rotelle o delle stampelle.
Arrivo in spiaggia, è ancora deserta, mi siedo sulla sabbia leggermente umida e, osservando il mare calmo, cerco di svuotare la mia
mente dalle tante preoccupazioni, ma c’è qualcosa che mi riporta
alla realtà. Da quando Tina mi ha rivelato di essere complice in questa storia, su cui io da tempo stavo indagando, qualcosa in me è
cambiato. Non riesco più a provare quell’amore che mi teneva legato a lei, poiché mi sento tradito e non riesco più a fidarmi della ragazza che tanto amavo.
Essendo un fotoreporter avrei il compito di raccontare la verità, ma
c’è una parte di me che mi spinge a non farlo.
Ormai è giunto mezzogiorno; assalito dalla fame decido di recarmi
in un piccolo ristorante che si trova non molto distante dalla spiaggia. Entrato nel locale intravedo una coppia che colpisce la mia attenzione, lei giovane, lui un uomo di mezza età. Osservandoli meglio
La scoperta
riesco a capire che la ragazza è Tina. Decido di seguire la coppia:
però per non farmi riconoscere, mentre loro guardano dei vestiti in un
negozio, io mi reco in una bottega che vende vestiti usati e compro
un lungo impermeabile nero con un capello. Una volta completato il
mio travestimento, vedo che i due si dirigono verso la casa del dottor Attilio. Riesco a intrufolarmi dalla porta del seminterrato e sento
che i due stanno complottando un piano per mettere fine a questi
esperimenti dannosi per l’organismo umano e lasciare definitivamente
l’isola per vivere il loro amore allo scoperto. Ritorno in albergo per
aspettare il suo rientro, passano delle ore, ma lei non ritorna. Così
decido di chiamarla.
«Ciao, Tina, sono Franco, volevo chiederti: tra quanto vieni?»
«Ehi dimmi, ho tardato perché dovevo terminare un lavoro per una sfilata di domani, ma ritornerò tra poco!»
«Ok, ti aspetto. Devo parlarti».
Dopo due ore sento bussare alla porta. Eccola, è ritornata.
«Amore, tutto bene?»
«Cosa hai fatto di bello?»
«Ho trascorso la giornata al lavoro».
Sentendo quelle parole ho la certezza della sua falsità.
Allora, stanco di quelle bugie, rispondo: «Ma per quanto tempo hai
intenzione di mentire? Pensi che io sia uno stupido? Oggi ti ho visto
con il dottor Attilio, sai? E ho avuto la certezza della tua disonestà».
Capitolo undicesimo
89
Lei con gli occhi lucidi mi guarda e risponde: «Se proprio devo essere sincera, sono stanca di tutta questa storia; infatti, oggi ho firmato alcuni documenti per uscire da questa società».
Ancora dubbioso non so se crederle oppure no. Nella mia mente ho
una gran confusione, troppe storie si stanno intrecciando fra di loro:
la morte di Alexandra e quella di Giovanni e tutto il resto.
Mi sento come un pesce fuor d’acqua, non so più di chi fidarmi, sono
circondato da persone disoneste. A un tratto la mia vacanza si è
trasformata in un vero e proprio incubo, mi sembra di vivere una delle
tante guerre documentate per lavoro, però più terribile, in quanto
sebbene una guerra coinvolga sempre l’intera collettività, questa
storia ha completamente distrutto la mia esistenza.
Ho voglia di abbandonare tutto, ma non posso; devo capire chi ha
ucciso la giovane ballerina e il mio amico. Cerco di ricostruire nella
mia mente un quadro della situazione e ripenso agli indizi trovati sul
luogo del delitto. Sulla spiaggia il foulard con macchie di pittura
d’olio e nel mio vecchio appartamento il serpente. Tutti oggetti che
mi fanno ripensare a Fulvia, la temibile pittrice, ma non c’è nessuna
prova che possa incastrarla.
Stanco decido di andare a letto. Fortunatamente riesco ad addormentarmi sperando che domani possa essere un giorno migliore.
Dalla finestra penetrano i primi raggi solari che mi inducono a svegliarmi.
90
La scoperta
Oggi decido di ritornare a casa di Attilio per cercare delle prove
che possano darmi un aiuto a risolvere questo mistero con la speranza che oggi sia il mio ultimo giorno da detective.
Arrivato nei pressi dell’abitazione, entro dalla porta del seminterrato.
Fortunatamente non c’è nessuno in casa e così mi metto alla ricerca
di qualche indizio. Inizio a rovistare in alcuni mobili, ma non trovo
niente fino a quando decido di cercare in bagno e, sotto una vecchia mattonella, trovo un fascicolo sul quale sono elencati i nomi di
tutte quelle persone sottoposte a quegli orribili esperimenti. Oltre al
nome di Betty c’è anche quello di Tina che non solo fa parte della
società ma è stata anche usata come cavia.
Decido di recarmi dalla polizia perché non posso più tenermi dentro
tutti questi segreti, altrimenti diventerei un complice.
Ad accogliermi in ufficio c’è proprio il commissario D’Ignoto che con
molto stupore mi chiede come mai sia passato da quelle parti.
«Buongiorno commissario, oggi sono qui per consegnarle un documento molto importante: ho deciso di mia spontanea volontà di raccontarle tutto quello che so su questo mistero».
Inizio con il raccontare e noto che il commissario segue ogni mia parola con molta attenzione. Dopo un lungo discorso, il commissario mi
ringrazia di tutte quelle notizie che gli ho fornito e mi dichiara, anche
se non potrebbe, che ha deciso di convocare Tina che risulta una
delle persone indagate.
Capitolo undicesimo
91
Il giorno successivo la mia ex-ragazza viene convocata al commissariato e sottoposta a un lungo interrogatorio, che dura all’incirca otto ore. Non ritorna in albergo e io, impaurito, mi reco al
commissariato e lì vedo che stanno arrestando Tina per aver confessato di aver commesso l’omicidio della ballerina e quello di Giovanni.
Il commissario mi chiama in disparte e mi racconta tutta la vicenda.
«Tina, la ragazza dal viso d’angelo, con il suo sguardo dolce è riuscita ad abbindolare tutti voi come dei burattini, ma noi del commissariato che lavoriamo da tempo in questo ambiente, siamo
riusciti a far confessare tutto alla tua ex. Nella parte iniziale dell’interrogatorio ha cercato di mentire ma non ha avuto la stoffa di
sopportare quelle domande essendo colpevole. Avendo la testa
confusa, ha iniziato a raccontare tutto. In una giornata d’estate,
lei ha chiamato Alexandra, che aveva conosciuto in Russia
quando lavorava come designer per abiti per ballerine, l’ha chiamata e con una scusa l’ha invitata nel suo appartamento e l’ha
uccisa con due colpi alla nuca. Successivamente ha portato il
corpo sulla spiaggia e accanto ha posto il foulard per deviare i
sospetti. Poi ha scoperto che in qualche modo Giovanni aveva ricostruito l’orribile delitto e, per paura che potesse raccontare
tutto, lo ha ucciso. Tina ha commesso questi omicidi perché si era
follemente innamorata del dottor Attilio, che da quando aveva
92
La scoperta
conosciuto la ballerina non aveva più dato attenzione a lei. Sentendosi esclusa aveva deciso di fare fuori la sua rivale».
Io, stupefatto dal racconto, rimango pietrificato. Anche se da un po’
avevo qualche dubbio, dopo il lungo colloquio con il commissario
decido di fare la valigie per abbandonare per sempre l’isola che ha
sconvolto la mia vita.
Però, nonostante tutte queste sventure, il lato positivo di tutto ciò è
che questa storia mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto capire che persona ho davanti.
Sono trascorsi circa dieci mesi da quando Tina è stata arrestata insieme al dottor Attilio e questi mesi di lontananza mi hanno trasformato in un altro uomo: ho imparato a guardare la vita con occhi
diversi, realizzando che molte volte per cercare il colpevole non bisogna guardare lontano, perché spesso si trova proprio vicino a noi.
Oggi sono qui sulla riva del mare per guardare l’ultimo tramonto di
questa giornata estiva e, con un po’ di malinconia, ho deciso di lasciare definitivamente questa isola dei misteri, mettendo una pietra sul
passato e pensando al presente.
Presto ritornerò al mio paese natale, Venezia, ed eserciterò il mio lavoro di fotoreporter, valorizzando le bellezze del mio paese. Cercherò di farmi una famiglia, però, questa volta starò attento alla
donna che sceglierò.
Capitolo undicesimo
93
APPENDICE
1. Intrighi nell’ombra
Istituto d’Istruzione Superiore di Leonforte – Classi I A, II B/C
Dirigente Scolastico
Antonella Tedeschi
Docente referente della Staffetta
Rosa Giangrasso
Docenti responsabili dell’Azione Formativa
Rosa Giangrasso, Maria Maddalena Pisani
Gli studenti/scrittori delle classi I A, II B/C
Giulia Roberti, Nerea Calcerano, Alessandro Livolsi, Valentina Astrini, Federica
Manno, Alessia Ciurca, Andrea Camiolo, Davide Maurizi
Hanno scritto dell’esperienza:
“… Elaborare immagini, dar corpo a delle idee ed a tutto ciò che l’ immaginazione fa emergere in ognuno noi, ci ha permesso di crescere sia dal punto di
vista culturale che della formazione della persona. E’stato bello dialogare, confrontarsi, scambiarsi punti di vista, talora molto diversi, per poi giungere ad un
punto d’intesa e di raccordo. Ma la cosa più entusiasmante è stata quella di
scrivere, di immedesimarsi nella vita degli altri e di ‘vivere’ la vita dei personaggi
come un vero scrittore. Non crediamo che siano occasioni comuni nella vita quotidiana. Tale esperienza ci ha consentito di viaggiare con la fantasia, di immaginare intrighi, vicende del tutto originali, ma soprattutto ha suscitato in noi forti
emozioni, che rimarranno per sempre impresse nel ‘diario’ del nostro percorso scolastico”.
APPENDICE
2. Una notte buia e tempestosa
I.T.G. “Galileo Galilei” di Benevento – Classi I/II A
Dirigente Scolastico
Grazia Ermenegilda Pedicini
Docente referente della Staffetta
Sofia Cerza
Docenti responsabili dell’Azione Formativa
Sofia Cerza, Brunella Mauriello
Gli studenti/scrittori delle classi
I A - Augusto Barbato, Adolfo Ciotta, Antonio Coppolaro, Antonio D’apollonio,
Antonello De Blasis, Gabriele De Guida, Quirino Feleppa, Gianluca Pio Iannace,
Antonio Iannuzzi, Gianmarco Morante, Mario Junior Nazzaro, Pasquale Panaggio, Gino Panza, Nicola Paolo, Francesco Peluso, Gianmarco Pirone, Nicola Zotti
II A - Dario Laudato, Giovanni Romagnoli, Gabriella Radice, Giovanni Possemato, Andrea Maturo, Francesco Monte, Diego Lombardi, Marco Guerrera, Annunziata D’alessio, Quirino Palumbo, Luca Calabrese, Luigi Pastore, Mattia
Marchetti
Hanno scritto dell’esperienza:
“… Gli alunni si sono espressi in maniera positiva, in quanto si sono sentiti coinvolti in un’esperienza del tutto nuova; è stato entusiasmante calarsi nei panni di
scrittori dilettanti, ed ora sono ansiosi di leggere il prosieguo del romanzo. Il passaggio dalla teoria (stanno studiando il testo narrativo) alla pratica ha permesso loro di capire appieno la struttura del testo e cominciare a maturare con
gradualità quelle competenze che scaturiscono da conoscenze ed esperienze
sul campo”.
APPENDICE
3. Pelle di serpente
Liceo-Ginnasio Statale di San Demetrio Corone – Classi II A/B
Dirigente Scolastico
Concetta Smeriglio
Docente referente della Staffetta
Anna Martino
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Anna Martino
Gli studenti/scrittori della classe
II A - Erminia Azzinnari, Ida Bellucci, Teresa Busa, Alessia Caputo, Paolo Caputo,
Lucia Cozzolino, Antonio Fusaro, Alessandro Lifrieri, Marta Longo, Margherita Pavano, Francesca Provenzano, Martina Viteritti
II B - Bina Avato, Fiorenzo Azzinnari, Teresa Cozzolino, Adelaide Curino, Cosimo
Gangitano, Adele Liguori, Lucia Luzzi, Alessandra Matrango, Antonella Meringolo, Salvatore Meringolo, Demetrio Oriolo, Elena Rotondaro, Adriana Sposato
Hanno scritto dell’esperienza:
“… È il primo anno che partecipiamo a questa avvincente attività, perciò all’inizio eravamo un po’ preoccupati e insicuri su come avremmo svolto il nostro lavoro, ma leggendo e commentando l’incipit e i primi due capitoli il nostro
desiderio di scrivere è aumentato e le idee sullo svolgimento della storia sono diventate sempre più chiare. Nel nostro capitolo abbiamo introdotto il commissario e abbiamo delineato la figura di un personaggio che ci incuriosiva.
È stata sicuramente un’esperienza nuova che ha rafforzato le nostre capacità di
scrittura e di collaborazione.
È un’esperienza da rifare”.
APPENDICE
4. Il mistero di Tina
I.I.S. “Cenni – Marconi” di Vallo Della Lucania – Classe II A Costruzione Ambiente
e Territorio
Dirigente Scolastico
Cosimo Petraglia
Docente referente della Staffetta
Maria Pia Ferraioli
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Paola Borghese
Gli studenti/scrittori della classe II A
Damiano Agresta, Angelo Astore, Pierpaolo Cerbone, Antonio Cortese, Stefano
Detoma, Angelica Di Matteo, Walter Di Matteo, Nazareno Ferra, Celestino Iacovazzo, Davide Iannuzzi, Miryem Ikramallah, Velia Magno, Janaina Mautone,
Carmine Palladino, Pasquale Palma, Gianpaolo Rizzo, Eduardo Santoro, Valentina Vargiu, Oreste Villani
Hanno scritto dell’esperienza:
“… Premesso che l’esperienza di scrittura è un esercizio di libertà e di educazione all’ascolto del proprio io, non nascondiamo che abbiamo provato immenso piacere nell’imbarcarci, anche con una certa leggerezza, in questa
magnifica avventura ed esplorazione, che è l’invenzione e la creazione”.
APPENDICE
5. La vera bellezza
ITI “G. B. Lucarelli” di Benevento – Classi Elettrotecnica ed Elettronica I/II EEA
Dirigente Scolastico
Maria Gabriella Fedele
Docente referente della Staffetta
Maria Rosa Ferravante
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Brunella Bifani
Gli studenti/scrittori delle classi
II EEA - Domenico Varricchio, Carmine Cavuoto, Rossella Checola, Ilaria Lombardi
I EEA - Chiara Ciampi, Luca Muto, Marco Zollo, Giuseppe Oliva
Hanno scritto dell’esperienza:
“… Gli alunni hanno partecipato con entusiasmo al Laboratorio di scrittura creativa.
Nel corso delle attività didattiche abbiamo letto e commentato i capitoli scritti
dalle scuole che ci hanno preceduto e, nella fase di stesura del capitolo, i ragazzi hanno partecipato con grande coinvolgimento emotivo.
Il lavoro è stato particolarmente interessante in tutte le sue fasi, e i ragazzi hanno
affermato che l'attività di scrittura creativa ha suscitato in loro un rinnovato entusiasmo nello svolgere le quotidiane attività didattiche. Gli alunni sono interessati a continuare l'esperienza del Laboratorio di scrittura creativa anche in
futuro”.
APPENDICE
6. Un intricato puzzle
I. S. “Majorana” di Moncalieri - Classe II A
Dirigente Scolastico
Franco Zanet
Docente referente della Staffetta
Mariella Nicola
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Mariella Nicola
Gli studenti/scrittori della classe II A
Mattia Azzarelli, Daniela Belvedere, Marta Boccardo, Francesca Bognanni,
Carla Cafasso, Stefano Cersosimo, Angela Cindea, Chiara De Filippis, Miriam
Greco, Zakariya Macghoul, Gianmarco Mancini, Simone Melato, Matteo Panizza,
Jacopo Rampino, Edoardo Reni, Pasquale Sassi, Matteo Trentin, Marta Zappavigna
Hanno scritto dell’esperienza:
“… Inserirsi in un thriller o, almeno, in una storia che tale è diventata attraverso
le penne di tanti giovani scrittori, non è mai semplice: implica umiltà, raziocinio e
creatività. A queste doti i ragazzi di questa classe hanno saputo aggiungere
una buona dose d'ironia e di sense of humour, creando macchiette come quella
del commissario, più interessato al pranzo che all'inchiesta. E per di più sono alla
loro prima esperienza in assoluto nell'ambito di una staffetta letteraria. Come coordinatrice di tutte e tre le classi della sezione scientifica del I. S. Majorana di
Moncalieri (To), posso affermare che questi sono gli studenti che mi hanno dato
le maggiori soddisfazioni, tanto che a loro è stata affidata la compilazione dei
20 lemmi del Dizionario della Legalità, per veri e propri meriti sul campo. Impresa
portata a termine, anche questa, con un certo successo. Bravi tutti”.
APPENDICE
7. La tana del serpente
IIS "M. Buniva" di Pinerolo - Classe II A Sez. C.A.T.
Dirigente Scolastico
Danilo Chiabrando
Docente referente della Staffetta
Silvia Cavallotto
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Silvia Cavallotto
Gli studenti/scrittori della classe II A Sez. C.A.T.
Pietro Barbarossa,Emanuele Beltramo, Andrea Bianco, Davide Bizzini, Francesco
Blanc, Marcello Bruno, Massimiliana Bozzelli, Alonso Carrillo, Davide Dana, Gabriele Gallicchio, Federico Gastaut, Lorenzo Laganà, Alessandro Martini, Gabriele Mioci, Stefano Panero, Giuseppe Pecora, Martina Pezzo, Giulia Raffa,
Patric Rossa, Brayan Ruffinatto, Claudia Ruffinello, Josuè Silva Caceres, Alberto
Ughetto, Vello Pietro, Marco Vignolo, Alberto Viotto, Francesca Vurruso
Hanno scritto dell’esperienza:
“… Quella della Scrittura Creativa è stata un’esperienza positiva e gratificante,
in cui hanno trovato spazio tutti gli alunni, tra i quali si sono rivelati anche alcuni
talenti sino ad allora nascosti”.
APPENDICE
8. Una ingarbugliata matassa
I. I. S.S. “Leonardo Sciascia” di Erice - Classe II H - Casa Circondariale - Sez.
Mediterraneo
Dirigente Scolastico
Andrea Badalamenti
Docente referente della Staffetta
Efisia Mattana
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Efisia Mattana
Gli studenti/scrittori della classe II H - Casa Circondariale - Sez Mediterraneo
Nardino Calamia, Fabrizio Castelli, Salvatore Dell'Aquila, Claudio Demuro, Salvatore Isaja, Liborio Pavoncelli, Mario Tarda
Hanno scritto dell’esperienza:
“… E' stata un'esperienza molto sentita e ampiamente condivisa. Tutti gli alunni
si sono davvero impegnati nella costruzione del capitolo, raffrontandosi e confrontandosi di continuo. Si sono divertiti un mondo a cercare soluzioni credibili per
questo giallo pieno di colpi di scena e fitto di mistero. Lo hanno trovato molto
intrigante e stimolante e si sono davvero impegnati, con dibattiti accesi e convincenti, a cercare di dipanare la matassa. Hanno perfettamente compreso che
gli si chiedeva di lavorare su un testo letterario usando la loro fantasia e libertà
di espressione usando termini ed espressioni a loro dolorosamente noti, ma che
qui hanno assunto un significato catartico e liberatorio. Centrando perfettamente
l'obiettivo: la scrittura come libera espressione del pensiero”.
APPENDICE
9. Questione di soldi
Istituto di Istruzione Superiore “T. Confalonieri“ di Campagna - Classe I A linguistico
Dirigente Scolastico
Italo Cernera
Docente referente della Staffetta
Liberato Taglianetti
Docente responsabile dell’Azione Formativa
Costanza Capaccio
Gli studenti/scrittori della classe I A linguistico
Hanno scritto dell’esperienza:
“… Ci teniamo a sottolineare che scrivere in staffetta è stata una esperienza
molto stimolante per gli alunni che hanno avuto modo di far leva sulla propria sensibilità e abilità di scrittori in erba per contribuire alla realizzazione del proprio
libro”.
APPENDICE
10. La verità
Circolo Didattico “A. Gabelli” di Torino - Classi LA (mattino), LB (preserale), LC (due classi
Preserale serale)
Dirigente Scolastico
Annunziata Del Vento
Docente referente della Staffetta
Annunziata Maldera
Docenti responsabili dell’Azione Formativa
Elena Gobbi, Annunziata Maldera, Elena Sasso
Gli studenti/scrittori delle classi
LA (mattino) - Zohara Aalam, Edith Arasomwan, Abderrahmane Fatihi, Majida Machmachi, Abdelhamid Moh Ayaman Mosaad, Happines Ogbonnaya, Iyobor Omoruyi , Antonia Osage,
Angela Oyamlelen, Salaco Success
LB (preserale) - Abdelhamed Ali Saber, Arid Mohamed, Armiao Acha Abdoul Rashid, Asgoom
Amhretab, Chour Nourredine, Ciobanu Ileana, Costantin Ana Maria, Demba Samba, El Badaoui Ahmed, Guira Wilson Bartolome, Guzman Minaya Yaquelin, Halilovic Renato, Hassan Mohamed, Hatafi Rachid, Ijeoma Samuel Chijioke, Kande Maudo, Lachheb Laila, Manyani Bilal,
Matei Iulian, Mohamed Abdellah, Moumne Bahija, Moussati Mohamed, Musumadi Katana, Naouaoui El Kabir, Ntumbh Mukaba, Ofeimun Sunday, Ogunnjimakin Abigeal, Rustami Mustafa, Samahni Hamid, Santosv Silva, Yade Demba, Tesfay Hyry, Zahir Ilham, Zimbi Marie Jeanne
PLC Preserale – Samir Abdeualil, Mehjouba Batich, Goniel Cano Rodriguez, Maria Danilo, Antonela Dascalescu, Jose Martin Facho Rivas, Dionisia Iatco, Lnna Lastauka, Luliia Lichman,
Mohamed Loubadi, Halima Madi, Abdelkader Mangouchi, Gaurillulian Mihalescu, Cristina
Moisa, Marius Moisa,Daniel Negru, Kamady Sissoko, Elena Taban, Cornelia Timofei, Ibrahim
Traore, Leinnon Javier Velasco Songora, Natallia Vialichka
Plc Serale - Tarikua Abera, Rosimary Alves Da Silva, Ana Maria Casineanu, Olesea Coropceanu, Sabina Craciun, Christian Duchi Almeda, Renato Figueroa Ayora, Maudo Kande, Sarah
Jane Mackean, Lrina Melnicendo, Monika Mino, Alexandru Nicoara, William Quispe Romani,
Marco Rengifo Woolcoti, Lulian Rotaru, Andrea Salerno, Adrien Sakagne Tine, Mihail Tirdea,
Vasile Tomita
Hanno scritto dell’esperienza:
“… La scrittura del capitolo è stata una esperienza interessante di lettura, discussione collettiva e creazione collettiva...”
per leggere l’intero commento www.bimed.net link: staffetta di scrittura creativa
APPENDICE
11. La scoperta
I.P.S.S.E.O.A. Istituto Professionale di Stato “Marco Pittoni” Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità Alberghiera di Pagani - Classe II F-Alberghiero
Dirigente Scolastico
Rosa Rosanna
Docente referente della Staffetta
Annamaria Simeone
Docenti responsabili dell’Azione Formativa
Valeria Cicalese, Antonio Battipaglia
Gli studenti/scrittori della classe II F
Rossella Annunziata, Antonio Arpaia Agnotti, Giuseppe Cervetti, Luigi Cioffi, Domenico De Benedettis, Giuseppe Ievolella, Rosario Iorio, Annalisa Irace, Umberto
Mandile, Gerardo Maria Maresca, Anna Teresa Pauciulo, Maria Giuseppina Pauciulo, Andrea Pelo, Teresa Pepe, Attilio Petrosino, Pasqualina Vastola
Hanno scritto dell’esperienza:
“…L’esperienza di Scrittura Creativa e collettiva ci ha dato la possibilità di sperimentare nuove forme di apprendimento e di conoscenza. Emozionante l’attesa
di un nuovo capitolo, per scoprire di volta in volta, lo svilupparsi della trama
sempre più intrigante e misteriosa, soprattutto per noi che ci siamo cimentati nella
scrittura dell’ultimo capitolo e quindi nella scelta del finale di questo romanzo
giallo. Per la prossima staffetta proponiamo la possibilità, tramite il portale di
Bimed, di poter tenere dei contatti con gli altri studenti scrittori e poter condividere con tutti, momento per momento, questa esperienza bellissima”.
NOTE
NOTE
NOTE
NOTE
INDICE
Incipit di ANDREA ESPOSITO ........................................................................pag
16
Cap. 1 Intrighi nell’ombra ........................................................................................»
20
Cap. 2 Una notte buia e tempestosa ................................................................»
28
Cap. 3 Pelle di serpente ........................................................................................»
34
Cap. 4 Il mistero di Tina ..........................................................................................»
42
Cap. 5 La vera bellezza ........................................................................................»
50
Cap. 6 Un intricato puzzle......................................................................................»
56
Cap. 7 La tana del serpente ................................................................................»
64
Cap. 8 Una ingarbugliata matassa ....................................................................»
70
Cap. 9 Questione di soldi ......................................................................................»
78
Cap. 10 La verità ....................................................................................................»
82
Cap. 11 La scoperta ..............................................................................................»
88
Appendici ....................................................................................................................»
94
Finito di stampare nel mese di aprile 2014
da Tipografia Fusco, Salerno