Cultura - ANARPE
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40 Martedì 21 Febbraio 2017 Corriere della Sera # Cultura Oggi la celebrazione della Lingua madre Online eventi e video www.corriere.it/lalettura Oggi è la Giornata della Lingua madre, istituita dall’Unesco per promuovere la diversità linguistica. La data ricorda il 21 febbraio 1952, quando diversi studenti bengalesi dell’Università di Dacca furono uccisi dalla polizia del Pakistan (che allora comprendeva l’attuale Bangladesh) mentre protestavano perché il bengalese fosse riconosciuto lingua ufficiale. Su corriere.it/ lalettura Ida Bozzi racconta le L’indirizzo I lettori possono scriverci all’indirizzo email laLettura @corriere.it iniziative nel mondo. Inclusa quella di Fabrica, centro di ricerca con sede a Treviso e parte integrante di Benetton Group: sul sito i progetti multimediali di alcuni borsisti. Online anche la fotostoria di Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, che firma la colonna sonora del film di Giovanni Veronesi Non è un paese per giovani. Su «la Lettura» in edicola fino a sabato l’intervista al musicista di Teresa Ciabatti. L’indagine di Giorgio Ravegnani (Laterza) su una vicenda oggetto di parecchie trasposizioni letterarie, i cui contorni restano incerti. Certamente la congiura non nacque da una vicenda personale, ma fu il prodotto di un calcolo politico di Paolo Mieli N ella notte tra il 15 e il 16 aprile 1355 il doge Marino Falier prese parte a una congiura atta a sovvertire i poteri veneziani. Forse addirittura la ordì. Lo avrebbe fatto perché adirato con i nobili della sua città, i quali, a suo giudizio, non lo avrebbero difeso con un’adeguata condanna del giovane patrizio Michele Steno (futuro doge) reo di aver oltraggiato lui e la sua giovane moglie: il nobile avrebbe scritto sulla sedia del doge «Marin Falier de la bela moier, altri la galde (la gode) e lui la mantien». Ma il complotto fallì. Scoperto, Falier fu mandato a morte: immediatamente, la sera del 17 aprile, gli venne tagliata la testa. La sua immagine fu poi rimossa dal Palazzo Ducale, dove venivano esposti i ritratti dei dogi, e sostituita dalla scritta «Questo fu il posto di ser Marino Falier decapitato per il crimine di tradimento». Quando poi, più di un secolo dopo, il Palazzo Ducale andò in fiamme (1577), al posto del quadro che avrebbe dovuto ritrarlo fu vergata una nuova scritta con l’intento di ricordare come Falier fosse stato l’unico doge mandato a morte in quel modo atroce per aver tradito le istituzioni. Giorgio Ravegnani, in Il traditore di Venezia. Vita di Marino Falier doge (Laterza), riesamina quella lontana vicenda prendendo le distanze sia dalla versione, per così dire, romantica che ne fu data all’inizio, sia da quelle più politiche dei secoli successivi. La storia è nota perché ad essa — oltre alle molteplici trattazioni teatrali, nonché ai quadri di Robert Fleury, Eugène Delacroix e Francesco Hayez — Lord Byron dedicò (nel 1820) una celebre tragedia. Byron — come lui stesso raccontò in seguito — fu inizialmente colpito dall’aspetto passionale di quell’affaire. Successivamente un amico, Matthew Lewis, gli fece osservare che se avesse proposto un Falier geloso si sarebbe messo «in contesa con gli scrittori ormai consolidati, per non parlare di Shakespeare, e con un argomento già sfruttato». Decise allora di fare del «suo» Falier una sorta di precursore del Risorgimento, presentandolo come «un rivoluzionario ante litteram che tenta di liberare Venezia dai tiranni da cui è dominata». Un personaggio «perfettamente adattato ai modelli della propaganda repubblicana dell’epoca». Al Falier morente, fa notare Ravegnani, vengono messe in bocca da Byron «frasi meravigliose ma alquanto fuori luogo in quello che dobbiamo presumere essere stato il vero contesto storico». In un libro della seconda metà dell’Ottocento, Le dogaresse (recentemente riproposto dall’editore De Bastiani), Pompeo Molmenti giustificò Byron, pur con una punta di ironia: «Il poeta non guarda le pergamene, non cerca L’UNICO DOGE DECAPITATO COME FALLÌ L’INIZIATIVA DI MARINO FALIER PER SOVVERTIRE LA REPUBBLICA DI SAN MARCO Musicista Il compositore bergamasco Gaetano Donizetti (1797-1848), autore di molte opere liriche, ebbe un grande successo anche a livello internazionale. Tra l’altro fu direttore artistico del Teatro San Carlo di Napoli dal 1822 al 1838. La sua opera Marin Faliero, su libretto di Giovanni Emanuele Bidera, esordì a Parigi il 12 marzo 1835 di risuscitare il passato su le testimonianze storiche, ma crea una storia nella quale solo documento è la fantasia che si lascia attrarre dal fascino delle lontananze, dai vani fantasmi della tradizione lusingatrice». Stesso discorso dovrebbe valere per l’opera che alla decapitazione del doge dedicò, nel 1835, Gaetano Donizetti, su libretto di Giovanni Emanuele Bidera. In essa la moglie del doge è calunniata da Steno, ma ama in segreto il nipote di Falier, Fernando; Steno uccide Fernando e Falier ordisce la congiura per vendicare il congiunto; scoperto, viene mandato al patibolo, sua moglie gli confessa l’amore per il nipote e lui, in punto di morte, la perdona. Sulla falsariga di tale versione venne realizzato, nel 1909, un film muto di cui regista e interprete principale fu Giuseppe De Liguoro. Ma torniamo ai tempi del doge decapitato. La vicenda colpì, all’epoca, Francesco Petrarca, il quale, pur con qualche cautela, parteggiò per i nobili che avevano mandato a morte Falier, talché raccomandò ai futuri capi veneziani di considerarsi non «padroni» bensì «onorati servitori» della Repubblica. E allora cosa c’è che non torna in quella vicenda di sette secoli fa? Già nell’Ottocento uno dei più celebri storici di Venezia, Samuele Romanin, fece osservare che del presunto oltraggio da parte del giovane nobile «nulla dicono i più antichi e migliori cronisti, i quali non fanno punto parola dello Steno». Cristina Nadin ha curato con Lorenzo Somma Marin Faliero, lo sventurato doge di Venezia con i testi di Lord Byron e Marino Sanudo (Edizioni Anordest), la considera a tutt’oggi una storia mai definitivamente chiarita. Ravegnani fa presente che quando Falier divenne doge aveva all’incirca settant’anni, un’età a quei tempi assai avanzata, pur essendo lui ancora vigoroso e intellettualmente lucido. Era inoltre molto ricco, cosa che, si pensava, lo avrebbe reso immune da ogni forma di avidità. Qualità rimarcate da Giovanni Giacomo Caroldo, che scrisse due secoli dopo la sua morte: secondo Caroldo, Falier Bibliografia Nel Trecento la Serenissima visse momenti assai difficili Uscirà in libreria il 2 marzo prossimo il saggio di Giorgio Ravegnani Il traditore di Venezia. Vita di Marino Falier doge (Laterza, pagine 168, e 18). Ravegnani, nato a Milano nel 1948, è docente di Storia bizantina presso l’Università di Venezia. L’editore Dario De Bastiani di Vittorio Veneto (Treviso) ha ripubblicato nel 2011 il libro Le dogaresse dello scrittore Pompeo Gherardo Molmenti (1852-1928), che fu anche deputato e senatore del Regno d’Italia. Sempre nel 2011 le EdizioniAnordest di Villorba (Treviso), hanno pubblicato il libro di Cristina Nadin Marin Faliero. Lo sventurato doge di Venezia, a cura di Lorenzo Somma: questo volume contiene il testo della tragedia Marin Faliero di George Gordon Byron (1788-1824) e la trascrizione della vita di Marino Falier tratta dal manoscritto Vite dei dogi di Marin Sanudo il Giovane (1466-1536). era «huomo di grand’età, ma di corpo robusto et molto animoso nelle terrestri et maritime imprese della Republica esercitato; era ricco d’entrata et di contanti et liberale». Si era ai tempi della guerra fra Genova e Venezia e durante una tregua successiva alla sconfitta dei veneziani all’isola di Sapienza (1354), Falier — nominato doge da appena un anno — avrebbe deciso, dunque, di ordire una congiura per rovesciare il governo della sua città e farsene signore. La moglie c’entra poco, quanto meno per quel che riguarda la storia del tentato colpo di mano. Forse è vero che la giovane consorte ricevette apprezzamenti offensivi dal giovane Steno. Ma la dogaressa, in quanto moglie del doge — scrive Ravegnani — non ebbe mai un ruolo politico nella Venezia di quei secoli, né tanto meno poteva aspirare ad esercitarlo in assenza del marito. Pur se gli usi le riservavano «un posto di rilievo nella società cittadina», il suo «ruolo pubblico non andava al di là dei protocolli previsti dal cerimoniale e non ebbe mai una funzione assimilabile a quella di una sovrana». Anche il doge — tra l’altro — non contava più di tanto. Quella del doge — carica istituita verso la fine del VII secolo nel quadro del sistema amministrativo adottato da Bisanzio — era una figura quasi esclusivamente rappresentativa (anche se non priva di poteri) soprattutto dopo il 1143, quando era nato il Comune. A ridurre ancor più l’autorità del doge, nel 1310 venne istituito il potentissimo Consiglio dei Dieci, nato per fronteggiare una crisi che fu un importante antefatto della storia di Falier. Quando e perché Falier decise allora di scendere in campo in quel modo? Quando e come gli sia venuta «un’idea apparentemente così balzana e così poco in linea con quella che era stata la sua carriera pregressa», scrive Ravegnani, «non è dato di sapere con esattezza e quello che ci dicono i rapporti del tempo lascia molto a desiderare, se non altro per completezza». In ogni caso è assai Editoria L’annuncio dell’amministratore delegato della casa veneziana, Luca De Michelis: «Non scommettiamo sulle divisioni. Ci hanno convinto entrambi» Marsilio raddoppia: andremo sia al Salone sia a Tempo di libri di Cristina Taglietti N el dilemma tra Milano o Torino, la casa editrice Marsilio, tornata nelle mani della famiglia De Michelis lo scorso luglio, non lascia ma raddoppia. Mentre sia la squadra della milanese Tempi di Libri che quella del Salone internazionale di Torino lavorano alla definizione del programma, l’amministratore delegato del marchio veneziano Luca De Michelis annuncia la doppia partecipazione: «Ci abbiamo messo un po’ a decidere — spiega — perché non abbiamo voluto prendere una posizione ideologica ma costruttiva, pur ritenendo che questa spaccatura sia stata sbagliata e che sarebbe stato meglio trovare un accordo diverso. Ora abbiamo capito qualcosa di più di entrambi i progetti e entrambi ci hanno convinto. Diciamo che, in linea con il fatto di essere tornati indipendenti e quindi in un certo senso protagonisti, ci schieriamo con i libri. Noi scommettiamo non sulle divisioni ma su un meccanismo propulsivo». Marsilio porterà il suo stand sia a Milano che a Torino: «È un investimento di risorse umane ed economiche importante, che crea qualche complessità, anche dovuta a questa partenza ritardata, ma ci crediamo. Giocheremo — aggiunge De Michelis — sul fatto che aprile e maggio sono due mesi in cui escono diverse novità e Libri al Salone del libro. Quest’anno la rassegna torinese sarà dal 18 al 22 maggio. Tempo di libri a Milano dal 19 al 23 aprile quindi si possono dividere autori e incontri». Anche perché le due manifestazioni sembrano procedere lungo binari diversi. «Torino — dice De Michelis — mi pare che giochi su una tradizione trentennale dentro la quale si è gettata con grande convinzione coinvolgendo tutta la città. Milano mi pare che voglia puntare più su momenti di discussione in cui i libri sono al centro, come lascia intuire la spina tematica dell’alfabeto. Entrambi mi sembra che siano gestiti con grande entusiasmo. Si stanno configurando due manifestazioni molto vive, energetiche. Magari il prossimo anno ne sceglieremo una ma lo faremo dopo averle sperimentate tutt’e due». Famiglia Luca De Michelis, amministratore delegato della Marsilio. Cesare De Michelis è presidente. La famiglia l’ha riacquistata nel 2016 La decisione si inserisce in un discorso più ampio che ha a che fare con la nuova vita della casa editrice tornata indipendente dopo essere stata acquistata (insieme a Rcs Libri) da Mondadori nell’aprile 2016: «Non si è trattato solo di riprendersela per ragioni affettive, nostalgiche, C’è una strategia precisa e voglia di investire. Il 2016 è stato un anno faticoso per l’incertezza e i tempi lunghi che hanno accompagnato l’uscita da Rcs, ma pensiamo che ci sia spazio per un progetto ambizioso che guardi a un’editoria di qualità con attenzione al mercato. Sempre rimanendo fedeli alla nostra identità e alla nostra tradizione». © RIPRODUZIONE RISERVATA Codice cliente: 8727381