Un camion frigo per fare riaprire il birrificio dei disabili
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Un camion frigo per fare riaprire il birrificio dei disabili
16 Primo Piano Sabato 2 Giugno 2012 Corriere della Sera La sicurezza sul territorio Il sisma Le imprese 1.160 L’azienda d’eccellenza: «Basta poco» CREVALCORE (Bologna) — «Se proprio vuole aiutarci, beva un bicchiere». Con il grembiule da lavoro, il sorriso e la barba importante, Michele Clementel sembra uno di quei frati trappisti stampati sulle etichette delle birre famose. Sorride, gli capita spesso. «Magari se le piace ne compra qualche bottiglia...». Sulla vecchia strada cantonale dell’Orso, ormai inglobata nella zona industriale di Crevalcore, c’è una cascina conciata piuttosto male dopo il terremoto. Quei due casolari contengono una piccola storia emiliana, una di quelle che gli analisti economici piazzano nella casella «fare sistema», e certe volte significa solo darsi una mano. Nel 2008 il veterinario Michele e sua moglie Roberta, biologa, decidono che è ora di tornare al volontariato, il mondo dove si sono conosciuti. Ci hanno pensato tanto, guardando crescere Beniamino, l’ultimo dei loro sei figli. «Il più bello» dicono sotto voce, per non farsi sentire dagli altri che magari sono gelosi. Fondano una società senza fini di lucro, cominciano a produrre birra artigianale facendo lavorare una decina di ragazzi, disabili psichici come Beniamino. Gli esiti della prima cotta sono decisamente rivedibili. «Abbiamo buttato via tutto...». Sentono parlare di due giovani di San Giovanni in Persiceto che si fanno la birra in casa, e li in- vitano a unire gli sforzi. Manca ancora qualcuno che abbia fondamentali solidi. A Crevalcore pare ci sia un tecnologo della Heineken in pensione, vuoi vedere che magari ha voglia di insegnarci come si fa? «Ci ha cambiato la vita», ricorda Michele. «Gli dobbiamo molto, e lui non ci ha mai chiesto nulla in cambio». Nel giro di quattro anni, il birrificio Vecchia Orsa e la sua squadra sono diventati un oggetto di culto nel mondo della birra non industriale. Nel 2012 hanno vinto il primo premio alla fiera internazionale di Rimini, che sta al luppolo come un torneo del Grande Slam al tennis. Il giorno dopo hanno telefonato da Sidney: buongiorno, potete spedirci 7.000 bottiglie? terremotate che vigilano sulle case vuote Artigiani Michele Clementel (veterinario) insieme alla moglie Roberta (biologa) nel loro birrificio di Orsa di Crevalcore danneggiato seriamente dai terremoti del 20 e 29 maggio (foto Cavicchi) Un camion frigo per fare riaprire il birrificio dei disabili DAL NOSTRO INVIATO Gli agenti in servizio nelle zone Certo, ma mettetevi comodi che c’è da aspettare almeno due mesi, è la risposta. Adesso producono 300 ettolitri all’anno per 55.000 bottiglie, tutte etichettate dai ragazzi che lavorano intorno a un tavolo al pianterreno. Il fatturato si aggira sui trecentomila euro, che viene reinvestito in attività di soste- Prestito Messo su da un veterinario e dalla moglie biologa: «Niente regali, basta un prestito» gno ai disabili. «Non facciamo birra per tirare fuori dei soldi, non è questo che ci interessa». Questa è la parte bella della storia. Poi è arrivato il terremoto. La stalla che faceva da magazzino sta crollando un pezzo alla volta, seppellendo con le macerie i fusti, il frigo dove si conserva il mosto e migliaia di bottiglie. La stanza al primo piano della casa, dove c’è la cella coibentata per lo stoccaggio può andar giù in ogni momento. Una beffa, perché quest’inverno il birrificio si sposterà in un capannone a San Giovanni in Persiceto. «Uno start up da 300.000 euro, il nostro piccolo investimento per stare più larghi». Ma fino a quel momento, lavorare sarà impossibile, e qui ci sono ragazzi che ne hanno bisogno, non solo per ragioni economiche. Alla «Vecchia Orsa» ci siamo arrivati seguendo una mail spedita ai siti dei ghiottoni della birra. A loro insaputa, Michele e Roberta, donna minuta dallo sguardo dolce, sono un campione rappresentativo di questa terra. Non chiedono aiuto, hanno dentro un misto di pudore e orgoglio che impedisce di farlo, e di raccontare le condizioni in cui vivono. A una distanza di trecento metri c’è un rudere che fino al 20 maggio era la casa dove vivevano. La prima scossa l’ha resa inagibile, la seconda l’ha fatta crollare. Hanno scelto di dormire in tenda rifiutando l’ospitalità degli amici, perché di notte Beniamino si sveglia per le scosse, si spaventa e insomma, bisogna stargli vicino. La quotidianità è diventata una fatica bestiale, la centralina è crollata, in ufficio non c’è più l’Adsl per comunicare con il mondo e stare dietro agli ordini. Isolati. Ma queste cose loro non le dicono, le raccontano di nascosto i ragazzi. «Siamo con le zampe all’aria» è tutto quel che si riesce a cavare dalla bocca di Roberta. «Ho qualche apprensione per il nostro futuro» dice Michele. La situazione dovrebbe autorizzare appelli, richieste di solidarietà. Invece l’unica conseguenza è una specie di lista della spesa, limitata a poche voci. Ci serve un camion frigo da mettere in cortile e collegare alla corrente, e una tensostruttura da fiere per fare magazzino. «Si intende, solo per qualche mese, poi ridiamo tutto indietro». Al resto ci pensano Michele e Roberta, con l’aiuto di questi ragazzi che sotto a una piccola tenda vanno avanti a mettere etichette sulla birra. A proposito: è davvero buona. Marco Imarisio © RIPRODUZIONE RISERVATA Monumenti La protesta degli abitanti di Reno Centese Manifestazione Il centro transennato di Reno Centese, con il campanile accanto, i manifestanti che ne chiedono l’abbattimento (Benvegnù-Guaitoli) DAL NOSTRO INVIATO CENTO (Ferrara) — Cittadini evacuati, un paese fantasma, anche se le loro case sono perfettamente agibili. È da giorni che i mille abitanti di Reno Centese, frazione di Cento rinomata per la sagra del tortellino, non possono entrare nelle antiche residenze del piccolo centro storico. «Siamo ostaggi del campanile» strillava ieri mattina uno striscione lungo la provinciale che da Finale porta a Ferrara, dietro al quale rumoreggiavano alcune centinaia di abitanti della frazione. Il campanile in questione, costruito a metà dell’800, alto una settantina di metri e munito di 4 campane dal peso complessivo di 7 tonnellate, è stato seriamente danneggiato dall’uno-due sismico del 20 e del 29 maggio. «Diciamo che sta in piedi per miracolo — afferma l’avvocato Alessia Paltrinieri —, l’ultima scossa gli ha impresso un’ulteriore rotazione, le scale interne sono completamente distrutte, potrebbe cadere alla prossima scossa e in quel caso avrebbe l’effetto di una bomba sull’intero centro». È da almeno dieci giorni che gli abitanti di Reno Centese stanno marcando ad uomo le autorità comunali per ottenere la demolizione del campanile. Ma non è così semplice. Per un po’ hanno pazientato, poi hanno deciso di alzare la voce e hanno costituito un comitato, che ha immediatamente raccolto le adesioni di tutta la frazione: «Il nostro non è sterile allarmismo — spiega Mariella Govoni, portavoce degli abitanti —: ci sono due relazioni tecniche dei vigili del fuoco e delle guardie municipali che confermano la pericolosità della situazione». Non a caso, Il paese contro il campanile «Adesso va buttato giù» «È pericolante, ci impedisce di tornare alla vita normale» l’intero centro storico, praticamente un chilometro quadrato di paese, è stato evacuato: «E non ci sono solo abitazione, ma negozi e uffici pubblici come la Posta». Per troppi giorni il campanile della chiesa di Sant’Anna è rimasto lì, agonizzante, sottoposto a uno stillicidio di scosse grandi e piccole: «Cigola da far paura: facciamo le ronde a turno per tenere sotto controllo la situazione, senza avvicinarsi troppo naturalmente...». Il problema, almeno fino a ieri, era quello di mettere d’accordo tutti i soggetti che hanno voce in capitolo nella vicenda (Comune, Curia, Sovrintendenza), oltre a risolvere alcune immancabili grane burocratiche. Ieri pomeriggio finalmente qualcosa si è mosso. «Il campani- L’economista San Mauro «Tassa sul gioco per la ricostruzione» MILANO — Non si aspettava che la sua proposta raccogliesse così larghi consensi. «E invece mi hanno chiamato in tanti, sorpresi che nessuno ci avesse pensato prima». L’idea che il professore di Diritto dell’economia all’Università di Lecce Cesare San Mauro ha lanciato ieri su Tg Economia è questa: per affrontare l’emergenza-sisma, anziché l’ennesima accisa sulla benzina sarebbe meglio tassare il gioco (scommesse sportive, lotto e superenalotto, poker online). Questo settore ha prodotto lo scorso anno un fatturato complessivo di ottanta miliardi. Ammettendo che la cifra si ripeta nel 2012, ecco come secondo San Mauro si potrebbero destinare parte di quei soldi al terremoto dell’Emilia. «Il prelievo del fisco è di 13,6 miliardi, 58 miliardi circa sono di montepremi e 9 miliardi i ricavi veri per le aziende del mercato. Se si prelevasse il 2% del montepremi si avrebbero a disposizione 7-800 milioni di euro, ben più dei 5-600 milioni che il governo si aspetta Docente Cesare San Mauro dall’accisa sulla benzina. E se la leva fiscale anziché del 2% fosse del 5%, si coprirebbero quei due miliardi e mezzo di cui il governo ha bisogno per la ricostruzione in Emilia». Il docente ammette: «In un clima di rinunce perché non si dovrebbero sacrificare i giocatori? In questo caso, poi, non si andrebbero a tagliare le vincite, ma l’aspettativa di vincita». Ci sarebbe anche un altro vantaggio: «Il provvedimento permetterebbe di mantenere la destinazione del programma di spending review al contenimento dell’Iva». Elvira Serra © RIPRODUZIONE RISERVATA le non verrà abbattuto, ma smontato a blocchi» hanno fatto sapere dalla Sovrintendenza regionale ai Beni culturali dopo un vertice con il sindaco di Cento, Piero Lodi, i vigili del fuoco e gli ingegneri strutturisti del Ministero. «Una soluzione — hanno spiegato — che consentirà, quando sarà possibile, la ricostruzione della struttura». I lavori dovrebbero partire la settimana prossima, saranno particolarmente complessi e nel frattempo il centro storico di Reno Centese sarà inagibile. Per i cittadini comunque un primo passo: «Speriamo che alle parole seguano al più presto azioni concrete. È una beffa essere sfollati senza aver subito in realtà danni alle case». L’importante è che le continue scosse non anticipino il lavoro di demolizione: «Ci affidiamo al nostro protettore Sant’Elia, martire francescano in Cina...». La cui statua ha superato l’esame terremoto, almeno per ora. Un altro campanile che sta turbando i sonni di queste terre è quello, non distante, della frazione di Buonacompra. Qui però i danni erano tali che, in tempi decisamente più veloci, è stato deciso l’abbattimento. Che ancora però non è stato eseguito. Francesco Alberti © RIPRODUZIONE RISERVATA