Consiglio di Stato - DIRITTO AMMINISTRATIVO II

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Consiglio di Stato - DIRITTO AMMINISTRATIVO II
Consiglio di Stato
Adunanza della Sezione
SECONDA 23 maggio 2007
N. Sezione 945 / 2005
La Sezione
_______________
OGGETTO
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI
– Ricorso straordinario proposto dal sig. Devincenzis
Vincenzo, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco
Calculli, elettivamente domiciliato in Matera, Via Gramsci, 4,
c/ALSIA Matera, per l’annullamento, nei limiti
dell’interesse:
a) dell’avviso di vendita dei terreni agricoli di Riforma
fondiaria, approvato con deliberazione Alsia n. 53, del
17/03/2004;
b) della deliberazione n. 110, del 12/05/2004, dell’ALSIA di
rinvio della data per la presentazione delle domande di
acquisto dei beni agricoli;
c) ove occorra, di ogni eventuale atto o provvedimento
interno, istruttorio, endoprocedimentale, nonché atto o
provvedimento
inerente
o
connesso,
presupposto,
preparatorio o conseguente; e che comunque, incida sul
compendio al quale v’è diritto di acquisto di parte ricorrente.
Vista la relazione in data 12/1/2005, con
cui il Ministero ha chiesto il parere del
Consiglio di Stato sul ricorso in oggetto;
Esaminati tutti gli atti; sentito il relatore cons. Armando Pozzi;
Udito il relatore-estensore cons. Armando Pozzi;
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PREMESSO:
Il ricorrente premette che con contratto del 30/10/1961, la Sezione Speciale per la
Riforma Fondiaria n. 1154, sito in Agro di Scanzano Ionico, Contrada Perazzetta, esteso ha
4.20.80 e che da questi fu venduto al sig. Devincenzis Gennaro, il quale venne autorizzato
all’esecuzione di opere di miglioramento fondiario con riconoscimento formale di aver diritto
all’assegnazione del fondo con le note n. 19407, del 03/11/1988, e n. 23097, del 27/12/1988.
Il fondo è pervenuto all’attuale ricorrente alla morte del proprio genitore e su designazione
degli altri coeredi a subentrare nel rapporto di assegnazione. Con atto 07/07/1998, n. 306, il
Capo Nucleo di Scanzano Ionico ebbe a confermare la proposta di assegnazione del podere in
parola al Devincenzis Vincenzo.
Premette, ancora, che il defunto genitore, Gennaro Devincenzis, chiese con istanza del
26/05/1976 l’assegnazione del predetto podere, n. 1159 e che il Nucleo ESAB di Scanzano
Ionico con nota datata 02/03/1987 propose di disporre l’assegnazione richiesta, ma tale
proposta non ha mai avuto seguito concreto.
Lo stesso ricorrente consumando l’inerzia dell’amministrazione ricorda, altresì, di aver
già gravato dinanzi al TAR Basilicata con ricorso n. 539/2003, la deliberazione del Consiglio
Regionale della Basilicata n. 691, del 5/08/2003, con la quale è stato approvato il
Regolamento di dismissione dei terreni in parola adottato dall’ALSIA con deliberazione n. 35
del 20/02/2003, nonché l’avviso di vendita dei terreni agricoli di riforma, oltre a far valere il
diniego alla stipula del contratto di cessione dei terreni alle condizioni originarie (azioni di
accertamento).
Con il presente ricorso straordinario – richiamati anche tutti i motivi di impugnativa al
TAR Basilicata, fatti valere sia quali vizi propri dei provvedimenti qui impugnati, sia quali
ulteriori vizi degli atti già gravati; sia per l’invalidità derivata da essi, trasmettono in via
riflessa ai provvedimenti impugnati con il presente atto, vengono formulate anche censure
autonome di violazione di legge ed eccesso di potere, sotto vari profili, sia in relazione alle
norme sostanziali che a quelle attinenti il procedimento (L. 241/90).
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ALSIA Basilicata ]
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CONSIDERATO:
Come già esposto in premessa, il ricorrente impugna la delibera (inspiegabilmente
qualificata “ignoto” avviso di vendita) ALSIA - Agenzia Lucana di Sviluppo Agricolo,
indicata dallo stesso ricorrente come atto n. 53 del 17 marzo 2004, con la quale, in attuazione
della norma transitoria dell’articolo 39 del Regolamento di dismissione dei beni di riforma
fondiaria adottato dalla Regione Basilicata il 5 agosto 2003, con deliberazione n. 691, si è
disposto di procedere alla definizione delle posizioni pendenti relative ai beni di riforma
fondiaria dell’ALSIA, secondo la normativa dettata dal citato regolamento. In buona sostanza
si tratta di provvedimento teso a definire – secondo le nuove normative regolamentari e senza
alcun riconoscimento di diritti quesiti (art. 39, comma 1, ultimo periodo regol. reg.) le
pratiche di vendita di terreni, poderi e loro quote, già istruite alla data di entrata in vigore del
predetto regolamento.
La Sezione non può non rilevare che, al di là di formule impugnatorie, il ricorso in
esame si presenta più rivolto a far valere un’azione di accertamento dell’obbligo dell’ALSIA
alla stipula del contratto di vendita a prezzi agricoli: nel ricorso si dice ripetutamente che
l’ESAB “era tenuto a vendere alle condizioni di cui all’articolo 17 L. n. 230 del 1950” “ad
assegnare”, ecc.( pagg. 10 e 11 ricorso ), e si fa ripetuto e fermo riferimento al correlato
“diritto ad acquistare il fondo” ai prezzi dei terreni agricoli come determinati all’atto
dell’assegnazione provvisoria.
Invero, la posizione di diritto soggettivo formalmente e sostanzialmente fatta valere
con il presente ricorso, seppur nominativamente di natura impugnatoria, si ricava dalle
sentenze del TAR Basilicata del 1993, confermata dal CdS nel 2000, emesse su ricorsi di
contenuto analogo (di cui si è detto in premessa), con le quali si riconobbe, con formula per la
verità non del tutto cristallina, che gli assegnatari provvisori “non possono che essere chiamati
alla stipula del contratto di assegnazione e vendita ai sensi dell’articolo 17 della citata legge n.
230” (legge 12 maggio 1950, n. 230).
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Non appare dubitabile che la pronuncia del TAR si atteggi come vera sentenza di
accertamento dell’obbligo di concludere un contratto, che probabilmente si sarebbe potuto far
valere ai sensi dell’articolo 2932 cod. civ., essendone determinati tutti gli elementi essenziali .
Infatti, la legge 12-5-1950, n. 230, che recava provvedimenti per la colonizzazione
dell'Altopiano della Sila e dei territori contermini ( legge oggi abrogata dall'art. 58, D.Lgs. 8
giugno 2001, n. 325 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di espropriazione
per pubblica utilità ), dopo avere disposto che i terreni trasferiti in proprietà dell'Opera Sila
dovessero essere assegnati a lavoratori manuali della terra, purché non proprietari o enfiteuti
di fondi rustici sufficienti all'impiego della mano d'opera della famiglia, prevedeva, al
successivo articolo 17 (dichiarato dal TAR applicabile al caso degli attuali ricorrenti ), che
l'assegnazione dei terreni fosse fatta con contratto di vendita, con pagamento rateale del
prezzo in trenta annualità e con dominio riservato a favore dell'Opera Sila sino all'integrale
pagamento.
In disparte ogni ulteriore considerazione in ordine al perché, a distanza di alcuni anni
delle analoghe statuizioni del TAR ( passate in giudicato in quanto integralmente confermata
in sede di appello ) i ricorrenti non si siano prontamente attivati per la estensione, resta il fatto
che in quanto proposto come azione di accertamento il presente ricorso si presenta
inammissibile per alternatività, essendo stata la stessa azione preventivamente proposta
innanzi al TAR Basilicata.
Anche a volerlo considerare come mezzo meramente impugnatorio lo stesso ricorso si
rivela tuttavia del pari inammissibile.
Come già ricordato, il provvedimento qui impugnato si fonda essenzialmente e
principalmente sul regolamento regionale del 2003 (in particolare sulla sua disposizione
transitoria di cui all’articolo 39).
Tale regolamento è stato anch’esso impugnato con il
medesimo ricorso al TAR. Con il presente ricorso non si deducono vizi propri della delibera
n. 53 del 2004 ma solo profili di illegittimità derivata per vizi (peraltro definiti espressamente
“caducanti” dallo stesso ricorrente ) del presupposto atto regolamentare.
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Anche per tale profilo, pertanto, il ricorso si presenta inammissibile.
Vale ricordare che la regola dell’alternatività di cui al combinato disposto dell’art. 8
comma 2 del D.P.R. n. 1199 del 1971 e dell’art. 20 comma 4 della legge 6 dicembre 1971 n.
1034, seppure diversamente formulata nelle due disposizioni ( la seconda sembra introdurre
un concetto di alternatività più ampio) è stata tradizionalmente interpretata nel senso che, per
il suo carattere limitativo dell’ esercizio del diritto di azione, non sarebbe suscettibile di
applicazione analogica o estensiva, oltre, cioè, il caso di impugnazioni del medesimo atto
(Ad. plen. 15 marzo 1989 n. 5).
La apparente rigidità del principio è stata tuttavia attenuata con riferimento a talune
ipotesi (ben riassunte nel parere della sez. III, 5 dicembre 2006, n. 4301), quali:
1) nel caso in cui, dopo l’impugnativa in sede giurisdizionale dell’atto presupposto,
venga impugnato in sede straordinaria l’atto conseguente, al fine di dimostrarne l’illegittimità
derivata dalla dedotta invalidità dell’atto presupposto (Sez. IV, 21 aprile 2005 n. 1852; Sez.
III, 4 dicembre 2001 n. 1968/01; Sez. I, 1 marzo 2000 n. 2454; Sez. I, 3 febbraio 1999 n.
981/98; Sez. II, 14 dicembre 1994 n. 1409);
2) nella situazione inversa, quando cioè l’atto presupposto è stato precedentemente già
impugnato in sede straordinaria (Sez. IV, 21 aprile 2005, n. 1852);
3) ove le censure rivolte avverso l’atto conseguente risultino tutte finalizzate a
contestare, in concreto, la legittimità dell’atto presupposto (Sez. IV, 21 aprile 2005 n. 1852);
4) nel caso in cui venga impugnato un provvedimento già impugnato in sede
straordinaria da altri interessati (Sez. VI, n. 4194 del 2003);
5) nel caso in cui – tenuto conto che il giudicato copre il dedotto ed il deducibile - con
il nuovo ricorso vengano sollevate questioni solo in parte coincidenti con quelle che ebbero a
formare oggetto dell’altro ricorso, in quanto non dedotte o non rilevate (Sez. IV, 31 dicembre
2003, n. 9292; Sez. IV, 7 dicembre 2000, n. 6502).
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Anche questa Sezione ha aderito in più occasioni ad un’interpretazione elastica e
sostanzialistica del detto principio, laddove
- peraltro in coerenza con il principio di
concentrazione processuale espressamente riconosciuto dalla legge n. 205 del 2000 con il
nuovo atteggiarsi dell’istituto dei motivi aggiunti - ha affermato che esso opera anche
quando sia impugnato un atto consequenziale a quello già impugnato innanzi al TAR per
identici motivi già dedotti con il ricorso giurisdizionale [Sez. II, 7 aprile 2004, n. 1719/03 ;
id., 2 aprile 2003, 4083/02].
Nel caso di specie proprio tale ipotesi si verifica, tenuto conto che i ricorrenti fanno
valere, con i tre motivi di ricorso, o questioni di costituzionalità delle leggi regionali su cui si
fonda il potere regolamentare della Regione (questioni come noto inammissibili in sede
straordinaria) o motivi di illegittimità del regolamento già gravato innanzi al TAR Basilicata.
Il ricorso in esame, continuando a volerlo ritenere come di natura impugnatoria, si
rivela comunque improcedibile sotto ulteriore profilo. Infatti, con determinazione del
6.9.2004 comunicata direttamente al ricorrente ma da questi non impugnata, ha disposto
l’esclusione del ricorrente stesso dalle procedure di vendita dei terreni, per mancanza del
requisito richiesto dal punto 3 dell’articolo 1 dell’avviso di cui alla citata delibera n. 53 del
17 marzo 2004. La mancata impugnazione di tale atto, sopravvenuto alla proposizione del
presente ricorso, renderebbe pertanto il ricorso improcedibile per difetto di interesse.
P.Q.M.
La Sezione esprime il parere che il ricorso vada dichiarato inammissibile.
IL PRESIDENTE DELLA SEZIONE
L’ESTENSORE
(Agostino Elefante)
(Armando Pozzi)
IL SEGRETARIO D’ADUNANZA
(Elisabetta Argiolas)