La Storia è un Romanzo, rubrica di Storia in Rete, novembre

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La Storia è un Romanzo, rubrica di Storia in Rete, novembre
La Storia è un Romanzo
«La masseria delle allodole»
del 2004, conobbe un grande
successo a livello internazionale). L’odissea di Anoush e
Kohar, le due donne che secondo la leggenda avrebbero
messo materialmente in salvo
il Libro, con i loro compagni di
fuga (Eleni, il greco Makarios,
il piccolo Hovsep) dalla valle di
Mush ormai ridotta a un cumulo di macerie e abitata soltanto
dai morti, rivive nelle pagine
di Antonia Arslan, capace di
cogliere con finezza e immediatezza descrittiva e narrativa,
e soprattutto con partecipazione umana, il dramma dei
pochi sopravvissuti incalzati
dai turchi, pronti ad attaccarli e
respingerli durante le avanzate
dei russi e costretti a ritirarsi
con essi davanti alla controffensiva nemica. C’è, in fondo,
nell’odissea (cui mancherà
il sollievo del ritorno finale a
Itaca) dei pochi sopravvissuti,
quella più vasta di un popolo
intero che aveva visto cancellati i simboli della propria
civiltà, eliminati gli affetti e le
persone più cari, costretto a
una diaspora in tutto il mondo.
Un popolo, quello armeno, che,
come scrive l’Autrice, aveva
imparato, dalla dura legge della
storia, «a risollevarsi piano
piano, come gli steli del grano
dopo la tempesta che li ha
schiacciati ma non spezzati, e
il giorno dopo già dondolano
nella brezza», e che, privato
delle terre, delle case, delle
famiglie, dei monumenti, vedrà
nel miracoloso salvataggio del
Libro di Mush, una sorta di forte appiglio simbolico cui cercare di aggrapparsi e risollevarsi
per l’ennesima volta. Non
riusciranno a riappropriarsi
delle terre, delle case, dei monumenti, degli affetti famigliari
ormai recisi ma indelebili, ma
saranno per certi versi risarciti
da una storia che non può
essere negata e ingabbiata in
eterno. (G. Sal.) n
Novembre-Dicembre 2012
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a cura di Elena & Michela Martignoni
www.elenaemichelamartignoni.com
La saga del Re Pigro
Splendori e miserie alla corte dello Scià di Persia
in un romanzo sospeso fra passato e futuro
U
n antico adagio
persiano recita:
«un leone morto è sempre un
leone, un leone
ferito è un leone e un leone
in gabbia resta un leone. Ma
un leone che fugge davanti
al nemico non è un leone». Il
dovere etico della memoria e
della testimonianza è il tema
fondamentale della narrativa
di Kader Abdolah, profugo
politico iraniano arrivato in
Olanda nel 1988, lasciando in
patria, ma non dimenticando,
i molti martiri della lotta contro il governo degli ayatollah.
Nelle sue opere infatti – ricordiamo ad esempio il toccante romanzo «La casa della
moschea» – questo tema è
sempre centrale. Legato al
primo intento è anche l’altro
fine, quello di gettare un ponte tra Oriente e Occidente per
aprire ai lettori occidentali
la porta dello sconosciuto e
incantato mondo persiano
con i suoi palazzi da «Mille
e una notte», i suoi profumi,
sapori e suoni, ma anche le
spaventose arretratezze e le
inumane crudeltà. Il romanzo
si apre, come in un’antica fiaba, con il racconto fantastico
della nascita del mondo e degli albori della storia, che portano l’ineluttabile necessità
di una guida rappresentata
dalla figura dei re. La vicenda
narrata si svolge in Persia, a
cavallo tra Otto e Novecento.
Il protagonista, Naser ad-Din
Shah, è uno scià debole come
il padre, testardo e vendicativo come la madre. Naser non
si occupa delle questioni politiche e sociali del suo paese.
Fatuo e senza ideali spesso
si annoia. Passa le giornate
leggendo, scrivendo, limitandosi ad ascoltare le proposte
del suo gran visir, senza mai
entusiasmarsi, anzi ostacolandole. Preferisce comporre
poesie, dipingere e visitare il
suo harem, composto da duecentotrenta donne. Si confida
con l’amatissima gatta Sharmin, che si aggira silenziosa
nel palazzo e, quando questa
misteriosamente scompare,
la sostituisce con
Malijak un piccolo
handicappato che
ha preso sotto la
sua protezione, viziandolo oltremodo, perché averlo
accanto lo diverte.
L’unico grande e
sincero affetto Nader lo prova per la
primogenita, la principessa Taj Olsultan
e per il nipote che
lei gli darà. Chi governa la Persia è il
gran visir Mirza Kabir, uomo dalle idee innovative che vuole modernizzare
il paese dando impulso alle
industrie, edificando scuole
pubbliche e ospedali, progettando linee telegrafiche, ferrovie e strade. Per realizzare
questi suoi progetti però ha
bisogno dell’avallo dello Scià
che resta tiepido alle sue
proposte tentennando fra
sì e no, troppo conservatore
ed egoista per accogliere le
richieste del popolo che chiede giustizia e una costituzione da paese civile. Contraria
al progetto innovativo del visir è l’élite dominante capeggiata dalla madre dello Scià,
la potente Madholia, che
odia profondamente Mirza
Kabir. Moglie prediletta del
vecchio Scià, sogna di diventare come Caterina di Russia
e accusa il figlio di essere
solo un pupazzo nelle mani
del gran visir. Intanto trama
con i suoi sostenitori l’eli-
minazione di Mirza Kabir e
guarda di buon occhio un’alleanza con la Russia a scapito dell’Inghilterra. La Persia
era infatti sottoposta alle
mire espansionistiche della
Russia a nord e degli inglesi
– che occupavano l’India – a
est; ad esempio la città di Herat era stata conquistata dagli inglesi
durante la reggenza del precedente
scià e Nadir tenterà
in ogni modo di riprenderla per esaudire l’ultimo desiderio di suo padre.
I contrasti tra Scià
e visir culmineranno con l’omicidio di
quest’ultimo decretato dal re stesso,
geloso dell’affetto
che il popolo persiano dimostrava
per il primo ministro. Ma
l’eliminazione di Mirza Kabir non pacificherà il paese
che verrà sconvolto da sanguinose rivolte culminanti
nell’assassinio dello stesso
Nadir. La complessità della
vicenda è superata dalla prosa semplice e dalla struttura
a capitoli brevi. In questa
nuova prova d’autore si coglie un attento studio della
storia. Infatti nei personaggi
del romanzo convergono figure storiche reali, rielaborate dalla fantasia dell’autore
senza per questo perdere in
credibilità e fascino. Nell’ultima pagina, dichiaratamente utopistica, il narratore si
concede un finale poetico
perché risplenda sempre «la
luce della speranza». n
Il re
di Kader Abdolah
Iperborea
pp. 488, € 18,50
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