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Le migliori intenzioni portano a delusioni inattese Come va la scuola Italiana? A livello governativo i buoni propositi ci sono, come del resto ci sono sempre stati. Sono quelli di “ migliorare le capacità degli insegnanti sul versante sociale e culturale, e rafforzare le qualità in ambito pedagogico “. Quello che invece succede nella realtà è che la conferma di un abbandono scolastico vicino al 18% nel 2012, conferma che l’Italia è fra i paesi che non considerano certo prioritario il sapere e la conoscenza. Siamo fra gli ultimi, poco sopra solo a Spagna e Portogallo. La scuola è troppo carente, non riesce a soddisfare una educazione adeguata per stare al passo con i bisogni degli studenti. Nelle famiglie, dove questo problema è sentito, si cerca in qualche modo di non delegare tutto alla istituzione ma tentare strade che possano sopperire a questa assurdità. Avere un figlio che studia è un sogno dei genitori che parte da molto lontano. E’ un desiderio che si può presentare ancora prima della nascita. Può far parte di quelle tante aspettative, anche se mai dichiarate apertamente fuori dalla stretta cerchia famigliare, che investono programmi e progetti futuri dei due genitori. Questa cosa è talmente importante che sarà su questo argomento che graviteranno nei prossimi anni i vissuti di quella famiglia. Il genitore sente questo desiderio inderogabile che diviene un proposito con la lettera maiuscola, l’impegno con cui la copia intraprenderà ogni tipo di iniziativa. Non ci saranno scelte di nessun tipo se prima non si sarà tenuto conto di questo impegno, e solo dopo, quando le cose inizieranno ad andare nella direzione sperata ci si sentirà di aver assolto il proprio dovere. L’argomento è interessante perche coglie nel segno una delle 1 condizioni favorevoli che consentono, al bambino prima e successivamente al ragazzo, di intraprendere un percorso di conoscenza e di studio con la possibilità di entrare in contatto con una forma di apprendimento che diventa del tutto naturale. Sembra quasi un sogno. Ci sono bambini che hanno avuto veramente la possibilità di fare un percorso come questo ottenendo meravigliosi risultati. In quella famiglia i genitori sono stati attenti e hanno saputo rapportarsi mettendo in campo loro capacità trasformative che nemmeno immaginavano di avere, di riflesso il figlio non ha trovato grossi ostacoli nel conseguire esiti positivi. In modo adeguato, durante il percorso di crescita, questi genitori hanno saputo cogliere quali compiti doveva svolgere e superare. E a scuola? A scuola questo ragazzo ha trovato insegnanti capaci di comprenderlo e apprezzarlo, creando le condizioni che gli consentissero di andare oltre agli ostacoli, tutti non solo didattici. I sogni, belli o brutti che siano svaniscono tutti. E se si sogna e non si fa niente altro, accade che il sogno anche se bello si dissolve velocemente. Bisogna che il suo protagonista, colui che quel sogno riesce a trasformare in qualcosa di reale non è solo stato immaginato ma ha avuto la possibilità di agire in modo che si avverasse. Negli ultimi decenni quelli che inseguono questi tipi di sogni sono aumentati. La sensazione che si avverte molto chiaramente è che occorre preparare i figli per non mandarli allo sbaraglio, per non disperderli ( è così vengono definiti quelli che interrompono o lasciano la scuola ) per non “ inserirli “ negli elenchi statistici che annualmente vengono comunicati ai numerosi esperti del settore, sotto la voce dispersione scolastica. Questo, probabilmente, è tutto quello che accade. Diventano dei numeri che formano delle 2 percentuali che vanno ad informare le schiere di esperti che studiano le percentuali. Sono molte le categorizzazioni sulla dispersione scolastica e inoltre si hanno pochissimi dati su ciò che accade dopo l’abbandono… Vittime come siamo delle narrazioni correnti, il disagio, il malessere di studenti, genitori e insegnanti, di fronte ai problemi posti dalla scuola è troppo spesso definito da esperti che decidono quale significato dare a questo termine; pare invece drammaticamente in disuso l’idea di chiedere agli attori come si sentono. Non credo che la scuola, nelle condizioni in cui si trova, possa aiutare quel ragazzo o quella famiglia a superare una situazione per loro molto critica e molto complessa. Quando un ragazzo decide di abbandonare la scuola vuol dire che ci stava pensando da tempo, e se ciò accade poi diventa difficile che possa riprendere e recuperare. Noi genitori, nel trascorrere del tempo, restiamo molto legati ai sogni che facciamo sui figli, in un certo senso non possiamo farne a meno, ci servono sempre e sono importanti. Anche ai suoi dobbiamo dare importanza, ed è proprio per questo motivo che dobbiamo riflettere sul percorso che hanno fatto tanti genitori. Certo, non per tutti, solo per chi ha preso questo tipo di percorso è stato possibile raggiungere alcuni dei risultati sperati. In molti ci hanno provato con un esito contrario alle aspettative iniziali, proprio come è successo ai genitori di Michele. Alla scuola materna era considerato un genietto. Mi hai telefonato perché ti raccontassi la storia scolastica di mio figlio Michele, ma è passato tanto tempo, ormai ha 18 anni, è un uomo. Adesso lavora in una falegnameria, lui è contento così. Per Pasqua andrà a Londra… Si, da solo, con due suoi amici. Quando parlo della “ carriera “ scolastica di mio figlio, anche se adesso lo vedo sereno, non posso fare a meno di provare un crampo allo stomaco. E’ la storia del mio fallimento come padre ( lo so che non sei d’accordo ). Ti ricordi di quando era piccolino? Del nostro – mio e di mia moglie- assoluto permissivismo, mi viene in mente la tua faccia inorridita nel vedere le pareti di casa nostra completamente ricoperte dagli scarabocchi di Michele bambino……Alla scuola materna era considerato un genietto, a 5 anni scriveva e leggeva, sapeva contare fino a 50, la sua passione erano gli indiani d’America, voleva che gli raccontassi sempre la loro storia 3 ( non, non quella delle battaglie tra gli indiani e cow-boy, quella dei loro costumi, del loro rapporto con la natura ). Alle elementari era il primo della classe ( si, per la gioia dei suoi genitori ), tutto sembrava procedere secondo le aspettative, secondo i nostri progetti di vita, evidentemente non ci eravamo accorti della sua sofferenza, della sua solitudine. Michele era sempre l’unico bambino in un mondo di adulti. Anche a scuola legava poco con i compagni, non andava neppure alle feste di compleanno…….si riferiva quasi esclusivamente agli insegnanti, ma nessuno ci faceva caso. Ti ricordi la storia di quel tema tremendo? Si, quello del suo funerale, con dietro al carro funebre nessuno. Da li cominciai a riflettere…….Alla scuola media ci fu il tracollo. Incominciò a non voler più studiare, fioccavano i brutti voti, reagiva malissimo a qualsiasi osservazione, a qualsiasi critica. Erano note su note perché indisciplinato, perché distratto, perché strafottente, perché non studiava…… A casa era un disastro, passava i pomeriggi da solo davanti alla tv, frequentava pochi ragazzi, era abulico e ingrassava…….ingrassava troppo. Abbiamo provato con lo sport, ma non si è appassionato, non sapevamo cosa fare, per sopravvivere pensavamo “ passerà “. Ma anche il rapporto con noi genitori andava peggiorando di giorno in giorno. Alternavamo comportamenti lassisti ad altri punitivi. La richiesta che gli facevamo era sempre la stessa: “Studia!” e invece non studiava. In prima media lo hanno promosso per un pelo, in seconda lo hanno bocciato. La scuola, gli insegnanti si dichiaravano impotenti. D’altra parte erano in buona compagnia, noi genitori oltre che arrabbiati e delusi, ci sentivamo proprio così: impotenti. Abbiamo provato ad attribuire la disastrosa situazione scolastica ed esistenziale di Michele alla “ crisi adolescenziale “. Ho letto libri su libri, ma non mi è servito a niente, avevo le idee sempre più confuse. Intanto i rapporti con Michele peggioravano: ho provato a fare il padre “ tradizionale “, autoritario, salvo poi pentirmene e coccolarlo. Sono scappate anche le sberle. E’ continuata così fino a metà della terza media. Poi ho smesso di interessarmi dei suoi risultati scolastici, o per lo meno ci ho provato, non andavo più neanche dai professori; “ Fai quello che ti pare “ gli dicevo. Una mattina di maggio, al mare, Michele mi ha detto: “ Papà, ho deciso di lasciare la scuola….Sono abbastanza grande per andare a lavorare. A scuola forse ci tornerò tra qualche anno, quando sarò maturato “. Strano, vero? E’ come se Michele avesse detto di sentirsi sufficientemente adulto per andare a lavorare, ma ancora troppo piccolo per andare a scuola. ( Al telefono con un amico- Loredana Perziano ) Tratto da – La Dispersione Scolastica – di Marco Vinicio Masoni, Ed. Unicopli, 1998. G. Masserati luglio 2013 4