Testi commentati

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 Un esempio di fiorentino antico
Fatta dì xxiiij di marzo anno lxxxx.
Giachetto e Ghino, messer Comsiglio e’ compangni salute. Diciesette di febraio avemmo due
lettere che nne mandaste, l’una fatta ventuno dì di diciembre e l’altra quatro dì di giennaio:
recollene il primo corriere di Langnino [Lagny, città della Francia meridionale]; e del mese
di marzo n’avemo avute anche cinque piccole lettere che nn’avete mandate per altre gienti,
e sedici dì di marzo avemmo anche una lettera che nne mandaste, che la ci recò il corriere di
pagamento di Langnino: fue fatta cinque dì di febraio. Tutte avemo inteso ciò c’ànno detto e
qui appresso vi ne rissponderemo.
Come documento del fiorentino antico riportiamo una testimonianza di uso epistolare, legato all’ambiente mercantile, l’àmbito sociale nel quale il volgare di Firenze e della Toscana
si sviluppò maggiormente nel Medioevo, arrivando a generare anche altissimi risultati artistici. L’uso del volgare nelle lettere commerciali dei mercanti toscani è molto precoce e ha
determinato la composizione di epistolari anche cospicui, legati soprattutto all’attività delle
nascenti compagnie commerciali, forti di numerosi soci (compagni) sparsi in varie filiali
italiane ed europee. La più antica lettera commerciale che conosciamo risale al 1291 (anche
se il testo riporta la data del 1290, in virtù di un diverso computo dei giorni dell’anno in uso
all’epoca a Firenze), ed è quella di Consiglio de’ Cerchi e compagni a Giachetto Rinucci e
compagni, risiedenti in Inghilterra, che si apre – dopo la data e la formula di saluto – con il
consueto resoconto delle lettere ricevute e inviate, scrupolo indispensabile in un’epoca in
cui i contatti non erano facili né regolari, ma anche aggancio alle battute precedenti della
comunicazione epistolare, dal quale partire per poi rispondere sistematicamente alle varie
questioni:
Fra i tratti distintivi del fiorentino antico si noteranno l’anafonesi (che agisce nel nome
proprio Comsiglio ‘consiglio’, invece di conseglio, normale nel resto d’Italia, compresa gran
parte della Toscana), la chiusura di e protonica (dicembre e in protonia sintattica di) e di
ar atono (risponderemo), l’esito -aio dal latino -arium (febraio, giennaio); nella morfologia
l’articolo determinativo maschile il (l’ davanti a vocale; in principio di frase e dopo consonante sarebbe stato lo), il passato remoto fue, l’oscillazione fra ne (qui nne con riproduzione
grafica del raddoppiamento fonosintattico) e ci per ‘a noi’; la 4a persona del presente indi1
Luca Serianni, Giuseppe Antonelli, Manuale di linguistica italiana – Bruno Mondadori © Pearson Italia S.p.A.
cativo avemo è la forma del fiorentino più antico (sostituita nel corso del Trecento dal tipo
abbiamo, che poi passerà nella lingua comune).
A livello grafico, come in tutti i testi di quest’epoca, si riscontrano alcune incertezze
nella resa delle doppie (quatro); normali anche la scrizione della nasale palatale [ɲɲ] col
trigramma <ngn> (compangni, Langnino) e la presenza della i superflua in diciembre, gienti,
giennaio. Altre grafie, come la <m> davanti a consonante non labiale in Comsiglio, sono
occasionali e legate ad abitudini di singoli scriventi.
Proprio di Firenze e della Toscana orientale è, nel campo della microsintassi, anche
l’ordine dei pronomi atoni accusativo + dativo (recollene, la ci recò); mentre andranno ricondotti a un tipo di sintassi genericamente popolare o pragmaticamente rilevata la ridondanza pronominale («n’avemo avute anche cinque piccole lettere che nn’avete mandate»),
il che polivalente («una lettera che nne mandaste, che la ci recò il corriere»), la tematizzazione senza ripresa pronominale («Tutte avemo inteso ciò c’ànno detto» ‘abbiamo capito
tutte le cose che dicevano’). Va osservato che questi ultimi due fenomeni sono caratteristici
anche dell’italiano odierno e che spesso vengono percepiti come segnali di una sorta di
decadenza della lingua, di deroga squalificante dalla norma; si tratta in realtà di fenomeni
antichissimi, che da sempre affiancano, anche nell’uso scritto, le alternative poi confluite
per ragioni storiche nella grammatica, per così dire, “ufficiale”.
Il testo è tratto da A. Castellani (a c. di), Nuovi testi fiorentini del Dugento, Sansoni, Firenze 1952, p. 593. Per il commento cfr. G. Antonelli, La polimorfia delle lettere mercantili, in L. Serianni (a c. di), La lingua nella storia d’Italia,
Società Dante Alighieri - Libri Scheiwiller, Roma-Milano 2002, pp. 418-419.
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Luca Serianni, Giuseppe Antonelli, Manuale di linguistica italiana – Bruno Mondadori © Pearson Italia S.p.A.