Riflessioni e proposte di Lutz Ribbe, relatore del CESE sul clima e

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Riflessioni e proposte di Lutz Ribbe, relatore del CESE sul clima e
Riflessioni e proposte
di Lutz Ribbe,
relatore del CESE sul clima e sulla deforestazione,
intese a orientare il dibattito nella riunione di Belém
1.
La conferenza di Copenaghen: una delusione per il CESE
1.1
La conferenza di Copenaghen sul clima si è rivelata molto deludente per il CESE. Non è stato
infatti raggiunto alcun accordo in merito a obiettivi di riduzione vincolanti, alla ripartizione
degli oneri o a meccanismi di finanziamento. Il CESE aveva invitato ad adottare decisioni
vincolanti e si aspettava realmente che ciò avvenisse.
1.2
Alla riunione della Tavola rotonda UE-Brasile svoltasi a Bruxelles nel luglio 2009, i
rappresentanti dell'UE hanno affermato chiaramente che, in una prospettiva globale, i livelli
più elevati di emissioni connesse ai consumi energetici si riscontrano attualmente nei paesi
fortemente industrializzati (soprattutto quelli del G8) e nei paesi emergenti molto popolati, in
particolare la Cina e l'India. Abbiamo anche messo in luce le enormi differenze nelle
emissioni pro capite di CO2 connesse ai consumi energetici: mentre in India esse ammontano
a circa 1,2 tonnellate l'anno e in Cina a circa 5 tonnellate l'anno, la media UE è pari a circa
8 tonnellate l'anno, con la Germania che presenta livelli lievemente più elevati, pari cioè a
circa 10 tonnellate l'anno. I livelli più elevati si registrano negli Stati Uniti (circa 20 tonnellate
di CO2 pro capite l'anno).
1.3
Il CESE auspica che le emissioni globali pro capite scendano ad un massimo di 2 tonnellate di
CO2 annue pro capite entro il 2050, il che significherebbe una riduzione delle emissioni pro
capite di circa il 90% negli Stati Uniti e di circa l'80% in Germania (entro il 2050).
2.
Emissioni di gas ad effetto serra da fonti non energetiche
2.1
Il clima viene alterato non solo dalle emissioni di gas ad effetto serra connesse all'uso
dell'energia, ma anche da quelle che risultano dalla distruzione di pozzi di assorbimento di
carbonio terrestri (specialmente le foreste) e del carbonio immagazzinato nel suolo. Queste
ultime costituiscono il 20% delle emissioni complessive di gas ad effetto serra. In alcuni
paesi, come il Brasile, la percentuale rappresentata da queste emissioni è notevolmente più
elevata.
2.2
È stato deciso che alla riunione di Belém si tratterà proprio di questo tipo di emissioni.
L'intento non è, e non dovrebbe essere in alcun modo, quello di attribuire delle colpe, bensì di
approfondire, da ambo i lati, le conoscenze relative all'entità del problema, alle sue cause e
alle possibili soluzioni.
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IT
-22.3
Nel corso della riunione il relatore della delegazione del CESE effettuerà una breve
presentazione con PowerPoint, prendendo ad esempio taluni sviluppi dell'agricoltura europea
per dimostrare che anche nell'UE vi è un'urgente necessità di intervenire su questi problemi,
che sono importanti anche per le relazioni commerciali UE-Brasile.
2.4
In Europa non è la deforestazione a creare problemi. Al contrario, le foreste in Europa sono
ora in una fase di crescita netta: in altri termini, vengono piantati più alberi di quanti non se ne
abbattano. Tuttavia, i cambiamenti nell'utilizzo dei suoli, un'agricoltura sempre più intensiva e
l'ulteriore perdita di torba nelle zone umide producono notevoli emissioni di gas serra in
Europa, il che impone di lanciare un'azione politica al riguardo.
2.5
È fondamentale anche riconoscere le responsabilità dell'Europa rispetto agli sviluppi globali.
Anche questo punto andrà discusso a Belém. In particolare, si valuterà in che misura l'Europa
condivida la responsabilità di tali emissioni di gas serra, ad esempio attraverso l'importazione
di legname o prodotti (come l'olio di palma e la soia) coltivati a seguito della deforestazione.
2.6
Nel 2008 la Commissione europea ha presentato una comunicazione sul tema della
deforestazione globale (COM(2008) 645 def.) in merito alla quale il CESE ha adottato un
parere il 14 maggio 2009. Il relatore del CESE vorrebbe che la comunicazione della
Commissione e il parere del CESE venissero discussi alla riunione di Belém. Dato che il
Comitato è molto interessato ad ascoltare il punto di vista dei colleghi brasiliani in merito al
parere, si propone che la delegazione europea presenti brevemente il documento nel corso
della riunione.
2.7
Nell'affrontare questo tema è molto importante tenere presente che, in termini di politica
climatica, è totalmente irrilevante che le emissioni di CO2 provengano dal petrolio, dal
carbone, dal gas, oppure dallo sfruttamento eccessivo delle foreste o dei suoli. Occorre invece
tracciare un'altra distinzione importante tra fonti di emissioni: la distruzione o il
danneggiamento delle foreste, delle torbiere o dei suoli produce conseguenze significative
anche per la conservazione della natura e la biodiversità, che i politici mondiali si sono
impegnati a proteggere accanto al clima.
3.
Principali raccomandazioni del CESE riguardo alla deforestazione
3.1
Secondo stime fornite dalla FAO, ogni anno vanno persi circa 13 milioni di ettari di foreste,
una superficie pari, all'incirca, a quella della Grecia. Circa il 96% dei fenomeni di
deforestazione si verifica in regioni tropicali e la maggiore perdita netta di copertura forestale
tra il 2000 e il 2005 ha interessato dieci paesi1.
3.2
La Commissione europea ha affermato chiaramente che "le foreste sono distrutte perché nel
breve termine è economicamente più vantaggioso utilizzare i terreni per altri scopi che non
lasciarle intatte" e che "la più importante causa soggiacente è una gestione inefficiente
1
Brasile, Indonesia, Sudan, Myanmar, Zambia, Repubblica di Tanzania, Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Zimbabwe,
Venezuela.
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-3collegata a una carente applicazione delle politiche di utilizzo dei terreni e a regimi fondiari
non ben definiti"2.
3.3
Sebbene una parte dello scenario descritto nella comunicazione sia imputabile in alcuni casi
all'iniziativa della popolazione locale - ad esempio all'agricoltura di sussistenza che questa
pratica - il degrado è dovuto sostanzialmente ad altri motivi: perlopiù, infatti, è solo un
numero ristretto di persone o di gruppi di imprese, a volte attivi a livello mondiale, ad
ottenere profitti in alcuni casi esorbitanti a danno dell'ambiente, del clima, della biodiversità e
delle popolazioni locali, lasciando dietro di sé solo terra bruciata (nel vero senso della parola).
3.4
Se si è arrivati alla situazione attuale, ciò non è dovuto soltanto alle motivazioni economiche
dirette. Anche i paesi a cui sono destinati i prodotti hanno una grossa parte di colpa, UE
compresa.
3.5
È positivo che l'UE abbia deciso di voler assumere un ruolo guida nella lotta contro la
deforestazione3, ed è evidente che anche la comunità internazionale deve fornire in questo
caso un contributo finanziario. Tutti i politici dovrebbero però garantire il rispetto di
determinati principi. Di base dovrebbe sempre valere il principio secondo cui "chi inquina
paga": ciò significa che chiunque intraprenda un'azione che, per quanto legale, risulti dannosa
per l'ambiente, deve pagarne i relativi costi. L'"internalizzazione dei costi esterni" deve essere
applicata su scala mondiale ed essere resa compatibile con i criteri vigenti in sede di
Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Al posto del principio "chi inquina paga"
non deve però prevalere la versione edulcorata secondo cui "è il pubblico a pagare", nel senso
che saranno poi il contribuente o la pubblica amministrazione a dover sostenere le spese
perché non venga danneggiato l'ambiente.
3.6
I paesi che desiderino beneficiare di strumenti di finanziamento destinati a ridurre il
fenomeno della deforestazione o il degrado forestale dovrebbero però mettere in chiaro che
sono interessati a soluzioni sostenibili. Il loro impegno contro la deforestazione e il
commercio di legname illegale deve costituire in questo caso un banco di prova. Non ha senso
trasferire dei fondi verso paesi che non sono nemmeno pronti, con o senza il sostegno dell'UE,
a lottare attivamente contro la deforestazione illegale.
3.7
Si nota che la comunità internazionale, fondata sulla liberalizzazione e sulla globalizzazione,
mostra ben presto i suoi limiti quando si tratta di lottare a livello mondiale contro lo
sfruttamento ecologico e sociale. Dal momento che mancano in questo caso strumenti
efficaci, si sollecitano l'UE e il Brasile a fare in modo che iniziative analoghe non siano più
considerate in sede di OMC come "ostacoli al commercio".
3.8
I sistemi di certificazione sono una prima possibilità di ottenere dei miglioramenti. Essi
dovrebbero applicarsi non soltanto al legname e ai derivati del legno importati, ma anche ad
2
3
COM(2008) 645 def.
L'UE intende ridurre almeno del 50% entro il 2020 e arrestare entro il 2030 la deforestazione e il degrado delle foreste tropicali.
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-4altri prodotti che provengono dalle regioni in questione (ad es. mangimi o biomassa per fini
energetici).
3.9
In futuro non ci si dovrà però limitare ad organizzare dei trasferimenti di fondi nel rispetto di
determinati criteri. Prima ancora di poter concludere con successo i negoziati, nei paesi
interessati si dovranno porre le basi per arrivare a una soluzione del problema. Finché la
popolazione locale non avrà il diritto di esprimersi democraticamente riguardo allo sviluppo
della propria regione, finché i gruppi indigeni locali (circa 60 milioni di persone!) o i piccoli
agricoltori non vedranno riconosciuti i loro diritti e finché non sarà istituita
un'amministrazione efficiente (e non corrotta), non si potrà porre fine a uno sfruttamento
eccessivo e spesso illegale delle risorse, né si potranno elaborare strategie di sviluppo adattate
alla realtà regionale.
3.10
C'è ancora molto da fare per mettere a punto modelli innovativi, orientati al futuro e alla
dimensione regionale, in grado di generare uno sviluppo alternativo all'attuale saccheggio
delle risorse naturali. Non è mai troppo tardi, però, per incoraggiare un approccio in questo
senso, con l'ausilio e a beneficio della popolazione locale. L'UE dovrebbe inserire nelle
proprie riflessioni strategiche delle iniziative a favore dello sviluppo di strutture democratiche
e a sostegno della società civile.
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