Il ruolo infermieristico nella riduzione del rischio di SIDS

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Il ruolo infermieristico nella riduzione del rischio di SIDS
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Il ruolo infermieristico nella riduzione
del rischio di SIDS
Simona Pizzi, Infermiera Pediatrica - Collegio IPASVI Milano-Lodi
INTRODUZIONE
La sindrome della morte improvvisa dell’infante (SIDS: “Sudden Infant Death Sindrome”),
conosciuta comunemente come “morte in
culla” o “morte bianca”, rappresenta uno dei
maggiori problemi socio-sanitari e scientifici
della medicina moderna ancora irrisolto. Si
tratta della morte improvvisa ed inaspettata del
bambino apparentemente sano, di età compresa tra una settimana ed un anno di vita, la cui
morte rimanga inspiegata anche dopo la revisione della storia clinica, l’esame delle circostanze della morte e l’esecuzione di un adeguato esame post-mortem, compresa l’autopsia
(Rognum and Willinger, 1995). La sindrome,
vero enigma della medicina, è a tutt’oggi la più
frequente causa di morte nel primo anno di
vita nei paesi industrializzati e colpisce un piccolo ogni 1000 nati circa. In Italia l’incidenza
della SIDS, secondo uno studio prospettico
che ha reclutato oltre 33.000 neonati seguiti
per un anno, è stimata intorno allo 0,7 per
1000 nati vivi. Il Piano Socio-Sanitario
Regionale 2002-2004 tratta la SIDS e la morte
inaspettata del feto nella parte relativa alle
“Linee di intervento prioritario”. Le cause sono
ancora sconosciute per cui, a tutt’oggi, la
miglior forma per contrastarne l’incidenza è la
prevenzione. Fino a tempi recenti la maggioranza dei fattori di rischio per la SIDS sembravano inalterabili (sesso, livello socioeconomico). Ricerche più recenti, che hanno consentito di rivelare i fattori di rischio potenzialmente
modificabili, hanno posto una rinnovata enfasi
sull’importanza degli interventi infermieristici
che hanno l’obiettivo di ridurre il rischio tramite l’educazione ed il supporto delle famiglie
circa alcune basilari pratiche assistenziali.
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EZIOLOGIA DELLA SIDS
Nonostante gli studi in tutto il mondo e gli
sforzi dei ricercatori che stanno ottenendo
grandi progressi nell’identificazione di deficit,
comportamenti ed altri fattori che potrebbero
mettere ad alto rischio un bambino, le specifiche cause non sono ancora state completamente comprese. Numerosi scienziati stanno
esplorando lo sviluppo e le funzioni del sistema nervoso, del cervello, del cuore, del respiro e del sonno, le scoperte delle autopsie ed i
fattori ambientali. Ricercatori di Harvard e
Dartmouth avrebbero isolato nel cervello di
bambini vittime della SIDS un difetto neurochimico che controlla le risposte protettive del
bimbo ai cambi dei livelli di ossigeno e anidride carbonica. Comunque la SIDS sembra essere un fenomeno la cui eziologia è multifattoriale e si configura come un problema focalizzato sulle teorie patogenetiche rispettivamente
cardiaca (aritmogena), respiratoria (apnea),
della discinesia viscerale e da anomalie del
sistema nervoso autonomo cardio-respiratorio
e delle prime vie digestive.
Una recente pubblicazione ha riportato uno
studio italiano condotto dal team di ricerca del
dott. Peter Schwartz, dell’università di Pavia, il
quale rivela come possibile causa dell’insorgere della sindrome un prolungato intervallo QT
che può causare una aritmia cardiaca fatale. A
seguito di uno screening cardiologico è emerso che bambini con un lungo QT hanno una
probabilità 40 volte superiore rispetto agli altri
di morire entro l’anno per la sindrome della
culla. I ricercatori hanno definito drammatica
questa correlazione, molto più degli altri fattori di rischio conosciuti, come ad esempio quello di far dormire il piccolo prono od essere
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sottoposto al fumo passivo della madre.
La SIDS quindi potrebbe alla fine avere più di
una spiegazione e più di un modo per prevenirla.
I BAMBINI A RISCHIO
La SIDS è rara durante il primo mese di vita, è
più frequente tra i due ed i quattro mesi ed il
rischio è molto basso verso i nove mesi.
Quindi il 90% dei bambini che muoino per
SIDS sono di età inferiore ai sei mesi; inoltre
circa il 60% dei bambini sono maschietti.
Studi epidemiologici hanno dimostrato che i
bambini dimessi dalle unità di terapia intensiva neonatale sono due volte più a rischio di
morire inaspettatamente durante il primo anno
(Rehm, 1983; Komelasky and Bond, 1993).
Anche i neonati pretermine e quelli di basso
peso alla nascita sono a maggior rischio di
morire di SIDS ed il rischio aumenta al diminuire dell’età gestazionale o del peso alla
nascita. Diversi studi hanno rilevato che il
rischio per SIDS è approssimativamente da 3 a
6 volte maggiore rispetto a quelli a termine ed
a quelli di peso normale e che per i bambini
con peso alla nascita molto basso (<1500 g) il
rischio di SIDS è maggiore.
FATTORI DI RISCHIO
I fattori di rischio possono giocare un ruolo
importante nella catena di eventi culminanti in
una morte in culla. Sebbene alcuni di questi
fattori sono conosciuti da molti anni (per es. il
fumo materno), l’importanza di altri è stata
dimostrata solo recentemente. Attraverso alcuni studi sono stati identificati alcuni fattori di
rischio: la posizione prona durante il sonno,
dormire su una superficie soffice, l’eccessivo
riscaldamento, la ritardata o assente assistenza
prenatale, la giovane età della madre, la prematurità e/o il basso peso alla nascita ed il
sesso maschile.
Ci sono alcuni fattori relativi al bambino stesso, ai genitori ed al livello socio-economico
che hanno una diretta implicazione per la pratica infermieristica poiché fungono da “markers” in grado di mettere in allerta le infermiere verso speciali bisogni delle famiglie a
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rischio e quindi possono essere utilizzati dagli
operatori sanitari per indirizzare un’appropriata assistenza ed educazione sanitaria. Per
quanto riguarda i fattori legati ai genitori la
SIDS è più frequente in neonati di giovani e
madri single. Se una madre è sotto i 20 anni di
età il suo bambino è circa 4 volte più a rischio
rispetto ad un bambino la cui madre è tra i 25
e 29 anni. Anche un breve intervallo (meno di
6 mesi) tra le gravidanze aumenta il rischio.
Sotto l’aspetto socio economico la SIDS è un
fenomeno che ha l’incidenza maggiore (circa
l’80%) tra i gruppi sociali più deprivati e nelle
famiglie che vivono in aree povere. Pertanto
l’incidenza della morte in culla sembra aumentare con il diminuire dello stato socio-occupazionale e del livello educativo.
FATTORI MODIFICABILI
Fumare in gravidanza e dopo la nascita
Evidenze di almeno 24 studi in tutto il mondo
hanno confermato la diretta relazione tra il
fumo della madre e la SIDS (Mitchell et al,
1997). Fumare durante la gravidanza aumenta
il rischio di SIDS secondo un gradiente biologico (Blair et al, 1996):
fumare da 1 a 9 sigarette al giorno in
gravidanza aumenta il rischio più di
4 volte
da 10 a 19 sigarette al giorno aumenta
il rischio più di 5 volte
più di 20 sigarette è stato associato ad
un aumento del rischio di 8 volte.
Una recente meta-analisi ha infatti evidenziato
che il rischio di bambini di madri che fumano
in gravidanza è quasi quintuplo rispetto a
madri che non fumano. Alcune ricerche
hanno anche rilevato che il fumo del padre ha
un effetto addizionale indipendente e che
nell’83,1% delle famiglie in cui bambini sono
morti di SIDS almeno un genitore fumava.
Infatti una meta-analisi di studi in cui la madre
non era fumatrice ma fumava il padre il rischio
aumentava di 1,4 volte rispetto a genitori non
fumatori. Inoltre esporre il bambino al fumo di
altri membri della casa prima e dopo la nascita aumenta il rischio di morte: maggiore è l’esposizione, maggiore è il rischio. Studi più
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recenti hanno rilevato infatti che il rischio di
SIDS aumenta con l’aumentare del numero di
sigarette fumate al giorno, con la lunghezza
dell’esposizione al fumo e ad ogni fumatore in
più nell’ambiente. Da ricerche effettuate è
inoltre emerso che per ogni ora al giorno in
cui il bambino abitualmente trascorre in
ambienti in cui è esposto al fumo di tabacco,
il rischio di SIDS aumenta quasi del 100%. Il
rischio per il bambino è perciò doppio: dal
fumo della madre durante la gravidanza e di
quelli che fumano in presenza della donna
in cinta o in presenza del bambino (Blair et al,
1996).
Posizione del bambino durante il sonno
Diversi studi hanno provato che il rischio della
SIDS è da nove a dodici volte più alto se il
bambino dorme prono piuttosto che supino;
quindi la posizione prona è stata riconosciuta
quale il maggiore fattore di rischio. Da quando
nel 1992 l’American Academy of Pediatrics
(A.A.P) ha lanciato una campagna per ridurre
il rischio della SIDS in cui si raccomandava di
non mettere i bambini a dormire proni, la frequenza della posizione prona è diminuita da
più del 70% a circa il 20% dei bambini e l’incidenza della SIDS si è ridotta di più del 44% (da
1,2 su 1000 nati vivi nel 1992 a 0,67 su 1000
nel 1999) negli Stati Uniti ed in numerosi altri
paesi. Sebbene tale declino nell’incidenza
della SIDS sia stata attribuita alla riduzione nell’uso della posizione prona durante lo stesso
periodo, prove di efficacia della reale associazione tra la posizione del sonno e rischio di
SIDS rimangono ancora limitate negli USA. Tra
il 1997 ed il 2000 è stato però condotto uno
studio in California i cui risultati hanno fornito
forti evidenze che hanno confermato l’associazione tra la posizione prona e l’incremento del
rischio di SIDS. In questa ricerca è stato evidenziato anche che se ad un bambino viene
cambiata la posizione da una a basso rischio
(supino) ad una posizione ad alto rischio a cui
non era abituato (prona o laterale), il rischio di
SIDS è sette/otto volte maggiore. Inoltre è
emerso che il rischio di SIDS si è rilevato particolarmente alto quando il bambino è stato
messo a dormire in una posizione laterale
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instabile ed è stato poi ritrovato prono.
Originariamente, infatti, la posizione ideale per
far dormire il bambino raccomandata
dall’A.A.P era qualsiasi posizione “non prona”.
Successivamente studi condotti in Inghilterra e
nuova Zelanda hanno dimostrato che la posizione laterale ha un lievemente più alto rischio
della posizione supina. Tale aumento del
rischio è collegato all’instabilità di questa posizione ed in particolare al rischio del bambino
posizionato sul fianco di ruotare nella posizione prona che è significamene maggiore rispetto al rischio di girarsi nella posizione prona da
quella supina. Comunque a circa 5 o 6 mesi il
bambino incomincia a girarsi nel letto, e ciò
non deve essergli impedito. I bambini più
grandi possono muoversi nella culla, pertanto
la raccomandazione da dare ai genitori è di
mettere il bimbo a dormire supino ma di
lasciargli trovare la posizione, in quanto il
rischio di SIDS in bambini di più di 6 mesi è
basso. (Department of Health, 1996). Non c’è
neanche evidenza che sostenga l’uso di rotoli
o simili dietro la schiena del bimbo, poiché
questa pratica potrebbe incoraggiare il bambino a girarsi nella posizione prona ed impedirgli di ruotare nella più sicura posizione supina.
Un’altra ricerca condotta nei Paesi Nordici tra
il 1992 e il 1995, che mirava a scoprire se l’effetto combinato della posizione prona con fattori di rischio prenatale incrementassero ulteriormente il rischio di SIDS, ha dimostrato che
il rischio della posizione prona e laterale è
maggiore in bambini con basso peso alla
nascita ed in bambini nati pre-termine. Anche
l’effetto combinato della posizione non-supina
e dei fattori materni (fumo materno durante la
gravidanza, madre di giovane età, basso livello di formazione materna e ragazze madri) è
associato ad un rischio molto alto di SIDS,
invece la pre-eclampsia, l’ipertensione e le
infezioni urinarie non aumentano il rischio.
In seguito alla campagna americana sono state
espresse preoccupazioni circa indesiderabili
complicanze che ne possano derivare, tra cui
l’aspirazione polmonare, il reflusso gastro-esofageo (RGE) ed il ritardo di sviluppo. In relazione all’apparente rischio di aspirazione o
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inalazione di vomito nei bambini che dormono in posizione supina, un’estesa revisione
della letteratura non ha identificato alcuno studio che abbia mostrato ciò. Infatti il rischio di
aspirazione, ed infezioni respiratorie è più alto
in bambini che dormono proni (Fleming and
Blair, 1997; hunt et al, 1997) e ci sono evidenze dirette e indirette che bambini che vomitano sono a maggior rischio di soffocare se stanno dormendo proni. Inoltre, sebbene studi
controllati e randomizzati suggeriscono che
nella posizione prona ed in
quella laterale sinistra il
RGE avviene meno frequentemente e che la posizione prona migliora significativamente il pH esofageo rispetto alla posizione
supina, non c’è alcuna evidenza di un aumento di
casi di inalazione di vomito
da quando l’incidenza della
posizione supina è aumentata
drammaticamente.
Ricerche nel Regno Unito
hanno infatti rilevato che
non c’è stato un aumento di
morti attribuibili ad inalazione dopo la campagna
per cambiare la posizione
del sonno da quella prona a
quella supina. Quindi anche se il RGE è risaputo essere esacerbato dalla posizione supina,
a meno che il reflusso sia grave o con sintomi
minacciosi per la vita che non rispondono a
trattamenti medici, la posizione supina è ancora la più raccomandata (Fleming and Blair,
1997). I bambini con difetti delle alte vie aeree
(per es. Sindrome di Pierre Robin) sono a
rischio di ostruzione delle vie aeree se posizionati supini e perciò devono dormire proni
o sul fianco.
Diversi studi hanno infine valutato la relazione
tra sviluppo motorio e posizione per dormire.
Il raggiungimento di alcune tappe dello sviluppo sembrano avvenire leggermente in ritardo in bambini che dormono supini. Tuttavia,
per quanto riguarda la preoccupazione degli
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operatori circa la decisione di non permettere
al bambino di girarsi nella posizione prona
anche quando non dorme, studiosi raccomandano la posizione prona quando il bambino è
sveglio in quanto favorisce lo sviluppo motorio.
Ambiente
In uno studio condotto in Inghilterra che mirava ad investigare i fattori che potrebbero contribuire ad un ambiente poco sicuro si è evidenziato un aumento del rischio in bambini
che condividevano il letto
con i genitori per tutta la
durata della notte, che dormivano in una stanza separata dai genitori e che dormivano su un divano insieme ai genitori. Il rischio
associato all’essere stati
ritrovati nel letto con i
genitori non è stato però
così significativo per bambini di età superiore alle 14
settimane o per bambini di
genitori che non fumavano
o quando il bimbo veniva
riposto nella sua culla. Una
ricerca più recente ha
infatti dimostrato che condividere il letto per tutta la
notte è associato ad un
aumento del rischio solo se la madre è una
fumatrice o se ha assunto alcool o ha abusato
di altre droghe (Fleming etr al, 1996; Mitchell
et al, 1997). Altri studi hanno rilevato che la
maggioranza delle donne (86,2%) il cui bambino è morto per SIDS erano fumatrici, mentre il
rischio in caso di madri non fumatrici non è
significativo. Infatti, non ci sono evidenze di
un aumentato rischio di SIDS in bambini che
condividono il letto con genitori che non
fumano o che non hanno assunto alcool o
altre droghe, quando però il letto è sistemato
in modo che le coperte non vadano a coprire
la testa del bimbo che non deve dormire sul
cuscino o sotto il piumone. È stato quindi concluso che il condividere il letto non è di per sé
pericoloso ma piuttosto le particolari circoIO INFERMIERE - N.1 /2004
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stanze in cui ciò avviene; anche se altri ricercatori riconoscono l’effetto benefico del contatto stretto del bimbo con chi si prende cura
di lui (Nelson and Chan, 1996) e la bassa incidenza di SIDS in paesi, particolarmente quelli
asiatici, dove culturalmente le madri per tradizione dormono accanto al loro bambino e
spesso nello stesso letto (Gantley et al, 1993).
Altre ricerche condotte in Nuova Zelanda e nel
Regno Unito hanno dimostrato che dormire
nella stanza con i genitori può avere un effetto protettivo contro la SIDS (Scragg et al,
1996).
Infine, i bambini deceduti per SIDS sono morti
sia di giorno che di notte, sia in culla che nel
passeggino, sia nel seggiolino della macchina
che in braccio ai genitori.
Isolamento termico
C’è evidenza che il rischio di SIDS è associato
al numero di vestiti o coperte sul bambino, alla
temperatura della stanza ed alla stagione dell’anno. Studi hanno infatti dimostrato che una
stanza ad alta temperatura, coprire troppo il
bimbo o una combinazione di questi fattori è
associata ad un aumento significativo del
rischio di SIDS.
Inoltre le infezioni, la posizione del bimbo, le
coperte e la sistemazione del letto sono fattori
che possono interagire con il fattore termico
per incrementare il rischio (Fleming et al 1996).
Copertura della testa
Studi statunitensi hanno rilevato che quasi il
20% di bambini morti per SIDS, alcuni dei
quali dormivano supini, sono stati ritrovati con
le teste completamente coperte da lenzuola e
coperte. A maggior rischio si sono rilevate le
trapunte ed i piumoni poiché possono facilmente scivolare sulla testa del bimbo (Fleming
and Blair, 1997).
Materasso
Nel 1995 un gruppo di lavoro del Department
of Health ha condotto un’indagine per investigare sulla teoria che associava la SIDS alla tossicità dei prodotti chimici contenuti nelle
coperture dei materassi in PVC e su altre problematiche relative alle SIDS. Per questo studio
è stata effettuata una revisione delle ricerche
esistenti e ne sono state commissionate delle
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nuove. Il gruppo ha poi concluso che non c’è
alcuna evidenza che supporti l’ipotesi che i
coprimaterassi in PVC causino la morte in culla
(Export Group, 1998). Ci sono invece evidenze che supportano la raccomandazione di non
far dormire i bambini su materassi soffici,
materassi ad acqua, divani o altre superfici soffici.
Malattia
La malattia del bambino che necessita di consulto medico è associata con un aumento del
rischio, sebbene tre quarti dei bambini morti
per SIDS hanno avuto solo sintomi minori o
nessun segno di malattia prima della loro
morte (Department of Health, 1996).
Il ruolo delle infezioni e dello sviluppo del
sistema immunitario del bimbo è in corso di
studio in quanto le difese immunitarie sono a
livello più basso a tre mesi di vita proprio
quando il rischio di SIDS è più alto (Silvestre,
1995). Studi sono anche indirizzati ad investigare il possibile ruolo di specifiche infezioni
batteriche (E. Coli) o virali. Una nuova ricerca,
pubblicata dagli Archives of Disease in
Childhood, suggerisce una correlazione tra
Helicobacter pylori dello stomaco e SIDS.
Alcuni ricercatori del Regno Unito avrebbero
scoperto l’Helicobacter pylori nella trachea di
moltissimi bambini deceduti per la sindrome
della culla. Altri ricercatori segnalano, sul
Clinical Infectious Desease (dicembre 1999)
che “l’infezione da Pneumocistis Caarinii è
stata associata alla sindrome della culla”.
Vaccinazioni
In questi ultimi 20 anni è stata ipotizzata la
possibilità che la vaccinazione anti tetanica-difterica e pertosse possa essere collegata alla
SIDS, poiché un piccolo numero di morti in
culla sono avvenute entro pochi giorni dalla
vaccinazione ed il picco di distribuzione dell’età per la SIDS coincide con il periodo della
vaccinazione. Molti vasti studi condotti in tutto
il mondo hanno evidenziato in modo schiacciante che la vaccinazione è associata ad una
diminuzione e non un incremento del rischio
di SIDS. Inoltre, nonostante la coincidenza del
periodo delle vaccinazioni con l’età a maggior
rischio di SIDS, studi condotti dall’American
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National Institutes of Health hanno dimostrato
che sono morti per SIDS anche bambini che
non hanno mai ricevuto vaccini, come pure in
paesi con differenti schemi vaccinali. Pertanto
tutti i genitori devono essere fortemente raccomandati di seguire il programma per la profilassi vaccinale.
Allattamento al seno
L’allattamento al seno non è stato incluso nella
campagna di riduzione del rischio perché la
ricerca sulla correlazione tra la mancanza dell’allattamento materno e la morte improvvisa è
insignificante.
Sebbene molti studi retrospettivi hanno dimostrato un effetto protettivo dell’allattamento al
seno sulla SIDS, altre analisi e studi prospettici non hanno trovato tali effetti dopo aver
aggiustato le variabili coesistenti. Infatti, studi
condotti nel Regno Unito ed in Nuova Zelanda
non hanno dimostrato che l’allattamento al
seno ha un indipendente effetto protettivo
verso la SIDS quando vengono valutati altri fat42
tori coesistenti (Mitchell et al,1997). La Task
Force americana crede quindi che le evidenze
siano insufficienti per raccomandare l’allattamento al seno come strategia per ridurre la
SIDS, sebbene l’allattamento al seno abbia
molti effetti benefici e debba essere promosso
per molte altre ragioni, tra cui la riduzione del
rischio di infezioni e per favorirne la guarigione.
L’allattamento artificiale non è stato dimostrato
essere un fattore di rischio per la SIDS. Un
grosso studio condotto in Avon e in Nord
Somerset (Gilbert et al, 1995) ha evidenziato
che il fumo materno, la prematurità e la classe
socio-economica sono responsabili per la maggior parte dell’apparente associazione tra allattamento artificiale e SIDS.
Uso del “ciuccio”
Studi nel Regno Unito (Fleming et al, 1996) ed
in New Zeland (Mitchell et al, 1993), hanno
dimostrato che l’uso del ciuccio può essere
associato ad un diminuito rischio di SIDS.
Anche altri quattro recenti studi hanno riportato una sostanziale più bassa incidenza di SIDS
tra i bambini che usano succhiotti. Questa
associazione però non prova che l’uso del succhiotto previene la SIDS. Sono stati ipotizzati
meccanismi che possono essere protettivi
verso la SIDS, ma mancano dei dati che ne
dimostrino la validità. Tuttavia in un altro studio si è evidenziata la possibilità che il rischio
SIDS possa essere più alto per i bambini che
solitamente utilizzano il ciuccio ma in una
notte viene a mancare.
Caffeina
Recentemente è stata posta l’attenzione su una
scoperta in Nuova Zelanda che alti introiti di
caffeina (400 mg o di più, equivalenti a 4 o più
tazze di caffè al giorno) durante la gravidanza
possano aumentare il rischio di SIDS (Ford et
al, 1998). Tuttavia i dati di questo studio sono
stati raccolti tra il 1987 ed il 1990, prima del
drastico declino della morte in culla.
Più recentemente è stato riportato che da moderate a forti dosi di caffeina possono essere
potenzialmente nocive al bambino (Eskenazi,
1993). Questa scoperta si rivela importante nell’ottica della prevenzione in quanto il bere
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caffè, the e coca cola è un comportamento
comune ma facilmente modificabile.
PREVENZIONE ED INTERVENTI RIVOLTI
ALLA RIDUZIONE DEL RISCHIO
A partire dai primi anni ’90 in molti paesi industrializzati - Stati Uniti, Francia, Regno Unito,
Olanda, Svezia, Norvegia, Australia, Nuova
Zelanda, - sono state lanciate delle campagne
di informazione di massa (“Reducing the risk
of SIDS”) finalizzate alla diffusione di alcune
norme comportamentali atte a ridurre il rischio
di SIDS. Tra queste, le principali sono state:
1) posizione supina nel sonno (questa
misura è ritenuta la più importante
in termini di abbattimento del rischio);
2) astinenza dal fumo in gravidanza ed
in presenza del neonato;
3) evitare l’ipertermia (ambienti troppo
caldi, neonato eccessivamente coperto).
Il caso più studiato è quello statunitense dove
nel 1992 l’A.A.P delibera di raccomandare a
tutte le famiglie di porre a dormire i propri
bambini in posizione supina e nel 1994 viene
lanciata una vera e propria campagna nazionale di educazione di massa denominata “Back
to Sleep”, tesa a rendere operativa la delibera.
In un successivo studio si rileva un’associazione statistica illuminante: nel periodo che va dal
1992 al 1996 l’incidenza della posizione prona
cala negli Stati Uniti del 66%; nello stesso
periodo le morti per SIDS calano del 38% passando dall’1,20‰ allo 0.74 (fonte:American
Academy of Pediatrics Task Force on Infant
Positioning and SIDS, 1996; Carroll e Siska,
1998; Willinger et al., 1998). Analogamente i
dati consuntivi raccolti in Australia segnalano
un calo dell’incidenza della SIDS superiore al
50%: dall’ 1,91‰ del 1990 - anno d’inizio della
campagna “Reducing the Risk” - allo 0.82‰
del 1996 (fonte: website del National SIDS
Council of Australia). In Francia, a seguito
delle campagne per la riduzione del rischio
SIDS rivolte sia agli operatori sanitari sia al
pubblico, si è riscontrata una diminuzione dei
decessi per SIDS da 1133 nel 1994 a 360 nel
1997 (fonte: website associazione Naître et
Vivre).
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La Regione Lombardia, tramite una delibera
della Giunta Regionale (n. 49210 del
24.3.2000), ha pianificato e sviluppato un progetto rivolto alla riduzione del rischio di morte
improvvisa del lattante (SIDS) e di morte inaspettata del feto e lo studio di questa sindrome. Il progetto di ricerca anatomo-clinica prevede la collaborazione di strutture ospedaliere,
dell’Istituto
di
Anatomia
Patologica
dell’Università degli Studi di Milano e di IRCCS
pubblici e privati al fine di individuare le anomalie strutturali e funzionali, specie cardiorespiratorie e delle prime vie digestive, che,
dal momento del concepimento al compimento del primo anno di vita, possono favorire e/o
scatenare l’evento mortale. Gli obiettivi del
progetto sono: riduzione della mortalità perinatale, neonatale e postneonatale attraverso la
diminuzione dell’incidenza della sindrome
della morte improvvisa del lattante (SIDS) e
della morte fetale inaspettata tardiva (dopo la
25° settimana di gestazione). È stata inoltre
immediatamente lanciata una campagna di
informazione di massa e di sensibilizzazione
rivolta agli operatori sanitari ed alle famiglie e
costituzione di network e task force interprofessionali e della comunità per una strategia
globale di prevenzione. Per il progetto preventivo, educativo e di informazione dal titolo:
“Campagna informativa di prevenzione della
SIDS”, è stato individuato un protocollo volto
alla riduzione del rischio di morte improvvisa
del lattante tramite l’adozione di comportamenti in grado di diminuire l’incidenza della
SIDS.
Per quanto riguarda le possibilità d’intervento
infermieristico per la riduzione del rischio di
SIDS è importante fornire delle raccomandazioni già prima che una coppia decida di avere
dei figli per fare in modo che la donna sia
seguita accuratamente, in particolare nei primi
tre mesi, che la gravidanza sia più fisiologica
possibile e che il feto sia ben nutrito. Questo
controllo clinico può infatti ridurre il rischio di
nati prematuri che sono ad alto rischio di SIDS.
Da quando la maggior parte dei bambini dormono supini il fumo rimane chiaramente il fattore di maggior rischio che è potenzialmente
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modificabile. È fondamentale raccomandare
alla donna di non fumare in gravidanza tramite lo sviluppo di strategie efficaci, in quanto la
semplice informazione delle madri circa il
rischio attuata in alcuni paesi è risultata inefficace. Inoltre, la responsabilità di ridurre il
rischio di SIDS risiede non solo nei genitori che
fumano ma in tutti i fumatori. I genitori che
non riescono a smettere di fumare o a ridurre
il loro vizio devono essere fortemente avvisati
di tenere il loro bambino in una zona completamente libera dal fumo; comunque ciò non è
un’alternativa alla migliore precauzione di non
fumare del tutto.
Le infermiere hanno poi un ruolo importante
da giocare nell’assicurare che le famiglie dei
neonati, ed in particolare dei nati prematuri,
ricevano informazioni e raccomandazioni che
siano efficaci riguardo ai modi in cui possono
“ridurre il rischio”. Per
quanto riguarda i messaggi di educazione
sanitaria relativi alla
posizione del bambino
durante il sonno, nel
promuovere la posizione supina è importante anche fornire
un’informazione che
miri a prevenire l’utilizzo di una posizione
prona o laterale quando non è abituale per
il bambino. Inoltre la
prevenzione
deve
essere focalizzata ad
evitare le posizioni
proni secondarie.
Quindi se i genitori si oppongono alla posizione supina per ragioni cultuali o per tradizioni, deve essere data enfasi nell’impedire
che il bambino si giri nella posizione prona da
quella laterale. Una volta che il bambino si è
abituato a dormire in una certa posizione è più
difficile fargli cambiare l’abitudine; per questo
motivo è importante dare indicazione ai genitori di far dormire il bimbo sulla schiena fin
dalla nascita.
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Nel 2000 l’American Academy of Pediatrics stabilisce che non ci sono dei dati che suggeriscano che le strategie progettate per ridurre il
rischio nei neonati a termine non debbano
essere anche applicate ai prematuri. Per esempio la relazione con la posizione prona è stata
dimostrata per i bambini di basso peso come
pure per quelli nati con un normale peso a termine. Quindi, considerando le evidenze esistenti inerenti il rischio dei nati pretermine e a
basso peso, se un prematuro è posizionato in
una posizione non-supina nell’unità di terapia
intensiva neonatale, è di enorme importanza
informare i genitori che i bambini prematuri e
con distress respiratorio hanno bisogni differenti e che mentre sono in ospedale e monitorizzati è spesso più sicura la posizione prona.
Le infermiere devono poi mettere il bimbo in
posizione supina appena le condizioni cliniche
si sono stabilizzate ed in particolar modo diversi giorni prima della dimissione (Young 1996).
I genitori che desiderano dormire con il bimbo
devono comprendere le seguenti raccomandazioni:
- non condividere il letto se anche solo uno
dei due fuma; - non condividere il letto se uno
dei due genitori ha assunto alcool o droghe
prima di dormire; - non dormire con il bambino su un divano.
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Se una madre sceglie di tenere il suo bimbo
nel letto per allattarlo deve essere stimolata ad
osservare le già menzionate raccomandazioni
ed in particolare: posizione supina per dormire, evitare superfici soffici e coperte sciolte ed
evitare le condizioni di intrappolamento.
I genitori devono essere poi avvisati di non
lasciare che il bimbo si scaldi troppo durante il
sonno (non deve essere caldo al tatto) per cui
deve esser vestito leggero, devono coprire il
materasso solo con un lenzuolo, utilizzare
coperte di lana leggere ma non piumoni e trapunte che non sono raccomandati per i lettini
di bambini inferiori ad un anno (Department
of Health, 1996). Non usare cuscini e togliere
dal letto le “coperte di Linus” i rotoli ed altri
oggetti soffici. Inoltre i bambini non dovrebbero dormire con coperte elettriche o vicino
ad un calorifero o dove picchia il sole. La
camera deve essere tenuta ad una temperatura
che sia confortevole per un adulto vestito leggero (circa 18-20O). È importante raccomandare ai genitori di posizionare il bimbo in modo
che i piedi poggino in fondo alla culla e di rimboccare le coperte saldamente, lasciando scoperto il bambino dalla parte alta del torace per
ridurre il rischio che le coperte coprano la testa
del bimbo o che si rannicchi o scivoli completamente sotto le coperte (Fleming et al, 1996).
Il consiglio per i genitori inerente il materasso
è che qualsiasi tipo va bene purché sia in
buone condizioni, abbia una solida superficie,
sia tenuto pulito e asciutto e ben areato. Non
c’è infatti alcuna evidenza che un particolare
materasso sia più sicuro di un altro se si seguono queste semplici linee guida. Inoltre la parte
ventilata presente in alcuni materassi per culla
non si è dimostrata avere un valore nella prevenzione della SIDS e per di più può comportare maggiori difficoltà nel tenerlo pulito.
È importante infine avvisare i genitori di far
attenzione a non coprire troppo il bambino
quando non sta bene, di farlo bere molto e di
svegliarlo per bere se dorme molto. Tuttavia
può essere difficile per un genitore valutare se
la malattia è seria e richiede un consulto medico, per cui può essere utile fornirgli delle linee
guida molto semplici e chiare.
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Le seguenti, per esempio, possono aiutarli:
Il bambino può essere seriamente ammalato se presenta uno dei seguenti sintomi: ha un
pianto debole, o piange molto più del solito; è
poco reattivo o è molto meno vivace o più
stanco del solito, appare molto pallido, ha un
respiro rumoroso, ha rientramenti al torace o
sopra lo stomaco quando respira; ha febbre
alta; assume meno di un terzo di liquidi del
solito, urina poco, vomita o presenta sangue
nelle feci.
Una richiesta urgente del medico è necessaria se il bambino: smette di respirare o diventa blu, non reagisce o si mostra non cosciente,
ha gli occhi fissi, non può essere svegliato, ha
tremori/convulsioni.
Inoltre è importante raccomandare ai genitori
di non esporre il bambino a persone con infezioni respiratorie, di evitare gli ambienti affollati, di pulire attentamente tutto ciò che viene
in contato con il bambino e di dire alle persone di lavarsi le mani prima di toccare o giocare con il bambino. La SIDS è infatti spesso
associata ad infezioni respiratorie relativamente minori ed a infezioni gastrointestinali (vomito e diarrea).
È stata effettuata anche una ricerca che ha
valutato l’utilità per i genitori di una checklist
a punti di segni e sintomi su cui verificare la
necessità di un consulto medico (Baby Check
Score Card) e ha evidenziato che un significativo numero di bambini morti per SIDS sarebbero potuti essere identificati come potenzialmente malati. (Cole et al, 1991).
Alcuni genitori si sentono rassicurati dall’utilizzo di un monitor. Tuttavia i bambini che respirano normalmente non necessitano di un
monitor e non c’è alcuna evidenza scientifica
che il monitor impedisca la SIDS. Infine la
FSID (Foundation For the Study of Infant
Deaths) raccomanda che tutti i genitori imparino come rianimare un bambino, in quanto è
stato evidenziato che una tale formazione
riporta un aumento della fiducia dei genitori
ed un’associata riduzione dell’ansia relativa
all’abilità di gestire qualsiasi situazione d’emergenza. Uno studio prospettico su 300 bambini
ha rilevato che circa il 50% degli arresti cardio45
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respiratori extraospedalieri si manifesta in bambini sotto i 12 mesi ed una revisione di altri
studi osservazionali ha trovato prove che un
arresto avvenuto in ambiente extraospedaliero
nei bambini ha una prognosi peggiore di un
arresto avvenuto in ospedale indipendentemente dalla causa che lo ha provocato.
CONCLUSIONI
La SIDS rimane a tutt’oggi la prima causa di
morte del bambino nel primo anno di vita. Le
conseguenze emotive per i familiari sono gravi
e difficilmente superabili ed i costi sociali per
le terapie di sostegno medico-psicologico sono
rilevantissimi. Fino a tempi recenti gli interventi dei professionisti sanitari erano focalizzati sul counselling e sul supporto delle famiglie
dopo la morte del bimbo. Oggi le infermiere
hanno una stretta relazione con i genitori e
possono giocare un ruolo determinante nella
riduzione del rischio SIDS, in quanto devono
promuovere la salute del bambino fornendo ai
genitori i mezzi per poterla pienamente ed
efficacemente raggiungere. Devono, pertanto,
partecipare attivamente alla prevenzione attraverso una corretta consulenza ed un adeguato
supporto per la famiglia rivolto ad impedire
l’esposizione del bimbo a condizioni di alto
rischio. Anche interventi come l’educazione
dei genitori circa il riconoscimento precoce di
segni e sintomi di malattia possono potenzialmente contribuire a ridurre l’incidenza di SIDS.
Inoltre nel fornire una corretta formazione è
importante garantire che i genitori comprendano, accettino ed applichino le indicazioni fornite e le raccomandazioni devono diventare
per i genitori pratiche e manovre che rientrano nelle normali abitudini del prendersi cura
del loro bambino in ogni momento della vita
quotidiana. L’infermiera deve infatti tutelare la
salute del bambino ed è perciò responsabile
del sostegno della famiglia, al fine di metterla
nelle condizioni di agire e di assumere decisioni nell’interesse del loro piccolo. Occorre
quindi allargare la dimensione dell’assistenza
verso un carattere più educativo, passando dalla
cultura del fare a quella dell’educare e del
responsabilizzare (educazione terapeutica).
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È essenziale, inoltre, raccomandare ai genitori
di informare chiunque si prende cura del loro
bambino circa le linee guida per ridurre il
rischio, in particolare la posizione per il sonno,
e progettare strategie di informazione ed educazione rivolte a tutti coloro che si occupano
dell’assistenza all’infanzia. Infatti negli Stati
Uniti, in seguito ad una revisione di dati
Census dalla quale è emerso che circa il 7% dei
decessi per SIDS avviene in centri organizzati
di assistenza ai bambini, è stato condotto uno
studio retrospettivo delle morti dal 1995 al
1997 (1926 casi di SIDS) che ha rilevato un’incidenza di SIDS in svariati ambiti assistenziali
per bambini del 20,4%. In questo studio erano
comprese situazioni assistenziali in cui il bambino era tenuto a casa con una persona diversa dai genitori (parenti, babysitter), o in casa di
parenti, o in case famiglia o in centri organizzati (14,7% delle SIDS). Dall’analisi dei fattori
associati si è evidenziato che i bambini deceduti erano stati posizionati o ritrovati proni
quando la loro posizione abituale era quella
laterale o supina. Inoltre per 99 decessi è stato
possibile risalire da quanto tempo erano in
quella situazione assistenziale e dai dati è
emerso che il 34,4% dei bambini è deceduto
entro la prima settimana e di questi il 16,2% il
primo giorno. Inoltre una percentuale estremamente alta (82,3%) di questo gruppo è stato
ritrovato prono.
L’intervento infermieristico rivolto alla continuità delle cure è un’altra componente essenziale nella riduzione del rischio. Un intensa
formazione ed un continuo follow up è infatti
importante, in particolare per le famiglie di
bambini monitorati a domicilio, per assicurare
un sostegno costante ed una adeguata preparazione dei genitori soprattutto per la valutazione delle condizioni del bambino e per intervenire in caso d’emergenza. Questa competenza del genitore è vitale non solo per i bambini
in situazioni di rischio per SIDS, ma anche per
eventi quali ad esempio l’aspirazione di un
corpo estraneo, l’annegamento, la folgorazione
e i traumi. Non può essere quindi tralasciata
l’importanza di ipotizzare un programma di
formazione inerente le basi della rianimazione
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cardio-respiratoria per tutti i neo-genitori e per
chiunque operi in ambiti di assistenza all’infanzia.
In uno studio prospettico condotto nel
Massachussetts and Ohio tra il 1995 e il 1998
su 906 bambini con basso peso alla nascita è
infatti emerso che ad uno, a tre ed a sei mesi
dopo la dimissione dall’ospedale la prevalenza
della posizione prona era rispettivamente del
15,5%, del 26,8% e del 28,3% ed i bambini con
peso alla nascita molto basso (<1500 g) erano
più probabilmente posizionati proni. Sempre
da questo studio si è evidenziato che, per
quanto riguarda la scelta della posizione, la
maggior parte delle madri che mettevano il
bimbo in posizione non-prona, riferivano che
la decisione era stata influenzata dall’informazione fornita da medici ed altri professionisti,
mentre per le madri che posizionavano il
bambino prono la scelta era suggerita dalla
percezione che quella posizione era la più
confortevole per il loro bambino. Infine le
madri di bambini con peso alla nascita molto
basso riferivano che la posizione prona è stata
influenzata dalle raccomandazioni di medici
ed infermieri.
Questa informazione fornita ai genitori, che
risulta potenzialmente errata, trova una spiegazione nella preoccupazione verso l’alta prevalenza in questi bambini di condizioni patologiche come il RGE e problemi respiratori.
Pertanto sarebbero necessarie ulteriori ricerche
che mirino a valutare rischi e benefici, in termini di SIDS, di varie posizioni per il sonno di
bambini con basso peso alla nascita (specialmente per quelli di peso <1500 g) per aiutare il
personale sanitario a fornire delle raccomandazioni che siano basate sull’evidenza scientifica.
La ricerca deve, quindi, continuare e le infermiere possono partecipare attivamente a progetti di ricerca volti a scoprire come e perché
avviene la SIDS e/o ad isolare nuovi fattori di
rischio. I fattori di rischio, infatti, non sono la
causa diretta della SIDS ma potrebbero fornire
delle tracce per scoprire la causa della SIDS e
per capire perché alcuni bambini sono più vulnerabili.
Mentre si è speranzosi che le raccomandazioni
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descritte possano salvare delle vite si è consapevoli del fatto che il seguirle fedelmente non
impedirà tutte le morti per SIDS e che, anche
quando i genitori si comportano correttamente, le cose possono comunque andare storte.
Bisogna considerare infatti che molte delle vittime della SIDS non avevano fattori di rischio
conosciuti e che la maggior parte di quelli che
hanno uno o più fattori di rischio sopravvivranno.
È importante notare che finché le cause rimangono sconosciute la prevenzione rimane l’unica strategia possibile.
Inoltre, nonostante il successo della campagna
americana diversi fattori di rischio conosciuti e
potenzialmente modificabili rimangono tutt’oggi e richiedono quindi attenzione attraverso l’educazione da parte di tutti professionisti
della sanità è ciò ha importanti implicazioni in
termini di politiche sociali e di educazione
sanitaria.
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