1816. Impatto dell`anno senza estate nel territorio

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1816. Impatto dell`anno senza estate nel territorio
geografia
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ISSN 11235586
TRIMESTRALE DI RICERCA SCIENTIFICA E DI PROGRAMMAZIONE REGIONALE
Anno XXXII n. 3-4
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Problemi e prospettive dei periodi geografici
accademici (Roma, 23-24 settembre 2009)
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Le Giornate della geografia. Tra sfide scientifiche e prospettive applicative (Catania, 811 settembre 2009)
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1816-1817. Conseguenze dell’anno senza
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ROMA, 2009
ANNO XXXII, N. 3-4
DIANA DRAGONI*
1816: IMPATTO DELL’ANNO SENZA ESTATE
NEL TERRITORIO PERUGINO
1. Introduzione
Da alcuni decenni l’argomento “variazioni climatiche” (in particolare quello del riscaldamento
del pianeta), è diventato uno dei problemi scientifici più importanti, non ristretto solo ai ricercatori
ma ampiamente dibattuto dalla politica internazionale, dai mezzi di comunicazione e con forte presa sull’opinione pubblica, sulle organizzazioni ambientaliste e le grandi corporation industriali. L’interesse sull’argomento è dovuto al fatto che il riscaldamento del pianeta implica un insieme di
cambiamenti ambientali quali, solo per esempio,
la variazione della quantità e del regime delle
piogge, lo scioglimento dei ghiacci, l’innalzamento del livello del mare e così via, con impatti potenzialmente molto pesanti sulla biosfera, sulla società umana e sul suo assetto produttivo. Il dibattito sull’argomento è esaltato dal fatto che le cause delle variazioni climatiche alla scala temporale
delle centinaia e migliaia di anni sono poco chiare, e che non vi è accordo né scientifico né politico su quali siano le azioni praticabili più efficienti,
sia per contrastare il riscaldamento sia per diminuirne gli impatti negativi (cfr. per esempio Pinna,
2006; IPCC, 2007; Houghton, 2009, Singer, Idso,
2009). L’argomento “variazioni climatiche”, così
come trattato dai mezzi di comunicazione, tende
spesso a trascurare il fatto che variazioni del clima
recenti, naturali, vi sono già state, e che esse hanno provocato un insieme di conseguenze negative
su vaste aree del pianeta: esempi a supporto di
ciò sono ampliamente reperibili in letteratura (cfr.
per esempio Brown, 2001; Brooks, 2006; Cremaschi et al., 2006; Kumar et al., 2006; Issar, 2007).
Dottoranda di Geografia Storica presso l’Università
degli Studi di Cassino, Ciclo XXIII.
Si ringrazia il Prof. De Santis per la consulenza e la
disponibilità offerte.
*
In quest’ottica la presente nota intende portare un
contributo alla conoscenza degli effetti che una
variazione del clima, sicuramente naturale e di
breve durata, ha avuto in Umbria, nella zona fra il
Lago Trasimeno e Perugia.
2. Attività vulcanica e clima: l’esplosione del
Tambora nel 1815
È noto che l’attività vulcanica intensa di tipo
esplosivo ha effetti immediati sul clima: le ceneri
immesse nell’atmosfera dalle grandi esplosioni vulcaniche si disperdono nell’atmosfera, restando in
sospensione per mesi, fino a qualche anno. Ciò implica che parte dell’irraggiamento solare viene intercettato, provocando un raffreddamento delle parti
inferiori dell’atmosfera, che nel caso delle esplosioni maggiori può interessare gran parte del pianeta.
Nel nostro immaginario collettivo l’eruzione vulcanica per eccellenza è stata quella del Vesuvio nel
79 d.C., con i suoi protagonisti che emergono, colti
nella paura e nella fuga, davanti ai nostri occhi non
appena si accenni a questo storico evento. Eppure
ci fu un’eruzione cronologicamente molto più vicina a noi, molto più potente e i cui effetti si avvertirono su un’area molto più vasta. La più potente
eruzione avvenuta nell’ultimo millennio è stata
quella del Tambora, dell’aprile del 1815, nell’isola
di Sumbawa, in Indonesia. L’evento espulse oltre
10 miliardi di metri cubi di materiali, producendo
una nube di ceneri e vapori tale da lasciare per tre
giorni nell’oscurità l’area circostante fino a 600 km
di distanza e tale da ridurre il normale irraggiamento solare per alcuni anni. I morti, come conseguenza immediata dell’eruzione nelle vicinanze del vulcano, furono oltre 10.000. I vulcanologi attribuiscono a questa eruzione un indice di esplosività vulcanica (Volcanic Explosivity Index – VEI) pari a 7: un
valore altissimo considerato che la scala utilizzata
25
DIANA DRAGONI
va da 0 a 8, e che il rapporto dei volumi eiettati da
due eruzioni che differiscono di un grado è 10
(Newhall, Self, 1982). Volendo comprendere ancora
di più quale sia stata l’energia dell’esplosione, basti
pensare che il Tambora è passato da un’altezza di
4.200 m a quella odierna di 2.850 m, che la sua caldera è larga oltre 7 km e profonda 1.250 m, la più
profonda della Terra (Abrams, 2005-06). La distruzione fu tale che non si sa nemmeno quali e quanti
centri abitati furono distrutti: solo recentemente si è
iniziato ad indagare in maniera sistematica, con alcuni interessanti ritrovamenti1.
L’esplosione del Tambora provocò, per tutto il
1816, un raffreddamento dell’emisfero nord valutato attorno a 1 – 2 °C, in alcuni mesi estivi del
1816 fino a 3 ° C (Tarbuck, Lutgens, 2007).
Poiché le osservazioni meteorologiche degli inizi
dell’Ottocento sono in generale ancora caratterizzate da scarsa metodicità e precisione, la conferma
che il 1816 sia stato realmente un anno caratterizzato da basse temperature determinate dalla presenza
di una nube di polvere vulcanica nella stratosfera
dal 1815 al 1817 e oltre, arriva dalle indagini compiute in diverse parti del mondo, basate sulle testimonianze scritte lasciate da coloro che hanno osservato anomalie climatiche stagionali e soprattutto
su studi di climatologia, dendroclimatologia, geologia, vulcanologia, glaciologia, astronomia, storia.
Tra queste ricerche si possono ricordare quelle
svolte ad esempio per la penisola iberica (Trigo et
al., 2009) e per la Toscana (Del Vita et al., 1998).
L’abbassamento globale della temperatura portò
ad una drastica riduzione dei raccolti estivi, con
gravi carestie in America del Nord e in Europa: il
1816 fu definito da Henry ed Elizabeth Stommel
“l’anno senza estate” (Stommel, Stommel, 1979). La
scarsità dei raccolti, con il conseguente aumento
del prezzo dei viveri di prima necessità, condusse
alla fame, anticamera per la diffusione del tifo, soprattutto in Europa, nelle aree già stremate dalle
guerre napoleoniche e dove scarseggiavano le pratiche igieniche.
Fig. 1 – Immagine satellitare dell’isola di Sumbawa. Al centro spicca la grande caldera del Monte Tambora.
Fonte: Google Earth 25.11.2009
Il vulcanologo Haraldur Sigurdsson dell’Università
di Rhode Island insieme ad altri colleghi dell’ Università
del North Carolina e dell’Indonesian Directorate of Volcanology, durante una campagna di scavo nell’estate
del 2004, hanno iniziato ad estrarre i resti di abitazioni,
utensili, persone carbonizzate rimasti sepolti dall’eruzio1
26
ne del Tambora del 1815. La notizia si legge nell’edizione on line della BBC del 28.02.2006
(http://news.bbc.co.uk/2/hi/science/nature/4748902.stm), oltre che in quella de Le Scienze alla
stessa data (http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Il_regno_perduto_di_Tambora/1283776).
1816: IMPATTO DELL’ANNO SENZA ESTATE NEL TERRITORIO PERUGINO
Fig. 2 – Carta dell’area comprendente Perugia, Corciano e il Lago Trasimeno.
Fonte: I.G.M. Carta topografica d’Italia, F° 122 (Perugia).
27
DIANA DRAGONI
Nel 1816 e 1817 si registrò l’ultima crisi conosciuta di portata europea che, seguita dall’insorgere di malattie, il tifo in primo luogo, provocò migliaia di morti. L’argomento, sul quale esiste una
abbondante letteratura generale, è stato trattato
per l’Italia in maniera parziale e frammentaria.
Secondo Del Panta (1980) la crisi demografica
che investì tutta la penisola italiana nel 1817 fu
provocata dal ritorno dalla guerra di soldati già
contagiati dal morbo che trovarono una popolazione stremata. A tale riguardo, la città di Perugia
(dove il tifo, secondo l’autore, si diffuse da gennaio 1817) ebbe un rialzo della mortalità stimato
del 66% rispetto agli anni precedenti.
2. IL CLIMA NEL PERUGINO NEL 1816
Alcuni ricercatori dell’ISAC-CNR (Istituto di
Scienze dell’Atmosfera e del Clima – Consiglio
Nazionale delle Ricerche) di Bologna, in collaborazione con l’Università di Milano, hanno ricostruito le variazioni climatiche relative all’Italia
negli ultimi due secoli ed hanno riscontrato che
l’anno più freddo è stato il 18162. Questo può essere imputato ad una causa contingente, come
l’eruzione del Tambora appunto3, senza tuttavia
tralasciare il fatto che stiamo parlando di un decennio già di per sé caratterizzato da un freddo
intenso all’interno della Piccola Era Glaciale (inizio XIV – metà XIX sec.).
Poiché risulta oggi difficile reperire informazioni
dettagliate riguardo al clima e allo stato delle colture di un’area circoscritta come quella relativa ad
una città e per un solo anno prima del Novecento,
ben si comprende l’importanza dell’Osservatorio
Meteorologico dell’Università degli Studi di Perugia
che conserva, ed è in effetti un caso raro in Italia,
le rilevazioni meteorologiche locali fin dal 1811,
quando fu costituito da Luigi Canali4. Dai registri
meteorologici presenti si può ricavare il regime
pluviometrico anche degli anni di nostro interesse.
Dai dati mostrati nella Tab. 1 e sintetizzati nella Fig. 3 emerge un aumento di tutte le precipitazioni proprio nel 1816. In Umbria l’aumento della
pioggia può essere verificato anche confrontando
il livello del Lago Trasimeno: una ricostruzione
proposta (Gambini, 1995) mostra un innalzamento
all’incirca tra il 1816 e il 1819.
Oltre a questi dati, alcuni indizi permettono di figurarsi lo scenario nel quale si è sviluppata la carestia. L’Osservatore del Trasimeno (giornale dell’epoca
che diffondeva notizie provenienti da tutta la penisola, da alcune nazioni europee e a volte dagli U.S.A.)
accenna ad alcuni eventi meteorologici nella penisola evidentemente ritenuti anomali. Nell’edizione del
02.03.1816 per esempio è tratto dal Diario di Roma:
“I giorni freddissimi da noi con repentino
cambiamento sofferti nel cadente febbraro sono
stati, a senno di varj professori dell’arte salutare,
l’infausta cagione delle morti improvise che abbiamo deplorato in questo Foglio”5.
Anno
Giorni con pioggia
Giorni con grandine
Giorni con neve
1814
130
8
16
1815
135
10
19
1816
140
14
19
1817
120
11
16
1818
130
17
11
Tab. 1 – Giorni di pioggia, grandine e neve a Perugia dal 1814 al 1818.
Fonte: Ns. elab. da De Gasperi (1933, 1934).
2
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Scienze_e_Tecnologie/2006/02_Febbraio/27/clima.shtml
3
Sono numerosissimi gli studi svolti in tutto il mondo che colgono una corrispondenza tra l’abbassamento
del livello di irraggiamento solare e le grandi eruzioni
vulcaniche. A questo proposito si veda un articolo uscito in Science il 26.03.2009 di A. T. EVAN et Al…, “The
Role of Aerosols in the Evolution of Tropical North Atlantic Ocean Temperature Anomalies”.
28
4
Sulla nascita e l’evoluzione dell’Osservatorio Meteorologico di Perugia si può consultare A. BALTADORI, “Un secolo e mezzo di osservazioni meteorologiche
a Perugia”, in Bollettino della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria, vol. XLIII, Perugia, 1946.
5
Osservatore del Trasimeno, 2 marzo 1816, Italia.
Stati della Chiesa Romana, p.1.
1816: IMPATTO DELL’ANNO SENZA ESTATE NEL TERRITORIO PERUGINO
Fig. 3 – Precipitazioni (mm) a Perugia dal 1814 al 1818.
Fonte: Ns. elab. da De Gasperi (1933, 1934).
Un altro indizio compare in una circolare dello
Stato Pontificio del 31.05.1816 nella quale si fa riferimento ad una “straordinaria Anomalia delle
Stagioni”6.
3. I RACCOLTI, LA CARESTIA E L’AUMENTO DEI PREZZI
Per la città di Perugia, allora parte dello Stato
della Chiesa, si hanno in particolare due fonti dell’epoca, cioè gli scritti lasciati dal Sac. Giambattista Marini e dal Dott. Cesari Massari, nei quali non
sono definite le cause che hanno generato i gravi
eventi del 1816-1817, ma ci si sofferma sugli effetti. Così è descritto l’innalzarsi dei prezzi, l’aumento dei poveri e dei mendicanti per i quali sia le
autorità pubbliche che le comunità religiose distribuivano denaro e sussidi alimentari, il dilagare dei
furti, il numero in crescita dei malati e dei morti, i
rituali religiosi, i provvedimenti presi dallo Stato
Pontificio.
Il Dott. Cesare Massari (1838, p. 142), membro
della Deputazione Sanitaria istituita a Perugia nel
1816, scrive:
“Ma gli anni 1816 e 1817, che riaprirono il
corso delle cose più antiche e della pace più lusingata, entrarono per fame e per contagio tristissimi
e memorandi. Noi non vogliamo, nè sarebbe forse
da noi, decidere da quali cagioni avvenisse che le
più ricche terre d’Italia e la ubertosa nostra Perugia, nell’anno 1816, a miseria ed a fame si conducessero. O fosse perversità di stagioni, o malvagità di uomini, o spirito maligno di non sopiti parteggiamenti, o stupidezza di magistrati, o alcune o
tutte queste cagioni insieme vi cospirassero, certo
fu che gran parte d’Italia e Perugia fu flagellata
da penuriosissimo anno, e innumerevoli per miseria morirono. Era il mese di aprile quando le supreme Autorità governative avvisavano i Rappresentanti di Perugia della mancanza de’ grani, invitandoli a prendere i più solleciti provvedimenti
in proposito. Si deliberò di somministrare ai fornari due mila scudi ed altri in seguito perchè acquistassero grani: ma ciò non si fece o mal si fece.
La fame durava, e per sei mesi le cose andavano
come andavano”.
All’inizio del 1816 la fame già si mostrava in
strada se in una lettera7 del 24.01.1816 il sindaco
di Corciano, comune limitrofo a quello di Perugia
(Fig. 7), rispondendo alle richieste fatte il 30 novembre precedente dal Cardinale Segretario di
Stato di cercare di alleviare le sofferenze dei tanti
bisognosi presenti, dichiara di aver convocato la
ASCC, Archivio preunitario, Carteggio amministrativo, b 96, Titolo 11 Sanità, Articolo 1 Affari Sanitari,
1816, Minutario delle lettere scritte dalla Congregazione
Sanitaria di Corciano (1816, lug. 1 – 1816, ago. 14).
7
Archivio Storico del Comune di Corciano (da ora
ASCC), Archivio preunitario, Carteggio amministrativo,
b 96, titolo 11, Sanità, Articolo 1, Cimiteri, 1816.
6
29
DIANA DRAGONI
Congregazione di Pubblico Sussidio per affrontare
il problema ed essa “ha riconosciuto che la generale miseria, che domina specialmente nella campagna, e l’abbondante aumento dei poveri non
ammette alcuna dilazione ad eseguire li enunciati
sovrani ordini col soccorrere quei molti infelici,
che gemono nel colmo della miseria, e che mancano affatto di mezzi da provvedere al loro necessario sostentamento, per cui si vede imminente il pericolo di vederli morire di fame”.
La soluzione proposta dal sindaco è di impiegare questi poveri nel taglio e raccolta della legna,
nel rifacimento delle strade principali di Corciano
e in particolare di quella che conduce a Perugia.
Per far ciò naturalmente sono richiesti dei fondi.
L’Osservatore del Trasimeno il 30.03.1816 riporta notizie da Città di Castello: “Una luttuosa
carestia, che oltremodo affliggeva nel presente Anno la Classe degl’Indigenti di questa Città, e Diocesi ha mosso alla più viva commisserazione il nostro degnissimo Vescovo Monsignor Francesco
Mondelli, il quale in ogni altra circostanza, ma
specialmente in questa ha fatto sommamente spiccare il luminoso suo zelo, ed ardente carità a pro
del diletto suo Gregge”8.
Testimonianze sulle cattive condizioni delle
colture nel 1816 non sono emerse, ma l’aumento
dei prezzi dei cereali riportato dalle fonti non può
che essere imputato alla scarsità dei raccolti.
L’Osservatore del Trasimeno pubblica l’editto
emanato per gli Stati della Chiesa Romana il
07.08.1816 con il quale si cerca di limitare gli abusi da parte di chi fa incetta dei grani per rivenderli
all’estero con alto guadagno o concentrarli nelle
mani di pochi a prezzi esagerati.9
Il Marini racconta che il 07.12.1816 “i fornari
furono trovati in frode sui spacci di pane”;
il 31.05.1817 “nella sera non si trovava pane.
In questi ultimi giorni di maggio si erano ridotte le
pagniotte anche a meno di oncie 3 in paio, e perciò poco più di oncie 2 a baj. Ognuno facea quello, che gli piacea, e cresceva e calava il grano, ed
altri generi a proprio arbitrio. I Fagioli si trovano
a scudi 23 il rubbio, a minor prezzo non vi
erano”.
Il decreto emesso dal Mons. De Simoni il
02.06.1817 viene così narrato dallo storico Luigi
Bonazzi (1959, pp. 416-417):
“A vieppiù impoverire i meno poveri, ci venne delegato apostolico il De Simoni, il quale, avendo tro-
Osservatore del Trasimeno, 30 marzo 1816, Italia.
Stati della Chiesa Romana, p.1.
9
Osservatore del Trasimeno, 10 agosto 1816, Italia.
Stati della Chiesa Romana, p.1.
vato il grano al prezzo di due scudi al rubbio, e temendo forse che crescesse fino a scudi quarantacinque come avvenne nel 1801, senza badare alla proclamata libertà di commercio, decretò che a quel
prezzo i fornari spianassero il pane. Passarono cinque o sei giorni, e già il prezzo era sceso a sedici
scudi; ma a cagione di quel fatale decreto il pane seguitò per lungo tempo a vendersi al prezzo di prima,
poichè a quel prezzo i fornari aveano fatto la provvista del grano. Visto il suo errore, il delegato lo fece
espiare ai fornari medesimi. Tristo di cuore non
men che fiacco di mente, egli aveva introdotta e perfezionata fra noi la macchina del cavalletto, e non
appena glisi offriva l’occasione o il pretesto, preferiva
il più sovente di assoggettare alla verberazione le
natiche dei fornari, tanto più riprovevole, inquantochè, lusingando i cattivi istinti della moltitudine,
sperava con sì indegno mezzo di rendersi popolare”.
I cereali non erano l’unico genere soggetto ad
aumento di prezzo, infatti l’Osservatore del Trasimeno testimonia anche i problemi generati dalla
scarsa raccolta delle olive negli Stati della Chiesa
Romana: “Penetrato l’animo paterno, e generoso
della Santità di Nostro Signore Pio Papa VII felicemente Regnante del più vivo rincrescimento per la
carestia estrema dell’olio proveniente dalla quasi
totale mancanza delle olive, che nella presente Stagione ancora affligge gli amatisimi suoi Sudditi, e
in conseguenza per la eccessività de’ prezzi a cui è
salito l’acquisto di un genere sì necessario agli usi
della vita umana; senz’alcun riguardo de’ sacrificj
del Pontificio suo Erario ci ha incaricato espressamente coll’Oracolo della viva sua voce di prolungare la esenzione da ogni gabella d’Introduzione, ed
anche di consumo alle porte di Roma sugli Olj forestieri non solo, ma sul Sapone ancora di qualunque
provenienza fino a tutto il 31 Dicembre 1817”10.
Anche in un opuscolo pubblicato nel 1892 è
descritta la carestia del 1816, in questo caso come
preambolo al miracolo delle acque avvenuto a
Trevi nel 1817. Viene detto che la situazione era
talmente grave che molti per “non morire di fame,
si mangiavano cose le più ributtanti: perfino la
sansa dei Molini e i sarmenti macinati e cose anche schifose!” (Pallucchi, 1892).
4. IL TIFO: MALATI E MORTI
Consultando L’Osservatore del Trasimeno, l’area
nella penisola dove dapprima si manifestò l’epidemia fu quella di Noja di Bari nel gennaio del 1816:
“Dietro il tristo annunzio ricevutosi nella notte
8
30
Osservatore del Trasimeno, 12 novembre 1816, Italia. Stati della Chiesa Romana, p.1.
10
1816: IMPATTO DELL’ANNO SENZA ESTATE NEL TERRITORIO PERUGINO
della scorsa Domenica d’essersi comunicato il morbo
contagioso nella Puglia, Provincia del Regno delle
Due Sicilie, furono spedite sul momento varie staffette
al nostro littorale limitrofo allo Stato di Napoli, onde
prendervi i più pronti ed efficaci provvedimenti in
un oggetto della più alta pubblica importanza. Le ultime notizie però di Napoli sono molto tranquillizzanti circa il morbo che infesta la comune di Noja; i
medicamenti che si apprestano sono efficaci, onde si
spera con tutto il fondamento che quel malore non
avrà alcuna conseguenza funesta”11.
Le notizie sull’andamento della malattia in quel
luogo si susseguono fino a quando il giorno
01.11.1816 lo stesso giornale annuncia la riapertura delle porte di Noja che dopo molti e costosi
sforzi in campo sanitario dichiara “il termine di
una gravissima calamità”.12
Nella cronaca perugina del Marini (1960, pp.
42 seg.) si parla di tifo a partire dal maggio del
1817. Per il giorno 8 scrive: “Perivano nelle carceri e negli spedali i malati attaccati da maligno petecchiale...Anche per la Città morivano e nella
Campagna. La malattia era chiamata tifo”.
Per il giorno 10 prosegue dipingendo uno scenario straziante in cui le persone nel pieno sviluppo
dell’epidemia continuano ad essere devastate dalla
fame: “Serpeggiando per la Città il male maligno
chiamato Tifo con petecchie, ne morivano molti, attaccandogli il capo e levandoli fuori di loro...La miseria era indicibile. Venivano i contadini in Città per
tutte le parti smunti dall’inedia. Non si potea andare
in niun luogo senza essere molestati e pressati da tozzanti e mendichi. I ragazzi e creature per tutte le
strade urlavano, ed erano ammaestrati dai propri genitori a far questo per poter avere limosina. Vi erano
anche tra uomini e donne alcuni, che usavano delle
industrie e finzioni per guadagnare da mangiare”.
Per quantificare i morti in quegli anni è necessario esaminare i registri parrocchiali conservati attualmente nell’Archivio di Stato di Perugia. Questi registri non possono comunque fornire dati esatti poiché non vi sono riportati i defunti dei monasteri e
dei conventi, quelli non degni di una sepoltura in
chiesa, e non sempre quelli degli ospedali. Inoltre,
in caso di epidemie, a volte accade che le annotazioni si contraggano. Se ne deduce che in generale i
numeri sono inferiori alla realtà. Nella diocesi di Perugia nell’anno 1815 compaiono 32 parrocchie della
città e 190 del contado (Leti, Tittarelli, 1976, p.13).
Nei registri considerati, cioè quelli per le parrocchie della città dal 1815 al 1820, solitamente il parroco indicava del defunto la data di morte e di sepoltura, il nome, l’età, la parrocchia d’appartenenza
e di sepoltura, l’avvenuta o mancata amministrazione dei sacramenti, talvolta la causa di morte, di rado la professione o qualche altra osservazione se si
trattava di persone illustri, nobili o ecclesiastici.
I parroci scrivevano quasi sempre in latino, utilizzando più o meno le stesse formule e espressioni stringate; tuttavia in alcuni casi la descrizione
del defunto suscita ancora oggi una certa commozione. Questo accade ad esempio quando la morte
ha colpito un bambino appena venuto al mondo:
“Anno Domini Millesimo Octingentesimo decimo octavo, die vero decima quarta Iulij. Ioachim
filius Domini Francisci Siepi, primo die sui ortus,
ab ostetrice sacramento Baptismi recepto ad superos evolavit, sepultus fuit in Parrocchiali Ecclesia.
Franciscus Previtali Economus”13.
Toccante anche la registrazione di un bambino
morto durante il parto:
“Anno Domini 18 Decimo Sexto. Die autem
Decima Tertia Martii. Nazarenus Giglietti filius
Augustini in utero Matris ab ostetrice baptezatus,
ex eodem matris utero haud perfecte egressus ad
superos evolavit, cuiusque corpusculum...”14
Ancora un neonato: “Anno Domini Millesimo Octingentesimo Decimo Septimo; die vero nona Mensis
Decembris, hora secunda pomeridiana. Maria Dominici Bugiardini filia paucas post horas a sua nativitate in Celum evolavit; ejusque corpus peractis
eExequiis, die sequenti in hac sua Parrocchiali Ecclesia in Parvulorum Sepulchro tumulatum fuit”15.
Archivio Storico di Perugia (da ora ASPg), Archivio Storico del Comune di Perugia (da ora ASCPg), Reg.
Parr., 301, c.106 v. “14 luglio 1818. Gioacchino figlio di
Francesco Siepi, nel giorno della sua nascita, dopo aver
ricevuto dall’ostetrica il sacramento del Battesimo, volò
in cielo, fu sepolto nella chiesa parrocchiale. Francesco
Previtali, economo”.
14
ASPg, ASCPg, Reg. Parr. Perugia, 322, p.123 r. “13
marzo 1816. Nazareno Giglietti figlio di Agostino, battezzato nel ventre della madre, non completamente
uscito da quello stesso ventre materno volò in cielo, il
suo corpicino...”
15
ASPg, ASCPg, Reg. Parr., 289, p.112, defunto 449.
“9 dicembre 1817, ore due del pomeriggio. Maria figlia
13
Osservatore del Trasimeno, 13 gennaio 1816, Italia. Stati della Chiesa Romana (Diario di Roma), p.1.
Sull’epidemia scoppiata a Noja sono stati effettuati
diversi studi e raccolti molti documenti che testimoniano
anche la logica militaresca con la quale la popolazione
venne costretta all’interno della città e alla fine del contagio si purgò o bruciò tutto quello che in qualche modo poteva essere stato contaminato dal morbo. Sull’argomento si può consultare V. DIDONNA, F. AFFATATI,
Le carte bruciate : lettere, editti e stampe della peste di
Noja del 1815, Grafica 2P s.n.c., Noicàttaro (Bari), 2006.
12
Osservatore del Trasimeno, 19 novembre 1816,
Italia. Regno di Napoli, p.1.
11
31
DIANA DRAGONI
In qualche caso è indicata la causa di morte del
defunto, in particolare il Parroco Franciscus Bizzarri della Chiesa di S. Andrea in Porta S. Susanna
scrive in Italiano per tre defunti (il 198, il 199 e il
200) del 29.05.1817, a lato delle usuali indicazioni,
“morto di tifo petecchiale”16. Anche in altri casi si è
riscontrata un’indicazione sulla causa del decesso,
per esempio il 27.06.1817 l’adolescente
“Euphemia Bolfani filia Nuntii in domo conducta Nob. Familia Della Staffa, decimo sexto anno aetatis suae expleto, violenta et contagiosa febre correpta in Communione S.M.E., et in osculo Domini
ex hac vita discessit hora octava antimeridiana...”17.
Oppure per il defunto del 03.01.1817 della
parrocchia di S. Fortunato si parla di “repentino
morbo correptus”18.
La ricerca in archivio ha portato a calcolare,
sommando tutte le parrocchie della città, un numero crescente di decessi che dai 287 del 1815 e i
387 del 1816, arriva ai 597 del 1817, per poi ridursi drasticamente fra il 1818 e il 1820 (Fig. 4).
Il dato è confermato anche da L. Tittarelli
(1977)19 che indica il 1817 come l’anno con maggior mortalità dal 1800 al 1860 e che, trattando la
stagionalità dei decessi, osserva come in quell’anno la primavera fu la stagione più letale, mentre
nel 1816 fu l’autunno. Ciò può essere messo in relazione al fatto che la carestia evidentemente fece
le sue vittime dopo che i raccolti annui risultarono scarsi e le provviste terminate, cioè in autunno, successivamente il tifo trovò la popolazione
già molto indebolita e quindi il momento di diffusione particolarmente propizio.
Uno studio condotto con altre finalità da G. E.
Montanari e O. Bussini (1996), che prende in esame il quoziente di mortalità in 37 delle parrocchie
del contado (inteso come campagna circostante
l’urbe) della Diocesi di Perugia, mostra anche qui
l’impennata del 1817 (Tab. 2).
Anni
Qm
1815
30.7
1816
40,3
1817
65,2
1818
20,0
1819
22,5
1820
26,8
Tab. 2 – Quoziente di mortalità nelle parrocchie del
contado della Diocesi di Perugia dal 1814 al 1820.
Fonte: Montanari et al., 1996, p. 134.
Fig. 4 – Decessi nella città di Perugia dal 1815 al 1820.
Fonte: Ns. elab. dai Registri Parrocchiali dell’Archivio
Storico del Comune di Perugia.
di Domenico Bugiardini, dopo poche ore dalla nascita volò in cielo; il suo corpo, ultimata la cerimonia
funebre, fu tumulato nel sepolcro dei piccolini il
giorno seguente in questa sua chiesa parrocchiale”.
16
ASPg, ASCPg, Reg. Parr. Perugia, 287, p.4 r.
17
ASPg, ASCPg, Reg. Parr. Perugia, 322, p.121 r. “Eufemia Bolfani figlia di Nunzio, della nob. Famiglia Della
Staffa per matrimonio, compiuti i suoi sedici anni, contratta una febbre violenta e contagiosa, in Comunione
con la Santa Madre Chiesa…, e nell’amore di Dio si allontanò da questa vita alle ore otto della mattina”.
18
ASPg, ASCPg, Reg. Parr. Perugia, 314, p.6 r. “Contratto un morbo improvviso”.
32
Si potrebbe indagare anche sul numero dei
defunti in altre aree dell’Umbria, e presumibilmente si perverrebbe al medesimo picco nel
1817. L’analisi dell’andamento demografico dell’Isola Maggiore nel Lago Trasimeno ad esempio
porta ad individuare alcune crisi, una delle quali
culmina nel 1820 quando la popolazione si riduce drasticamente: nel 1816 si contano 137 abitanti, nel 1820 diminuiscono a 88 (Cialini, 1985, pp.
100-104).
19
Tra le fonti utilizzate da Tittarelli compare anche
la tesi di laurea di LILIANA BALDONI, La dinamica demografica della città di Perugia dal 1800 al 1860, Università degli Studi di Perugia, Facoltà di economia, a.a.
1969-70, relatore prof. L. Bellini. In questa tesi sono riportati i decessi per venti parrocchie della diocesi e risultano 236 per il 1815, 323 per il 1816, 489 per il 1817,
265 per il 1818. Nonostante la differenza nelle cifre dovuta presumibilmente al non aver incluso nel conto tutte le medesime parrocchie, si conferma comunque nei
loro dati, come nei nostri, il picco di mortalità nel 1817.
1816: IMPATTO DELL’ANNO SENZA ESTATE NEL TERRITORIO PERUGINO
5. I PROVVEDIMENTI
Alla fine della primavera del 1816 le autorità
sono già consapevoli del pericolo in agguato, cioè
della possibilità che la presente carestia possa
portare con sé il diffondersi delle malattie. Questo
lo si può dedurre dal fatto che al Comune di Corciano perviene la circolare emanata dalla Sagra
Consulta Tribunale Supremo dello Stato Pontificio
che presiede alla cura della pubblica salute, datata
“Perugia 31 Maggio 1816” e firmata D. De Simone
Delegato Apostolico nella quale si elencano 16
misure preventive al diffondersi di un’eventuale
malattia contagiosa.20 Nella parte introduttiva è
scritto: “Tanto maggiormente poi l’è [intendi alla
Sagra Consulta] sembrato indispensabile adottare
delle disposizioni generali sul medesimo Articolo,
in quanto che con dispiacere ha osservato di tali
Malattie ne sono accadute, e ne vanno insorgendo
in diverse Parti dell’Italia, ed ha ravvisato che le
cause produttive sono comuni a tutti i luoghi, ed a
tutte le diverse Provincie, perché eccitate sì dalla
straordinaria Anomalia delle Stagioni, che dalla
sopravvivenza e riunione di tante dolorose circostanze egualmente generali, che direttamente v’influiscono, ed a cui l’umano potere non può far resistenza…”
Proseguendo, la Sagra Consulta viene a prescrivere sotto la responsabilità dei rispettivi Poteri
Governativi le seguenti disposizioni:
1. Sorvegliare l’andamento della salute della popolazione.
2. Fornire gli ospedali degli strumenti necessari e
fare in modo che gli ambienti siano puliti e
ventilati.
3. Verificare che i sepolcri non siano difettosi e
non emanino “perniciose esalazioni”.
4. “Inoltre faranno in guisa, che periodicamente
vengano pulite, e nettate le strade, siano trasportate fuor de’ Luoghi, id in una giusta distanza
dall’Abitato le Immondiezze, e siano rimossi
dall’Abitato medesimo quegli acervi, e depositi
di Letame e di Fango, o di altra lordura, che o
studiatamente, o per incuria si lasciano lungo le
Vie, e negli angoli de’ luoghi stessi, quali putrefatti tramandano fetide evaporazioni”.
5. “Invigileranno, che non si ritenga nelle luoghi
abitati un inconveniente numero di animali
immondi, che siano custodite, riparate, e conservate le Cloache, ed altri ricettacoli, onde con
le loro perniciose esalazioni non influiscano
ad accrescere le cause de’malori che siano dis-
ASCC, Archivio preunitario, Carteggio amministrativo, b 96, titolo 11, Sanità, 1 Articolo 1, Cimiteri, 1816.
20
sipate le acque stagnanti, e siano asciugati i siti paludosi, i quali coi loro cattivi effluvj corrompono l’aria; ed in una parola, che prenderanno cura energicamente nel far allontanare
in cadaun luogo tutte quelle cause, che influiscono alla riproduzione, e propagazione dei
Miasmi singolarmente nella Stagione estiva; e
per conseguenza dovrà V. S. eziandio in vigilare, perché le forme, formoni, ed latri ricettacoli
di acque stagnanti venghino al più presto ripurgate, bene inteso però, che ciò si coglie da’
suddetti luoghi venga sparso per li campi limitrofi, e non venghino ingombrate le Strade”.
6. Si faccia in modo che gli indigenti abbiano un
sano nutrimento.
7. Se comunque si sviluppa la malattia, l’Autorità
Governativa del luogo deve far rispettare le
cautele atte a impedirne la diffusione e il Medico Condotto deve verificare se la malattia sia
o no contagiosa e ha l’obbligo di riferire immediatamente al Giusdicente locale ogni malattia di tal genere capitasse loro di curare anche nel disimpegno della loro professione.
8. Coloro che si ammalano devono essere con
sollecitudine trasportati all’ospedale o in altro
luogo a questo apprestato, a meno che non vivano in abitazioni così grandi da poter essere
curati in seno alle proprie famiglie senza pericolo di diffusione.
9. Medici e Chirurgi sono i responsabili delle
cautele preventive e delle cure del Male.
10. “Il sequestro ad un infetto qualunque dovrà esser continuato finchè a il Medico della Cura lo
abbia formalmente dichiarato incapace di comunicare ad altri il Contagio”.
11. “Subito dopo il trasporto all’Ospedale, e dopo la
guarigione, o la morte del Malato, si faranno
praticare gli espurghi prescritti dalle Leggi Sanitarie alle abitazioni, e alle robbe che avranno servito ad uso di esso Malato, e li dovranno
eseguire gli Speziali, e vi dovranno presiedere i
Medici, incombendo ad essi di prescriverne il
metodi…”
12. Velocizzare e abbreviare il trasporto dei cadaveri al tumulo.
13. I medici devono quotidianamente denunciare i
malati e descrivere le cure apportate fino alla
guarigione.
14. Se alla Delegazione Apostolica giunge voce,
non ufficialmente, del serpeggiare in un comune di una malattia da contagio e non ne sia
stata data la comunicazione ufficiale, un Fisico,
sarà incaricato di attivare tutte le misure necessarie a spese di chi avrebbe dovuto dare la notizia.
15. Le disposizioni date saranno stabili per il futuro.
33
DIANA DRAGONI
16. V. S. dovrà dare ragguaglio presso la Delegazione dell’adempimento di tali disposizioni.
17. Le Autorità impieghino ogni energia nell’esatto
adempimento di tali ingiunzioni.
Altri documenti dimostrano l’attenzione delle
autorità già nel 1816, quando ancora il tifo non
era dilagato, ma evidentemente si sentiva l’esigenza di quantificare il numero dei morti temendo
che fosse in aumento a causa dell’inedia o delle
malattie. Nella cronaca del Sac. Giambattista Marini si accenna alla richiesta pervenuta ai parroci da
Roma di inviare l’elenco dei morti per il 1815 e il
1816. A conferma della cronaca infatti si è reperita
una lettera contenente tale istanza, inserita all’inizio del registro dei defunti della parrocchia di S.
Angelo o S. Michele Arcangelo di Porta Eburnea e
S. Maria della Valle:
“CIRCOLARE N°.
AMMINISTRAZIONE CAMERALE PONTIFICIA
DEL BOLLO, E REGISTRO.
Officio di Perugia li 14. Settembre 1816.
Molto Reverendo Signore.
Inerendo alle Sovrane Disposizioni emanate
con Moto proprio del dì 6. Luglio 1816; e particolarmente in ordine a quanto si prescrive all’Art. 73. Cap. V. del successivo Regolamento
sulla Registrazione, e archiviazione, si compiacerà V. S. Molto Reverenda di rimettere a quest’Officio di Perugia alla fine di ciascun Mese
una Nota di tutte le Persone sui Juris dell’uno,
e dell’altro Sesso morte nella di Lei Parrocchia
indicando il Nome, Cognome, Condizione, Domicilio, e Professione del Defonto a norma della modula a tergo designata. Persuaso Io, che
in sequela del conseguito permesso di Sua Eccell. rema Monsig. Arcivescovo Vescovo per la
spedizione della presente Circolare, V. S. Molto
Reverenda si presterà di buon grado all’adempimento di quanto sopra; con la dovuta stima
passo a dichiararmi
Di V. S. Molto Reverenda
Devmo Servitore”21.
Come sopra accennato, la cronaca del Marini
elenca minuziosamente tutti i provvedimenti presi, come ad esempio l’elezione, il 02.01.1817, di
sei Deputati che presiedessero alle sovvenzioni ai
poveri, e a seguire anche tutte le sovvenzioni
stesse elargite dalle autorità per i mendicanti in
costante aumento. Si inizia il 23.01.1817 quando
ASPg, ASCPg, Reg. Parr., 289, prima carta inserita
dopo la copertina.
21
34
“s’incominciò a sovvenire poveri 800 colla sovvenzione di baj 4 per ciascheduno, e baj 6 per i
cronici ed infermi”, ma si giunge anche a più alte
cifre quando il 27.05.1817 “furono mandati via tutti i poveri forestieri dandosi a ciascuno baj: 10”
(Marini, 1960, p.44).
Ancora il Sac. Giambattista Marini (1960, p. 43)
descrivendo i malanni del tifo per il 10.05.1817 riporta che “fu pubblicato un ordine, come fu detto,
che non si suonassero più agonie nè campane a
morto per impedire le malinconie e le apprensioni,
e che si trasportassero i Cadaveri in S. Caterina
Vecchia senza distinzione di persone ancor sagre.
Si faceano l’essequie nelle Parrocchie, e di notte in
un Carretto si trasportavano i cadaveri al luogo
suddetto. I Carcerati sani furono trasportati in fortezza, e nel dì 12 quei malati furono trasportati in
S. Margherita Convento di Monache soppresso, ed
ammensato allo Spedale”.
Il dott. Massari (1838, pp. 151-152) riassume tristemente con queste parole l’inefficacia della risposta data dalla città all’emergenza sanitaria: “Tra per
la confusione in cui si trovavano le faccende della
città, tra per le differenze di tanti pareri, tra pel
molto dire e il nulla fare, tra per la mancanza del
peculio nelle pubbliche e nelle private casse, e tra
per altro, i provvedimenti sanitarj che si presero poco o nulla giovarono. Dalle autorità governative e
municipali si prescrivevano infinite cose a farsi, le
quali perchè troppe non si faceano. Sedeva permanente la deputazione Sanitaria, donde sortivano
ordini e disposizioni che non sempre, e le più volte
malamente eseguivonsi. Si obligavano alle denunzie de’ respettivi infermi gli essercenti learti salutari,
i quali sulle prime con precisione ed in giornata
trasmettevano attenti; poi rare, o dubbie, o incomplete all’ufficio della Sanità pervenivano. Fù eretto,
non senza gravi difficoltà, un Lazzaretto pe’ carcerati in S. Margherita, che poi restò Spedale civico
pei poveri attaccati dal tifo; cui noi unitamente al
Professore Felice Santi, come medici, si assistette.
S’istituì un Campo Santo universale, fuori le mura
castellane, detto di S. Caterina Vecchia; il quale divenne sorgente di non piccole inquietezze di animo
a chi ne propose la istituzione in quel luogo spettante alle Religiose benedettine da più secoli però
abbandonato, ed a chi ne volle sostenuta la permanenza. Si sorvegliò sulla polizia dell’abitato; ma
non tutto ciò che necessario dai medici riconoscevasi, dai Cittadini eseguivasi. Si sospese, non senza
poca fatica di persuasioni, il suono delle campane
a transito ed a morto. Si raccomandavano nelle famiglie isolamenti più che possibili, ma non si ottenevano a suficienza onde reprimere la diffusione
del male. I medici intanto in molte cose discordi tra
loro, e specialmente sulla pratica de’ salassi, conve-
1816: IMPATTO DELL’ANNO SENZA ESTATE NEL TERRITORIO PERUGINO
nivano sulla prescrizione in principio di male dei
purgativi, dei refrigeranti,delle bevande acidulate,
delle rigorosissime diete: ma, poco stante, al succedere di quel periodo che solevasi dire nervoso, si ricorreva ai chinati, agli opiati, ai spiritosi, agli anodini, agli stimoli, o permanenti o diffusivi che si dicevano; non essendosi in Perugia, a quell’epoca,
riformata del tutto la medicina pratica del pensatore scozzese”.
6. LE CONSEGUENZE A LUNGO TERMINE
Si è letto come le fonti riferiscano dell’ordine
di sotterrare tutti i cadaveri a S. Caterina Vecchia.
È un ordine dato in una situazione di emergenza,
chiede in pratica che non si faccia alcuna distinzione di ceto e che si cambi repentinamente l’abitudine secolare di seppellire nelle chiese o nei
piccoli cimiteri di campagna sparpagliati. Nonostante l’inquietudine che può aver generato il
cambiamento, evidentemente questa disposizione
viene presto osservata perchè nei registri dei defunti i parroci annotano la nuova collocazione che
spetta ai morti. Ad esempio: “Anno Domini Millesimi Octingentesimi Decimi Septimi die Vigesima
quarta Maj. Innocentia Petri Cenciaglia filia
trium annorum, ex Parrecia S. Angeli P.S.A. in
Communione S. Matris Ecclesia animam Deo redditi cujus corpus sequenti nocte delatum ad Caemeterius S.Caterinae et ibi persolutuas esequies ibi
tumulatus fuit. In fidem. Landinus Landi Rector”.22
La motivazione preponderante, oltre al non allarmare e deprimere ulteriormente la popolazione
rendendo visibile a ogni ora il trasporto dei cadaveri (si tentava di arginare l’avvilimento generale
anche evitando di far risuonare in continuazione
le campane a lutto, come scritto sopra dal Massari), è quella igienica, nello sforzo in qualche modo di contenere l’epidemia. Anche se in Francia
già dalla seconda metà del Settecento si discuteva
sull’opportunità di istituire dei campi santi fuori
dall’abitato, in Italia le antiche consuetudini difficilmente venivano messe in discussione, e si introduce la questione soltanto con il decreto napoleonico del 12.06.1804, l’editto di Saint Cloud, che
si prefiggeva la regolamentazione dei cimiteri e
22
ASPg, ASCPg, Reg. Parr., 292, p. 90. “24 Maggio
1817. Innocenza figlia di Pietro Cenciaglia, di tre anni,
della Parrocchia di S.Angelo di Porta S. Angelo, in Comunione con la Santa Madre Chiesa, la sua anima tornò
a Dio, il suo corpo la notte seguente fu trasportato al
Cimitero di S.Caterina e lì celebrati i riti funebri, fu tumulato. In fede. Landino Landi Rettore”.
dei funerali. L’epidemia del 1817 quindi fornisce
la motivazione contingente per istituire un campo
santo a S. Caterina Vecchia e infervora il lungo dibattito che porterà all’inaugurazione del cimitero
civico di Perugia il 23.11.1849.
Il Dott. Massari (1838, p. 136) ricorda quali
cambiamenti intervennero a favore dell’igiene
pubblica anche a seguito di questi eventi drammatici: oltre alla costruzione del cimitero, l’introduzione di spazzini comunali, il controllo da parte
di un’apposita deputazione dei cibi, la realizzazione della pescheria e del macello. Tra questi cambiamenti per noi rappresenta una curiosità il fatto
che “...dopo non piccoli ostacoli, siasi ottenuta l’abolizione del dispiacentissimo privilegio di far vagare per la città i Majali detti di S.Antonio che da
qualche secolo regnò fra noi, e contra il quale non
si potè ottenere un soppressivo decreto prima dell’anno 1832...”.
Il Dott. Massari (1838, pp. 147-148) rammenta
inoltre che per curare i numerosi malati si dovette
costruire anche un nuovo ospedale, a Corciano,
borgo situato lungo l’antico asse viario che da Perugia portava verso il Lago Trasimeno e la Toscana (l’attuale ss 75 bis del Trasimeno, Fig. 2).
“In Perugia subitamente s’istallò, nel 19 giugno, una Deputazione Sanitaria presso il Preside
della Provincia. Da essa si dimandarono e si ottennero locali di non ripristinati conventi per alloggiare poveri ed infermi; si pensò meglio alla sistemazione delle carceri ed alla salute de’ carcerati; si aprirono gli spedali de’ pellegrini, dei quali
tanto è provista questa città; e tutto si deliberò e si
dispose perchè all’opportunità fosse fatto. Nè deve
sotto silenzio passarsi il provvedimento preso in
quel tempo di stabilire uno Spedale nella Terra di
Corciano, distante sei miglia al ponente di Perugia, per la via di Toscana, a racchiudimento di
tutti que’ fabbricitanti i quali dalle vicinanze del
Trasimeno, per le cattive arie d’estate e d’autunno,
entravano ammorbati tra noi. E là dovevano essere medicati que’ laghigiani, cui la continua o la
intermittente paludosa febbre avesse colto”.
Indagando quindi su questa affermazione si è
scoperto che nell’Archivio Storico del Comune di
Corciano, è possibile consultare il carteggio23 relativo all’allestimento dell’ospedale nei locali del convento detto di S. Francesco da destinarsi a Lazzaretto. Tale decisione fu presa il 26.06.1816 e i lavori
necessari allo scopo dovevano essere presieduti
ASCC, Archivio preunitario, Carteggio amministrativo, b 96, Titolo 11 Sanità, Articolo 1 Affari Sanitari,
1816, Minutario delle lettere scritte dalla Congregazione
Sanitaria di Corciano
23
35
DIANA DRAGONI
dall’Economo del Seminario di Perugia, Sig. Ercolano Ercolani. Lo spazio del locale doveva essere
suddiviso in maniera idonea, ristrutturato, riadattato
alle nuove esigenze, inoltre era richiesta la dotazione di letti, mense e altri beni necessari. La prima
lettera presente è del 02.07.1816 (Fig. 5), ne susseguono altre e già ad agosto si insiste sulla sollecitudine con il quale deve essere realizzato l’ospedale.
“Minutario delle Lettere Scritte Dalla Congregazione Sanitaria di Corciano.
2 Luglio 1816.
…
Intento sempre l’amatissimo nostro Sovrano a
prevenire qualunque male, che potesse affliggere l’umanità, attesa la penuriosa passata stagione, ha ordinato, ed autorizzato questo monsig. Delegato ad
organizzare senza ritardo degli Ospedali a guisa di
Lazzaretto, in cui dovranno essere trasportati tutti
quegli individui, che venissero attaccati da un male
qualunque, che fosse reputato da Professori, epidemico, onde esentare gli altri dal contagio; a tale effetto
questo Monsig. Delegato ha deputato una congregazione di diversi individui, fra quali ha creduto di nominarmi per uno de medesimi, e dietro l’adunanza
fattasi il dì 26 dello scaduto mese di Giugno avanti il
prelodato Monsig. Si è stabilito di erigere il Lazzaretto, ossia Ospedale suddetto in Corciano, avuto riguardo alla Località, e centralità non solo, ma ancora per altre ragioni relative all’indicata organizzazione, e quindi fui Deputato per domandare alli diversi possidenti delle Parrocchie a me assegnate, i
Letti necessari, per il compimento di si pia, e vantaggiosa disposizione; in conseguenza essendo stato alla
tagliata di un paglione ripieno di buona foglia, o paglia, con suo capezzale, lettiera, e tavola servibile per
una sola persona, con tre lenzuoli di stoffa, e spillatura, ed una coperta di stracci, si compiacerà di fare
il tutto giungere in Corciano non più tardi del dì 15
del corrente mese di Luglio, prevenendola che dovrà
fare il tutto contrasegnare con marca a suo piacere,
la quale verrà riportata in margine della ricevuta,
che le verrà rilasciata nell’atto della consegna degli
oggetti domandati come sopra, per potere alla chiusura di detto Ospedale il tutto ricuperare.
Mi lusingo, che riflettendo ella al lodevole fine
di questa istituzione, ed alla necessità di prevedere, e provvedere ad un’ oggetto di tanta importanza, sarà per prestarsi a questo grazioso invito, e
che non vorrà defraudare le sacre disposizioni di
chi se ne occupa con zelo, ed attività.
36
Si compiacerà di accusarmi la ricevuta della
presente, e di farmi conoscere il giorno, che ella
spedirà quanto vien demandato, onde potesse dare l’opportuno discarico.
Sono con la più perfetta stima, e rispetto”.
Nella lettera del 12.08.1816 l’architetto (Sig.
Francesco Cerrini) chiede il dettagliato elenco delle opere di ristrutturazione necessarie sia per il
nuovo ospedale che per l’erezione di un nuovo
cimitero nel luogo “determinato S. Croce”. Evidentemente, e a buon ragione, si teme l’aumento
dei malati e dei morti, che torneranno a diminuire
solo sul finire dell’estate successiva.
6. CONSIDERAZIONI FINALI
In ogni tempo e in ogni luogo le cause che
generano le vicende umane sono innumerevoli e
fittamente intrecciate tra di loro. Pertanto, non si
può affermare in maniera deterministica che il clima sia l’unico responsabile dei fatti fin qui descritti, ma certamente si può constatare che esso ha
avuto un ruolo non trascurabile nell’innescare, a
volte, o nel portare a maturazione, in altri casi, alcuni eventi di un momento della storia perugina.
In quest’ottica, si ritiene che le conseguenze territoriali derivanti dall’anno senza estate possano essere state un fenomeno di grande rilevanza, almeno demografica, sociale, medica e urbanistica. Un
calo di temperatura, che oggi non desterebbe particolari timori, ha fatto fragorosamente sentire la
sua influenza su una società la cui sussistenza era
legata primariamente all’agricoltura e nella quale
la scienza medica non era ancora sufficientemente
progredita per arrestare l’avanzata di un’infezione
mortale. Inoltre, è interessante osservare che l’epidemia di tifo petecchiale scoppiata nel 1817 veniva ad aggiungersi alle secolari pestilenze che avevano già procurato enormi disagi, tanto da ritenere che fosse ormai giunto il momento non solo di
organizzare una struttura socio-sanitaria permanente per monitorare lo stato di salute della comunità, ma anche di rivoluzionare i costumi funerari e le usuali pratiche igieniche. Così se adesso è
possibile visitare i nostri morti in un unico cimitero cittadino, godere di servizi erogati quotidianamente dalle aziende sanitarie territoriali o, ancora,
passeggiare in un ambiente pulito grazie alla cura
garantita dalla nettezza urbana, lo si deve in qualche modo anche a quell’anno senza estate.
1816: IMPATTO DELL’ANNO SENZA ESTATE NEL TERRITORIO PERUGINO
Fig. 5 – Carta dell’Archivio Storico del Comune di Corciano. Archivio preunitario. Carteggio amministrativo, b
96, Titolo 11 Sanità. Articolo 1 Affari Sanitari, 1816, Minutario delle lettere scritte dalla Congregazione Sanitaria di Corciano (1816, lug. 1 – 1816, ago. 14).
Foto di Diana Dragoni.
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DIANA DRAGONI
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(ASCC) - Archivio preunitario, Carteggio amministrativo, b 96, Titolo 11, Sanità 1, Articolo 1 - Affari Sanitari, 1816, “Minutario delle lettere scritte
dalla Congregazione Sanitaria di Corciano” (1816,
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