UNA NUOVA STORIA DELLA GUERRA DI SPAGNA Gli ultimi anni

Transcript

UNA NUOVA STORIA DELLA GUERRA DI SPAGNA Gli ultimi anni
UNA NUOVA STORIA DELLA GUERRA DI SPAGNA
Gli ultimi anni sono stati, per la storiografia sulla guerra civile spa­
gnola, ricchi di nuovi contributi, di ricerche rivolte alla ricostruzione e
interpretazione complessiva di quelle vicende. In parte il fenomeno si rial­
laccia al mai sopito interesse per un avvenimento che ha coinvolto, ad un
livello di grande tensione politica e ideologica, governi e partiti, masse
popolari e minoranze intellettuali; in parte discende dall’esigenza di guar­
dare più addentro e con maggiore prospettiva storica ad un complesso di
problemi che fanno quasi da spartiacque tra due fasi ben distinte della
storia europea tra le guerre mondiali. Ciò non significa che l’attenzione ai
fattori interni del conflitto siano passati in secondo piano: essi si sono
piuttosto trasferiti in un ambito di valutazioni più generali, come atte­
stano anche gli echi e le discussioni sollevate dalle edizioni italiane della
Storia della guerra civile spagnola del Thomas e dalla Rivoluzione e guer ra in Spagna del Broué e Témime. Si tratta di due opere, è stato più
volte rilevato, nettamente divergenti e per impostazione e per esecuzione.
Ricerca di storia prettamente politica quella del Thomas, tentativo di
tracciare il panorama delle lotte politico-ideologiche interne al campo repubblicano quella del Broué \ Nello studioso inglese troviamo perciò una
analisi minuta (e davvero condotta sulla scorta di un non comune baga­
glio bibliografico e di fonti) delle ripercussioni europee del conflitto, dove
le vicende del Comitato del non-intervento tengono un posto di assoluto
rilievo, mentre nel Broué la storia del movimento operaio spagnolo di
quegli anni è rivissuta riecheggiando ampiamente i motivi della critica
trotskysta alla politica dei Fronti popolari.
Quale reale, effettivo contributo hanno recato queste due opere?
Ad un primo esame non v’è dubbio che la fatica del Thomas appaia di
gran lunga come la più impegnativa. Posto a fronte della dimostrazione
a tesi tentata dal Broué, il Thomas sembra rivendicare a ragione un su­
periore sforzo di comprensione e dunque di obiettività. Ma questa im­
pressione non è confermata da una più attenta lettura. Anche se in parte
riteniamo capziose talune critiche che al libro sono state mosse12, pare
davvero di poter affermare che, al momento di trarre le conclusioni, la
guerra civile spagnola sia rimasta per il Thomas un « mistero », cioè
un’esplosione irrazionale di passioni e di conflitti politici e sociali di cui
sia vano, se non impossibile, rintracciare una coerente linea di sviluppo.
Nasce, da questa predisposizione dello studioso inglese, un panorama
1 Assai minor interesse presenta la parte dedicata dal Témime alla guerra; essa
comunque si discosta profondamente dalla interpretazione del Broué. Sia il Thomas
che il Broué e Témime sono stati recentiti su questa rassegna da A . Giobbio
(v. rispettivamente, i nn. 77, ottobre - dicembre 1964 e 72, luglio - settem­
bre 1963).
2 v. J. - P. Peter , L ’ histoire a l’ épreuve de la guerre d ’Espagne, in Annales, gen­
naio-febbraio 1964, pp. 142-174.
94
Massimo Legnarti
estremamente statico, una meccanica catena di cause ed effetti che canceliano la complessità dei problemi suscitati dal « dramma spagnolo ». Non
per nulla il Thomas inclina a valutare nell’ambito di un angusto pragmatismo fatti e persone, e giustamente il Garosci ha osservato che la sua
Storia pare ad un certo punto ridursi ad una sorta di duello tra Franco
e Negrìn, intesi come i campioni delle due Spagne, simboli che sosti­
tuiscono l’esigenza di un ben altrimenti consapevole processo conoscitivo
della realtà spagnola di quei momenti3. E questa insufficienza finisce per
riflettersi direttamente anche sui capitoli più nuovi e più felici del libro,
quelli appunto dedicati alle vicende del non-intervento. I conflitti diplo­
matici e gli interessi particolari delle potenze in causa perdono rilievo e
nitidezza se non sono visti in una prospettiva più ampia ed articolata. E’
proprio questo che il Thomas riesce raramente a fare perchè ne è impe­
dito dalla sua concezione della guerra (lo ha sostanzialmente ribadito anche
in uno scritto recente 4) come di una sorta di « trappola » nella quale i di­
versi Stati sarebbero via via caduti con l’unica preoccupazione di non for­
zare il gioco ai limiti delle conseguenze estreme, ovvero di un nuovo
conflitto mondiale. Interpretazione, dunque, nel contesto della quale per­
dono valore le questioni connesse col conflitto ideologico che percorre
l’Europa nell’età del fascismo e del nazismo.
E’ anche sulla scorta di tali rilievi che l’opera del Brcué acquista,
a nostro avviso, un significato che supera le strettoie polemiche. Gli si
potrà imputare una rigidezza nociva all’analisi storica, una scelta pregiu­
diziale che, legittima su altri piani, mantiene costantemente l’esposizione
sul filo della disputa politica. Ma è altrettanto vero che il punto d’osser­
vazione prescelto spinge lo studioso francese ad affrontare i motivi pro­
fondi della guerra e quel contrasto tra la politica di fronte popolare e la
spinta rivoluzionaria (facendo salve, naturalmente, le opposte valutazioni
del rivoluzicnarismo di origine anarchica) che rimane pur sempre il car­
dine intorno al quale muovono le vicende della Spagna repubblicana.
Per vie diverse, comunque, i lavori del Thomas e del Broué contri­
buiscono a portare il discorso storiografico sul piano che ad esso è proprio.
Ciò non significa che la letteratura politica si sia esaurita. Essa continua
a recare il proprio apporto, rivestendosi talora, illegittimamente, di pretese
di obiettività storica. E’ il caso di due recenti opere, che, senza alcuna
originalità, ripetono i più abusati motivi della pubblicistica filofranchista
e che mette conto di segnalare qui solo per sottolineare la persistenza di
certi temi propagandistici. Intendiamo riferirci a Franco soldato e capo
di stato di C. Martin e alla Guerra civile di Spagna di Georges-Roux 5. Il
Martin ripropone per intero i luoghi comuni della pamphletistica di destra.
3 A . G a r o s c i , Storia della guerra civile spagnola (1936-1939), in Rivista storica italiana, settembre 1962, pp. 571-601. Il giudizio complessivo del Garosci sul Thomas
è tuttavia largamente positivo.
4 H . T h o m a s , La guerra civile spagnola e la divisione ideologica dell’Europa negli
anni 30, nel volume L'Europa fra le due guerre, Torino, 1966.
5 C. M artin , Franco soldato e capo di stato, Milano, Agies, 1965, pp. 444; G eorgesR o u x , Guerra civile di Spagna, Firenze, Sansoni, 1966, pp. 368.
Una nuova storia della guerra di Spagna
95
Così rinnova alla repubblica del 1931 l’accusa di essere affetta da un
« giacobinismo alla 1792 » (p. 50), falsifica grossolanamente i risultati delle
elezioni del febbraio 1936 raggruppandoli in modo da attribuire la pre­
valenza al blocco delle destre (p. 72), fa quasi apparire la prima richiesta
d’aiuti da parte di Franco all’Italia fascista come un inevitabile infor­
tunio, una scelta obbligata dopo il rifiuto francese ad appoggiare la solle­
vazione (p. in ) , inquadra l’internazionalizzazione del conflitto come rea­
zione al complotto comunista, di fronte al quale Franco « doveva chiamare
alle armi la vecchia Spagna contro i mercenari cosmopoliti che preten­
devano imporle un’ideologia straniera e sottometterla alle direttive di
Mosca » {p. 146), ripete il giudizio di guerra nata « in gran parte » dalla
ribellione dei cattolici contro la « rivoluzione atea » (p. 235), presenta
infine la Falange come raggruppamento degli avversari non conservatori
del Fronte popolare e, poi, come forza di mediazione tra i cittadini e lo
stato di cui Franco si sarebbe servito al termine della guerra vittoriosa
(pp. 243-244). Dà fondo, insomma, a tutta una serie di giustificazioni che,
sul piano critico, non esigono nè meritano risposta alcuna. Altro e diverso
è il timbro del libro del Roux. Tanto il Martin è netto nella sua deter­
minazione polemica, altrettanto il Roux inclina verso toni oleografici di
pretestuoso obiettivismo. Il giudizio conclusivo, s’intende, non muta, muta
solo il modo di costruirlo. Infatti il Roux pretende di offrirci, come egli
dice, una « nuda cronaca » ed invece le sue pagine sono condotte sulla
base di una voluta negazione dei dati più elementari. A questa stregua
il regime di Primo de Rivera diventa una « semidittatura più rumorosa
che iniqua » (p. 3), la riforma agraria del 1932 viene paragonata ad altre,
« eccellenti nei loro principi, difficili nella loro applicazione » (p. 34) (va
da sè che nulla il Roux ci dice circa tali difficoltà), il quadro della Spa­
gna uscita dalle elezioni del 1936 è bollato da un torbido ribollire di
« gazzarre proletarie » che segnano il trapasso del potere reale nelle mani
della piazza (pp. 43 sgg.). Con le avvisaglie della ribellione il tono si fa
ancora più insinuante, capzioso : « contro la dittatura del Fronte popolare
— leggiamo —, Calvo Sotelo conduce una campagna altrettanto esa­
sperante di quella svolta contro il fascismo dal deputato Giacomo Mat­
teotti » (p. 61); oppure: «Lo Stato Maggiore francese, prudentemente,
ha il più delle volte fatto uscire del materiale vecchio e superato. Ma,
purtroppo, questo è sufficiente. 'L’intervento francese servirà di giustifi­
cazione ad altri interventi stranieri» (p. 128). Poste queste premesse, che
non lasciano dubbi circa la visuale ideologica-politica dalla quale il Roux
guarda al conflitto spagnolo, il libro si sviluppa sulla falsariga della deplo­
razione, del rimpianto per l’immensità della tragedia : « la pazzia è una
malattia contagiosa. Le passioni si sviluppano come epidemie. E’ diffìcile
conservare il senno in mezzo agli alienati. Oltre alla Francia, all’Italia, alla
Germania e alla Russia, altri stati si mischiano al conflitto interno della
penisola iberica. Possiamo assistere a un fenomeno di contagio a cate­
na » (p. 140). Questa copertura retorica non impedisce naturalmente che
le simpatie dell’autore per i nazionalisti traspaiano ad ogni passo. Potreb­
bero mancare le consuete pagine apologetiche sui difensori dell’Alcazar
(pp. 167-187), le rappresentazioni apocalittiche della situazione politica
Massimo Legnarli
96
nella Spagna repubblicana (« il governo non è che una facciata, una specie
di comodo paravento per gli stranieri. Sussiste soprattutto perchè le fazioni possano meglio sbranarsi una con l’altra » {p. 226), si contrappongono quelle sui territori controllati da Franco e nei quali « dappertutto regna un ordine rigoroso e non mai infranto » (p. 247) (« i non­
conformisti, chiarisce il Roux, sono imbrigliati, i leaders estremisti sono
tratti in arresto. Si effettueranno persino delle esecuzioni : un centinaio,
a quanto si dice » (sic) )?
*
#
#
Un’opera che, al contrario, si inserisce nella linea delle ricerche più
impegnative è quella di Manuel Tunon de Lara 6, già autore di una mo­
nografia su Antonio Machado, di una Introduzione alla storia del movimento operaio spagnolo e di uno studio generale sulla storia spagnola
del ’900. Il Tunon dedica la prima parte del libro alla ricostruzione della
dittatura di Primo de Rivera e alla repubblica del 1931 per seguire il
maturare, ora lento e quasi sotterraneo, ora brusco e violento, di quel
clima di tensione politica e sociale che sfocia infine nel conflitto armato.
L ’opera muove dalle ripercussioni della prima guerra mondiale sulla so­
cietà spagnola e questa ampiezza di disegno comporta anche che i fattori
politico-militari vengano qui riesaminati alla luce delle strutture econo­
miche. L ’autore segue un triplice ordine di problemi : « la contraddizione
tra lo sviluppo delle forze di produzione e la fortissima sperequazione
nella distribuzione; i contrasti tra agrari e borghesia industriale e fra il
potere centrale e i movimenti autonomisti » (p. 35). Sono tre aspetti di
un medesimo processo storico che si estrinseca attraverso coalizioni di
governo e maggioranze ipolitiche rigidamente controllate dalla aristocrazia
terriera, bancaria e industriale (tra queste i conflitti, come vedremo, sono
frequenti e significativi) e sottintende il ruolo predominante dell’esercito
e il pieno mantenimento dei privilegi della Chiesa cattolica. Ma all’in­
terno di questo quadro, quali trasformazioni si verificano negli anni che
vanno dalla fine della prima guerra mondiale alla sollevazione del 1936?
Già il contraccolpo della guerra è sensibile. Paese neutrale, la Spagna, per
le nuove condizioni del mercato europeo, conosce una sensibile spinta
verso la industrializzazione: ancora nel 1910 gli addetti all’agricoltura co­
stituivano il 66% della popolazione attiva, nel 1920 essi sono scesi al 57%.
L’agricoltura rimane dunque l’attività fondamentale, ma certi settori indu­
striali cominciano proprio allora a consolidarsi (come quello metallurgico)
o compiono i primi passi (le industrie chimiche). Tuttavia, il profilo lar­
gamente speculativo assunto da questo sviluppo rese particolarmente gravi
le conseguenze cui l’economia spagnola andò incontro durante la crisi
mondiale del 1921-22: chiusi i mercati stranieri dal generale rialzo delle
tariffe doganali, il mercato interno (i salari e gli stipendi erano saliti ad
6M anuel
T u n o n d e L a r a , Storia della repubblica e della guerra civile in Spagna,
Roma, Editori Riuniti, 1966, pp. 742.
Una nuova storia della guerra di Spagna
97
un ritmo molto più lento dei profitti industriali) si mostrò inadeguato,
donde una crisi di sovraproduzione che trascinò con sè crescenti difficoltà
politiche e tensioni sociali. Nè la guerra marocchina, sulla quale i governi
conservatori puntavano per accattivarsi il favore dell’opinione pubblica,
portò gli sperati successi militari. Si tradusse anzi in una catena di rovesci.
Si prepara, in questa situazione, la dittatura militare di Primo de Rivera
di cui il Tunon ha il merito di mettere in luce fazione condotta contemporancamente a favore dell’aristocrazia terriera, e dello « sviluppo della gran­
de industria » (quest’ultimo soprattutto attraverso massicci interventi del
capitale straniero che eserciteranno un peso non trascurabile suH’atteggiamento di certi governi nel corso1 della guerra civile (p. 577) ).
La politica del de Rivera non potè per altro impedire un ulteriore
indebolimento della monarchia e segni di opposizione crescente comin­
ciarono a manifestarsi anche tra le file della borghesia, soprattutto della
media borghesia economica, che venne accostandosi a posizioni demo­
cratiche e contribuì in misura determinante al capovolgimento istituzioinale intervenuto in seguito alle elezioni amministrative dell’aprile 1931.
Ma il distacco tra i problemi di fondo della società spagnola e l’ampiezza
ed omogeneità dello schieramento politico che era chiamato a risolverli
restava grande. « La repubblica spagnola, osserva l’autore, si presentava
come un esperimento liberale in atto in pieno secolo XX, un liberalismo
costretto ad affrontare oltre alla propria problematica interna anche il peso
di una struttura arcaica che urgeva sradicare ». E’ in questo contesto che
si inseriscono le principali riforme del primo biennio' repubblicano: quella
dell’esercito (propugnata dall’allora ministro della guerra Azana), la rifor­
ma agraria, i progetti per le autonomie catalana e basca, la legislazione
ecclesiastica. Le elezioni politiche del giugno confortarono i partiti re­
pubblicani con una larga maggioranza : democratici e socialisti trionfa­
rono in tutti i maggiori centri urbani e in parte nelle zone agricole; alle
destre rimasero soprattutto le roccaforti tradizionali : le campagne della
Castiglia e della Navarra. J.1 Tunon ritiene tuttavia che questa svolta
politica sia rimasta alla superfice e nega decisamente che l’avvento del
regime repubblicano abbia determinato « alcun mutamento nella struttura
economica della Spagna » (p. 309) appunto perchè i nuovi strumenti legi­
slativi non vennero sorretti da adeguate maggioranze politiche.
Questi sviluppi si spiegano in parte con le ripercussioni della crisi
economica mondiale. Essi non sono immediati. Se è vero infatti che la
repubblica del 1931 nasce in « contrattempo » rispetto agli sviluppi della
politica europea, è vero anche che gli effetti della crisi raggiungono la
Spagna dopo aver toccato gli altri paesi europei. L ’osservazione vale so­
prattutto per il settore agricolo nel quale la caduta dei prezzi si fa pro­
nunciata solo nel corso del 1933 ed il Tunon opportunamente sottolinea
il rapporto tra questo fenomeno e gli orientamenti elettorali dei piccoli
proprietari (p. 284) : nelle elezioni legislative di quell’anno le destre e i
radicali poterono « gettare in faccia agli avversari politici le difficoltà eco­
nomiche », facendo leva contemporaneamente sui timori delle classi agiate
e sul malcontento della piccola borghesia e del proletariato per la man­
cata o troppo parziale attuazione delle riforme.
98
Massimo Legnarti
I problemi del «biennio radical-cedista » {1934-1935) nascono da que­
sto contrasto e generano continui conflitti politici e sociali culminati nel­
l’ottobre del 1934 nella sollevazione dei minatori asturiani. Essa avrebbe
dovuto trovar posto in un generale movimento di rivolta che tuttavia,
a Madrid come in Catalogna, venne soffocato sul nascere soprattutto per
la disunione delle forze chiamate a sostenerlo. Si apre allora una pagina
nuova nella storia spagnola, quella dei precedenti immediati della guerra
civile. Sotto la spinta dei fattori interni e internazionali la divisione del
paese in due schieramenti politici nettamente contrapposti si consolida
e si irrigidisce: da un lato il cartello delle destre, dall’altro il nascente
Fronte popolare. Ma come era pervenuta la sinistra a quella unità d’a­
zione? E, soprattutto, in che misura il Fronte modificava gli orientamenti
tradizionali del movimento operaio spagnolo? Il Tunon segue puntual­
mente, sin dai primi capitoli, gli sviluppi interni e la politica generale delle
forze operaie, principalmente del partito socialista, dai suoi oscillanti
atteggiamenti di fronte alla rivoluzione sovietica alla scissione che, nel­
l’aprile del 1921, portò alla creazione del partito comunista (pp. 95 sgg.),
all’atteggiamento ambiguo verso la dittatura di Primo de Rivera (pp. 174.
175). Sommando a queste incertezze lo scarso peso del partito comunista
(lacerato da gravi dissensi interni) e la persistenza delle grandi organizza­
zioni anarchiche nei loro tradizionali metodi di lotta, viene via via com­
ponendosi un panorama nel quale, di fronte alla crescente combattività
delle classi lavoratrici, meglio risaltano le difficoltà e spesso le incapacità
delle centrali sindacali e di partito a dare al movimento una struttura e
degli obiettivi veramente moderni. Si pone allora, in sede storica, il pro­
blema di una più comprensiva risposta ai tradizionali rilievi sull’estre­
mismo del movimento operaio spagnolo7 ed è in questo senso che si sa­
rebbe voluta dall’autore una disamina più approfondita e non, come spesso
accade, esclusivamente legata a quei momenti (congressi di partito e sin­
dacali, campagne parlamentari e di stampa, scioperi) che costituiscono
certo l’indispensabile ossatura cronologica della esposizione, ma che non
possone esaurirla. V ’è insomma, in questa parte dell’opera, una imposta­
zione di tipo, per così dire, annalistico che è forse il segno di una non
completa maturazione della ricerca e che non manca di riflettersi anche
nella ricostruzione della genesi del Fronte popolare.
Taluni caratteri generali emergono tuttavia con sufficiente chiarezza,
e primo tra tutti la natura largamente contingente della coalizione. Le
ragioni che determinarono l’adesione delle diverse forze costituisce, d’altra
parte, una anticipazione di quelli che saranno i termini della lotta politica
nella Spagna repubblicana durante la guerra. Per i repubblicani demo­
cratici (e in tal senso Azana fu uno dei più accesi sostenitori del Fronte)
si trattava di ristabilire le condizioni precedenti alle elezioni del 1933, di
riprendere quella politica riformistica che era vista come freno indispen­
sabile nei confronti di pericolose avventure rivoluzionarie; per le correnti
7 v . G . R ùvida, La guerra civile spagnola. Problemi storici e orientamenti bibliogra­
fici, in Rivista storica del socialismo, n. 6, 1959, pp. 265-294.
Una nuova storia della guerra di Spagna
99
moderate del partito socialista il Fronte riproduceva analoghe, precedenti
alleanze elettorali con la democrazia borghese; per i socialisti massimalisti
si trattava invece di un espediente, di uno strumento che avrebbe dovuto
essere subito abbandonato per non intralciare i disegni rivoluzionari (come
non ricordare che, a sottolineare polemicamente le proprie riserve, i seguaci di Largo Caballero avevano coniato lo slogan : « Se Vuoi salvare la
Spagna dal marxismo, vota comunista »?). Per i soli comunisti, in ultima
analisi, l’adesione al Fronte comportava la scelta di una politica nuova,
a lungo termine, secondo le direttive del VII congresso della Terza In­
ternazionale e le analoghe esperienze che andavano allora maturando in
Francia. Per parte loro gli anarchici non capovolsero il tradizionale atteg­
giamento assenteista di fronte alle prove elettorali, anche se la presenza
del Fronte non passò senza lasciare traccia (e i risultati delle elezioni con­
fermeranno questa impressione). Tale diversità di posizioni la ritroviamo,
come si accennava, nel corso della guerra civile, e delle principali svolte
politiche della repubblica il Tunon dà un’immagine abbastanza fedele.
A ragione la sua attenzione si rivolge, oltre che al tema che già appare
dominante nella memorialistica, vale a dire quello della strutturazione
dell’esercito repubblicano, ai problemi dell’organizzazione dell’attività eco­
nomica come a uno dei fulcri dei dissensi tra le forze e i partiti. Com’è
largamente noto, il crollo dell’apparato statale nelle settimane successive
alla sollevazione aveva dato il via ad esperimenti di gestione diretta delle
industrie e delle aziende agricole da parte della classe lavoratrice, espe­
rimenti voluti dagli anarchici e largamente appoggiati dalla frazione di
sinistra del partito socialista. Soprattutto nelle campagne il fenomeno ave­
va assunto proporzioni rilevanti con l’avvio di un’opera di collettivizza­
zione che, se colpiva largamente il grande padronato (gran parte del quale
aveva fatto causa comune con gli insorti), non risparmiava nemmeno i
piccoli e medi proprietari. Questo rimetteva in discussione uno dei punti
programmatici che, sottinteso ma non per questo meno esplicito, stava
alla base della stessa costituzione del Fronte popolare e a difendere gli
interessi dei medi ceti agricoli si levarono repubblicani e comunisti.
I primi perchè vi scorgevano un fondamento irrinunciabile del regime
da essi propugnato (e in tale direzione si era mossa la riforma agraria
del 1932), i secondi per conservare al fronte antifascista l’appoggio di
quelle classi medie che avevano contribuito in modo forse decisivo alla
vittoria elettorale di febbraio (sotto questo profilo, un’analisi della distri­
buzione dei voti dimostrerebbe che anche in Spagna, come poi in Fran­
cia nelle elezioni del maggio-giugno, l’affermazione del Fronte venne
grandemente favorita dalle adesioni raccolte nelle campagne8). I decreti
governativi dell’ottobre 1936 — ministro dell’agricoltura il comunista
Uribe — si muovono sostanzialmente sulla linea della riforma del 1932,
escludendo qualsiasi form adi collettivizzazione forzata e tendendo soprat­
tutto a spossessare i proprietari passati alla ribellione. L ’incidenza di que­
sta politica fu notevole per la composizione stessa della base del partito
8 Si veda, fra le altre, la testimonianza di J. A lvarez
secolo, Roma, 1963, pp. 157-158.
del
V ayo, Memorie di mezzo
IOO
Massimo Legnarti
comunista spagnolo: basta ricordare i dati raccolti dal Cattell per vedere
come, nei primi mesi del 1937, su 249.140 iscritti al partito ben 138.950
siano salariati agricoli e contadini9. Sono cifre di estremo interesse e
che avrebbero dovuto spingere l’autore ad un’analisi meno sommaria della
rispondenza tra la politica del VII congresso e il consolidarsi del partito
comunista spagnolo. Un’analisi meno sommaria che permetterebbe anche
di sciogliere le contraddizioni insite in certi libri di memorie, nelle pagine,
ad esempio, dell’ambasciatore sovietico a Londra Majsky il quale, dopo
avere criticato le « mezze riforme » del biennio 1931-33 e l’indecisione
« particolarmente nociva nella questione agraria, che costituiva il pro­
blema più importante della società spagnola » 101, loda i provvedimenti di
Uribe, i quali, come s’è accennato, ricalcano abbastanza fedelmente quei
precedenti (di prosecuzione della riforma del 1932 parla anche un altro
protagonista, Alvarez Del V ayon). Più lineare il problema della regola­
mentazione della produzione industriale. In questo settore l’iniziativa
degli anarchici ebbe conseguenze particolarmente negative soprattutto in
Catalogna, centro nevralgico, coi Paesi Baschi, dell’industria rimasta nelle
mani dei repubblicani. I comitati operai rinunciarono, per il modo stesso
nel quale si erano costituiti, ad ogni coordinazione della produzione in
vista delle esigenze della guerra e questa circostanza contribuì potentemente ad incrinare la compattezza del fronte repubblicano. Si vengono
così creando le condizioni per la grave crisi politica sviluppatasi nei primi
mesi del 1937. La vittoriosa difesa di Madrid e lo scacco fascista a Guadalajra non sono più sufficienti a sorreggere il ministero Caballero. Il
Tunon non tace le contraddizioni dalle quali era minato il governo,
ma sembra conferire ad esse scarso rilievo, soprattutto all’oscillazione di
Caballero tra i propositi di unità ai fini della guerra e la volontà, matu­
rata in aprile, di giungere ad un ministero « sindacale » che escludesse
dal governo della repubblica sia i partiti borghesi che i comunisti. I moti
di Barcellona cancellano questa alternativa e la costituzione del primo
ministero Negrìn rappresenta la netta prevalenza della strategia comunista.
Se ci si è soffermati su questi aspetti della Spagna repubblicana è
perchè essi appaiono oggi, anche alla luce del rinnovato dibattito politico­
storiografico sull’età dei fronti popolari, del massimo interesse per affron­
tare in modo parzialmente nuovo il problema del rapporto tra le moti­
vazioni della politica di Fronte popolare e i mutamenti che essa comportò
nei programmi dei partiti coalizzati. L ’accenno svolto a proposito dell’at­
teggiamento comunista sul problema agrario non intende dunque ripro­
porre il raffronto tra esso e il carattere « rivoluzionario » dell’iniziativa
anarchica e delle conseguenze che gli esperimenti ad essa connessi ebbero
sulla condotta della guerra, quanto piuttosto invitare all’approfondimento
della nuova strategia politica. E non del partito comunista soltanto, che
il discorso si allarga inevitabilmente all’intero fronte antifascista e alla
9 T . D a v id C a t t e l l , I com unisti e la guerra civile spagnola , Milano, 1962, p. 12 1.
10 J. M. M a j s k y , P erche scoppiò la seconda guerra m ond iale ?, Roma, 1965, p. 337.
11 J. A lvarez del V ayo, op. cit., pp. 159-160.
Una nuova storia della guerra di Spagna
IO I
genesi di quei motivi programmatici che i movimenti di resistenza ver­
ranno svolgendo nel corso della seconda guerra mondiale.
La stessa attenzione che il Tunon dedica ai repubblicani, accompagna
anche il corso politico della zona nazionalista. S’è già notato come il libro
abbia il merito di meglio documentare le influenze esercitate dagli interessi
di alcuni gruppi del capitale finanziario anglosassone sull’atteggiamento dei
governi americano e, soprattutto, inglese: basterebbe guardare alle riper­
cussioni della caduta dei Paesi Baschi sotto il controllo di Franco per aver­
ne conferma. Ma, in linea generale, i problemi che qui si pongono sono assai
più semplici. L ’adeguamento di tutti gli aspetti della vita della Spagna
franchista alle necessità belliche non è evidentemente solo un riflesso del
passaggio ai ribelli della quasi totalità dei quadri dell’esercito, bensì dei
propositi di restaurazione politica e sociale che il pronunciamento realiz­
zava e che non vengono sostanzialmente modificati dalle direttive del
« Fuero de Trabajo », la carte del lavoro pubblicata dai nazionalisti nel
marzo del 1938.
Non mancano poi, nell’opera, altri motivi di interesse. E se abbiamo
trascurato i capitoli sulle operazioni militari e sull’intervento delle potenze
straniere (essi non offrono indicazioni veramente nuove), va invece sottolineato la ricchezza di informazioni sulla vita intellettuale e i problemi
della cultura. Il Tunon coglie ed esemplifica il formarsi, alla fine della
prima guerra mondiale, di « gruppi più o meno omogenei di intellettuali
usciti dalle classi medie » e che non avvertivano più alcun motivo di
solidarietà col vecchio ordine (pp. 192 sgg.). Attraverso l’esperienza della
dittatura riverista e della repubblica si vennero precisando due orienta­
menti, due prospettive legate alle diverse reazioni suscitate dalla più di­
retta influenza della classe lavoratrice sul governo del paese: due opposti
orientamenti che il Tunon identifica nell’« aristocraticismo » di Ortega e
nel « sentimento collettivo » di cui la poesia di Machado vuol farsi espres­
sione. Punto d’arrivo di queste tendenze la scelta imposta dalla guerra
civile che conserva alla repubblica il nucleo più omogeneo del ceto intel­
lettuale dal quale, non a caso, si allontanano personalità come quelle di
Ortega e Maranòn.
Le osservazioni suggerite dalla ricerca del Tunon consentono di ri­
chiamare brevemente alcuni contributi recentemente apparsi. Un’ampia
ricostruzione delle vicende del Comitato del non-intervento è nelle citate
memorie di I. M. Majsky. Rispetto al quadro tracciato dal Thomas riescono
assai utili le pagine dell’ambasciatore sovietico a Londra sulla classe diplo­
matica che ebbe parte in quelle vicende e che, nella quasi totalità dei casi,
appare superata e come schiacciata dalla complessità e novità dei pro­
blemi che è chiamata ad affrontare. Un interesse decisamente minore
hanno le memorie della Ibarruri12, largamente intessuti di motivi pole­
mici (si vedano i giudizi sugli anarchici), e quasi mai ripensate alla luce
di una meno contingente valutazione delle proprie esperienze.
Qualche contributo recano i ricordi di Hidalgo de Cisneros, un uffi­
12 D . Ibarruri , Memorie d i una rivoluzionaria, Roana, 1962.
102
Massimo Legnarli
ciale di discendenza aristocratica che durante tutto il corso della guerra
tenne il comando delle forze aree repubblicane1314
. Il libro, scritto tra il
1962 e il 1964, è in gran parte dedicato al periodo anteriore alla guerra
e segue il maturare dell’adesione dell’autore alle idee repubblicane. Implicato nel moto del 15 novembre 1930, Cisneros fu allontanato dall’eser­
cito e riabilitato dopo l’avvento della repubblica. Della sua narrazione del
conflitto si possono ritenere due aspetti salienti: gli sforzi per l’organiz­
zazione dell’aviazione repubblicana (e il contributo da questa recato alle
operazioni) e l’adesione al partito comunista. Questo secondo atto si lega
strettamente al primo perchè viene presentato non come scelta ideologica,
ma come riconoscimento del maggior contributo recato dai comunisti alla
politica unitaria in funzione della guerra. Perciò il caso può essere abba­
stanza esemplificativo dell’atteggiamento assunto nei confronti del co­
muniSmo da certi ambienti militari rimasti fedeli alla repubblica.
Una segnalazione, infine, merita anche la raccolta antologica Perchè
andammo in Spagna1*. Il volume raccoglie le voci dei maggiori esponenti
dell’antifascismo italiano accorsi in aiuto della repubblica. Sono articoli
apparsi su giornali dell’emigrazione, da Stato operaio a Giustizia e Libertà,
da II grido del popolo a II nuovo avanti a La voce degli italiani. Nessuno
di questi scritti aggiunge molto al panorama offerto dalla ricca memo­
rialistica italiana sull’argomento; semmai essi consentono di meglio gra­
duare il modo in cui certi aspetti del conflitto furono colti al loro primo
manifestarsi. Così è per le notissime pagine di Togliatti Sulle particolarità
della rivoluzione spagnola, ovvero sul suo carattere democratico-borghese;
per la contemporanea presenza del motivo di difesa dal fascismo e di
passaggio al socialismo negli articoli di Nenni; per il riconoscimento, che
spicca nelle pagine di Rosselli e di Lussu, dell’occasione offerta aH’antùfascismo italiano di darsi una tradizione rivoluzionaria, una esperienza
di lotta quale non aveva conosciuto in Italia all’atto dell’avvento del fa­
scismo. Ma il motivo più costante, e se ne comprendono facilmente le
ragioni, è la presa di coscienza sempre più netta delle dimensioni europee
del problema del fascismo e quindi la consapevolezza del carattere « inte­
grale » della guerra spagnola. In questa luce va vista la reiterata con­
danna della politica delle democrazie occidentali e la critica agli atteg­
giamenti di quelle forze repubblicane spagnole accusate di impedire la
compattezza del fronte antifascista: quale che sia la comprensione che
l’emigrazione italiana dimostra per le cause storiche del « dramma spa­
gnolo », essa non può che guardare in via pregiudiziale al significato che
la vittoria repubblicana avrebbe avuto per la sua sopravvivenza come forza
politica.
M a s s im o L e g n a n i.
13 I.
H id a l g o d e C i s n e r o s , Cielo rosso di Spagna, Roma, 1966.
14 Perchè andammo in Spagna. Scritti di militanti antifascisti (1936-1939), a cura di
A . Dal Pont e L . Zocchi, Roma, A N P P IA , 1966.