UNA NUOVA STORIA DELLA GUERRA DI SPAGNA Gli ultimi anni
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UNA NUOVA STORIA DELLA GUERRA DI SPAGNA Gli ultimi anni
UNA NUOVA STORIA DELLA GUERRA DI SPAGNA Gli ultimi anni sono stati, per la storiografia sulla guerra civile spa gnola, ricchi di nuovi contributi, di ricerche rivolte alla ricostruzione e interpretazione complessiva di quelle vicende. In parte il fenomeno si rial laccia al mai sopito interesse per un avvenimento che ha coinvolto, ad un livello di grande tensione politica e ideologica, governi e partiti, masse popolari e minoranze intellettuali; in parte discende dall’esigenza di guar dare più addentro e con maggiore prospettiva storica ad un complesso di problemi che fanno quasi da spartiacque tra due fasi ben distinte della storia europea tra le guerre mondiali. Ciò non significa che l’attenzione ai fattori interni del conflitto siano passati in secondo piano: essi si sono piuttosto trasferiti in un ambito di valutazioni più generali, come atte stano anche gli echi e le discussioni sollevate dalle edizioni italiane della Storia della guerra civile spagnola del Thomas e dalla Rivoluzione e guer ra in Spagna del Broué e Témime. Si tratta di due opere, è stato più volte rilevato, nettamente divergenti e per impostazione e per esecuzione. Ricerca di storia prettamente politica quella del Thomas, tentativo di tracciare il panorama delle lotte politico-ideologiche interne al campo repubblicano quella del Broué \ Nello studioso inglese troviamo perciò una analisi minuta (e davvero condotta sulla scorta di un non comune baga glio bibliografico e di fonti) delle ripercussioni europee del conflitto, dove le vicende del Comitato del non-intervento tengono un posto di assoluto rilievo, mentre nel Broué la storia del movimento operaio spagnolo di quegli anni è rivissuta riecheggiando ampiamente i motivi della critica trotskysta alla politica dei Fronti popolari. Quale reale, effettivo contributo hanno recato queste due opere? Ad un primo esame non v’è dubbio che la fatica del Thomas appaia di gran lunga come la più impegnativa. Posto a fronte della dimostrazione a tesi tentata dal Broué, il Thomas sembra rivendicare a ragione un su periore sforzo di comprensione e dunque di obiettività. Ma questa im pressione non è confermata da una più attenta lettura. Anche se in parte riteniamo capziose talune critiche che al libro sono state mosse12, pare davvero di poter affermare che, al momento di trarre le conclusioni, la guerra civile spagnola sia rimasta per il Thomas un « mistero », cioè un’esplosione irrazionale di passioni e di conflitti politici e sociali di cui sia vano, se non impossibile, rintracciare una coerente linea di sviluppo. Nasce, da questa predisposizione dello studioso inglese, un panorama 1 Assai minor interesse presenta la parte dedicata dal Témime alla guerra; essa comunque si discosta profondamente dalla interpretazione del Broué. Sia il Thomas che il Broué e Témime sono stati recentiti su questa rassegna da A . Giobbio (v. rispettivamente, i nn. 77, ottobre - dicembre 1964 e 72, luglio - settem bre 1963). 2 v. J. - P. Peter , L ’ histoire a l’ épreuve de la guerre d ’Espagne, in Annales, gen naio-febbraio 1964, pp. 142-174. 94 Massimo Legnarti estremamente statico, una meccanica catena di cause ed effetti che canceliano la complessità dei problemi suscitati dal « dramma spagnolo ». Non per nulla il Thomas inclina a valutare nell’ambito di un angusto pragmatismo fatti e persone, e giustamente il Garosci ha osservato che la sua Storia pare ad un certo punto ridursi ad una sorta di duello tra Franco e Negrìn, intesi come i campioni delle due Spagne, simboli che sosti tuiscono l’esigenza di un ben altrimenti consapevole processo conoscitivo della realtà spagnola di quei momenti3. E questa insufficienza finisce per riflettersi direttamente anche sui capitoli più nuovi e più felici del libro, quelli appunto dedicati alle vicende del non-intervento. I conflitti diplo matici e gli interessi particolari delle potenze in causa perdono rilievo e nitidezza se non sono visti in una prospettiva più ampia ed articolata. E’ proprio questo che il Thomas riesce raramente a fare perchè ne è impe dito dalla sua concezione della guerra (lo ha sostanzialmente ribadito anche in uno scritto recente 4) come di una sorta di « trappola » nella quale i di versi Stati sarebbero via via caduti con l’unica preoccupazione di non for zare il gioco ai limiti delle conseguenze estreme, ovvero di un nuovo conflitto mondiale. Interpretazione, dunque, nel contesto della quale per dono valore le questioni connesse col conflitto ideologico che percorre l’Europa nell’età del fascismo e del nazismo. E’ anche sulla scorta di tali rilievi che l’opera del Brcué acquista, a nostro avviso, un significato che supera le strettoie polemiche. Gli si potrà imputare una rigidezza nociva all’analisi storica, una scelta pregiu diziale che, legittima su altri piani, mantiene costantemente l’esposizione sul filo della disputa politica. Ma è altrettanto vero che il punto d’osser vazione prescelto spinge lo studioso francese ad affrontare i motivi pro fondi della guerra e quel contrasto tra la politica di fronte popolare e la spinta rivoluzionaria (facendo salve, naturalmente, le opposte valutazioni del rivoluzicnarismo di origine anarchica) che rimane pur sempre il car dine intorno al quale muovono le vicende della Spagna repubblicana. Per vie diverse, comunque, i lavori del Thomas e del Broué contri buiscono a portare il discorso storiografico sul piano che ad esso è proprio. Ciò non significa che la letteratura politica si sia esaurita. Essa continua a recare il proprio apporto, rivestendosi talora, illegittimamente, di pretese di obiettività storica. E’ il caso di due recenti opere, che, senza alcuna originalità, ripetono i più abusati motivi della pubblicistica filofranchista e che mette conto di segnalare qui solo per sottolineare la persistenza di certi temi propagandistici. Intendiamo riferirci a Franco soldato e capo di stato di C. Martin e alla Guerra civile di Spagna di Georges-Roux 5. Il Martin ripropone per intero i luoghi comuni della pamphletistica di destra. 3 A . G a r o s c i , Storia della guerra civile spagnola (1936-1939), in Rivista storica italiana, settembre 1962, pp. 571-601. Il giudizio complessivo del Garosci sul Thomas è tuttavia largamente positivo. 4 H . T h o m a s , La guerra civile spagnola e la divisione ideologica dell’Europa negli anni 30, nel volume L'Europa fra le due guerre, Torino, 1966. 5 C. M artin , Franco soldato e capo di stato, Milano, Agies, 1965, pp. 444; G eorgesR o u x , Guerra civile di Spagna, Firenze, Sansoni, 1966, pp. 368. Una nuova storia della guerra di Spagna 95 Così rinnova alla repubblica del 1931 l’accusa di essere affetta da un « giacobinismo alla 1792 » (p. 50), falsifica grossolanamente i risultati delle elezioni del febbraio 1936 raggruppandoli in modo da attribuire la pre valenza al blocco delle destre (p. 72), fa quasi apparire la prima richiesta d’aiuti da parte di Franco all’Italia fascista come un inevitabile infor tunio, una scelta obbligata dopo il rifiuto francese ad appoggiare la solle vazione (p. in ) , inquadra l’internazionalizzazione del conflitto come rea zione al complotto comunista, di fronte al quale Franco « doveva chiamare alle armi la vecchia Spagna contro i mercenari cosmopoliti che preten devano imporle un’ideologia straniera e sottometterla alle direttive di Mosca » {p. 146), ripete il giudizio di guerra nata « in gran parte » dalla ribellione dei cattolici contro la « rivoluzione atea » (p. 235), presenta infine la Falange come raggruppamento degli avversari non conservatori del Fronte popolare e, poi, come forza di mediazione tra i cittadini e lo stato di cui Franco si sarebbe servito al termine della guerra vittoriosa (pp. 243-244). Dà fondo, insomma, a tutta una serie di giustificazioni che, sul piano critico, non esigono nè meritano risposta alcuna. Altro e diverso è il timbro del libro del Roux. Tanto il Martin è netto nella sua deter minazione polemica, altrettanto il Roux inclina verso toni oleografici di pretestuoso obiettivismo. Il giudizio conclusivo, s’intende, non muta, muta solo il modo di costruirlo. Infatti il Roux pretende di offrirci, come egli dice, una « nuda cronaca » ed invece le sue pagine sono condotte sulla base di una voluta negazione dei dati più elementari. A questa stregua il regime di Primo de Rivera diventa una « semidittatura più rumorosa che iniqua » (p. 3), la riforma agraria del 1932 viene paragonata ad altre, « eccellenti nei loro principi, difficili nella loro applicazione » (p. 34) (va da sè che nulla il Roux ci dice circa tali difficoltà), il quadro della Spa gna uscita dalle elezioni del 1936 è bollato da un torbido ribollire di « gazzarre proletarie » che segnano il trapasso del potere reale nelle mani della piazza (pp. 43 sgg.). Con le avvisaglie della ribellione il tono si fa ancora più insinuante, capzioso : « contro la dittatura del Fronte popolare — leggiamo —, Calvo Sotelo conduce una campagna altrettanto esa sperante di quella svolta contro il fascismo dal deputato Giacomo Mat teotti » (p. 61); oppure: «Lo Stato Maggiore francese, prudentemente, ha il più delle volte fatto uscire del materiale vecchio e superato. Ma, purtroppo, questo è sufficiente. 'L’intervento francese servirà di giustifi cazione ad altri interventi stranieri» (p. 128). Poste queste premesse, che non lasciano dubbi circa la visuale ideologica-politica dalla quale il Roux guarda al conflitto spagnolo, il libro si sviluppa sulla falsariga della deplo razione, del rimpianto per l’immensità della tragedia : « la pazzia è una malattia contagiosa. Le passioni si sviluppano come epidemie. E’ diffìcile conservare il senno in mezzo agli alienati. Oltre alla Francia, all’Italia, alla Germania e alla Russia, altri stati si mischiano al conflitto interno della penisola iberica. Possiamo assistere a un fenomeno di contagio a cate na » (p. 140). Questa copertura retorica non impedisce naturalmente che le simpatie dell’autore per i nazionalisti traspaiano ad ogni passo. Potreb bero mancare le consuete pagine apologetiche sui difensori dell’Alcazar (pp. 167-187), le rappresentazioni apocalittiche della situazione politica Massimo Legnarli 96 nella Spagna repubblicana (« il governo non è che una facciata, una specie di comodo paravento per gli stranieri. Sussiste soprattutto perchè le fazioni possano meglio sbranarsi una con l’altra » {p. 226), si contrappongono quelle sui territori controllati da Franco e nei quali « dappertutto regna un ordine rigoroso e non mai infranto » (p. 247) (« i non conformisti, chiarisce il Roux, sono imbrigliati, i leaders estremisti sono tratti in arresto. Si effettueranno persino delle esecuzioni : un centinaio, a quanto si dice » (sic) )? * # # Un’opera che, al contrario, si inserisce nella linea delle ricerche più impegnative è quella di Manuel Tunon de Lara 6, già autore di una mo nografia su Antonio Machado, di una Introduzione alla storia del movimento operaio spagnolo e di uno studio generale sulla storia spagnola del ’900. Il Tunon dedica la prima parte del libro alla ricostruzione della dittatura di Primo de Rivera e alla repubblica del 1931 per seguire il maturare, ora lento e quasi sotterraneo, ora brusco e violento, di quel clima di tensione politica e sociale che sfocia infine nel conflitto armato. L ’opera muove dalle ripercussioni della prima guerra mondiale sulla so cietà spagnola e questa ampiezza di disegno comporta anche che i fattori politico-militari vengano qui riesaminati alla luce delle strutture econo miche. L ’autore segue un triplice ordine di problemi : « la contraddizione tra lo sviluppo delle forze di produzione e la fortissima sperequazione nella distribuzione; i contrasti tra agrari e borghesia industriale e fra il potere centrale e i movimenti autonomisti » (p. 35). Sono tre aspetti di un medesimo processo storico che si estrinseca attraverso coalizioni di governo e maggioranze ipolitiche rigidamente controllate dalla aristocrazia terriera, bancaria e industriale (tra queste i conflitti, come vedremo, sono frequenti e significativi) e sottintende il ruolo predominante dell’esercito e il pieno mantenimento dei privilegi della Chiesa cattolica. Ma all’in terno di questo quadro, quali trasformazioni si verificano negli anni che vanno dalla fine della prima guerra mondiale alla sollevazione del 1936? Già il contraccolpo della guerra è sensibile. Paese neutrale, la Spagna, per le nuove condizioni del mercato europeo, conosce una sensibile spinta verso la industrializzazione: ancora nel 1910 gli addetti all’agricoltura co stituivano il 66% della popolazione attiva, nel 1920 essi sono scesi al 57%. L’agricoltura rimane dunque l’attività fondamentale, ma certi settori indu striali cominciano proprio allora a consolidarsi (come quello metallurgico) o compiono i primi passi (le industrie chimiche). Tuttavia, il profilo lar gamente speculativo assunto da questo sviluppo rese particolarmente gravi le conseguenze cui l’economia spagnola andò incontro durante la crisi mondiale del 1921-22: chiusi i mercati stranieri dal generale rialzo delle tariffe doganali, il mercato interno (i salari e gli stipendi erano saliti ad 6M anuel T u n o n d e L a r a , Storia della repubblica e della guerra civile in Spagna, Roma, Editori Riuniti, 1966, pp. 742. Una nuova storia della guerra di Spagna 97 un ritmo molto più lento dei profitti industriali) si mostrò inadeguato, donde una crisi di sovraproduzione che trascinò con sè crescenti difficoltà politiche e tensioni sociali. Nè la guerra marocchina, sulla quale i governi conservatori puntavano per accattivarsi il favore dell’opinione pubblica, portò gli sperati successi militari. Si tradusse anzi in una catena di rovesci. Si prepara, in questa situazione, la dittatura militare di Primo de Rivera di cui il Tunon ha il merito di mettere in luce fazione condotta contemporancamente a favore dell’aristocrazia terriera, e dello « sviluppo della gran de industria » (quest’ultimo soprattutto attraverso massicci interventi del capitale straniero che eserciteranno un peso non trascurabile suH’atteggiamento di certi governi nel corso1 della guerra civile (p. 577) ). La politica del de Rivera non potè per altro impedire un ulteriore indebolimento della monarchia e segni di opposizione crescente comin ciarono a manifestarsi anche tra le file della borghesia, soprattutto della media borghesia economica, che venne accostandosi a posizioni demo cratiche e contribuì in misura determinante al capovolgimento istituzioinale intervenuto in seguito alle elezioni amministrative dell’aprile 1931. Ma il distacco tra i problemi di fondo della società spagnola e l’ampiezza ed omogeneità dello schieramento politico che era chiamato a risolverli restava grande. « La repubblica spagnola, osserva l’autore, si presentava come un esperimento liberale in atto in pieno secolo XX, un liberalismo costretto ad affrontare oltre alla propria problematica interna anche il peso di una struttura arcaica che urgeva sradicare ». E’ in questo contesto che si inseriscono le principali riforme del primo biennio' repubblicano: quella dell’esercito (propugnata dall’allora ministro della guerra Azana), la rifor ma agraria, i progetti per le autonomie catalana e basca, la legislazione ecclesiastica. Le elezioni politiche del giugno confortarono i partiti re pubblicani con una larga maggioranza : democratici e socialisti trionfa rono in tutti i maggiori centri urbani e in parte nelle zone agricole; alle destre rimasero soprattutto le roccaforti tradizionali : le campagne della Castiglia e della Navarra. J.1 Tunon ritiene tuttavia che questa svolta politica sia rimasta alla superfice e nega decisamente che l’avvento del regime repubblicano abbia determinato « alcun mutamento nella struttura economica della Spagna » (p. 309) appunto perchè i nuovi strumenti legi slativi non vennero sorretti da adeguate maggioranze politiche. Questi sviluppi si spiegano in parte con le ripercussioni della crisi economica mondiale. Essi non sono immediati. Se è vero infatti che la repubblica del 1931 nasce in « contrattempo » rispetto agli sviluppi della politica europea, è vero anche che gli effetti della crisi raggiungono la Spagna dopo aver toccato gli altri paesi europei. L ’osservazione vale so prattutto per il settore agricolo nel quale la caduta dei prezzi si fa pro nunciata solo nel corso del 1933 ed il Tunon opportunamente sottolinea il rapporto tra questo fenomeno e gli orientamenti elettorali dei piccoli proprietari (p. 284) : nelle elezioni legislative di quell’anno le destre e i radicali poterono « gettare in faccia agli avversari politici le difficoltà eco nomiche », facendo leva contemporaneamente sui timori delle classi agiate e sul malcontento della piccola borghesia e del proletariato per la man cata o troppo parziale attuazione delle riforme. 98 Massimo Legnarti I problemi del «biennio radical-cedista » {1934-1935) nascono da que sto contrasto e generano continui conflitti politici e sociali culminati nel l’ottobre del 1934 nella sollevazione dei minatori asturiani. Essa avrebbe dovuto trovar posto in un generale movimento di rivolta che tuttavia, a Madrid come in Catalogna, venne soffocato sul nascere soprattutto per la disunione delle forze chiamate a sostenerlo. Si apre allora una pagina nuova nella storia spagnola, quella dei precedenti immediati della guerra civile. Sotto la spinta dei fattori interni e internazionali la divisione del paese in due schieramenti politici nettamente contrapposti si consolida e si irrigidisce: da un lato il cartello delle destre, dall’altro il nascente Fronte popolare. Ma come era pervenuta la sinistra a quella unità d’a zione? E, soprattutto, in che misura il Fronte modificava gli orientamenti tradizionali del movimento operaio spagnolo? Il Tunon segue puntual mente, sin dai primi capitoli, gli sviluppi interni e la politica generale delle forze operaie, principalmente del partito socialista, dai suoi oscillanti atteggiamenti di fronte alla rivoluzione sovietica alla scissione che, nel l’aprile del 1921, portò alla creazione del partito comunista (pp. 95 sgg.), all’atteggiamento ambiguo verso la dittatura di Primo de Rivera (pp. 174. 175). Sommando a queste incertezze lo scarso peso del partito comunista (lacerato da gravi dissensi interni) e la persistenza delle grandi organizza zioni anarchiche nei loro tradizionali metodi di lotta, viene via via com ponendosi un panorama nel quale, di fronte alla crescente combattività delle classi lavoratrici, meglio risaltano le difficoltà e spesso le incapacità delle centrali sindacali e di partito a dare al movimento una struttura e degli obiettivi veramente moderni. Si pone allora, in sede storica, il pro blema di una più comprensiva risposta ai tradizionali rilievi sull’estre mismo del movimento operaio spagnolo7 ed è in questo senso che si sa rebbe voluta dall’autore una disamina più approfondita e non, come spesso accade, esclusivamente legata a quei momenti (congressi di partito e sin dacali, campagne parlamentari e di stampa, scioperi) che costituiscono certo l’indispensabile ossatura cronologica della esposizione, ma che non possone esaurirla. V ’è insomma, in questa parte dell’opera, una imposta zione di tipo, per così dire, annalistico che è forse il segno di una non completa maturazione della ricerca e che non manca di riflettersi anche nella ricostruzione della genesi del Fronte popolare. Taluni caratteri generali emergono tuttavia con sufficiente chiarezza, e primo tra tutti la natura largamente contingente della coalizione. Le ragioni che determinarono l’adesione delle diverse forze costituisce, d’altra parte, una anticipazione di quelli che saranno i termini della lotta politica nella Spagna repubblicana durante la guerra. Per i repubblicani demo cratici (e in tal senso Azana fu uno dei più accesi sostenitori del Fronte) si trattava di ristabilire le condizioni precedenti alle elezioni del 1933, di riprendere quella politica riformistica che era vista come freno indispen sabile nei confronti di pericolose avventure rivoluzionarie; per le correnti 7 v . G . R ùvida, La guerra civile spagnola. Problemi storici e orientamenti bibliogra fici, in Rivista storica del socialismo, n. 6, 1959, pp. 265-294. Una nuova storia della guerra di Spagna 99 moderate del partito socialista il Fronte riproduceva analoghe, precedenti alleanze elettorali con la democrazia borghese; per i socialisti massimalisti si trattava invece di un espediente, di uno strumento che avrebbe dovuto essere subito abbandonato per non intralciare i disegni rivoluzionari (come non ricordare che, a sottolineare polemicamente le proprie riserve, i seguaci di Largo Caballero avevano coniato lo slogan : « Se Vuoi salvare la Spagna dal marxismo, vota comunista »?). Per i soli comunisti, in ultima analisi, l’adesione al Fronte comportava la scelta di una politica nuova, a lungo termine, secondo le direttive del VII congresso della Terza In ternazionale e le analoghe esperienze che andavano allora maturando in Francia. Per parte loro gli anarchici non capovolsero il tradizionale atteg giamento assenteista di fronte alle prove elettorali, anche se la presenza del Fronte non passò senza lasciare traccia (e i risultati delle elezioni con fermeranno questa impressione). Tale diversità di posizioni la ritroviamo, come si accennava, nel corso della guerra civile, e delle principali svolte politiche della repubblica il Tunon dà un’immagine abbastanza fedele. A ragione la sua attenzione si rivolge, oltre che al tema che già appare dominante nella memorialistica, vale a dire quello della strutturazione dell’esercito repubblicano, ai problemi dell’organizzazione dell’attività eco nomica come a uno dei fulcri dei dissensi tra le forze e i partiti. Com’è largamente noto, il crollo dell’apparato statale nelle settimane successive alla sollevazione aveva dato il via ad esperimenti di gestione diretta delle industrie e delle aziende agricole da parte della classe lavoratrice, espe rimenti voluti dagli anarchici e largamente appoggiati dalla frazione di sinistra del partito socialista. Soprattutto nelle campagne il fenomeno ave va assunto proporzioni rilevanti con l’avvio di un’opera di collettivizza zione che, se colpiva largamente il grande padronato (gran parte del quale aveva fatto causa comune con gli insorti), non risparmiava nemmeno i piccoli e medi proprietari. Questo rimetteva in discussione uno dei punti programmatici che, sottinteso ma non per questo meno esplicito, stava alla base della stessa costituzione del Fronte popolare e a difendere gli interessi dei medi ceti agricoli si levarono repubblicani e comunisti. I primi perchè vi scorgevano un fondamento irrinunciabile del regime da essi propugnato (e in tale direzione si era mossa la riforma agraria del 1932), i secondi per conservare al fronte antifascista l’appoggio di quelle classi medie che avevano contribuito in modo forse decisivo alla vittoria elettorale di febbraio (sotto questo profilo, un’analisi della distri buzione dei voti dimostrerebbe che anche in Spagna, come poi in Fran cia nelle elezioni del maggio-giugno, l’affermazione del Fronte venne grandemente favorita dalle adesioni raccolte nelle campagne8). I decreti governativi dell’ottobre 1936 — ministro dell’agricoltura il comunista Uribe — si muovono sostanzialmente sulla linea della riforma del 1932, escludendo qualsiasi form adi collettivizzazione forzata e tendendo soprat tutto a spossessare i proprietari passati alla ribellione. L ’incidenza di que sta politica fu notevole per la composizione stessa della base del partito 8 Si veda, fra le altre, la testimonianza di J. A lvarez secolo, Roma, 1963, pp. 157-158. del V ayo, Memorie di mezzo IOO Massimo Legnarti comunista spagnolo: basta ricordare i dati raccolti dal Cattell per vedere come, nei primi mesi del 1937, su 249.140 iscritti al partito ben 138.950 siano salariati agricoli e contadini9. Sono cifre di estremo interesse e che avrebbero dovuto spingere l’autore ad un’analisi meno sommaria della rispondenza tra la politica del VII congresso e il consolidarsi del partito comunista spagnolo. Un’analisi meno sommaria che permetterebbe anche di sciogliere le contraddizioni insite in certi libri di memorie, nelle pagine, ad esempio, dell’ambasciatore sovietico a Londra Majsky il quale, dopo avere criticato le « mezze riforme » del biennio 1931-33 e l’indecisione « particolarmente nociva nella questione agraria, che costituiva il pro blema più importante della società spagnola » 101, loda i provvedimenti di Uribe, i quali, come s’è accennato, ricalcano abbastanza fedelmente quei precedenti (di prosecuzione della riforma del 1932 parla anche un altro protagonista, Alvarez Del V ayon). Più lineare il problema della regola mentazione della produzione industriale. In questo settore l’iniziativa degli anarchici ebbe conseguenze particolarmente negative soprattutto in Catalogna, centro nevralgico, coi Paesi Baschi, dell’industria rimasta nelle mani dei repubblicani. I comitati operai rinunciarono, per il modo stesso nel quale si erano costituiti, ad ogni coordinazione della produzione in vista delle esigenze della guerra e questa circostanza contribuì potentemente ad incrinare la compattezza del fronte repubblicano. Si vengono così creando le condizioni per la grave crisi politica sviluppatasi nei primi mesi del 1937. La vittoriosa difesa di Madrid e lo scacco fascista a Guadalajra non sono più sufficienti a sorreggere il ministero Caballero. Il Tunon non tace le contraddizioni dalle quali era minato il governo, ma sembra conferire ad esse scarso rilievo, soprattutto all’oscillazione di Caballero tra i propositi di unità ai fini della guerra e la volontà, matu rata in aprile, di giungere ad un ministero « sindacale » che escludesse dal governo della repubblica sia i partiti borghesi che i comunisti. I moti di Barcellona cancellano questa alternativa e la costituzione del primo ministero Negrìn rappresenta la netta prevalenza della strategia comunista. Se ci si è soffermati su questi aspetti della Spagna repubblicana è perchè essi appaiono oggi, anche alla luce del rinnovato dibattito politico storiografico sull’età dei fronti popolari, del massimo interesse per affron tare in modo parzialmente nuovo il problema del rapporto tra le moti vazioni della politica di Fronte popolare e i mutamenti che essa comportò nei programmi dei partiti coalizzati. L ’accenno svolto a proposito dell’at teggiamento comunista sul problema agrario non intende dunque ripro porre il raffronto tra esso e il carattere « rivoluzionario » dell’iniziativa anarchica e delle conseguenze che gli esperimenti ad essa connessi ebbero sulla condotta della guerra, quanto piuttosto invitare all’approfondimento della nuova strategia politica. E non del partito comunista soltanto, che il discorso si allarga inevitabilmente all’intero fronte antifascista e alla 9 T . D a v id C a t t e l l , I com unisti e la guerra civile spagnola , Milano, 1962, p. 12 1. 10 J. M. M a j s k y , P erche scoppiò la seconda guerra m ond iale ?, Roma, 1965, p. 337. 11 J. A lvarez del V ayo, op. cit., pp. 159-160. Una nuova storia della guerra di Spagna IO I genesi di quei motivi programmatici che i movimenti di resistenza ver ranno svolgendo nel corso della seconda guerra mondiale. La stessa attenzione che il Tunon dedica ai repubblicani, accompagna anche il corso politico della zona nazionalista. S’è già notato come il libro abbia il merito di meglio documentare le influenze esercitate dagli interessi di alcuni gruppi del capitale finanziario anglosassone sull’atteggiamento dei governi americano e, soprattutto, inglese: basterebbe guardare alle riper cussioni della caduta dei Paesi Baschi sotto il controllo di Franco per aver ne conferma. Ma, in linea generale, i problemi che qui si pongono sono assai più semplici. L ’adeguamento di tutti gli aspetti della vita della Spagna franchista alle necessità belliche non è evidentemente solo un riflesso del passaggio ai ribelli della quasi totalità dei quadri dell’esercito, bensì dei propositi di restaurazione politica e sociale che il pronunciamento realiz zava e che non vengono sostanzialmente modificati dalle direttive del « Fuero de Trabajo », la carte del lavoro pubblicata dai nazionalisti nel marzo del 1938. Non mancano poi, nell’opera, altri motivi di interesse. E se abbiamo trascurato i capitoli sulle operazioni militari e sull’intervento delle potenze straniere (essi non offrono indicazioni veramente nuove), va invece sottolineato la ricchezza di informazioni sulla vita intellettuale e i problemi della cultura. Il Tunon coglie ed esemplifica il formarsi, alla fine della prima guerra mondiale, di « gruppi più o meno omogenei di intellettuali usciti dalle classi medie » e che non avvertivano più alcun motivo di solidarietà col vecchio ordine (pp. 192 sgg.). Attraverso l’esperienza della dittatura riverista e della repubblica si vennero precisando due orienta menti, due prospettive legate alle diverse reazioni suscitate dalla più di retta influenza della classe lavoratrice sul governo del paese: due opposti orientamenti che il Tunon identifica nell’« aristocraticismo » di Ortega e nel « sentimento collettivo » di cui la poesia di Machado vuol farsi espres sione. Punto d’arrivo di queste tendenze la scelta imposta dalla guerra civile che conserva alla repubblica il nucleo più omogeneo del ceto intel lettuale dal quale, non a caso, si allontanano personalità come quelle di Ortega e Maranòn. Le osservazioni suggerite dalla ricerca del Tunon consentono di ri chiamare brevemente alcuni contributi recentemente apparsi. Un’ampia ricostruzione delle vicende del Comitato del non-intervento è nelle citate memorie di I. M. Majsky. Rispetto al quadro tracciato dal Thomas riescono assai utili le pagine dell’ambasciatore sovietico a Londra sulla classe diplo matica che ebbe parte in quelle vicende e che, nella quasi totalità dei casi, appare superata e come schiacciata dalla complessità e novità dei pro blemi che è chiamata ad affrontare. Un interesse decisamente minore hanno le memorie della Ibarruri12, largamente intessuti di motivi pole mici (si vedano i giudizi sugli anarchici), e quasi mai ripensate alla luce di una meno contingente valutazione delle proprie esperienze. Qualche contributo recano i ricordi di Hidalgo de Cisneros, un uffi 12 D . Ibarruri , Memorie d i una rivoluzionaria, Roana, 1962. 102 Massimo Legnarli ciale di discendenza aristocratica che durante tutto il corso della guerra tenne il comando delle forze aree repubblicane1314 . Il libro, scritto tra il 1962 e il 1964, è in gran parte dedicato al periodo anteriore alla guerra e segue il maturare dell’adesione dell’autore alle idee repubblicane. Implicato nel moto del 15 novembre 1930, Cisneros fu allontanato dall’eser cito e riabilitato dopo l’avvento della repubblica. Della sua narrazione del conflitto si possono ritenere due aspetti salienti: gli sforzi per l’organiz zazione dell’aviazione repubblicana (e il contributo da questa recato alle operazioni) e l’adesione al partito comunista. Questo secondo atto si lega strettamente al primo perchè viene presentato non come scelta ideologica, ma come riconoscimento del maggior contributo recato dai comunisti alla politica unitaria in funzione della guerra. Perciò il caso può essere abba stanza esemplificativo dell’atteggiamento assunto nei confronti del co muniSmo da certi ambienti militari rimasti fedeli alla repubblica. Una segnalazione, infine, merita anche la raccolta antologica Perchè andammo in Spagna1*. Il volume raccoglie le voci dei maggiori esponenti dell’antifascismo italiano accorsi in aiuto della repubblica. Sono articoli apparsi su giornali dell’emigrazione, da Stato operaio a Giustizia e Libertà, da II grido del popolo a II nuovo avanti a La voce degli italiani. Nessuno di questi scritti aggiunge molto al panorama offerto dalla ricca memo rialistica italiana sull’argomento; semmai essi consentono di meglio gra duare il modo in cui certi aspetti del conflitto furono colti al loro primo manifestarsi. Così è per le notissime pagine di Togliatti Sulle particolarità della rivoluzione spagnola, ovvero sul suo carattere democratico-borghese; per la contemporanea presenza del motivo di difesa dal fascismo e di passaggio al socialismo negli articoli di Nenni; per il riconoscimento, che spicca nelle pagine di Rosselli e di Lussu, dell’occasione offerta aH’antùfascismo italiano di darsi una tradizione rivoluzionaria, una esperienza di lotta quale non aveva conosciuto in Italia all’atto dell’avvento del fa scismo. Ma il motivo più costante, e se ne comprendono facilmente le ragioni, è la presa di coscienza sempre più netta delle dimensioni europee del problema del fascismo e quindi la consapevolezza del carattere « inte grale » della guerra spagnola. In questa luce va vista la reiterata con danna della politica delle democrazie occidentali e la critica agli atteg giamenti di quelle forze repubblicane spagnole accusate di impedire la compattezza del fronte antifascista: quale che sia la comprensione che l’emigrazione italiana dimostra per le cause storiche del « dramma spa gnolo », essa non può che guardare in via pregiudiziale al significato che la vittoria repubblicana avrebbe avuto per la sua sopravvivenza come forza politica. M a s s im o L e g n a n i. 13 I. H id a l g o d e C i s n e r o s , Cielo rosso di Spagna, Roma, 1966. 14 Perchè andammo in Spagna. Scritti di militanti antifascisti (1936-1939), a cura di A . Dal Pont e L . Zocchi, Roma, A N P P IA , 1966.