INDICE - Radio Vaticana
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Pubblicazione speciale realizzata in occasione della visita al Papa dei vescovi del Sudafrica Città del Vaticano, 1-11 giugno 2005 A cura del SeDoc – Servizio Documentazione della Radio Vaticana Il presente dossier si sofferma sulla realtà sudafricana vista dalla prospettiva ecclesiale. Nelle prime pagine si trova una sintesi della storia civile del Paese, corredata da una cronologia con le principali tappe dello sviluppo della Chiesa. Particolarmente significativa per una lettura della storia recente del Paese e per l’impegno della Chiesa è la Riflessione Pastorale dell’Episcopato pubblicata il 6 aprile 2004, nell’imminenza delle elezioni politiche. Segue una sezione che raccoglie pronunciamenti dei vescovi su questioni nazionali e di altri Paesi del Continente, dal lavoro della Commissione per la Verità e la Riconciliazione al problema dei rifugiati, dalle violazioni dei diritti umani in Nigeria alla violenza del regime di Mugabe in Zimbabwe. Vengono anche inseriti i molteplici interventi dei presuli per un’azione più incisiva del Governo contro la piaga dell’AIDS, sui temi della povertà, della violenza, degli abusi in seno alla Chiesa. L’ultima parte della pubblicazione propone documenti del ministero pastorale di Giovanni Paolo II verso la Chiesa in Sud Africa: il discorso all’Episcopato nella precedente visita “Ad Limina” (1997), e i brani di un’omelia e di un discorso pronunciato nel corso della sua visita in Sudafrica nel 1995. INDICE Breve storia del Paese La Chiesa in Sudafrica Documenti e dichiarazioni dei vescovi Giovanni Paolo II e il Sudafrica P.2 P.4 P.5 P.44 1 BREVE STORIA DEL PAESE B. Diaz, in uno dei suoi viaggi alla ricerca della via orientale per le Indie, battezzò (1487) la punta estrema dell'Africa Capo di Buona Speranza. Esso rimase sotto controllo portoghese per oltre un secolo e mezzo. Nel XVI sec. ebbe inizio la colonizzazione vera e propria della zona con l'occupazione del Capo da parte della Compagnia Olandese delle Indie Orientali, mentre nel 1795 gli Inglesi occuparono Città del Capo, base di partenza per la loro politica di penetrazione in Africa (sulla direttrice del Cairo-Città del Capo), alla quale opposero accanita resistenza sia le popolazioni cafre sia i Boeri, discendenti dai primi coloni olandesi. Questi ultimi, di fronte all'avanzata inglese, furono costretti a effettuare (a partire dal 1835) quelle migrazioni in massa verso l'interno (trek) da cui nacquero gli Stati del Natal, dell'Orange e del Transvaal. Il primo di questi ebbe vita effimera (fino al 1842), mentre gli altri due videro riconosciuta la loro indipendenza dagli Inglesi. Dopo il 1884 si giunse a un nuovo scontro fra le due repubbliche e gli Inglesi, in seguito alla scoperta dei giacimenti auriferi del Transvaal e di quelli diamantiferi del Griqualand. La guerra anglo-boera, scoppiata nel 1899 in seguito alla politica espansionistica del primo ministro della Colonia del Capo Cecil Rhodes, si concluse dopo tre anni di durissima lotta con l'annessione all'Inghilterra dell'Orange e del Transvaal. Nel 1909, con un voto del Parlamento inglese, la colonia si trasformò nell'Unione Sudafricana, federazione autonoma nell'ambito del Commonwealth. Il nuovo Stato partecipò a fianco dell'Inghilterra alla prima guerra mondiale. Negli anni dell'immediato dopoguerra, al governo di J. Smuts, che si reggeva sull'elemento inglese, si oppose il Partito nazionalista di J. B. M. Herzog, sostenitore di una politica antiinglese e razzista. Vincitore alle elezioni del 1924, Herzog governò il Paese fino al 1939, anno in cui Smuts riprese il potere. Durante la seconda guerra mondiale il Paese combatté a fianco dell'Inghilterra. Il ritorno al potere dei razzisti coi governi di D. Fr. Malan (1948-1954), J. Striidom (1954-1958) e H. Verwoerd (1958-1966) suscitò forti contrasti interni, aggravati dall'inasprirsi della politica di segregazione razziale (apartheid). Sul piano internazionale, l'apartheid portò alla rottura con il Commonwealth (da cui l'Unione è uscita nel 1961) e all'isolamento della Repubblica Sudafricana, colpita anche da sanzioni economiche sul piano internazionale. Il governo di P. Botha (1978-1989) mantenne intatta la discriminazione politica nei confronti dei neri (Costituzione del 1984), pur attenuando l'apartheid sul piano sociale. 2 Toccò al suo successore F. W. De Klerk avviare un dialogo con l'opposizione nera (liberazione di N. Mandela, leader del Congresso Nazionale Africano - ANC, 1990), cancellare le ultime misure di apartheid sociale (obbligo di residenza per i neri, 1991). Nel 1990 le truppe d'occupazione sudafricane furono ritirate dalla Namibia, di cui fu riconosciuta l'indipendenza, secondo il dettato dell'ONU. Nel 1992 un referendum abolì definitivamente il regime dell'apartheid. Vennero così ritirate le sanzioni internazionali. Nel frattempo erano state avviate complesse trattative con il Congresso Nazionale Africano che hanno portato a un completo riassetto del Paese in senso multirazziale: nel 1994 libere elezioni con diritto di voto anche per i neri hanno dato la vittoria al Congresso Nazionale Africano e si è costituito un governo di coalizione, con Mandela alla presidenza della Repubblica e De Klerk vicepresidente. Nel 1996 veniva approvata la nuova carta costituzionale definitiva che sanciva la parità assoluta tra la popolazione bianca e quella nera. La Repubblica Sudafricana aderiva così all'Organizzazione dell'Unità Africana e ritornava nel Commonwealth. Il presidente Mandela ribadiva di voler lasciare nel 1999, allo scadere del suo mandato, la vita politica e designava a succedergli il vicepresidente Thabo Mbeki. Nel 1997, nel corso del 50° Congresso dell'ANC, lasciava la guida del partito a Thabo Mbeki. Alla fine del 1998 la Commissione per la verità e la riconciliazione, istituita nel 1996, concludeva i suoi lavori e presentava un rapporto di netta condanna nei confronti dell'ex presidente Botha, ma anche dello stesso ANC. Alle elezioni del 1999 Thabo Mkebi succedeva a Nelson Mandela alla guida del Paese. Nelle elezioni legislative del 2004 l'ANC si confermava il primo partito. Successivamente l'Assemblea nazionale ha riconfermato Thabo Mbeki alla presidenza. (www.sapere.it) LA CHIESA IN SUDAFRICA Cenni storici 1501: a Mossel Bay costruzione della prima chiesa. Fino all'inizio del sec. XIX l'Africa meridionale è inaccessibile al cattolicesimo a causa dei protestanti europei. 1804: viene concessa, ma solo formalmente, la libertà religiosa. Arrivo di tre sacerdoti olandesi. Dom Beta Slater, Vicario Apostolico del Capo di Buona Speranza. 3 1838: la Chiesa cattolica muove i primi passi. Tre Domenicani a Cape Town. 1850 erezione del Vicariato Apostolico del Natal affidato agli Oblati di Maria Immacolata. 1850: erezione del Vicariato Apostolico di Durban. 1870: viene concessa la libertà religiosa. 1951: viene istituita la Gerarchia cattolica. 1957: prima condanna ufficiale della Chiesa cattolica dell’apartheid. 1959 dichiarazione dei vescovi sulla scuola cattolica. 1965: l’arcivescovo di Cape Town, Mons. McCann, viene elevato cardinale. I due primi sudafricani neri entrano nell’Ordine Benedettino. 1995: Visita Pastorale del Papa Giovanni Paolo II. 2001: Papa Giovanni Paolo II eleva al Cardinalato Mons. Wilfrid Napier, Ofm, arcivescovo di Durban. Struttura Ecclesiastica Conferenza episcopale: Southern African Catholic Bishops‟ Conference (Sacbc) Presidente: Card. Wilfrid Napier, Ofm, arcivescovo di Durban. Circoscrizioni Ecclesiastiche Nel 2004 la Chiesa Cattolica è presente sul territorio con 4 Arcidiocesi Metropolitane, 21 Diocesi e 1 Vicariato Apostolico. La Diocesi di Gaborone (Botwana) è suffraganea di Bloemfontein; la Diocesi di Manzini (Swaziland) è suffraganea di Pretoria. Metr: Bloemfontein Suffr.: Bethlehem, Gaborone (Botswana), Keimoes-Upington, Kimberley, Kroonstad. Metr: Cape Town Suffr.: Aliwal, De Aar, Oudtshoorn, Port Elizabeth, Queenstown. Metr: Durban Suffr.: Dundee, Eshowe, Kokstad, Mariannhill, Umtata, Umzimkulu. Metr.: Pretoria Suffr.: Johannesburg, Klerksdorp, Manzini (Swaziland), Pietersburg, 4 Rustenburg, Tzaneen, Witbank. Ordinariato Militare. Vic. Ap.: Ingwavuma. **** CONTRO IL RAZZISMO E PER LA DIFESA DEI DIRITTI UMANI La Chiesa cattolica sudafricana, insieme a quella anglicana, è da decenni impegnata nella lotta contro il razzismo e in difesa dei diritti umani. La sua prima dichiarazione ufficiale contro il regime dell’apartheid è del 1957. LETTERA DELLA SACBC AL PRESIDENTE NELSON MANDELA SULLA DEMOCRAZIA (gennaio 1997) PRETORIA - Mercoledì scorso, la Conferenza episcopale dell'Africa Meridionale (Sacbc) ha reso pubblica una lettera aperta indirizzata al presidente sudafricano Mandela e a tutti i sudafricani di buona volontà. Nella lettera i vescovi affermano che, mentre in Sud Africa è stato premiato lo sforzo per impiantare la democrazia, è necessario uno sforzo piu' grande per riconquistare il senso del diritto nel momento in cui l'ingiustizia comincia ad essere sconfitta. I vescovi dell'Africa del Sud mettono il dito sulle piaghe del crimine e della corruzione diffusi. in proprosito, riconoscendo che in alcuni settori si sono realizzati dei progressi, affermano che la chiesa è pronta a collaborare con i vari organismi ufficiali per debellare la corruzione. (Anb-bia 30 gen) DICHIARAZIONE DEI VESCOVI SUL RAPPORTO FINALE DELLA COMMISSIONE PER LA VERITA’ E LA RICONCILIAZIONE (5 novembre 1998) PRETORIA. - In una dichiarazione resa nota il 5 novembre, i vescovi sudafricani hanno espresso la propria soddisfazione per la pubblicazione del Rapporto finale della "Commissione per la Verità e la Riconciliazione" incaricata di fare luce sulle gravi violazioni dei diritti umani commesse durante il regime dell' apartheid. Il presidente della 5 commissione, il vescovo anglicano e Premio Nobel per la Pace Desmond Tutu, ha consegnato il rapporto al Presidente sudafricano Nelson Mandela il 29 ottobre. In esso non mancano, tra l'altro, critiche al comportamento tenuto da alcune Chiese cristiane sudafricane durante il regime della segregazione razziale. "Questo rapporto rilevano i vescovi - sarà per le generazioni future una prova inconfutabile delle atrocità commesse durante l'epoca dell'apartheid" per cui "nessuno potrà più negare le gravi violazioni ed abusi dei più elementari diritti umani durante questo triste periodo della nostra storia". Essi si dicono peraltro rammaricati delle reticenze e dall'atteggiamento a volte sprezzante assunto dai due ex-presidenti sudafricani P.W. Botha e F.W. De Klerk verso il lavoro della Commissione. Questo comportamento, rilevano i presuli, non ha favorito il già difficile processo di riconciliazione nel paese. Non mancano poi critiche all'African National Congress, il partito oggi al potere, che dopo avere lottato strenuamente contro l'apartheid, non ha saputo dare un coerente appoggio alla commissione. in conclusione i vescovi esprimono il loro grande apprezzamento per "l'immenso lavoro" da essa svolto in questi due anni, lavoro, che se non ha ancora chiuso le profonde ferite lasciate dall'apartheid, e' un primo significativo contributo al processo di riconciliazione nazionale. (Dichiarazione della Sacbc: 5 nov - LZ) LETTERA PASTORALE DEI VESCOVI PER L’ANNO DELLO SPIRITO SANTO SULLA DIFFICILE TRANSIZIONE ALLA DEMOCRAZIA NEL SUDAFRICA DEL POST-APARTHEID (gennaio 1998) PRETORIA - Lo Spirito Santo sta aiutando il popolo sudafricano ad affrontare i numerosi e complessi problemi del Paese. Lo affermano i vescovi del Sudafrica in una lettera pastorale dedicata allo Spirito Santo in preparazione al Grande Giubileo del 2000. "Tanti problemi ci affliggono - scrivono i presuli - la miseria, la corruzione, l'ineguaglianza nell'accesso all'educazione, alla sanità e ad altri servizi: tutti problemi che conducono ad atteggiamenti che minano il nostro benessere nazionale". "Ma - aggiungono - lo Spirito Santo non ci consente di arrenderci. ci incoraggia piuttosto ad agire con fiducia (...), ci sfida a cercare soluzioni (...)". Tra i nodi più cruciali rimane quello della "riconciliazione di un paese diviso" da decenni di "apartheid". Proprio in questo ambito, secondo i presuli, 6 l'azione dello Spirito Santo è stata particolarmente evidente, soprattutto nella fase più critica della transizione dal precedente regime all'attuale democrazia in Sudafrica. una transizione, che sia pure molto difficile e lontana dall'essere conclusa, ha del "miracoloso", se si considera che il Paese è stato "sull'orlo di una guerra civile". Anche la costituzione della Commissione per la verità e la riconciliazione, dimostra la persistente azione unificante dello Spirito Santo nella società sudafricana. Questa stessa azione, concludono, si manifesta anche all'interno della Chiesa, che in questi ultimi anni sta mostrando una notevole vitalità e presenza nel tessuto sociale sudafricano. (Cns: 6 gen - LZ) INTERVISTA DELL’AGENZIA FIDES A MONS. EUGENE HURLEY* SULLA SITUAZIONE DELLA DEMOCRAZIA IN SUDAFRICA (giugno 1999) PRETORIA - La stabilità della democrazia sudafricana può essere messa a rischio dalla povertà e dalla disoccupazione: lo ha detto a all'agenzia Fides mons. Denis Eugene Hurley, arcivescovo emerito di Durban, commentando i risultati delle elezioni parlamentari del 2 giugno. Come è noto, le elezioni sono state vinte dall'African National Congress (ANC) che si è aggiudicato 266 seggi sui 400 dell'assemblea, contro i 28 del New National Party (NNP), erede delle forze che avevano mantenuto per decenni la politica di apartheid, mentre il Democratic Party ed il partito Inkatha hanno ottenuto rispettivamente 38 e 34 seggi. Il suo successore di Mandela, Thabo Mbeki, ha due settimane di tempo per preparare la nuova formazione di Governo. Oltre alla disoccupazione e la grande miseria, esso dovrà affrontare un'altra emergenza nazionale: la violenza e la delinquenza. Mons. Denis Eugene Hurley, per anni impegnato in prima fila nell'opera di riconciliazione durante l'apartheid, ritiene che "la transizione politica proceda bene (...). L'esecutivo creato dall'African National Congress sarà un buon governo, e dovrebbe essere in grado di fare un buon lavoro". "Ma - ammonisce - i problemi di questo paese rimangono tanti e sono gravissimi". La disoccupazione è infatti "oltre il 35%, e ampi strati della popolazione vivono in una povertà assoluta". Secondo Mons. Hurley, il pericolo che più seriamente minaccia la giovane democrazia sudafricana viene proprio da questa immensa povertà. "Quello che deve far paura - ha detto - è una possibile reazione dei milioni di poveri contro l'impossibilità di cambiare la loro 7 situazione". Oltre alla disoccupazione ed alla fame, essi devono affrontare il problema dell'AIDS che in Sudafrica è devastante. "Centinaia e centinaia di malati muoiono in casa, perché non ci sono strutture in grado di curarne una tale quantità. E il problema riguarda soprattutto i quartieri poveri delle grandi città. Le cure costano, e spesso i malati appartengono proprio a famiglie poverissime". Interrogato, infine, sul ruolo del presidente uscente Nelson Mandela, Mons. Hurley ha espresso l'opinione "che egli continuerà ad essere un punto di riferimento, di ispirazione per il popolo, soprattutto perché la sua è una personalità conciliante, e le sfide del paese richiederanno questa qualità". (Fides 11 giu.) * scomparso nel febbraio 2004 LETTERA PASTORALE DEI VESCOVI SUI RIFUGIATI IN CUI RICORDANO L’ESPERIENZA DELL’APARTHEID VISSUTA DAL SUDAFRICA PER ESORTARE ALL’ACCOGLIENZA (giugno 2001) PRETORIA - In vista della Giornata internazionale dei rifugiati, il prossimo 20 giugno, la Conferenza episcopale sudafricana ha pubblicato una lettera pastorale per invitare i fedeli a riflettere sull'atteggiamento dei connazionali verso i rifugiati nel Paese e ad impegnarsi per migliorare il trattamento ad essi riservato. Il testo della lettera, intitolata "La nostra responsabilità verso i rifugiati" sarà diffuso nelle parrocchie sudafricane il prossimo 17 giugno. Nel documento i vescovi ricordano come dal 1990 un numero crescente di profughi, soprattutto dall'Africa, ma anche da altre parti del mondo, abbiano cercato asilo in Sudafrica per fuggire ai conflitti nei propri paesi. Un flusso, che rilevano è destinato a continuare finché non finiranno le guerre in queste nazioni. Il documento passa quindi in rassegna i motivi per i quali la Chiesa si sente in dovere di dare il proprio sostegno ai rifugiati. Motivi innanzitutto di ordine legale, dal momento che, ricordano i presuli, nel 1996 il Sudafrica ha sottoscritto diversi accordi internazionali in cui si è impegnata ad offrire asilo alle vittime di guerre, persecuzioni e violazioni dei diritti umani. Ma anche motivi umanitari: "Siamo rattristati - scrivono - dal trattamento che molti rifugiati hanno ricevuto in Sudafrica", un trattamento inumano che, tra l'altro, contravviene al grande comandamento cristiano di "amare il prossimo come sé stessi", come indica esemplarmente la parabola del Buon Samaritano. I vescovi ricordano poi come, durante il regime dell'apartheid tanti leaders, esponenti politici e uomini di 8 cultura sudafricani siano stati ospitati in quegli stessi paesi da cui oggi vengono molti di questi rifugiati "Quello stesso sostegno sottolineano - oggi lo dovremmo dare noi a loro". Il documento rileva quindi come la paura diffusa che i rifugiati possano portare via il lavoro ai sudafricani sia di fatto infondata. Di qui l'appello dei vescovi ai fedeli a promuovere una cultura dell'accoglienza in Sudafrica, ad aiutare concretamente queste persone e a contrastare qualsiasi forma di discriminazione e xenofobia contro i rifugiati. (Lettera pastorale della Sacbc 1 giu. - ZENGARINI) I VESCOVI SUI RISARCIMENTI PER LE VITTIME DELL’APARTHEID (marzo 2003) CAPE TOWN - I vescovi del Sudafrica hanno accolto positivamente l’annuncio del Presidente Thabo Mbeki di un risarcimento una tantum alle vittime dell’apartheid. L’annuncio segue la consegna a marzo del rapporto finale della Commissione per la Verità e la Riconciliazione istituita nel 1996. Il Governo sudafricano, in sostanza, si è impegnato a dare 3.900 dollari a ciascuna delle 19mila vittime accertate del regime segregazionista introdotto nel 1948 e abolito nel 1994. Una cifra che non soddisfa molte delle vittime, ma che i vescovi ritengono comunque accettabile. “Anche se la somma è inferiore a quella da noi indicata, siamo contenti del fatto che il Governo abbia assunto un impegno chiaro a risarcire rapidamente le vittime”, ha dichiarato all’agenzia Cns Neville Gabriel, responsabile della Commissione episcopale della giustizia e della pace. Il governo sudafricano ha peraltro respinto la proposta della Commissione di una tassa sui beni di quelle aziende o individui che hanno beneficiato del regime segregazionista. Una decisione giudicata comprensibile dai vescovi. Una simile tassa, ha infatti spiegato Gabriel, potrebbe riaccendere nuove tensioni razziali e quindi compromettere il processo riconciliazione nazionale. Questo, ha precisato, non esclude che vadano cercate soluzioni alternative attraverso il dialogo. Secondo suor Shelagh Mary Waspe, coordinatrice della Commissione della giustizia e della pace della diocesi di Johannesburg, una potrebbe essere quella di coinvolgere le aziende sudafricane in progetti di sviluppo che favoriscano l’occupazione. (Cns: 23 apr. - ZENGARINI) RAPPORTO DELLA COMMISSIONE GIUSTIZIA E PACE SUL RAZZISMO IN SUDAFRICA 9 (gennaio 2005) PRETORIA - A più di dieci anni dall’abolizione dell’apartheid, la piaga del razzismo non è ancora scomparsa in Sudafrica, anche in seno alla Chiesa. Lo denuncia un rapporto della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale sudafricana (Sacbc) presentato alla plenaria dei vescovi in corso in questi giorni a Pretoria. Secondo il documento, frutto di due anni di ricerche, nel Sudafrica del postapartheid la discriminazione razziale è un fenomeno duro a morire e che rischia di istituzionalizzarsi “non solo nelle strutture sociali ed economiche nazionali e locali, ma anche nella pratica religiosa”. In molte parrocchie, infatti, i sacerdoti neri hanno ancora difficoltà ad essere accettati dai fedeli bianchi, una diffidenza che aumenta quando si sale nella gerarchia. Nonostante l’attivo impegno delle Chiese locali in questo decennio per promuovere il dialogo, la riconciliazione e una riflessione critica su quello che è stato il regime di segregazione razziale, la società multiculturale è una realtà ancora difficile da accettare per quei fedeli sudafricani tra cui, anche inconsciamente, continua a prevalere l’idea di una pretesa superiorità della cultura bianca. Un razzismo che si manifesta anche nei confronti dell’immigrazione: pur non essendo esclusi dalle attività parrocchiali, molti immigrati da altri Paesi africani lamentano di non sentirsi bene accetti dalle parrocchie in cui vivono. Per aiutare a superare queste incomprensioni e tensioni, la commissione episcopale ha deciso di avviare in tutte le parrocchie del Paese una serie di incontri di sensibilizzazione e approfondimento sulla problematica. (Cns 27 gen.- ZENGARINI) La democrazia sudafricana a dieci anni dalla fine dell’apartheid. Il bilancio dei vescovi In occasione delle elezioni politiche del 2004 i vescovi sudafricani hanno pubblicato un documento pastorale di riflessione in cui, oltre a parlare del voto, fanno un bilancio sullo stato di salute della giovane democrazia sudafricana a dieci anni dalla fine dell’apartheid. Un bilancio nel complesso positivo, ma con diversi nodi critici. Eccone il testo integrale con evidenziate in grassetto le parti più significative. 10 God's Agents of Hope: Sustaining Democracy in South Africa A Pastoral Reflection Document for Elections 2004 Issued on 6 April 2004 Introduction As we prepare to participate in the third general election since the democratic transition of 1994, it is important to take a little time to reflect on the significance of this opportunity, and in a spirit of thankfulness, to make the most of it. Many of us will remember clearly the great sense of community and co-operation that characterized the 1994 election. Perhaps, after 10 years, some of us have become disillusioned or cynical and no longer feel enthusiastic or excited about the coming election. For others, this will be the first time you have the chance to cast a vote; those who were very young in 1994 may not be able to recall the special atmosphere of joy and achievement of that time. Some people will never have known, and others may have forgotten, what it was like to live without democracy, without the right to vote for leaders of your choice, without respect for the God-given dignity of every individual, man or woman, black or white, rich or poor. And so, let us reflect. Firstly, on why democracy is important, and on why the Church encourages us to take part in elections, using our vote thoughtfully and wisely. Secondly, let us reflect on the successes and achievements of the last decade, and on the good things democracy has brought us. But also on the failures, the weaknesses and the bad things. Thirdly, let us give some thought to how best to use our vote; how we should go about choosing which party to support and how to make sense of the claims and promises of the competing parties. In all of this let us remember hope. Democracy is about the future. In the short-term, it is about who will run the country for the next few years; in the long-term it is about all of us taking ongoing responsibility for ourselves, for each other and for that part of the Earth over which we have been given stewardship. Casting a vote is a sign of commitment to the future, and when we do this we must, as Christians, do so in a positive spirit, remembering that we are called to be agents of the hope that God sends into the world. The Importance of Voting It is only human to become disillusioned or bored, or to begin thinking 11 that, as an individual, you cannot really make a difference. If you think this way you may very well decide that it is not worth the effort of going out to vote on April 14th. But it is, and there are some very good reasons why we should all make sure that we vote. Firstly, democracy depends on everyone having their say. As the Bishops said in 1993, while we waited for our first democratic elections: “Democracy only works when citizens keep themselves informed about political parties and their policies and when they actively reject or support these policies in elections. Justice depends on good government. The social order often breaks down under bad government and people suffer. It is therefore clearly a Christian duty to take an active part in the political process to ensure that the best people are elected to government.” (A Call to Build a New South Africa paragraph 13) The more that people don‟t make their choices by voting, the less sure we can be that the party that eventually wins is in fact the one that enjoys the most support. And that, in turn, will affect the legitimacy of whatever government is elected, and will undermine the very democracy that we struggled for so long. Secondly, as Christians we should see the election in the light of Jesus‟ instruction to us to „love your neighbour as yourself‟. Even those who may not be interested in politics should use their vote to advance the interests of those who are still marginalized and whose voices are still not clearly heard. There are many of these: the elderly, the illiterate, and unborn children, for example. Politics, when it is properly ordered, is the human family taking mature responsibility for its well-being here on earth, so no member of the family should regard him- or herself as exempt from this duty. After all, as St Paul reminds us, we are all members of one body (2 Corinthians, chapter 12). Thirdly, no human system is perfect; abuses will creep in if we are not sufficiently vigilant and start taking good governance for granted. If, therefore, we wish to continue to enjoy the rights and privileges associated with democratic government - and for which so many people made great sacrifices and fought so hard – then we must be prepared to carry out the duties and responsibilities of living and participating in a democratic state. Quite simply, rights = 12 responsibilities, and if we shirk the responsibilities, we will soon find the rights disappearing as well. Finally, let us remember how the 1994 elections captured the world‟s attention. Many people saw the wonderful spirit of that time as a moment of special grace, a sign of God‟s intervention bringing about a result that few humans had thought possible. The transition also gave a spur to the hopes of democrats all over the world. Every time that we conduct a peaceful, free and fair election, with a high turn-out of voters, we once again „showcase‟ democracy. “On the positive side, a functioning democracy, with regular elections, has been established. We set an example to many „first-world‟ democracies which have low rates of participation and high rates of apathy, and we inspire our sisters and brothers in countries near to us and far away who are still deprived of democratic freedom. Reviewing the Past Decade When we look back over the last ten years and compare the current „state of the nation‟ with where we were as a country before 1994, it is clear that we have made significant progress in many areas. We can mention a few obvious examples: in 1992 there were 3 600 people killed (and 6 000 injured) in political violence; we had no Bill of Rights, nor the mechanisms for enforcing them; distrust and tension between the races was sky-high; overall uncertainty and insecurity about the future was rife. Clearly, from such starting-points we have come very far indeed. But there is a danger in this relative approach of comparing „then‟ to „now‟: we can end up with an over-optimistic assessment, prompted by the fact that a very bad state of affairs has improved considerably. To balance this we can employ an absolute approach, which asks where we are as a nation in comparison with where we should be ideally. This approach will tend to show that, while we may have moved quite far from where we were, we still have a long way to go. For example, we may have built a million and a quarter houses, but there are still millions living in informal settlements; the social security system has been cleansed of its previous, racially discriminatory aspects, but it is still inadequate to meet the needs of the poor; we have established our rights on paper, and made some of them real, but many people still have their rights violated. 13 Of course, the danger of the absolute approach is that one ends up with an unduly pessimistic assessment, where we lose sight of the real achievements as we focus on how much further we still have to go. The answer is to employ both approaches, the one balancing out the other. In this way we should be able to form a fairly realistic view of our progress, avoiding extremes of both optimism and pessimism. In this tenth year of democracy many of us will have been reflecting on the good things that have been achieved and the many successes we have experienced; and, naturally enough, the governing party has been emphasizing these. But we will also have been aware of the bad things, the failures and the disappointments; and, again naturally, opposition parties have been drawing attention to these. Let us briefly consider some of the good and the bad. On the positive side, a functioning democracy, with regular elections, has been established. A wide range of parties exist and are able to campaign quite effectively. Our parliamentary system generally works well, and is open to inputs from civil society. We have adopted a Constitution which, to a large extent, safeguards democratic ideals and the rule of law. The Bill of Rights has been hailed as one of world‟s best, and it is enforced with vigour by the courts. When it comes to the everyday material needs of people, much has been achieved in the areas of housing, education, provision of water and electricity, and primary health-care. Social grants have been extended to include many people not reached before. We have begun to tackle the racial inequality of the past, and good progress has been made in the way in which we relate to each other as South Africans. Compared to many other countries which experienced radical transformations, ours has been relatively peaceful. Many fundamental human rights – freedom of movement, religion, conscience, speech, to name a few - have been secured, and people are becoming increasingly aware of these rights, and exercising them. And, of course, as the coming elections indicate, we have true political freedom - the right to choose those who will govern the country and make the laws according to which we will live. Unfortunately, we must also draw attention to various negative points. The global trend of devaluation of human life has had its effect here. A very permissive abortion law has been introduced, and there is talk in government circles of legislation to allow euthanasia, at least 14 to some degree. Stem-cell research, leading to the destruction of human embryos, is permitted, as is therapeutic cloning, in which human beings may be created so that their cells may be harvested to treat diseases in others. There has been a woefully inadequate response to the HIV/AIDS crisis, and many thousands of our people have died for lack of access to cheap and readily available medicine. Dubious scientific arguments and bureaucratic obfuscation have made the crisis so much worse than it might have been, and even at this late hour the government is doing far too little to deal with the problem. On the socio-economic front, despite serious attempts to bring about a better life for the poor, millions still live in deep poverty. And, while many would commend the government for its disciplined handling of the economy, the fact remains that unemployment has risen, not fallen, in the last decade. At least partly as a result of this, crime levels are depressingly high, even though official figures suggest a slight decline of late. In the face of dire socio-economic needs, the expenditure of tens of billions of Rands on arms and weapons of war is scandalous. And, to make matters worse, the arms deal has been attended by corruption and rumours of corruption, many of which have not yet been properly investigated. Finally, there are disturbing signs of a growing centralisation of political authority, and of a diminution of the role and powers of Parliament. Members of Parliament are supposed to exercise an oversight role over government departments; they should not be exposed to undue pressure from party bosses to pass legislation, or to include or discard specific provisions. Too often in the last few years, however, we have seen parliamentary committees bowing to instructions from above, or simply being ignored by senior civil servants and ministers when they are asked to appear before a committee. These, then, are some of the successes and failures that stand out as we reflect on the first ten years of our democracy. Each of us will surely be able to think of others, and there will of course be disagreement about some of them. But however we feel about these various points, we should use our assessment to help us choose which party to support. We need to be careful, though, about where we place the credit or the blame for the good and the bad. Governments all over the world like to claim credit for all the good things that have happened during their term of office; their 15 opponents, likewise, try to blame the government for all the bad things. The truth, however, is that both good and bad things may have happened due to factors beyond the government‟s control. For example, there may be a drought, leading to higher food prices and tough times in the agricultural sector; then good rains fall, food prices come down and conditions in the rural areas improve. Neither the drought nor the good rains had anything to do with the government, and it would be unfair to blame it - or credit it - for the effects of either. So the question is not whether or not something good or bad happened during the government‟s term of office, but whether or not the government was responsible for it happening. We must also bear in mind that opposition parties may not have had the opportunity to put their policies into practice; voters should not too easily assume that what these parties propose would - or would not - work. It is also quite possible that a particular policy has been influenced by opposition parties, even though they are not in power. If it is successful, they deserve a share of the credit; or a share of the blame if it has failed. Lastly, many people seem to think that it is somehow disloyal to be critical of the government or, indeed, of the political party or leader one has traditionally supported. This is not so; the ability to be constructively critical, and to express that criticism, is by no means disloyal. On the contrary, it is healthy for democracy – and therefore for the common good - for voters to be able to think independently and objectively about how they will vote, rather than simply to follow whatever their „traditional‟ choice may be, or to be too easily persuaded by others. Each of us must make our own choice, based on a careful consideration of what the different parties have to offer. We should never vote for a particular party just because we voted for it before, or because a friend or family member expects us to vote for it. Deciding How to Vote No one has the right to tell you who to vote for - it is your decision and, since the vote is secret, no one can ever know which party you supported. The Church, too, does not try to influence its members to support or to reject any particular party. The fact that a party (or parties) may advocate policies that go against Church teaching does not mean that Catholics are not allowed to vote for such a party. In the same way, the Church will not declare that certain parties are 16 worthy of support because it approves of their policies. The Church respects that fact that people - and parties - can honestly hold different views about how to do good in society. Freedom of thought and conscience are at the very heart of human dignity, and for this reason the Church would never try to decide for its members how they should vote. The competence of the Church in this regard is not to tell people who to vote for, but to help people to evaluate parties‟ policies and to give them the tools to make the choices they find appropriate. With this in mind the Church asks all of us to inform our consciences by measuring the policies and track-records of the various parties against the values of the Gospel and the Church‟s social teaching. At the end of this reflection we suggest certain ideas and questions which will help in this process. In making the decision about which party to vote for the question of single issue voting often arises. It is of course the right of any voter to make their choice based upon the various parties‟ policies on one issue, especially if it is an issue about which you feel very strongly. But this is seldom, if ever, a wise way of voting. Firstly, no matter how strongly we may feel about a single issue (abortion; the environment; crime; income tax) it cannot be said that any issue is of such importance as to render all the others insignificant. Therefore, to vote on the basis of only one issue is to ignore numerous other important ones. Focusing on one isolated issue may also be self-defeating. For example, you may be attracted to a party because it promises to be tough on crime, and for you crime is the most important issue. But what if that party says nothing about poverty and unemployment? If it comes to power on the single issue of crime without a proper understanding of the other issues, it is unlikely to succeed in its aims. Secondly, party X may have an acceptable policy on your single issue, but an unacceptable policy on other important issues. You may like what it proposes in the area of poverty-relief, but realise that its tax policies would be disastrous for the economy. Clearly, to vote for it means turning a blind eye to the latter, which effectively involves doing good with one hand while doing harm with the other. Clearly, then, there are all sorts of connections and inter-relations between the key issues of policy and implementation. Therefore, the only sensible course is to examine the totality of a party‟s policies, giving to each policy area the weight which the individual voter attaches to it (you think economic policy is crucial; your neighbour 17 finds crime the most pressing issue; your work colleague believes that the right to life is of the greatest importance) and, with conscience duly formed, to choose the party whose range of policies comes closest to your ideal. In order to make an informed choice it is vital that we familiarise ourselves with party manifestos; this is where the parties set out their policies and the programmes they would introduce if they were elected. At the same time, though, we must be aware that election manifestos are often long on promises and intentions, but short on the details of how these promises are to be made good. What the parties say they will do is easily stated; voters must ask how, when and at what cost it will be done. Once you have found out what the various parties are saying, and decided which one in your view has the best policies, there is still another important question to ask yourself: am I voting selfishly or am I aware of the needs of others? In their Pastoral Statement on Economic Justice, published in 1999, our Bishops said the following in regard to the economic choices we make: “Throughout history people have been bound together in community with one another. …From this it is clear that we have duties and responsibilities towards each other, and that we should order our lives in such a way that we advance not only our own interests, but the interests of the whole community. In the field of economics, therefore, we should avoid those choices which, while they may appear to be to our individual advantage, are not favourable to the good of the community as a whole, to the common good.” (Economic Justice in South Africa, p12) No one has the right to tell you who to vote for - it is your decision and, since the vote is secret, no one can ever know which party you supported. Exactly the same is true of the political choices we make, including the choice of which party we vote for. For example, a party promising tax cuts may be very attractive to wage-earners, but before they rush to vote for it they should consider the possible effect of such a policy on the unemployed and those who depend on welfare grants. We must ask ourselves if the party we intend supporting is one which truly has the interests of the nation as a whole at heart, or whether, perhaps, it is busy promoting the interests of only one section or class 18 of people. If the latter is the case then it is most unlikely that a vote for that party will serve the common good. The Church also asks us to remember particularly the vulnerable members of society. Here we think of the poor, the economically marginalized, and those whose age, background or lack of education may make it difficult for them to make their voices heard. And in this category, of course, there are also the unborn who are so often not even regarded as having rights, let alone as deserving of a voice. We must also be aware of the needs of people and nations beyond our borders. Our country plays an important role in the Southern African region and throughout Africa; indeed, it is becoming a leading voice for the developing world in international forums. The government that we put in place will very largely determine what influence we have on our neighbouring countries and in the global community. When we vote, then, let us be sure that we use our voice at the ballot box in a way which advances not just our own needs, but which looks to the needs of the local community, the Earth, and the whole family of nations. Finally, a special word to those who may be disillusioned with the choices on offer, or who feel that their vote doesn‟t count, or who are simply not interested in voting. No matter how cynical or mistrustful of politicians you may be, and even if you don‟t like any of the parties, withholding your vote will not send any message or achieve anything positive. If none of the parties match your standards use your vote to support the party which comes closest. Those who believe that the individual‟s vote is insignificantly small should remember that the proportional representation system ensures that every single vote is reflected in the eventual allocation of seats. Votes are not „wasted‟ as sometimes happens in a constituency system, where only the winning party gets a seat. Finally, to those who are not interested in politics, or who don‟t think it is important enough to make an effort: think what South Africa would be like if we didn‟t have democracy. Think of countries - close to home and far away - where the people‟s voice is not heard and where the powerful do more or less what they like. Surely you would not want that to happen to our country. Taking the trouble to vote will help to ensure that it never does. 19 Conclusion Let us all seize this opportunity to deepen our democracy in a spirit of participation and solidarity. Let us never lose sight of the hope we had to build a new, just, and caring society in which everyone is at home. Prayer for Elections 2004 Father in Heaven, Your Son has called us to work for your kingdom. We praise you for the women and men who have answered his call throughout the ages. Send your spirit to us in our present need during this election, that with others of goodwill we may render true Christian service to our land and people and work that peace may flourish in truth and justice, love and freedom, in our country South Africa, in Swaziland, Zimbabwe, Sudan, and throughout Africa and the world. Through Jesus Christ our Lord. AMEN Some Principles of Catholic Social Teaching The Common Good Throughout history people have been bound together in community with each other. We depend on each other for our well-being and development. It is impossible for any of us to live fully human lives as isolated individuals. We therefore have duties and responsibilities towards each other. We should order our lives in such a way that we advance not only our own interests, but also recognise and promote the community‟s interests – in other words, the common good. We should therefore avoid those choices which, while they may appear to be to our individual advantage, are not favourable to the good of the community as a whole – to all the children, women, and men with whom we share life. „The Common Good‟ means thinking for each other. Subsidiarity The principle of “subsidiarity” in Christian social teaching promotes 20 participation. It protects the rights and dignity of individuals and groups in the face of more powerful individuals and institutions, especially the state. Those things that can be decided or done by those who are directly affected should not be overridden by higher authorities. Participation affirms our right and our capacity to decide for ourselves how to organise our relationships and how to enter into agreements with others. „Subsidiarity‟ means having the opportunity to participate fully. Solidarity Solidarity is a firm and persevering determination to commit myself to the common good; that is to say, to the good of all and of each individual because we are all really responsible for all. „Solidarity‟ means sharing each other‟s joys and problems and „hanging together‟ as a whole society. The Common Destiny of Goods The church has always upheld the right to private property, seeing it as an essential aspect of human freedom. However, it is by no means an absolute right – it is subject to the overriding consideration that all created things are intended for the good of the whole human community. Thus, the way owners of property use their goods – be it land, money, technology, natural resources, or manufactured things – must take into account the fact that they belong, in the first instance, to the community as a whole. We, as individuals, have a right of use over them for the common good. We abuse this right when we use goods in a selfish manner, depriving others of their right to the benefits that flow from them. This can occur through wasteful or extravagant use of property, or through attempts by a few to gain greater and greater wealth at the expense of the majority. Such behaviour harms the common good of the community. It is a denial of God‟s purpose in providing us with the created world and its resources. That is why the church, for example, believes that privately-owned AIDS medicines should be made freely available to the many poor people who are suffering from AIDS but cannot afford treatment. „The Common Destiny of Goods‟ means that things should be used for the good of all. 21 The Integrity of Creation While it is true that we have been given the created world in all its richness and diversity, creation is not ours to do with as we choose. We show our respect to the Creator by the way in which we relate to all that God has created. “God saw that they were good” (Gn1). We are all called to a stewardship that we have to exercise with due reverence and responsibility. Activities that result in ecological destruction or that over-use natural resources are not only an abuse of what God has given to us, but a denial of that gift to others – especially to future generations. „The Integrity of Creation‟ means respect and care for our living environment. A Process to Decide How to Vote Reflection is a Christian virtue. Find some quiet time over the coming weeks to reflect on your responsibility as a citizen and a Christian to participate in the election. You could do this all at once or over few shorter periods of time. Choose a quiet place like a room in your house, a garden or park, your church, or any other quiet place. However, you must first read or listen to what the different political parties are saying about why you should vote for them. Get this information from listening to radio advertisements, attending public meetings of the parties, or reading the election manifestos of the parties. Step One: Begin with a prayer by inviting the Holy Spirit to guide you in your reflection. A suggested prayer is provided above. Step Two: Reflect on the past decade in South Africa: What has been good and what has been bad? Remember the difficult apartheid times if you are old enough, and remind yourself of the vision you have for a better future for our society. Step Three: Reflect on our current situation: What are the main social problems in South Africa today, and in South Africa‟s relations with other countries in Africa and the world? Step Four: Reflect on the different political parties who want you to vote for them: What do they say about the key problems you identified? 22 (Remember to reflect on the whole manifesto of the party, not on just one aspect of it) Step Five: Reflect on this situation from the perspective of your faith: In what direction does the Gospel of Christ and the social teaching of the church guide you personally? (Reflect on a few Gospel texts. In addition, a brief summary of some principles of Catholic Social Teaching is given above. Remember to consider whether you want to vote selfishly or out of concern for others too, especially those who are most vulnerable in our society). Step Six: Decide which party you want to vote for in this election. © Copyright 2004 Southern African Catholic Bishops’ Conference Justice and Peace Department LA SOLIDARIETA’ CON GLI ALTRI PAESI AFRICANI Non minore è stata l’attenzione della Chiesa sudafricana verso le vicissitudini di altri Paesi africani, in particolare, negli ultimi anni, verso il vicino Zimbabwe di Robert Mugabe. LA CHIESA SUDAFRICANA DENUNCIA LE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI IN NIGERIA (aprile 1995) PRETORIA - Dopo avere per anni denunciato l'ingiustizia dell'"apartheid", il regime di segregazione razziale ormai abolito in Sudafrica, la Commissione episcopale sudafricana della giustizia e della pace, insieme a diversi esponenti di altre confessioni religiose di quel Paese, si sta mobilitando contro le violazioni dei diritti umani in Nigeria. i membri dell'organizzazione hanno partecipato nei giorni scorsi ad una marcia di protesta davanti all'Ambasciata nigeriana contro l'esecuzione, il 10 novembre scorso, dello scrittore nigeriano Ken Saro-Wiwa e di altri otto attivisti dell'opposizione, accusati ingiustamente di omicidio. La Commissione della giustizia e della pace dell'arcidiocesi di Città del Capo ha inviato alla compagnia petrolifera 23 "Shell" una petizione in cui le si chiede di "prendere le distanze dal regime militare del generale Abacha" con il quale ha stipulato diversi contratti. Il Sudafrica e le Chiese sudafricane hanno "un ruolo morale" da svolgere nella campagna internazionale contro il governo dittatoriale nigeriano, ha sottolineato in un'intervista uno dei responsabili della Commissione, il quale, peraltro, ha osservato che questa campagna rischia di essere inutile, se non ha il sostegno attivo del popolo nigeriano. (Cns: 30 novembre - ZENGARINI) VISITA DI UNA DELEGAZIONE DI VESCOVI SUDAFRICANI IN SUDAN (marzo 2000) PRETORIA. – Una delegazione della Conferenza episcopale dell’ Africa Meridionale (Sacbc) ha visitato il Sudan dal 20 al 31 marzo. Lo ha reso noto oggi la stessa Conferenza, che raccoglie gli episcopati del Botswana, del Sudafrica e dello Swaziland. La visita è stata fatta su invito del vescovi del paese. La delegazione della Sacbc era composta dal Presidente mons. Willfred Napier, arcivescovo di Durban, dal Vicepresidente mons. Michael Coleman, vescovo di Port Elizabeth, da mons. Patrick Mvemve del Comitato esecutivo e da Ashley GreenThompsono, coordinatore di Giustizia e Pace Sudafrica. La delegazione ha visitato Nairobi, Khartoum e le diocesi di Torit, di Rumbek, di Yei e di Yambio. Il comunicato della Conferenza episcopale dell’Africa Meridionale ricorda i 17 anni di oppressione e di guerra del governo islamico di Karthoum contro le popolazioni cristiane ed animiste del Sudan Meridionale. Sinora sono state 2 milioni le persone uccise, mentre altri milioni di sudsudanesi hanno dovuto abbandonare la loro terra. La delegazione episcopale si dice allarmata per le condizioni disastrate in cui sono costretti a vivere questi senza più patria, soprattutto nei campi per rifugiati attorno alla capitale Khartoum e in quelli di Jebel Aulia, di Jabarona e di Dar el Salaam. In questi campi manca l’acqua, non vi è assistenza sanitaria né scuole. Le uniche sono gestite da cattolici, ma vengono distrutte. L’arcidiocesi di Khartoum è stata, negli ultimi due anni, nella impossibilità di avere dall’amministrazione locale l’autorizzazione a costruire nuovi locali per scuole, per ambulatori, per insegnare un lavoro. Al contrario si moltiplicano le costruzioni di moschee con aiuti governativi. Il regime chiama tutto ciò “libertà di religione sotto la legge islamica”. Il comunicato della Conferenza episcopale dell’Africa 24 Meridionale rimarca anche i bombardamenti aerei subiti a ripetizione da chiese, scuole ed ospedali cattolici. La morte, ripresa in video, di 40 scolari di una scuola sui Monti Nuba colpita dalle bombe ha scosso l’opinione pubblica. “Il popolo del Sudan agogna la pace – rileva il comunicato. Per un paese ricco di ogni risorsa, è inaccettabile che la comunità internazionale non dedichi una più grande attenzione per dare la pace al Sudan. I vescovi dell’Africa Meridionale sollecitano a collaborare tutte le parti dell’Igad, l’Autorità intergovernativa per lo Sviluppo, coinvolte nel processo di pace, compresi il governo sudanese e l’Esercito/Movimento di liberazione Popolare del Sudan (Splm/A), perché si impegnino seriamente a trovare quanto prima una soluzione al conflitto”. “La Sacbc – conclude il comunicato – invita la comunità internazionale, specialmente il governo del Sudafrica, a premere sul governo di Khartoum perché cessi di bombardare le popolazioni del Sud e perché si impegni in seri colloqui di pace. L’instaurazione di un’area interdetta al volo è una immediata misura per efficaci colloqui. La Chiesa dell’Africa Meridionale continua a pregare per il popolo del Sudan e continuerà il proprio sostegno alla Chiesa in Sudan nei suoi sforzi per raggiungere una pace giusta”. (Comunicato 10 apr. - ZENGARINI) I VESCOVI CRITICANO GLI ACCORDI DI COOPERAZIONE FRA COMPAGNIE PETROLIFERE SUDAFRICANE E IL GOVERNO SUDANESE (Luglio 2001) PRETORIA - La Chiesa Cattolica sudafricana critica con forza gli accordi di cooperazione fra le compagnie petrolifere sudafricane e il governo di Khartoum. In un comunicato ufficiale pubblicato il 20 luglio si dice che "Data la nostra esperienza sotto l'apartheid, vorremmo essere gli ultimi a sostenere un governo che è in guerra con la sua stessa popolazione". Soekor, una compagnia parastatale per esplorazioni petrolifere è ad uno stadio avanzato per negoziare un'espansione delle sue attività in Sudan. Nel comunicato il Presidente della Conferenza dei vescovi dell’Africa Meridionale (Sacbc), card. Wilfrid Napier, arcivescovo di Durban, afferma: "Attraverso questi negoziati per nuove concessioni, il governo sudanese offre come 'disponibili', aree che non sono state ancora 'liberate' dalla popolazione del luogo. Siamo preoccupati che il Sudafrica contribuisca all'escalation del conflitto in Sudan. Questo è contrario alle intenzioni dichiarate dal nostro governo di voler promuovere giustizia, 25 democrazia e pace in quel paese". "La nostra preoccupazione è confermata dalla dichiarazioni fatte dal vice-primo ministro Susan Shabangu da Khartoum all'inizio di luglio. In esse si afferma che il governo sudafricano si impegna a sviluppare relazioni con Khartoum nel campo dell'estrazione petrolifera e mineraria. Il petrolio è fondamentale per la guerra in Sudan. Durante la nostra visita in Sudan abbiamo visto noi stessi i risultati della migrazione forzata e dello sradicamento di decine di migliaia di sudanesi del sud per proteggere i campi petroliferi e gli oleodotti da attacchi violenti. Migliaia sono stati uccisi o sono morti di fame o malattia". "Siamo convinti che il petrolio è la causa maggiore della guerra e un mezzo usato da Khartoum per aumentare le sue capacità militari" continua il card. Napier. "Gli accordi della Soekor con Khartoum sosterranno solo uno degli interlocutori del conflitto sudanese, andando ad aumentare le sofferenze della popolazione del sud. Tutto ciò viene ad inficiare il ruolo di mediatore che il governo sudafricano ha rivestito sinora. In più, organizzazioni internazionali hanno domandato da tempo alle compagnie petrolifere di sospendere le attività in Sudan per sostenere il processo di pace." "La Sacbc è perciò profondamente preoccupata: le compagnie sudafricane che comprano petrolio dal Sudan stanno lavorando contro lo stabilirsi di un effettivo processo di pace". Il card. Napier ha chiesto a Phumzile Mlambo-Ngcuka, Ministro per gli Affari Minerari e dell'Energia, di intervenire per fermare questo aperto sostegno a una delle parti del conflitto sudanese, che è anche accusato di serie violazioni ai diritti umani. La prossima settimana una delegazione sudanese guidata da Osman Ismail, Ministro degli Esteri, si recherà in Sudafrica. La Sacbc ha ottenuto di incontrare la delegazione per chiarimenti. (Fides: 20 lug) LA SACBC DENUNCIA L’ILLEGALITA’ E LA VIOLENZA DEL REGIME DI ROBERT MUGABE IN ZIMBABWE (aprile 2000) PRETORIA. - La Conferenza episcopale dell’Africa meridionale (Sacbc), che raccoglie gli episcopati del Botswana, del Sudafrica e dello Swaziland, ha denunciato, in un comunicato, l’illegalità e la deplorevole violenza cui è sottoposto lo Zimbabwe e richiama ad un ritorno alla pace per il bene di tutti. Il riferimento è alla ondata di attacchi e di invasioni delle grandi proprietà terriere dei bianchi nello Zimbabwe ad opera dei veterani della lotta per l’indipendenza e dei 26 sostenitori del presidente Robert Mugabe. Il partito-Stato Zanu-Pf (Unione Nazionale Africana Zimbabwe-Fronte Patriottico) sta cavalcando la tigre dello scontro razziale. I bianchi zimbabwiani sono circa 75 mila, contro 12 milioni di neri. A maggio vi sono le elezioni e Mugabe tenta di bloccare l’ascesa delle opposizioni. Diversi proprietari terrieri bianchi, i cosiddetti farmer, stanno abbandonando le loro proprietà. La prospettiva di un esodo dei farmer, che sono i principali clienti del sistema bancario dello Zimbabwe, preoccupa Pretoria. Il rand sudafricano, infatti, ha subito un forte deprezzamento a causa dei timori di una bancarotta ad Harare. I vescovi dell’Africa meridionale, nel loro comunicato, rilevano come “persone di ogni ceto sociale sono state ferite, ed anche uccise, per l’invasione delle fattorie”. “Il presidente Mugabe – continua il comunicato – sembra aver adottato un atteggiamento d’indifferenza verso la stabilità futura e verso la prosperità del paese e delle persone, che lo hanno eletto per servire”. I vescovi aggiungono che è riprovevole come i responsabili politici dello Zimbabwe non solo non siano riusciti a ristabilire l’ordine, ma in realta paiono incoraggiare l’illegalità. La questione delle terre – è il commento finale - doveva essere risolta nei venti anni successivi all’indipendenza. (Comunicato, Afp, Adnkronos 10 apr. - DIONISI) APPELLO DEI VESCOVI PER UN INTERVENTO DEL GOVERNO SUDAFRICANO NELLA CRISI IN ZIMBABWE (febbraio 2003) CITTA’ DEL CAPO - I vescovi del Sudafrica sollecitano il governo di Pretoria ad un “urgente e diretto” intervento nell’attuale crisi politica ed economica nel vicino Zimbabwe. Il Paese, denuncia il portavoce della Conferenza episcopale Mons. Buti Tihagale, è “sull’orlo di una guerra civile” ed è minacciato da una grave crisi alimentare ed energetica e da una escalation del “terrorismo organizzato di Stato”. Questo mentre le autorità sudafricane continuano a respingere i ripetuti appelli ad intervenire per evitare un ulteriore catastrofe. A preoccupare i presuli sono, in particolare, i cosiddetti “Green bombers”, gruppi paramilitari addestrati dalle forze governative per essere usati come potenziali strumenti di terrore. Queste milizie si sono già macchiate nei mesi scorsi di rapimenti e torture contro gli oppositori del regime di Robert Mugabe. Un altro motivo di grave preoccupazione per i vescovi sudafricani è l’esclusione arbitraria dagli aiuti alimentari destinati alle popolazioni colpite dalla carestia di chi 27 non dimostra la sua totale fedeltà al partito Kanu-Pf al potere. Di qui il pressante appello dei vescovi al governo sudafricano ad “usare urgentemente la propria influenza per facilitare una giusta soluzione negoziata pacificamente della crisi nello Zimbabwe” per il popolo di quel Paese, ma anche nell’interesse di tutta la regione. “Non possiamo aspettare – ammoniscono in conclusione i vescovi - di essere invitati ad intervenire mentre milioni di nostri vicini soffrono”. (Comunicato Sacbc 7 feb. - ZENGARINI) IL CARDINALE NAPIER SULLE SANZIONI CONTRO LO ZIMBABWE (luglio 2004) JOHANNESBURG - Il cardinale Wilfrid Fox Napier, Presidente della Conferenza dei vescovi cattolici dell’Africa meridionale (Sacbc), ha chiesto al governo di Pretoria di applicare sanzioni contro lo Zimbabwe per protestare contro la politica repressiva del presidente Robert Mugabe che sta portando quel Paese al collasso. L’arcivescovo di Durban si unisce così alle severe critiche mosse dalla Chiese cristiane della regione contro il partito “Zanu-Pf” al potere in Zimbabwe e alla stessa diplomazia sudafricana che si è sinora astenuta da qualsiasi intervento contro il regime di Mugabe. Una politica che secondo il Presidente del Consiglio delle Chiese dell’Africa del Sud (Sacc) Russel Botman è “clamorosamente fallita”. Intervistato dall’agenzia di stampa sudafricana “Sapa”, il cardinale Napier ha ricordato, da parte sua, come le sanzioni imposte dalla comunità internazionale contro il regime segregazionista sudafricano abbia contribuito ad accelerare la fine dell’apartheid. Il suo appello segue il duro intervento di Mons. Pius Ncube, arcivescovo di Bulawayo, che dopo avere denunciato a fine giugno lo stato di prostrazione in cui versa oggi lo Zimbabwe, ha accusato la settimana scorsa l’Organizzazione per l’unità africana (Oua) e il Sudafrica di complicità con le violazioni dei diritti umani perpetrati dal regime di Mugabe per i loro silenzi. Una passività che anche il cardinale Napier giudica incomprensibile, precisando che comunque le sanzioni contro lo Zimbabwe dovranno esser applicate “in modo intelligente” e secondo la volontà del popolo di quel Paese. (Apic 18 lug - ZENGARINI) 28 DICHIARAZIONE DEI VESCOVI SULL’USO DEI PROFILATTICI CONTRO LA DIFFUSIONE DELL’AIDS (aprile 1999) JOHANNESBURG - L'aumento della distribuzione di profilattici non potrà mai prevenire la diffusione dell'AIDS, la Sindrome da immunodeficienza acquisita, ma servirà solo ad incoraggiare la gente a comportamenti sessuali sbagliati. Così i vescovi del Sudafrica hanno commentato in una dichiarazione la recente decisione del governo sudafricano di distribuire gratuitamente migliaia di preservativi per contrastare la diffusione della malattia nel Paese. "Alcune autorità e diversi membri del Governo - scrivono i vescovi nel documento indicano nell'uso del contraccettivo maschile il mezzo per prevenire la diffusione dell'AIDS. Tuttavia il preservativo non è assolutamente affidabile. Se una persona, malgrado il suo uso, continua a condurre una vita sessuale sregolata, essa rimane molto esposta al rischio di contaminazione dal virus dell'HIV". Secondo l'episcopato sudafricano, invece di incitare i sudafricani ad utilizzare preservativi, si dovrebbe piuttosto esortarli a cambiare il loro atteggiamento verso certi comportamenti sessuali. I presuli insistono in particolare sulla responsabilità di ogni persona sieropositiva di evitare il contagio: essa deve dimostrare la propria considerazione verso gli altri "con l'astinenza sessuale e seguendo cure appropriate". I giovani e gli adulti, concludono quindi i presuli, devono considerare i loro partners "come persone veramente degne (...) non come dei semplici oggetti di piacere sessuale. Solo una reciproca fedeltà sessuale può eliminare la causa prima della diffusione dall'AIDS". (Dia 14 apr. - ZENGARINI) I VESCOVI ISTITUISCONO UNO SPECIALE UFFICIO PER L’AIDS (1999) PRETORIA - I vescovi del Sudafrica hanno deciso di costituire uno speciale ufficio cattolico per l'AIDS per coordinare l'attività dei vari enti cattolici sudafricani impegnati nella lotta contro la diffusione del virus che anche in questo Paese ha assunto dimensioni allarmanti. L'istituzione del nuovo ufficio, che avrà sede a Pretoria, è stata decisa nel corso della loro ultima assemblea plenaria, lo scorso mese di agosto. Esso opererà sotto la supervisione dell'Istituto Cattolico dell'Educazione (CIE), del Catholic Health Care (CATHCA) e dell'Agenzia per lo Sviluppo e il Benessere (DWA) e di tre vescovi. L'ufficio non avrà come compito quello di promuovere o gestire 29 specifici programmi contro l'AIDS, né di formare o fornire personale specializzato in questo campo, quanto piuttosto di coordinare le attività dei suddetti enti. Esso lavorerà in collaborazione anche con altri organismi in qualche modo interessati al problema come la Commissione della Giustizia e della Pace o quella della pastorale giovanile. (Comunicato della SACBC 1 ott. - ZENGARINI) APPELLO CONGIUNTO DEI VESCOVI CATTOLICI E ANGLICANI PER UN’AZIONE PIU’ ENERGICA CONTRO AIDS (settembre 2001) CITTA' DEL CAPO - E' ora che Governo sudafricano reagisca più energicamente per fermare la diffusione dell'AIDS nel Paese. E' il pressante appello lanciato dai vescovi cattolici e anglicani del Sudafrica che in una dichiarazione congiunta diffusa nei giorni scorsi a Città del Capo accusano le autorità di ignorare gravità del pericolo della diffusione del virus nel Paese. Secondo le statistiche ufficiali, nei primi otto mesi di quest'anno più di 250 mila persone sono morte di AIDS che, come ha affermato il portavoce della Conferenza episcopale sudafricana, è diventata ormai la principale causa di morte in Sudafrica. Per questo i vescovi anglicani e cattolici hanno deciso di lanciare una campagna comune di prevenzione e sensibilizzazione coordinando meglio i loro sforzi nella difficile lotta contro la diffusione del virus, che secondo le previsioni degli esperti nel 2010 avrà provocato 6 milioni di morti in Sudafrica. (Apic 24 set. - ZENGARINI) SUDAFRICA: GIUDIZIO POSITIVO DEI VESCOVI SULLA PUBBLICAZIONE DI UN RAPPORTO GOVERNATIVO SULLA DIFFUSIONE DELL’AIDS (Ottobre 2001) CITTA' DEL CAPO. - I vescovi del Sudafrica hanno accolto con soddisfazione la decisione del Governo del Presidente Thabo Mbeki, di rendere finalmente noti i dati di un rapporto governativo sulla diffusione dell'Aids nel Paese. Il rapporto, preparato dalla Commissione governativa per la ricerca medica, in sostanza conferma che il problema dell'Aids in Sudafrica ha assunto ormai dimensioni devastanti, diventando la principale causa di morte nel Paese e che senza un decisivo intervento da parte del Governo e un cambiamento delle abitudini sessuali della popolazione, nel 2010 avrà provocato la morte di 30 almeno 7 milioni di persone. Una situazione drammatica da tempo denunciata dalle Chiese sudafricane e da altre organizzazioni impegnate nella lotta alla diffusione del virus, che hanno più volte criticato il Governo di Thabo Mbeki per la sua passività e reticenza sull'argomento. La stessa reticenza che lo ha portato in questi mesi a non volere diffondere i dati del rapporto, già pronto da diverso tempo. Come ha rilevato, in un'intervista all'agenzia Cns, suor Alison Munro, responsabile dello speciale Ufficio di coordinamento per l'Aids istituito due anni fa dalla Conferenza episcopale sudafricana, "Il pubblico ha diritto ad avere questo tipo di informazione". "E' folle - ha aggiunto la religiosa nasconderlo e negare quanto sta succedendo". (Cns 23 ott. ZENGARINI) COMUNICATO FINALE DELL’INCONTRO DEL SECAM SULL’AIDS A CITTA’ DEL CAPO (1 dicembre 2001) CITTA' DEL CAPO - "La Chiesa africana deve assumere un ruolo guida nella lotta contro l'Aids a tutti i livelli" così da diventare "veramente la voce dei senza voce e la speranza dell'Africa". Questa, in estrema sintesi, la conclusione, quale si legge nel comunicato finale, di un incontro dei Segretari generali delle Conferenze episcopali africane dedicato alle risposte della Chiesa di fronte al dramma dell'Aids nel continente. L'incontro, promosso sotto gli auspici del Secam, il Simposio delle Conferenze episcopali dell'Africa e del Madagascar, si è svolto dal 26 novembre al 1 dicembre a Città del Capo in Sudafrica. Al centro dei lavori vi è stata la discussione delle risposte pastorali e teologiche della Chiesa a quello che per l'Africa è ormai diventato un vero flagello che sta distruggendo l'intero tessuto sociale ed economico delle società africane. L'Aids infatti, si legge nel comunicato finale, non sta solo "rubando la vita a milioni di persone", ma è diventato un ulteriore insormontabile ostacolo allo sviluppo di questo continente, contribuendo ad allargare ulteriormente "il divario tra ricchi e poveri nel mondo". Di fronte a questa tragedia la Chiesa, quale continuatrice "della missione di Cristo sulla Terra", è chiamata innanzitutto a proclamare ancora una volta i valori del Vangelo: quello della sacralità e dignità della vita umana, che ci ricorda come ogni malato di Aids abbia diritto alla vita, al sostegno e alla cura, quello della compassione, la stessa che Gesù ebbe verso tutti gli emarginati e quello della solidarietà. Una solidarietà, annota il documento, che si esprime anche attraverso l'insegnamento "degli autentici valori" della vita, della castità e della fedeltà coniugale 31 quale unico efficace rimedio contro la diffusione del virus. Come famiglia di Dio, la Chiesa non può poi non affrontare la situazione della donna e dei bambini nelle società africane, le principali vittime del virus. In particolare, sottolinea il comunicato, è necessario incoraggiare gli uomini africani a mettere da parte una cultura che "degrada la donna" e a riconoscere il ruolo centrale da essa svolto nella società. Quanto ai bambini, il documento nota con preoccupazione l'aumento drammatico degli orfani dell'Aids in tutto il continente. A questi e ad altri bambini sfortunati le comunità e le famiglie cristiane africane sono chiamati "ad aprire i cuori e le porte". Il documento conclude quindi con l'impegno ad intensificare gli sforzi nella lotta contro la diffusione della malattia, lavorando in collaborazione con gli organismi internazionali e con le case farmaceutiche, attraverso la promozione di programmi di prevenzione e iniziative di solidarietà. (Comunicato 5 dic. - ZENGARINI) COSA HA FATTO LA CHIESA SUDAFRICANA PER L’AIDS? (febbraio 2002) PRETORIA. - Cosa ha fatto la Chiesa sudafricana a favore dei malati di Aids e contro la diffusione del virus Paese? Molto, moltissimo, se solo si considera che lo speciale Ufficio per l'Aids, istituito dalla Conferenza episcopale poco più di due anni fa, è il più grande erogatore, dopo lo Stato, di servizi e programmi di assistenza e prevenzione dell'Aids in tutto il Paese. In un comunicato diffuso ieri, i vescovi sudafricani rispondono così alla domanda provocatoria scritta su alcuni manifesti esposti in queste settimane lungo le strade di Città del Capo e a Johannesburg. Tra il giugno 2000 e il novembre 2001, informa il comunicato, l'Ufficio per l'Aids, ha stanziato un totale di quasi 14 milioni e mezzo di Rand per finanziare 116 progetti per l'Aids. Progetti, alcuni all'avanguardia, che riguardano i diversi aspetti del problema: dall'assistenza agli orfani, alla prevenzione, alle cure dei malati. Grazie alla sua fitta rete di parrocchie, istituti religiosi e altre organizzazioni, la Chiesa raggiunge le aree più remote e degradate del Paese, molto meglio di quanto non riescano fare gli enti governativi, come ammette lo stesso Ministero della Sanità. Se la Chiesa "disapprova il tentativo di combattere la diffusione dell'Aids attraverso la distribuzione indiscriminata di profilattici - ricorda il portavoce della Conferenza episcopale, Mons. Reginald Cawcutt - essa sostiene con convinzione e promuove l'educazione ai valori e la prevenzione" quali unici rimedi veramente efficaci contro la malattia. Un impegno che vede coinvolti in prima fila i vescovi nelle rispettive diocesi, 32 validamente coadiuvati dai religiosi e dalle religiose impegnati in questo campo. La Chiesa cattolica in Sudafrica, conclude quindi il comunicato, fa molto di più contro l'Aids di quanto non facciano altre istituzioni, ma "lo fa silenziosamente, senza fanfare".(Comunicato Sacbc: 25 feb – ZENGARINI) I VESCOVI GIUDICANO POSITIVAMENTE LO STANZIAMENTO DI MAGGIORI FONDI PER L’ASSISTENZA AI MALATI DI AIDS, MA CRITICANO L’AUMENTO DELLE SPESE MILITARI (Marzo 2002) PRETORIA - I vescovi sudafricani giudicano la nuova legge finanziaria presentata dal Governo di Pretoria sbilanciata, perché riserva una parte eccessiva alle spese militari a fronte di spese sociali inadeguate. Attraverso la Commissione della giustizia e della pace, la Conferenza episcopale ha espresso la sua preoccupazione per la riduzione delle spese pubbliche per la previdenza e i servizi sociali. Se da un lato i vescovi giudicano positivamente l'aumento degli stanziamenti per l'assistenza ai malati di Aids e per migliorare l'efficienza del sistema giudiziario e delle forze di polizia, essi si dicono delusi dagli scarsi investimenti per l'occupazione, nonché dall'inadeguato aumento delle pensioni e dalla mancata abolizione dell'Iva sui prodotti alimentari di prima necessità. Quanto alle spese militari, osservano i vescovi, il loro aumento è inconcepibile in un paese come il Sudafrica che conta 20 milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà e tre milioni di famiglie senza casa. In conclusione, secondo i vescovi sudafricani la nuova legge finanziaria non è in grado di rispondere ai bisogni delle masse di poveri nel paese e di stimolare uno sviluppo sociale sostenibile. (Dia: 11 mar. - ZENGARINI) NUOVO APPELLO DEI VESCOVI PER UN’AZIONE PIU’ ENERGICA DEL GOVERNO NELLA LOTTA CONTRO L’AIDS (Aprile 2002) PRETORIA - I vescovi sudafricani tornano a chiedere al governo di Pretoria un'azione più energica e sollecita nella lotta contro la diffusione dell'Aids in Sudafrica. In un comunicato diffuso giovedì, essi esprimono la loro preoccupazione per il ritardo nell'attuazione nel paese dei programmi di prevenzione della trasmissione del virus Hiv da madre a figlio (Mtct, in sigla). "L'attuale situazione di stallo annotano i presuli - serve solo a negare una possibilità di 33 sopravvivenza ai non nati, causa rabbia e frustrazione tra i malati di Aids, fa perdere tempo prezioso e le poche risorse disponibili e, quel che è peggio, conferma l'impressione che il Governo sudafricano sia indifferente alla sorte del popolo che lo ha eletto". I programmi Mtct, prevedono oltre all'accesso alle terapie retrovirali di breve termine che permettono di dimezzare il rischio di trasmissione madre-figlio, consulenze a titolo volontario, esami di laboratorio, assistenza a domicilio e semplici trattamenti contro le infezioni opportunistiche. Essi presuppongono quindi un'adeguata formazione delle risorse umane e un sistema sanitario pubblico efficiente. Secondo i vescovi, l'inadeguatezza delle strutture sanitarie in Sudafrica e l'impreparazione del suo personale sanitario non sono una ragione sufficiente per impedire o ritardare l'attuazione di questi programmi di prevenzione contro l'Aids, che devono invece diventare "un'occasione per ricostruire il nostro disastrato sistema sanitario nazionale, per riformare un personale sotto-qualificato e demotivato, rafforzare ed estendere la campagna di sensibilizzazione e di educazione sull'Aids e promuovere programmi contro la povertà". Da parte sua, concludono i vescovi, la Chiesa conferma il suo impegno "a collaborare con tutti coloro che lavorano per la difesa e la promozione della vita". (Comunicato: 11 apr. - ZENGARINI) IN UNA NUOVA NOTA ANCORA UN APPELLO AL GOVERNO SULL’AIDS (gennaio 2003) CITTA’ DEL CAPO - I vescovi del Sudafrica tornano ancora una volta a premere sulle autorità sudafricane per un’azione più energica nella lotta contro l’Aids nel Paese. In una nota diffusa la settimana scorsa, lo speciale Ufficio dei vescovi per l’Aids, unendosi alle crescenti pressioni dell’opinione pubblica, chiede al governo di riconoscere la possibilità di utilizzare farmaci antiretrovirali generici a minor costo in deroga alle leggi internazionali sui brevetti che lo vietano. “Le case farmaceutiche non possono continuare a tenere in ostaggio il governo e gli individui sui costi delle medicine contro l’Aids”, afferma la nota, esprimendo il sostegno dei vescovi alle istanze dell’Associazione nazionale delle vittime dell’Hiv/Aids che premono per un maggiore accesso ai trattamenti antiretrovirali. Come è noto, la questione è al centro di una forte controversia all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), tra i Paesi poveri che chiedono una maggiore flessibilità della legge internazionale sui brevetti a tutela 34 della salute pubblica e le grandi multinazionali del farmaco che vi si oppongono in nome dei diritti della proprietà intellettuale. Citando i dati del Rapporto 2002 del Programma dell’Onu contro l’Aids, l’Ufficio per l’Aids dei vescovi sudafricani rileva come i prezzi dei farmaci antiretrovirali si è nettamente abbassato in Paesi dove sono disponibili farmaci generici e si applicano prezzi differenziati per medicinali contro la malattia secondo le singole necessità e disponibilità economiche. Di qui l’appello ai governi e alle compagnie farmaceutiche operanti nell’Africa australe “ad accelerare l’attuazione di chiare ed efficaci strategie per la cura dell’Aids e a produrre farmaci generici distribuiti gratuitamente o sovvenzionati dallo Stato”. (Cns: 10 gen. - ZENGARINI) CONFERENZA SULL’IMPEGNO DELLA CHIESA SUDAFRICANA CONTRO L’AIDS (febbraio 2003) JOHANNESBURG – Lo speciale Ufficio per l’Aids della Conferenza episcopale sudafricana organizza da domani fino al 7 febbraio a Johannesburg una conferenza sul tema: “Aids e responsabilità”. L’incontro, organizzato in collaborazione con la Società Teologica cattolica del Sudafrica, sarà ospitato dal St. Augustine College di Johannesburg. 80 delegati ascolteranno le relazioni di eminenti teologi sul rapporto tra responsabilità, per un verso, e assistenza, cultura africana, media e prevenzione, per l’altro. Nel programma figurano anche due conferenze pubbliche domani e giovedì su: “La Responsabilità nella tradizione cattolica” e “Una cura responsabile in un mondo afflitto dall‟Aids”. I partecipanti si confronteranno quindi sulle strategie per migliorare la qualità dell’intervento in questo ambito della Chiesa sudafricana che, dopo lo Stato, è oggi la principale erogatrice di servizi e programmi di assistenza e prevenzione contro l’Aids del Paese. L’incontro si propone, in particolare, di sviluppare e portare avanti l’impegno della Chiesa sudafricana nella lotta contro l’epidemia, in sintonia con gli auspici espressi dal Santo Padre nel 1995 all’Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa e del Consiglio Mondiale delle Chiese che nel 1997 aveva esortato le Chiese cristiane a “riflettere insieme sui fondamenti teologici delle loro risposte alle sfide poste dall’Hiv/Aids”. Le conclusioni della Conferenza saranno pubblicate in un libro intitolato: “Responsabilità nel tempo dell‟Aids” che uscirà tra qualche mese. (Comunicato Sacbc: 3 feb. - ZENGARINI) 35 GIUDIZIO DEI VESCOVI SUL DISCORSO DEL PRESIDENTE MBEKI SULLO STATO DELLA NAZIONE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL’EMERGENZA AIDS (febbraio 2003) PRETORIA - Apprezzamenti, ma anche critiche vengono mosse dai vescovi del Sudafrica al discorso sullo stato della Nazione del Presidente Thabo Mbeki. In particolare, i presuli giudicano positivamente la ferma presa di posizione del Capo dello Stato sudafricano a favore di una soluzione pacifica della crisi irachena che possa evitare la tragedia della guerra con il suo carico di morte e sofferenza e per il rispetto da parte dell’Iraq delle condizioni poste dall’Onu sulla completa eliminazione delle armi di distruzione di massa. Essi si dicono invece delusi dal modo in cui il Presidente Mbeki sta affrontando due questioni di vitale importanza per il Sudafrica: l’Aids e la crisi nel vicino Zimbabwe. Come è noto, da tempo la Chiesa in Sudafrica critica l’inadeguatezza della politica del Governo di Pretoria nella lotta contro l’epidemia nel Paese, il più colpito del continente africano. Il rapido deterioramento della crisi politica nello Zimbabwe, come dimostrano le continue violazioni dei diritti umani, rischia di avere pesanti ripercussioni sul Sudafrica che, rilevano i presuli, sarebbe impreparato ad accogliere un ingente afflusso di profughi. Su ambedue questi fronti, il Presidente Mbeki viene quindi esortato a formulare una politica più chiara e aperta al contributo della società civile per trovare soluzioni efficaci. Quanto infine alla lotta contro la povertà, altro tema affrontato da Mbeki nel suo discorso, i presuli affermano di apprezzare la decisione di estendere gli assegni familiari ai bambini fino al 14 anno di età, ma giudicano ancora complessivamente inadeguati i programmi sociali del governo. (Comunicato Sacbc: 17 feb - ZENGARINI) I VESCOVI SUGLI AIUTI ALL’AFRICA PROMESSI DAL PRESIDENTE BUSH, A COMINCIARE DALLA LOTTA CONTRO L’AIDS (luglio 2003) CAPE TOWN - I vescovi sudafricani giudicano, nell’insieme, positivamente il recente tour africano del Presidente Bush, ma sperano soprattutto che alle parole seguano i fatti, che cioè essa sia veramente il primo passo verso un maggiore impegno degli Stati Uniti a favore del Continente. A cominciare dalla lotta contro l’Aids, la prima emergenza dell’Africa sub-sahariana, per la quale, come è noto, il Presidente 36 americano si è impegnato ad investire 15 miliardi di dollari in 5 anni. “La nostra speranza è che durante la sua visita Bush abbia visto quanto sia grave la pandemia qui e quanto sia urgente un’azione concreta”, ha dichiarato in un’intervista all’agenzia Cns il cardinale Wilfrid Napier, arcivescovo di Durban e Presidente della Conferenza sudafricana (Sacbc). “La visita di Bush dimostra il suo impegno per l’Africa e che il continente è ancora nell’agenda mondiale, ma siamo preoccupati che alle promesse non faccia seguito l’azione”, ha detto, da parte sua, Neville Gabriel, direttore della Commissione episcopale della giustizia e della pace. “Quello che vogliamo è una sostanziale e costante cooperazione sulle questioni commerciali, la cancellazione del debito e l’aiuto allo sviluppo”, ha precisato. Concretamente questo significa, ad esempio, concordare la riduzione dei sussidi agli agricoltori negli Stati Uniti, “senza la quale la povertà in Africa continuerà a crescere”. Dello stesso tenore le osservazioni dei Catholic Relief Services (Crs), la Caritas statunitense, che in un una nota diffusa l’11 luglio, al termine della visita, ha plaudito gli sforzi del Presidente per aiutare l’Africa ad affrontare le sue emergenze, rilevando tuttavia che i fondi promessi non coprono ancora molti bisogni del continente. (Cns: 14 lug. - ZENGARINI) NOTA A CONCLUSIONE DELLA PLENARIA DEDICATA ANCHE ALL’AIDS (febbraio 2004) PRETORIA - I vescovi del Sudafrica tornano ancora una volta a premere sul governo perché faciliti l’accesso ai farmaci antiretrovirali per l’Aids e garantisca una migliore assistenza alle persone colpite dalla malattia. In una nota diffusa al termine della loro plenaria conclusasi il 4 febbraio a Pretoria, i presuli chiedono alle autorità sudafricane di eliminare “tutti gli ostacoli burocratici che ostacolano la realizzazione delle iniziative promosse dalla società civile nel settore sanitario”. “A causa dell’inefficienza e dell’indifferenza della burocrazia”, infatti, molti malati e orfani di genitori vittime dell’Aids non possono accedere all’assistenza. La Chiesa sudafricana è oggi la principale erogatrice di servizi e programmi di assistenza e prevenzione contro l’Aids del paese, dove l’incidenza dell’epidemia è tra le più alte al mondo. “Una solida collaborazione tra lo Stato e la Chiesa in questo settore – rilevano i vescovi - è l’unico modo per fare in modo che i finanziamenti statali arrivino a chi ha più bisogno”. Durante l’assemblea, i presuli hanno anche espresso la loro preoccupazione per il dilagare della corruzione 37 che, a dieci anni dalla fine dell’apartheid, minaccia oggi la giovane democrazia sudafricana. Una piaga contro la quale, ricordano, la Chiesa è impegnata in prima fila, insieme a altre organizzazioni della società civile. Di qui l’appello a tutte le persone oneste a “non cedere alla tentazione della corruzione” e a denunciarla ovunque essa si manifesti. Un altro importante punto all’esame dell’assemblea è stata l’approvazione del nuovo Protocollo per gli abusi sessuali sui minori nella Chiesa, che fissa le procedure da seguire in questi casi. A questo proposito i vescovi chiedono l’attiva collaborazione dei media per aiutarli a sradicare questo male. (Cns 5 feb. - ZENGARINI) DOCUMENTO SULLA GIUSTIZIA ECONOMICA (1ª edizione pubblicata nel maggio 1999) JOHANNESBURG. – Ha avuto eco in Sudafrica il documento della Conferenza episcopale (Sacbc) dedicato alla giustizia in campo economico. A settembre dell’anno scorso si è resa necessaria la stampa di una seconda edizione. Il rapporto è suddiviso in otto sezioni, ciascuna riguardante un tema specifico. Si parla della necessità di affrontare con urgenza il tema dell'equità sociale per evitare il diffondersi della criminalità, della povertà e del sottosviluppo. Dopo il superamento della segregazione razziale, i vescovi invocano nuove trasformazioni in campo economico, altrimenti la popolazione non avrà alcuna speranza di poter sviluppare il suo tenore di vita. Milioni di sudafricani – annota il documento sopravvivono, come Lazzaro, con le briciole provenienti dalle tavole dei ricchi. Purtroppo i temi connessi con l'economia sono poco familiari e questa forma di ignoranza fa sentire i cittadini incapaci di offrire un contributo concreto per la crescita del paese. In sostanza si sentono tagliati fuori dal sistema. "Ama il prossimo tuo come te stesso": da questo che uno degli insegnamenti fondamentali di Cristo è possibile salvaguardare il bene comune, e comprendere l'economia tenendo ben presenti la solidarietà, l'amore per i bisognosi, il comune destino dei buoni. Nessuna economia nazionale - continua la riflessione episcopale - può esistere nell'isolamento e quindi lo sguardo al di là dei propri confini diventa utile anche per compiere ulteriori passi verso la distribuzione equa dei beni. E’ necessaria una giustizia economica, infine, non perché mero bisogno dei poveri e delle generazioni future, ma perché è Dio stesso che lo chiede. (Comunicato 26 gen. 2000 - DIONISI) 38 DICHIARAZIONE DEI VESCOVI SULLA POVERTA’ AL TERMINE DELL’ULTIMA PLENARIA (2 febbraio 2005) PRETORIA - La povertà uccide ogni settimana quanto lo tsunami ha fatto lo scorso dicembre nel sud-est asiatico. È quanto affermano i Vescovi sudafricani in una dichiarazione rilasciata al termine della loro sessione plenaria conclusa ieri, 2 febbraio. Secondo i Vescovi la lotta alla povertà rimane la sfida principale non solo per i paesi più poveri, ma per l'umanità intera. Per questo si chiede uno sforzo deciso per risolvere la questione del debito dei paesi poveri. Nonostante tante promesse e solenni dichiarazioni di cancellazione del debito, i cittadini degli stati impoveriti continuano ancora ad essere gravati dal pagamento di 100 milioni di dollari al giorno per ripagare il debito internazionale. I Vescovi chiedono quindi una procedura trasparente per la cancellazione del debito, allargando il numero dei paesi ammessi ai programmi di revisione dell'indebitamento.allo stesso tempo, si chiede ai paesi industrializzati e alle istituzioni internazionali di favorire la nascita di un sistema finanziario e commerciale globale più giusto che protegga i posti di lavoro delle comunità più vulnerabili e che garantisca servizi pubblici essenziali a favore delle popolazioni più povere. I Vescovi ricordano pure l'impegno dei paesi sviluppati a portare i fondi per l'aiuto allo sviluppo ad almeno lo 0,7% del loro Prodotto Interno Lordo, senza però condizionare la concessione di aiuti al pagamento del debito. Parallelamente, i Vescovi affermano che anche i leader dei paesi sottosviluppati hanno le loro responsabilità. In particolare devono varare seri programmi di sviluppo, lottare contro la corruzione e promuovere il buon governo nell'amministrazione pubblica. I Vescovi riaffermano infine il loro impegno a portare avanti programmi per affrontare la povertà, condotti in collaborazione con istituzioni nazionali e internazionali. (Agenzia Fides 3 gen) FAVOREVOLI ALLA LIMITAZIONE DELL’ACCESSO ALLE ARMI PERSONALI QUALE PASSO NECESSARIO PER RIDURRE L’ALTO TASSO DI VIOLENZA NELLA SOCIETÀ SUDAFRICANA (febbraio 2004) PRETORIA - La Chiesa sudafricana sostiene tutti i provvedimenti volti a regolamentare e a limitare l’accesso e l’uso delle armi personali nel Paese. Lo ribadisce una nota del “Parliamentary Liaison Office”, lo speciale ufficio di collegamento con il Parlamento della Conferenza 39 episcopale sudafricana (Sacbc), commentando i nuovi regolamenti attuativi della legge sul porto d’armi varata nel 2001. Il pacchetto normativo è attualmente all’esame della speciale Commissione parlamentare per la sicurezza. Tra le novità giudicate molto positive dai vescovi l’introduzione di un certificato obbligatorio di idoneità per il possesso di armi. Una disposizione assolutamente necessaria, rileva la nota, in una società con alti livelli di violenza interpersonale come quella sudafricana, dove la grande disponibilità di armi ha sempre favorito le tensioni e si è dimostrata fatale. I presuli giudicano invece lacunosa la norma che stabilisce che le autorità debbano accertare se il richiedente il porto d’armi sia stato mai denunciato per violenze domestiche. Per i vescovi essa non garantisce le donne vittime di queste violenze, dal momento che solo una piccola parte vengono denunciate. Di qui la richiesta che venga modificata in senso più restrittivo. (Comunicato Sacbc 23 feb. - ZENGARINI) SODDISFAZIONE DEL PORTAVOCE DEI VESCOVI, PADRE EFREM TRESOLDI, PER LA NUOVA LEGGE SUL PORTO D’ARMI (luglio 2004) PRETORIA - “Un passo in avanti decisivo per cambiare la mentalità da Far West diffusa in Sudafrica", così il portavoce della Conferenza episcopale del Sudafrica, padre Efrem Tresoldi, commenta la nuova legge sul porto d'armi entrata in vigore in questi giorni nel Paese. Le nuove disposizioni, fortemente sostenute dai vescovi, elevano l'età minima per il porto d’armi da 16 a 21 anni, concedendolo solo a persone incensurate con l'obbligo di sottoporsi a esami medici e attitudinali e a un corso per imparare a maneggiare in sicurezza le armi. “Si tratta di una vittoria di quelle organizzazioni non governative, appoggiate dalla Chiesa cattolica, che si sono battute con determinazione per l'adozione di norme più restrittive", ha detto padre Tresoldi. Questo contro le pesanti pressioni delle lobby dei produttori e commercianti di armi. La proliferazione di armi da fuoco in Sudafrica ha portato in questi ultimi anni a un netto aumento dei delitti, soprattutto in ambito familiare, creando un vero e proprio clima da Far West. Il Paese ha infatti uno dei più alti tassi di omicidi del mondo. "La nuova legge è dunque un passo importante per limitare di molto la diffusione di armi da fuoco detenute legalmente", anche se, precisa padre Tresoldi rimane ancora aperto il problema dei traffici illeciti di armi. (Fides 2 lug) 40 LA PIAGA DEGLI ABUSI NELLA CHIESA Anche i vescovi sudafricani hanno dovuto fare i conti con la piaga degli abusi sessuali in seno alla Chiesa, sul quale nel 2002 hanno pubblicato il documento "Integrità nel ministero" con allegato un protocollo contenente indicazioni sulla condotta da seguire in queste circostanze. In una lettera al “South Africa‟s Sunday Times” nel giugno del 2003 il Cardinale Wilfrid Napier, Presidente della Conferenza episcopale sudafricana (Sacbc), ha ribadito la ferma volontà dei vescovi di chiedere perdono e riparare “gli enormi danni che questi comportamenti hanno arrecato a degli innocenti, in particolare ai bambini”, ma anche la loro determinazione a combattere il fenomeno a tutto campo, in collaborazione con le autorità giudiziarie, per mettere i responsabili degli abusi nelle condizioni di non nuocere. Di seguito la traduzione integrale della lettera pubblicata da Nigrizia: I recenti rapporti di abusi sessuali da parte di preti cattolici hanno provocato un diffuso dibattito causando parecchio disturbo e confusione per molte persone. Pertanto accogliamo con piacere l‟opportunità, offertaci dal Sunday Times di puntualizzare ai suoi lettori e ai fedeli, il punto di vista e la politica della Chiesa Cattolica riguardo all‟abuso sessuale perpetrato da preti, suore, fratelli e da collaboratori ecclesiali (insegnanti, catechisti ecc). Innanzitutto vogliamo affermare in termini inequivocabili che l‟abuso sessuale commesso da chiunque, ma specialmente da personale ecclesiale, va condannato come un male morale e dev‟essere trattato come un crimine aberrante. Ammettiamo che atti di degenerazione sessuale sono stati commessi da preti, uomini e donne consacrati, e collaboratori ecclesiali. Consapevoli dell‟enorme danno che un tale comportamento causa agli innocenti, in particolare a ragazzi e ragazze affettuosi e fiduciosi, noi, Chiesa Cattolica del Sudafrica, ci scusiamo sinceramente con le vittime, le loro famiglie, le loro parrocchie e le loro comunità. Accettiamo il nostro obbligo morale di fare qualsiasi cosa in nostro potere per continuare a sostenere le vittime e i sopravvissuti con la necessaria terapia psicologica e il necessario supporto spirituale. Intendiamo garantire che le persone responsabili di gravi abusi sessuali, in particolare nel caso di abusi su bambini, non abbiano mai più la possibilità di esercitare un ministero ecclesiale che dia loro accesso a potenziali vittime. Consideriamo nostro dovere suggerire alle vittime di abusi sessuali, o 41 ai loro genitori o tutori di minori, di riferire alle autorità civili il crimine compiuto contro di loro da personale ecclesiale. Studieremo con i commissariati provinciali di polizia i termini più efficaci per facilitare il rapporto, magari nominando esperti coordinatori di polizia i cui nomi ed estremi siano resi disponibili in ogni diocesi e parrocchia per essere contattati. Nel caso di abuso su bambini, la materia sarà riferita alla Commissione per la Tutela dei Minori nella locale Corte di Giustizia. Sappiamo per esperienza che non è sempre facile convincere una vittima di abuso sessuale a riferire l‟accaduto quando questa non vuole farlo. Abbastanza spesso è il genitore che si rifiuta di riferirlo, temendo che questo possa esporre sua figlia o suo figlio ad un‟altra esperienza dolorosa, dopo aver subito il trauma della violenza sessuale. Anche se siamo vicini a questi genitori e comprendiamo la loro riluttanza a fare il proprio dovere con la legge, incoraggiamo caldamente le vittime o i loro tutori o genitori a denunciare l‟abuso alle autorità pubbliche competenti, allo scopo di proteggere altre possibili vittime. Se i genitori o tutori di un minore non riferiscono l‟accaduto, sarà la Chiesa ad assolvere il suo obbligo morale di farlo. Come abbiamo già dichiarato in una pubblica affermazione il 23 Maggio, ribadiamo che la Chiesa non si considera al di sopra della legge, ma ha un sistema interno non differente nella sua funzione e nei suoi scopi da quelli adottati da organizzazioni professionali, compagnie private, nonché dagli organi di Governo. Né la procedura interna della Chiesa è un sistema di giustizia parallelo a quello dello Stato. La sua funzione è esclusivamente disciplinare e amministrativa, ed è governata dal Codice di Legge Canonica. La procedura esistente è stata evidenziata in alcuni documenti ufficiali, particolarmente nel Protocollo per il Personale Ecclesiale riguardo all‟Abuso Sessuale su Bambini (1999) e nel Protocollo per il Personale Ecclesiale riguardo all‟Abuso Sessuale tra Adulti, approvato dai Vescovi nell‟Agosto 2002. Questi documenti sono disponibili nell‟ufficio vescovile di ogni diocesi. Vogliamo qui sottolineare i passi principali della nostra procedura interna. a) la vittima dovrebbe riferire dell‟abuso, direttamente o tramite una persona di fiducia, al prete, religioso o collaboratore ecclesiale appositamente nominato dal Vescovo in ogni diocesi del Sudafrica (i nomi di queste persone saranno disponibili in ogni parrocchia). b) Una volta in possesso di informazioni rilevanti, la persona scelta 42 discuterà il rapporto con il delegato del Vescovo (ci sono quattro delegati nominati dal Vescovo nelle quattro province di Bloemfontein, Capetown, Durban e Pretoria). c) Il delegato del Vescovo convocherà prontamente un incontro del Comitato di Condotta Professionale Provinciale (una squadra composta da preti e religiosi, un terapeuta professionale, un assistente sociale, un avvocato civile e un incaricato dei rapporti con i media). d) Dopo aver informato l‟accusato che nei suoi confronti è stata elevata una denuncia, il comitato provinciale avvierà un processo formale di accertamento. e) Due funzionari saranno nominati per interrogare la vittima, l‟accusato e i testimoni. f) Dopo l‟accertamento, i funzionari forniranno un rapporto scritto con le loro osservazioni al Comitato Provinciale. g) Quest‟ultimo dopo aver esaminato il rapporto fornirà le proprie considerazioni all‟autorità ecclesiale, che dovrà prendere gli appropriati provvedimenti nei confronti di chi ha commesso l‟abuso. Il processo è lungo ed è stato pensato in modo tale da rispettare i diritti delle persone coinvolte. Ha un doppio obiettivo: garantire giustizia alla vittima e riabilitare il colpevole. La procedura disciplinare interna della Chiesa sarà sospesa quando lo Stato comincia ad occuparsi del caso. Una volta che il corso della giustizia criminale è stato completato, la Chiesa deve ancora seguire il proprio protocollo. Quando una persona colpevole di abuso sessuale ha scontato la propria condanna in carcere, è dovere della Chiesa decidere se e a quali condizioni questa persona possa essere reintegrata alle sue funzioni ecclesiali con la dovuta sicurezza. Le stesse procedure disciplinari interne devono essere applicate nei casi in cui vi sia evidenza, sufficiente per obiettivi amministrativi, che una persona è colpevole di abuso sessuale anche se tale persona è stata assolta dal sistema giudiziario del paese. In quanto Chiesa siamo consapevoli che l‟aver messo a punto procedure e politiche sane è soltanto il primo passo teso ad assicurare che i diritti delle persone siano rispettati e che gli abusi sessuali da parte di personale ecclesiale siano trattati con la necessaria severità e prontezza. Le strutture del protocollo ecclesiale sono aperte ad aggiornamenti e revisioni alla luce dell‟esperienza, di nuove conoscenze o di nuove leggi. Consapevole del pericolo che personale ecclesiale colpevole di abusi sessuali possa essere trasferito da una diocesi all‟altra senza che il 43 Vescovo che lo accoglie ne sia a conoscenza, il Comitato di Condotta Professionale, a livello nazionale, è stato investito del compito di raccogliere dati riguardanti li abusi sessuali nella Chiesa. Inoltre i Vescovi Cattolici del Sudafrica stanno preparando una Lettera Pastorale che esaminerà in termini più dettagliati quello che in questa sede abbiamo brevemente delineato. La lettera si occuperà del problema dell‟abuso sessuale commesso da preti, religiosi e collaboratori ecclesiali, ma anche della sua grande diffusione nella società in genere, e chiamerà ogni cattolico a cooperare concretamente per sfidare la mentalità di omertà che ancora circonda i crimini e le trasgressioni sessuali. Questo è un tempo in cui la Chiesa deve trovare il coraggio di parlare e agire. Continueremo a fare tutto quel che possiamo per proteggere gli innocenti dagli abusi. Faremo tutto il possibile per far sì che coloro che hanno subito un abuso sessuale non siano condannati a soffrire in silenzio la colpa e la vergogna inevitabilmente inflitti loro. GIOVANNI PAOLO II E IL SUDAFRICA DISCORSO AI VESCOVI SUDAFRICANI IN VISITA AD LIMINA APOSTOLORUM 19 maggio 1997 Cari Fratelli Vescovi, 1. È con profondo affetto nel Signore che saluto voi membri della Conferenza dei Vescovi Cattolici dell‟Africa Meridionale, che rappresentate la Chiesa nel Botswana, nel Sudafrica e nello Swaziland, e ringrazio Dio per la “gioia” e la “consolazione della vostra carità” (cfr Fm 7). La vostra visita ad Limina è un‟ulteriore occasione per affermare la nostra comunione collegiale e rafforzare i vincoli di amore e di pace che ci offrono sostegno e incoraggiamento al servizio dell‟unica Chiesa di Cristo. Prego affinché in questo tempo di preparazione per il Grande Giubileo dell‟Anno 2000 l‟intera comunità cattolica dell‟Africa del Sud venga profondamente ispirata da “un vero anelito alla santità, un desidero forte di conversione e di rinnovamento personale” (Tertio Millennio adveniente, n. 42). In quanto Successori degli Apostoli avete un ruolo particolare da svolgere in questa preparazione. Dovete essere “modelli del gregge” (1Pt 5,3) e maestri di “vita secondo lo Spirito” (Rm 8,5). 44 Sant‟Agostino ci ricorda la serietà delle nostre responsabilità quando scrive: “Oltre a essere un cristiano... sono anche una guida e per questo renderò conto a Dio del mio ministero” (Sermone 46: sui Pastori, 2). Preghiamo affinché il Signore Gesù Cristo non ci trovi carenti nella nostra missione di insegnanti, sacerdoti e Pastori del suo gregge! 2. Dalla vostra ultima visita ad Limina, il vostro ministero si è dovuto adattare a condizioni politiche e sociali radicalmente nuove. Nel settembre 1995, durante la mia breve visita nella Repubblica Sudafricana, ho potuto sperimentare di persona il nuovo spirito che anima il popolo e i responsabili di tale Paese. Anche se enormi problemi rimangono ancora insoluti, esiste un rinnovato entusiasmo per l‟edificazione di una nazione di libertà e di giustizia per tutti. Certamente le ferite del passato impiegheranno molto a rimarginarsi e ci sarà bisogno di grandi sforzi per dar luogo a un‟autentica riconciliazione in grado di apportare delle trasformazioni. C‟è stato un buon inizio e in questo processo la Chiesa ha un contributo vitale da offrire, in particolare mediante la formazione delle coscienze nelle verità e nei valori morali e religiosi che costituiscono la base necessaria per una società che intende essere degna dell‟uomo e del suo destino trascendente. Durante l‟era dell‟apartheid voi e i vostri collaboratori siete stati spesso chiamati a dimostrare che “la parola di Dio non è incatenata” (2Tm 2,9). Ora dovete continuare, proclamando orgogliosamente la “verità del Vangelo” (Gal 2,5) ai fedeli e a tutti gli uomini e a tutte le donne di buona volontà. Proprio come in passato avete insegnato che qualsiasi forma di razzismo è un affronto intollerabile alla dignità inalienabile degli esseri umani, così ora proclamate che la pace e la giustizia si potranno consolidare solo quando il ciclo letale della violenza e dello spirito di vendetta verrà sostituito dalla grazia del perdono (cfr Messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace 1997, n. 3). L‟Esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Africa” invita i Vescovi del continente a porsi due domande fondamentali: in che modo la Chiesa deve realizzare la sua missione evangelica all‟approssimarsi dell‟anno 2000? In che modo i cristiani africani possono divenire sempre più testimoni fedeli del Signore Gesù? (cfr Ecclesia in Africa, n. 46). Tornando più volte su queste stesse domande, sia individualmente durante la preghiera personale sia collettivamente attraverso la riflessione e lo studio della vostra Conferenza, certamente concluderete in accordo con il Sinodo che la sfida consiste essenzialmente nella formazione appropriata degli 45 agenti di evangelizzazione. “Il popolo di Dio – inteso nel senso teologico della Lumen gentium, questo popolo che comprende i membri del Corpo di Cristo nella sua totalità – ha ricevuto il mandato... di proclamare il messaggio evangelico... La comunità intera ha bisogno di essere preparata, motivata e rafforzata per l‟evangelizzazione, ognuno secondo il proprio ruolo specifico all‟interno della Chiesa” (Ecclesia in Africa, n. 53). Nulla è più importante per il futuro della Chiesa e per il servizio della società della sana formazione di sacerdoti, religiosi e fedeli laici. 3. I laici svolgono un ruolo sempre più attivo, responsabile e insostituibile nelle vostre Chiese particolari. In quanto persone sacerdotali essi continuano l‟opera redentrice di Cristo dedicando la propria vita al culto e all‟amore generoso verso Dio e verso il prossimo (cfr Rm 12,1-2); in quanto persone profetiche, essi accettano il Vangelo con fede e lo annunciano con le parole e con le azioni nelle varie circostanze della vita quotidiana; infine, in quanto persone regali, essi servono i propri fratelli e le proprie sorelle in giustizia e carità. Meglio comprenderanno le implicazioni del loro Battesimo, meglio sapranno individuare i loro doveri familiari e professionali, le loro responsabilità civili e le loro attività socio-politiche, come un‟esortazione a esercitare un‟influenza volta a modificare la mentalità e le strutture della società affinché possano meglio rispecchiare il disegno di Dio per la famiglia umana (cfr Ecclesia in Africa, n. 54). Continuate a ispirare i laici a edificare una società caratterizzata dalla verità, dall‟onestà, dalla solidarietà e dalla riconciliazione. Continuate a incoraggiare i giovani a credere nel proprio futuro e a costruirlo servendo con dedizione il bene comune e impegnandosi nella sfera pubblica, rifiutando l‟egoismo, la corruzione e la ricerca del potere. 4. In una società sempre più urbanizzata e secolarizzata, i laici hanno bisogno di un particolare aiuto pastorale per tutelare i numerosi elementi positivi delle tradizioni familiari africane. Laddove essi sono rimasti intatti, la famiglia africana è quella “comunità di generazioni” nella quale vengono tramandati i valori umani e spirituali essenziali che fanno di essa la cellula primaria, il fondamento della società e la prima scuola di vita cristiana. Tutte le diocesi e tutte le parrocchie hanno bisogno di un programma di apostolato familiare e di preparazione al matrimonio nel quale venga presentata senza ambiguità l‟autentica verità del disegno di Dio circa l‟amore e la vita. In quanto Pastori dovete vegliare affinché l‟insegnamento della Chiesa sull‟amore coniugale venga impartito fedelmente dai sacerdoti, dai 46 teologi e dagli operatori pastorali. Raccomando con forza alla vostra attenzione i documenti recenti della Santa Sede circa quelle questioni vitali nell‟ambito delle quali la legislazione statale e le campagne pubbliche si scontrano sempre più con i principi morali cristiani, anche sottoponendo individui e coppie a pressioni economiche o sociali e quindi minando la loro dignità e la loro libertà. Ciò è particolarmente vero a proposito dell‟aborto. Oltre ad essere un crimine contro nascituri innocenti, questa terribile realtà ha numerosi effetti deleteri sulle persone direttamente coinvolte e sulla società stessa, che non tratta più la vita con assoluto rispetto, ma la subordina, ed essa è un bene umano supremo, a beni di minor conto o a vantaggi pratici. In un periodo di nuovi attentati alla santità e all‟inviolabilità della vita umana, avete giustamente riaffermato le verità morali universali ed eterne e avete intensificato i vostri sforzi affinché le famiglie e i giovani accettino la loro decisiva responsabilità nel sostenere, promuovere e valorizzare il dono di ogni vita umana. Posso solo lodarvi perché reagite con sollecitudine pastorale ai danni causati da leggi intrinsecamente ingiuste e vi incoraggio a continuare ad aiutare i fedeli nella promozione delle istituzioni sociali, della legislazione civile e delle politiche nazionali che sostengono i valori e i diritti della famiglia (cfr Familiaris consortio, n. 44). 5. La presenza della Chiesa nel campo dell‟educazione è parte essenziale dei suoi sforzi volti a formare i laici. Anche durante gli anni bui dell‟apartheid, le scuole cattoliche hanno offerto un immenso contributo alla formazione umana e religiosa di bambini e di giovani di tutte le razze e di tutte le classi sociali. In presenza di politiche che potrebbero essere interpretate come pericolose per l‟identità delle scuole cattoliche, è bene ricordare che il diritto inalienabile della Chiesa a istituire scuole cattoliche corrisponde liberamente al diritto dei genitori di fornire ai propri figli un‟educazione che sia in armonia con le loro convinzioni (cfr Gravissimum educationis, n. 8). È importante che la Chiesa faccia tutto il possibile per offrire e mantenere scuole a ogni livello, ma è anche legittimo sperare che lo Stato, che dovrebbe rappresentare e promuovere i migliori interessi dei suoi cittadini, sostenga tali scuole, permettendo loro di conservare la propria identità e permettendo realmente ai genitori di esercitare il loro diritto a scegliere il tipo di educazione che desiderano per i propri figli. 6. Cari Fratelli, siete i principali responsabili della formazione dei vostri sacerdoti. La formazione e la vita cristiana dei laici dipende in misura straordinaria dal servizio che solo i ministri ordinati del 47 Vangelo possono offrire. Le vostre relazioni quinquennali indicano che in alcuni settori l‟esiguo numero di sacerdoti sta rendendo difficile a ogni comunità locale riunirsi per l‟Eucaristia Domenicale, la cui celebrazione è il centro, la fonte e il culmine della vita ecclesiale (cfr Lumen gentium, n. 11). Laddove non esistono sacerdoti, altre persone, in particolare catechisti, guidano la comunità nella preghiera, nel canto e nella riflessione. Tali riunioni si svolgono sempre “nell‟attesa di un sacerdote”. (Congregazione per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza del sacerdote, n. 27) e sono occasioni per pregare il Signore affinché invii più operai nella sua messe (cfr Mt 9,38). Bisogna essere molto solleciti nel garantire che queste misure temporanee non portino a un travisamento della natura degli Ordini Santi e della centralità dell‟Eucaristia (cfr Pastores dabo vobis, n. 48). 7. La vita sacramentale ed eucaristica delle vostre comunità è garantita dal conferimento del dono dello Spirito Santo attraverso l‟Ordinazione, quindi associando i sacerdoti, sia diocesani sia religiosi, al vostro ministero apostolico. L‟Assemblea Speciale per l‟Africa del Sinodo dei Vescovi ha sottolineato la necessità di selezionare con attenzione i candidati al sacerdozio (cfr Pastores dabo vobis, 94-95). “Risulta già quanto mai significativo della sua responsabilità formativa ne riguardi dei candidati al sacerdozio che il Vescovo li visiti spesso e in qualche modo “stia con loro”” (Pastores dabo vobis, n. 65). Con le parole e con l‟esempio il Vescovo dovrebbe aiutare questi giovani uomini a comprendere che il sacerdozio è configurazione a Cristo, Sposo e Capo della Chiesa, ma anche Vittima e umile Servo. Un seminario e un presbiterato rafforzati dalla preghiera, dal sostegno reciproco e dall‟amicizia promuovono lo spirito di obbedienza volontaria che dispone ogni sacerdote a svolgere i compiti pastorali che gli vengono affidati dal suo Vescovo. Il mistero della Chiesa come comunione viene rafforzato quando l‟autorità episcopale viene esercitata come amoris officium (cfr Gv 13,14) e quando l‟obbedienza sacerdotale è modellata su Cristo il Servo (cfr Fil 2,7-8). Inoltre, né il seminario né il presbiterato dovrebbero portare a uno stile di vita privilegiato. Piuttosto, la semplicità e l‟abnegazione dovrebbero essere i tratti distintivi di coloro che seguono il Signore che è venuto “non per essere servito, ma per servire” (Mc 10,45). Dovremmo ricordare le opportune parole del Direttorio per la vita e il ministero dei sacerdoti (1994), pubblicato dalla Congregazione per il Clero: “Un sacerdote potrebbe a malapena essere un autentico servo e un autentico ministro per i suoi fratelli e per le sue sorelle se si 48 preoccupasse eccessivamente della sua comodità e del suo benessere” (cfr Direttorio per la vita e il ministero dei sacerdoti, 67). Il Sinodo ha insistito parimenti affinché i futuri sacerdoti comprendano il valore del celibato per il ministero ordinato (cfr Ecclesia in Africa, n. 95). I seminaristi necessitano di una maturità umana e di una formazione spirituale che permettano loro di avere “idee chiare e un‟intima convinzione sull‟indissociabilità del celibato e della castità del sacerdote” (cfr Ecclesia in Africa, n. 95). I Pastori saggi saranno particolarmente solleciti nell‟inculcare nei sacerdoti e nei seminaristi l‟idea che la devozione filiale alla Beata Vergine Maria, l‟ascetismo, l‟abnegazione, la generosità verso gli altri e la fraternità sacerdotale sono essenziali se un sacerdote deve dedicarsi a Dio e all‟opera di Dio con gioia e cuore indiviso. L‟esperienza insegna che le possibilità di formazione permanente aiutano i sacerdoti a tutelare la loro identità sacerdotale, a crescere spiritualmente, intellettualmente e pastoralmente e a essere più pronti per edificare le comunità affidate alla loro sollecitudine. 8. Allo stesso tempo, la Chiesa nell‟Africa Meridionale non sarebbe quella che è senza il dono straordinario della vita consacrata. Membri solleciti delle Congregazioni missionarie hanno realizzato la plantatio Ecclesiae nelle vostre terre e a loro si sono aggiunti numerosi nuovi Istituti di vita attiva e contemplativa. Gli uomini e le donne consacrati presenti nelle vostre Diocesi dipendono dalla vostra guida nelle loro attività pastorali e hanno bisogno del vostro sostegno per vivere i consigli evangelici. L‟armonia fra Vescovi e persone consacrate è essenziale per il bene comune della Famiglia di Dio. Gli Istituti religiosi, agendo attraverso i propri Superiori, dovrebbero sempre dimostrare uno “spirito di comunione e di cooperazione” nei loro rapporti con i Vescovi delle Diocesi in cui operano (cfr Ecclesia in Africa, n. 94). I Vescovi, da parte loro, dovrebbero accogliere e apprezzare i carismi della vita consacrata (cfr Vita consecrata, n. 48) e offrire loro la giusta collocazione nei progetti pastorali diocesani. È particolarmente importante che i Vescovi prestino attenzione ai programmi di formazione negli Istituti di diritto diocesano. Con prudenza e discernimento (cfr 1Ts 5,21), dovreste accertarvi che i candidati vengano selezionati con attenzione, e che ricevano quella integrale formazione umana, spirituale, teologica e pastorale che li preparerà alla loro missione nella Chiesa. 9. Nelle vostre Diocesi siete i sommi sacerdoti del culto sacro e “amministratori dei misteri di Dio” (1Cor 4,1). Sono consapevole degli sforzi della vostra Conferenza per mediare l‟inculturazione autentica 49 del culto “affinché il popolo fedele possa meglio comprendere e vivere le celebrazioni liturgiche” (Ecclesia in Africa, n. 64). Il principio consiste nell‟accogliere dalle culture locali “quelle espressioni che possono armonizzarsi con gli aspetti del vero e autentico spirito della liturgia, nel rispetto dell‟unità sostanziale del rito romano” (Vigesimus quintus annus, n. 16). Il compito è tuttavia difficile e delicato. Esso può essere svolto con successo solo come processo in cui ogni adattamento emerge come una profonda assimilazione del patrimonio ecclesiale, completamente fedele al “sacro deposito della parola di Dio” (Dei verbum, n. 10), la cui autorevole interpretazione è affidata all‟intero Collegio Episcopale con il Successore di Pietro quale suo fondamento di unità. Come viene riconosciuto dall‟Esortazione Apostolica post-sinodale “Ecclesia in Africa” questa è una delle maggiori sfide per la Chiesa nel vostro continente alla vigilia del terzo millennio (cfr Ecclesia in Africa, n. 59), ed esorta i Vescovi alla saggezza e alla fedeltà esemplari. 10. Cari Fratelli Vescovi, queste sono alcune riflessioni suscitate dalla vostra visita. La solennità della Pentecoste che abbiamo appena celebrato ci esorta a pregare in unione con Maria per un nuovo afflato dello Spirito Santo sulle chiese affidate alla vostra sollecitudine pastorale. Insieme chiediamo a questo stesso Spirito di illuminare la nostra mente, di colmare il nostro cuore di speranza e di donarci audacia nelle nostre opere al servizio del Vangelo. Fiduciosi che il Signore continuerà ad accrescere il fervore dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici del Botswana, del Sudafrica e dello Swaziland e che la buona opera che Egli ha iniziato in loro verrà portata a compimento (cfr Fil 1,6), imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica. Dall’Omelia di Giovanni Paolo II per la concelebrazione eucaristica al “Gosforth Park” di Germiston 17 settembre 1995 “La Chiesa crede che la pace è un dono di Dio, ma è allo stesso tempo anche un compito affidato a tutti noi. A tutti voi: ai miei fratelli Vescovi, alla comunità cattolica di Johannesburg e di tutte le Diocesi del Sudafrica e dei Paesi vicini, ai nostri fratelli e alle nostre sorelle delle altre denominazioni cristiane, ai seguaci delle altre tradizioni religiose, a tutti gli uomini e a tutte le donne, indipendentemente dalla loro origine, razza o cultura (…)” 50 Dal Discorso di Giovanni Paolo II durante la seconda sessione celebrativa dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi nella Cattedrale di Johannesburg (17 settembre 1995) “Esiste un ulteriore fattore concernente l‟Africa che esige grande attenzione: il commercio internazionale delle armi. Faccio mie le raccomandazioni del Sinodo appellandomi ai Paesi che vendono armi all‟Africa affinché desistano e chiedo ai governi africani di “rinunciare alle eccessive spese militari per dedicare più risorse all‟educazione, alla sanità e al benessere dei loro popoli (Ecclesia in Africa n.118). (…) La domanda che tutti i responsabili della vita politica in Africa devono porsi riguardo alle politiche da essi adottate è la seguente: che conseguenze avranno per il popolo? In particolare che conseguenze avranno per i poveri? Un modello di crescita economica che non sia in grado di soddisfare le reali e immediate necessità del popolo direttamente coinvolto è una violenza contro il rispetto dovuto alla dignità di quest‟ultimo. Una caratteristica del nuovo clima politico e sociale, in gran parte dell‟Africa, è la crescente esigenza dei popoli di un maggiore rispetto per la funzione della legge e di una maggiore partecipazione democratica alla vita dei loro Paesi (…). E‟ un processo che deve essere sostenuto e incoraggiato educando l‟opinione pubblica alle responsabilità della democrazia e sostenendo la necessarie e pacifica trasformazione delle istituzioni” DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI AI VESCOVI DI SUD AFRICA, BOTSWANA, SWAZILAND, NAMIBIA E LESOTHO IN OCCASIONE DELLA VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" Venerdì, 10 giugno 2005 Cari Fratelli Vescovi, 1. "Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!" (Sal 133, 1). In questo spirito di armonia vi porgo il benvenuto con gioia e con affetto, Vescovi di Sud Africa, Botswana, Swaziland, Namibia e Lesotho. Mediante voi estendo i miei cordiali saluti al clero, ai religiosi e ai laici nei vostri Paesi. In questo anno dedicato all'Eucaristia avete ricevuto la benedizione di compiere la vostra solenne visita ad limina Apostolorum. "L'Eucaristia, cuore della vita cristiana e sorgente della missione evangelizzatrice della Chiesa, non può non costituire il centro permanente la fonte del servizio petrino" (Messaggio in occasione della Missa pro Ecclesia, 20 aprile 51 2005, n. 4). Parimenti, essa deve essere sempre al centro del vostro ministero episcopale e un'ispirazione per quanti vi assistono nel vostro compito sacro. 2. La comunione con Cristo è la fonte inesauribile di ogni elemento di vita ecclesiale "in primo luogo la comunione fra tutti i fedeli, l'impegno di annuncio e di testimonianza del Vangelo, l'ardore della carità verso tutti, specialmente verso i poveri e i piccoli" (ibidem). I cattolici nella vostra regione costituiscono una minoranza. Ciò rappresenta molte sfide che richiedono dedizione da parte della Chiesa nell'accudire il gregge efficacemente e, al contempo, nel restare fedele al suo impegno missionario. Per questo motivo è essenziale che i Vescovi promuovano l'opera cruciale di catechesi per garantire che il popolo di Dio sia veramente pronto a testimoniare con le parole e con le azioni l'insegnamento autentico del Vangelo. Se guardo alla Chiesa in Africa, e a tutto ciò che è stato ottenuto nel corso dell'ultimo secolo, rendo grazie al nostro Padre celeste per i numerosi sacerdoti, religiosi e laici, uomini e donne, che hanno dedicato la propria vita a questo nobile compito. I Vescovi hanno la responsabilità particolare di garantire che questi "insostituibili evangelizzatori" ricevano la necessaria preparazione spirituale, dottrinale e morale (cfr Ecclesia in Africa, n. 91). 3. Sebbene la vostra regione abbia ancora bisogno di più sacerdoti, non possiamo che ringraziare Dio per l'elevato numero di vocazioni al sacerdozio di cui siete testimoni nell'Africa sub-sahariana. Quali Pastori del gregge di Cristo, avete la grave responsabilità di aiutarli a divenire uomini dell'Eucaristia. I sacerdoti sono chiamati a lasciare tutto e a divenire sempre più devoti al Santissimo Sacramento, conducendo uomini e donne a questo mistero e alla pace che esso reca con sé (cfr Omelia della Domenica di Pentecoste 2005). Vi incoraggio, quindi, nei vostri sforzi costanti volti a selezionare coscienziosamente candidati al sacerdozio. Parimenti questi giovani uomini dovrebbero essere formati con grande zelo per garantire che siano pronti alle numerose sfide che dovranno affrontare, aiutandoli a manifestare con le parole e con le azioni la pace e la gioia di Nostro Signore e Salvatore. Un mondo pieno di tentazioni ha bisogno di sacerdoti totalmente dediti alla propria missione. Di conseguenza viene richiesto loro in modo molto speciale di aprirsi completamente al servizio degli altri come fece Cristo accogliendo il dono del celibato. I Vescovi dovrebbero assisterli assicurando che tale dono non diviene mai un fardello, ma resta sempre donatore di vita. Un modo per raggiungere questo obiettivo è di riunire i ministri della Parola e dei 52 Sacramenti affinché ricevano un'educazione permanente e partecipino a ritiri e a giornate di raccoglimento. 4. La vita familiare è sempre stata un elemento unificatore della società africana. Infatti, è all'interno della "Chiesa domestica", "costruita sulle solide basi culturali e sui ricchi valori della tradizione familiare africana" che i bambini possono apprendere la centralità dell'Eucaristia nella vita cristiana (cfr Ecclesia in Africa, n. 92). Preoccupa molto il fatto che il tessuto della vita africana, la sua stessa fonte di speranza e di stabilità, sia minacciato dal divorzio, dall'aborto, dalla prostituzione, dal traffico di esseri umani e dalla mentalità a favore della contraccezione, che contribuiscono al crollo della morale sessuale. Fratelli Vescovi, condivido la vostra profonda preoccupazione per la devastazione causata dal virus dell'Aids e dalle malattie ad esso legate. Prego in particolare per le vedove, per gli orfani, per le giovani madri e per le persone la cui vita è stata ridotta in frantumi da questa crudele epidemia. Vi esorto a proseguire i vostri sforzi per combattere questo virus che non solo uccide, ma minaccia seriamente la stabilità economica e sociale del continente. La Chiesa cattolica è sempre stata in prima linea nella prevenzione e nella cura di questa malattia. L'insegnamento tradizionale della Chiesa ha dimostrato di essere l'unico modo intrinsecamente sicuro per prevenire la diffusione dell'Hiv/Aids. Per questo motivo "l'affetto, la gioia, la felicità e la pace procurati dal matrimonio cristiano e dalla fedeltà, così come la sicurezza della castità, devono essere continuamente presentati ai fedeli, soprattutto ai giovani" (Ecclesia in Africa, n. 116). 5. Cari Fratelli, mentre continuate a celebrare un anno dedicato alla Santa Eucaristia, prego affinché siate sostenuti dalla promessa del Signore "Io sono con voi tutti i giorni" (Mt 28, 19). Che la vostra testimonianza di uomini pieni di speranza eucaristica aiuti le vostre greggi a pervenire a un apprezzamento sempre più grande di questo mistero. A ognuno di voi e a quanti sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica. 53