INDICE - Radio Vaticana

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INDICE - Radio Vaticana
Pubblicazione speciale realizzata in occasione della visita al Papa
dei vescovi del Sudafrica
Città del Vaticano, 1-11 giugno 2005
A cura del SeDoc – Servizio Documentazione della Radio Vaticana
Il presente dossier si sofferma sulla realtà sudafricana vista dalla
prospettiva ecclesiale.
Nelle prime pagine si trova una sintesi della storia civile del Paese,
corredata da una cronologia con le principali tappe dello sviluppo della
Chiesa.
Particolarmente significativa per una lettura della storia recente del
Paese e per l’impegno della Chiesa è la Riflessione Pastorale
dell’Episcopato pubblicata il 6 aprile 2004, nell’imminenza delle
elezioni politiche.
Segue una sezione che raccoglie pronunciamenti dei vescovi su
questioni nazionali e di altri Paesi del Continente, dal lavoro della
Commissione per la Verità e la Riconciliazione al problema dei
rifugiati, dalle violazioni dei diritti umani in Nigeria alla violenza del
regime di Mugabe in Zimbabwe.
Vengono anche inseriti i molteplici interventi dei presuli per un’azione
più incisiva del Governo contro la piaga dell’AIDS, sui temi della
povertà, della violenza, degli abusi in seno alla Chiesa.
L’ultima parte della pubblicazione propone documenti del ministero
pastorale di Giovanni Paolo II verso la Chiesa in Sud Africa: il discorso
all’Episcopato nella precedente visita “Ad Limina” (1997), e i brani di
un’omelia e di un discorso pronunciato nel corso della sua visita in
Sudafrica nel 1995.
INDICE
Breve storia del Paese
La Chiesa in Sudafrica
Documenti e dichiarazioni dei vescovi
Giovanni Paolo II e il Sudafrica
P.2
P.4
P.5
P.44
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BREVE STORIA DEL PAESE
B. Diaz, in uno dei suoi viaggi alla ricerca della via orientale per le
Indie, battezzò (1487) la punta estrema dell'Africa Capo di Buona
Speranza. Esso rimase sotto controllo portoghese per oltre un secolo
e mezzo. Nel XVI sec. ebbe inizio la colonizzazione vera e propria
della zona con l'occupazione del Capo da parte della Compagnia
Olandese delle Indie Orientali, mentre nel 1795 gli Inglesi occuparono
Città del Capo, base di partenza per la loro politica di penetrazione in
Africa (sulla direttrice del Cairo-Città del Capo), alla quale opposero
accanita resistenza sia le popolazioni cafre sia i Boeri, discendenti dai
primi coloni olandesi. Questi ultimi, di fronte all'avanzata inglese,
furono costretti a effettuare (a partire dal 1835) quelle migrazioni in
massa verso l'interno (trek) da cui nacquero gli Stati del Natal,
dell'Orange e del Transvaal. Il primo di questi ebbe vita effimera (fino
al 1842), mentre gli altri due videro riconosciuta la loro indipendenza
dagli Inglesi. Dopo il 1884 si giunse a un nuovo scontro fra le due
repubbliche e gli Inglesi, in seguito alla scoperta dei giacimenti
auriferi del Transvaal e di quelli diamantiferi del Griqualand. La guerra
anglo-boera, scoppiata nel 1899 in seguito alla politica espansionistica
del primo ministro della Colonia del Capo Cecil Rhodes, si concluse
dopo tre anni di durissima lotta con l'annessione all'Inghilterra
dell'Orange e del Transvaal. Nel 1909, con un voto del Parlamento
inglese, la colonia si trasformò nell'Unione Sudafricana, federazione
autonoma nell'ambito del Commonwealth. Il nuovo Stato partecipò a
fianco dell'Inghilterra alla prima guerra mondiale. Negli anni
dell'immediato dopoguerra, al governo di J. Smuts, che si reggeva
sull'elemento inglese, si oppose il Partito nazionalista di J. B. M.
Herzog, sostenitore di una politica antiinglese e razzista. Vincitore alle
elezioni del 1924, Herzog governò il Paese fino al 1939, anno in cui
Smuts riprese il potere. Durante la seconda guerra mondiale il Paese
combatté a fianco dell'Inghilterra. Il ritorno al potere dei razzisti coi
governi di D. Fr. Malan (1948-1954), J. Striidom (1954-1958) e H.
Verwoerd (1958-1966) suscitò forti contrasti interni, aggravati
dall'inasprirsi della politica di segregazione razziale (apartheid). Sul
piano internazionale, l'apartheid portò alla rottura con il
Commonwealth (da cui l'Unione è uscita nel 1961) e all'isolamento
della Repubblica Sudafricana, colpita anche da sanzioni economiche
sul piano internazionale. Il governo di P. Botha (1978-1989)
mantenne intatta la discriminazione politica nei confronti dei neri
(Costituzione del 1984), pur attenuando l'apartheid sul piano sociale.
2
Toccò al suo successore F. W. De Klerk avviare un dialogo con
l'opposizione nera (liberazione di N. Mandela, leader del Congresso
Nazionale Africano - ANC, 1990), cancellare le ultime misure di
apartheid sociale (obbligo di residenza per i neri, 1991). Nel 1990 le
truppe d'occupazione sudafricane furono ritirate dalla Namibia, di cui
fu riconosciuta l'indipendenza, secondo il dettato dell'ONU. Nel 1992
un referendum abolì definitivamente il regime dell'apartheid. Vennero
così ritirate le sanzioni internazionali. Nel frattempo erano state
avviate complesse trattative con il Congresso Nazionale Africano che
hanno portato a un completo riassetto del Paese in senso
multirazziale: nel 1994 libere elezioni con diritto di voto anche per i
neri hanno dato la vittoria al Congresso Nazionale Africano e si è
costituito un governo di coalizione, con Mandela alla presidenza della
Repubblica e De Klerk vicepresidente. Nel 1996 veniva approvata la
nuova carta costituzionale definitiva che sanciva la parità assoluta tra
la popolazione bianca e quella nera. La Repubblica Sudafricana
aderiva così all'Organizzazione dell'Unità Africana e ritornava nel
Commonwealth. Il presidente Mandela ribadiva di voler lasciare nel
1999, allo scadere del suo mandato, la vita politica e designava a
succedergli il vicepresidente Thabo Mbeki. Nel 1997, nel corso del 50°
Congresso dell'ANC, lasciava la guida del partito a Thabo Mbeki. Alla
fine del 1998 la Commissione per la verità e la riconciliazione, istituita
nel 1996, concludeva i suoi lavori e presentava un rapporto di netta
condanna nei confronti dell'ex presidente Botha, ma anche dello
stesso ANC. Alle elezioni del 1999 Thabo Mkebi succedeva a Nelson
Mandela alla guida del Paese. Nelle elezioni legislative del 2004 l'ANC
si confermava il primo partito. Successivamente l'Assemblea nazionale
ha riconfermato Thabo Mbeki alla presidenza.
(www.sapere.it)
LA CHIESA IN SUDAFRICA
Cenni storici
1501: a Mossel Bay costruzione della prima chiesa. Fino all'inizio del
sec. XIX l'Africa meridionale è inaccessibile al cattolicesimo a causa
dei protestanti europei.
1804: viene concessa, ma solo formalmente, la libertà religiosa.
Arrivo di tre sacerdoti olandesi. Dom Beta Slater, Vicario Apostolico
del Capo di Buona Speranza.
3
1838: la Chiesa cattolica muove i primi passi. Tre Domenicani a Cape
Town.
1850 erezione del Vicariato Apostolico del Natal affidato agli Oblati di
Maria Immacolata.
1850: erezione del Vicariato Apostolico di Durban.
1870: viene concessa la libertà religiosa.
1951: viene istituita la Gerarchia cattolica.
1957: prima condanna ufficiale della Chiesa cattolica dell’apartheid.
1959 dichiarazione dei vescovi sulla scuola cattolica.
1965: l’arcivescovo di Cape Town, Mons. McCann, viene elevato
cardinale. I due primi sudafricani neri entrano nell’Ordine Benedettino.
1995: Visita Pastorale del Papa Giovanni Paolo II.
2001: Papa Giovanni Paolo II eleva al Cardinalato Mons. Wilfrid
Napier, Ofm, arcivescovo di Durban.
Struttura Ecclesiastica
Conferenza episcopale: Southern African Catholic
Bishops‟ Conference (Sacbc)
Presidente: Card. Wilfrid Napier, Ofm, arcivescovo di Durban.
Circoscrizioni Ecclesiastiche
Nel 2004 la Chiesa Cattolica è presente sul territorio con 4 Arcidiocesi
Metropolitane, 21 Diocesi e 1 Vicariato Apostolico.
La Diocesi di Gaborone (Botwana) è suffraganea di Bloemfontein; la
Diocesi di Manzini (Swaziland) è suffraganea di Pretoria.
Metr: Bloemfontein
Suffr.: Bethlehem, Gaborone (Botswana), Keimoes-Upington,
Kimberley, Kroonstad.
Metr: Cape Town
Suffr.: Aliwal, De Aar, Oudtshoorn, Port Elizabeth, Queenstown.
Metr: Durban
Suffr.: Dundee, Eshowe, Kokstad, Mariannhill, Umtata, Umzimkulu.
Metr.: Pretoria
Suffr.: Johannesburg, Klerksdorp, Manzini (Swaziland), Pietersburg,
4
Rustenburg, Tzaneen, Witbank.
Ordinariato Militare.
Vic. Ap.: Ingwavuma.
****
CONTRO IL RAZZISMO E PER LA DIFESA DEI DIRITTI UMANI
La Chiesa cattolica sudafricana, insieme a quella anglicana, è
da decenni impegnata nella lotta contro il razzismo e in difesa
dei diritti umani. La sua prima dichiarazione ufficiale contro il
regime dell’apartheid è del 1957.
LETTERA DELLA SACBC AL PRESIDENTE NELSON MANDELA
SULLA DEMOCRAZIA
(gennaio 1997)
PRETORIA - Mercoledì scorso, la Conferenza episcopale dell'Africa
Meridionale (Sacbc) ha reso pubblica una lettera aperta indirizzata al
presidente sudafricano Mandela e a tutti i sudafricani di buona
volontà. Nella lettera i vescovi affermano che, mentre in Sud Africa è
stato premiato lo sforzo per impiantare la democrazia, è necessario
uno sforzo piu' grande per riconquistare il senso del diritto nel
momento in cui l'ingiustizia comincia ad essere sconfitta. I vescovi
dell'Africa del Sud mettono il dito sulle piaghe del crimine e della
corruzione diffusi. in proprosito, riconoscendo che in alcuni settori si
sono realizzati dei progressi, affermano che la chiesa è pronta a
collaborare con i vari organismi ufficiali per debellare la corruzione.
(Anb-bia 30 gen)
DICHIARAZIONE DEI VESCOVI SUL RAPPORTO FINALE DELLA
COMMISSIONE PER LA VERITA’ E LA RICONCILIAZIONE
(5 novembre 1998)
PRETORIA. - In una dichiarazione resa nota il 5 novembre, i vescovi
sudafricani hanno espresso la propria soddisfazione per la
pubblicazione del Rapporto finale della "Commissione per la Verità e la
Riconciliazione" incaricata di fare luce sulle gravi violazioni dei diritti
umani commesse durante il regime dell' apartheid. Il presidente della
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commissione, il vescovo anglicano e Premio Nobel per la Pace
Desmond Tutu, ha consegnato il rapporto al Presidente sudafricano
Nelson Mandela il 29 ottobre. In esso non mancano, tra l'altro, critiche
al comportamento tenuto da alcune Chiese cristiane sudafricane
durante il regime della segregazione razziale. "Questo rapporto rilevano i vescovi - sarà per le generazioni future una prova
inconfutabile delle atrocità commesse durante l'epoca dell'apartheid"
per cui "nessuno potrà più negare le gravi violazioni ed abusi dei più
elementari diritti umani durante questo triste periodo della nostra
storia". Essi si dicono peraltro rammaricati delle reticenze e
dall'atteggiamento a volte sprezzante assunto dai due ex-presidenti
sudafricani P.W. Botha e F.W. De Klerk verso il lavoro della
Commissione. Questo comportamento, rilevano i presuli, non ha
favorito il già difficile processo di riconciliazione nel paese. Non
mancano poi critiche all'African National Congress, il partito oggi al
potere, che dopo avere lottato strenuamente contro l'apartheid, non
ha saputo dare un coerente appoggio alla commissione. in conclusione
i vescovi esprimono il loro grande apprezzamento per "l'immenso
lavoro" da essa svolto in questi due anni, lavoro, che se non ha
ancora chiuso le profonde ferite lasciate dall'apartheid, e' un primo
significativo contributo al processo di riconciliazione nazionale.
(Dichiarazione della Sacbc: 5 nov - LZ)
LETTERA PASTORALE DEI VESCOVI PER L’ANNO DELLO
SPIRITO SANTO SULLA DIFFICILE TRANSIZIONE ALLA
DEMOCRAZIA NEL SUDAFRICA DEL POST-APARTHEID
(gennaio 1998)
PRETORIA - Lo Spirito Santo sta aiutando il popolo sudafricano ad
affrontare i numerosi e complessi problemi del Paese. Lo affermano i
vescovi del Sudafrica in una lettera pastorale dedicata allo Spirito
Santo in preparazione al Grande Giubileo del 2000. "Tanti problemi ci
affliggono - scrivono i presuli - la miseria, la corruzione,
l'ineguaglianza nell'accesso all'educazione, alla sanità e ad altri
servizi: tutti problemi che conducono ad atteggiamenti che minano il
nostro benessere nazionale". "Ma - aggiungono - lo Spirito Santo non
ci consente di arrenderci. ci incoraggia piuttosto ad agire con fiducia
(...), ci sfida a cercare soluzioni (...)". Tra i nodi più
cruciali rimane quello della "riconciliazione di un paese diviso" da
decenni di "apartheid". Proprio in questo ambito, secondo i presuli,
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l'azione dello Spirito Santo è stata particolarmente evidente,
soprattutto nella fase più critica della transizione dal precedente
regime all'attuale democrazia in Sudafrica. una transizione, che sia
pure molto difficile e lontana dall'essere conclusa, ha del "miracoloso",
se si considera che il Paese è stato "sull'orlo di una guerra civile".
Anche la costituzione della Commissione per la verità e la
riconciliazione, dimostra la persistente azione unificante dello Spirito
Santo nella società sudafricana. Questa stessa azione, concludono, si
manifesta anche all'interno della Chiesa, che in questi ultimi anni sta
mostrando una notevole vitalità e presenza nel tessuto sociale
sudafricano. (Cns: 6 gen - LZ)
INTERVISTA DELL’AGENZIA FIDES A MONS. EUGENE HURLEY*
SULLA SITUAZIONE DELLA DEMOCRAZIA IN SUDAFRICA
(giugno 1999)
PRETORIA - La stabilità della democrazia sudafricana può essere
messa a rischio dalla povertà e dalla disoccupazione: lo ha detto a
all'agenzia Fides mons. Denis Eugene Hurley, arcivescovo emerito di
Durban, commentando i risultati delle elezioni parlamentari del 2
giugno. Come è noto, le elezioni sono state vinte dall'African National
Congress (ANC) che si è aggiudicato 266 seggi sui 400
dell'assemblea, contro i 28 del New National Party (NNP), erede delle
forze che avevano mantenuto per decenni la politica di apartheid,
mentre il Democratic Party ed il partito Inkatha hanno ottenuto
rispettivamente 38 e 34 seggi. Il suo successore di Mandela, Thabo
Mbeki, ha due settimane di tempo per preparare la nuova formazione
di Governo. Oltre alla disoccupazione e la grande miseria, esso dovrà
affrontare un'altra emergenza nazionale: la violenza e la delinquenza.
Mons. Denis Eugene Hurley, per anni impegnato in prima fila
nell'opera di riconciliazione durante l'apartheid, ritiene che "la
transizione politica proceda bene (...). L'esecutivo creato dall'African
National Congress sarà un buon governo, e dovrebbe essere in grado
di fare un buon lavoro". "Ma - ammonisce - i problemi di questo paese
rimangono tanti e sono gravissimi". La disoccupazione è infatti "oltre il
35%, e ampi strati della popolazione vivono in una povertà assoluta".
Secondo Mons. Hurley, il pericolo che più seriamente minaccia la
giovane democrazia sudafricana viene proprio da questa immensa
povertà. "Quello che deve far paura - ha detto - è una possibile
reazione dei milioni di poveri contro l'impossibilità di cambiare la loro
7
situazione". Oltre alla disoccupazione ed alla fame, essi devono
affrontare il problema dell'AIDS che in Sudafrica è devastante.
"Centinaia e centinaia di malati muoiono in casa, perché non ci sono
strutture in grado di curarne una tale quantità. E il problema riguarda
soprattutto i quartieri poveri delle grandi città. Le cure costano, e
spesso i malati appartengono proprio a famiglie poverissime".
Interrogato, infine, sul ruolo del presidente uscente Nelson Mandela,
Mons. Hurley ha espresso l'opinione "che egli continuerà ad essere un
punto di riferimento, di ispirazione per il popolo, soprattutto perché la
sua è una personalità conciliante, e le sfide del paese richiederanno
questa qualità". (Fides 11 giu.)
* scomparso nel febbraio 2004
LETTERA PASTORALE DEI VESCOVI SUI RIFUGIATI IN CUI
RICORDANO L’ESPERIENZA DELL’APARTHEID VISSUTA DAL
SUDAFRICA PER ESORTARE ALL’ACCOGLIENZA
(giugno 2001)
PRETORIA - In vista della Giornata internazionale dei rifugiati, il
prossimo 20 giugno, la Conferenza episcopale sudafricana ha
pubblicato una lettera pastorale per invitare i fedeli a riflettere
sull'atteggiamento dei connazionali verso i rifugiati nel Paese e ad
impegnarsi per migliorare il trattamento ad essi riservato. Il testo
della lettera, intitolata "La nostra responsabilità verso i rifugiati" sarà
diffuso nelle parrocchie sudafricane il prossimo 17 giugno. Nel
documento i vescovi ricordano come dal 1990 un numero crescente di
profughi, soprattutto dall'Africa, ma anche da altre parti del mondo,
abbiano cercato asilo in Sudafrica per fuggire ai conflitti nei propri
paesi. Un flusso, che rilevano è destinato a continuare finché non
finiranno le guerre in queste nazioni. Il documento passa quindi in
rassegna i motivi per i quali la Chiesa si sente in dovere di dare il
proprio sostegno ai rifugiati. Motivi innanzitutto di ordine legale, dal
momento che, ricordano i presuli, nel 1996 il Sudafrica ha sottoscritto
diversi accordi internazionali in cui si è impegnata ad offrire asilo alle
vittime di guerre, persecuzioni e violazioni dei diritti umani. Ma anche
motivi umanitari: "Siamo rattristati - scrivono - dal trattamento che
molti rifugiati hanno ricevuto in Sudafrica", un trattamento inumano
che, tra l'altro, contravviene al grande comandamento cristiano di
"amare il prossimo come sé stessi", come indica esemplarmente la
parabola del Buon Samaritano. I vescovi ricordano poi come, durante
il regime dell'apartheid tanti leaders, esponenti politici e uomini di
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cultura sudafricani siano stati ospitati in quegli stessi paesi da cui oggi
vengono molti di questi rifugiati "Quello stesso sostegno sottolineano - oggi lo dovremmo dare noi a loro". Il documento rileva
quindi come la paura diffusa che i rifugiati possano portare via il
lavoro ai sudafricani sia di fatto infondata. Di qui l'appello dei vescovi
ai fedeli a promuovere una cultura dell'accoglienza in Sudafrica, ad
aiutare concretamente queste persone e a contrastare qualsiasi forma
di discriminazione e xenofobia contro i rifugiati.
(Lettera pastorale della Sacbc 1 giu. - ZENGARINI)
I VESCOVI SUI RISARCIMENTI PER LE VITTIME
DELL’APARTHEID
(marzo 2003)
CAPE TOWN - I vescovi del Sudafrica hanno accolto positivamente
l’annuncio del Presidente Thabo Mbeki di un risarcimento una tantum
alle vittime dell’apartheid. L’annuncio segue la consegna a marzo del
rapporto finale della Commissione per la Verità e la Riconciliazione
istituita nel 1996. Il Governo sudafricano, in sostanza, si è impegnato
a dare 3.900 dollari a ciascuna delle 19mila vittime accertate del
regime segregazionista introdotto nel 1948 e abolito nel 1994. Una
cifra che non soddisfa molte delle vittime, ma che i vescovi ritengono
comunque accettabile. “Anche se la somma è inferiore a quella da noi
indicata, siamo contenti del fatto che il Governo abbia assunto un
impegno chiaro a risarcire rapidamente le vittime”, ha dichiarato
all’agenzia Cns Neville Gabriel, responsabile della Commissione
episcopale della giustizia e della pace. Il governo sudafricano ha
peraltro respinto la proposta della Commissione di una tassa sui beni
di quelle aziende o individui che hanno beneficiato del regime
segregazionista. Una decisione giudicata comprensibile dai vescovi.
Una simile tassa, ha infatti spiegato Gabriel, potrebbe riaccendere
nuove tensioni razziali e quindi compromettere il processo
riconciliazione nazionale. Questo, ha precisato, non esclude che
vadano cercate soluzioni alternative attraverso il dialogo. Secondo
suor Shelagh Mary Waspe, coordinatrice della Commissione della
giustizia e della pace della diocesi di Johannesburg, una potrebbe
essere quella di coinvolgere le aziende sudafricane in progetti di
sviluppo che favoriscano l’occupazione. (Cns: 23 apr. - ZENGARINI)
RAPPORTO DELLA COMMISSIONE GIUSTIZIA E PACE SUL
RAZZISMO IN SUDAFRICA
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(gennaio 2005)
PRETORIA - A più di dieci anni dall’abolizione dell’apartheid, la piaga
del razzismo non è ancora scomparsa in Sudafrica, anche in seno alla
Chiesa. Lo denuncia un rapporto della Commissione Giustizia e Pace
della Conferenza episcopale sudafricana (Sacbc) presentato alla
plenaria dei vescovi in corso in questi giorni a Pretoria. Secondo il
documento, frutto di due anni di ricerche, nel Sudafrica del postapartheid la discriminazione razziale è un fenomeno duro a morire e
che rischia di istituzionalizzarsi “non solo nelle strutture sociali ed
economiche nazionali e locali, ma anche nella pratica religiosa”. In
molte parrocchie, infatti, i sacerdoti neri hanno ancora difficoltà ad
essere accettati dai fedeli bianchi, una diffidenza che aumenta quando
si sale nella gerarchia. Nonostante l’attivo impegno delle Chiese locali
in questo decennio per promuovere il dialogo, la riconciliazione e una
riflessione critica su quello che è stato il regime di segregazione
razziale, la società multiculturale è una realtà ancora difficile da
accettare per quei fedeli sudafricani tra cui, anche inconsciamente,
continua a prevalere l’idea di una pretesa superiorità della cultura
bianca. Un razzismo che si manifesta anche nei confronti
dell’immigrazione: pur non essendo esclusi dalle attività parrocchiali,
molti immigrati da altri Paesi africani lamentano di non sentirsi bene
accetti dalle parrocchie in cui vivono. Per aiutare a superare queste
incomprensioni e tensioni, la commissione episcopale ha deciso di
avviare in tutte le parrocchie del Paese una serie di incontri di
sensibilizzazione e approfondimento sulla problematica.
(Cns 27 gen.- ZENGARINI)
La democrazia sudafricana a dieci anni dalla fine
dell’apartheid. Il bilancio dei vescovi
In occasione delle elezioni politiche del 2004 i vescovi
sudafricani hanno pubblicato un documento pastorale di
riflessione in cui, oltre a parlare del voto, fanno un bilancio
sullo stato di salute della giovane democrazia sudafricana a
dieci anni dalla fine dell’apartheid. Un bilancio nel complesso
positivo, ma con diversi nodi critici. Eccone il testo integrale
con evidenziate in grassetto le parti più significative.
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God's Agents of Hope: Sustaining Democracy in South Africa
A Pastoral Reflection Document for Elections 2004
Issued on 6 April 2004
Introduction
As we prepare to participate in the third general election since the
democratic transition of 1994, it is important to take a little time to
reflect on the significance of this opportunity, and in a spirit of
thankfulness, to make the most of it.
Many of us will remember clearly the great sense of community and
co-operation that characterized the 1994 election. Perhaps, after 10
years, some of us have become disillusioned or cynical and no longer
feel enthusiastic or excited about the coming election.
For others, this will be the first time you have the chance to cast a
vote; those who were very young in 1994 may not be able to recall
the special atmosphere of joy and achievement of that time.
Some people will never have known, and others may have forgotten,
what it was like to live without democracy, without the right to vote
for leaders of your choice, without respect for the God-given dignity of
every individual, man or woman, black or white, rich or poor.
And so, let us reflect. Firstly, on why democracy is important, and on
why the Church encourages us to take part in elections, using our
vote thoughtfully and wisely.
Secondly, let us reflect on the successes and achievements of the last
decade, and on the good things democracy has brought us. But also
on the failures, the weaknesses and the bad things.
Thirdly, let us give some thought to how best to use our vote; how we
should go about choosing which party to support and how to make
sense of the claims and promises of the competing parties.
In all of this let us remember hope. Democracy is about the future. In
the short-term, it is about who will run the country for the next few
years; in the long-term it is about all of us taking ongoing
responsibility for ourselves, for each other and for that part of the
Earth over which we have been given stewardship. Casting a vote is a
sign of commitment to the future, and when we do this we must, as
Christians, do so in a positive spirit, remembering that we are called
to be agents of the hope that God sends into the world.
The Importance of Voting
It is only human to become disillusioned or bored, or to begin thinking
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that, as an individual, you cannot really make a difference. If you
think this way you may very well decide that it is not worth the effort
of going out to vote on April 14th. But it is, and there are some very
good reasons why we should all make sure that we vote.
Firstly, democracy depends on everyone having their say. As the
Bishops said in 1993, while we waited for our first democratic
elections:
“Democracy only works when citizens keep themselves informed
about political parties and their policies and when they actively reject
or support these policies in elections. Justice depends on good
government. The social order often breaks down under bad
government and people suffer. It is therefore clearly a Christian duty
to take an active part in the political process to ensure that the best
people are elected to government.”
(A Call to Build a New South Africa paragraph 13)
The more that people don‟t make their choices by voting, the less
sure we can be that the party that eventually wins is in fact the one
that enjoys the most support. And that, in turn, will affect the
legitimacy of whatever government is elected, and will undermine the
very democracy that we struggled for so long.
Secondly, as Christians we should see the election in the light of
Jesus‟ instruction to us to „love your neighbour as yourself‟. Even
those who may not be interested in politics should use their vote to
advance the interests of those who are still marginalized and whose
voices are still not clearly heard. There are many of these: the
elderly, the illiterate, and unborn children, for example. Politics, when
it is properly ordered, is the human family taking mature
responsibility for its well-being here on earth, so no member of the
family should regard him- or herself as exempt from this duty. After
all, as St Paul reminds us, we are all members of one body (2
Corinthians, chapter 12).
Thirdly, no human system is perfect; abuses will creep in if we are
not sufficiently vigilant and start taking good governance for granted.
If, therefore, we wish to continue to enjoy the rights and privileges
associated with democratic government - and for which so many
people made great sacrifices and fought so hard – then we must be
prepared to carry out the duties and responsibilities of living and
participating in a democratic state. Quite simply, rights =
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responsibilities, and if we shirk the responsibilities, we will soon find
the rights disappearing as well.
Finally, let us remember how the 1994 elections captured the world‟s
attention. Many people saw the wonderful spirit of that time as a
moment of special grace, a sign of God‟s intervention bringing about a
result that few humans had thought possible. The transition also gave
a spur to the hopes of democrats all over the world. Every time that
we conduct a peaceful, free and fair election, with a high turn-out of
voters, we once again „showcase‟ democracy.
“On the positive side, a functioning democracy, with regular elections,
has been established.
We set an example to many „first-world‟ democracies which have low
rates of participation and high rates of apathy, and we inspire our
sisters and brothers in countries near to us and far away who are still
deprived of democratic freedom.
Reviewing the Past Decade
When we look back over the last ten years and compare the current
„state of the nation‟ with where we were as a country before 1994, it
is clear that we have made significant progress in many areas. We
can mention a few obvious examples: in 1992 there were 3 600
people killed (and 6 000 injured) in political violence; we had no Bill of
Rights, nor the mechanisms for enforcing them; distrust and tension
between the races was sky-high; overall uncertainty and insecurity
about the future was rife. Clearly, from such starting-points we have
come very far indeed.
But there is a danger in this relative approach of comparing „then‟ to
„now‟: we can end up with an over-optimistic assessment, prompted
by the fact that a very bad state of affairs has improved considerably.
To balance this we can employ an absolute approach, which asks
where we are as a nation in comparison with where we should be
ideally. This approach will tend to show that, while we may have
moved quite far from where we were, we still have a long way to go.
For example, we may have built a million and a quarter houses, but
there are still millions living in informal settlements; the social
security system has been cleansed of its previous, racially
discriminatory aspects, but it is still inadequate to meet the needs of
the poor; we have established our rights on paper, and made some of
them real, but many people still have their rights violated.
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Of course, the danger of the absolute approach is that one ends up
with an unduly pessimistic assessment, where we lose sight of the
real achievements as we focus on how much further we still have to
go.
The answer is to employ both approaches, the one balancing out the
other. In this way we should be able to form a fairly realistic view of
our progress, avoiding extremes of both optimism and pessimism.
In this tenth year of democracy many of us will have been reflecting
on the good things that have been achieved and the many successes
we have experienced; and, naturally enough, the governing party has
been emphasizing these. But we will also have been aware of the bad
things, the failures and the disappointments; and, again naturally,
opposition parties have been drawing attention to these.
Let us briefly consider some of the good and the bad.
On the positive side, a functioning democracy, with regular elections,
has been established. A wide range of parties exist and are able to
campaign quite effectively. Our parliamentary system generally works
well, and is open to inputs from civil society. We have adopted a
Constitution which, to a large extent, safeguards democratic ideals
and the rule of law. The Bill of Rights has been hailed as one of
world‟s best, and it is enforced with vigour by the courts.
When it comes to the everyday material needs of people, much has
been achieved in the areas of housing, education, provision of water
and electricity, and primary health-care. Social grants have been
extended to include many people not reached before.
We have begun to tackle the racial inequality of the past, and good
progress has been made in the way in which we relate to each other
as South Africans. Compared to many other countries which
experienced radical transformations, ours has been relatively
peaceful.
Many fundamental human rights – freedom of movement, religion,
conscience, speech, to name a few - have been secured, and people
are becoming increasingly aware of these rights, and exercising them.
And, of course, as the coming elections indicate, we have true political
freedom - the right to choose those who will govern the country and
make the laws according to which we will live.
Unfortunately, we must also draw attention to various negative
points. The global trend of devaluation of human life has had its effect
here. A very permissive abortion law has been introduced, and there
is talk in government circles of legislation to allow euthanasia, at least
14
to some degree. Stem-cell research, leading to the destruction of
human embryos, is permitted, as is therapeutic cloning, in which
human beings may be created so that their cells may be harvested to
treat diseases in others.
There has been a woefully inadequate response to the HIV/AIDS
crisis, and many thousands of our people have died for lack of access
to cheap and readily available medicine. Dubious scientific arguments
and bureaucratic obfuscation have made the crisis so much worse
than it might have been, and even at this late hour the government is
doing far too little to deal with the problem.
On the socio-economic front, despite serious attempts to bring about
a better life for the poor, millions still live in deep poverty. And, while
many would commend the government for its disciplined handling of
the economy, the fact remains that unemployment has risen, not
fallen, in the last decade. At least partly as a result of this, crime
levels are depressingly high, even though official figures suggest a
slight decline of late.
In the face of dire socio-economic needs, the expenditure of tens of
billions of Rands on arms and weapons of war is scandalous. And, to
make matters worse, the arms deal has been attended by corruption
and rumours of corruption, many of which have not yet been properly
investigated.
Finally, there are disturbing signs of a growing centralisation of
political authority, and of a diminution of the role and powers of
Parliament. Members of Parliament are supposed to exercise an
oversight role over government departments; they should not be
exposed to undue pressure from party bosses to pass legislation, or to
include or discard specific provisions. Too often in the last few years,
however, we have seen parliamentary committees bowing to
instructions from above, or simply being ignored by senior civil
servants and ministers when they are asked to appear before a
committee.
These, then, are some of the successes and failures that stand out as
we reflect on the first ten years of our democracy. Each of us will
surely be able to think of others, and there will of course be
disagreement about some of them. But however we feel about these
various points, we should use our assessment to help us choose which
party to support. We need to be careful, though, about where we
place the credit or the blame for the good and the bad.
Governments all over the world like to claim credit for all the good
things that have happened during their term of office; their
15
opponents, likewise, try to blame the government for all the bad
things. The truth, however, is that both good and bad things may
have happened due to factors beyond the government‟s control. For
example, there may be a drought, leading to higher food prices and
tough times in the agricultural sector; then good rains fall, food prices
come down and conditions in the rural areas improve. Neither the
drought nor the good rains had anything to do with the government,
and it would be unfair to blame it - or credit it - for the effects of
either. So the question is not whether or not something good or bad
happened during the government‟s term of office, but whether or not
the government was responsible for it happening.
We must also bear in mind that opposition parties may not have had
the opportunity to put their policies into practice; voters should not
too easily assume that what these parties propose would - or would
not - work. It is also quite possible that a particular policy has been
influenced by opposition parties, even though they are not in power.
If it is successful, they deserve a share of the credit; or a share of the
blame if it has failed.
Lastly, many people seem to think that it is somehow disloyal to be
critical of the government or, indeed, of the political party or leader
one has traditionally supported. This is not so; the ability to be
constructively critical, and to express that criticism, is by no means
disloyal.
On the contrary, it is healthy for democracy – and therefore for the
common good - for voters to be able to think independently and
objectively about how they will vote, rather than simply to follow
whatever their „traditional‟ choice may be, or to be too easily
persuaded by others. Each of us must make our own choice, based on
a careful consideration of what the different parties have to offer. We
should never vote for a particular party just because we voted for it
before, or because a friend or family member expects us to vote for
it.
Deciding How to Vote
No one has the right to tell you who to vote for - it is your decision
and, since the vote is secret, no one can ever know which party you
supported. The Church, too, does not try to influence its members to
support or to reject any particular party. The fact that a party (or
parties) may advocate policies that go against Church teaching does
not mean that Catholics are not allowed to vote for such a party. In
the same way, the Church will not declare that certain parties are
16
worthy of support because it approves of their policies.
The Church respects that fact that people - and parties - can honestly
hold different views about how to do good in society. Freedom of
thought and conscience are at the very heart of human dignity, and
for this reason the Church would never try to decide for its members
how they should vote. The competence of the Church in this regard is
not to tell people who to vote for, but to help people to evaluate
parties‟ policies and to give them the tools to make the choices they
find appropriate.
With this in mind the Church asks all of us to inform our consciences
by measuring the policies and track-records of the various parties
against the values of the Gospel and the Church‟s social teaching. At
the end of this reflection we suggest certain ideas and questions
which will help in this process.
In making the decision about which party to vote for the question of
single issue voting often arises. It is of course the right of any voter to
make their choice based upon the various parties‟ policies on one
issue, especially if it is an issue about which you feel very strongly.
But this is seldom, if ever, a wise way of voting. Firstly, no matter
how strongly we may feel about a single issue (abortion; the
environment; crime; income tax) it cannot be said that any issue is of
such importance as to render all the others insignificant. Therefore, to
vote on the basis of only one issue is to ignore numerous other
important ones.
Focusing on one isolated issue may also be self-defeating. For
example, you may be attracted to a party because it promises to be
tough on crime, and for you crime is the most important issue. But
what if that party says nothing about poverty and unemployment? If
it comes to power on the single issue of crime without a proper
understanding of the other issues, it is unlikely to succeed in its aims.
Secondly, party X may have an acceptable policy on your single issue,
but an unacceptable policy on other important issues. You may like
what it proposes in the area of poverty-relief, but realise that its tax
policies would be disastrous for the economy. Clearly, to vote for it
means turning a blind eye to the latter, which effectively involves
doing good with one hand while doing harm with the other.
Clearly, then, there are all sorts of connections and inter-relations
between the key issues of policy and implementation. Therefore, the
only sensible course is to examine the totality of a party‟s policies,
giving to each policy area the weight which the individual voter
attaches to it (you think economic policy is crucial; your neighbour
17
finds crime the most pressing issue; your work colleague believes that
the right to life is of the greatest importance) and, with conscience
duly formed, to choose the party whose range of policies comes
closest to your ideal.
In order to make an informed choice it is vital that we familiarise
ourselves with party manifestos; this is where the parties set out their
policies and the programmes they would introduce if they were
elected. At the same time, though, we must be aware that election
manifestos are often long on promises and intentions, but short on
the details of how these promises are to be made good. What the
parties say they will do is easily stated; voters must ask how, when
and at what cost it will be done.
Once you have found out what the various parties are saying, and
decided which one in your view has the best policies, there is still
another important question to ask yourself: am I voting selfishly or
am I aware of the needs of others?
In their Pastoral Statement on Economic Justice, published in
1999, our Bishops said the following in regard to the economic
choices we make:
“Throughout history people have been bound together in community
with one another. …From this it is clear that we have duties and
responsibilities towards each other, and that we should order our lives
in such a way that we advance not only our own interests, but the
interests of the whole community. In the field of economics,
therefore, we should avoid those choices which, while they may
appear to be to our individual advantage, are not favourable to the
good of the community as a whole, to the common good.” (Economic
Justice in South Africa, p12)
No one has the right to tell you who to vote for - it is your decision
and, since the vote is secret, no one can ever know which party you
supported.
Exactly the same is true of the political choices we make, including
the choice of which party we vote for. For example, a party promising
tax cuts may be very attractive to wage-earners, but before they rush
to vote for it they should consider the possible effect of such a policy
on the unemployed and those who depend on welfare grants. We
must ask ourselves if the party we intend supporting is one which
truly has the interests of the nation as a whole at heart, or whether,
perhaps, it is busy promoting the interests of only one section or class
18
of people. If the latter is the case then it is most unlikely that a vote
for that party will serve the common good.
The Church also asks us to remember particularly the
vulnerable members of society. Here we think of the poor, the
economically marginalized, and those whose age, background or lack
of education may make it difficult for them to make their voices
heard. And in this category, of course, there are also the unborn who
are so often not even regarded as having rights, let alone as
deserving of a voice.
We must also be aware of the needs of people and nations
beyond our borders. Our country plays an important role in the
Southern African region and throughout Africa; indeed, it is becoming
a leading voice for the developing world in international forums. The
government that we put in place will very largely determine what
influence we have on our neighbouring countries and in the global
community.
When we vote, then, let us be sure that we use our voice at the
ballot box in a way which advances not just our own needs, but which
looks to the needs of the local community, the Earth, and the whole
family of nations.
Finally, a special word to those who may be disillusioned with the
choices on offer, or who feel that their vote doesn‟t count, or who are
simply not interested in voting.
No matter how cynical or mistrustful of politicians you may be, and
even if you don‟t like any of the parties, withholding your vote will not
send any message or achieve anything positive. If none of the parties
match your standards use your vote to support the party which comes
closest.
Those who believe that the individual‟s vote is insignificantly small
should remember that the proportional representation system ensures
that every single vote is reflected in the eventual allocation of seats.
Votes are not „wasted‟ as sometimes happens in a constituency
system, where only the winning party gets a seat.
Finally, to those who are not interested in politics, or who don‟t think
it is important enough to make an effort: think what South Africa
would be like if we didn‟t have democracy.
Think of countries - close to home and far away - where the people‟s
voice is not heard and where the powerful do more or less what they
like. Surely you would not want that to happen to our country. Taking
the trouble to vote will help to ensure that it never does.
19
Conclusion
Let us all seize this opportunity to deepen our democracy in a spirit of
participation and solidarity. Let us never lose sight of the hope we had
to build a new, just, and caring society in which everyone is at home.
Prayer for Elections 2004
Father in Heaven, Your Son has called us to
work for your kingdom.
We praise you for the women and men who
have answered his call throughout the ages.
Send your spirit to us in our present need
during this election, that with others of goodwill
we may render true Christian service to
our land and people and work that peace may
flourish in truth and justice, love and freedom,
in our country South Africa, in Swaziland,
Zimbabwe, Sudan, and throughout Africa and
the world.
Through Jesus Christ our Lord.
AMEN
Some Principles of Catholic Social Teaching
The Common Good
Throughout history people have been bound together in community
with each other. We depend on each other for our well-being and
development. It is impossible for any of us to live fully human lives as
isolated individuals. We therefore have duties and responsibilities
towards each other. We should order our lives in such a way that we
advance not only our own interests, but also recognise and promote
the community‟s interests – in other words, the common good. We
should therefore avoid those choices which, while they may appear to
be to our individual advantage, are not favourable to the good of the
community as a whole – to all the children, women, and men with
whom we share life. „The Common Good‟ means thinking for each
other.
Subsidiarity
The principle of “subsidiarity” in Christian social teaching promotes
20
participation. It protects the rights and dignity of individuals and
groups in the face of more powerful individuals and institutions,
especially the state. Those things that can be decided or done by
those who are directly affected should not be overridden by higher
authorities.
Participation affirms our right and our capacity to decide for ourselves
how to organise our relationships and how to enter into agreements
with others. „Subsidiarity‟ means having the opportunity to participate
fully.
Solidarity
Solidarity is a firm and persevering determination to commit myself to
the common good; that is to say, to the good of all and of each
individual because we are all really responsible for all. „Solidarity‟
means sharing each other‟s joys and problems and „hanging together‟
as a whole society.
The Common Destiny of Goods
The church has always upheld the right to private property, seeing it
as an essential aspect of human freedom. However, it is by no means
an absolute right – it is subject to the overriding consideration that all
created things are intended for the good of the whole human
community. Thus, the way owners of property use their goods – be it
land, money, technology, natural resources, or manufactured things –
must take into account the fact that they belong, in the first instance,
to the community as a whole. We, as individuals, have a right of use
over them for the common good. We abuse this right when we use
goods in a selfish manner, depriving others of their right to the
benefits that flow from them. This can occur through wasteful or
extravagant use of property, or through attempts by a few to gain
greater and greater wealth at the expense of the majority. Such
behaviour harms the common good of the community. It is a denial of
God‟s purpose in providing us with the created world and its
resources. That is why the church, for example, believes that
privately-owned AIDS medicines should be made freely available to
the many poor people who are suffering from AIDS but cannot afford
treatment. „The Common Destiny of Goods‟ means that things should
be used for the good of all.
21
The Integrity of Creation
While it is true that we have been given the created world in all its
richness and diversity, creation is not ours to do with as we choose.
We show our respect to the Creator by the way in which we relate to
all that God has created. “God saw that they were good” (Gn1). We
are all called to a stewardship that we have to exercise with due
reverence and responsibility. Activities that result in ecological
destruction or that over-use natural resources are not only an abuse
of what God has given to us, but a denial of that gift to others –
especially to future generations. „The Integrity of Creation‟ means
respect and care for our living environment.
A Process to Decide How to Vote
Reflection is a Christian virtue. Find some quiet time over the coming
weeks to reflect on your responsibility as a citizen and a Christian to
participate in the election. You could do this all at once or over few
shorter periods of time. Choose a quiet place like a room in your
house, a garden or park, your church, or any other quiet place.
However, you must first read or listen to what the different political
parties are saying about why you should vote for them. Get this
information from listening to radio advertisements, attending public
meetings of the parties, or reading the election manifestos of the
parties.
Step One:
Begin with a prayer by inviting the Holy Spirit to guide you in your
reflection. A suggested prayer is provided above.
Step Two:
Reflect on the past decade in South Africa: What has been good and
what has been bad? Remember the difficult apartheid times if you are
old enough, and remind yourself of the vision you have for a better
future for our society.
Step Three:
Reflect on our current situation: What are the main social problems in
South Africa today, and in South Africa‟s relations with other countries
in Africa and the world?
Step Four:
Reflect on the different political parties who want you to vote for
them: What do they say about the key problems you identified?
22
(Remember to reflect on the whole manifesto of the party, not on just
one aspect of it)
Step Five:
Reflect on this situation from the perspective of your faith: In what
direction does the Gospel of Christ and the social teaching of the
church guide you personally? (Reflect on a few Gospel texts. In
addition, a brief summary of some principles of Catholic Social
Teaching is given above. Remember to consider whether you want to
vote selfishly or out of concern for others too, especially those who
are most vulnerable in our society).
Step Six:
Decide which party you want to vote for in this election.
© Copyright 2004
Southern African Catholic Bishops’ Conference
Justice and Peace Department
LA SOLIDARIETA’ CON GLI ALTRI PAESI AFRICANI
Non minore è stata l’attenzione della Chiesa sudafricana verso
le vicissitudini di altri Paesi africani, in particolare, negli ultimi
anni, verso il vicino Zimbabwe di Robert Mugabe.
LA CHIESA SUDAFRICANA DENUNCIA LE VIOLAZIONI DEI
DIRITTI UMANI IN NIGERIA
(aprile 1995)
PRETORIA - Dopo avere per anni denunciato l'ingiustizia
dell'"apartheid", il regime di segregazione razziale ormai abolito in
Sudafrica, la Commissione episcopale sudafricana della giustizia e
della pace, insieme a diversi esponenti di altre confessioni religiose di
quel Paese, si sta mobilitando contro le violazioni dei diritti umani in
Nigeria. i membri dell'organizzazione hanno partecipato nei giorni
scorsi ad una marcia di protesta davanti all'Ambasciata nigeriana
contro l'esecuzione, il 10 novembre scorso, dello scrittore nigeriano
Ken Saro-Wiwa e di altri otto attivisti dell'opposizione, accusati
ingiustamente di omicidio. La Commissione della giustizia e della pace
dell'arcidiocesi di Città del Capo ha inviato alla compagnia petrolifera
23
"Shell" una petizione in cui le si chiede di "prendere le distanze dal
regime militare del generale Abacha" con il quale ha stipulato diversi
contratti. Il Sudafrica e le Chiese sudafricane hanno "un ruolo morale"
da svolgere nella campagna internazionale contro il governo
dittatoriale nigeriano, ha sottolineato in un'intervista uno dei
responsabili della Commissione, il quale, peraltro, ha osservato che
questa campagna rischia di essere inutile, se non ha il sostegno attivo
del popolo nigeriano.
(Cns: 30 novembre - ZENGARINI)
VISITA DI UNA DELEGAZIONE DI VESCOVI SUDAFRICANI
IN SUDAN
(marzo 2000)
PRETORIA. – Una delegazione della Conferenza episcopale dell’ Africa
Meridionale (Sacbc) ha visitato il Sudan dal 20 al 31 marzo. Lo ha
reso noto oggi la stessa Conferenza, che raccoglie gli episcopati del
Botswana, del Sudafrica e dello Swaziland. La visita è stata fatta su
invito del vescovi del paese. La delegazione della Sacbc era composta
dal Presidente mons. Willfred Napier, arcivescovo di Durban, dal
Vicepresidente mons. Michael Coleman, vescovo di Port Elizabeth, da
mons. Patrick Mvemve del Comitato esecutivo e da Ashley GreenThompsono, coordinatore di Giustizia e Pace Sudafrica. La delegazione
ha visitato Nairobi, Khartoum e le diocesi di Torit, di Rumbek, di Yei e
di Yambio. Il comunicato della Conferenza episcopale dell’Africa
Meridionale ricorda i 17 anni di oppressione e di guerra del governo
islamico di Karthoum contro le popolazioni cristiane ed animiste del
Sudan Meridionale. Sinora sono state 2 milioni le persone uccise,
mentre altri milioni di sudsudanesi hanno dovuto abbandonare la loro
terra. La delegazione episcopale si dice allarmata per le condizioni
disastrate in cui sono costretti a vivere questi senza più patria,
soprattutto nei campi per rifugiati attorno alla capitale Khartoum e in
quelli di Jebel Aulia, di Jabarona e di Dar el Salaam. In questi campi
manca l’acqua, non vi è assistenza sanitaria né scuole. Le uniche sono
gestite da cattolici, ma vengono distrutte. L’arcidiocesi di Khartoum è
stata, negli ultimi due anni, nella impossibilità di avere
dall’amministrazione locale l’autorizzazione a costruire nuovi locali per
scuole, per ambulatori, per insegnare un lavoro.
Al contrario si moltiplicano le costruzioni di moschee con aiuti
governativi. Il regime chiama tutto ciò “libertà di religione sotto la
legge islamica”. Il comunicato della Conferenza episcopale dell’Africa
24
Meridionale rimarca anche i bombardamenti aerei subiti a ripetizione
da chiese, scuole ed ospedali cattolici. La morte, ripresa in video, di
40 scolari di una scuola sui Monti Nuba colpita dalle bombe ha scosso
l’opinione pubblica. “Il popolo del Sudan agogna la pace – rileva il
comunicato. Per un paese ricco di ogni risorsa, è inaccettabile che la
comunità internazionale non dedichi una più grande attenzione per
dare la pace al Sudan. I vescovi dell’Africa Meridionale sollecitano a
collaborare tutte le parti dell’Igad, l’Autorità intergovernativa per lo
Sviluppo, coinvolte nel processo di pace, compresi il governo
sudanese e l’Esercito/Movimento di liberazione Popolare del Sudan
(Splm/A), perché si impegnino seriamente a trovare quanto prima
una soluzione al conflitto”. “La Sacbc – conclude il comunicato – invita
la comunità internazionale, specialmente il governo del Sudafrica, a
premere sul governo di Khartoum perché cessi di bombardare le
popolazioni del Sud e perché si impegni in seri colloqui di pace.
L’instaurazione di un’area interdetta al volo è una immediata misura
per efficaci colloqui. La Chiesa dell’Africa Meridionale continua a
pregare per il popolo del Sudan e continuerà il proprio sostegno alla
Chiesa in Sudan nei suoi sforzi per raggiungere una pace giusta”.
(Comunicato 10 apr. - ZENGARINI)
I VESCOVI CRITICANO GLI ACCORDI DI COOPERAZIONE FRA
COMPAGNIE PETROLIFERE SUDAFRICANE
E IL GOVERNO SUDANESE
(Luglio 2001)
PRETORIA - La Chiesa Cattolica sudafricana critica con forza gli
accordi di cooperazione fra le compagnie petrolifere sudafricane e il
governo di Khartoum. In un comunicato ufficiale pubblicato il 20 luglio
si dice che "Data la nostra esperienza sotto l'apartheid, vorremmo
essere gli ultimi a sostenere un governo che è in guerra con la sua
stessa popolazione". Soekor, una compagnia parastatale per
esplorazioni petrolifere è ad uno stadio avanzato per negoziare
un'espansione delle sue attività in Sudan. Nel comunicato il Presidente
della Conferenza dei vescovi dell’Africa Meridionale (Sacbc), card.
Wilfrid Napier, arcivescovo di Durban, afferma: "Attraverso questi
negoziati per nuove concessioni, il governo sudanese offre come
'disponibili', aree che non sono state ancora 'liberate' dalla
popolazione del luogo. Siamo preoccupati che il Sudafrica contribuisca
all'escalation del conflitto in Sudan. Questo è contrario alle intenzioni
dichiarate dal nostro governo di voler promuovere giustizia,
25
democrazia e pace in quel paese".
"La nostra preoccupazione è confermata dalla dichiarazioni fatte dal
vice-primo ministro Susan Shabangu da Khartoum all'inizio di luglio.
In esse si afferma che il governo sudafricano si impegna a sviluppare
relazioni con Khartoum nel campo dell'estrazione petrolifera e
mineraria. Il petrolio è fondamentale per la guerra in Sudan. Durante
la nostra visita in Sudan abbiamo visto noi stessi i risultati della
migrazione forzata e dello sradicamento di decine di migliaia di
sudanesi del sud per proteggere i campi petroliferi e gli oleodotti da
attacchi violenti. Migliaia sono stati uccisi o sono morti di fame o
malattia". "Siamo convinti che il petrolio è la causa maggiore della
guerra e un mezzo usato da Khartoum per aumentare le sue capacità
militari" continua il card. Napier. "Gli accordi della Soekor con
Khartoum sosterranno solo uno degli interlocutori del conflitto
sudanese, andando ad aumentare le sofferenze della popolazione del
sud. Tutto ciò viene ad inficiare il ruolo di mediatore che il governo
sudafricano ha rivestito sinora. In più, organizzazioni internazionali
hanno domandato da tempo alle compagnie petrolifere di sospendere
le attività in Sudan per sostenere il processo di pace." "La Sacbc è
perciò profondamente preoccupata: le compagnie sudafricane che
comprano petrolio dal Sudan stanno lavorando contro lo stabilirsi di
un effettivo processo di pace". Il card. Napier ha chiesto a Phumzile
Mlambo-Ngcuka, Ministro per gli Affari Minerari e dell'Energia, di
intervenire per fermare questo aperto sostegno a una delle parti del
conflitto sudanese, che è anche accusato di serie violazioni ai diritti
umani. La prossima settimana una delegazione sudanese guidata da
Osman Ismail, Ministro degli Esteri, si recherà in Sudafrica. La Sacbc
ha ottenuto di incontrare la delegazione per chiarimenti.
(Fides: 20 lug)
LA SACBC DENUNCIA L’ILLEGALITA’ E LA VIOLENZA DEL
REGIME DI ROBERT MUGABE IN ZIMBABWE
(aprile 2000)
PRETORIA. - La Conferenza episcopale dell’Africa meridionale (Sacbc),
che raccoglie gli episcopati del Botswana, del Sudafrica e dello
Swaziland, ha denunciato, in un comunicato, l’illegalità e la
deplorevole violenza cui è sottoposto lo Zimbabwe e richiama ad un
ritorno alla pace per il bene di tutti. Il riferimento è alla ondata di
attacchi e di invasioni delle grandi proprietà terriere dei bianchi nello
Zimbabwe ad opera dei veterani della lotta per l’indipendenza e dei
26
sostenitori del presidente Robert Mugabe. Il partito-Stato Zanu-Pf
(Unione Nazionale Africana Zimbabwe-Fronte Patriottico) sta
cavalcando la tigre dello scontro razziale. I bianchi zimbabwiani sono
circa 75 mila, contro 12 milioni di neri. A maggio vi sono le elezioni e
Mugabe tenta di bloccare l’ascesa delle opposizioni. Diversi proprietari
terrieri bianchi, i cosiddetti farmer, stanno abbandonando le loro
proprietà. La prospettiva di un esodo dei farmer, che sono i principali
clienti del sistema bancario dello Zimbabwe, preoccupa Pretoria. Il
rand sudafricano, infatti, ha subito un forte deprezzamento a causa
dei timori di una bancarotta ad Harare. I vescovi dell’Africa
meridionale, nel loro comunicato, rilevano come “persone di ogni ceto
sociale sono state ferite, ed anche uccise, per l’invasione delle
fattorie”. “Il presidente Mugabe – continua il comunicato – sembra
aver adottato un atteggiamento d’indifferenza verso la stabilità futura
e verso la prosperità del paese e delle persone, che lo hanno eletto
per servire”. I vescovi aggiungono che è riprovevole come i
responsabili politici dello Zimbabwe non solo non siano riusciti a
ristabilire l’ordine, ma in realta paiono incoraggiare l’illegalità. La
questione delle terre – è il commento finale - doveva essere risolta nei
venti anni successivi all’indipendenza. (Comunicato, Afp, Adnkronos
10 apr. - DIONISI)
APPELLO DEI VESCOVI PER UN INTERVENTO DEL GOVERNO
SUDAFRICANO NELLA CRISI IN ZIMBABWE
(febbraio 2003)
CITTA’ DEL CAPO - I vescovi del Sudafrica sollecitano il governo di
Pretoria ad un “urgente e diretto” intervento nell’attuale crisi politica
ed economica nel vicino Zimbabwe. Il Paese, denuncia il portavoce
della Conferenza episcopale Mons. Buti Tihagale, è “sull’orlo di una
guerra civile” ed è minacciato da una grave crisi alimentare ed
energetica e da una escalation del “terrorismo organizzato di Stato”.
Questo mentre le autorità sudafricane continuano a respingere i
ripetuti appelli ad intervenire per evitare un ulteriore catastrofe. A
preoccupare i presuli sono, in particolare, i cosiddetti “Green
bombers”, gruppi paramilitari addestrati dalle forze governative per
essere usati come potenziali strumenti di terrore. Queste milizie si
sono già macchiate nei mesi scorsi di rapimenti e torture contro gli
oppositori del regime di Robert Mugabe. Un altro motivo di grave
preoccupazione per i vescovi sudafricani è l’esclusione arbitraria dagli
aiuti alimentari destinati alle popolazioni colpite dalla carestia di chi
27
non dimostra la sua totale fedeltà al partito Kanu-Pf al potere. Di qui il
pressante appello dei vescovi al governo sudafricano ad “usare
urgentemente la propria influenza per facilitare una giusta soluzione
negoziata pacificamente della crisi nello Zimbabwe” per il popolo di
quel Paese, ma anche nell’interesse di tutta la regione. “Non possiamo
aspettare – ammoniscono in conclusione i vescovi - di essere invitati
ad intervenire mentre milioni di nostri vicini soffrono”.
(Comunicato Sacbc 7 feb. - ZENGARINI)
IL CARDINALE NAPIER SULLE SANZIONI
CONTRO LO ZIMBABWE
(luglio 2004)
JOHANNESBURG - Il cardinale Wilfrid Fox Napier, Presidente della
Conferenza dei vescovi cattolici dell’Africa meridionale (Sacbc), ha
chiesto al governo di Pretoria di applicare sanzioni contro lo Zimbabwe
per protestare contro la politica repressiva del presidente Robert
Mugabe che sta portando quel Paese al collasso. L’arcivescovo di
Durban si unisce così alle severe critiche mosse dalla Chiese cristiane
della regione contro il partito “Zanu-Pf” al potere in Zimbabwe e alla
stessa diplomazia sudafricana che si è sinora astenuta da qualsiasi
intervento contro il regime di Mugabe. Una politica che secondo il
Presidente del Consiglio delle Chiese dell’Africa del Sud (Sacc) Russel
Botman è “clamorosamente fallita”. Intervistato dall’agenzia di
stampa sudafricana “Sapa”, il cardinale Napier ha ricordato, da parte
sua, come le sanzioni imposte dalla comunità internazionale contro il
regime segregazionista sudafricano abbia contribuito ad accelerare la
fine dell’apartheid. Il suo appello segue il duro intervento di Mons.
Pius Ncube, arcivescovo di Bulawayo, che dopo avere denunciato a
fine giugno lo stato di prostrazione in cui versa oggi lo Zimbabwe, ha
accusato la settimana scorsa l’Organizzazione per l’unità africana
(Oua) e il Sudafrica di complicità con le violazioni dei diritti umani
perpetrati dal regime di Mugabe per i loro silenzi. Una passività che
anche il cardinale Napier giudica incomprensibile, precisando che
comunque le sanzioni contro lo Zimbabwe dovranno esser applicate
“in modo intelligente” e secondo la volontà del popolo di quel Paese.
(Apic 18 lug - ZENGARINI)
28
DICHIARAZIONE DEI VESCOVI SULL’USO DEI PROFILATTICI
CONTRO LA DIFFUSIONE DELL’AIDS
(aprile 1999)
JOHANNESBURG - L'aumento della distribuzione di profilattici non
potrà mai prevenire la diffusione dell'AIDS, la Sindrome da immunodeficienza acquisita, ma servirà solo ad incoraggiare la gente a
comportamenti sessuali sbagliati. Così i vescovi del Sudafrica hanno
commentato in una dichiarazione la recente decisione del governo
sudafricano di distribuire gratuitamente migliaia di preservativi per
contrastare la diffusione della malattia nel Paese. "Alcune autorità e
diversi membri del Governo - scrivono i vescovi nel documento indicano nell'uso del contraccettivo maschile il mezzo per prevenire la
diffusione dell'AIDS. Tuttavia il preservativo non è assolutamente
affidabile. Se una persona, malgrado il suo uso, continua a condurre
una vita sessuale sregolata, essa rimane molto esposta al rischio di
contaminazione dal virus dell'HIV". Secondo l'episcopato sudafricano,
invece di incitare i sudafricani ad utilizzare preservativi, si dovrebbe
piuttosto esortarli a cambiare il loro atteggiamento verso certi
comportamenti sessuali. I presuli insistono in particolare sulla
responsabilità di ogni persona sieropositiva di evitare il contagio: essa
deve dimostrare la propria considerazione verso gli altri "con
l'astinenza sessuale e seguendo cure appropriate". I giovani e gli
adulti, concludono quindi i presuli, devono considerare i loro partners
"come persone veramente degne (...) non come dei semplici oggetti
di piacere sessuale. Solo una reciproca fedeltà sessuale può eliminare
la causa prima della diffusione dall'AIDS". (Dia 14 apr. - ZENGARINI)
I VESCOVI ISTITUISCONO UNO SPECIALE UFFICIO PER L’AIDS
(1999)
PRETORIA - I vescovi del Sudafrica hanno deciso di costituire uno
speciale ufficio cattolico per l'AIDS per coordinare l'attività dei vari
enti cattolici sudafricani impegnati nella lotta contro la diffusione del
virus che anche in questo Paese ha assunto dimensioni allarmanti.
L'istituzione del nuovo ufficio, che avrà sede a Pretoria, è stata decisa
nel corso della loro ultima assemblea plenaria, lo scorso mese di
agosto. Esso opererà sotto la supervisione dell'Istituto Cattolico
dell'Educazione (CIE), del Catholic Health Care (CATHCA) e
dell'Agenzia per lo Sviluppo e il Benessere (DWA) e di tre vescovi.
L'ufficio non avrà come compito quello di promuovere o gestire
29
specifici programmi contro l'AIDS, né di formare o fornire personale
specializzato in questo campo, quanto piuttosto di coordinare le
attività dei suddetti enti. Esso lavorerà in collaborazione anche con
altri organismi in qualche modo interessati al problema come la
Commissione della Giustizia e della Pace o quella della pastorale
giovanile. (Comunicato della SACBC 1 ott. - ZENGARINI)
APPELLO CONGIUNTO DEI VESCOVI CATTOLICI E ANGLICANI
PER UN’AZIONE PIU’ ENERGICA CONTRO AIDS
(settembre 2001)
CITTA' DEL CAPO - E' ora che Governo sudafricano reagisca più
energicamente per fermare la diffusione dell'AIDS nel Paese. E' il
pressante appello lanciato dai vescovi cattolici e anglicani del Sudafrica
che in una dichiarazione congiunta diffusa nei giorni scorsi a Città del
Capo accusano le autorità di ignorare gravità del pericolo della
diffusione del virus nel Paese. Secondo le statistiche ufficiali, nei primi
otto mesi di quest'anno più di 250 mila persone sono morte di AIDS
che, come ha affermato il portavoce della Conferenza episcopale
sudafricana, è diventata ormai la principale causa di morte in Sudafrica.
Per questo i vescovi anglicani e cattolici hanno deciso di lanciare una
campagna comune di prevenzione e sensibilizzazione coordinando
meglio i loro sforzi nella difficile lotta contro la diffusione del virus, che
secondo le previsioni degli esperti nel 2010 avrà provocato 6 milioni di
morti in Sudafrica. (Apic 24 set. - ZENGARINI)
SUDAFRICA: GIUDIZIO POSITIVO DEI VESCOVI SULLA
PUBBLICAZIONE DI UN RAPPORTO GOVERNATIVO SULLA
DIFFUSIONE DELL’AIDS
(Ottobre 2001)
CITTA' DEL CAPO. - I vescovi del Sudafrica hanno accolto con
soddisfazione la decisione del Governo del Presidente Thabo Mbeki, di
rendere finalmente noti i dati di un rapporto governativo sulla diffusione
dell'Aids nel Paese. Il rapporto, preparato dalla Commissione
governativa per la ricerca medica, in sostanza conferma che il problema
dell'Aids in Sudafrica ha assunto ormai dimensioni devastanti,
diventando la principale causa di morte nel Paese e che senza un
decisivo intervento da parte del Governo e un cambiamento delle
abitudini sessuali della popolazione, nel 2010 avrà provocato la morte di
30
almeno 7 milioni di persone. Una situazione drammatica da tempo
denunciata dalle Chiese sudafricane e da altre organizzazioni impegnate
nella lotta alla diffusione del virus, che hanno più volte criticato il
Governo di Thabo Mbeki per la sua passività e reticenza sull'argomento.
La stessa reticenza che lo ha portato in questi mesi a non volere
diffondere i dati del rapporto, già pronto da diverso tempo. Come ha
rilevato, in un'intervista all'agenzia Cns, suor Alison Munro, responsabile
dello speciale Ufficio di coordinamento per l'Aids istituito due anni fa
dalla Conferenza episcopale sudafricana, "Il pubblico ha diritto ad avere
questo tipo di informazione". "E' folle - ha aggiunto la religiosa nasconderlo e negare quanto sta succedendo". (Cns 23 ott. ZENGARINI)
COMUNICATO FINALE DELL’INCONTRO DEL SECAM SULL’AIDS A
CITTA’ DEL CAPO
(1 dicembre 2001)
CITTA' DEL CAPO - "La Chiesa africana deve assumere un ruolo guida
nella lotta contro l'Aids a tutti i livelli" così da diventare "veramente la
voce dei senza voce e la speranza dell'Africa". Questa, in estrema
sintesi, la conclusione, quale si legge nel comunicato finale, di un
incontro dei Segretari generali delle Conferenze episcopali africane
dedicato alle risposte della Chiesa di fronte al dramma dell'Aids nel
continente. L'incontro, promosso sotto gli auspici del Secam, il Simposio
delle Conferenze episcopali dell'Africa e del Madagascar, si è svolto dal
26 novembre al 1 dicembre a Città del Capo in Sudafrica. Al centro dei
lavori vi è stata la discussione delle risposte pastorali e teologiche della
Chiesa a quello che per l'Africa è ormai diventato un vero flagello che
sta distruggendo l'intero tessuto sociale ed economico delle società
africane. L'Aids infatti, si legge nel comunicato finale, non sta solo
"rubando la vita a milioni di persone", ma è diventato un ulteriore
insormontabile ostacolo allo sviluppo di questo continente, contribuendo
ad allargare ulteriormente "il divario tra ricchi e poveri nel mondo". Di
fronte a questa tragedia la Chiesa, quale continuatrice "della missione di
Cristo sulla Terra", è chiamata innanzitutto a proclamare ancora una
volta i valori del Vangelo: quello della sacralità e dignità della vita
umana, che ci ricorda come ogni malato di Aids abbia diritto alla vita, al
sostegno e alla cura, quello della compassione, la stessa che Gesù ebbe
verso tutti gli emarginati e quello della solidarietà. Una solidarietà,
annota il documento, che si esprime anche attraverso l'insegnamento
"degli autentici valori" della vita, della castità e della fedeltà coniugale
31
quale unico efficace rimedio contro la diffusione del virus. Come famiglia
di Dio, la Chiesa non può poi non affrontare la situazione della donna e
dei bambini nelle società africane, le principali vittime del virus. In
particolare, sottolinea il comunicato, è necessario incoraggiare gli
uomini africani a mettere da parte una cultura che "degrada la donna" e
a riconoscere il ruolo centrale da essa svolto nella società. Quanto ai
bambini, il documento nota con preoccupazione l'aumento drammatico
degli orfani dell'Aids in tutto il continente. A questi e ad altri bambini
sfortunati le comunità e le famiglie cristiane africane sono chiamati "ad
aprire i cuori e le porte". Il documento conclude quindi con l'impegno ad
intensificare gli sforzi nella lotta contro la diffusione della malattia,
lavorando in collaborazione con gli organismi internazionali e con le case
farmaceutiche, attraverso la promozione di programmi di prevenzione e
iniziative di solidarietà. (Comunicato 5 dic. - ZENGARINI)
COSA HA FATTO LA CHIESA SUDAFRICANA PER L’AIDS?
(febbraio 2002)
PRETORIA. - Cosa ha fatto la Chiesa sudafricana a favore dei malati di
Aids e contro la diffusione del virus Paese? Molto, moltissimo, se solo
si considera che lo speciale Ufficio per l'Aids, istituito dalla Conferenza
episcopale poco più di due anni fa, è il più grande erogatore, dopo lo
Stato, di servizi e programmi di assistenza e prevenzione dell'Aids in
tutto il Paese. In un comunicato diffuso ieri, i vescovi sudafricani
rispondono così alla domanda provocatoria scritta su alcuni manifesti
esposti in queste settimane lungo le strade di Città del Capo e a
Johannesburg. Tra il giugno 2000 e il novembre 2001, informa il
comunicato, l'Ufficio per l'Aids, ha stanziato un totale di quasi 14
milioni e mezzo di Rand per finanziare 116 progetti per l'Aids.
Progetti, alcuni all'avanguardia, che riguardano i diversi aspetti del
problema: dall'assistenza agli orfani, alla prevenzione, alle cure dei
malati. Grazie alla sua fitta rete di parrocchie, istituti religiosi e altre
organizzazioni, la Chiesa raggiunge le aree più remote e degradate del
Paese, molto meglio di quanto non riescano fare gli enti governativi,
come ammette lo stesso Ministero della Sanità. Se la Chiesa
"disapprova il tentativo di combattere la diffusione dell'Aids attraverso
la distribuzione indiscriminata di profilattici - ricorda il portavoce della
Conferenza episcopale, Mons. Reginald Cawcutt - essa sostiene con
convinzione e promuove l'educazione ai valori e la prevenzione" quali
unici rimedi veramente efficaci contro la malattia. Un impegno che
vede coinvolti in prima fila i vescovi nelle rispettive diocesi,
32
validamente coadiuvati dai religiosi e dalle religiose impegnati in
questo campo. La Chiesa cattolica in Sudafrica, conclude quindi il
comunicato, fa molto di più contro l'Aids di quanto non facciano altre
istituzioni, ma "lo fa silenziosamente, senza fanfare".(Comunicato
Sacbc: 25 feb – ZENGARINI)
I VESCOVI GIUDICANO POSITIVAMENTE LO STANZIAMENTO DI
MAGGIORI FONDI PER L’ASSISTENZA AI MALATI DI AIDS, MA
CRITICANO L’AUMENTO DELLE SPESE MILITARI
(Marzo 2002)
PRETORIA - I vescovi sudafricani giudicano la nuova legge finanziaria
presentata dal Governo di Pretoria sbilanciata, perché riserva una parte
eccessiva alle spese militari a fronte di spese sociali inadeguate.
Attraverso la Commissione della giustizia e della pace, la Conferenza
episcopale ha espresso la sua preoccupazione per la riduzione delle
spese pubbliche per la previdenza e i servizi sociali. Se da un lato i
vescovi giudicano positivamente l'aumento degli stanziamenti per
l'assistenza ai malati di Aids e per migliorare l'efficienza del sistema
giudiziario e delle forze di polizia, essi si dicono delusi dagli scarsi
investimenti per l'occupazione, nonché dall'inadeguato aumento delle
pensioni e dalla mancata abolizione dell'Iva sui prodotti alimentari di
prima necessità. Quanto alle spese militari, osservano i vescovi, il loro
aumento è inconcepibile in un paese come il Sudafrica che conta 20
milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà e tre milioni di
famiglie senza casa. In conclusione, secondo i vescovi sudafricani la
nuova legge finanziaria non è in grado di rispondere ai bisogni delle
masse di poveri nel paese e di stimolare uno sviluppo sociale
sostenibile. (Dia: 11 mar. - ZENGARINI)
NUOVO APPELLO DEI VESCOVI PER UN’AZIONE PIU’ ENERGICA
DEL GOVERNO NELLA LOTTA CONTRO L’AIDS
(Aprile 2002)
PRETORIA - I vescovi sudafricani tornano a chiedere al governo di
Pretoria un'azione più energica e sollecita nella lotta contro la
diffusione dell'Aids in Sudafrica. In un comunicato diffuso giovedì, essi
esprimono la loro preoccupazione per il ritardo nell'attuazione nel
paese dei programmi di prevenzione della trasmissione del virus Hiv
da madre a figlio (Mtct, in sigla). "L'attuale situazione di stallo annotano i presuli - serve solo a negare una possibilità di
33
sopravvivenza ai non nati, causa rabbia e frustrazione tra i malati di
Aids, fa perdere tempo prezioso e le poche risorse disponibili e, quel
che è peggio, conferma l'impressione che il Governo sudafricano sia
indifferente alla sorte del popolo che lo ha eletto". I programmi Mtct,
prevedono oltre all'accesso alle terapie retrovirali di breve termine che
permettono di dimezzare il rischio di trasmissione madre-figlio,
consulenze a titolo volontario, esami di laboratorio, assistenza a
domicilio e semplici trattamenti contro le infezioni opportunistiche.
Essi presuppongono quindi un'adeguata formazione delle risorse
umane e un sistema sanitario pubblico efficiente. Secondo i vescovi,
l'inadeguatezza
delle
strutture
sanitarie
in
Sudafrica
e
l'impreparazione del suo personale sanitario non sono una ragione
sufficiente per impedire o ritardare l'attuazione di questi programmi di
prevenzione contro l'Aids, che devono invece diventare "un'occasione
per ricostruire il nostro disastrato sistema sanitario nazionale, per
riformare un personale sotto-qualificato e demotivato, rafforzare ed
estendere la campagna di sensibilizzazione e di educazione sull'Aids e
promuovere programmi contro la povertà". Da parte sua, concludono i
vescovi, la Chiesa conferma il suo impegno "a collaborare con tutti
coloro che lavorano per la difesa e la promozione della vita".
(Comunicato: 11 apr. - ZENGARINI)
IN UNA NUOVA NOTA ANCORA UN APPELLO AL GOVERNO
SULL’AIDS
(gennaio 2003)
CITTA’ DEL CAPO - I vescovi del Sudafrica tornano ancora una volta a
premere sulle autorità sudafricane per un’azione più energica nella
lotta contro l’Aids nel Paese. In una nota diffusa la settimana scorsa,
lo speciale Ufficio dei vescovi per l’Aids, unendosi alle crescenti
pressioni dell’opinione pubblica, chiede al governo di riconoscere la
possibilità di utilizzare farmaci antiretrovirali generici a minor costo in
deroga alle leggi internazionali sui brevetti che lo vietano. “Le case
farmaceutiche non possono continuare a tenere in ostaggio il governo
e gli individui sui costi delle medicine contro l’Aids”, afferma la nota,
esprimendo il sostegno dei vescovi alle istanze dell’Associazione
nazionale delle vittime dell’Hiv/Aids che premono per un maggiore
accesso ai trattamenti antiretrovirali. Come è noto, la questione è al
centro di una forte controversia all’interno dell’Organizzazione
mondiale del commercio (Wto), tra i Paesi poveri che chiedono una
maggiore flessibilità della legge internazionale sui brevetti a tutela
34
della salute pubblica e le grandi multinazionali del farmaco che vi si
oppongono in nome dei diritti della proprietà intellettuale. Citando i
dati del Rapporto 2002 del Programma dell’Onu contro l’Aids, l’Ufficio
per l’Aids dei vescovi sudafricani rileva come i prezzi dei farmaci
antiretrovirali si è nettamente abbassato in Paesi dove sono disponibili
farmaci generici e si applicano prezzi differenziati per medicinali
contro la malattia secondo le singole necessità e disponibilità
economiche. Di qui l’appello ai governi e alle compagnie
farmaceutiche operanti nell’Africa australe “ad accelerare l’attuazione
di chiare ed efficaci strategie per la cura dell’Aids e a produrre farmaci
generici distribuiti gratuitamente o sovvenzionati dallo Stato”.
(Cns: 10 gen. - ZENGARINI)
CONFERENZA SULL’IMPEGNO DELLA CHIESA SUDAFRICANA
CONTRO L’AIDS
(febbraio 2003)
JOHANNESBURG – Lo speciale Ufficio per l’Aids della Conferenza
episcopale sudafricana organizza da domani fino al 7 febbraio a
Johannesburg una conferenza sul tema: “Aids e responsabilità”.
L’incontro, organizzato in collaborazione con la Società Teologica
cattolica del Sudafrica, sarà ospitato dal St. Augustine College di
Johannesburg. 80 delegati ascolteranno le relazioni di eminenti teologi
sul rapporto tra responsabilità, per un verso, e assistenza, cultura
africana, media e prevenzione, per l’altro. Nel programma figurano
anche due conferenze pubbliche domani e giovedì su: “La
Responsabilità nella tradizione cattolica” e “Una cura responsabile in
un mondo afflitto dall‟Aids”. I partecipanti si confronteranno quindi
sulle strategie per migliorare la qualità dell’intervento in questo
ambito della Chiesa sudafricana che, dopo lo Stato, è oggi la
principale erogatrice di servizi e programmi di assistenza e
prevenzione contro l’Aids del Paese. L’incontro si propone, in
particolare, di sviluppare e portare avanti l’impegno della Chiesa
sudafricana nella lotta contro l’epidemia, in sintonia con gli auspici
espressi dal Santo Padre nel 1995 all’Assemblea speciale del Sinodo
dei Vescovi per l’Africa e del Consiglio Mondiale delle Chiese che nel
1997 aveva esortato le Chiese cristiane a “riflettere insieme sui
fondamenti teologici delle loro risposte alle sfide poste dall’Hiv/Aids”.
Le conclusioni della Conferenza saranno pubblicate in un libro
intitolato: “Responsabilità nel tempo dell‟Aids” che uscirà tra qualche
mese. (Comunicato Sacbc: 3 feb. - ZENGARINI)
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GIUDIZIO DEI VESCOVI SUL DISCORSO DEL PRESIDENTE MBEKI
SULLO STATO DELLA NAZIONE CON PARTICOLARE
RIFERIMENTO ALL’EMERGENZA AIDS
(febbraio 2003)
PRETORIA - Apprezzamenti, ma anche critiche vengono mosse dai
vescovi del Sudafrica al discorso sullo stato della Nazione del Presidente
Thabo Mbeki. In particolare, i presuli giudicano positivamente la ferma
presa di posizione del Capo dello Stato sudafricano a favore di una
soluzione pacifica della crisi irachena che possa evitare la tragedia della
guerra con il suo carico di morte e sofferenza e per il rispetto da parte
dell’Iraq delle condizioni poste dall’Onu sulla completa eliminazione delle
armi di distruzione di massa. Essi si dicono invece delusi dal modo in cui
il Presidente Mbeki sta affrontando due questioni di vitale importanza
per il Sudafrica: l’Aids e la crisi nel vicino Zimbabwe. Come è noto, da
tempo la Chiesa in Sudafrica critica l’inadeguatezza della politica del
Governo di Pretoria nella lotta contro l’epidemia nel Paese, il più colpito
del continente africano. Il rapido deterioramento della crisi politica nello
Zimbabwe, come dimostrano le continue violazioni dei diritti umani,
rischia di avere pesanti ripercussioni sul Sudafrica che, rilevano i presuli,
sarebbe impreparato ad accogliere un ingente afflusso di profughi. Su
ambedue questi fronti, il Presidente Mbeki viene quindi esortato a
formulare una politica più chiara e aperta al contributo della società
civile per trovare soluzioni efficaci. Quanto infine alla lotta contro la
povertà, altro tema affrontato da Mbeki nel suo discorso, i presuli
affermano di apprezzare la decisione di estendere gli assegni familiari ai
bambini fino al 14 anno di età, ma giudicano ancora
complessivamente inadeguati i programmi sociali del governo.
(Comunicato Sacbc: 17 feb - ZENGARINI)
I VESCOVI SUGLI AIUTI ALL’AFRICA PROMESSI DAL
PRESIDENTE BUSH, A COMINCIARE DALLA LOTTA
CONTRO L’AIDS
(luglio 2003)
CAPE TOWN - I vescovi sudafricani giudicano, nell’insieme,
positivamente il recente tour africano del Presidente Bush, ma sperano
soprattutto che alle parole seguano i fatti, che cioè essa sia veramente il
primo passo verso un maggiore impegno degli Stati Uniti a favore del
Continente. A cominciare dalla lotta contro l’Aids, la prima emergenza
dell’Africa sub-sahariana, per la quale, come è noto, il Presidente
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americano si è impegnato ad investire 15 miliardi di dollari in 5 anni. “La
nostra speranza è che durante la sua visita Bush abbia visto quanto sia
grave la pandemia qui e quanto sia urgente un’azione concreta”, ha
dichiarato in un’intervista all’agenzia Cns il cardinale Wilfrid Napier,
arcivescovo di Durban e Presidente della Conferenza sudafricana
(Sacbc). “La visita di Bush dimostra il suo impegno per l’Africa e che il
continente è ancora nell’agenda mondiale, ma siamo preoccupati che
alle promesse non faccia seguito l’azione”, ha detto, da parte sua,
Neville Gabriel, direttore della Commissione episcopale della giustizia e
della pace. “Quello che vogliamo è una sostanziale e costante
cooperazione sulle questioni commerciali, la cancellazione del debito e
l’aiuto allo sviluppo”, ha precisato. Concretamente questo significa, ad
esempio, concordare la riduzione dei sussidi agli agricoltori negli Stati
Uniti, “senza la quale la povertà in Africa continuerà a crescere”. Dello
stesso tenore le osservazioni dei Catholic Relief Services (Crs), la
Caritas statunitense, che in un una nota diffusa l’11 luglio, al termine
della visita, ha plaudito gli sforzi del Presidente per aiutare l’Africa ad
affrontare le sue emergenze, rilevando tuttavia che i fondi promessi non
coprono ancora molti bisogni del continente.
(Cns: 14 lug. - ZENGARINI)
NOTA A CONCLUSIONE DELLA PLENARIA
DEDICATA ANCHE ALL’AIDS
(febbraio 2004)
PRETORIA - I vescovi del Sudafrica tornano ancora una volta a premere
sul governo perché faciliti l’accesso ai farmaci antiretrovirali per l’Aids e
garantisca una migliore assistenza alle persone colpite dalla malattia. In
una nota diffusa al termine della loro plenaria conclusasi il 4 febbraio a
Pretoria, i presuli chiedono alle autorità sudafricane di eliminare “tutti gli
ostacoli burocratici che ostacolano la realizzazione delle iniziative
promosse dalla società civile nel settore sanitario”. “A causa
dell’inefficienza e dell’indifferenza della burocrazia”, infatti, molti malati
e orfani di genitori vittime dell’Aids non possono accedere all’assistenza.
La Chiesa sudafricana è oggi la principale erogatrice di servizi e
programmi di assistenza e prevenzione contro l’Aids del paese, dove
l’incidenza dell’epidemia è tra le più alte al mondo. “Una solida
collaborazione tra lo Stato e la Chiesa in questo settore – rilevano i
vescovi - è l’unico modo per fare in modo che i finanziamenti statali
arrivino a chi ha più bisogno”. Durante l’assemblea, i presuli hanno
anche espresso la loro preoccupazione per il dilagare della corruzione
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che, a dieci anni dalla fine dell’apartheid, minaccia oggi la giovane
democrazia sudafricana. Una piaga contro la quale, ricordano, la Chiesa
è impegnata in prima fila, insieme a altre organizzazioni della società
civile. Di qui l’appello a tutte le persone oneste a “non cedere alla
tentazione della corruzione” e a denunciarla ovunque essa si manifesti.
Un altro importante punto all’esame dell’assemblea è stata
l’approvazione del nuovo Protocollo per gli abusi sessuali sui minori nella
Chiesa, che fissa le procedure da seguire in questi casi. A questo
proposito i vescovi chiedono l’attiva collaborazione dei media per aiutarli
a sradicare questo male. (Cns 5 feb. - ZENGARINI)
DOCUMENTO SULLA GIUSTIZIA ECONOMICA
(1ª edizione pubblicata nel maggio 1999)
JOHANNESBURG. – Ha avuto eco in Sudafrica il documento della
Conferenza episcopale (Sacbc) dedicato alla giustizia in campo
economico. A settembre dell’anno scorso si è resa necessaria la
stampa di una seconda edizione. Il rapporto è suddiviso in otto
sezioni, ciascuna riguardante un tema specifico. Si parla della
necessità di affrontare con urgenza il tema dell'equità sociale per
evitare il diffondersi della criminalità, della povertà e del
sottosviluppo. Dopo il superamento della segregazione razziale, i
vescovi invocano nuove trasformazioni in campo economico,
altrimenti la popolazione non avrà alcuna speranza di poter sviluppare
il suo tenore di vita. Milioni di sudafricani – annota il documento sopravvivono, come Lazzaro, con le briciole provenienti dalle tavole
dei ricchi. Purtroppo i temi connessi con l'economia sono poco
familiari e questa forma di ignoranza fa sentire i cittadini incapaci di
offrire un contributo concreto per la crescita del paese. In sostanza si
sentono tagliati fuori dal sistema. "Ama il prossimo tuo come te
stesso": da questo che uno degli insegnamenti fondamentali di Cristo
è possibile salvaguardare il bene comune, e comprendere l'economia
tenendo ben presenti la solidarietà, l'amore per i bisognosi, il comune
destino dei buoni. Nessuna economia nazionale - continua la
riflessione episcopale - può esistere nell'isolamento e quindi lo
sguardo al di là dei propri confini diventa utile anche per compiere
ulteriori passi verso la distribuzione equa dei beni. E’ necessaria una
giustizia economica, infine, non perché mero bisogno dei poveri e
delle generazioni future, ma perché è Dio stesso che lo chiede.
(Comunicato 26 gen. 2000 - DIONISI)
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DICHIARAZIONE DEI VESCOVI SULLA POVERTA’ AL TERMINE
DELL’ULTIMA PLENARIA
(2 febbraio 2005)
PRETORIA - La povertà uccide ogni settimana quanto lo tsunami ha
fatto lo scorso dicembre nel sud-est asiatico. È quanto affermano i
Vescovi sudafricani in una dichiarazione rilasciata al termine della loro
sessione plenaria conclusa ieri, 2 febbraio. Secondo i Vescovi la lotta
alla povertà rimane la sfida principale non solo per i paesi più poveri,
ma per l'umanità intera. Per questo si chiede uno sforzo deciso per
risolvere la questione del debito dei paesi poveri. Nonostante tante
promesse e solenni dichiarazioni di cancellazione del debito, i cittadini
degli stati impoveriti continuano ancora ad essere gravati dal
pagamento di 100 milioni di dollari al giorno per ripagare il debito
internazionale. I Vescovi chiedono quindi una procedura trasparente
per la cancellazione del debito, allargando il numero dei paesi
ammessi ai programmi di revisione dell'indebitamento.allo stesso
tempo, si chiede ai paesi industrializzati e alle istituzioni internazionali
di favorire la nascita di un sistema finanziario e commerciale globale
più giusto che protegga i posti di lavoro delle comunità più vulnerabili
e che garantisca servizi pubblici essenziali a favore delle popolazioni
più povere. I Vescovi ricordano pure l'impegno dei paesi sviluppati a
portare i fondi per l'aiuto allo sviluppo ad almeno lo 0,7% del loro
Prodotto Interno Lordo, senza però condizionare la concessione di
aiuti al pagamento del debito. Parallelamente, i Vescovi affermano che
anche i leader dei paesi sottosviluppati hanno le loro responsabilità. In
particolare devono varare seri programmi di sviluppo, lottare contro la
corruzione e promuovere il buon governo nell'amministrazione
pubblica. I Vescovi riaffermano infine il loro impegno a portare avanti
programmi per affrontare la povertà, condotti in collaborazione con
istituzioni nazionali e internazionali. (Agenzia Fides 3 gen)
FAVOREVOLI ALLA LIMITAZIONE DELL’ACCESSO ALLE ARMI
PERSONALI QUALE PASSO NECESSARIO PER RIDURRE
L’ALTO TASSO DI VIOLENZA NELLA SOCIETÀ SUDAFRICANA
(febbraio 2004)
PRETORIA - La Chiesa sudafricana sostiene tutti i provvedimenti volti a
regolamentare e a limitare l’accesso e l’uso delle armi personali nel
Paese. Lo ribadisce una nota del “Parliamentary Liaison Office”, lo
speciale ufficio di collegamento con il Parlamento della Conferenza
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episcopale sudafricana (Sacbc), commentando i nuovi regolamenti
attuativi della legge sul porto d’armi varata nel 2001. Il pacchetto
normativo è attualmente all’esame della speciale Commissione
parlamentare per la sicurezza. Tra le novità giudicate molto positive dai
vescovi l’introduzione di un certificato obbligatorio di idoneità per il
possesso di armi. Una disposizione assolutamente necessaria, rileva la
nota, in una società con alti livelli di violenza interpersonale come quella
sudafricana, dove la grande disponibilità di armi ha sempre favorito le
tensioni e si è dimostrata fatale. I presuli giudicano invece lacunosa la
norma che stabilisce che le autorità debbano accertare se il richiedente
il porto d’armi sia stato mai denunciato per violenze domestiche. Per i
vescovi essa non garantisce le donne vittime di queste violenze, dal
momento che solo una piccola parte vengono denunciate. Di qui la
richiesta che venga modificata in senso più restrittivo.
(Comunicato Sacbc 23 feb. - ZENGARINI)
SODDISFAZIONE DEL PORTAVOCE DEI VESCOVI, PADRE EFREM
TRESOLDI, PER LA NUOVA LEGGE SUL PORTO D’ARMI
(luglio 2004)
PRETORIA - “Un passo in avanti decisivo per cambiare la mentalità da
Far West diffusa in Sudafrica", così il portavoce della Conferenza
episcopale del Sudafrica, padre Efrem Tresoldi, commenta la nuova
legge sul porto d'armi entrata in vigore in questi giorni nel Paese. Le
nuove disposizioni, fortemente sostenute dai vescovi, elevano l'età
minima per il porto d’armi da 16 a 21 anni, concedendolo solo a
persone incensurate con l'obbligo di sottoporsi a esami medici e
attitudinali e a un corso per imparare a maneggiare in sicurezza le
armi. “Si tratta di una vittoria di quelle organizzazioni non
governative, appoggiate dalla Chiesa cattolica, che si sono battute con
determinazione per l'adozione di norme più restrittive", ha detto
padre Tresoldi. Questo contro le pesanti pressioni delle lobby dei
produttori e commercianti di armi. La proliferazione di armi da fuoco
in Sudafrica ha portato in questi ultimi anni a un netto aumento dei
delitti, soprattutto in ambito familiare, creando un vero e proprio
clima da Far West. Il Paese ha infatti uno dei più alti tassi di omicidi
del mondo. "La nuova legge è dunque un passo importante per
limitare di molto la diffusione di armi da fuoco detenute legalmente",
anche se, precisa padre Tresoldi rimane ancora aperto il problema dei
traffici illeciti di armi.
(Fides 2 lug)
40
LA PIAGA DEGLI ABUSI NELLA CHIESA
Anche i vescovi sudafricani hanno dovuto fare i conti con la piaga degli abusi
sessuali in seno alla Chiesa, sul quale nel 2002 hanno pubblicato il
documento "Integrità nel ministero" con allegato un protocollo contenente
indicazioni sulla condotta da seguire in queste circostanze. In una lettera
al “South Africa‟s Sunday Times” nel giugno del 2003 il Cardinale Wilfrid
Napier, Presidente della Conferenza episcopale sudafricana (Sacbc), ha
ribadito la ferma volontà dei vescovi di chiedere perdono e riparare “gli
enormi danni che questi comportamenti hanno arrecato a degli innocenti, in
particolare ai bambini”, ma anche la loro determinazione a combattere il
fenomeno a tutto campo, in collaborazione con le autorità giudiziarie, per
mettere i responsabili degli abusi nelle condizioni di non nuocere. Di seguito
la traduzione integrale della lettera pubblicata da Nigrizia:
I recenti rapporti di abusi sessuali da parte di preti cattolici hanno
provocato un diffuso dibattito causando parecchio disturbo e
confusione per molte persone.
Pertanto accogliamo con piacere l‟opportunità, offertaci dal Sunday
Times di puntualizzare ai suoi lettori e ai fedeli, il punto di vista e la
politica della Chiesa Cattolica riguardo all‟abuso sessuale perpetrato
da preti, suore, fratelli e da collaboratori ecclesiali (insegnanti,
catechisti ecc).
Innanzitutto vogliamo affermare in termini inequivocabili che l‟abuso
sessuale commesso da chiunque, ma specialmente da personale
ecclesiale, va condannato come un male morale e dev‟essere trattato
come un crimine aberrante.
Ammettiamo che atti di degenerazione sessuale sono stati commessi
da preti, uomini e donne consacrati, e collaboratori ecclesiali.
Consapevoli dell‟enorme danno che un tale comportamento causa agli
innocenti, in particolare a ragazzi e ragazze affettuosi e fiduciosi, noi,
Chiesa Cattolica del Sudafrica, ci scusiamo sinceramente con le
vittime, le loro famiglie, le loro parrocchie e le loro comunità.
Accettiamo il nostro obbligo morale di fare qualsiasi cosa in nostro
potere per continuare a sostenere le vittime e i sopravvissuti con la
necessaria terapia psicologica e il necessario supporto spirituale.
Intendiamo garantire che le persone responsabili di gravi abusi
sessuali, in particolare nel caso di abusi su bambini, non abbiano mai
più la possibilità di esercitare un ministero ecclesiale che dia loro
accesso a potenziali vittime.
Consideriamo nostro dovere suggerire alle vittime di abusi sessuali, o
41
ai loro genitori o tutori di minori, di riferire alle autorità civili il crimine
compiuto contro di loro da personale ecclesiale. Studieremo con i
commissariati provinciali di polizia i termini più efficaci per facilitare il
rapporto, magari nominando esperti coordinatori di polizia i cui nomi
ed estremi siano resi disponibili in ogni diocesi e parrocchia per essere
contattati.
Nel caso di abuso su bambini, la materia sarà riferita alla
Commissione per la Tutela dei Minori nella locale Corte di Giustizia.
Sappiamo per esperienza che non è sempre facile convincere una
vittima di abuso sessuale a riferire l‟accaduto quando questa non
vuole farlo. Abbastanza spesso è il genitore che si rifiuta di riferirlo,
temendo che questo possa esporre sua figlia o suo figlio ad un‟altra
esperienza dolorosa, dopo aver subito il trauma della violenza
sessuale.
Anche se siamo vicini a questi genitori e comprendiamo la loro
riluttanza a fare il proprio dovere con la legge, incoraggiamo
caldamente le vittime o i loro tutori o genitori a denunciare l‟abuso
alle autorità pubbliche competenti, allo scopo di proteggere altre
possibili vittime. Se i genitori o tutori di un minore non riferiscono
l‟accaduto, sarà la Chiesa ad assolvere il suo obbligo morale di farlo.
Come abbiamo già dichiarato in una pubblica affermazione il 23
Maggio, ribadiamo che la Chiesa non si considera al di sopra della
legge, ma ha un sistema interno non differente nella sua funzione e
nei suoi scopi da quelli adottati da organizzazioni professionali,
compagnie private, nonché dagli organi di Governo.
Né la procedura interna della Chiesa è un sistema di giustizia parallelo
a quello dello Stato. La sua funzione è esclusivamente disciplinare e
amministrativa, ed è governata dal Codice di Legge Canonica.
La procedura esistente è stata evidenziata in alcuni documenti
ufficiali, particolarmente nel Protocollo per il Personale Ecclesiale
riguardo all‟Abuso Sessuale su Bambini (1999) e nel Protocollo per il
Personale Ecclesiale riguardo all‟Abuso Sessuale tra Adulti, approvato
dai Vescovi nell‟Agosto 2002. Questi documenti sono disponibili
nell‟ufficio vescovile di ogni diocesi.
Vogliamo qui sottolineare i passi principali della nostra procedura
interna.
a) la vittima dovrebbe riferire dell‟abuso, direttamente o tramite una
persona di fiducia, al prete, religioso o collaboratore ecclesiale
appositamente nominato dal Vescovo in ogni diocesi del Sudafrica (i
nomi di queste persone saranno disponibili in ogni parrocchia).
b) Una volta in possesso di informazioni rilevanti, la persona scelta
42
discuterà il rapporto con il delegato del Vescovo (ci sono quattro
delegati nominati dal Vescovo nelle quattro province di Bloemfontein,
Capetown, Durban e Pretoria).
c) Il delegato del Vescovo convocherà prontamente un incontro del
Comitato di Condotta Professionale Provinciale (una squadra
composta da preti e religiosi, un terapeuta professionale, un
assistente sociale, un avvocato civile e un incaricato dei rapporti con i
media).
d) Dopo aver informato l‟accusato che nei suoi confronti è stata
elevata una denuncia, il comitato provinciale avvierà un processo
formale di accertamento.
e) Due funzionari saranno nominati per interrogare la vittima,
l‟accusato e i testimoni.
f) Dopo l‟accertamento, i funzionari forniranno un rapporto scritto con
le loro osservazioni al Comitato Provinciale.
g) Quest‟ultimo dopo aver esaminato il rapporto fornirà le proprie
considerazioni all‟autorità ecclesiale, che dovrà prendere gli
appropriati provvedimenti nei confronti di chi ha commesso l‟abuso.
Il processo è lungo ed è stato pensato in modo tale da rispettare i
diritti delle persone coinvolte. Ha un doppio obiettivo: garantire
giustizia alla vittima e riabilitare il colpevole.
La procedura disciplinare interna della Chiesa sarà sospesa quando lo
Stato comincia ad occuparsi del caso. Una volta che il corso della
giustizia criminale è stato completato, la Chiesa deve ancora seguire il
proprio protocollo. Quando una persona colpevole di abuso sessuale
ha scontato la propria condanna in carcere, è dovere della Chiesa
decidere se e a quali condizioni questa persona possa essere
reintegrata alle sue funzioni ecclesiali con la dovuta sicurezza.
Le stesse procedure disciplinari interne devono essere applicate nei
casi in cui vi sia evidenza, sufficiente per obiettivi amministrativi, che
una persona è colpevole di abuso sessuale anche se tale persona è
stata assolta dal sistema giudiziario del paese.
In quanto Chiesa siamo consapevoli che l‟aver messo a punto
procedure e politiche sane è soltanto il primo passo teso ad assicurare
che i diritti delle persone siano rispettati e che gli abusi sessuali da
parte di personale ecclesiale siano trattati con la necessaria severità e
prontezza. Le strutture del protocollo ecclesiale sono aperte ad
aggiornamenti e revisioni alla luce dell‟esperienza, di nuove
conoscenze o di nuove leggi.
Consapevole del pericolo che personale ecclesiale colpevole di abusi
sessuali possa essere trasferito da una diocesi all‟altra senza che il
43
Vescovo che lo accoglie ne sia a conoscenza, il Comitato di Condotta
Professionale, a livello nazionale, è stato investito del compito di
raccogliere dati riguardanti li abusi sessuali nella Chiesa. Inoltre i
Vescovi Cattolici del Sudafrica stanno preparando una Lettera
Pastorale che esaminerà in termini più dettagliati quello che in questa
sede abbiamo brevemente delineato. La lettera si occuperà del
problema dell‟abuso sessuale commesso da preti, religiosi e
collaboratori ecclesiali, ma anche della sua grande diffusione nella
società in genere, e chiamerà ogni cattolico a cooperare
concretamente per sfidare la mentalità di omertà che ancora circonda
i crimini e le trasgressioni sessuali. Questo è un tempo in cui la Chiesa
deve trovare il coraggio di parlare e agire. Continueremo a fare tutto
quel che possiamo per proteggere gli innocenti dagli abusi. Faremo
tutto il possibile per far sì che coloro che hanno subito un abuso
sessuale non siano condannati a soffrire in silenzio la colpa e la
vergogna inevitabilmente inflitti loro.
GIOVANNI PAOLO II E IL SUDAFRICA
DISCORSO AI VESCOVI SUDAFRICANI
IN VISITA AD LIMINA APOSTOLORUM
19 maggio 1997
Cari Fratelli Vescovi,
1. È con profondo affetto nel Signore che saluto voi membri della
Conferenza dei Vescovi Cattolici dell‟Africa Meridionale, che
rappresentate la Chiesa nel Botswana, nel Sudafrica e nello
Swaziland, e ringrazio Dio per la “gioia” e la “consolazione della vostra
carità” (cfr Fm 7). La vostra visita ad Limina è un‟ulteriore occasione
per affermare la nostra comunione collegiale e rafforzare i vincoli di
amore e di pace che ci offrono sostegno e incoraggiamento al servizio
dell‟unica Chiesa di Cristo. Prego affinché in questo tempo di
preparazione per il Grande Giubileo dell‟Anno 2000 l‟intera comunità
cattolica dell‟Africa del Sud venga profondamente ispirata da “un vero
anelito alla santità, un desidero forte di conversione e di
rinnovamento personale” (Tertio Millennio adveniente, n. 42). In
quanto Successori degli Apostoli avete un ruolo particolare da
svolgere in questa preparazione. Dovete essere “modelli del gregge”
(1Pt 5,3) e maestri di “vita secondo lo Spirito” (Rm 8,5).
44
Sant‟Agostino ci ricorda la serietà delle nostre responsabilità quando
scrive: “Oltre a essere un cristiano... sono anche una guida e per
questo renderò conto a Dio del mio ministero” (Sermone 46: sui
Pastori, 2). Preghiamo affinché il Signore Gesù Cristo non ci trovi
carenti nella nostra missione di insegnanti, sacerdoti e Pastori del suo
gregge!
2. Dalla vostra ultima visita ad Limina, il vostro ministero si è dovuto
adattare a condizioni politiche e sociali radicalmente nuove.
Nel settembre 1995, durante la mia breve visita nella Repubblica
Sudafricana, ho potuto sperimentare di persona il nuovo spirito che
anima il popolo e i responsabili di tale Paese. Anche se enormi
problemi rimangono ancora insoluti, esiste un rinnovato entusiasmo
per l‟edificazione di una nazione di libertà e di giustizia per tutti.
Certamente le ferite del passato impiegheranno molto a rimarginarsi e
ci sarà bisogno di grandi sforzi per dar luogo a un‟autentica
riconciliazione in grado di apportare delle trasformazioni. C‟è stato un
buon inizio e in questo processo la Chiesa ha un contributo vitale da
offrire, in particolare mediante la formazione delle coscienze nelle
verità e nei valori morali e religiosi che costituiscono la base
necessaria per una società che intende essere degna dell‟uomo e del
suo destino trascendente. Durante l‟era dell‟apartheid voi e i vostri
collaboratori siete stati spesso chiamati a dimostrare che “la parola di
Dio non è incatenata” (2Tm 2,9). Ora dovete continuare, proclamando
orgogliosamente la “verità del Vangelo” (Gal 2,5) ai fedeli e a tutti gli
uomini e a tutte le donne di buona volontà. Proprio come in passato
avete insegnato che qualsiasi forma di razzismo è un affronto
intollerabile alla dignità inalienabile degli esseri umani, così ora
proclamate che la pace e la giustizia si potranno consolidare solo
quando il ciclo letale della violenza e dello spirito di vendetta verrà
sostituito dalla grazia del perdono (cfr Messaggio in occasione della
Giornata Mondiale della Pace 1997, n. 3).
L‟Esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Africa” invita i
Vescovi del continente a porsi due domande fondamentali: in che
modo la Chiesa deve realizzare la sua missione evangelica
all‟approssimarsi dell‟anno 2000? In che modo i cristiani africani
possono divenire sempre più testimoni fedeli del Signore Gesù? (cfr
Ecclesia in Africa, n. 46). Tornando più volte su queste stesse
domande, sia individualmente durante la preghiera personale sia
collettivamente attraverso la riflessione e lo studio della vostra
Conferenza, certamente concluderete in accordo con il Sinodo che la
sfida consiste essenzialmente nella formazione appropriata degli
45
agenti di evangelizzazione. “Il popolo di Dio – inteso nel senso
teologico della Lumen gentium, questo popolo che comprende i
membri del Corpo di Cristo nella sua totalità – ha ricevuto il
mandato... di proclamare il messaggio evangelico... La comunità
intera ha bisogno di essere preparata, motivata e rafforzata per
l‟evangelizzazione, ognuno secondo il proprio ruolo specifico
all‟interno della Chiesa” (Ecclesia in Africa, n. 53). Nulla è più
importante per il futuro della Chiesa e per il servizio della società della
sana formazione di sacerdoti, religiosi e fedeli laici.
3. I laici svolgono un ruolo sempre più attivo, responsabile e
insostituibile nelle vostre Chiese particolari. In quanto persone
sacerdotali essi continuano l‟opera redentrice di Cristo dedicando la
propria vita al culto e all‟amore generoso verso Dio e verso il prossimo
(cfr Rm 12,1-2); in quanto persone profetiche, essi accettano il
Vangelo con fede e lo annunciano con le parole e con le azioni nelle
varie circostanze della vita quotidiana; infine, in quanto persone
regali, essi servono i propri fratelli e le proprie sorelle in giustizia e
carità. Meglio comprenderanno le implicazioni del loro Battesimo,
meglio sapranno individuare i loro doveri familiari e professionali, le
loro responsabilità civili e le loro attività socio-politiche, come
un‟esortazione a esercitare un‟influenza volta a modificare la
mentalità e le strutture della società affinché possano meglio
rispecchiare il disegno di Dio per la famiglia umana (cfr Ecclesia in
Africa, n. 54). Continuate a ispirare i laici a edificare una società
caratterizzata dalla verità, dall‟onestà, dalla solidarietà e dalla
riconciliazione. Continuate a incoraggiare i giovani a credere nel
proprio futuro e a costruirlo servendo con dedizione il bene comune e
impegnandosi nella sfera pubblica, rifiutando l‟egoismo, la corruzione
e la ricerca del potere.
4. In una società sempre più urbanizzata e secolarizzata, i laici hanno
bisogno di un particolare aiuto pastorale per tutelare i numerosi
elementi positivi delle tradizioni familiari africane. Laddove essi sono
rimasti intatti, la famiglia africana è quella “comunità di generazioni”
nella quale vengono tramandati i valori umani e spirituali essenziali
che fanno di essa la cellula primaria, il fondamento della società e la
prima scuola di vita cristiana. Tutte le diocesi e tutte le parrocchie
hanno bisogno di un programma di apostolato familiare e di
preparazione al matrimonio nel quale venga presentata senza
ambiguità l‟autentica verità del disegno di Dio circa l‟amore e la vita.
In quanto Pastori dovete vegliare affinché l‟insegnamento della Chiesa
sull‟amore coniugale venga impartito fedelmente dai sacerdoti, dai
46
teologi e dagli operatori pastorali. Raccomando con forza alla vostra
attenzione i documenti recenti della Santa Sede circa quelle questioni
vitali nell‟ambito delle quali la legislazione statale e le campagne
pubbliche si scontrano sempre più con i principi morali cristiani, anche
sottoponendo individui e coppie a pressioni economiche o sociali e
quindi minando la loro dignità e la loro libertà.
Ciò è particolarmente vero a proposito dell‟aborto. Oltre ad essere un
crimine contro nascituri innocenti, questa terribile realtà ha numerosi
effetti deleteri sulle persone direttamente coinvolte e sulla società
stessa, che non tratta più la vita con assoluto rispetto, ma la
subordina, ed essa è un bene umano supremo, a beni di minor conto
o a vantaggi pratici. In un periodo di nuovi attentati alla santità e
all‟inviolabilità della vita umana, avete giustamente riaffermato le
verità morali universali ed eterne e avete intensificato i vostri sforzi
affinché le famiglie e i giovani accettino la loro decisiva responsabilità
nel sostenere, promuovere e valorizzare il dono di ogni vita umana.
Posso solo lodarvi perché reagite con sollecitudine pastorale ai danni
causati da leggi intrinsecamente ingiuste e vi incoraggio a continuare
ad aiutare i fedeli nella promozione delle istituzioni sociali, della
legislazione civile e delle politiche nazionali che sostengono i valori e i
diritti della famiglia (cfr Familiaris consortio, n. 44).
5. La presenza della Chiesa nel campo dell‟educazione è parte
essenziale dei suoi sforzi volti a formare i laici. Anche durante gli anni
bui dell‟apartheid, le scuole cattoliche hanno offerto un immenso
contributo alla formazione umana e religiosa di bambini e di giovani di
tutte le razze e di tutte le classi sociali. In presenza di politiche che
potrebbero essere interpretate come pericolose per l‟identità delle
scuole cattoliche, è bene ricordare che il diritto inalienabile della
Chiesa a istituire scuole cattoliche corrisponde liberamente al diritto
dei genitori di fornire ai propri figli un‟educazione che sia in armonia
con le loro convinzioni (cfr Gravissimum educationis, n. 8). È
importante che la Chiesa faccia tutto il possibile per offrire e
mantenere scuole a ogni livello, ma è anche legittimo sperare che lo
Stato, che dovrebbe rappresentare e promuovere i migliori interessi
dei suoi cittadini, sostenga tali scuole, permettendo loro di conservare
la propria identità e permettendo realmente ai genitori di esercitare il
loro diritto a scegliere il tipo di educazione che desiderano per i propri
figli.
6. Cari Fratelli, siete i principali responsabili della formazione dei
vostri sacerdoti. La formazione e la vita cristiana dei laici dipende in
misura straordinaria dal servizio che solo i ministri ordinati del
47
Vangelo possono offrire. Le vostre relazioni quinquennali indicano che
in alcuni settori l‟esiguo numero di sacerdoti sta rendendo difficile a
ogni comunità locale riunirsi per l‟Eucaristia Domenicale, la cui
celebrazione è il centro, la fonte e il culmine della vita ecclesiale (cfr
Lumen gentium, n. 11). Laddove non esistono sacerdoti, altre
persone, in particolare catechisti, guidano la comunità nella preghiera,
nel canto e nella riflessione. Tali riunioni si svolgono sempre
“nell‟attesa di un sacerdote”. (Congregazione per il Culto Divino,
Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza del sacerdote, n.
27) e sono occasioni per pregare il Signore affinché invii più operai
nella sua messe (cfr Mt 9,38). Bisogna essere molto solleciti nel
garantire che queste misure temporanee non portino a un
travisamento della natura degli Ordini Santi e della centralità
dell‟Eucaristia (cfr Pastores dabo vobis, n. 48).
7. La vita sacramentale ed eucaristica delle vostre comunità è
garantita dal conferimento del dono dello Spirito Santo attraverso
l‟Ordinazione, quindi associando i sacerdoti, sia diocesani sia religiosi,
al vostro ministero apostolico. L‟Assemblea Speciale per l‟Africa del
Sinodo dei Vescovi ha sottolineato la necessità di selezionare con
attenzione i candidati al sacerdozio (cfr Pastores dabo vobis, 94-95).
“Risulta già quanto mai significativo della sua responsabilità formativa
ne riguardi dei candidati al sacerdozio che il Vescovo li visiti spesso e
in qualche modo “stia con loro”” (Pastores dabo vobis, n. 65). Con le
parole e con l‟esempio il Vescovo dovrebbe aiutare questi giovani
uomini a comprendere che il sacerdozio è configurazione a Cristo,
Sposo e Capo della Chiesa, ma anche Vittima e umile Servo. Un
seminario e un presbiterato rafforzati dalla preghiera, dal sostegno
reciproco e dall‟amicizia promuovono lo spirito di obbedienza
volontaria che dispone ogni sacerdote a svolgere i compiti pastorali
che gli vengono affidati dal suo Vescovo. Il mistero della Chiesa come
comunione viene rafforzato quando l‟autorità episcopale viene
esercitata come amoris officium (cfr Gv 13,14) e quando l‟obbedienza
sacerdotale è modellata su Cristo il Servo (cfr Fil 2,7-8). Inoltre, né il
seminario né il presbiterato dovrebbero portare a uno stile di vita
privilegiato. Piuttosto, la semplicità e l‟abnegazione dovrebbero essere
i tratti distintivi di coloro che seguono il Signore che è venuto “non
per essere servito, ma per servire” (Mc 10,45). Dovremmo ricordare
le opportune parole del Direttorio per la vita e il ministero dei
sacerdoti (1994), pubblicato dalla Congregazione per il Clero: “Un
sacerdote potrebbe a malapena essere un autentico servo e un
autentico ministro per i suoi fratelli e per le sue sorelle se si
48
preoccupasse eccessivamente della sua comodità e del suo
benessere” (cfr Direttorio per la vita e il ministero dei sacerdoti, 67).
Il Sinodo ha insistito parimenti affinché i futuri sacerdoti comprendano
il valore del celibato per il ministero ordinato (cfr Ecclesia in Africa, n.
95). I seminaristi necessitano di una maturità umana e di una
formazione spirituale che permettano loro di avere “idee chiare e
un‟intima convinzione sull‟indissociabilità del celibato e della castità
del sacerdote” (cfr Ecclesia in Africa, n. 95). I Pastori saggi saranno
particolarmente solleciti nell‟inculcare nei sacerdoti e nei seminaristi
l‟idea che la devozione filiale alla Beata Vergine Maria, l‟ascetismo,
l‟abnegazione, la generosità verso gli altri e la fraternità sacerdotale
sono essenziali se un sacerdote deve dedicarsi a Dio e all‟opera di Dio
con gioia e cuore indiviso. L‟esperienza insegna che le possibilità di
formazione permanente aiutano i sacerdoti a tutelare la loro identità
sacerdotale,
a
crescere
spiritualmente,
intellettualmente
e
pastoralmente e a essere più pronti per edificare le comunità affidate
alla loro sollecitudine.
8. Allo stesso tempo, la Chiesa nell‟Africa Meridionale non sarebbe
quella che è senza il dono straordinario della vita consacrata. Membri
solleciti delle Congregazioni missionarie hanno realizzato la plantatio
Ecclesiae nelle vostre terre e a loro si sono aggiunti numerosi nuovi
Istituti di vita attiva e contemplativa. Gli uomini e le donne consacrati
presenti nelle vostre Diocesi dipendono dalla vostra guida nelle loro
attività pastorali e hanno bisogno del vostro sostegno per vivere i
consigli evangelici. L‟armonia fra Vescovi e persone consacrate è
essenziale per il bene comune della Famiglia di Dio. Gli Istituti
religiosi, agendo attraverso i propri Superiori, dovrebbero sempre
dimostrare uno “spirito di comunione e di cooperazione” nei loro
rapporti con i Vescovi delle Diocesi in cui operano (cfr Ecclesia in
Africa, n. 94). I Vescovi, da parte loro, dovrebbero accogliere e
apprezzare i carismi della vita consacrata (cfr Vita consecrata, n. 48)
e offrire loro la giusta collocazione nei progetti pastorali diocesani. È
particolarmente importante che i Vescovi prestino attenzione ai
programmi di formazione negli Istituti di diritto diocesano. Con
prudenza e discernimento (cfr 1Ts 5,21), dovreste accertarvi che i
candidati vengano selezionati con attenzione, e che ricevano quella
integrale formazione umana, spirituale, teologica e pastorale che li
preparerà alla loro missione nella Chiesa.
9. Nelle vostre Diocesi siete i sommi sacerdoti del culto sacro e
“amministratori dei misteri di Dio” (1Cor 4,1). Sono consapevole degli
sforzi della vostra Conferenza per mediare l‟inculturazione autentica
49
del culto “affinché il popolo fedele possa meglio comprendere e vivere
le celebrazioni liturgiche” (Ecclesia in Africa, n. 64). Il principio
consiste nell‟accogliere dalle culture locali “quelle espressioni che
possono armonizzarsi con gli aspetti del vero e autentico spirito della
liturgia, nel rispetto dell‟unità sostanziale del rito romano” (Vigesimus
quintus annus, n. 16). Il compito è tuttavia difficile e delicato. Esso
può essere svolto con successo solo come processo in cui ogni
adattamento emerge come una profonda assimilazione del patrimonio
ecclesiale, completamente fedele al “sacro deposito della parola di
Dio” (Dei verbum, n. 10), la cui autorevole interpretazione è affidata
all‟intero Collegio Episcopale con il Successore di Pietro quale suo
fondamento di unità. Come viene riconosciuto dall‟Esortazione
Apostolica post-sinodale “Ecclesia in Africa” questa è una delle
maggiori sfide per la Chiesa nel vostro continente alla vigilia del terzo
millennio (cfr Ecclesia in Africa, n. 59), ed esorta i Vescovi alla
saggezza e alla fedeltà esemplari.
10. Cari Fratelli Vescovi, queste sono alcune riflessioni suscitate dalla
vostra visita. La solennità della Pentecoste che abbiamo appena
celebrato ci esorta a pregare in unione con Maria per un nuovo afflato
dello Spirito Santo sulle chiese affidate alla vostra sollecitudine
pastorale. Insieme chiediamo a questo stesso Spirito di illuminare la
nostra mente, di colmare il nostro cuore di speranza e di donarci
audacia nelle nostre opere al servizio del Vangelo. Fiduciosi che il
Signore continuerà ad accrescere il fervore dei sacerdoti, dei religiosi
e dei laici del Botswana, del Sudafrica e dello Swaziland e che la
buona opera che Egli ha iniziato in loro verrà portata a compimento
(cfr Fil 1,6), imparto di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica.
Dall’Omelia di Giovanni Paolo II per la concelebrazione
eucaristica al “Gosforth Park” di Germiston
17 settembre 1995
“La Chiesa crede che la pace è un dono di Dio, ma è allo stesso tempo
anche un compito affidato a tutti noi. A tutti voi: ai miei fratelli
Vescovi, alla comunità cattolica di Johannesburg e di tutte le Diocesi
del Sudafrica e dei Paesi vicini, ai nostri fratelli e alle nostre sorelle
delle altre denominazioni cristiane, ai seguaci delle altre tradizioni
religiose, a tutti gli uomini e a tutte le donne, indipendentemente
dalla loro origine, razza o cultura (…)”
50
Dal Discorso di Giovanni Paolo II durante la seconda sessione
celebrativa dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi
nella Cattedrale di Johannesburg (17 settembre 1995)
“Esiste un ulteriore fattore concernente l‟Africa che esige grande
attenzione: il commercio internazionale delle armi. Faccio mie le
raccomandazioni del Sinodo appellandomi ai Paesi che vendono armi
all‟Africa affinché desistano e chiedo ai governi africani di “rinunciare
alle eccessive spese militari per dedicare più risorse all‟educazione,
alla sanità e al benessere dei loro popoli (Ecclesia in Africa n.118). (…)
La domanda che tutti i responsabili della vita politica in Africa devono
porsi riguardo alle politiche da essi adottate è la seguente: che
conseguenze avranno per il popolo? In particolare che conseguenze
avranno per i poveri? Un modello di crescita economica che non sia in
grado di soddisfare le reali e immediate necessità del popolo
direttamente coinvolto è una violenza contro il rispetto dovuto alla
dignità di quest‟ultimo. Una caratteristica del nuovo clima politico e
sociale, in gran parte dell‟Africa, è la crescente esigenza dei popoli di
un maggiore rispetto per la funzione della legge e di una maggiore
partecipazione democratica alla vita dei loro Paesi (…). E‟ un processo
che deve essere sostenuto e incoraggiato educando l‟opinione
pubblica alle responsabilità della democrazia e sostenendo la
necessarie e pacifica trasformazione delle istituzioni”
DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI AI VESCOVI DI
SUD AFRICA, BOTSWANA, SWAZILAND, NAMIBIA E LESOTHO
IN OCCASIONE DELLA VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"
Venerdì, 10 giugno 2005
Cari Fratelli Vescovi,
1. "Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano
insieme!" (Sal 133, 1). In questo spirito di armonia vi porgo il
benvenuto con gioia e con affetto, Vescovi di Sud Africa, Botswana,
Swaziland, Namibia e Lesotho. Mediante voi estendo i miei cordiali
saluti al clero, ai religiosi e ai laici nei vostri Paesi. In questo anno
dedicato all'Eucaristia avete ricevuto la benedizione di compiere la
vostra solenne visita ad limina Apostolorum. "L'Eucaristia, cuore della
vita cristiana e sorgente della missione evangelizzatrice della Chiesa,
non può non costituire il centro permanente la fonte del servizio
petrino" (Messaggio in occasione della Missa pro Ecclesia, 20 aprile
51
2005, n. 4). Parimenti, essa deve essere sempre al centro del vostro
ministero episcopale e un'ispirazione per quanti vi assistono nel vostro
compito sacro.
2. La comunione con Cristo è la fonte inesauribile di ogni elemento di
vita ecclesiale "in primo luogo la comunione fra tutti i fedeli, l'impegno
di annuncio e di testimonianza del Vangelo, l'ardore della carità verso
tutti, specialmente verso i poveri e i piccoli" (ibidem). I cattolici nella
vostra regione costituiscono una minoranza. Ciò rappresenta molte
sfide che richiedono dedizione da parte della Chiesa nell'accudire il
gregge efficacemente e, al contempo, nel restare fedele al suo
impegno missionario. Per questo motivo è essenziale che i Vescovi
promuovano l'opera cruciale di catechesi per garantire che il popolo di
Dio sia veramente pronto a testimoniare con le parole e con le azioni
l'insegnamento autentico del Vangelo. Se guardo alla Chiesa in Africa,
e a tutto ciò che è stato ottenuto nel corso dell'ultimo secolo, rendo
grazie al nostro Padre celeste per i numerosi sacerdoti, religiosi e laici,
uomini e donne, che hanno dedicato la propria vita a questo nobile
compito. I Vescovi hanno la responsabilità particolare di garantire che
questi
"insostituibili
evangelizzatori"
ricevano
la
necessaria
preparazione spirituale, dottrinale e morale (cfr Ecclesia in Africa, n.
91).
3. Sebbene la vostra regione abbia ancora bisogno di più sacerdoti,
non possiamo che ringraziare Dio per l'elevato numero di vocazioni al
sacerdozio di cui siete testimoni nell'Africa sub-sahariana. Quali
Pastori del gregge di Cristo, avete la grave responsabilità di aiutarli a
divenire uomini dell'Eucaristia. I sacerdoti sono chiamati a lasciare
tutto e a divenire sempre più devoti al Santissimo Sacramento,
conducendo uomini e donne a questo mistero e alla pace che esso
reca con sé (cfr Omelia della Domenica di Pentecoste 2005). Vi
incoraggio, quindi, nei vostri sforzi costanti volti a selezionare
coscienziosamente candidati al sacerdozio. Parimenti questi giovani
uomini dovrebbero essere formati con grande zelo per garantire che
siano pronti alle numerose sfide che dovranno affrontare, aiutandoli a
manifestare con le parole e con le azioni la pace e la gioia di Nostro
Signore e Salvatore. Un mondo pieno di tentazioni ha bisogno di
sacerdoti totalmente dediti alla propria missione. Di conseguenza
viene richiesto loro in modo molto speciale di aprirsi completamente
al servizio degli altri come fece Cristo accogliendo il dono del celibato.
I Vescovi dovrebbero assisterli assicurando che tale dono non diviene
mai un fardello, ma resta sempre donatore di vita. Un modo per
raggiungere questo obiettivo è di riunire i ministri della Parola e dei
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Sacramenti affinché ricevano un'educazione permanente e partecipino
a ritiri e a giornate di raccoglimento.
4. La vita familiare è sempre stata un elemento unificatore della
società africana. Infatti, è all'interno della "Chiesa domestica",
"costruita sulle solide basi culturali e sui ricchi valori della tradizione
familiare africana" che i bambini possono apprendere la centralità
dell'Eucaristia nella vita cristiana (cfr Ecclesia in Africa, n. 92).
Preoccupa molto il fatto che il tessuto della vita africana, la sua stessa
fonte di speranza e di stabilità, sia minacciato dal divorzio, dall'aborto,
dalla prostituzione, dal traffico di esseri umani e dalla mentalità a
favore della contraccezione, che contribuiscono al crollo della morale
sessuale.
Fratelli
Vescovi,
condivido
la
vostra
profonda
preoccupazione per la devastazione causata dal virus dell'Aids e dalle
malattie ad esso legate. Prego in particolare per le vedove, per gli
orfani, per le giovani madri e per le persone la cui vita è stata ridotta
in frantumi da questa crudele epidemia. Vi esorto a proseguire i vostri
sforzi per combattere questo virus che non solo uccide, ma minaccia
seriamente la stabilità economica e sociale del continente. La Chiesa
cattolica è sempre stata in prima linea nella prevenzione e nella cura
di questa malattia.
L'insegnamento tradizionale della Chiesa ha dimostrato di essere
l'unico modo intrinsecamente sicuro per prevenire la diffusione
dell'Hiv/Aids. Per questo motivo "l'affetto, la gioia, la felicità e la pace
procurati dal matrimonio cristiano e dalla fedeltà, così come la
sicurezza della castità, devono essere continuamente presentati ai
fedeli, soprattutto ai giovani" (Ecclesia in Africa, n. 116).
5. Cari Fratelli, mentre continuate a celebrare un anno dedicato alla
Santa Eucaristia, prego affinché siate sostenuti dalla promessa del
Signore "Io sono con voi tutti i giorni" (Mt 28, 19). Che la vostra
testimonianza di uomini pieni di speranza eucaristica aiuti le vostre
greggi a pervenire a un apprezzamento sempre più grande di questo
mistero. A ognuno di voi e a quanti sono affidati alla vostra
sollecitudine pastorale, imparto di cuore la mia Benedizione
Apostolica.
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