I Pasti con il Signore Risorto
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I Pasti con il Signore Risorto
I Pasti con il Signore Risorto I pasti del Signore Risorto gettano una nuova luce su questa ricchezza di contenuto dei pasti biblici: generalmente infatti e non per caso le apparizioni di Gesù risorto avvengono in relazione ad un pasto. Ai discepoli di Emmaus si manifesta mentre sono a cena (Lc 24,30); agli undici si manifesta "mentre erano a mensa" (Mc 16, 14); egli prende persino una parte di pesce arrostito e lo mangia sotto i loro occhi (Lc 24, 42); fu proprio lui a preparare loro il pasto quando si manifestò in riva al lago (Gv 21, 12-14). Torna Gesù risorto e si ritrova a mangiare con i suoi: se Pietro pure insiste sulle apparizioni di Gesù ai discepoli, "...a noi che dopo la sua risurrezione abbiamo mangiato e bevuto con Lui" (At 10, 41), è proprio perché questi pasti dimostrano che la presenza di Gesù non sarà più perduta. "Riunendosi nell'attesa di Cristo... i cristiani come non avrebbero pensato alla promessa fatta da Gesù la sera della sua passione? Non vi è forse una catena ininterrotta che dall'ultima cena va fino al convito messianico definitivo, passando attraverso i pasti con il Risorto che ne costituiscono il pegno e l'anticipo insieme, e attraverso i banchetti eucaristici della comunità prolungano questi ultimi?" (Y. de Moncheuìll). L'accenno fatto da Pietro rievoca la gioia dei primi cristiani "che spezzavano il pane di casa in casa, nutrendosene in esultanza e semplicità di cuore" (At 2, 46): nell'Eucaristia e nei pasti con Gesù risorto essi incontrano lo stesso Signore. Il pasto di un popolo redento: la cena pasquale Ma c'è una cena nella tradizione biblica che ha un carattere particolare: anche se non si discosta dalle altre forme di pasto e di celebrazione finora descritte, tuttavia ha un suo contenuto ricchissimo che ritroveremo nell'Ultima Cena di Gesù (sinottici) e di conseguenza nell'Eucaristia: la cena pasquale. Quando, seguendo la narrazione dell'Esodo il popolo Ebreo conservò per iscritto la tradizione della Pasqua con la cena relativa, convergevano già nella celebrazione molte tradizioni diverse e antichissime, di cui non abbiamo notizie precise, alcune anche di provenienza extra biblica... come la festa dell'agnello. La celebrazione e il nome stesso, Pasqua, di tale festa assunse il significato di memoriale della liberazione dall'Egitto e dell'Alleanza al Sinai (Esodo, c.12). Con il passare del tempo il popolo capì che Dio li aveva liberati dalla schiavitù d'Egitto per poter offrire loro l'Alleanza, uno dei temi conduttori dell'Antico Testamento, e perciò da allora la pasqua dell'agnello ebbe un collegamento indissolubile con l'Alleanza. II sangue sparso sulle porte richiama il sangue sparso sui fedeli alla conclusione dell'Alleanza al Sinai (Es 24, 4-8); l'Alleanza conclude il passaggio perché la liberazione diventa reale, solo quando le tribù disperse nel deserto si ritrovano di fatto come popolo con cui Dio stabilisce questo patto. L'Alleanza diventa permanente e perciò i figli d'Israele dovranno ricordarla per sempre: e il segno di questo permanere sarà il continuare ogni anno il rito della cena: Es 12, 14; 13, 910. Dopo l'ingresso del popolo nella Terra Promessa, la pasqua è diventata una delle tre feste di pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme associata all'idea dell'ingresso nella terra promessa, simboleggiata dalla città santa (Dt 16, 1-8) e dal radunarsi per questo di tutto il popolo. Dopo l'esilio, la Pasqua diventa la festa per eccellenza: grandi pellegrinaggi salgono a Gerusalemme, il ricordo della liberazione e dell'alleanza agisce nel presente e ravviva la speranza di una liberazione politica e dì ricostruzione del Regno di Davide (messianismo). La cena pasquale ebraica in relazione a Gesù Per rappresentare quella liberazione-salvezza da parte di Dio era servito il sangue dell'agnello: le generazione successive d'Israele, mangiando l'agnello, diventano solidali con quella prima liberazione e la rivivono come un'esperienza personale. II rituale ebraico prescrivendo che "per tutti i secoli ogni uomo ha il dovere di considerarsi come se lui stesso fosse uscito dall'Egitto" (Pesahim X, 5), non fa che rendere più chiari ì dati dell'Antico Testamento: Dt 24, 18; Es 12, 27... II rito della cena pasquale non è solo il memoriale di un fatto glorioso, di un passato ormai remoto, ma pone ogni individuo al centro dell'evento che attualizza: ciascuno partecipa alla salvezza. a - II rituale mimava l'evento storico di allora prescrivendo di mangiare con "i lombi cinti, i calzari ai piedi e il bastone in mano" (Es 12, 11); così i vari elementi dei pranzo, la cui interpretazione attualizzante era riservata al capotavola, erano suggestivi: azzimi, chiamati "pane di miseria" (Dt 16, 3), erbe amare.... b - Nel celebrare la sua cena pasquale Gesù non fa altro che sostituire una salvezza temporale con la salvezza definitiva ed eterna; non più elementi mimici e suggestivi ricordano un evento passato e ne prolungano la grazia, ma lui stesso con la sua morte diventa l'agnello immolato per la salvezza; e ora lo stesso sacrificio liberatore è reso presente, e in modo fisico, in alcuni alimenti. Cristo affida a questa cena il valore della sua morte portatrice di salvezza a tutti gli uomini. c - Inoltre, l'israelita, sebbene rammentasse il passato per riviverlo, era tuttavia proteso verso il futuro: la pasqua di liberazione escatologica. Questa triplice dimensione (passato, reso attuale e orientato verso la speranza futura) è caratteristica della prima pasqua ebraica, poi della cena del Signore e infine dell'Eucaristia. Nel dare il proprio corpo e sangue, Gesù preannunzia la pasqua che "sarà compiuta nel regno di Dio" (Lc 22, 16), in cui gusterà con i suoi discepoli "il vino nuovo" (Mc 14, 25). La sua morte redentrice dà agli uomini una vita salvata che culminerà nella risurrezione finale: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno" (Gv 6, 5458).