Andamento del mercato immobiliare e dei fondi immobiliari

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Andamento del mercato immobiliare e dei fondi immobiliari
ESTRATTO DALLE RELAZIONI SEMESTRALI AL 30 GIUGNO 2016 DEI FONDI GESTITI DA TORRE
Andamento del mercato immobiliare e dei FIA immobiliari1
Lo scenario internazionale
Lo scenario globale è stato scosso dal voto inglese di fine giugno con cui il Regno Unito ha avviato l’uscita dall’Unione Europea.
Sull'impatto della “Brexit” si fanno oggi molte stime, ma è ancora troppo presto per avere certezze in merito all’andamento dei mercati
internazionali. Al momento si presume che il Pil italiano, così come quello degli altri paesi europei, ne risentirà, con un impatto
immediato negativo seppur lieve. Inoltre si stima che i capitali diretti in Gran Bretagna diminuiranno, così come la capacità di Londra
di investire all’estero potrebbe essere ridotta, anche per questioni di carattere burocratico e legale.
La situazione prima del voto nel Regno Unito vedeva un’economia globale in crescita, seppure con recenti turbolenze finanziarie che
avevano indebolito la ripresa. Per l’eurozona le stime indicavano una crescita del Pil intorno all’1,8% nel 2016, rispetto all’1,5% del
2015. I principali rischi al ribasso sono rappresentati dall’evoluzione dello scenario economico e geopolitico internazionale, oltre che
appunto dagli effetti della Brexit.
In Italia l’economia è in crescita, ma il ritmo resta inferiore rispetto alle nazioni concorrenti. Dopo una chiusura del 2015 inferiore all’1%,
si prevede un aumento del Pil intorno all’0,8-0,9% annuo nel prossimo biennio. Le proiezioni al 2020 indicano un notevole incremento
del volume d’affari nei Paesi più importanti nel prossimo triennio, mentre un ridimensionamento è atteso negli anni successivi, anche
perché saranno necessari importanti investimenti per la riqualificazione degli stock.
Il settore residenziale è in crescita nella maggior parte dei Paesi, con prospettive di consolidamento nel 2016. L’attrattività del
residenziale è in aumento anche tra gli investitori istituzionali, per il calo del differenziale di rendimento rispetto ad altri settori e l’impatto
della crescita demografica. La domanda è però selettiva e si amplia il divario tra prodotti moderni, ben posizionati, e immobili obsoleti,
che vedono crollare domanda e prezzi. In ripresa l’attività edilizia, guidata dalle ristrutturazioni. Il comparto degli uffici mostra un trend
ascendente, per il miglioramento dello scenario economico, l’espansione del settore dei servizi e l’aumento della domanda delle società
tecnologiche.
È forte la carenza di offerta di spazi di alto livelle nelle zone centrali, per l’effetto combinato della polarizzazione della domanda nei
Central Business District delle principali città e della scarsa attività edilizia speculativa. Questo comporta da un lato l’aumento dei
canoni degli spazi di classe A, e dall’altro lo spostamento di una parte della domanda verso le zone e città di seconda fascia. La fiducia
dei consumatori è in aumento ma, nonostante il progresso del volume d’affari, le società commerciali hanno margini operativi
sensibilmente inferiori rispetto al passato e, quindi, portano avanti strategie prudenti. Il settore è in fase di trasformazione strutturale,
come conseguenza di una serie di fenomeni, tra cui la diffusione dell’e-commerce e la crescita della domanda di spazi innovativi. Le
quotazioni sono in aumento nelle zone di lusso, stabili in quelle di medio livello. La crescita più vistosa nel 2016 è attesa nei principali
mercati dell’Europa del sud.
Il clima di maggiore fiducia tra le imprese e l’attrattività della logistica come asset class per gli investitori istituzionali guidano la
performance del settore, che si sta trasformando per i cambiamenti della catena produttiva e l’ingresso sul mercato di nuovi operatori
e capitali. La crescita del settore è frenata dalla forte carenza di offerta, mentre l’attività edilizia speculativa è ancora scarsa, ad
esclusione del Regno Unito. L’aumento delle quotazioni nel prossimo biennio dovrebbe essere superiore agli altri comparti. Gli
investimenti immobiliari nei settori diversi dal residenziale hanno segnato un forte aumento, grazie alla presenza di una diffusa liquidità
1
Fonte: Scenari Immobiliari – Sintesi sull’andamento del mercato immobiliare – giugno 2016
e alla scarsa competitività delle altre forme di investimento. Nel 2015 a livello globale si calcola un volume di 750 miliardi di euro, in
crescita del 7% rispetto all’anno precedente. Più evidente il progresso dell’Europa che, concentrando quasi il 40% dell’attività globale,
ha superato le punte del 2007.
Lo scenario italiano
Nel corso del 2015 il mercato immobiliare italiano ha invertito il ciclo negativo degli ultimi anni e chiude con una crescita complessiva
del volume d’affari del 2,7%, grazie al miglioramento del clima economico e a una leggera riduzione della disoccupazione.
Tuttavia, la crescita del mercato italiano continua a essere inferiore rispetto alla media delle nazioni concorrenti, a causa dell’effetto
solo parziale delle riforme strutturali e alla scarsa vivacità degli investitori, sia che si tratti di famiglie che di operatori professionali. Le
prospettive sono di un incremento intorno al 3,6%, nel 2016. Il peso fiscale rimane alto, anche se la cancellazione a fine anno, dell’Imu
e della Tasi sulla prima casa, hanno migliorato le aspettative delle famiglie. Le banche hanno ripreso a erogare mutui, creando le
premesse per un potenziamento dei mercati nel 2016. In miglioramento i bilanci delle imprese che, grazie anche al Jobs Act, hanno
ripreso ad assumere, con effetti positivi sul mercato sia residenziale che terziario/uffici.
L’Italia attira l’interesse degli investitori immobiliari mondiali e il volume di acquisti, sia diretti che attraverso fondi, è ritornato ai livelli
pre-crisi. L’interesse è polarizzato sugli immobili di qualità elevata e sui trophy asset, con forte concentrazione a Milano e Roma, con
conseguente riduzione dell’offerta disponibile. La scarsa offerta e la compressione dei rendimenti comportano una crescita
dell’attenzione verso le zone di secondo livello, in linea con quanto avviene nel resto dell’Europa. Nelle posizioni secondarie è carente
l’offerta di immobili trofeo, mentre predominano asset da valorizzare. La ripresa sta premiando l’innovazione del prodotto e del servizio,
con una sempre maggiore concentrazione della domanda sul nuovo. L’evoluzione del mercato italiano non riguarda solo la crescita
dei volumi e dei valori, ma si sta affermando un nuovo paradigma, incentrato sulla capacità dell’offerta di rispondere, in termini di
qualità e fruibilità degli immobili, alle esigenze della domanda, che si esprimono in seguito alla rapida evoluzione dei modi di abitare,
lavorare e produrre. La maggiore sfida dei prossimi anni è la capacità del mercato di rispondere alle nuove richieste nei comparti a
maggiore potenziale di sviluppo, quali co-working, housing sociale, residenze universitarie e Rsa. Risulta dunque indispensabile il
rinnovamento di un mercato che, rispetto ai Paesi europei più evoluti, ha dimensioni modeste ed è costituito da una percentuale
elevata di immobili obsoleti. I driver fondamentali dei prossimi anni saranno i processi di riqualificazione urbana e sostituzione edilizia.
L’evoluzione del mercato comporta anche la crescita e il riposizionamento delle principali società operative nel real estate che nel
2015 si sono orientare verso la Borsa (con le Siiq) o hanno portato avanti cambiamenti organizzativi e societari, con l’obiettivo di un
rafforzamento in vista delle sfide dei prossimi anni. Rispetto agli altri Paesi, tuttavia, le società italiane hanno dimensioni ancora ridotte
e una limitata presenza sui mercati internazionali.
IL FATTURATO DEL MERCATO IMMOBILIARE ITALIANO (Mln EURO)
SETTORE
2015
2014
2016*
Var. %
Var. %
2015/2014
2016/2015
Residenziale
81.000
83.000
86.000
2,5
3,6
Alberghiero
1.900
2.100
2.400
10,5
14,3
Terziario/Uffici
6.000
6.300
6.600
5,0
4,8
Industriale
4.050
4.200
4.150
3,7
-1,2
100
150
150
50,0
0
di cui logistica
3.950
4.050
4.000
2,5
-1,2
Commerciale
7.950
8.050
8.300
1,3
3,1
di cui Gdo
5.700
5.750
5.900
0,9
2,6
di cui retail
2.250
2.300
2.400
2,2
4,3
100.900
103.650
107.450
2,7
3,7
Seconde case turistiche
3.100
3.200
3.300
3,2
3,1
Box/posti auto
4.100
4.200
4.250
2,4
1,2
108.100
111.050
115.000
2,7
3,6
di cui produttivo/artigianale
Totale fatturato
Fatturato lordo
* Stima a fine anno
Fonte: SCENARI IMMOBILIARI®
Il mercato residenziale
Il 2015 ha confermato le aspettative di ripresa delle compravendite, attestandosi su 445 mila unità, con un incremento del 7,2% rispetto
all’anno precedente. È un indicatore di ritrovata fiducia verso il mercato residenziale attribuibile al miglioramento dello scenario
economico, ma, soprattutto, all’effetto combinato del processo di defiscalizzazione, seppure ancora in fase iniziale, e dell’incremento
dei mutui erogati, quasi raddoppiati negli ultimi dodici mesi.
La progressiva normalizzazione dei rapporti tra sistema bancario e mercato immobiliare residenziale è confermata dall’aumento di
abitazioni acquistate con l’ausilio del mutuo, salita nell’ultimo anno dal 45 al 55%, nonostante l’alta percentuale di surroghe.
L’accesso al mutuo è una delle condizioni necessarie per stimolare la domanda potenziale, stimata intorno a un milione di famiglie. La
leggera ripresa dell’occupazione, soprattutto giovanile, contribuisce a rilanciare il mercato della casa anche in questa fascia di età,
che negli ultimi anni si era orientata verso la locazione. Il crollo dei prezzi reali delle abitazioni nella fase recessiva, quantificabile in
una media del 20% con punte del 25% (escluse le top location), ha reso il mercato accessibile a settori sempre più ampi di popolazione,
perché i redditi sono rimasti stabili.
La ripresa del 2015 si è concentrata soprattutto nelle grandi città, anche al Sud, dove è più forte la pressione abitativa. Milano anticipa
le dinamiche del mercato immobiliare, con uno sviluppo particolarmente accentuato nel comparto residenziale. Il numero di transazioni
è cresciuto di circa il 12% e la domanda è in costante aumento, a fronte di una progressiva erosione dell’offerta disponibile. I tempi
medi di vendita si sono ridotti di quasi il 40% negli ultimi dodici mesi. Nel 2016 si attende un ampliamento della ripresa al resto del
Paese.
A fronte di un aumento della domanda e delle compravendite, le quotazioni medie nazionali hanno mostrato ancora una lieve flessione,
intorno allo 0,6%, nel corso dell’anno. Tuttavia, nelle zone più richieste, come i centri storici o le aree residenziali di pregio, ci sono
stati incrementi lievi rispetto all’anno precedente.
Il 2016 dovrebbe rappresentare una fase di stabilizzazione delle quotazioni medie, con tendenza alla riduzione degli sconti in sede di
trattativa. Tra le grandi città, l’aumento più consistente è atteso a Verona, seguita da Milano, Roma e Venezia. Il mercato sarà sempre
più “qualitativo”, con accentuazione del divario tra nuovo e usato e tra i diversi segmenti. I prodotti di classe energetica elevata in
localizzazioni centrali manterranno il proprio prezzo o vedranno un lieve rialzo, a seconda delle zone, mentre l’usato registrerà ulteriori
contrazioni dei valori. Anche nel mercato locativo la domanda è in aumento, soprattutto di alloggi di piccole dimensioni nelle grandi
città, mentre i canoni sono in lieve calo. La tendenza dovrebbe proseguire nel 2016. A Milano il settore della locazione è stato oggetto
di importanti novità in quanto, in occasione di Expo, è stata attivata la formula degli affitti brevi e sono state riviste le tariffe dei “canoni
concordati”, con l’obiettivo di rispondere a una domanda sempre più segmentata e diversificata. Sebbene i bassi tassi di interesse,
accompagnati dal ridimensionamento dei prezzi e dalla maggiore disponibilità delle banche, abbiano comportato un ritorno all’acquisto
residenziale, il mercato locativo è destinato a registrare un forte sviluppo a medio termine in tutta Italia. Un ostacolo è rappresentato
dalla carenza di servizi professionali da parte delle property companies, che in altri Paesi europei svolgono un ruolo di primo piano
nell’ambito del mercato locativo.
Il settore delle costruzioni residenziali continua a essere fortemente penalizzato e un possibile aumento dell’Iva, con la legge di
Stabilità, potrebbe avere un impatto estremamente pesante su volumi già modesti. Nel 2015 si calcolano investimenti in costruzioni
per un valore inferiore a 130 miliardi di euro, il 30% in meno rispetto a dieci anni fa. Inoltre, le 54 mila licenze edilizie residenziali
rilasciate l’anno scorso rappresentano meno di un sesto rispetto ai livelli del 2007 e riportano il Paese ai volumi degli anni trenta.
Il volume di attività dovrebbe crescere di circa il 10% nel prossimo triennio, grazie anche alle novità contenute nella legge di Stabilità
e alla proroga delle agevolazioni fiscali per la ristrutturazione edilizia e l’efficientamento energetico, che dovrebbero dare impulso al
settore delle ristrutturazioni, in linea con quanto avviene negli altri Paesi europei.
Variazione % dei prezzi medi nominali del settore residenziale (zone centrali, escluse top location)
* Stima ° Previsione
Il social housing2
Gli anni recenti, specialmente a seguito dell’introduzione dell’articolo 11 del D. L. 25 giugno 2008, n. 112 (c.d. “Piano Casa”), hanno
visto il fiorire di una copiosa letteratura sul social housing (o Edilizia Privata Sociale – EPS) e sull’opportunità di un’estesa
implementazione di un modello parallelo rispetto all’attuale ERP nel nostro Paese.
Il Piano nazionale di edilizia abitativa prevede il coinvolgimento di capitali pubblici e privati per la realizzazione, con una particolare
attenzione all’efficienza energetica e alla compatibilità ambientale, di abitazioni residenziali, principalmente rivolte a nuclei familiari in
posizione di fragilità economico-sociale, attraverso la costruzione di nuove abitazioni e/o la valorizzazione dell’esistente.
La domanda sociale dell’abitare
Le tendenze in atto nell’attuale congiuntura segnalano una crescente difficoltà delle famiglie italiane rispetto alla sostenibilità delle
spese per l’abitazione, sia con riferimento ai canoni d’affitto, sia in relazione alle rate di mutuo. Nel 2012, circa il 10% delle famiglie
evidenzia un’incidenza di tali voci superiore al 30% del reddito disponibile, soglia che in letteratura viene convenzionalmente
considerata il discrimine per il disagio economico. Rispetto al 2010, si registra un incremento di 2 p.p. nella quota di famiglie interessate
dal fenomeno. Anche in questo caso, la situazione risulta più grave nel caso degli affitti, con un’incidenza delle condizioni di disagio
del 37%, in crescita di 6 p.p. rispetto al 2010 e di 15 p.p. rispetto al 2002. Più contenuto, seppur in crescita, l’impatto sulle famiglie
proprietarie passate dall’1,2% nel 2002 al 2,4% nel 2012. Con riferimento a quest’ultimo dato, tuttavia, è necessario sottolineare come
la percentuale sia calcolata rispetto a tutte le famiglie, indipendentemente dalla presenza di un mutuo ipotecario, includendo nel reddito
disponibile l’affitto imputato, senza tale voce la percentuale salirebbe, nel 2012, al 5%.
Nel corso degli ultimi anni quello dell’accesso alla casa è un problema che ha riguardato un crescente numero di persone.
Dall’analisi condotta con riferimento alla condizione abitativa e alle domande sociali dell’abitare emerge un quadro estremamente
articolato e frammentario. Se l’Italia, infatti, conferma anche in tempo di crisi una netta predisposizione per la proprietà degli immobili,
il protrarsi della fase negativa del ciclo economico determina una significativa tensione nel mercato residenziale.
Il mercato immobiliare italiano, di converso, si caratterizza per un elevato grado di rigidità. La scarsa liquidità del segmento degli affitti,
ma anche la perduta capacità dei prezzi di rappresentare il punto di incontro tra dinamiche di domanda e offerta (a questo proposito
si consideri come nel ciclo immobiliare attualmente in corso a fronte di una riduzione nel numero di compravendite del 34% nel periodo
2010-2013 sia corrisposta una contrazione delle quotazioni del 10,5%), rischiano di aprire una frattura profonda tra i fabbisogni
espressi dalla società e la reale possibilità di trovare una risposta adeguata.
Se le grandi aree metropolitane del Centro Nord sono più colpite dall’emergenza casa, la situazione di tensione abitativa è vissuta, in
modo diffuso, anche nei Comuni di dimensioni medie. Per le aree metropolitane, il tema dell’emergenza abitativa si coniuga con la
questione della qualità dell’abitare, intesa come qualità della produzione edilizia e come integrazione tra politiche abitative e governo
degli spazi urbani in termini di servizi, mobilità, equilibrio ambientale ed energetico. Risulta evidente come la possibilità di accedere o
meno ad affitti a costi accessibili rappresenti, per una città, un fattore dirimente in termini di dinamismo e competitività. Da questo
quadro emerge, di fatto, la profonda necessità di ripensare il mercato residenziale nel suo complesso, innestando un autentico
mutamento di paradigma all’interno del quale il bene casa recuperi un ruolo funzionale di sviluppo della società.
L’identificazione dell’offerta sociale dell’abitare
2
Fonte: Torre SGR – dati del FIA fonte CDPI SGR
Come detto in precedenza, pur potendo cogliersi spunti in programmi nazionali varati negli anni compresi tra il 2001 e il 2008 è con il
“Piano Nazionale di Edilizia Abitativa” del 2009 che ha iniziato a configurarsi un approccio innovativo alle politiche abitative, con il
quale viene attribuita la responsabilità alle Amministrazioni Locali di “dosare”, all’interno del bando di gara, le opzioni di intervento
ammesse dalla legislazione statale e regionale per riuscire a conseguire il miglior risultato attraverso la selezione delle migliori offerte
tra quelle presentate all’interno della procedura competitiva. Operativamente, all’interno del “Piano Nazionale di Edilizia Abitativa” sono
state individuate due declinazioni per un nuovo paradigma attraverso il quale alimentare l’offerta di social housing:
a) gli accordi di programma;
b) il sistema integrato di fondi immobiliari.
Gli accordi di programma prevedono un intervento amministrativo di tutti i livelli di governo, per la determinazione delle azioni e un
significativo coinvolgimento del settore privato nella loro predisposizione. Agli accordi di programma sono stati destinati, attraverso il
D.P.C.M. n. 191 del 16 luglio 2009, circa 378 milioni di euro di provenienza statale, con la previsione di un effetto moltiplicativo indotto
per contributi da parte di altri Enti pubblici e, soprattutto, del settore privato. Al 2013, a seguito della ripartizione dei fondi statali e delle
procedure di selezione degli interventi effettuati da Regioni e Province Autonome, è stata completata la sottoscrizione degli accordi
tra Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Enti territoriali. Nel complesso, è stata prevista la realizzazione di circa 17 mila alloggi,
privilegiando la nuova costruzione (80,3%) rispetto al recupero (18,5%) e all’acquisto sul mercato (1,1%).
Nonostante la significativa eterogeneità, riscontrabile a livello regionale sulle prospettive di intervento, sono individuabili alcune
evidenze nazionali:

una predilezione per la nuova costruzione, con la conseguente necessità di intervento, da parte dei Comuni, sugli strumenti
urbanistici e sull’avvio di una sistematica ripianificazione del territorio (processo che, generalmente, non garantisce una rapida
cantierabilità dei progetti);

una tendenza alla destinazione in proprietà degli alloggi, resa evidente dalla significativa quota di alloggi in locazione a tempo
determinato con la previsione di riscatto;

una predominanza di fondi privati e, tra i fondi pubblici, la prevalenza delle risorse statali rispetto alle altre.
Il Fondo Investimenti per l’Abitare
Una soluzione al disagio abitativo, nata nel 2008 su iniziativa del MIT in ambito PNEA (Piano Nazionale Edilizia Abitativa), è
rappresentata dal Fondo Investimenti per l’Abitare, il cosiddetto “FIA”, il fondo nazionale del SIF (Sistema Integrato di Fondi), gestito
da CDPI SGR.
Esso opera su tutto il territorio nazionale, ha un capitale per investimenti di oltre 2 miliardi di euro, di cui 1 miliardo sottoscritto da
Cassa depositi e prestiti, 140 milioni dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e 888 milioni da parte di gruppi bancari e
assicurativi e di casse di previdenza privata, e una durata di 35 anni; investe esclusivamente in beni di natura immobiliare attraverso
l’investimento tipico prevalente (partecipazioni fino al 80%) e l’investimento tipico diretto (in deroga al limite del 80%, entro il 10%
dell’ammontare sottoscritto); si integra con il governo del territorio e con le politiche della casa locali.
Il FIA opera nel settore dell’Edilizia Privata Sociale (EPS) intesa come attività di sviluppo e gestione immobiliare di alloggi e servizi
rivolti a coloro che non riescono a soddisfare sul mercato le proprie esigenze abitative primarie.
Rispetto all’ERP, realizzato necessariamente con il concorso di risorse pubbliche, l’EPS si caratterizza per il ricorso a capitale privato,
in partenariato con il capitale pubblico, per la destinazione a una categoria di utenti non coperta dall’ERP e per la possibilità di differenti
mix di destinazioni d’uso.
Lo scopo del FIA è di contribuire a incrementare l’offerta di alloggi sociali sul territorio nazionale per quei soggetti che non riescono a
soddisfare il proprio bisogno abitativo sul mercato per ragioni economiche, o anche per assenza di offerta adeguata, con l’obiettivo di
creare un’offerta abitativa sostenibile, assegnando un titolo di preferenza alla locazione a medio-lungo termine.
Più in generale, l’obiettivo degli interventi oggetto d’investimento del FIA è la creazione di un contesto abitativo e sociale dignitoso
all’interno del quale sia possibile non solo accedere ad un alloggio ed a servizi adeguati, ma anche a relazioni umane ricche e
significative (principio della cooperazione). In tale contesto, il tema del fabbisogno abitativo presuppone un approccio integrato che
consideri gli aspetti immobiliari del bene “casa” e gli aspetti sociali dei “servizi” legati all’abitare. Tale approccio prevede la realizzazione
di progetti immobiliari affiancati da programmi di accompagnamento e di facilitazione alla convivenza, al fine di raggiungere due
obiettivi strettamente legati: rispondere al bisogno abitativo e rafforzare le comunità locali.
Il FIA ha chiuso la propria fase di sottoscrizione al 31 dicembre 2015. Sono 32 i fondi/comparti di fondi specializzati nel social housing
avviati a seguito dell’intervento del FIA.
Il mercato terziario – uffici
Il mercato degli uffici ha chiuso il 2015 con un aumento del fatturato del 5%, dopo un lungo periodo di contrazione. Il 2016 dovrebbe
consolidare i segnali di crescita e terminare con un incremento quasi analogo. Lo sviluppo è attribuibile soprattutto alla crescente
attività da parte degli investitori internazionali, attirati dai rendimenti superiori rispetto alla maggior parte delle altre principali piazze
europee, nonostante la recente compressione. Spesso il ritorno dell’investimento è visto in un’ottica di riqualificazione e
riposizionamento degli asset.
In aumento anche il dinamismo degli operatori domestici, soprattutto di fondi immobiliari e di privati, che spostano sull’immobiliare una
parte dei capitali investititi nei prodotti finanziari a basso rischio, i quali non sono più in grado di offrire rendimenti competitivi. Permane
una forte disomogeneità tra le diverse aree geografiche. La crescita del mercato riguarda quasi esclusivamente alcune città:
innanzitutto Milano, che concentra la quasi totalità della domanda estera, seguita da Roma, Torino e Bologna. Il miglioramento ha
riguardato in modo marginale i capoluoghi intermedi, mentre sono esclusi i piccoli centri. L’assorbimento, in lieve calo rispetto all’anno
scorso, è guidato dalla domanda di spostamento dagli immobili di classe B a quelli di classe A, in un’ottica di ottimizzazione degli spazi
e di risparmio gestionale, che spesso implica un processo di efficientamento e, in alcuni casi, la creazione di spazi di co-working. È
apprezzato soprattutto il prodotto nuovo, anche perché spesso è realizzato sulla base delle specifiche richieste della domanda.
Venezia guida la classifica delle grandi città per tasso di assorbimento, quasi doppio rispetto alla media nazionale, seguita da Genova
e da alcune metropoli del Sud. Per il 2016 si prevede un aumento degli scambi intorno al 3%. La concentrazione della domanda sugli
spazi moderni comporta il diffuso calo delle vacancy rate degli uffici di classe A, mentre la disponibilità degli immobili meno idonei (di
classe B o C) è in aumento, causando un tasso di vacancy nazionale elevato, intorno al 27%. Le esigenze di adeguamento dello stock
comportano interessanti opportunità di recupero e cambio di destinazione d’uso, ponendo, però, il problema dell’equilibrio funzionale
urbano e sociale. Per la prima volta dopo diversi anni è in crescita l’attività degli sviluppatori, con una componente importante del
settore pubblico. Tuttavia, nonostante la crescente carenza di offerta in alcune zone, i progetti speculativi restano scarsi.
Le quotazioni sono ancora in calo a livello nazionale, ma stabili nelle top location e in rialzo nei business district. Le prospettive per il
2016 sono di un lieve ritocco verso l’alto dei canoni di locazione e di aumento più consistente dei prezzi per la classe A.
I principali indicatori del mercato terziario/uffici in Italia
* Stima
Il mercato degli immobili commerciali
Si mantiene moderatamente positiva la dinamica dei consumi in Italia, con un aumento intorno all’1% rispetto all’anno precedente,
grazie a uno scenario di bassa inflazione, a una ripresa del mercato del lavoro, agli incentivi fiscali e all’effetto Expo. Le previsioni
sono di un progressivo consolidamento della ripresa nei prossimi anni, anche se in termini reali sarà possibile ritornare ai livelli del
2007 solo alla fine del decennio.
L’aumento, seppure modesto, delle vendite al dettaglio, dopo un lungo periodo di contrazione, ha dato ossigeno al mercato e
incoraggiato le aziende a portare avanti un processo di riorganizzazione. Si assiste all’ottimizzazione dei punti vendita, con
un’attenzione crescente per il commercio urbano, che offre le maggiori opportunità di sviluppo a breve termine.
La realizzazione di centri commerciali comporta, invece, tempi lunghi rispetto agli obiettivi immediati di riposizionamento; infatti molti
progetti sono ancora fermi. La tendenza è verso la rigenerazione dei centri esistenti, con attenzione verso gli aspetti legati alla
sostenibilità sia energetica che dei materiali e alla distribuzione e fruibilità degli spazi.
Il mercato immobiliare commerciale nel 2015 ha proseguito il trend di crescita dell’anno precedente, sebbene a ritmi più lenti e con
specificità diverse, a causa del calo delle transazioni di portafogli di dimensioni rilevanti. Nel 2015 sono stati scambiati diciotto
portafogli, di cui solo nove riguardano centri commerciali. L’interesse nel comparto, tuttavia, resta elevato, come dimostrano tre
acquisizioni effettuate su progetti di sviluppo di centri commerciali ancora da realizzare per circa 77mila mq di Gla. Il fatturato ha
registrato un incremento debole, intorno all’1,3%. La grande distribuzione, molto attiva negli anni precedenti, ha visto una crescita
inferiore all’ 1%, mentre è stata pari al 2,2% la variazione per le piccole superfici, grazie sia al rinnovo dei contratti che a un elevato
turnover di insegne. Le prospettive per il 2016 sono di una ripresa più robusta in entrambi i segmenti. Un contributo importante proviene
dal processo di espansione e acquisizione di altre società, portato avanti soprattutto dai gruppi della grande distribuzione, che
generano scambi di superficie tramite nuovi contratti o rinnovo di quelli esistenti.
Come nel resto dell’Europa, la domanda è disomogenea, polarizzata su Milano, Roma e sulle città che attirano i maggiori afflussi
turistici, ed e guidata dal processo di espansione dei grandi brand. La strategia delle altre società è ancora legata al contenimento dei
costi. Gli investitori esteri dominano il mercato anche nel comparto retail, ma sono frenati dalla carenza di prodotto idoneo. La flessione
dei rendimenti e il livello elevato dei prezzi nelle città primarie spinge una parte della domanda verso posizioni secondarie, dove sono
guardate con interesse anche le filiali dismesse delle banche. In generale, gli investitori internazionali cercano centri di grandi
dimensioni, nuovi o ammodernati sia dal punto di vista degli spazi che dell’organizzazione del mix merceologico, con un ampio numero
di aree ristorative, ricreative e di servizi ai cittadini.
Nel nostro Paese questo tipo di offerta risulta molto carente, con il conseguente aumento dell’interesse per centri di minori dimensioni,
purché collocati in posizioni strategiche e altamente performanti. In rapida crescita la domanda di spazi innovativi, dai centri ad elevata
specializzazione, a spazi monomarca sempre più tecnologici e ai negozi temporanei e pop-up, che hanno visto una notevole riduzione
dei costi rispetto al passato. In questo comparto sono attive soprattutto le società di moda e design, ma è in crescita il settore food. Si
conferma l’interesse degli investitori internazionali core per gli spazi di lusso nelle principali città italiane, dove però l’offerta è limitata
e la concorrenza sempre più elevata tra investitori e affittuari.
Nel 2015 le quotazioni medie nella grande distribuzione hanno segnato un rallentamento della discesa, pur restando in campo
negativo, mentre per l’anno in corso si prevede un lieve recupero. Prezzi e canoni in crescita, invece, nelle high street.
I principali indicatori del mercato commerciale in Italia (piccola distribuzione)
* Stima
I FIA immobiliari in Europa ed in Italia
Il miglioramento delle prospettive economiche, la presenza di una liquidità consistente e la crescente domanda di una gestione
professionale dei patrimoni immobiliari favoriscono lo sviluppo dei fondi immobiliari. Dopo una lieve flessione nel biennio 2008-2009,
il patrimonio dei fondi operativi negli otto Paesi europei considerati ha ricominciato a crescere a un ritmo medio del 7,3% annuo nel
periodo 2010-2013, per accelerare negli ultimi due anni, con una crescita del 9,8% nel 2014 e dell’10,8% nel 2015.
Mentre in passato la maggior parte dei fondi era retail, negli ultimi anni i veicoli riservati agli investitori qualificati hanno segnato un
progresso più rapido, in considerazione delle maggiori difficoltà dei fondi retail nella fase recessiva e della crescente domanda di
esternalizzazione della gestione immobiliare da parte degli investitori istituzionali.
Attualmente due terzi del NAV complessivo in Europa è gestito da fondi riservati e la percentuale sale all’ 80% con riferimento ai soli
fondi non quotati. Tra gli investitori qualificati è in costante aumento il peso dei fondi pensione, che concentrano quasi la metà dell’attivo
dei fondi riservati, seguiti dalle compagnie di assicurazione e dai fondi sovrani.
Il 2015 si è chiuso con un patrimonio totale di oltre 460 miliardi di euro. Si conferma la maggiore omogeneità dei trend nei diversi Paesi
rispetto al passato. Se negli anni di maggiore complessità lo sviluppo era stato positivo in alcune Nazioni e negativo in altre, nel 2015
tutti i Paesi hanno registrato un aumento del NAV complessivo, anche se con ritmi differenziati. Fa eccezione la Svizzera, che
rappresenta l’unica Nazione con un calo dell’attivo totale dei fondi immobiliari, a causa del rallentamento dell’economia e del mercato
immobiliare e delle variazioni di cambio. Tuttavia, si tratta di un mercato di dimensioni relativamente piccole, con scarsa incidenza sul
trend continentale. Le previsioni raccolte per il 2016 tra i principali operatori europei sono di una crescita del patrimonio vicina al 10%.
Anche il numero di fondi è previsto in aumento.
L’andamento del primo quadrimestre 2016 conferma il quadro previsivo. Dall’analisi degli ultimi dieci anni emerge che la performance
media europea è andata progressivamente riducendosi dal 2005 al 2012, passando dal 5,8 all’1,3%, che rappresenta il record storico
negativo del settore dei fondi immobiliari, per poi recuperare con ritmi e intensità differenziati. Il rendimento dei fondi è influenzato da
una molteplicità di fattori, quali l’andamento economico e immobiliare locale, la politica di investimenti e dismissioni delle singole
società, la fase di vita dei fondi, l’ingresso sul mercato di nuovi strumenti e, soprattutto, l’incidenza fiscale e il livello di indebitamento.
L’Italia ha detenuto il primato europeo nel periodo 2005–2007, per poi perdere posizioni nel 2008 e crollare a partire dal 2009. Il biennio
2012-2013 ha visto ancora performance negative, mentre il 2014 ha segnato un buon recupero, stabile nel 2015.
Con riferimento all’asset allocation, in generale, le società di gestione puntano a una maggiore diversificazione, motivata dalla ricerca
di rendimenti competitivi a dall’esigenza di una maggiore suddivisione del rischio. È in crescita anche il turnover dei patrimoni, in
quanto le strategie societarie sono in costante evoluzione, perché vengono modificate in base al trend dei mercati, staccandosi spesso
dalle linee contenute nei business plan. Si registra un lieve aumento degli immobili residenziali, grazie allo sviluppo dei fondi
specializzati, ma anche alla minore dipendenza del comparto abitativo dalla congiuntura economica. I nuovi investimenti residenziali
sono concentrati sull’attività di ristrutturazione, soprattutto nell’ottica di risparmio energetico, e sulle residenze specializzate, in
particolare per studenti.
In lieve crescita anche la percentuale di uffici, poiché gli immobili direzionali restano il core business di un elevato numero di veicoli,
nonostante l’alienazione dei patrimoni da parte dei fondi in liquidazione o in scadenza composti in buona parte da uffici. Gli uffici
rappresentano la quota più significativa anche nel patrimonio dei fondi diversificati. In calo il retail, sebbene il comparto concentri la
quota maggiore di acquisti in alcuni Paesi. I nuovi investimenti sono concentrati sugli spazi innovativi e su quelli legati all’ecommerce,
mentre sono considerati scarsamente strategici gli immobili commerciali tradizionali, soprattutto nelle zone secondarie, che subiscono
gli effetti del peso crescente del commercio on line.
Tendono a crescere gli investimenti nella logistica, seppure frenati da una forte carenza di offerta di spazi strategici. La domanda,
infatti, si concentra sui complessi di elevate dimensioni, situati vicino a un hub di connessione, flessibili e dotati di impianti e
infrastrutture all’avanguardia. L’offerta di questo tipo di prodotti in alcuni Paesi, tra cui l’Italia, è estremamente carente.