[sanazionale - 1] sanita/giornale/pag01 20/07/07
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SPECIALE 24-30 luglio 2007 15 ONCOLOGIA/ Appello dell’Aiom per la razionalizzazione del settore e la ricerca mirata Un target per ogni tumore Obiettivo: individuare il bersaglio e i pazienti adatti al trattamento S entieri molecolari, bersagli selezionati, terapie su misura: il futuro delle terapie oncologiche è radioso ma costosissimo e la sfida cruciale per clinici, ricercatori e imprese, ma anche e soprattutto per i servizi sanitari nazionali di tutto il mondo è riuscire a identificare il bersaglio esatto del farmaco per capire quando e su quali pazienti utilizzarlo. Solo così le risorse disponibili potranno essere sufficienti a curare tutti i pazienti che possono trarre beneficio dalle nuove terapie: farmaci antineoplastici e immunomodulatori hanno assorbito nel 2006 il 32,4% della spesa ospedaliera per complessivi 1,3 miliardi. Ma i conti - avvertono gli esperti - sono destinati a salire ancora. A pesare sul piatto della spesa sono i buoni risultati ottenuti dalle terapie in uso (la percentuale di sopravvivenza è in costante aumento dal 1978: quella a 5 anni si attesta oggi al 64%), ma anche le promesse provenienti dal pianeta della ricerca: all’Emea entro il 2008 dovrebbero approdare 25 nuove domande di registrazione per prodotti oncologici destinati al trattamento di oltre una decina di tumori. Il rebus appropriatezza-sostenibilità delle nuove terapie oncologiche ha tenuto banco alla giornata di approfondimento e confronto promossa dagli oncologi dell’Aiom al Fatebenefratelli di Roma lo scorso 12 luglio. E in risposta alle critiche che da più parti piovono sui nuovi farmaci, super-intelligenti ma anche super-costosi, dai clinici è arrivato l’appello alla razionalizzazione del sistema e alla crescita degli investimenti in ricerca. «L’accurata selezione dei pazienti da trattare sulla base delle probabilità che hanno di rispondere in maniera positiva al trattamento è il modo migliore per evitare sprechi di risorse», spiega Emilio Bajetta, presidente Aiom. «Le molecole intelligenti non sono efficaci allo stesso modo su tutti i malati: nel cancro del seno, a esempio, il trastuzumab, funziona solo in quelle pazienti che sono positive al gene HER2. I nostri sforzi devono essere mirati a studiare meglio il farmaco per capire esattamente come agisce: serve più rigore metodologico nella valutazione degli interventi terapeutici, con farmaci vecchi e nuovi, per realizzare un’equa distribuzione dei benefìci». Sulla stessa lunghezza d’onda il direttore dell’Istituto Mario Negri, Silvio Garattini: «Serve una revisione completa del sistema: è impensabile riuscire a garantire gratuitamente farmaci così costosi a tutti i malati, tanto più che in qualche caso i benefìci in termini di aumento della sopravvivenza non giustificano la spesa». A titolo di esemplificazione valgono le analisi del Norfolk and Norwich University Hospital Trust presentate al convegno proprio da Garattini. La struttura ha valutato il costo e il potenziale beneficio derivante dall’introduzione di alcune sostanze come coadiuvanti nella terapia di alcuni tipi di tumore: in qualche caso il Registro farmaci oncologici sotto monitoraggio: i dati regionali Regione Lombardia Campania Lazio Emilia Romagna Piemonte Toscana Sicilia Veneto Liguria Puglia Friuli V.G. Umbria Marche Sardegna Pa Bolzano Abruzzo Calabria Pa Trento Basilicata Valle d’Aosta Molise Totale Antineoplastici e immunomodulatori Antimicrobici Sangue e organi ematopoietici Sistema nervoso Vari Sistema muscolo-scheletrico Gastrointestinali e metabolici Ormonali-sistemici Cardiovascolari Sistema genito-ur. e ormoni sessuali Sistema respiratorio Dermatologici Organi di senso Antiparassitari Totale Spesa ’06 (mln €) ● ● ● ● ● LA MESSA IN OPERA MARZO 2007 Avvio delle procedure per l’accesso delle aziende farmaceutiche e degli assessorati alla Sanità ai dati del Registro farmaci oncologici sotto monitoraggio (Rfom) Estensione delle funzionalità del Rfom alle farmacie territoriali di Asl APRILE 2007 Realizzazione dei profili di accesso ai dati per i membri del tavolo di consultazione sulla terapia oncologica dell’Aifa Fase finale del test sulle procedure di richiesta rimborso, attraverso il canale telematico aperto con le aziende farmaceutiche MAGGIO 2007 Realizzazione dei profili di accesso ai dati per i membri della commissione tecnicoscientifica (Cts) dell’Aifa e per le aziende farmaceutiche coinvolte nel progetto 32,4 1.040 25,8 655 16,2 323 154 8,0 3,8 136 3,4 135 3,3 99 86 2,4 2,1 39 1,0 29 17 17 1 4.039 0,7 0,4 0,4 0,0 100,0 Pazienti non eleggibili e (%) sul totale 116 (18,8) 22 (3,6) 44 (7,1) 37 (6,0) 86 (13,9) 147 (23,8) 19 (3,1) 33 (5,3) 29 (4,7) 28 (4,5) 9 (1,5) 11 (1,8) 16 (2,6) 5 (0,8) 5 (0,8) 3 (0,5) 1(0,2) 4 (0,6) 0 (-) 2 (0,3) 0 (-) 617 (100,0) GIUGNO 2007 Pubblicazione on line delle schede telematiche per la specialità medicinale Sprycel ● Realizzazione dei profili di accesso ai dati per gli assessorati regionali (8 abilitazioni su 21, in base ai riscontri pervenuti) LE ATTIVITÀ 1. Schede Mabthera: realizzate e in test, pronte per la pubblicazione. Sarà necessario pubblicare una correzione al comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale recante l’estensione di indicazione terapeutica in quanto questo non riporta l’obbligo di compilazione di schede di monitoraggio. Potrebbe essere necessaria una nuova determinazione in Cts per l’indicazione “Artrite reumatoide” (schede da realizzare) 2. Schede Erbitux per l’indicazione tumore testa-collo: bozze in lavorazione (situazione analoga al caso Mabthera) 3. Elaborazione del primo Rapporto nazionale del Rfom (giugno 2007) ● Sara Todaro Costi e potenziali benefìci delle cure coadiuvanti anticancro (Norfolk e Norwich U.H.Trust) Trattamento Pazienti trattati Vantaggi dimostrati Potenziale beneficio per la la struttura Costo per paziente* Chemioterapia come coadiuvante nel trattamento del cancro al polmone 15 23 5-15% di aumento della sopravvivenza a 5 anni Possibile curare 1 paziente in più 23 Oxaliplatin come coadiuvante nella terapia del cancro al colon a confronto con il fluoruracile 20 137 5% di miglioramento senza ricadute a 3 anni Un paziente in più senza ricadute a 3 anni 137 Chemioterapia come adiuvante per il trattamento del cancro esofageo 25 8 9% di miglioramento della sopravvivenza a 5 anni Possibilità di curare 3 pazienti in più 2,67 Rituximab associato a chemioterapia per il trattamento del linfoma non-Hodgkin negli over 60 25 215 13% di miglioramento della sopravvivenza a 2 anni Possibilità di curare 3 pazienti in più 71,67 Inibitori dell’aromatasi come adiuvanti nel trattamento del cancro al seno post-menopausale 270 120 3,7% di miglioramento nella sopravvivenza senza ricadute rispetto al tamoxifene 8 pazienti in più senza ricadute a 5 anni 15 Totale 355 503 Possibilità di curare 16 pazienti in più - 75 1.940 Possibilità di curare 3 pazienti in più 650 % 1.309 Pazienti Pazienti registrati eleggibili e (%) e (%) sul totale sul totale 4.689 (30,1) 4.485 (31,5) 1.446 (9,3) 1.377 (9,7) 1.322 (8,5) 1.159 (8,1) 1.253 (8,0) 1.172 (8,2) 1.242 (8,0) 1.099 (7,7) 920 (5,9) 721 (5,1) 912 (5,9) 853 (6,0) 911 (5,9) 832 (5,8) 635 (4,1) 577 (4,0) 542 (3,5) 469 (3,3) 438 (2,8) 416 (2,9) 385 (2,5) 354 (2,5) 316 (2,0) 285 (2,0) 163 (1,0) 134 (0,9) 102 (0,7) 48 (0,3) 79 (0,5) 73 (0,5) 71 (0,5) 67 (0,5) 56 (0,4) 48 (0,3) 42 (0,3) 42 (0,3) 32 (0,2) 28 (0,2) 13 (0,1) 13 (0,1) 15.569 (100,0) 14.252 (100,0) Il registro dei farmaci oncologici sottoposti a monitoraggio Spesa farm. osp. per classe Atc Centri clinici abilitati e (%) sul totale 82 (15,9) 39 (7,6) 45 (8,7) 32 (6,2) 39 (7,6) 29 (5,6) 72 (14,0) 28 (5,4) 15 (2,9) 39 (7,6) 15 (2,9) 7 (1,4) 16 (3,1) 14 (2,7) 4 (0,8) 10 (1,9) 13 (2,5) 6 (1,2) 5 (1,0) 1 (0,2) 4 (0,8) 515 (100,0) risultato è reale e si traduce nella concreta possibilità di curare più pazienti ovvero di veder diminuire il numero di recidive. Valutazioni laceranti, che specialisti ed esperti devono imparare a gestire senza cadere vittime dell’entusiasmo, ma anche senza lasciarsi condizionare dalle critiche. «Secondo alcuni, in genere non oncologi, i nuovi farmaci sembrano determinare piccoli benefìci a un costo elevato: ciò accade soprattutto all’inizio quando vengono somministrati a pazienti con malattia avanzata», afferma Marco Venturini, consigliere nazionale Aiom. «Ma è importante sapere che, se i risultati sono confortanti, si passa a trattare malati in fase più precoce di malattia, puntando alla guarigione, o comunque a un aumento marcato della sopravvivenza». Gli esempi non mancano: grazie alle nuove terapie a bersaglio molecolare il tumore della mammella oggi è guaribile in 3 casi su 4; la sopravvivenza nel tumore del colon metastatico è quasi raddoppiata, arrivando a oltre 20 mesi. Proprio l’esigenza di conoscere a fondo i nuovi prodotti, puntando a garantire l’appropriatezza e la programmazione economica, ha determinato la nascita del Registro dei farmaci oncologici sottoposti a monitoraggio intensivo da parte dell’Aifa, che a giugno ha pubblicato il primo rapporto in collaborazione con Aiom, Sifo e Cineca. «Il registro spiega Carlo Tomino, direttore Sperimentazione e ricerca dell’Agenzia - nasce come strumento di lavoro condiviso tra oncologi, farmacisti, aziende farmaceutiche e regolatorio per il monitoraggio in tempo reale del consumo dei nuovi prodotti su tutto il territorio nazionale». Dal registro derivano i dati regionali superaggiornati presentati al convegno Aiom dal direttore dell’Aifa, Nello Martini: i centri clinici abilitati alla prescrizione e all’uso delle terapie sotto monitoraggio sono 551 per un totale di quasi 15.600 pazienti registrati, di cui 14.252 risultati eleggibili alle cure. Uno strumento in più per la realizzazione dell’obiettivo annunciato dal presidente eletto dell’Aiom, Francesco Boccardo: «Proporre soluzioni attuabili, frutto di un confronto serio e condiviso, perché non è pensabile che il problema della sostenibilità economica, che richiede una valutazione strategica basata su aspetti tecnici, scientifici, gestionali, economici ma anche etici, venga ribaltato sui singoli medici e sui loro pazienti». E in quest’ottica l’Aiom ha lanciato anche una nuova proposta operativa: la creazione di gruppi interdisciplinari di lavoro per definire un documento di consenso che serva a produrre Linee guida sull’impiego dei nuovi farmaci, da condividere nell’ambito delle 400 unità di oncologia medica in Italia. Uno scudo in più contro patologie da cui ormai si può (o si potrà) guarire. Herceptin per il trattamento del cancro al seno in stadio iniziale (*) Valore in sterline Costo della terapia* 0-4% di miglioramento della sopravvivenza a 4 anni Fonte: Barret et al, 2006 16 SPECIALE 24-30 luglio 2007 ONCOLOGIA/ Negli ospedali crescono MACERATA Film e vacanze strappasorrisi L a settimana scorsa il primario dell’oncologia di Macerata, Luciano Latini, non era in ospedale. Ferie? Macché. Con un collega, due infermieri e due pullman carichi di pazienti era ad Andalo, in Trentino, nell’altipiano tra le Dolomiti di Brenta e la Paganella. A godersi il sole, l’aria buona e la montagna. Quella delle vacanze con i malati è da due anni una formula consolidata per il reparto maceratese. Punta di diamante dell’umanizzazione in oncologia, la struttura offre gratuitamente alle pazienti parrucche e consulenze estetiche. Ospita un open bar dove rifornirsi di caffè e brioches. Organizza visite guidate per mostre e gallerie d’arte, ma anche concerti, feste e pizza-party, tutti rigorosamente aperti alle tre anime del reparto: malati, familiari e operatori. Vanta una videoteca di 450 videocassette. «In ogni camera - racconta Latini, come se fosse la cosa più normale del mondo - ci sono il videoregistratore e due televisori. Si può scegliere il film e vederlo in ospedale, ma si può anche portarlo a casa e restituirlo dopo». L’obiettivo delle iniziative messe in campo è chiaro. «Il reparto - afferma Latini - deve essere vissuto anche al di là della cura e della chemioterapia. Dovreste vedere come i pazienti si prendono cura delle piante e dei fiori. Ci vuole così poco per garantire ai malati una buona qualità della vita». Entusiasmo e dedizione del primario contagiano colleghi e infermieri: estrema attenzione è dedicata all’accoglienza e alla continuità delle cure. Ma anche al futuro di chi vince la lotta al cancro. Non è un caso che lo scorso 22 giugno Latini abbia dedicato un intero convegno alle discriminazioni che subisce il paziente oncologico guarito, invitando a intervenire avvocati, sociologi, esperti del mondo bancario e assicurativo. Ma soprattutto loro: le persone che ce l’hanno fatta e che hanno comunicato alla platea, composta in gran parte da altri pazienti, le paure, le sfide e gli ostacoli superati. In un clima di partecipazione e di allegria. «Ci sono storie di uomini impossibilitati a migliorare la propria posizione - rileva il primario - che si sono visti precludere l’opportunità di fare carriera, di ricoprire posti al “vertice” o, più semplicemente, di beneficiare di una promozione meritata, in quanto percepiti come “precari” della vita. Spesso chi è stato per lungo tempo malato, infatti, continua a essere etichettato come un individuo più fragile, più vicino alla fine di quanto non siano tutti gli altri». Analoghe ingiustificate discriminazioni, spesso frutto di disinformazione, avvengono in banca, quando si chiede un mutuo, o negli uffici delle compagnie assicurative. «Vogliamo far capire che c’è un futuro dopo il tumore e combattere i pregiudizi che lo oscurano», conclude il primario. Proprio per questo ha attivato l’ambulatorio per la fertilità, la sterilità e la sessualità, che aiuta i malati, e in particolare le giovani donne, a progettare un figlio nonostante la chemio e le conseguenze che ne derivano, in termini di calo della libido e secchezza vaginale. Due psiconcologi sostengono pazienti e familiari dal punto di vista psicologico. Da qualche tempo, inoltre, seguendo l’esempio di Sondrio, la struttura assicura la reperibilità oncologica a tutti i turisti della Riviera del Conero. La chiamano «oncologia nelle vacanze». Progetti impensabili fino a qualche tempo fa, che però possono rivoluzionare la vita quotidiana dei malati e delle loro famiglie. E i medici aiutano ad avere figli È Aggredire i tu Quadri, viaggi di gruppo, pet-th D ietro le quinte della lotta al cancro, lontano dai riflettori, c’è un pianeta in ebollizione. Chiamatela come volete: umanizzazione, attenzione al paziente, ascolto. Il risultato non cambia. E fa dimenticare le cronache nerissime, la malasanità che lascia esterrefatti, le inchieste che fanno tremare le vene nei polsi. Come dimostriamo in queste pagine, la rivoluzione silenziosa sta prendendo piede nei reparti di oncologia degli ospedali italiani con un entusiasmo contagioso. Strutture che assomigliano a gallerie d’arte, videoteche in corsia, concerti, vacanze di gruppo, pet therapy, giardini curati da tutti: medici, infermieri, malati, familiari, psicologi. Siamo lontanissimi dai vecchi discorsi sulla qualità e la soddisfazione del paziente, che spesso si traducono in ulteriore burocrazia, in un surplus di tecnicismo. Di fronte abbiamo primari vulcanici, donne e uomini che si rimboccano le maniche, fatti precisi accanto alle parole. E un obiettivo comune e dichiarato: andare oltre la terapia. Oltre la chemio, la radio, le nuove cure biologiche. Oltre il progresso scientifico. Oltre la tecnica. Per lasciare spazio alla vita e al futuro, anche quando è breve. Perché è la qualità del tempo a contare, non soltanto la quantità. «Basta pochissimo», ripetono in coro gli oncologi che stanno guidando la rivoluzione. Pochissimo: cortesia, accoglienza, umanità. E guai a chi pensa che siano sciocchezze, che sia sufficiente la competenza dei medici: umanizzare non significa rinunciare all’eccellenza scientifica, tutt’altro. «Già da qualche anno i primari si sono messi in gioco, anche chiedendo aiuto alle associazioni dei pazienti», spiega Giorgio Cruciani, presidente del Cipomo (il Col- SONDRIO BOLOGNA Una banca delle idee per le buone pratiche «Se ne parli» ché il silenzio non è d’oro dal connubio tra il reparto e l’Univale (Unione volontari assistenza leucemici, emopatici e oncologici) che l’oncologia medica di Sondrio (Ao della Valtellina e della Valchiavenna) trae la linfa vitale della sua “umanità”. Un’umanità fuori dal comune nel panorama italiano, tanto da far considerare il primario Alessandro Bertolini un maestro da imitare. Bertolini è un direttore “giovane”: il reparto si è reso autonomo nel 2004 e infatti non può ancora contare su una propria degenza, ma soltanto su day hospital e ambulatorio. Eppure in tre anni ha puntato dritto verso un obiettivo e lo ha realizzato: mettere la persona al centro della struttura, dare al reparto «un volto umano». È stata Univale a donare il reparto (250 metri quadrati arredati e informatizzati) e a istituirvi una scuola che sforna volontari accreditati. Una psicologa sostiene i volontari, altre 2-3 i malati e i familiari. Da due anni si svolgono i “pomeriggi musicali”: concerti organizzati in ospedale per malati, familiari e conoscenti. Il progetto “Sempre belle” assicura gratuitamente alle donne parrucche nuove. Il programma “trasporto malati” offre ai pazienti con forte disagio familiare un accesso preferenziale e gratuito in ospedale con un mezzo della Croce rossa. Sondrio ha lanciato “l’oncologia nelle vacanze”, poi mutuata anche a Macerata e a Viareggio: i malati che vogliono andare in vacanza in Valtellina o in Valchiavenna, d’estate o d’inverno, possono proseguire la chemioterapia, le sedute di radioterapia o la diagnostica di follow up presso il reparto. Basta chiamare il call center e arrivare con una relazione clinica del proprio centro di riferimento. Due iniziative sono in itinere: lo Sportello Sos (sportello oncologico Sondrio), un punto di informazione che sarà allestito all’interno del presidio ospedaliero per supportare malati e famiglie, e “Casa Fabrizio”, una serie di appartamenti che saranno messi a disposizione dei pazienti che devono percorrere distanze troppo ampie per effettuare le cure. Nella carta dei servizi sono elencate tutte le attività dell’oncologia. E Bertolini si rivolge direttamente al malato scrivendo: «Frequentando il reparto avrà modo di conoscere professionisti esperti che condividono la filosofia del prendersi cura in toto del malato e non già quella di curare semplicemente la malattia. Sappia fin d’ora che noi consideriamo il rapporto diretto medico-paziente un impegno imprescindibile, necessario a chiarire dubbi e incertezze». Una dichiarazione di intenti confermata nei fatti. Come se tutto ciò non bastasse, per celebrare i primi dieci anni dell’oncologia di Sondrio, Bertolini ha lanciato una “banca delle idee”: fino al 20 agosto, sul sito www.geppobox.com/oncologia/index.html, gli oncologi di tutta Italia possono inserire una sintesi dei progetti che hanno promosso per migliorare l’assistenza ai malati. Il 14 e il 15 settembre se ne discuterà al convegno organizzato per il decennale. E il migliore, votato per acclamazione in sessione plenaria, sarà premiato con mille euro. Perché le buone idee hanno bisogno di propagarsi. D i tumore si può e si deve parlare. Per far conoscere i progressi e affrancare la parola dal terrore che evoca, per condividere la paura e dunque mitigarla, per imparare a convivere più serenamente con la malattia e quindi a combatterla più efficacemente. È partito da queste premesse Andrea Angelo Martoni, direttore dell’oncologia medica dell’azienda ospedaliero-universitaria Sant’Orsola Malpighi di Bologna, per lanciare incontri di gruppo tra pazienti attuali ed “ex”, familiari, medici e infermieri. Appuntamenti mensili che fanno luce sull’organizzazione della struttura e dei servizi offerti, sulla chemio, l’ormonoterapia e le terapie biologiche, ma soprattutto sui riflessi della ma- lattia sui rapporti familiari, sociali e lavorativi. «Il sollievo dalla paura e dall’angoscia, ma anche dal senso di colpa e di vergogna che si annida dentro a chi è colpito dal tumore anche dopo molti anni - sottolinea Martoni - si può ottenere proprio attraverso il parlarne». Un apporto importante è stato fornito da Monica Guaraldi, giovane oncologa passata attraverso l’esperienza del tumore. «Un’esperienza che si è trasformata in un dono prezioso e inaspettato - racconta - che ogni giorno dà i suoi frutti e mi ripaga ampiamente dei momenti difficili che ho vissuto». La Guaraldi coordina la redazione di «Se ne parli», il notiziario cartaceo di cui il progetto si è arricchito, “rubando” il titolo a quello di una poesia scritta da un ex malato. La rivista raccoglie le testimonianze dei pazienti, dei medici e degli altri operatori. Vuole essere uno spazio per dare voce a chi sente il bisogno di esprimersi, ma anche per fermare sulla carta i resoconti degli incontri. E farli “esperire” a chi non ha partecipato. Il tentativo avviato dimostra la volontà del reparto di andare oltre la tensione al miglioramento delle capacità tecnico-professionali. «Accanto - conclude il primario - ci deve essere il costante miglioramento e affinamento delle capacità degli operatori di stabilire buone relazioni». Accoglienza e ascolto, insomma. La parola magica: comunicazione. LO SCAFFALE DEI LIBRI/ 1 Avere il cancro senza «l’abito adatto»: l’ironia la vince S trano leggere un’autobiografia di un ex malato di tumore senza versare una lacrima. Strano trovarsi di fronte a una prosa sincopata, ironica, lucida, che nulla concede alla commozione e al sentimentalismo. Eppure è questo che succede con il libro «Ho il cancro e non ho l’abito adatto» (Mursia, 2007), scritto da Cristina Piga, avvocato amministrativista romano, un marito, due figli, 49 anni oggi, 45 quando ha scoperto di avere un tumore al colon. Chiarisce subito: «Mai una sigaretta, mai un goccio di alcol». Il suo è un diario insolito, un inno tragicomico alla vita. Frammenti fulminanti. «Vi siete mai fatte mettere e togliere la padella da un uomo? Bene, sappiate che se non glielo dite non vi laverà, non vi asciugherà e non vi farà la medicazione». Oppure: «Non fai in tempo a rimetterti i pantaloni che ti portano in un’altra stanza e, neanche a crederci, te li devi togliere di nuovo e metterti prona. Diventerà una routine, due mesi di routine prona». Cristina racconta cinque settimane di chemio, 24 ore su 24 a infusione continua. Una seduta radio ogni giorno. Due amici chirurghi che la operano e che sono fratelli, belli e diversi. I “Beati Paoli” del suo vissuto, a partire dal chirurgo “preferito”, cui è riservata la dedica («Al mio dr Kildare») per finire con l’oncologo, Paolo Marchetti, primario all’azienda ospedaliera Sant’Andrea di Roma, che firma la prefazione e oggi - nota l’autrice - «tiene le fila della mia precarietà». Cristina prende bonariamente in giro il marito “vittimo”, «a pezzi», che però non l’abbandona mai. Immortala le «care amiche» e le vere amiche. Elogia gli oncologi, «specie a parte», specialisti «che credono in te, nella tua vita». E regala perle come questa, ispirata dai “compagni” della sala d’attesa della radio: «La forza te la dà chi combatte con te, chi vive la tua stessa esperienza nello stesso momento e la cosa più difficile è tenere a bada i parenti. Sono loro, infatti, che più di tutti avrebbero bisogno di un sostegno psicologico». Soprattutto, Cristina non cede mai. Neanche quando il corpo è martoriato, con i raggi che colpiscono le ovaie e l’inferno della quarta settimana: «Sono completamente ustionata, ho infezioni ovunque, la ginecologa è la mia migliore amica, il dolore alle gambe è violentissimo, respiro a fatica, sono gonfia come un pallone, tre chili in una notte, in bagno svengo». Alla fine il tono si ammorbidisce, è tempo di bilanci e di “grazie”. Ma anche di negazioni. Non è vero che si diventa migliori. «Non è vero che sono stata coraggiosa o forte (...). La sola verità è che non ho avuto paura. Ciò che mi spaventa è altro, è una pregiudicata condizione di vita». Non è vero che si cambia. Ma «chissà se rimetterò mai i miei vestiti taglia 42». Perché ammalarsi è anche non avere «l’abito adatto». Perché si può vincere con l’ironia. SPECIALE 24-30 luglio 2007 o i progetti di umanizzazione per curare corpo e anima MASSA CARRARA umori con umanità A herapy: così i reparti guardano oltre la chemio legio italiano primari oncologi medici ospedalieri) e direttore dell’oncologia dell’ospedale di Lugo (Ravenna). «Abbiamo condotto un’indagine per verificare il gradimento dei day hospital e non siamo stati con le mani in mano davanti ai risultati: i pazienti si lamentavano soprattutto del I comfort delle strutture e molti di noi hanno iniziato a lavorare per migliorare gli ambienti». Per Cruciani, non si può neppure parlare di squilibri tra Nord e Sud (anche se sulle sei oncologie descritte qui l’unica meridionale è quella di Lanciano): «I buoni centri sono ovunque e in molti ospedali si fa anche ricerca: semmai alcuni non riescono ad accreditarsi come punti di riferimento per i malati di cancro». Nel 2008 il Cipomo inaugurerà un corso per i primari che la dice lunga sull’orientamento in pista: «La dimensione umana nel percorso qualità». «Siamo convinti - chiarisce il presidente - che la qualità non sia tanto legata agli aspetti strutturali, ma a quelli relazionali e alla gestione delle conflittualità. Un clima positivo aiuta anche a ridurre il contenzioso». I problemi aperti sono ancora tanti. Uno per tutti: l’“abbandono” del paziente oncologico dopo la fine della terapia, l’assenza di risposte adeguate per garantire la continuità. Ma l’emergere di una nuova sensibilità è evidente. E si spera che dilaghi. Cruciani la descrive con un’esperienza personale: «Una signora malata di tumore al colon dopo tre anni di cura mi ha detto: “Dottore, lei non mi ha guarito, ma mi ha permesso di avere una vita normale”». Curare tutelando l’integrità della persona: questo è il vero successo. pagine a cura di Manuela Perrone Quando il cucciolo fa bene ll’oncologia di Carrara ci sono piante e fiori dappertutto. C’è un pianoforte, una libreria, musica in sottofondo, tavolini per giocare a carte e godersi qualche bicchiere di vino. C’è una terrazza-giardino per guardare il Tirreno dalle poltroncine per la chemio. Gli orari di visita sono banditi: il reparto è sempre aperto. E ci sono spesso i cuccioli ad allietare le ore di cura. Tanto che il primario, Maurizio Cantore, ha pensato di testare scientificamente l’efficacia della pet therapy, concludendo il primo studio di questo tipo in un centro oncologico italiano (il reparto di Arezzo, diretto da Paolo Ghezzi, adesso sta calcando le orme carraresi). Da luglio 2005 a febbraio 2006 un maschio border collie e una femmina pastore delle Shetland hanno scorrazzato in una stanza dove i pazienti effettuavano la chemioterapia (braccio sperimentale) per un giorno alla settimana (nella sala adiacente, braccio di controllo, non c’erano animali). Ai malati è stato somministrato un questionario (l’Adesso Test), che ha valutato quattro items: ansia, depressione, alcuni sintomi somatici (dolore, dispnea, astenia e nausea/vomito) e aggressività, ovvero le variabili più correlate al tumore. Gli infermieri hanno inoltre registrato la frequenza cardiaca, la saturazione dell’ossigeno nel sangue e la pressione arteriosa in tre momenti differenti: all’inizio della terapia, dopo un’ora e dopo due ore. La pet therapy è stata suddivisa in tre fasi da venti minuti ciascuna: nella prima i pazienti potevano osservare il cane mentre faceva esercizi con l’addestratore; nella seconda potevano giocarci; nell’ultima potevano prenderlo in braccio o dargli da mangiare. I malati che hanno accettato di sperimentare la terapia sono stati 89, altrettanti sono stati inclusi nel braccio di controllo. I risultati sono stati un successo: la pet therapy ha ridotto l’ansia, la depressione e l’aggressività. Soltanto per i sintomi non è stato dimostrato alcun miglioramento, ma nel gruppo di controllo sono peggiorati. I parametri vitali sono invece migliorati, eccome: la frequenza cardiaca si è ridotta in modo significativo, così come i valori sistolici e diastolici della pressione arteriosa. Soprattutto, è aumentata la saturazione dell’ossigeno nel sangue. Un dato - spiegano gli autori dell’indagine - che potrebbe essere legato all’attività fisica, seppur moderata, svolta dai pazienti con i cani. Carrara non si ferma alla pet therapy. Ogni mercoledì sera, da sei mesi a questa parte, il reparto ospita un concerto. Ogni giorno c’è il “tea-time”, l’ora del tè. Con l’Accademia di Brera e la psichiatria di Pavia sono stati avviati tre progetti, rispettivamente per la sala chemio, la sala d’attesa e la degenza. Gli artisti hanno “creato” davanti a pazienti e operatori, coinvolgendoli direttamente. I malati sono stati ascoltati e abituati a dialogare coniugando i verbi al futuro. «Non lo usano più, perché hanno paura», spiega Cantore. «Ma è nostro dovere restituirglielo. Dai progetti è emerso chiaramente che hanno bisogno di stimoli per aprire i cassetti dei ricordi, rielaborarli e tornare a guardare avanti». Guai a chiedere al primario quali altri “eventi” stia organizzando. «Dobbiamo superare il concetto di evento singolo. Queste iniziative devono diventare la normalità. Il reparto non deve essere un luogo di tortura, ma uno spazio in cui garantire le cure migliori controllando il dolore. Bisogna considerare l’ascolto e la comprensione dello stato di chi soffre e il confronto con la sua sfera culturale, sociale e spirituale un’integrazione terapeutica indispensabile». Efficacia dimostrata in corsia BRESCIA LANCIANO Riabilitazione a vela sulle rive del Garda L’arte per la vita: così il reparto diventa museo l 23 giugno scorso si apriva a Valencia il duello finale della Coppa America. Lo stesso giorno a Bogliaco di Gargnano, sulle rive del lago di Garda, mollavano gli ormeggi alcune barche a vela “speciali”: a bordo di ciascuna due pazienti oncologici, un componente dell’équipe oncologica, uno skipper, un oncologo e uno psicoterapeuta. Il progetto Itaca - appena abbracciato dai reparti di oncologia e di ematologia degli Spedali Civili di Brescia guidati rispettivamente da Giovanni Marini e da Giuseppe Rossi, propone la vela come ingrediente della riabilitazione oncologica “globale”. Sfruttando una metafora ben nota: come Ulisse raggiunge la sua isola dopo aver superato scogli e peripezie, così i malati di cancro tornano a casa dopo una dura battaglia. Il vento e la navigazione possono rap- presentare un grande conforto. Obiettivo: migliorare la qualità della vita e non solo recuperare la funzionalità dell’organo colpito dal tumore. «La vela è un metodo terapeutico per persone con disabilità di qualunque tipo e offre potenzialità eccezionali», spiega lo psicoterapeuta Mauro Tagliani, promotore dell’iniziativa. L’idea è nata da uno skipper che sta lottando contro il cancro, è stata subito raccolta dai due reparti ed è diventata realtà grazie alla collaborazione attiva del Circolo Vela Gargnano e della Fraglia Vela Desenzano. Oltre all’uscita del 23 giugno, le barche sono rientrate in acqua il 14 luglio e prenderanno nuovamente il largo l’11 agosto. A luglio hanno persino partecipato a una regata, piazzandosi al terzo, al quarto e al nono posto. «Sulla mia barca ha timonato per tutta la regata un nostro paziente molto giovane, che sta effettuando la chemio», dice Tagliani. E Marini, entusiasta del progetto (ma lui, a differenza di Rossi, ha paura della barca), commenta: «È sorprendente verificare come la soglia del dolore cambi durante la regata e nei giorni precedenti. Riusciamo a ridurre drasticamente le dosi di antidolorifici». Segno che la vela fa bene, perché attiva la produzione di endorfine. Perché mette malati e operatori “sulla stessa barca”. «Perché dimostra che il paziente oncologico non è un cittadino di serie B», sottolinea Tagliani. E nessuno si illuda: Itaca non è una scampagnata o una gita fuori porta. Dall’anno prossimo ci sarà una vera e propria stagione, per la quale i pazienti potranno prenotarsi. Con una Coppa Itaca che premierà i migliori. Una vittoria nella vittoria. LO SCAFFALE DEI LIBRI/ 2 «Caro maledetto dottore», ti scrivo per dirti che... «Q 17 uerido, malo doctor/cher mauvais docteur/dear, bad doctor». Eugenio Montale diceva che la poesia «nasce dal cozzo della ragione contro qualcosa che non è ragione». Non c’è dunque niente di meglio della poesia per gridare il dolore legato al tumore e raccontare l’ambivalenza dei sentimenti nutriti verso di lui: il dottore, il medico, il salvatore, il maledetto. I versi che danno il titolo e aprono le danze epistolari del volume «Caro maledetto dottore. Una lettera sul cancro» (Edizioni Dehoniane Bologna, 2001, uscito in una nuova edizione a febbraio 2007) sono stati scritti da una ragazza oltre dieci anni fa. «Perché sei “bad” o “maledetto”?», chiede. «Perché non sai guarirmi senza farmi soffrire/senza che mi debba vergognare/davanti ai miei compagni». Eppure «sei “el doctor”/”le docteur”/quello che vorrei un giorno essere io». Un sogno realizzato: oggi quella giovane, passata attraverso il vissuto del tumore e della chemioterapia, è una pediatra e lavora in un grande ospedale del Paese. Attraverso le lettere indirizzate agli oncologi medici, i frammenti e le pagine di diario, il libro ricompone un puzzle di storie, di fini lieti e tragici, di invettive e di riconoscenze. Dà voce ai malati, ai familiari, agli amici, ai colleghi colpiti dal cancro. A raccogliere queste testimonianze spontanee e spesso struggenti sono stati Enrico Aitini, direttore dell’oncologia ed ematologia dell’ospedale di Mantova, e Sandro Barni, primario dell’oncologia dell’azienda ospedaliera Treviglio-Caravaggio (Bergamo), curatori del volume, i cui proventi, quest’anno come nel 2001, sono devoluti ad Amani e a Senza frontiere, due Ong impegnate nel Sud del mondo. È stato Barni a suggerire ad Aitini l’idea di non disperdere e di far diventare “comune” quel grande patrimonio di umanità accumulato con anni di professione. «Per capire e far capire, aiutarsi e aiutare, per migliorare, ove possibile la qualità della vita di queste persone, nel rapporto con il medico e in quello con la malattia». La lettura fa bene. Ci ricorda la precarietà del nostro esserci. I mille modi di reagire alla sofferenza, e i mille modi per curarla. L’importanza della cortesia e delle premure, anche quando la diagnosi è infausta. Il dovere di pensare alla persona, oltre che alla malattia. «Questi anni di vita che avete regalato a mia mamma - scrive Alessandro a una dottoressa non hanno un prezzo, così come la possibilità che ho avuto io di coccolarla e di dirle tutto quello che le dovevo dire». Parole che potrebbero scrivere in tanti, pure se non fossero anni. Ma anche mesi. Ma anche solo giorni. I mmaginate una galleria d’arte, con oltre 300 quadri in mostra. Immaginate una catena di solidarietà che unisce artisti di tutta Italia. Immaginate un primario illuminato e sensibile all’«arte per la vita». Otterrete l’oncologia dell’ospedale Renzetti di Lanciano, una perla della Sanità abruzzese. È dal 2002 che il direttore del reparto, Antonello Nuzzo, ha cominciato a collezionare opere d’arte per abbellire le corsie. «Ho avuto la fortuna di poter cominciare da zero, con un reparto appena aperto, che andava organizzato e arredato», spiega. «E ho trovato prima la straordinaria collaborazione di un maestro scultore, Vito Pancella, che purtroppo oggi non c’è più, e poi quella di un altro Vito, un nome che si ripete nella nostra storia: Bucciarelli, docente di scultura dell’Accademia di Brera». Si è partiti commissionando alcune tele a pittrici della zona e si è finiti, grazie ai contatti dei due maestri e al circolo virtuoso innescato, per ricevere opere in dono da parte di artisti di ogni regione. L’ultimo arrivato è firmato da un artista “particolare”: il presidente della Regione, Ottaviano Del Turco, che ha regalato un suo quadro al nuovo day hospital oncologico di Vasto, in occasione dell’inaugurazione. «Ovviamente esporre opere d’arte non è il fine precisa il primario - ma la punta di un iceberg che si chiama umanizzazione e che implica correttezza scientifica, cortesia, accoglienza. È il segnale visibile e tangibile che offriamo qualcosa di più della semplice terapia». La filosofia dell’oncologo la dice lunga sullo spirito che lo anima. «Facciamo del nostro meglio per aggiornarci e garantire le cure più innovative e più efficaci, ma i nostri sono pazienti che hanno bisogno di attenzione all’anima, oltre che al corpo». Il reparto di Lanciano ha aperto i battenti il 1˚ luglio del 1997: in autunno festeggerà il decennale con una manifestazione in due giorni, uno dei quali sarà dedicato proprio all’umanizzazione attraverso l’arte. Nuzzo non ha dubbi: «Ci vuole pochissimo per rendere gradevole un ambiente: i colori, la luminosità, le piante, un tavolino di design, la musica sempre in sottofondo». Poi, con orgoglio, aggiunge: «Il nostro reparto è addirittura visitato. Ci pensa? Per anni l’oncologia è stata considerata un brutto posto, un luogo in cui non mettere piede. E adesso vengono a vederlo». 18 SPECIALE 24-30 luglio 2007 ONCOLOGIA/ Il modello dell’Istituto toscano tumori: una rete assistenziale capillare Così l’Itt cura sul territorio I malati sono presi in carico dai «gruppi oncologici multidisciplinari» L’ Istituto toscano tumori (Itt) ha iniziato la sua attività nel 2005 essendosi posto una missione: capire, curare e prevenire il cancro al meglio per tutti. La missione è simile a quella di altri Istituti tumori in tutto il mondo: ma l’ultima parte della frase sottolinea che l’Itt è, per deliberata scelta, un istituto a rete che vuole, piuttosto che spostare i pazienti verso un unico centro, portare le cure verso i pazienti, nei limiti del possibile, in tutto il territorio della Regione. In effetti, la rete assistenziale dell’Itt consiste in 16 Dipartimenti oncologici, 16 Unità chirurgiche, 9 Unità di radioterapia, 3 unità di ematologia, e altre unità specializzate in diverse specifiche neoplasie. Un principio basilare per l’Itt è che l’attività clinica sia articolata in Gom («Gruppi oncologici multidisciplinari»), cruciali per la efficace presa in carico del paziente, che può aver luogo presso qualunque dei numerosi Punti di accoglienza Itt. Il Gom (che corrisponde al «Disease Management Team» di molti Istituti tumori americani) ha il compito di proporre a ciascun paziente l’iter terapeutico e poi, quando questo è stato concordato, aiutare lei o lui a percorrerlo, senza soluzioni di continuità. L’Itt è giovane, ma essendo stato fondato in buona parte su realtà pre-esistenti, ha già un suo attivo. Il Centro studi per la prevenzione oncologica (Cspo) è da 40 anni in prima linea per ciò che concerne la prevenzione del cancro, e sin dall’inizio un componente fondamentale dell’Itt. Grazie al Cspo si sono sviluppati in Toscana i programmi di screening attualmente vigenti per neoplasie del collo dell’utero, della mammella e del colon: e in ciascuno di questi si è raggiunta una percentuale di adesione della popolazione tra le più alte in Italia. Informazioni precise e aggiornate sulla incidenza e sulla mortalità per i vari tipi di tumori sono essenziali non solo per la ricerca sul cancro, ma anche per la corretta organizzazione del servizio sanitario. Sempre nell’ambito del Cspo un Registro tumori ha coperto le due province di Firenze e Prato sin dal 1985: nel 2006 il Registro è stato esteso a tutte le 10 province della Toscana. Gli standard di questi programmi e gli studi di ricerca connessi hanno meritato al Cspo un’alta reputazione a livello nazionale e internazionale. Fin dalla sua istituzione l’Itt ha istituito gruppi di lavoro che hanno elaborato protocolli completi di Raccomandazioni cliniche per i 5 più frequenti gruppi di tumori: mammella, polmone, prostata, colon e neoplasie ginecologiche. Le ultime cifre della malattia Asl 1 Massa C. 2 Lucca 5 Pisa 6 Livorno 12 Viareggio Totale 3 Pistoia 4 Prato 10 Firenze 11 Empoli Totale 7 Siena 8 Arezzo 9 Grosseto Totale Totale Regione Nuovi casi Mortalità Nord-Ovest 1.136 681 1.186 723 1.632 1.047 1.787 1.161 842 599 6.583 4.211 Centro 1.542 886 1.147 656 4.209 2.582 1.042 657 7.940 4.781 Sud-Est 1.320 860 1.684 1.041 1.311 796 4.315 2.697 18.838 11.689 Ricoveri 5.884 5.731 8.218 9.793 4.669 34.295 6.404 5.631 21.601 4.879 38.515 6.887 7.122 6.063 20.072 92.882 L’identikit dell’Istituto ● Centro studi per la prevenzione oncologica (Cspo) ● 16 Dipartimenti oncologici (uno per ogni azienda) ● 23 punti di accoglienza: accedervi significa entrare nei percorsi di cura garantiti dall’Itt ● 16 Unità chirurgiche ● 3 Unità di ematologia ● 5 Gruppi oncologici multidisciplinari (Gom): - tumori della mammella - tumori del polmone - tumori del digerente inferiore (colon-retto) - tumori urologici (prostata, vescica e uretra, testicolo, rene e uretere, pene) - tumori ginecologici (cervice, endometrio, ovaio, vulva) ● 51 Strutture ospedaliere ● 20 Centri di riferimento regionale ● 35 Unità di ricerca Le strutture ospedaliere dove è presente l’Itt Struttura Città Osp. S.S. Giacomo Massa e Cristoforo Ospedale Pontremoli S. Antonio Abate Ospedale Fivizzano S. Antonio Abate Po Campo di Marte Lucca Presidio ospedaliero Castelnuovo S. Croce in Garfagnana Po S. Francesco Barga Osp. del Ceppo Pistoia Ospedale S.S. Pescia Cosma e Damiano Ospedale Prato Misericordia e Dolce Po Felice Lotti Pontedera Ospedali Riuniti Volterra S.M. Maddalena Spedali Riuniti Livorno Ospedale Civile Cecina Osp. Villamarina Piombino Osp. Civile Elbano Portoferraio Osp. Riuniti Valdelsa Poggibonsi Ospedali Riuniti Montepulciano Val di Chiana Ospedale S. Donato Arezzo I protocolli, conformi agli standard internazionali, sono stati formalmente adottati nel luglio 2005; e a essi nel maggio 2007 si è aggiunto quello per il melanoma. Alla fine del 2005 l’Itt ha formalmente iniziato uno studio clinico epidemiologico consistente nel monitoraggio del livello e precisione di adesione alle predette Raccomandazioni cliniche. Inoltre, un gruppo di lavoro Itt dedicato ai principali tumori ereditari ha pubblicato nel 2006 una relazione su «Alto rischio e indagine genetica». Le attività di ricerca sperimentale basate in laboratorio sono naturalmente più sviluppate nelle tre sedi universitarie di Firenze, Pisa e Siena; mentre le altre unità Itt svolgono il più delle loro ricerche nel settore clinico e traslazionale. Al momento abbiamo nell’ambito Itt 161 studi clinici regolarmente approvati dai Comitati etici. Per potenziare la ricerca è stato deciso di cre- Struttura Ospedale Civile Ospedale S. Sepolcro Ospedale S. M. alla Gruccia Ospedale Misericordia Nuovo ospedale S. Giovanni di Dio Ospedale S. Andrea S. Maria Nuova Ospedale S. Maria Annunziata Nuovo ospedale S. Giovanni di Dio Istituto ortopedico Toscano P. Palagi Nuovo ospedale del Mugello Ospedale Serristori Nuovo ospedale S. Giuseppe di Dio Osp. degli Infermi Nuovo ospedale Versilia are un «Core research laboratory» (Crl), che avrà sede a Firenze, con satelliti a Pisa e Siena. Il piano architettonico è stato approvato: sono previsti spazi per 5 unità di ricerca e per alcune infrastrutture o «Core facilities». Per il reclutamento dei «Principal investigators» (Pis) abbiamo pubblicato annunci su «Nature». Le numerose candidature pervenute dall’Italia e dall’estero sono state vagliate da una Commissione ad hoc, e i primi due «Pi», uno proveniente dall’Ist di Genova e l’altro dal Mrc Laboratory of Molecular Biology di Cambridge, sono stati appena assunti. Attualmente il nerbo delle attività formative in oncologia ed ematologia nella Regione Toscana consiste naturalmente nelle Scuole di specializzazione di Firenze, Pisa e Siena, che vorremmo integrare il più possibile: a questo scopo l’Itt ha sponsorizzato nuovi posti per queste tre Scuole, con l’in- Città Bibbiena Sansepolcro Montevarchi Struttura Aou Careggi Aou S.Maria alle Sco Aou Pisana Aou Pisana Grosseto Aou Pisana Orbetello Aou Careggi Ospedale Misericordia e Dolce Aou Meyer Pres. osp. Castiglion Fiorentino Ospedale S. Giuseppe Massa Marittima Firenze Bagno a Ripoli Firenze Ospedale Civile Firenze Borgo S. Lorenzo Figline Valdarno Empoli S. Miniato Lido di Camaiore Ospedale Misericordia e Dolce Vecchio ospedale S. Giuseppe Centro studi prevenzione oncologica Direzione Itt Ospedale Civico Ospedali Val di Chiana Aretina tenzione che il training venga distribuito non solo nelle sedi universitarie, ma nell’ambito dell’intero Itt. Inoltre, abbiamo attivato uno schema per brevi stages (11 già assegnati) in altre istituzioni, in Italia o all’estero, aperto allo staff Itt, ricercatori medici, o dottorandi in medicina. L’Itt ha poi organizzato una nutrita serie di seminari, journal club, e discussioni di casi clinici, anche per via telematica. Il 6 luglio 2007 si è tenuto a Firenze il secondo convegno scientifico dell’Itt. Venti relazioni dense di contenuto innovativo hanno dato l’immagine scientifico-clinica dell’Itt a un Consiglio scientifico internazionale che ha il compito di sorvegliarne l’attività, con membri provenienti, oltre che dall’Italia, dall’Olanda, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. La giornata si è conclusa con due conferenze d’eccezione. Sandra Bertman, dell’Università del Massachusset- Città Firenze Siena Pisa Cisanello-Pisa Tirrenia (Località Calambrone) Firenze Prato Firenze Castiglion Fiorentino Empoli Castel del Piano Prato Empoli Firenze Firenze Carrara Cortona ts, ha parlato di «Davanti alla morte: il dolore e l’arte di lenirlo» attraverso immagini, parole e musica. Facendoci vivere veramente la morte; tra il dolore e l’amore, tra le sofferenze fisiche e l’angoscia di chi parte e di chi resta, con consigli pratici pervasi al tempo stesso di spiritualità. La seconda conferenza è stata tenuta da Sydney Brenner, uno scienziato che da mezzo secolo è alla ribalta della biologia contemporanea, premio Nobel per la Medicina nel 2002: tenendo l’uditorio inchiodato per quasi un’ora, e donandoci una dovizia di idee sul suo modo di vedere la biologia, ci ha dato un messaggio semplice e chiaro. I sistemi viventi differiscono dagli altri perché contengono al loro interno una descrizione completa di come sono fatti. Siamo giunti al punto in cui gli strumenti forniti dalla biologia molecolare e dalla genetica ci permettono di capire questa descrizio- ne, o programma di sviluppo, e di capire in modo completo come funziona una cellula. Il piano di attività futura dell’Itt è quello che ci detta da un lato la nostra missione, dall’altro lo stato attuale della ricerca sul cancro, riflesso nei concetti espressi da Brenner. Il processo di trasformazione di una cellula normale in una cellula tumorale non è più una scatola nera: questa trasformazione è il risultato di eventi genetici che cambiano fisicamente il Dna; in altre parole, una serie di mutazioni somatiche. Capire la struttura e la funzione della cellula normale è un prerequisito per capire la cellula tumorale; ma per riuscirci dobbiamo, per ogni tipo di tumore, identificare i geni implicati: ed è incoraggiante che a esempio nel settore delle leucemie questo è già stato fatto. Negli ultimi mesi, poi, sono stati pubblicati i risultati di due mega-progetti internazionali, che hanno puntato il dito su decine di geni le cui mutazioni possono causare il cancro del colon, il cancro del seno, e altri. Questo conferma quello che finora era solo un sospetto: cioè che ognuno di questi tumori sia, a livello molecolare, un gruppo di tumori diversi. Distinguerli non è solo un esercizio accademico: se due tumori, pur apparendo uguali, sono diversi a livello molecolare, è probabile che vadano idealmente curati in modo diverso. Un esempio specifico lo abbiamo già nell’adenocarcinoma del polmone: in una percentuale di pazienti è stato identificato un particolare tipo di mutazioni in un gene chiamato Egfr, e l’Itt ha già attivato un servizio centralizzato a Pisa che esegue per tutti i pazienti della Regione un test molecolare apposito. Se il tumore ha una di queste mutazioni sapremo quale farmaco potrà funzionare. I problemi pressanti dell’oncologia sono stati da tempo affrontati elaborando protocolli sempre più efficaci con un approccio empirico. Ora siamo giunti al punto in cui proprio lo studio approfondito dei tumori e dei malati di tumore, con le metodologie della genetica e della biologia molecolare, può portare allo sviluppo di terapie mirate: che hanno cioè come bersaglio le anomalie cellulari e molecolari dei tumori stessi. Con la stessa logica è concepibile che si arriverà anche a misure preventive mirate. E a questo scopo occorrerà una nuova alleanza tra gli addetti ai lavori e tutta la popolazione, che può partecipare responsabilmente a ottimizzare il lavoro di prevenzione e di diagnosi precoce. Lucio Luzzatto Direttore scientifico Istituto toscano tumori