[sanazionale - 1] sanita/giornale/pag01 20/07/07

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[sanazionale - 1] sanita/giornale/pag01 20/07/07
SPECIALE
24-30 luglio 2007
15
ONCOLOGIA/ Appello dell’Aiom per la razionalizzazione del settore e la ricerca mirata
Un target per ogni tumore
Obiettivo: individuare il bersaglio e i pazienti adatti al trattamento
S
entieri molecolari, bersagli selezionati, terapie su misura: il futuro delle terapie oncologiche è radioso ma costosissimo e la sfida
cruciale per clinici, ricercatori e imprese, ma anche
e soprattutto per i servizi sanitari nazionali di tutto
il mondo è riuscire a identificare il bersaglio esatto
del farmaco per capire quando e su quali pazienti
utilizzarlo.
Solo così le risorse disponibili potranno essere
sufficienti a curare tutti i pazienti che possono
trarre beneficio dalle nuove terapie: farmaci antineoplastici e immunomodulatori hanno assorbito
nel 2006 il 32,4% della spesa ospedaliera per
complessivi 1,3 miliardi. Ma i conti - avvertono gli
esperti - sono destinati a salire ancora. A pesare sul
piatto della spesa sono i buoni risultati ottenuti
dalle terapie in uso (la percentuale di sopravvivenza è in costante aumento dal 1978: quella a 5 anni
si attesta oggi al 64%), ma anche le promesse
provenienti dal pianeta della ricerca: all’Emea entro il 2008 dovrebbero approdare 25 nuove domande di registrazione per prodotti oncologici destinati
al trattamento di oltre una decina di tumori.
Il rebus appropriatezza-sostenibilità delle nuove
terapie oncologiche ha tenuto banco alla giornata
di approfondimento e confronto promossa dagli
oncologi dell’Aiom al Fatebenefratelli di Roma lo
scorso 12 luglio. E in risposta alle critiche che da
più parti piovono sui nuovi farmaci, super-intelligenti ma anche super-costosi, dai clinici è arrivato
l’appello alla razionalizzazione del sistema e alla
crescita degli investimenti in ricerca. «L’accurata
selezione dei pazienti da trattare sulla base delle
probabilità che hanno di rispondere in maniera
positiva al trattamento è il modo migliore per
evitare sprechi di risorse», spiega Emilio Bajetta,
presidente Aiom. «Le molecole intelligenti non
sono efficaci allo stesso modo su tutti i malati: nel
cancro del seno, a esempio, il trastuzumab, funziona solo in quelle pazienti che sono positive al gene
HER2. I nostri sforzi devono essere mirati a studiare meglio il farmaco per capire esattamente come
agisce: serve più rigore metodologico nella valutazione degli interventi terapeutici, con farmaci vecchi e nuovi, per realizzare un’equa distribuzione
dei benefìci».
Sulla stessa lunghezza d’onda il direttore dell’Istituto Mario Negri, Silvio Garattini: «Serve
una revisione completa del sistema: è impensabile
riuscire a garantire gratuitamente farmaci così costosi a tutti i malati, tanto più che in qualche caso i
benefìci in termini di aumento della sopravvivenza
non giustificano la spesa». A titolo di esemplificazione valgono le analisi del Norfolk and Norwich
University Hospital Trust presentate al convegno
proprio da Garattini. La struttura ha valutato il
costo e il potenziale beneficio derivante dall’introduzione di alcune sostanze come coadiuvanti nella
terapia di alcuni tipi di tumore: in qualche caso il
Registro farmaci oncologici sotto monitoraggio: i dati regionali
Regione
Lombardia
Campania
Lazio
Emilia Romagna
Piemonte
Toscana
Sicilia
Veneto
Liguria
Puglia
Friuli V.G.
Umbria
Marche
Sardegna
Pa Bolzano
Abruzzo
Calabria
Pa Trento
Basilicata
Valle d’Aosta
Molise
Totale
Antineoplastici e
immunomodulatori
Antimicrobici
Sangue e organi
ematopoietici
Sistema nervoso
Vari
Sistema
muscolo-scheletrico
Gastrointestinali
e metabolici
Ormonali-sistemici
Cardiovascolari
Sistema genito-ur.
e ormoni sessuali
Sistema respiratorio
Dermatologici
Organi di senso
Antiparassitari
Totale
Spesa ’06
(mln €)
●
●
●
●
●
LA MESSA IN OPERA
MARZO 2007
Avvio delle procedure per l’accesso delle aziende farmaceutiche e degli assessorati alla Sanità ai dati del Registro farmaci oncologici sotto monitoraggio (Rfom)
Estensione delle funzionalità del Rfom
alle farmacie territoriali di Asl
APRILE 2007
Realizzazione dei profili di accesso ai
dati per i membri del tavolo di consultazione sulla terapia oncologica dell’Aifa
Fase finale del test sulle procedure di
richiesta rimborso, attraverso il canale
telematico aperto con le aziende farmaceutiche
MAGGIO 2007
Realizzazione dei profili di accesso ai dati
per i membri della commissione tecnicoscientifica (Cts) dell’Aifa e per le aziende
farmaceutiche coinvolte nel progetto
32,4
1.040
25,8
655
16,2
323
154
8,0
3,8
136
3,4
135
3,3
99
86
2,4
2,1
39
1,0
29
17
17
1
4.039
0,7
0,4
0,4
0,0
100,0
Pazienti
non eleggibili
e (%)
sul totale
116 (18,8)
22 (3,6)
44 (7,1)
37 (6,0)
86 (13,9)
147 (23,8)
19 (3,1)
33 (5,3)
29 (4,7)
28 (4,5)
9 (1,5)
11 (1,8)
16 (2,6)
5 (0,8)
5 (0,8)
3 (0,5)
1(0,2)
4 (0,6)
0 (-)
2 (0,3)
0 (-)
617 (100,0)
GIUGNO 2007
Pubblicazione on line delle schede telematiche per la specialità medicinale Sprycel
● Realizzazione dei profili di accesso ai dati
per gli assessorati regionali (8 abilitazioni
su 21, in base ai riscontri pervenuti)
LE ATTIVITÀ
1. Schede Mabthera: realizzate e in test,
pronte per la pubblicazione. Sarà necessario pubblicare una correzione al comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale recante l’estensione di indicazione terapeutica in
quanto questo non riporta l’obbligo di compilazione di schede di monitoraggio. Potrebbe essere necessaria una nuova determinazione in Cts per l’indicazione “Artrite
reumatoide” (schede da realizzare)
2. Schede Erbitux per l’indicazione tumore
testa-collo: bozze in lavorazione (situazione analoga al caso Mabthera)
3. Elaborazione del primo Rapporto nazionale del Rfom (giugno 2007)
●
Sara Todaro
Costi e potenziali benefìci delle cure coadiuvanti anticancro (Norfolk e Norwich U.H.Trust)
Trattamento
Pazienti
trattati
Vantaggi dimostrati
Potenziale beneficio
per la la struttura
Costo per
paziente*
Chemioterapia come coadiuvante
nel trattamento del cancro al polmone
15
23
5-15% di aumento della
sopravvivenza a 5 anni
Possibile curare
1 paziente in più
23
Oxaliplatin come coadiuvante
nella terapia del cancro al colon
a confronto con il fluoruracile
20
137
5% di miglioramento
senza ricadute a 3 anni
Un paziente in più
senza ricadute
a 3 anni
137
Chemioterapia come adiuvante
per il trattamento del cancro esofageo
25
8
9% di miglioramento
della sopravvivenza
a 5 anni
Possibilità di curare
3 pazienti in più
2,67
Rituximab associato a chemioterapia
per il trattamento del linfoma
non-Hodgkin negli over 60
25
215
13% di miglioramento
della sopravvivenza
a 2 anni
Possibilità di curare
3 pazienti in più
71,67
Inibitori dell’aromatasi come adiuvanti
nel trattamento del cancro al seno
post-menopausale
270
120
3,7% di miglioramento
nella sopravvivenza
senza ricadute rispetto
al tamoxifene
8 pazienti in più
senza ricadute
a 5 anni
15
Totale
355
503
Possibilità di curare
16 pazienti in più
-
75
1.940
Possibilità di curare
3 pazienti in più
650
%
1.309
Pazienti
Pazienti
registrati
eleggibili
e (%)
e (%)
sul totale
sul totale
4.689 (30,1)
4.485 (31,5)
1.446 (9,3)
1.377 (9,7)
1.322 (8,5)
1.159 (8,1)
1.253 (8,0)
1.172 (8,2)
1.242 (8,0)
1.099 (7,7)
920 (5,9)
721 (5,1)
912 (5,9)
853 (6,0)
911 (5,9)
832 (5,8)
635 (4,1)
577 (4,0)
542 (3,5)
469 (3,3)
438 (2,8)
416 (2,9)
385 (2,5)
354 (2,5)
316 (2,0)
285 (2,0)
163 (1,0)
134 (0,9)
102 (0,7)
48 (0,3)
79 (0,5)
73 (0,5)
71 (0,5)
67 (0,5)
56 (0,4)
48 (0,3)
42 (0,3)
42 (0,3)
32 (0,2)
28 (0,2)
13 (0,1)
13 (0,1)
15.569 (100,0) 14.252 (100,0)
Il registro dei farmaci oncologici sottoposti a monitoraggio
Spesa farm. osp. per classe
Atc
Centri clinici
abilitati
e (%)
sul totale
82 (15,9)
39 (7,6)
45 (8,7)
32 (6,2)
39 (7,6)
29 (5,6)
72 (14,0)
28 (5,4)
15 (2,9)
39 (7,6)
15 (2,9)
7 (1,4)
16 (3,1)
14 (2,7)
4 (0,8)
10 (1,9)
13 (2,5)
6 (1,2)
5 (1,0)
1 (0,2)
4 (0,8)
515 (100,0)
risultato è reale e si traduce nella concreta possibilità di curare più pazienti ovvero di veder diminuire
il numero di recidive.
Valutazioni laceranti, che specialisti ed esperti
devono imparare a gestire senza cadere vittime
dell’entusiasmo, ma anche senza lasciarsi condizionare dalle critiche. «Secondo alcuni, in genere non
oncologi, i nuovi farmaci sembrano determinare
piccoli benefìci a un costo elevato: ciò accade
soprattutto all’inizio quando vengono somministrati a pazienti con malattia avanzata», afferma Marco Venturini, consigliere nazionale Aiom. «Ma è
importante sapere che, se i risultati sono confortanti, si passa a trattare malati in fase più precoce di
malattia, puntando alla guarigione, o comunque a
un aumento marcato della sopravvivenza». Gli
esempi non mancano: grazie alle nuove terapie a
bersaglio molecolare il tumore della mammella
oggi è guaribile in 3 casi su 4; la sopravvivenza nel
tumore del colon metastatico è quasi raddoppiata,
arrivando a oltre 20 mesi.
Proprio l’esigenza di conoscere a fondo i nuovi
prodotti, puntando a garantire l’appropriatezza e la
programmazione economica, ha determinato la nascita del Registro dei farmaci oncologici sottoposti
a monitoraggio intensivo da parte dell’Aifa, che a
giugno ha pubblicato il primo rapporto in collaborazione con Aiom, Sifo e Cineca. «Il registro spiega Carlo Tomino, direttore Sperimentazione
e ricerca dell’Agenzia - nasce come strumento di
lavoro condiviso tra oncologi, farmacisti, aziende
farmaceutiche e regolatorio per il monitoraggio in
tempo reale del consumo dei nuovi prodotti su
tutto il territorio nazionale».
Dal registro derivano i dati regionali superaggiornati presentati al convegno Aiom dal direttore
dell’Aifa, Nello Martini: i centri clinici abilitati
alla prescrizione e all’uso delle terapie sotto monitoraggio sono 551 per un totale di quasi 15.600
pazienti registrati, di cui 14.252 risultati eleggibili
alle cure. Uno strumento in più per la realizzazione dell’obiettivo annunciato dal presidente eletto
dell’Aiom, Francesco Boccardo: «Proporre soluzioni attuabili, frutto di un confronto serio e condiviso, perché non è pensabile che il problema della
sostenibilità economica, che richiede una valutazione strategica basata su aspetti tecnici, scientifici,
gestionali, economici ma anche etici, venga ribaltato sui singoli medici e sui loro pazienti».
E in quest’ottica l’Aiom ha lanciato anche una
nuova proposta operativa: la creazione di gruppi
interdisciplinari di lavoro per definire un documento di consenso che serva a produrre Linee guida
sull’impiego dei nuovi farmaci, da condividere
nell’ambito delle 400 unità di oncologia medica in
Italia. Uno scudo in più contro patologie da cui
ormai si può (o si potrà) guarire.
Herceptin per il trattamento
del cancro al seno in stadio iniziale
(*) Valore in sterline
Costo
della terapia*
0-4% di miglioramento
della sopravvivenza
a 4 anni
Fonte: Barret et al, 2006
16 SPECIALE
24-30 luglio 2007
ONCOLOGIA/ Negli ospedali crescono
MACERATA
Film e vacanze strappasorrisi
L
a settimana scorsa il primario dell’oncologia di Macerata, Luciano Latini, non era
in ospedale. Ferie? Macché. Con un collega, due
infermieri e due pullman carichi di pazienti era
ad Andalo, in Trentino, nell’altipiano tra le Dolomiti di Brenta e la Paganella. A godersi il sole,
l’aria buona e la montagna.
Quella delle vacanze con i malati è da due
anni una formula consolidata per il reparto
maceratese. Punta di diamante dell’umanizzazione in oncologia, la struttura offre gratuitamente
alle pazienti parrucche e consulenze estetiche.
Ospita un open bar dove rifornirsi di caffè e
brioches. Organizza visite guidate per mostre e
gallerie d’arte, ma anche concerti, feste e pizza-party, tutti
rigorosamente aperti alle tre
anime del reparto: malati, familiari e operatori. Vanta una videoteca di 450 videocassette.
«In ogni camera - racconta Latini, come se fosse la cosa più
normale del mondo - ci sono il
videoregistratore e due televisori. Si può scegliere il film e vederlo in ospedale, ma si può
anche portarlo a casa e restituirlo dopo».
L’obiettivo delle iniziative messe in campo è
chiaro. «Il reparto - afferma Latini - deve essere
vissuto anche al di là della cura e della chemioterapia. Dovreste vedere come i pazienti si prendono cura delle piante e dei fiori. Ci vuole così
poco per garantire ai malati una buona qualità
della vita». Entusiasmo e dedizione del primario
contagiano colleghi e infermieri: estrema attenzione è dedicata all’accoglienza e alla continuità
delle cure. Ma anche al futuro di chi vince la
lotta al cancro.
Non è un caso che lo scorso 22 giugno
Latini abbia dedicato un intero convegno alle
discriminazioni che subisce il paziente oncologico guarito, invitando a intervenire avvocati,
sociologi, esperti del mondo bancario e assicurativo. Ma soprattutto loro: le persone che ce
l’hanno fatta e che hanno comunicato alla platea, composta in gran parte da altri pazienti, le
paure, le sfide e gli ostacoli superati. In un clima
di partecipazione e di allegria.
«Ci sono storie di uomini impossibilitati a
migliorare la propria posizione - rileva il primario - che si sono visti precludere l’opportunità
di fare carriera, di ricoprire posti al “vertice” o,
più semplicemente, di beneficiare di una promozione meritata, in quanto percepiti come
“precari” della vita. Spesso chi è stato per
lungo tempo malato, infatti, continua a essere
etichettato come un individuo
più fragile, più vicino alla fine di
quanto non siano tutti gli altri». Analoghe ingiustificate discriminazioni, spesso frutto di
disinformazione, avvengono in
banca, quando si chiede un mutuo, o negli uffici delle compagnie assicurative.
«Vogliamo far capire che c’è un futuro dopo
il tumore e combattere i pregiudizi che lo
oscurano», conclude il primario. Proprio per
questo ha attivato l’ambulatorio per la fertilità,
la sterilità e la sessualità, che aiuta i malati, e in
particolare le giovani donne, a progettare un
figlio nonostante la chemio e le conseguenze
che ne derivano, in termini di calo della libido e
secchezza vaginale. Due psiconcologi sostengono pazienti e familiari dal punto di vista psicologico.
Da qualche tempo, inoltre, seguendo l’esempio di Sondrio, la struttura assicura la reperibilità oncologica a tutti i turisti della Riviera del
Conero. La chiamano «oncologia nelle vacanze». Progetti impensabili fino a qualche tempo
fa, che però possono rivoluzionare la vita quotidiana dei malati e delle loro famiglie.
E i medici aiutano
ad avere figli
È
Aggredire i tu
Quadri, viaggi di gruppo, pet-th
D
ietro le quinte della lotta
al cancro, lontano dai riflettori, c’è un pianeta in
ebollizione. Chiamatela come volete: umanizzazione, attenzione al
paziente, ascolto. Il risultato non
cambia. E fa dimenticare le cronache nerissime, la malasanità che
lascia esterrefatti, le inchieste che
fanno tremare le vene nei polsi.
Come dimostriamo in queste
pagine, la rivoluzione silenziosa
sta prendendo piede nei reparti di
oncologia degli ospedali italiani
con un entusiasmo contagioso.
Strutture che assomigliano a gallerie d’arte, videoteche in corsia,
concerti, vacanze di gruppo, pet
therapy, giardini curati da tutti:
medici, infermieri, malati, familiari, psicologi.
Siamo lontanissimi dai vecchi
discorsi sulla qualità e la soddisfazione del paziente, che spesso si
traducono in ulteriore burocrazia,
in un surplus di tecnicismo. Di
fronte abbiamo primari vulcanici, donne e uomini che si rimboccano le maniche, fatti precisi accanto alle parole. E un obiettivo
comune e dichiarato: andare oltre la terapia. Oltre la chemio, la
radio, le nuove cure biologiche.
Oltre il progresso scientifico. Oltre la tecnica. Per lasciare spazio
alla vita e al futuro, anche quando è breve. Perché è la qualità
del tempo a contare, non soltanto
la quantità.
«Basta pochissimo», ripetono
in coro gli oncologi che stanno
guidando la rivoluzione. Pochissimo: cortesia, accoglienza, umanità. E guai a chi pensa che siano
sciocchezze, che sia sufficiente la
competenza dei medici: umanizzare non significa rinunciare all’eccellenza scientifica, tutt’altro.
«Già da qualche anno i primari si
sono messi in gioco, anche chiedendo aiuto alle associazioni dei
pazienti», spiega Giorgio Cruciani, presidente del Cipomo (il Col-
SONDRIO
BOLOGNA
Una banca delle idee
per le buone pratiche
«Se ne parli» ché il silenzio non è d’oro
dal connubio tra il reparto e l’Univale (Unione volontari assistenza
leucemici, emopatici e oncologici) che l’oncologia medica di Sondrio
(Ao della Valtellina e della Valchiavenna) trae la linfa vitale della sua
“umanità”. Un’umanità fuori dal comune nel panorama italiano, tanto da far
considerare il primario Alessandro Bertolini un maestro da imitare.
Bertolini è un direttore “giovane”: il reparto si è reso autonomo nel
2004 e infatti non può ancora contare su una propria degenza, ma
soltanto su day hospital e ambulatorio. Eppure in tre anni ha puntato
dritto verso un obiettivo e lo ha realizzato: mettere la persona al centro
della struttura, dare al reparto «un volto umano». È stata Univale a donare
il reparto (250 metri quadrati arredati e informatizzati) e a istituirvi una
scuola che sforna volontari accreditati. Una psicologa sostiene i volontari,
altre 2-3 i malati e i familiari. Da due anni si svolgono i “pomeriggi
musicali”: concerti organizzati in ospedale per malati, familiari e conoscenti. Il progetto “Sempre belle” assicura gratuitamente alle donne parrucche
nuove. Il programma “trasporto malati” offre ai pazienti con forte disagio
familiare un accesso preferenziale e gratuito in ospedale con un mezzo
della Croce rossa.
Sondrio ha lanciato “l’oncologia nelle vacanze”, poi mutuata anche a
Macerata e a Viareggio: i malati che vogliono andare in vacanza in Valtellina
o in Valchiavenna, d’estate o d’inverno, possono proseguire la chemioterapia, le sedute di radioterapia o la diagnostica di follow up presso il reparto.
Basta chiamare il call center e arrivare con una relazione clinica del proprio
centro di riferimento. Due iniziative sono in itinere: lo Sportello Sos
(sportello oncologico Sondrio), un punto di informazione che sarà allestito
all’interno del presidio ospedaliero per supportare malati e famiglie, e
“Casa Fabrizio”, una serie di appartamenti che saranno messi a disposizione dei pazienti che devono percorrere distanze troppo ampie per effettuare le cure.
Nella carta dei servizi sono elencate tutte le attività dell’oncologia. E
Bertolini si rivolge direttamente al malato scrivendo: «Frequentando il
reparto avrà modo di conoscere professionisti esperti che condividono la
filosofia del prendersi cura in toto del malato e non già quella di curare
semplicemente la malattia. Sappia fin d’ora che noi consideriamo il rapporto diretto medico-paziente un impegno imprescindibile, necessario a chiarire dubbi e incertezze». Una dichiarazione di intenti confermata nei fatti.
Come se tutto ciò non bastasse, per celebrare i primi dieci anni
dell’oncologia di Sondrio, Bertolini ha lanciato una “banca delle idee”: fino al
20 agosto, sul sito www.geppobox.com/oncologia/index.html, gli oncologi
di tutta Italia possono inserire una sintesi dei progetti che hanno promosso
per migliorare l’assistenza ai malati. Il 14 e il 15 settembre se ne discuterà al
convegno organizzato per il decennale. E il migliore, votato per acclamazione in sessione plenaria, sarà premiato con mille euro. Perché le buone idee
hanno bisogno di propagarsi.
D
i tumore si può e si deve parlare.
Per far conoscere i progressi e affrancare la parola dal terrore che evoca,
per condividere la paura e dunque mitigarla, per imparare a convivere più serenamente con la malattia e quindi a combatterla più efficacemente.
È partito da queste premesse Andrea Angelo Martoni, direttore dell’oncologia medica dell’azienda ospedaliero-universitaria Sant’Orsola Malpighi di
Bologna, per lanciare incontri di gruppo
tra pazienti attuali ed “ex”, familiari, medici e infermieri. Appuntamenti mensili
che fanno luce sull’organizzazione della
struttura e dei servizi offerti, sulla chemio, l’ormonoterapia e le terapie biologiche, ma soprattutto sui riflessi della ma-
lattia sui rapporti familiari, sociali e lavorativi.
«Il sollievo dalla paura e dall’angoscia,
ma anche dal senso di colpa e di vergogna che si annida dentro a chi è colpito
dal tumore anche dopo molti anni - sottolinea Martoni - si può ottenere proprio attraverso il parlarne». Un apporto
importante è stato fornito da Monica
Guaraldi, giovane oncologa passata attraverso l’esperienza del tumore.
«Un’esperienza che si è trasformata in
un dono prezioso e inaspettato - racconta - che ogni giorno dà i suoi frutti e mi
ripaga ampiamente dei momenti difficili
che ho vissuto».
La Guaraldi coordina la redazione di
«Se ne parli», il notiziario cartaceo di cui
il progetto si è arricchito, “rubando” il
titolo a quello di una poesia scritta da un
ex malato. La rivista raccoglie le testimonianze dei pazienti, dei medici e degli
altri operatori. Vuole essere uno spazio
per dare voce a chi sente il bisogno di
esprimersi, ma anche per fermare sulla
carta i resoconti degli incontri. E farli
“esperire” a chi non ha partecipato.
Il tentativo avviato dimostra la volontà
del reparto di andare oltre la tensione al
miglioramento delle capacità tecnico-professionali. «Accanto - conclude il primario - ci deve essere il costante miglioramento e affinamento delle capacità degli
operatori di stabilire buone relazioni».
Accoglienza e ascolto, insomma. La parola magica: comunicazione.
LO SCAFFALE DEI LIBRI/ 1
Avere il cancro senza «l’abito adatto»: l’ironia la vince
S
trano leggere un’autobiografia di un ex malato di tumore senza versare una
lacrima. Strano trovarsi di fronte a una prosa sincopata, ironica, lucida, che
nulla concede alla commozione e al sentimentalismo. Eppure è questo che
succede con il libro «Ho il cancro e non ho l’abito adatto» (Mursia, 2007),
scritto da Cristina Piga, avvocato amministrativista romano, un marito, due
figli, 49 anni oggi, 45 quando ha scoperto di avere un tumore al colon. Chiarisce
subito: «Mai una sigaretta, mai un goccio di alcol».
Il suo è un diario insolito, un inno tragicomico alla vita. Frammenti fulminanti. «Vi siete mai fatte mettere e togliere la padella da un uomo? Bene, sappiate
che se non glielo dite non vi laverà, non vi asciugherà e non vi farà la
medicazione». Oppure: «Non fai in tempo a rimetterti i pantaloni che ti portano
in un’altra stanza e, neanche a crederci, te li devi togliere di nuovo e metterti
prona. Diventerà una routine, due mesi di routine prona».
Cristina racconta cinque settimane di chemio, 24 ore su 24 a infusione
continua. Una seduta radio ogni giorno. Due amici chirurghi che la operano e
che sono fratelli, belli e diversi. I “Beati Paoli” del suo vissuto, a partire dal
chirurgo “preferito”, cui è riservata la dedica («Al mio dr Kildare») per finire
con l’oncologo, Paolo Marchetti, primario all’azienda ospedaliera Sant’Andrea di Roma, che firma la prefazione e oggi - nota l’autrice - «tiene le fila della
mia precarietà».
Cristina prende bonariamente in giro il marito “vittimo”, «a pezzi», che però
non l’abbandona mai. Immortala le «care amiche» e le vere amiche. Elogia gli
oncologi, «specie a parte», specialisti «che credono in te, nella tua vita». E
regala perle come questa, ispirata dai “compagni” della sala d’attesa della radio:
«La forza te la dà chi combatte con te, chi vive la tua stessa esperienza nello
stesso momento e la cosa più difficile è tenere a bada i parenti. Sono loro,
infatti, che più di tutti avrebbero bisogno di un sostegno psicologico».
Soprattutto, Cristina non cede mai. Neanche quando il corpo è martoriato,
con i raggi che colpiscono le ovaie e l’inferno della quarta settimana: «Sono
completamente ustionata, ho infezioni ovunque, la ginecologa è la mia migliore
amica, il dolore alle gambe è violentissimo, respiro a fatica, sono gonfia come
un pallone, tre chili in una notte, in bagno svengo». Alla fine il tono si
ammorbidisce, è tempo di bilanci e di “grazie”. Ma anche di negazioni. Non è
vero che si diventa migliori. «Non è vero che sono stata coraggiosa o forte (...).
La sola verità è che non ho avuto paura. Ciò che mi spaventa è altro, è una
pregiudicata condizione di vita». Non è vero che si cambia. Ma «chissà se
rimetterò mai i miei vestiti taglia 42». Perché ammalarsi è anche non avere
«l’abito adatto». Perché si può vincere con l’ironia.
SPECIALE
24-30 luglio 2007
o i progetti di umanizzazione per curare corpo e anima
MASSA CARRARA
umori con umanità A
herapy: così i reparti guardano oltre la chemio
legio italiano primari oncologi
medici ospedalieri) e direttore dell’oncologia dell’ospedale di Lugo
(Ravenna). «Abbiamo condotto
un’indagine per verificare il gradimento dei day hospital e non siamo stati con le mani in mano
davanti ai risultati: i pazienti si
lamentavano soprattutto del
I
comfort delle strutture e molti di
noi hanno iniziato a lavorare per
migliorare gli ambienti».
Per Cruciani, non si può neppure parlare di squilibri tra Nord e
Sud (anche se sulle sei oncologie
descritte qui l’unica meridionale
è quella di Lanciano): «I buoni
centri sono ovunque e in molti
ospedali si fa anche ricerca: semmai alcuni non riescono ad accreditarsi come punti di riferimento
per i malati di cancro». Nel 2008
il Cipomo inaugurerà un corso
per i primari che la dice lunga
sull’orientamento in pista: «La dimensione umana nel percorso
qualità». «Siamo convinti - chiarisce il presidente - che la qualità
non sia tanto legata agli aspetti
strutturali, ma a quelli relazionali
e alla gestione delle conflittualità.
Un clima positivo aiuta anche a
ridurre il contenzioso».
I problemi aperti sono ancora
tanti.
Uno
per
tutti:
l’“abbandono” del paziente oncologico dopo la fine della terapia,
l’assenza di risposte adeguate per
garantire la continuità. Ma l’emergere di una nuova sensibilità è
evidente. E si spera che dilaghi.
Cruciani la descrive con un’esperienza personale: «Una signora
malata di tumore al colon dopo
tre anni di cura mi ha detto:
“Dottore, lei non mi ha guarito,
ma mi ha permesso di avere una
vita normale”». Curare tutelando
l’integrità della persona: questo è
il vero successo.
pagine a cura di
Manuela Perrone
Quando il cucciolo fa bene
ll’oncologia di Carrara ci sono piante e fiori
dappertutto. C’è un pianoforte, una libreria,
musica in sottofondo, tavolini per giocare a carte
e godersi qualche bicchiere di vino. C’è una
terrazza-giardino per guardare il Tirreno dalle
poltroncine per la chemio. Gli orari di visita sono
banditi: il reparto è sempre aperto. E ci sono
spesso i cuccioli ad allietare le ore di cura. Tanto
che il primario, Maurizio Cantore, ha pensato
di testare scientificamente l’efficacia della pet therapy, concludendo il primo studio di questo tipo
in un centro oncologico italiano (il reparto di
Arezzo, diretto da Paolo Ghezzi, adesso sta
calcando le orme carraresi).
Da luglio 2005 a febbraio
2006 un maschio border collie
e una femmina pastore delle
Shetland hanno scorrazzato in
una stanza dove i pazienti effettuavano la chemioterapia (braccio sperimentale) per un giorno
alla settimana (nella sala adiacente, braccio di controllo, non
c’erano animali). Ai malati è stato somministrato
un questionario (l’Adesso Test), che ha valutato
quattro items: ansia, depressione, alcuni sintomi
somatici (dolore, dispnea, astenia e nausea/vomito) e aggressività, ovvero le variabili più correlate
al tumore. Gli infermieri hanno inoltre registrato
la frequenza cardiaca, la saturazione dell’ossigeno
nel sangue e la pressione arteriosa in tre momenti differenti: all’inizio della terapia, dopo un’ora e
dopo due ore.
La pet therapy è stata suddivisa in tre fasi da
venti minuti ciascuna: nella prima i pazienti potevano osservare il cane mentre faceva esercizi
con l’addestratore; nella seconda potevano giocarci; nell’ultima potevano prenderlo in braccio o
dargli da mangiare.
I malati che hanno accettato di sperimentare
la terapia sono stati 89, altrettanti sono stati
inclusi nel braccio di controllo. I risultati sono
stati un successo: la pet therapy ha ridotto l’ansia, la depressione e l’aggressività. Soltanto per i
sintomi non è stato dimostrato alcun miglioramento, ma nel gruppo di controllo sono peggiorati. I parametri vitali sono invece migliorati, eccome: la frequenza cardiaca si è ridotta in modo
significativo, così come i valori sistolici e diastolici
della pressione arteriosa. Soprattutto, è aumentata la saturazione dell’ossigeno nel sangue. Un
dato - spiegano gli autori dell’indagine - che potrebbe essere legato all’attività fisica, seppur moderata, svolta dai pazienti con i cani.
Carrara non si ferma alla pet therapy. Ogni
mercoledì sera, da sei mesi a
questa parte, il reparto ospita
un concerto. Ogni giorno c’è il
“tea-time”, l’ora del tè. Con
l’Accademia di Brera e la psichiatria di Pavia sono stati avviati
tre progetti, rispettivamente
per la sala chemio, la sala d’attesa e la degenza. Gli artisti hanno
“creato” davanti a pazienti e operatori, coinvolgendoli direttamente. I malati sono stati ascoltati
e abituati a dialogare coniugando i verbi al futuro.
«Non lo usano più, perché hanno paura», spiega
Cantore. «Ma è nostro dovere restituirglielo.
Dai progetti è emerso chiaramente che hanno
bisogno di stimoli per aprire i cassetti dei ricordi,
rielaborarli e tornare a guardare avanti».
Guai a chiedere al primario quali altri “eventi”
stia organizzando. «Dobbiamo superare il concetto di evento singolo. Queste iniziative devono
diventare la normalità. Il reparto non deve essere un luogo di tortura, ma uno spazio in cui
garantire le cure migliori controllando il dolore.
Bisogna considerare l’ascolto e la comprensione
dello stato di chi soffre e il confronto con la sua
sfera culturale, sociale e spirituale un’integrazione terapeutica indispensabile».
Efficacia dimostrata
in corsia
BRESCIA
LANCIANO
Riabilitazione a vela sulle rive del Garda
L’arte per la vita: così
il reparto diventa museo
l 23 giugno scorso si apriva a Valencia il
duello finale della Coppa America. Lo stesso
giorno a Bogliaco di Gargnano, sulle rive del
lago di Garda, mollavano gli ormeggi alcune
barche a vela “speciali”: a bordo di ciascuna due
pazienti oncologici, un componente dell’équipe
oncologica, uno skipper, un oncologo e uno
psicoterapeuta.
Il progetto Itaca - appena abbracciato dai
reparti di oncologia e di ematologia degli Spedali Civili di Brescia guidati rispettivamente da
Giovanni Marini e da Giuseppe Rossi, propone la vela come ingrediente della riabilitazione oncologica “globale”. Sfruttando una metafora ben nota: come Ulisse raggiunge la sua isola
dopo aver superato scogli e peripezie, così i
malati di cancro tornano a casa dopo una dura
battaglia. Il vento e la navigazione possono rap-
presentare un grande conforto. Obiettivo: migliorare la qualità della vita e non solo recuperare la funzionalità dell’organo colpito dal tumore.
«La vela è un metodo terapeutico per persone con disabilità di qualunque tipo e offre potenzialità eccezionali», spiega lo psicoterapeuta
Mauro Tagliani, promotore dell’iniziativa.
L’idea è nata da uno skipper che sta lottando
contro il cancro, è stata subito raccolta dai due
reparti ed è diventata realtà grazie alla collaborazione attiva del Circolo Vela Gargnano e
della Fraglia Vela Desenzano. Oltre all’uscita
del 23 giugno, le barche sono rientrate in acqua
il 14 luglio e prenderanno nuovamente il largo
l’11 agosto. A luglio hanno persino partecipato
a una regata, piazzandosi al terzo, al quarto e al
nono posto. «Sulla mia barca ha timonato per
tutta la regata un nostro paziente molto giovane, che sta effettuando la chemio», dice Tagliani. E Marini, entusiasta del progetto (ma lui, a
differenza di Rossi, ha paura della barca), commenta: «È sorprendente verificare come la soglia del dolore cambi durante la regata e nei
giorni precedenti. Riusciamo a ridurre drasticamente le dosi di antidolorifici». Segno che la
vela fa bene, perché attiva la produzione di
endorfine. Perché mette malati e operatori
“sulla stessa barca”. «Perché dimostra che il
paziente oncologico non è un cittadino di serie
B», sottolinea Tagliani. E nessuno si illuda: Itaca
non è una scampagnata o una gita fuori porta.
Dall’anno prossimo ci sarà una vera e propria
stagione, per la quale i pazienti potranno prenotarsi. Con una Coppa Itaca che premierà i
migliori. Una vittoria nella vittoria.
LO SCAFFALE DEI LIBRI/ 2
«Caro maledetto dottore», ti scrivo per dirti che...
«Q
17
uerido, malo doctor/cher mauvais docteur/dear, bad doctor».
Eugenio Montale diceva che la poesia «nasce dal cozzo della
ragione contro qualcosa che non è ragione». Non c’è dunque niente di
meglio della poesia per gridare il dolore legato al tumore e raccontare
l’ambivalenza dei sentimenti nutriti verso di lui: il dottore, il medico, il
salvatore, il maledetto.
I versi che danno il titolo e aprono le danze epistolari del volume
«Caro maledetto dottore. Una lettera sul cancro» (Edizioni Dehoniane
Bologna, 2001, uscito in una nuova edizione a febbraio 2007) sono stati
scritti da una ragazza oltre dieci anni fa. «Perché sei “bad” o
“maledetto”?», chiede. «Perché non sai guarirmi senza farmi soffrire/senza che mi debba vergognare/davanti ai miei compagni». Eppure «sei “el
doctor”/”le docteur”/quello che vorrei un giorno essere io». Un sogno
realizzato: oggi quella giovane, passata attraverso il vissuto del tumore e
della chemioterapia, è una pediatra e lavora in un grande ospedale del
Paese.
Attraverso le lettere indirizzate agli oncologi medici, i frammenti e le
pagine di diario, il libro ricompone un puzzle di storie, di fini lieti e tragici,
di invettive e di riconoscenze. Dà voce ai malati, ai familiari, agli amici, ai
colleghi colpiti dal cancro. A raccogliere queste testimonianze spontanee e
spesso struggenti sono stati Enrico Aitini, direttore dell’oncologia ed
ematologia dell’ospedale di Mantova, e Sandro Barni, primario dell’oncologia dell’azienda ospedaliera Treviglio-Caravaggio (Bergamo), curatori del volume, i cui proventi, quest’anno come nel 2001, sono devoluti ad
Amani e a Senza frontiere, due Ong impegnate nel Sud del mondo.
È stato Barni a suggerire ad Aitini l’idea di non disperdere e di far
diventare “comune” quel grande patrimonio di umanità accumulato con
anni di professione. «Per capire e far capire, aiutarsi e aiutare, per
migliorare, ove possibile la qualità della vita di queste persone, nel
rapporto con il medico e in quello con la malattia».
La lettura fa bene. Ci ricorda la precarietà del nostro esserci. I mille
modi di reagire alla sofferenza, e i mille modi per curarla. L’importanza
della cortesia e delle premure, anche quando la diagnosi è infausta. Il
dovere di pensare alla persona, oltre che alla malattia. «Questi anni di vita
che avete regalato a mia mamma - scrive Alessandro a una dottoressa non hanno un prezzo, così come la possibilità che ho avuto io di coccolarla
e di dirle tutto quello che le dovevo dire». Parole che potrebbero scrivere
in tanti, pure se non fossero anni. Ma anche mesi. Ma anche solo giorni.
I
mmaginate una galleria d’arte, con oltre 300 quadri in
mostra. Immaginate una catena di solidarietà che unisce
artisti di tutta Italia. Immaginate un primario illuminato e
sensibile all’«arte per la vita». Otterrete l’oncologia dell’ospedale Renzetti di Lanciano, una perla della Sanità
abruzzese.
È dal 2002 che il direttore del reparto, Antonello
Nuzzo, ha cominciato a collezionare opere d’arte per
abbellire le corsie. «Ho avuto la fortuna di poter cominciare da zero, con un reparto appena aperto, che andava
organizzato e arredato», spiega. «E ho trovato prima la
straordinaria collaborazione di un maestro scultore, Vito
Pancella, che purtroppo oggi non c’è più, e poi quella di
un altro Vito, un nome che si ripete nella nostra storia:
Bucciarelli, docente di scultura dell’Accademia di Brera». Si è partiti commissionando alcune tele a pittrici della
zona e si è finiti, grazie ai contatti dei due maestri e al
circolo virtuoso innescato, per ricevere opere in dono da
parte di artisti di ogni regione. L’ultimo arrivato è firmato
da un artista “particolare”: il presidente della Regione,
Ottaviano Del Turco, che ha regalato un suo quadro al
nuovo day hospital oncologico di Vasto, in occasione
dell’inaugurazione.
«Ovviamente esporre opere d’arte non è il fine precisa il primario - ma la punta di un iceberg che si
chiama umanizzazione e che implica correttezza scientifica, cortesia, accoglienza. È il segnale visibile e tangibile che
offriamo qualcosa di più della semplice terapia». La filosofia dell’oncologo la dice lunga sullo spirito che lo anima.
«Facciamo del nostro meglio per aggiornarci e garantire
le cure più innovative e più efficaci, ma i nostri sono
pazienti che hanno bisogno di attenzione all’anima, oltre
che al corpo».
Il reparto di Lanciano ha aperto i battenti il 1˚ luglio del
1997: in autunno festeggerà il decennale con una manifestazione in due giorni, uno dei quali sarà dedicato proprio
all’umanizzazione attraverso l’arte. Nuzzo non ha dubbi:
«Ci vuole pochissimo per rendere gradevole un ambiente:
i colori, la luminosità, le piante, un tavolino di design, la
musica sempre in sottofondo». Poi, con orgoglio, aggiunge: «Il nostro reparto è addirittura visitato. Ci pensa? Per
anni l’oncologia è stata considerata un brutto posto, un
luogo in cui non mettere piede. E adesso vengono a
vederlo».
18 SPECIALE
24-30 luglio 2007
ONCOLOGIA/ Il modello dell’Istituto toscano tumori: una rete assistenziale capillare
Così l’Itt cura sul territorio
I malati sono presi in carico dai «gruppi oncologici multidisciplinari»
L’
Istituto toscano tumori (Itt) ha iniziato la sua attività nel
2005 essendosi posto una missione: capire, curare e prevenire il cancro al meglio per tutti.
La missione è simile a quella
di altri Istituti tumori in tutto
il mondo: ma l’ultima parte
della frase sottolinea che l’Itt
è, per deliberata scelta, un istituto a rete che vuole, piuttosto
che spostare i pazienti verso
un unico centro, portare le cure verso i pazienti, nei limiti
del possibile, in tutto il territorio della Regione.
In effetti, la rete assistenziale dell’Itt consiste in 16 Dipartimenti oncologici, 16 Unità
chirurgiche, 9 Unità di radioterapia, 3 unità di ematologia, e
altre unità specializzate in diverse specifiche neoplasie.
Un principio basilare per l’Itt
è che l’attività clinica sia articolata in Gom («Gruppi oncologici multidisciplinari»), cruciali per la efficace presa in
carico del paziente, che può
aver luogo presso qualunque
dei numerosi Punti di accoglienza Itt. Il Gom (che corrisponde al «Disease Management Team» di molti Istituti
tumori americani) ha il compito di proporre a ciascun paziente l’iter terapeutico e poi,
quando questo è stato concordato, aiutare lei o lui a percorrerlo, senza soluzioni di continuità.
L’Itt è giovane, ma essendo stato fondato in buona parte su realtà pre-esistenti, ha
già un suo attivo. Il Centro
studi per la prevenzione oncologica (Cspo) è da 40 anni in
prima linea per ciò che concerne la prevenzione del cancro,
e sin dall’inizio un componente fondamentale dell’Itt. Grazie al Cspo si sono sviluppati
in Toscana i programmi di
screening attualmente vigenti
per neoplasie del collo dell’utero, della mammella e del
colon: e in ciascuno di questi
si è raggiunta una percentuale
di adesione della popolazione
tra le più alte in Italia. Informazioni precise e aggiornate
sulla incidenza e sulla mortalità per i vari tipi di tumori
sono essenziali non solo per
la ricerca sul cancro, ma anche per la corretta organizzazione del servizio sanitario.
Sempre nell’ambito del Cspo
un Registro tumori ha coperto
le due province di Firenze e
Prato sin dal 1985: nel 2006 il
Registro è stato esteso a tutte
le 10 province della Toscana.
Gli standard di questi programmi e gli studi di ricerca
connessi hanno meritato al
Cspo un’alta reputazione a livello nazionale e internazionale.
Fin dalla sua istituzione
l’Itt ha istituito gruppi di lavoro che hanno elaborato protocolli completi di Raccomandazioni cliniche per i 5 più frequenti gruppi di tumori: mammella, polmone, prostata, colon e neoplasie ginecologiche.
Le ultime cifre della malattia
Asl
1 Massa C.
2 Lucca
5 Pisa
6 Livorno
12 Viareggio
Totale
3 Pistoia
4 Prato
10 Firenze
11 Empoli
Totale
7 Siena
8 Arezzo
9 Grosseto
Totale
Totale Regione
Nuovi casi
Mortalità
Nord-Ovest
1.136
681
1.186
723
1.632
1.047
1.787
1.161
842
599
6.583
4.211
Centro
1.542
886
1.147
656
4.209
2.582
1.042
657
7.940
4.781
Sud-Est
1.320
860
1.684
1.041
1.311
796
4.315
2.697
18.838
11.689
Ricoveri
5.884
5.731
8.218
9.793
4.669
34.295
6.404
5.631
21.601
4.879
38.515
6.887
7.122
6.063
20.072
92.882
L’identikit dell’Istituto
●
Centro studi per la prevenzione oncologica (Cspo)
●
16 Dipartimenti oncologici (uno per ogni azienda)
●
23 punti di accoglienza: accedervi significa entrare
nei percorsi di cura garantiti dall’Itt
●
16 Unità chirurgiche
●
3 Unità di ematologia
●
5 Gruppi oncologici multidisciplinari (Gom):
- tumori della mammella
- tumori del polmone
- tumori del digerente inferiore (colon-retto)
- tumori urologici (prostata, vescica e uretra, testicolo, rene e uretere, pene)
- tumori ginecologici (cervice, endometrio, ovaio, vulva)
●
51 Strutture ospedaliere
●
20 Centri di riferimento regionale
●
35 Unità di ricerca
Le strutture ospedaliere dove è presente l’Itt
Struttura
Città
Osp. S.S. Giacomo
Massa
e Cristoforo
Ospedale
Pontremoli
S. Antonio Abate
Ospedale
Fivizzano
S. Antonio Abate
Po Campo di Marte
Lucca
Presidio ospedaliero
Castelnuovo
S. Croce
in Garfagnana
Po S. Francesco
Barga
Osp. del Ceppo
Pistoia
Ospedale S.S.
Pescia
Cosma e Damiano
Ospedale
Prato
Misericordia e Dolce
Po Felice Lotti
Pontedera
Ospedali Riuniti
Volterra
S.M. Maddalena
Spedali Riuniti
Livorno
Ospedale Civile
Cecina
Osp. Villamarina
Piombino
Osp. Civile Elbano
Portoferraio
Osp. Riuniti Valdelsa
Poggibonsi
Ospedali Riuniti
Montepulciano
Val di Chiana
Ospedale S. Donato
Arezzo
I protocolli, conformi agli
standard internazionali, sono
stati formalmente adottati nel
luglio 2005; e a essi nel maggio 2007 si è aggiunto quello
per il melanoma. Alla fine del
2005 l’Itt ha formalmente iniziato uno studio clinico epidemiologico consistente nel monitoraggio del livello e precisione di adesione alle predette
Raccomandazioni cliniche.
Inoltre, un gruppo di lavoro
Itt dedicato ai principali tumori ereditari ha pubblicato nel
2006 una relazione su «Alto
rischio e indagine genetica».
Le attività di ricerca sperimentale basate in laboratorio
sono naturalmente più sviluppate nelle tre sedi universitarie di Firenze, Pisa e Siena;
mentre le altre unità Itt svolgono il più delle loro ricerche
nel settore clinico e traslazionale. Al momento abbiamo
nell’ambito Itt 161 studi clinici regolarmente approvati dai
Comitati etici. Per potenziare
la ricerca è stato deciso di cre-
Struttura
Ospedale Civile
Ospedale
S. Sepolcro
Ospedale
S. M. alla Gruccia
Ospedale
Misericordia
Nuovo ospedale
S. Giovanni di Dio
Ospedale S. Andrea
S. Maria Nuova
Ospedale S. Maria
Annunziata
Nuovo ospedale
S. Giovanni di Dio
Istituto ortopedico
Toscano P. Palagi
Nuovo ospedale
del Mugello
Ospedale Serristori
Nuovo ospedale
S. Giuseppe di Dio
Osp. degli Infermi
Nuovo ospedale
Versilia
are un «Core research laboratory» (Crl), che avrà sede a
Firenze, con satelliti a Pisa e
Siena. Il piano architettonico
è stato approvato: sono previsti spazi per 5 unità di ricerca
e per alcune infrastrutture o
«Core facilities». Per il reclutamento dei «Principal investigators» (Pis) abbiamo pubblicato annunci su «Nature». Le
numerose candidature pervenute dall’Italia e dall’estero sono state vagliate da una Commissione ad hoc, e i primi due
«Pi», uno proveniente dall’Ist
di Genova e l’altro dal Mrc
Laboratory of Molecular Biology di Cambridge, sono stati
appena assunti.
Attualmente il nerbo delle
attività formative in oncologia
ed ematologia nella Regione
Toscana consiste naturalmente nelle Scuole di specializzazione di Firenze, Pisa e Siena,
che vorremmo integrare il più
possibile: a questo scopo l’Itt
ha sponsorizzato nuovi posti
per queste tre Scuole, con l’in-
Città
Bibbiena
Sansepolcro
Montevarchi
Struttura
Aou Careggi
Aou S.Maria alle Sco
Aou Pisana
Aou Pisana
Grosseto
Aou Pisana
Orbetello
Aou Careggi
Ospedale
Misericordia e Dolce
Aou Meyer
Pres. osp. Castiglion
Fiorentino
Ospedale
S. Giuseppe
Massa
Marittima
Firenze
Bagno a Ripoli
Firenze
Ospedale Civile
Firenze
Borgo S.
Lorenzo
Figline
Valdarno
Empoli
S. Miniato
Lido
di Camaiore
Ospedale
Misericordia e Dolce
Vecchio ospedale
S. Giuseppe
Centro studi prevenzione oncologica
Direzione Itt
Ospedale Civico
Ospedali Val di
Chiana Aretina
tenzione che il training venga
distribuito non solo nelle sedi
universitarie, ma nell’ambito
dell’intero Itt. Inoltre, abbiamo attivato uno schema per
brevi stages (11 già assegnati)
in altre istituzioni, in Italia o
all’estero, aperto allo staff Itt,
ricercatori medici, o dottorandi in medicina. L’Itt ha poi
organizzato una nutrita serie
di seminari, journal club, e discussioni di casi clinici, anche
per via telematica.
Il 6 luglio 2007 si è tenuto
a Firenze il secondo convegno scientifico dell’Itt. Venti
relazioni dense di contenuto
innovativo hanno dato l’immagine scientifico-clinica dell’Itt
a un Consiglio scientifico internazionale che ha il compito
di sorvegliarne l’attività, con
membri provenienti, oltre che
dall’Italia, dall’Olanda, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. La giornata si è conclusa
con due conferenze d’eccezione. Sandra Bertman, dell’Università del Massachusset-
Città
Firenze
Siena
Pisa
Cisanello-Pisa
Tirrenia
(Località
Calambrone)
Firenze
Prato
Firenze
Castiglion
Fiorentino
Empoli
Castel del
Piano
Prato
Empoli
Firenze
Firenze
Carrara
Cortona
ts, ha parlato di «Davanti alla
morte: il dolore e l’arte di lenirlo» attraverso immagini, parole e musica. Facendoci vivere veramente la morte; tra il
dolore e l’amore, tra le sofferenze fisiche e l’angoscia di
chi parte e di chi resta, con
consigli pratici pervasi al tempo stesso di spiritualità. La seconda conferenza è stata tenuta da Sydney Brenner, uno
scienziato che da mezzo secolo è alla ribalta della biologia
contemporanea, premio Nobel per la Medicina nel 2002:
tenendo l’uditorio inchiodato
per quasi un’ora, e donandoci
una dovizia di idee sul suo
modo di vedere la biologia, ci
ha dato un messaggio semplice e chiaro. I sistemi viventi
differiscono dagli altri perché
contengono al loro interno
una descrizione completa di
come sono fatti. Siamo giunti
al punto in cui gli strumenti
forniti dalla biologia molecolare e dalla genetica ci permettono di capire questa descrizio-
ne, o programma di sviluppo,
e di capire in modo completo
come funziona una cellula.
Il piano di attività futura
dell’Itt è quello che ci detta da
un lato la nostra missione, dall’altro lo stato attuale della ricerca sul cancro, riflesso nei
concetti espressi da Brenner.
Il processo di trasformazione
di una cellula normale in una
cellula tumorale non è più una
scatola nera: questa trasformazione è il risultato di eventi
genetici che cambiano fisicamente il Dna; in altre parole,
una serie di mutazioni somatiche. Capire la struttura e la
funzione della cellula normale
è un prerequisito per capire la
cellula tumorale; ma per riuscirci dobbiamo, per ogni tipo
di tumore, identificare i geni
implicati: ed è incoraggiante
che a esempio nel settore delle leucemie questo è già stato
fatto. Negli ultimi mesi, poi,
sono stati pubblicati i risultati
di due mega-progetti internazionali, che hanno puntato il
dito su decine di geni le cui
mutazioni possono causare il
cancro del colon, il cancro del
seno, e altri. Questo conferma
quello che finora era solo un
sospetto: cioè che ognuno di
questi tumori sia, a livello molecolare, un gruppo di tumori
diversi. Distinguerli non è solo un esercizio accademico:
se due tumori, pur apparendo
uguali, sono diversi a livello
molecolare, è probabile che
vadano idealmente curati in
modo diverso.
Un esempio specifico lo abbiamo già nell’adenocarcinoma del polmone: in una percentuale di pazienti è stato
identificato un particolare tipo
di mutazioni in un gene chiamato Egfr, e l’Itt ha già attivato un servizio centralizzato a
Pisa che esegue per tutti i pazienti della Regione un test
molecolare apposito. Se il tumore ha una di queste mutazioni sapremo quale farmaco
potrà funzionare.
I problemi pressanti dell’oncologia sono stati da tempo affrontati elaborando protocolli sempre più efficaci con
un approccio empirico. Ora
siamo giunti al punto in cui
proprio lo studio approfondito
dei tumori e dei malati di tumore, con le metodologie della genetica e della biologia
molecolare, può portare allo
sviluppo di terapie mirate: che
hanno cioè come bersaglio le
anomalie cellulari e molecolari dei tumori stessi. Con la
stessa logica è concepibile
che si arriverà anche a misure
preventive mirate. E a questo
scopo occorrerà una nuova alleanza tra gli addetti ai lavori
e tutta la popolazione, che
può partecipare responsabilmente a ottimizzare il lavoro
di prevenzione e di diagnosi
precoce.
Lucio Luzzatto
Direttore scientifico
Istituto toscano tumori