Il terrazzamento e la cultura della vite

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Il terrazzamento e la cultura della vite
Il terrazzamento e la cultura della vite
Sandro Faccinelli
In questo corso la conoscenza del paesaggio viene intesa come saper leggere il nostro
paesaggio non il paesaggio in genere, capirne le ragioni storiche e di costruzione, individuarne i
caratteri peculiari e rari, riconoscerne i valori economici, comprenderne le capacità di
trasformazione compatibili; a questo riguardo mi risulta naturale citare Marco Vitale, Presidente
del Comitato Scientifico della Fondazione ProVinea, il quale ha scritto:
“chi sale verso l’Alta Valtellina di solito si trova rinchiuso e pressato in un intenso traffico
automobilistico che determina ogni comportamento. E così ci troviamo a percorrere queste valli,
colme di paesaggi di storia, di lavoro e di memorie, senza nulla vedere, senza nulla
comprendere, sena nulla apprezzare, senza nulla imparare. Se, per una volta salissimo la valle
in una giornata appropriata ed in un’ora appropriata, lentamente, dolcemente, come si faceva
una volta con le diligenze che univano Sondrio, Tirano e Bormio, se ci liberassimo dalla frenesia
dell’arrivare in fretta ad ogni costo, se ci spogliassimo, per una volta, del ritmo della città invece
di portarlo sempre con noi ad inquinare anche l’alta montagna, se facessimo nostra la filosofia
dello “slow food” (ricercare il ritmo della natura, il passo tranquillo, la quiete, andando alla
riscoperta dei cibi dalla lunga preparazione e dal consumo lento prendendo tutto il tempo
necessario) e la allargassimo anche alla filosofia dello “slow trip”, allora, salendo in Alta Valle,
vedremmo tante cose che, ora, ci sono precluse alla vista dalla nostra frenesia cittadina.
Eppure sono lì, sotto i nostri occhi, inondate di sole, ma non le vediamo.”
Quello che scrive Vitale è un difetto non solo di molti turisti che arrivano in Valtellina, ma spesso
anche di coloro che possono godere quotidianamente dello spettacolo dei 2.500 km di muri di
pietra che delimitano e sostengono la superficie di una delle più grandi aree viticole terrazzate
di montagna d'Europa; realtà che profuma di storia, fatica, sacrifici e qualità, testimonianza di
un’epoca passata ma ancora presente nella coltivazione della vite che si svolge con delle
modalità uniche, ma a lungo andare insostenibili.
E’ al lavoro sovrumano realizzato dagli abitanti nel passato per rendere accessibile il versante
con la costruzione dei muretti a secco che sono alla base della coltivazione della vigna e, ancor
più, con il continuo lavoro di mantenimento dei terrazzamenti, in un armonioso rapporto tra
l’uomo e la natura, che dobbiamo un paesaggio di straordinaria bellezza scenica, dimostrazione
di un tradizionale modo di vivere che si è conservato per mille anni e che continua a svolgere
una rilevante, e in continua trasformazione, funzione socioeconomica nella vita della comunità
locale, non una semplice testimonianza del passato.
Attraverso la realizzazione del terrazzo fu possibile recuperare allo sfruttamento agricolo le
costiere pedemontane ed insediarvi le colture necessarie alla sopravvivenza delle popolazioni
indigene. I terrazzamenti rappresentano un esempio vivente di occupazione di un territorio e la
sua trasformazione al fine di renderlo ottimale per la coltura delle viti, sia pure a costi
estremamente elevati in termini di lavoro. Infatti a causa delle condizioni climatiche di tipo
alpino, soltanto l’elevata esposizione delle ripide scarpate del versante Retico ed il calore
ceduto per irraggiamento dalle sue rocce potevano fornire le condizioni ambientali per la coltura
della vite. A patto però che generazioni di viticoltori valtellinesi, a costo di enormi fatiche e
sacrifici, rendessero accessibili queste aree con la costruzione e, ancor più, con il continuo
mantenimento dei terrazzamenti.
Alla viticoltura di questa zona, che comprende il territorio di fascia costiera alla destra orografica
del fiume Adda, viene assegnata la definizione di “eroica” in quanto, essendo in forte pendenza
e di difficile accesso, richiede lavoro, rischi e costi di produzione incomparabilmente superiori a
quelli della moderna viticoltura in aree “standard”.
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Condizioni climatiche e del terreno favorevoli e la tenace fatica dei valtellinesi hanno fatto di
questo versante delle alpi Retiche un vero e proprio patrimonio dell’umanità, dove si producono
vini di eccezionale qualità.
La Valtellina si colloca geograficamente in una posizione apparentemente poco propizia alla
coltivazione della vite; ciò nonostante la configurazione territoriale ed alcune particolari
situazioni ambientali favoriscono in una vasta zona la realizzazione di condizioni idonee alla
viticoltura ed in particolare al vitigno “nebbiolo”:
- l’orientamento est-ovest della valle, specie nella parte vitata;
- la protezione derivante, a nord e ad est, dalla catena montuosa delle alpi Retiche, con cime di
elevata altitudine;
- la presenza a sud della catena delle alpi Orobiche, che racchiude la valle in una specie di
anfiteatro;
- la vicinanza del bacino del lago di Como, a sud/ovest, funge da regolatore e mitigatore
termico;
- l’esposizione completamente a sud di cui gode la costiera pedemontana (sulla quale si colloca
la viticoltura);
- insolazione oltre 1900 ore/anno;
- forte luminosità conseguente alla ottimale esposizione;
- l’ubicazione dei vigneti sui terrazzi di costiera evita i danni da gelate tardive, frequenti nel
fondo valle;
- costante ventilazione con scarse precipitazioni (media 850 mm di pioggia/anno);
- umidità dell’aria costantemente su valori contenuti tra il 65% e l’80%;
- ulteriore aumento dei gradienti termici favorito dalle rocce che caratterizzano il terrazzamento
della vigna;
- temperature dell’aria in vigna costantemente maggiori di 4°/5° rispetto a quelle del fondo valle;
- elevato gradente termico con temperatura dell’aria durante il periodo vegetativo (aprileottobre) compresa fra 5° e 32°;
- considerevole escursione termica (compresa fra gli 8° e i 15°) nel periodo immediatamente
precedente il completamento della maturazione (fine settembre/primi ottobre);
La sistemazione terrazzata (ronchi) della vigna di Valtellina è certamente l’elemento che
maggiormente caratterizza il territorio. Il terrazzamento è un metodo di dissodamento degli
acclivi versanti montani, arricchiti da terra di riporto sostenuta da appositi muri a secco,
espressione di una precisa cultura insediativa che si ritrova, con molte analogie, in molte vallate
dell’arco alpino. I muri sono di un’entità ciclopica, stimabile in oltre 2.500 Km di sviluppo lineare,
con una incidenza media/ettaro superiore ai 2.000 mq di superficie verticale e con costi di
mantenimento altissimi.
Oltre a consentire la realizzazione dell’economia agricola, il terrazzamento diventa componente
essenziale del fascino paesaggistico del territorio ed importante elemento di regimentazione
delle falde montane svolgendo un ruolo eccezionale come fattore chiave per la tutela del
territorio ed il mantenimento della sua integrità.
I vigneti terrazzati sono da considerarsi uno dei principali ecosistemi del versante Retico; non
un’entità isolata, quanto piuttosto un sistema in continua interazione con i sistemi limitrofi
(boschi e aree antropizzate), una tessera di quello che è stato chiamato ecomosaico.
Trattandosi dunque di un ecosistema integrato in un sistema più complesso, è evidente che un
suo eventuale squilibrio rischi di avere conseguenze sull’insieme del "mosaico". Infatti la
presenza di alcuni terrazzi lasciati incolti facilita lo smottamento; l’acqua accumulata in seguito
a precipitazioni di intensità eccezionale può concentrarsi in questi terrazzi dove il tappeto
erboso, che ha preso il posto delle viti, facilita lo scivolamento della massa idrica
incrementandone l’energia cinetica e la capacità erosiva, determinando così la formazione della
frana.
Il durissimo lavoro dei viticoltori sui vigneti terrazzati non produce solo vino, ma anche difesa
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L’origine della viticoltura in Valtellina è lontana nel tempo. Di sicuro sappiamo che nel X secolo
la viticoltura era sviluppata per lo meno nella parte bassa e media della Valle e rivestiva già un
ruolo rilevante nell’economia locale.
Nel XIV e XV secolo, sotto il dominio dei Visconti e successivamente degli Sforza, la
produzione vinicola assunse un’importanza sempre maggiore, divenendo uno dei cardini
dell’economia della zona. Il vino locale era ormai un prodotto rinomato e di alto pregio, non più
destinato all’autoconsumo come nei secoli precedenti, ma prezioso oggetto di esportazione
verso i mercati dell’Europa centrale. Grazie alla considerevole gradazione alcolica si
conservava per lungo tempo e sopportava senza degradarsi il trasporto attraverso i passi alpini
che collegano la Valtellina con la Svizzera.
In questo periodo iniziò la costruzione dei terrazzamenti, un’opera colossale resa possibile da
un particolare contesto sociale e produttivo. Il contratto di coltivazione più diffuso era una forma
di enfiteusi (fondamentalmente un contratto di affitto di durata indeterminata, con pagamento in
natura) in cui il canone non variava al variare del valore del fondo: la maggiore produttività
derivata da un eventuale miglioramento fondiario poteva quindi essere interamente goduta dal
conduttore, il quale era fortemente motivato ad intraprendere onerosi lavori, quali la costruzione
dei terrazzi, necessari a sfruttare anche le aree più impervie. Oltretutto in caso di cessazione
del rapporto, il conduttore vedeva riconosciuto in termini economici l’incremento del valore
fondiario derivato dal miglioramento apportato. Gli sforzi intrapresi venivano quindi ripagati
dall’incremento di redditività durante la durata del contratto e dalla capitalizzazione del lavoro di
miglioramento effettuato riconosciuta al momento della cessazione del rapporto. Inoltre portare
le coltivazioni sugli acclivi montani serviva anche a proteggerle dalle rappresaglie delle
soldataglie barbariche che transitavano per il fondo valle, nonché ad evitare le inondazioni
causate dalle piene improvvise del fiume Adda.
Il grande impulso viticolo è conseguente alla presenza del dominio svizzero da parte dei
Grigioni. Dal XVI secolo alla fine del XIX secolo la Valtellina fu territorio grigionese e i commerci
di esportazione di vino furono conseguenza ai rapporti economici che la Lega Grigia
intratteneva con le corti del centro e del nord Europa.
In questo periodo la viticoltura ha esercitato un ruolo fondamentale nell’economia valtellinese,
come viene testimoniato dall’introduzione di disposizioni e regole rigide a controllo della tecnica
di produzione e del momento della vendemmia nonché dalla regolamentazione degli aspetti
commerciali. L’elevato valore economico della produzione viticola è testimoniato anche dalla
comparsa della figura dell’arbostaro, una sorta di guardia incaricata dalla comunità di vigilare i
vigneti durante il periodo immediatamente precedente la vendemmia.
Con la fine dell’amministrazione svizzera i mercati del nord cessarono di assorbire la gran parte
della produzione mentre quello di Milano divenne sempre più importante: i nuovi acquirenti
richiedevano una maggiore quantità di prodotto, anche a costo di una qualità inferiore, tanto più
che il trasporto non comportava rischi di deterioramento.
Questo nuovo orientamento improntato alla quantità piuttosto che alla qualità è rimasto
prevalente fino alla fine degli anni ’70 del XX secolo; solo le notevoli difficoltà commerciali degli
anni ’80 e, sebbene in maniera meno accentuata, del decennio successivo, hanno determinato
un grande sforzo di miglioramento qualitativo, che ha permesso ai vini locali di ottenere negli
ultimi anni importanti riconoscimenti internazionali.
Per spiegare i motivi che giustificano la conservazione dei terrazzamenti vitati valtellinesi cito
ancora Vitale:
“la sopravvivenza della viticoltura eroica è necessaria perché è una testimonianza emozionante
della millenaria cultura contadina e alpina, perché è un’opera d’arte, perché è un fattore chiave
per la tutela del territorio e perché è un elemento fondante degli assetti ambientali e
paesaggistici. I vigneti terrazzati infatti sono un tutt’uno con la realtà sociale, culturale ed
economica della Valtellina, proprio perché sono l’espressione della storia e della vita stessa in
provincia di Sondrio. Recentemente si sono registrati segnali di una rinnovata attenzione verso
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queste tradizioni di alta civiltà. La viticoltura di montagna ha resistito all’abbandono, alla
solitudine, alla fatica non ripagata. Le difficoltà sono tante, e i rischi di abbandono evidenti, ma,
da qualche tempo, sono anche presenti i segnali di impegno per contrastare questa tendenza e
sviluppare quella valorizzazione del territorio che è la via maestra per la salvaguardia di una
civiltà”.
La Fondazione ProVinea "Vita alla Vite di Valtellina" ONLUS è stata costituita nel luglio 2003
per volontà dei produttori associati al Consorzio di Tutela dei Vini di Valtellina con lo scopo di
tutelare, senza fini di lucro, il territorio, il paesaggio e l'ambiente viticolo terrazzato provinciale, e
di tutelare e valorizzare le tradizioni storico -culturali, i beni culturali ed ambientali.
L'obiettivo più ambizioso di ProVinea è l'iscrizione dei terrazzamenti vitati valtellinesi nella lista
propositiva italiana (Tentative List) ai fini della successiva inclusione nella Lista del Patrimonio
Mondiale UNESCO, quale "Paesaggio culturale evolutivo e vivo", e l'affiliazione nei "Tesori del
Mondo" UNESCO.
Scopo ultimo dell'iniziativa è il riconoscimento del "valore eccezionale ed universale" del
paesaggio viticolo della Valtellina in base ai criteri di selezione previsti dalla Convenzione
Internazionale sulla Protezione del Patrimonio Mondiale Culturale e Naturale adottata durante la
Conferenza Generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la
Cultura nel 1972..
Attualmente 177 paesi hanno aderito alla Convenzione, trasformandola in uno maggiori
strumenti legali internazionali per la protezione del patrimonio culturale e naturale.
Le motivazioni che hanno condotto ProVinea ad intraprendere questa ambiziosa impresa
risiedono nella profonda convinzione, ormai diffusa anche al di fuori dei confini provinciali, che
la viticoltura terrazzata o “eroica” come viene definita la viticoltura di montagna, ha in provincia
di Sondrio la sua maggiore espressione.
Secondo ProVinea i terrazzamenti vitati valtellinesi soddisfano pienamente i criteri di selezione
utilizzati dall'UNESCO per l'inclusione dei beni culturali nell'Elenco del Patrimonio Mondiale. In
particolare:
Criterio II: aver esercitato un influenza considerevole, in un dato periodo o in un'area culturale
determinata, sullo sviluppo dell'architettura, delle arti monumentali, della pianificazione urbana o
della creazione di paesaggi.
Criterio III: costituire testimonianza unica o quantomeno eccezionale di una civiltà o di una
tradizione scomparsa.
Criterio IV: offrire esempio eminente di un tipo di costruzione o di complesso architettonico o di
paesaggio che illustri un periodo significativo della storia umana.
Criterio V: costituire esempio eminente di insediamento umano o d'occupazione del territorio
tradizionale, rappresentativi di una cultura, soprattutto quando esso diviene vulnerabile per
effetto di mutazioni irreversibili.
In data 21 gennaio 2005 ProVinea, congiuntamente alla Provincia di Sondrio ha inviato al
Ministero per i Beni e le Attività Culturali la documentazione necessaria per la presentazione
della domanda affinché la zona dei vigneti terrazzati del versante Retico della Valtellina
vengano inclusi nella lista propositiva italiana (Tentative List) ai fini della successiva inclusione
nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO, quale “Paesaggio culturale evolutivo e vivo”.
L’obiettivo è quello di costruire a livello locale, attraverso il percorso da seguire per arrivare al
riconoscimento UNESCO di Patrimonio Viticolo Vivente, una condizione di salvaguardia
ordinaria del territorio viticolo terrazzato.
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