Joyce - Consorzio SBCR

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Joyce - Consorzio SBCR
COSMO E CAOS
Ulisse di James Joyce
Donatella Luppi
1. Epica e romanzo.
Il titolo che Joyce ha scelto per il proprio romanzo, pubblicato a Parigi nel 1922, attira
immediatamente l’attenzione sul parallelismo con l’Odissea, rafforzato dagli schemi consegnati agli
amici Linati e Larbaud, che stabiliscono le corrispondenze tra l’Ulisse e l’opera omerica.
VERSIONE SEMPLIFICATA DEGLI SCHEMI CONSEGNATI A CARLO LINATI E VALERY
LARBAUD (Noto anche come schema GORMAN)
Episodio
Ambientazione Ora
1 Telemaco
La torre
8:00
Personaggio
principale
Stephen
2 Nestore
La scuola
10:00
Stephen
3 Proteo
La spiaggia di
Sandymount
11:00
Stephen
Monologo
interiore (3°
persona)
4 Calipso
Casa Bloom
8:00
Bloom
(Molly)
Narrazione,
monologo
interiore
5 I Lotofagi
Bagno turco
10:00
Bloom
6 Ade
Funerale di
Dignam
11:00
7 Eolo
La redazione
12:00
8 I Lestrigoni
Le strade
13:00
Tecnica e stile
Narrazione,
monologo
interiore,
dialogo
Narrazione,
monologo
interiore,
dialogo a due
Narrazione,
monologo
interiore
Bloom e altri Narrazione,
monologo
interiore,
dialogo
Bloom,
Retorica,
Stephen e altri linguaggio
giornalistico
Bloom
Narrazione,
monologo
Riferimento
omerico
Telemaco
parte in cerca
del padre (O III)
Telemaco
visita il
vecchio e
saggio Nestore
(O III)
Menelao narra
la cattura di
Proteo,
emblema della
mutabilità (O
IV)
Mercurio
invita Ulisse,
presso la ninfa
Calipso, a
riprendere il
viaggio (O V)
Ulisse fra i
lotofagi.
Oblio. (O IX)
Ulisse scende
nell’Ade (O
XI)
Ulisse
nell’isola di
Eolo (O X)
Ulisse nel
paese dei
1
interiore
9 Scilla e
Cariddi
La biblioteca
14:00
10 Le
Simplegadi
Le strade
15:00
11 Le Sirene
Il bar
dell’Ormond
Hotel
16:00
12 Il Ciclope
Il pub di
17:00
Barney Kiernan
13 Nausicaa
La spiaggia di
Sandymount
20:00
14 Le
Mandrie del
Sole
L’ospedale:
reparto
maternità
22:00
15 Circe
Il bordello
00:00
16 Eumeo
Il ristoro dei
vetturini
01:00
cannibali (O
X)
Ulisse si
Stephen e altri Dialogo e
destreggia tra i
(Bloom)
monologo
due pericoli (O
interiore
XII)
Ammonimento
Gente di
18+1 brevi
di Circe ad
Dublino
scene in
contemporanea Ulisse sulle
rocce erranti
(labirinto
mobile tra due (O XII)
sponde)
Ulisse si
Bloom e altri Monologo
sottrae al canto
interiore,
delle sirene (O
tecnica
XII)
musicale,
interferenze
ironiche
Bloom, il
Narratore in 1° Ulisse acceca
Cittadino e
persona non
Poliremo e gli
altri
identificato,
sfugge con
interferenze
l’inganno (O
parodistiche
IX)
Bloom
Narrazione,
Ulisse
monologo
naufrago
interiore,
assiste al
parodia
bagno di
Nausicaa (O
VI)
Stephen,
Dialogo,
I compagni di
Bloom e altri sequenza di
Ulisse
parodie
uccidono gli
armenti sacri
al sole e sono
sterminati dal
dio (O XII)
Bloom,
Tecnica
Ulisse sventa
Stephen e altri drammatica,
gli incanti
allucinazioni
della maga
Circe (O X e
XII)
Bloom,
Narrazione
Ulisse,
Stephen e altri ridondante
sbarcato a
Itaca, si rifugia
presso il
pastore Emeo;
i Proci
tramano
contro
Telemaco ( O
XIV-XVI)
2
17 Itaca
Casa Bloom
02:00
Bloom
(Stephen)
Domande e
risposte
(catechismo)
18 Penelope
Casa Bloom:
camera da letto
infinito
Molly
Monologo
interiore in
stream of
consciousness
Ulisse e
Telemaco
fanno strage
dei Proci (O
XVII-XXIII)
Penelope
accoglie
Ulisse a Itaca
(O XIII)
Come dimostrano gli schemi, le analogie con l’ Odissea, almeno a livello di trama e costruzione dei
personaggi, si rivelano piuttosto idiosincratiche e, a volte, pretestuose. L’impalcatura omerica non
funziona tanto come fonte di ispirazione quanto, piuttosto, come schema di riferimento culturale
forte; non importa tanto nell’Ulisse che cosa l’Odissea racconta, quanto ri-raccontare l’Odissea in
chiave contemporanea, scrivere un’opera che stia allo spirito della modernità come l’epica omerica
stava a quello della Grecia classica. In una lettera all’amico Frank Budgen, Joyce definisce il
proprio romanzo “un’Odissea moderna” e “l’epica del corpo umano”; L’Ulisse non tace nulla
sull'esperienza sensuale e sensoriale dell'uomo (vista, tatto, cibo, sesso), della sua fisicità; nel far ciò
"si propone come summa di tutta l'esperienza fisica dell'uomo e negazione di quella metafisica"
(Melchiori, pag. 118). Joyce sembra avvertire e voler superare nel romanzo il rischio di una
narrativa claustrofobica, troppo ripiegata sull’interiorità; la corporalità, la concretezza dell’epica
omerica gli forniscono il necessario antidoto.
Joyce scrive, inoltre, all'amico Carlo Linati:
"Sette anni, lavoro ora a questo libro -accidenti! E' una specie di enciclopedia, anche. La mia
intenzione è di rendere il mito sub specie temporis nostri…"
Il rapporto programmatico di parentela che l’Ulisse stabilisce con l’ Odissea si basa, pertanto, sulla
volontà di raccogliere e rinnovare una tradizione culturale e di istituire un confronto meta-letterario
tra i due generi di riferimento: l’epica e il romanzo. L’Ulisse si propone di essere il terreno di
scontro e di mediazione tra l’immagine totalizzante del cosmo ordinato dell’epica e l’ambiguità, la
complessità proteiforme del mondo romanzesco. L'intento programmatico di Joyce è lo stesso che
il direttore dell' Evening Telegraph, Myles Crawford, suggerisce a Stephen Dedalus:
"Voglio che lei scriva qualcosa per me, disse. Qualcosa che abbia del mordente…Dia loro qualcosa
che abbia del mordente. Ci metta tutti noi dentro, e al diavolo. Padre, Figlio e Spirito Santo e Jakes
M'Carthy." (Ulisse, pag. 132-33).
Conciliare l’univocità sensata dell’epica con il dinamismo che rischia e sfiora il non-senso del
romanzo: in questo compito Joyce ha un modello, William Shakespeare. Vi sono, infatti, tratti di
evidente comunanza tra l’Ulisse e l’Amleto: i temi della paternità, della morte, dell'usurpazione,
dell'esilio; il personaggio di un giovane uomo, che fatica a trovare il proprio ruolo nella società e
dubita di tutto; la figura del fantasma, originata dalla morte e/o dall'auto-esclusione.
L'elemento catalizzatore delle analogie è il personaggio di Stephen Dedalus, che elabora una
complessa quanto astrusa teoria shakespeariana nel nono episodio, "Scilla e Cariddi”. Come
Amleto, Stephen è giovane e la giovinezza è vissuta da entrambi come una condizione ambigua,
incompleta, fonte di inquietudine, di dubbio, di una crisi resa palpabile dal fatto che entrambi sono
perseguitati da fantasmi. Entrambi cercano affannosamente chiavi di lettura, di interpretazione di
3
una realtà di cui non riescono a farsi un quadro coerente ( Ulisse, pag. 38). Le differenze tra i due
personaggi, tuttavia, sono altrettanto illuminanti rispetto alla natura di Stephen Dedalus. Amleto è
consapevole, lucido, capocomico di se stesso e degli altri personaggi del dramma. "The readiness is
all", dice Amleto prima di affrontare il duello che lo porterà direttamente dalla giovinezza alla
morte: essere pronti, preparati ad affrontare la vita, il proprio destino, è tutto.
Stephen, al contrario, non è preparato all'esperienza, né come uomo, né come artista. "Telemaco
non soffre ancora il corpo": così annota Joyce nello schema Linati, in verticale, a coprire i primi tre
episodi di cui Dedalus è protagonista. L'aspirante artista, "da giovane", vale a dire nel precedente
romanzo Dedalus, intendeva mediare le tensioni tra mondo e individualità attraverso l'arte; lo
Stephen che ritroviamo nell’Ulisse, è portavoce di una poetica in cui l'universale, l'esperienza, la
cultura, il mondo, non si sostanziano nel particolare, nell'interiorità individuale, ma rimangono un
teorizzare astratto, formale, privo di vitalità artistica, paralizzante.
“Dopo Dio Shakespeare è il più grande creatore”, commenta John Eglinton nel nono episodio
(Ulisse, pag. 207); il drammaturgo inglese è infatti riuscito ad operare la mediazione tra astratto e
concreto, particolare e universale, reale e possibile, e lo ha fatto esplorando tutte le potenzialità
della scrittura teatrale, della forma drammatica, che nella produzione joyciana interagisce
fortemente con quella narrativa.
Il titolo e gli schemi omerici, la lunga dissertazione shakespeariana in “Scilla e Cariddi”, il tema
della paternità, che accomuna l’Odissea, l’Amleto e l’Ulisse declinano la discendenza OmeroShakespeare- Joyce.
2. Struttura del romanzo.
Secondo una critica spesso troppo fedele agli schemi omerici, l’Ulisse presenta una struttura
tripartita, che ricalca quella dell’ Odissea: “Telemachia” (episodi 1-3), “Odissea” (episodi 4-15),
“Nostos” (episodi 16-18). Studi più recenti individuano invece una bipartizione; i primi nove
episodi, infatti, formano un blocco coeso e coerente: introducono i personaggi Stephen Dedalus
(episodi 1-3) e Leopold Bloom (episodi 4-6), intrecciandoli idealmente nei tre episodi successivi (79).
TRIPARTIZIONE
Telemachia
Odissea
Nostos
Episodi 1-3
Episodi 4-15
Episodi 16-18
BIPARTIZIONE
PRIMO BLOCCO
Episodi 1-10
SECONDO BLOCCO
Episodi 11-18
Dedalus (1-3)
Bloom (4-6)
Intreccio delle vicende di Dedalus e Bloom (79)
La città di Dublino assiste alla parata di Padre
Contee e del conte di Dudley (10)
Arrangiamento retrospettivo: nuovo punto di
vista sulle vicende narrate e sui personaggi.
Arrangiatore.
Parallelismi con gli episodi del primo blocco:
12//7 il linguaggio, la diversa reazione di
4
Bloom;
13//3 entrambi ambientati sulla spiaggia di
Sandymount, solitudine, disillusione;
14//9 episodi corali, dialoghi, tematiche
letterarie
Il decimo episodio offre l’anello di congiunzione e il punto di passaggio al secondo blocco: “Le
simplegadi” costituisce la chiusa dei primi nove episodi, rafforzando l’immagine di una città e di un
mondo che assiste al fallimento delle proprie aspirazioni individuali e collettive. Nello stesso
tempo, tuttavia, questo episodio nodale rimette in discussione tutto il discorso del romanzo, segna
una brusca sterzata sul piano dell’intreccio, della costruzione dei personaggi, dello stile; a partire da
questo momento l’Ulisse che abbiamo letto fin qui si trasforma in un romanzo diverso.
Gli episodi del secondo blocco inquadrano i materiali narrativi del primo da una nuova e diversa
angolazione, tramite un procedimento che è ben esemplificato da alcune parole-chiave, ricorrenti
nel romanzo: metempsicosi, parallasse, arrangiamento retrospettivo. I termini, che connotano un
mutamento del punto di vista, un gioco di identità e differenza, indicano il metodo joyciano nell’
Ulisse: almeno due versioni dello stesso fatto, almeno due angolazioni da cui un evento viene
osservato, esattamente come nel doppio racconto omerico.
L’Ulisse dei primi nove episodi è ancora fortemente il romanzo di Stephen Dedalus, la vicenda
interiore del giovane artista sensibile bandito da una società ostile; dopo il decimo episodio il punto
focale del discorso narrativo si sposta su Leopold Bloom. La natura di quello che nel primo blocco
del romanzo era apparso un uomo del tutto insignificante, inizia ad emergere nel dodicesimo
episodio, “Il ciclope”: qui l’uomo qualunque rivela di avere ben poco in comune con i suoi
concittadini e di possedere una dignità e una consapevolezza insospettate; qui, soprattutto, grazie al
parallelismo omerico, si instaura la connessione Bloom/Odisseo: entrambi, servendosi
dell’intelligenza e della ragione, combattono la forza bruta dei loro ciclopi. Così come Ulisse
occulta la propria identità, la personalità di Bloom si dispiega tramite lenti spostamenti di
prospettiva rispetto agli elementi acquisiti nei primi nove episodi.
La tradizionale interpretazione che vede nell’ Ulisse una parodia della banalità e dell’insensatezza
del mondo contemporaneo, condotta attraverso il raffronto-scontro con il mondo ricco di senso
raffigurato nell’epica omerica, non rende pienamente conto della complessità delle questioni che si
agitano nel romanzo. La cifra ironica è certamente un tratto caratterizzante dell’Ulisse, così come lo
è il realismo minuzioso, a volte ossessivo, che dipinge la quotidianità e la normalità delle vicende e
dei personaggi. L’intento, tuttavia, non è semplicemente critico e negativo; l’ironia si gioca nel
romanzo come forma espressiva indiretta e straniata, che mostra, senza moralismi, l’urto e nello
stesso tempo la coincidenza, tra finito e infinito, microcosmo e macrocosmo: un modo per
ricomporre il particolare nell’universale.
3. L’epica dell’esperienza.
C’è una domanda che affiora nel corso dell’intero romanzo: “Qual è quella parola nota a tutti gli
uomini?” (Ulisse, p 50). In prima approssimazione, la risposta alla domanda sembrerebbe essere:
l’amore (Ulisse, pag. 29 e 191); se lo fosse, tuttavia, risulterebbe incomprensibile l’ansia con la
quale Stephen interroga il fantasma della madre morta nel quindicesimo episodio, “Circe”, e ancora
più incomprensibile il fatto che ella si rifiuti di dare una risposta così naturale:
“STEPHEN (Ansiosamente) Dimmi la parola, mamma, se ora la sai. La parola nota a tutti gli
uomini.” (Ulisse, pag. 543)
5
La parola ignota a Stephen Dedalus, giovane e immaturo è, verosimilmente, esperienza: è questa, la
parola nota a tutti gli uomini sulla quale, tuttavia, continuano ad interrogarsi, poiché ‘nota’ non
implica anche necessariamente ‘conosciuta’ e ‘compresa’. Pur essendo strettamente personale, pur
sottendendo sul piano empirico la massima variabilità e molteplicità della vicissitudine umana,
l’esperienza è una struttura invariante, una categoria, una costante universale. L’intento di Joyce
nell’Ulisse sembra essere il tentativo di rappresentare il nostro rapporto con l’esperienza, il nostro
interrogarci sul mondo con l’esigenza di interpretarlo, correndo sempre e comunque il rischio che il
nostro esperire, il nostro rispondere, il nostro interpretare siano inoperanti. Stephen Dedalus,
Leopold Bloom e persino la carnale Molly non sembrano fare altro, tutto il giorno; che lo facciano
essendo personaggi limitati, ’terrestri’, a tratti triviali, o viceversa intellettuali falliti, rende
l’urgenza del loro tentativo ancora più forte, ancora più universale. Il 16 giugno 1904, perfetta unità
temporale nella quale si snodano le vicende del romanzo, è stato definito “the dailiest day
possibile”; la definizione va letta non nel senso del più quotidiano, il più banale dei giorni possibili:
al contrario, è il “giorno più giorno”, il giorno esemplare dell’esperienza umana in genere.
Il personaggio più significativo in questo senso, “il più ricco di esperienza” (Ulisse, pag. 592), è
Leopold Bloom; la sua giornata è un percorso analogo a quello di Odisseo, con una tappa finale
necessaria: il nostos, il ritorno a casa. Leopold Bloom è Ulisse, come sarebbe stato fuori dalla
visione titanica dell'epica classica: un Ulisse con il senso del limite, che vive ed agisce in un'età di
relativismo. Così lo prefigura Platone nel mito di Er:
" L'anima di Ulisse, capitata nel sorteggio ultima fra tutte, venne a far la sua scelta ma, guarita
d'ogni ambizione pel ricordo degli antichi travagli, andò a lungo in giro cercando una vita d'uomo
privato e sfaccendato, e la trovò a stento gettata lì in un canto e negletta dagli altri, ma disse al
vederla che lo stesso avrebbe fatto anche se fosse sortita per prima, e se la prese tutta contenta"
(Platone, La Repubblica, Libro II).
4. Cosmo e Caos: conclusioni.
COSMO
Mondo epico
Schemi omerici
MEDIAZIONE
Bruno: coincidentia
oppositorum, ovvero gli
universali non separati dalle
cose, ma piantati nella realtà.
Tre soggettività forti
Tradizione letteraria: Omero e
Shakespeare
CAOS
Mondo romanzesco
Realismo minuzioso
Caleidoscopio di individualità
Shakespeare: reale-mondo
esteriore/possibile-mondo
interiore.
Innovazione e frammentazione
della tecnica narrativa
Il passaggio tra Scilla e
Cariddi.
Ordo medievale (Eco)
CHAOSMOS
Teoria della relatività
L’esigenza di ordine che sottostà alla molteplicità degli elementi singoli e caotici che compongono
l’Ulisse è riconosciuta da tutta la critica joyciana. Umberto Eco ha avuto il merito di essere stato tra
i primi ad analizzare come si articola questa ricerca del cosmo nel caos, il tentativo di mediare le
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due spinte opposte in un mondo narrativo che Joyce battezza chaosmos, richiamandosi alla
coincidentia oppositorum teorizzata da Giordano Bruno.
In un romanzo corale, che fa vivere in una miriade di personaggi tutte le sfumature della condizione
umana, le direttrici del senso sono in effetti catalizzate dai tre protagonisti: tre soggettività in senso
forte, che incarnano nella propria personalissima realtà fenomenica, fatta di umani dubbi, pulsioni,
paure, sentimenti, appetiti ed escrementi inclusi, una ‘essenza’ universale sulla quale si sono
stratificati secoli e secoli di tradizione culturale prodotta dall’uomo, a partire dall’Odissea omerica.
Joyce scommette il tutto per tutto su un tentativo di conciliazione degli opposti e di ricostruzione
del senso della contemporaneità, che renda conto anche della messa in questione che egli stesso ha
contribuito ad operare. Joyce, “arrogante visionario” e “arrogante creatore” ( French, pag. 267) ha
prodotto un libro-mondo che configura la re-interpretazione di tutta la cultura umana, l’unità cercata
nel superamento di ogni dualismo, la totalità che, nel vivo stesso del caos, affiora dalle reciproche
relazioni che l’esperienza umana traccia. Si può discutere se questo tentativo sia riuscito o fallito;
anche in questo caso, tuttavia, si deve riconoscere all’Ulisse che la posta in gioco è alta e il
giocatore coraggioso: dopo Dio, e dopo Shakespeare, Joyce vuole essere il più grande creatore.
BIBLIOGRAFIA
Opere di Joyce
Ulisse, Milano, Mondadori, Oscar Classici Moderni, 1988.
Ulysses, Harmonndsworth, Penguin, 1984.
Dedalus. Ritratto dell’artista da giovane, Milano, Adelphi, 1995.
A Portrait of the Artist as a Young Man, in The Portable James Joyce, Harmondsworth,
Penguin, 1977.
Finnegans Wake H.C.E., Milano, Mondadori, 1982.
Finnegans Wake, London/Boston, Faber and Faber, 1975.
Lettere, Milano, Mondadori, 1974, a cura di Giorgio Melchiori.
Opere essenziali di riferimento
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Melchiori G., Joyce: il mestiere dello scrittore, Torino, Einaudi, 1994.
Di Giacomo G., Estetica e letteratura. Il grande romanzo tra Ottocento e Novecento,
Bari, Laterza, 1999.
French M., The Book as World: James Joyce’s Ulysses, New York, Paragon House,
1993.
Hayman D., Ulysses: the Mechanics of Meaning, Madison, The University of
Wisconsin Press, 1982.
Kenner H., Ulysses, Baltimore/London, The Johns Hopkins University Press, 1987.
Kumar U., The Joycean Labyrinth: Repetition, Time and Tradition in Ulysses, Oxford,
Clarendon Press, 1991.
Weir D., James Joyce and the Art of Mediation, The University of Michigan Press,
1996.
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