diaconi 60 - Vicariatus Urbis

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diaconi 60 - Vicariatus Urbis
Diaconi
Foglio Notizie del Diaconato della Diocesi di Roma
www. vicariatusurbis.org/diaconatus
dicembr e 2012
n.60
In questo numer o, fra l’altr o:
Intervista a
“padr e Luca”
“Eccomi” ordinati due
diaconi permanenti
L’aiuto ai Poveri del Mondo
formazione
formazione
informazione
informazione
corresponsabilità
corresponsabilità
editoriale
Diaconi
Mons. Nicola Filippi
N
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el suo ultimo libro "Cristianesimo. La religione del cielo vuoto", Umberto
Galimberti sostiene che con l'incarnazione il Cristianesimo, togliendo Dio dal
cielo e rendendolo vicino all'uomo, ha posto le premesse per l'ateismo. Celebrare
il mistero della venuta del Verbo eterno del Padre nella nostra carne mortale significherebbe per i cristiani festeggiare, quindi, la morte della fede in Dio, come essere Assoluto e trascendente. Questa tesi dimostra come ancora oggi il Natale del
Signore sia un autentico scandalo per molti "pensatori" e filosofi che affidandosi
alla sola ragione non riescono a comprendere la radicale novità che questo evento
ha comportato.
È vero: Dio è il totalmente Altro e l'uomo da solo con la sola forza della sua intelligenza mai avrebbe potuto conoscere il suo volto e il suo nome. Il cielo era chiuso e nessuna forza umana avrebbe mai potuto aprirlo, se Dio stesso non lo avesse
squarciato e nel silenzio della notte di Betlemme fosse nato come uno dei tanti
bambini ebrei che nacquero in quella terra benedetta da Dio.
Mandando suo Figlio tra noi uomini Dio non ha abbandonato il cielo, svuotandolo, ma anzi ha portato il cielo sulla terra, perché l'uomo potesse finalmente comprendere la sua identità e il suo destino ultimo. Dio assunse la nostra natura e allo
stesso tempo ci donò di partecipare alla sua vita immortale: è questo il mirabile
scambio che i Padri hanno cantato e che ogni anno torna ad affascinarci e a interrogarci.
Restiamo stupiti perché incarnandosi Dio non ha reso il cielo vuoto, ma al contrario lo ha riempito di quanti avendolo accolto sono stati da lui generati (cfr Gv
1,14), diventando così fratelli di colui che Figlio Unigenito è però allo stesso
tempo il Primogenito di una moltitudine (cfr Col 1,18). In questo Anno della Fede
il Natale del Signore ci conduce a rinnovare ancora una volta la nostra professione di fede in lui, Verbo incarnato, vero Dio e vero uomo, nell'unità di una sola persona ma nella duplicità delle nature. Sentiamoci debitori verso gli uomini di questo annuncio che se accolto apre alla vita umana un nuovo orizzonte e le dona
un'altra direzione, rispetto a quella che il "mondo" percorre.
Ma allo stesso tempo il mistero del Natale ci interroga sul ministero che esercitiamo. Quali ministri ordinati e come famiglie in cui lo sposo è diacono di Cristo
siamo tutti chiamati a rinnovare quel mirabile scambio avvenuto a Betlemme.
Dobbiamo farci carico della povertà, della solitudine e dell'emarginazione, di quello che chiamiamo l'umano, per donare in cambio il calore dell'amore, esperienza
del divino. Solo così il Natale non sarà una parola vuota, ma ancora una volta
mistero, realtà infinita che però si rende esperienza concreta nella storia.
A tutti l'augurio di una rinnovata esperienza di gioia derivante dalla certezza di
essere diventati anche noi, quali familiari di Dio, abitanti del cielo e di regalare con
la testimonianza della nostra carità la medesima certezza a quanti credono di essere solo abitanti di questo mondo.
Diaconi
formazione
RICORDANDO MADRE TERESA DI CALCUTTA
"I
o sono una povera donna che prega....senza Dio siamo troppo poveri per aiutare i
poveri..."
Con queste ed altre semplici parole spiegava la concretezza di ciò che era spinta a fare dall'ascolto del grido di sete di Gesù Crocifisso.
Era il 1978 quando venne per la prima volta nella nostra Parrocchia di Santa Maria del Buon
Consiglio al Quadraro di Roma.
Subito ci ha conquistato con la sua gracile, forte e umile presenza, con le sue parole che
come in un sacramento spiegano i gesti e sono segno efficace della
grazia di Dio.
"È Lui che pensa, è Lui che scrive. Io sono una piccola matita nelle
sue mani, pronta per essere usata..."
Quell'incontro è stato formidabile per la nostra comunità parrocchiale. Ci ha invitato a porre al centro di ogni nostro servizio
l'Eucarestia , sacrificio d'amore e di carità, presenza viva di Gesù
Risorto.
"È solo la sua carità che possiamo e dobbiamo esprimere nel servizio ai fratelli" diceva.
Da allora è nata anche per noi l'adorazione Eucaristica del sabato e
rappresenta tuttora un tempo privilegiato di preghiera.
L'Eucarestia sacrificio d'amore e di carità suscitava in Madre Teresa
l'esigenza della partecipazione alla vita stessa di Gesù, per questo
ci diceva che non poteva iniziare mai la giornata senza l'adorazione Eucaristica e la S.Messa, prima di andare incontro ai poveri tra
i più poveri con il sorriso.
In breve tempo sono nati nella nostra Parrocchia il Centro di
Ascolto e la mensa itinerante in alcune stazioni di Roma con l'intento di essere strumento della carità ed espressione della passione
che Gesù ha per ciascuno di noi iniziando dai più poveri.
Il passaggio di Madre Teresa, la sua forte testimonianza, hanno reso
possibili questi frutti che tuttora sussistono, frutti che possiamo rinBeata Madre Teresa di Calcutta
novare ed aumentare se continueremo a stringerci con umiltà ai
piedi dell'Eucarestia, culmine e fonte dalla quale possiamo ricevere
vitalità ed unità come anche Madre Teresa ci ha insegnato concretamente.
Per questo le saremo sempre grati e ringraziamo il Signore.
Maria Pia Alivernini
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Diaconi
formazione
INTERVISTA A S.E. MONS. LUCA BRANDOLINI
Caro padre Luca, cosa ti ha spinto a scrivere "Il ripristino del diaconato
permanente".
Il motivo contingente è stato il pellegrinaggio a Roma, alla Basilica
Lateranense, di un folto gruppo di diaconi della Diocesi di Milano, venuti
qualche mese fa con le loro mogli: avevano chiesto di incontrarmi per conoscere con quali prospettive e modalità era stato ripristinato a Roma il diaconato permanente e, dopo avermi ascoltato, hanno chiesto di poter avere il testo
della mia relazione, che ora ho appena finito di trascrivere. Ma il motivo più
importante è che mi sono trovato ad essere un testimone privilegiato di questo
evento così carico di promesse per la Chiesa di Roma e m'è parso doveroso
raccontarne la dinamica per tramandarne la memoria.
Quali sono stati i punti più caratteristici del ripristino del diaconato a
Roma?
Si è partiti da una riflessione sulla "coscienza ministeriale" della comunità
ecclesiale, che è la necessaria premessa perché attecchisca
il ministero diaconale. Si è poi puntato su una formazione
che mettesse bene in luce la specificità del servizio e che
coinvolgesse anche le mogli, le quali, in virtù del sacramento del matrimonio, sono le prime a partecipare dei frutti della grazia del sacramento che i loro mariti ricevono.
Che cosa oggi ti senti di raccomandare ai diaconi?
Di non perdere di vista il loro legame con il Vescovo, che
nasce dall'ordinazione ed è di natura ontologico-sacramentale: questo da un lato comporta l'obbedienza alla persona
del Vescovo e al suo progetto pastorale, dall'altro abilita a
un servizio in ambiti pastorali significativi per la Diocesi.
Nell'attuale stagione ecclesiale, in cui il papa Benedetto
XVI ha rilanciato la "nuova evangelizzazione", i diaconi
S.E. Mons. Luca Brandolini
sono certamente chiamati a dare un contributo originale in
una società che ha bisogno di fermentazione evangelica e caritativa.
Sul sito del Diaconato potete trovate il testo completo di mons. Luca
Brandolini "Il ripristino del Diaconato Permanente - Un dono fatto alla Chiesa
dal Vaticano II".
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comunità
Diaconi
I
l giorno 25, ottobre presso la parrocchia di san Giuseppe all'Aurelio, si è tenuto il
primo incontro dei diaconi del
settore Ovest.
Erano presenti, fatto salvo i diaNCONTRO DEI
IACONI
coni ammalati, quasi la totalità
dei diaconi con le rispettive
DEL SETT ORE
VEST
mogli. L'incontro è iniziato con
la celebrazione del vespri presieduta da don Nicola che nell'omelia ci ha esortati al servizio anche in situazioni difficili,
situazioni che noi non capiamo ma che il Signore ci dona per crescere nella fede.
Terminati i Vespri, abbiamo condiviso alcune comunicazioni e una E-mail mandataci
da Valerio Cimagalli, che nonostante il suo stato di salute, ha voluto essere in qualche
modo presente all'incontro. Al termine dell’incontro abbiamo cenato tutti insieme passando così una serata in armonia.
Ci siamo presi l'impegno di dare indicazioni su temi da seguire nei prossimi tre incontri così da permettere di fare un piano formativo pastorale per il 2013.
diac. Generoso Sellitto
I
L
'ordinazione diaconale di Domenico
(Memmo) Meschini fu la quarta della
nostra Diocesi. Una volta gli fu chiesto
com'erano andate le cose e lui raccontò che,
quando nel 1976 era andato in pensione da
funzionario dell'Acea, aveva offerto la propria collaborazione al Cardinal Ugo Poletti.
Proprio nel'76 ci fu il terremoto del Friuli e la
Diocesi di Roma si gemellò con quella di
Osoppo: gli fu dato allora l'incarico di coordinare gli aiuti, sotto la supervisione di don
Luigi Di Liegro, direttore della Caritas.
Successivamente Memmo rimase a lavorare
D
O
come volontario alla Caritas assumendo il
ruolo di vicedirettore. Collaborava anche con
la parrocchia di Santa Maria delle Grazie al
IL DIACONO MEMMO
Trionfale, dov'era parroco don Paolo Gillet,
che lo propose per il diaconato. Così, dopo
aver frequentato per due anni il corso di
Teologia per Laici presso Santa Maria in
Traspontina, fu ordinato diacono il 19 novembre 1983.
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comunità
Diaconi
I
l momento di condivisione durante i ritiri, presieduto da
Mons. Brandolini e da Mons. Peracchi, è sempre stato un
tempo prezioso per condividere ed approfondire le esperienze personali, verificare quelle comuni e progettare situa-
zioni nuove. E poiché p. Luca, quella mattina, aveva sollecitato "con
G IUGNO 1992 - V IA A LBERGOTTI
forza" le famiglie alla partecipazione
dei
figli
alla
celebrazione
I NCONTRO CONCLUSIV O DELL’A NNO
dell'Eucarestia, proprio la loro prePER I D IACONI , CANDIDATI E ASPI senza alle nostre giornate fu l'argomento della condivisione.
RANTI CON LE RISPETTIVE FAMIGLIE
Il punto era che i ragazzi, senza animazione di alcun genere, combinavano un guaio dietro l'altro (lampade rotte, otturazione dei water ecc.) ma, soprattutto, non
capivano niente di ciò che i genitori stavano facendo e sentivano quell'esperienza totalmente
estranea alla loro vita. Fu così che don Franco chiese a noi, ai Blasi ed ai Brusadin di cominciare a pensare ad un percorso di animazione specifico, che li coinvolgesse. È stato un lungo
viaggio, affascinante, che ha raccolto e riunito bambini e ragazzi di
ogni età nel tentativo di farli avvicinare all'esperienza del loro
papà, nella semplicità, serenità e soprattutto nella condivisione, con altri ragazzi, di una situazione familiare fuori
dal comune. Abbiamo cominciato non sapendo bene
dove andare poi, progressivamente, si è chiarito in
noi l'obiettivo di far conoscere meglio ai figli la
vocazione dei papà, affrontando con linguaggi e
metodi diversi e più adatti alle diverse fasce di età,
le stesse tematiche che venivano proposte ai genitori.
Dialogando con loro sulle problematiche e sulle
perplessità abbiamo non solo aiutato loro, ma
anche noi siamo stati aiutati da loro ad essere più
semplici e spontanei nel ministero, meno impostati
nell'incontro con gli altri che fossero fedeli. preti o
anche vescovi. Abbiamo cercato di rinnovarci anno dopo
anno attraverso giochi, laboratori, rappresentazioni grafiche,
adorazioni eucaristiche con i più grandi e drammatizzazioni conclusive di Sacrofano con i più piccoli (le nozze con lo sposo, il piccolo principe, Giona e la
balena e molte altre). Inoltre sono stati organizzati, negli anni, incontri di tre giorni autogestiti cercando di favorire l'amicizia fra i ragazzi più grandi e chi potesse aiutarci nell'animazione
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Diaconi
comunità
(Scandriglia, Colle dell'Acero e Soriano). Insieme a don
Franco prima e con don Nicola dopo ci siamo fermati a
riflettere, a pregare, ma anche a verificare e progettare l'animazione dell'anno successivo. Tre sono i valori fondamentali che sempre hanno guidato il nostro servizio ed in
cui crediamo fermamente: l'obbedienza ai superiori, la fedeltà all'impegno preso, e la certezza
che le scelte dei papà, le loro esperienze con Gesù e nella Chiesa, non debbano essere vissute
indipendentemente dalla famiglia ma compartecipate, nei modi opportuni, da tutti.
Oggi l'equipe compie vent'anni e nel suo lungo percorso ha acquistato nuove famiglie che hanno aiutato
con le loro esperienze, i carismi personali, la creatività, le capacita di accoglienza e di disponibilità al servizio della comunità; ma anche con le capacità culinarie delle mogli che hanno rinfrancato ed addolcito
le faticose preparazioni con cene gustose che non ci
siamo mai fatti mancare. Mi piace qui menzionare le
famiglie che hanno fatto con noi un pezzo di strada:
Mattiocco, Luparia, D'Alù, Panzironi, Chiarelli,
Sabelli, Speranza, Valletti, Foddai ed Ciamprone
oltre a Paluzzi, Palmieri, e Buzzetti che attualmente fanno parte dell'equipe.
Insieme abbiamo formato una clima familiare speciale e voglio qui anche ricordare e ringraziare tutti i gruppi parrocchiali che ci hanno aiutato nell'animazione: gli scout di Sant'Ippolito,
i gruppi giovani di San Filippo Apostolo e di Santa Maria della Misericordia e tutti quei figli
ormai grandi a partire dallo splendido Emanuele, che ci ha preceduto alla casa del Padre
lasciandoci un ricordo fantastico di un giovane uomo pieno di doni del Signore, che ce li ha
regalati per troppo poco tempo. Gli altri, che non cito, per non dimenticare nessuno, rappresentano per noi l'orgoglio e la gioia di essere, oggi, indipendenti nell'animazione dei più piccoli. Molti fra i figli dei diaconi hanno compreso la bellezza di far parte di questa comunità e
lo manifestano concretamente con la consapevolezza della propria identità partecipando,
anche con idee spesso brillanti, alla programmazione annuale.
A Don Franco dobbiamo eterna riconoscenza per la fiducia senza limiti e totalmente gratuita
che ha avuto in noi, pionieri di questo progetto un po' folle e per alcuni, forse, banale se non
inutile. La sua capacità di ascolto, la sua dolcezza, la sua pazienza, i suoi consigli, il suo costante incoraggiamento, la sua capacità di volerci bene uno per uno; tutto questo è inciso nei cuori
di tutti noi che continuiamo a svolgere questo servizio.
Infine un augurio particolare di benvenuto ad Andrea ed Eleonora Sebastiani, che almeno per
quest'anno vivranno l'esperienza dell' "Equipe Figli".
Michaela Pietroniro Lenzerini
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comunità
Diaconi
E
così è giunta anche la nostra ordinazione a diaconi permanenti. Emozionati e raggianti,
nella cornice meravigliosa della basilica di S. Croce in Gerusalemme, abbiamo sentito il
calore della comunità diaconale, dei presbiteri e del vescovo, Mons. Schiavon. Questa è la giustizia di Dio: chiamare il debole, il
superbo, il lontano, colui che meno
è degno ed eleggerlo a testimone
sacramentale di colui che è servo di
tutti. Per farci giungere a questo
O RDINATI NELLA BASILICA DI
giorno il Signore ha dovuto buttare
giù un bel po' di idolatrie, prime fra
SANTA C ROCE IN G ERUSALEMME
tutte la nostra idea di diaconato.
DUE D IACONI PERMANENTI
Ognuna ha portato sofferenza,
ribellione, mormorazioni, ma ha
fatto emergere una docilità inaspettata anche a noi stessi. La pazienza di don Nicola e dei formatori è stata enorme, soprattutto
nei primi anni, poi è aumentata anche la nostra capacità di affidarci ad un progetto che ci superava.
Cosa ci aspetta ora? Probabilmente il contrario di quanto
immaginiamo. Del resto il Signore fa sempre così. I nostri
progetti sono sempre molto terreni e farciti di tante speranze
e rassicurazioni con una
unica e costante assenza: la croce. Eppure
quella è la 'scala di
Giacobbe, il letto di
amore dove ci ha sposato il Signore'. Là il
Signore ci aspetta, là ci
guardano quelli che Roberto Lanza e Giuseppe Attanasio
dubitano che essa sia la
manifestazione della gloria di Dio. A noi spetta testimoniare che quell'amore è la verità, che là si sperimenta la
risurrezione, che quello è l'unico modo che Dio conosce
per amare l'uomo: dando la vita per lui. La nostra missione di diaconi si realizzerà se riusciremo non tanto a
vedere Cristo nell'altro, ma ad essere Cristo per l'altro. Se
qualcuno potrà ringraziare Dio per averci conosciuto o
anche semplicemente per aver parlato un po' con noi, se qualcuno potrà dire che grazie a noi
ha conosciuto l'amore di Dio, la nostra vocazione non sarà stata vana.
diacc. Giuseppe Attanasio e Roberto Lanza
“E CCOMI ”
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cultura
Diaconi
V
i devo confessare che mi sorpresi non poco quando scoprii che quella che tutti a Roma
chiamiamo Basilica di San Giovanni è in realtà intitolata al Santissimo Salvatore e ai
Santi Giovanni Battista e Giovanni
Evangelista. E, pur essendo chiesa-madre di
A ASILICA
tutte le chiese, a lungo mi rimase la convinzione che il titolo avesse un che di pletorico…
ATERANENSE
fino a quando entrai per caso in una chiesa di
Nemi che custodisce un trittico dipinto a fine
'400 da Antoniazzo Romano: "Il Salvatore fra i Santi Giovanni Battista e Giovanni
Evangelista".
L'opera è composta da tre tavole lignee e, nella sua articolazione figurativa, presenta i tempi della storia della salvezza:
quello dell'attesa, rappresentato dalla figura di Giovanni il
Battista, quello del compimento, nell'immagine di Cristo
Salvatore, e quello dell'annunzio e della testimonianza,
esemplarmente caratterizzato dall'Evangelista Giovanni.
Il Battista è rappresentato secondo i tratti descrittivi dei
Vangeli nell'atto di indicare il Cristo. Egli, ultima figura profetica dell'Antico Testamento, riassume in sé le attese del
popolo di Israele e prepara la novità di salvezza che sta per
compiersi.
La tavola centrale presenta la figura del Salvatore che, con la
serenità del volto, il gesto della mano destra e il libro tenuto
aperto dalla sinistra, rivela la propria identità.
Giovanni Evangelista è il tipo del discepolo che ha visto e creduto e trasmette nel Vangelo la
sua testimonianza.
In questo modo la narrazione figurativa del trittico vuole inserire nel tempo della salvezza
colui che guarda il dipinto. Allo stesso modo noi, entrando nella nostra cattedrale, entriamo
nell'oggi della salvezza.
diac. Giuseppe Colona
L B
L
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missione
Diaconi
L’Aiuto ai poveri del Mondo
N
ell'enciclica Caritas in veritate Benedetto XVI afferma che fra le più importanti cause del sottosviluppo c'è la mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli: "Questa fraternità, gli uomini
potranno mai ottenerla da soli? La società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli. La ragione, da sola, è in grado di cogliere l'uguaglianza tra gli uomini e di stabilire una convivenza
civica tra loro, ma non riesce a fondare la fraternità. Questa ha origine da una vocazione trascendente
di Dio Padre, che ci ha amati per primo, insegnandoci per mezzo del Figlio che cosa sia la carità fraterna" (CV 19).
E più avanti nota che continua lo scandalo di disuguaglianze clamorose per la corruzione, l'illegalità, il
mancato rispetto dei diritti umani e osserva che "Gli aiuti internazionali sono stati spesso distolti dalle
loro finalità, per irresponsabilità che si annidano sia nella catena dei soggetti donatori sia in quella dei
fruitori" (CV 22).
Ho sempre avuto il desiderio d'andar
via, certo non perché non mi trovo bene
dove vivo, a Milano, con la mia famiH O CHIEST O A D ANIELA , UNA DELLE
glia, ma forse proprio perché mi trovo
RAGAZZE VENUTE QUI IN P ERÙ PER UN
bene; come un desiderio
di uscire dal mio guscio,
ANNO DI SER VIZIO CIVILE , DI DIRMI LE
di diventar grande.
Studiavo scienza dell'eMOTIVAZIONI DI QUESTA SUA DECISIONE
ducazione alla Cattolica
di Milano e, non ancora
laureata, avevo già trovato lavoro, perché servivano soldi in famiglia, quando un amico mi parla del servizio
civile; mi mette in contatto con don Michele, che era stato diversi anni in missione a
Lima, e lui mi dice di prendere in attenta considerazione il desiderio che avevo dentro,
altrimenti non ne avrei mai capito il perché. A ottobre dello scorso anno ho risposto al
bando di concorso, a dicembre mi sono laureata e da febbraio sto qui.
Ho trovato una situazione molto diversa da quella che mi aspettavo: sulla carta il
mio ruolo era ben definito, ma un conto è quanto è scritto sulla carta, un conto quello
che trovi: bisogna essere aperti. Qui non solo c'è povertà materiale, ma di valori; incapacità di uscire dalla propria situazione, a volte un atteggiamento passivo: questo in
principio mi faceva innervosire. Se visiti le case, le famiglie ti rendi conto che ci sono
da educare non solo i bambini, ma anche i genitori. Dovunque ti volti vedi sporcizia,
disordine, cani randagi e io oltretutto sono schizzinosa, ma ho una ragione per andare
avanti: ne vale la pena! Un bimbo veniva saltuariamente all'asilo e abbiamo chiesto alla
madre come mai; lei ha detto che non ha nessuno con cui parlare e a volte beveva e non
ce la faceva a portare il bambino, così ci ha detto: "Quando non porto il bambino, venitemi a cercare". La settimana dopo il bambino non veniva e sono andata con Vanessa
e ho visto in che stato era la sua baracca e ci siamo messe a pulire, per dare a lei un
esempio. Val la pena di lavorare con i genitori perché vedi che qualcosa si muove. È questa poi, alla
fine, la differenza fra assistenzialismo e promozione umana.
A marzo c'è stato un incendio e sono andate a fuoco quattro / cinque baracche in fondo alla stra-
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Diaconi
missione
da: siamo subito andate a visitare le famiglie e abbiamo fatto una raccolta di vestiti, però non a caso,
ma sulla base delle loro esigenze. E poi non basta dare, ma è necessario affiancare. Il punto chiave per
il servizio civile è che bisogna essere attivi, creativi; mi
piace lavorare qui perché sono libera di proporre. Ora per
esempio abbiamo in mente che non si può attingere sempre dai fondi che arrivano dall'estero: dovremmo anche
smuovere un po' la Lima bene.
Devo confessare che non sarei mai partita se non
avessi conosciuto Comunione e Liberazione. Anche i miei
genitori sono di CL e siamo vissuti per sei anni a Kampala,
in Uganda, quando i miei lavoravano per una ONG. Ad
alcuni dei miei amici del servizio civile manca questo
retroterra e si nota che vedono le cose più superficialmente: gli piace l'avventura, poter dire d'esser stati qua e là e
d'aver visto questo e quello, ma poi non entrano in contatto vero con le persone. Io nella mia vita ho trovato la cosa
più bella: l'incontro con Gesù.
Sono a Nairobi da due mesi e mezzo e i
paragoni tra questa esperienza e la mia
prima, indimenticabile, a Lima sono inevitabili.
Ad aprile ho partecipato al concorso indetto dalla Cassa di Risparmio di Torino per tutti
i neo-laureati con il massimo dei voti. In palio c'erano una trentina di tirocini, in tutto il
mondo e per tutte le professionalità (compresa, pensa un po', quella dell'antropologo),
prestigiosi e ben pagati. Ebbene, dopo un numero infinito di selezioni e colloqui individuali e di gruppo,
sono stata scelta per
una collaborazione di
M ICHELA , UNA GIOVANE LAUREATA IN
sei mesi con una ONG
medica italiana, con il
ANTROPOLOGIA , CHE ERA VENUTA DUE
compito di svolgere
una ricerca etnografica
V OLTE NELLA NOSTRA MISSIONE , MI SCRI nella cittadina di
VE ORA DAL K ENIA
Sololo, tra il deserto
del Dilda Galgao, nel
Kenya settentrionale, e
gli altipiani etiopi, propedeutica ad un futuro progetto nell'ambito della salute maternoinfantile.
Non avevo mai pensato seriamente all'Africa come possibile meta e quando ho ricevuto la fatidica telefonata l'ho presa come un segno. Ho pensato che il Signore avesse qualcosa in mente,
perché so per esperienza che con me, questo è il suo modus operandi: le svolte più importanti della mia
vita non le ho affatto cercate, mi sono venute incontro e io non ho fatto che "inciamparci".
segue a pag. 12
¾¾
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missione
Diaconi
segue da pag. 11
In questi due mesi sono stata a Nairobi: era necessario, infatti, preparare a dovere la ricerca, studiando
il contesto, la storia della regione e del distretto, la cultura Borana, il sistema di salute kenyota e così
via. Non ti posso nascondere che è dura. Ogni città ha un suo spiritus loci, per dirla alla latina. Se Lima
è baroccamente triste, e mostra con un certo gusto drammatico e decadente il suo lutto lungo secoli,
Nairobi è giovane e violenta. Tutto è violento, dalla vegetazione lussureggiante che si divora l'asfalto,
ai colori troppo accesi dei fiori soffocati dai miasmi asfissianti che la città produce senza posa, alle
forme ferocemente creative che qui assume la miseria, l'handicap, la malformazione, la malattia, esibite senza reticenza alcuna ai bordi delle strade. Per chi
come noi è abituato al vedo-non-vedo, o meglio, al nonvoglio-vedere, tutta questa sofferenza esposta è uno schiaffo continuo che ti sfida a non voltare lo sguardo altrove.
La Storia, poi, ha lasciato cicatrici profonde e si sente ad
ogni passo l'abisso che continua a separare "loro" da "noi",
marchiati da quell'unica parola: musungu, bianco, che
suona un po' sprezzante, un po' servile; un po' colonizzatore, un po' padrone. Per me che sono venuta qui alla ricerca
di un contatto autentico, non superficiale, sentire questo
misto di deferenza, invidia e ostilità che fa da sottofondo
costante a tutti i rapporti, è quasi intollerabile. E così ripenso a Lima, con feroce nostalgia e con amore.
Mi mancano le interviste alle madri soltere, mi mancate
voi: incontrarvi mi ha cambiato la vita. Mi ha insegnato con
l'esempio la gratuità, il dono di sé, l'amore appassionato per
il prossimo e soprattutto per l'ultimo. In questo mondo di
cooperanti di mestiere, di professionisti dell'aiuto, che,
senza radici, volano da una parte all'altra del mondo rincorrendo le emergenze - spesso lautamente pagati per farlo! -,
in questo universo a parte di consulenti e tecnici, esperti di
disastri, con soluzioni sempre a portata di mano, io non trovo la vostra umanità, la vostra autentica propensione verso l'altro, la vostra comunione con l'uomo. Insomma, quella luce che quando la vedi la
riconosceresti tra mille, che ti cambia lo sguardo e l'orizzonte, che ti viene una gran voglia di seguire
… tutto questo mi manca e, ti dirò, mi sento un po' disorientata.
Ieri sarei dovuta partire per Sololo, ma le condizioni di sicurezza della zona non l'hanno permesso: ci
sono stragi e rappresaglie e io sarei l'unica bianca in tutto il distretto. Un po' di paura c'è, ma mi affido
al Signore e lascio che sia Lui a stabilire cosa sia meglio per me; so che se faccio così non posso sbagliare. Sono in attesa di direttive da parte della mia ONG: da una parte non vedo l'ora di iniziare la ricerca, dall'altra, come ti dicevo, non posso nascondere a me stessa una certa apprensione.
E ora raccontami ancora di voi, della mia amatissima Chonta. Sono convinta, sicura, che vi rivedrò tutti
e vi rivedrò proprio a Chonta. Me lo sento. A presto. Michela.
diac. Giuseppe Colona
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società
Diaconi
I
l 2013 già si annuncia come il sesto
anno di crisi finanziaria ed economica:
un arco temporale di lunghezza sconosciuta.
Non prevista dagli economisti, sottovalutata inizialmente dai governi, la crisi e la
sua durata stanno producendo conseguenze devastanti per una larga parte della
nostra collettività: lavoratori dipendenti,
pensionati e disoccupati, soprattutto giovani, ma non solo.
Ciò è il risultato di una politica fiscale
non orientata dall'equità, dell'adeguamento periodico delle tariffe di beni e servizi,
del blocco dei contratti e delle pensioni,
del persistere del vergognoso fenomeno
dell'evasione fiscale, della crisi delle
imprese, della diffusione del lavoro nero,
e del precariato, dell'esportazione illecita
di capitali. Senza dimenticare gli egoismi,
i privilegi, lo sperpero di denaro pubblico
- in parte coperti dalla germinazione di
leggi "ad hoc" - che sono sotto gli occhi
di tutti.
È in atto una vera e propria emergenza
che colpisce persone e nuclei familiari,
anche di nazionalità italiana.
Nella drammaticità del momento, l'unico
baluardo credibile di denuncia della realtà è rimasta la Chiesa. Forte e chiara è la
voce di Benedetto XVI, del Cardinale
Vicario Agostino Vallini, della CEI; nel
contempo è stata rafforzata la presa di
coscienza e l'azione concreta di prossimità, verso chi è nella disperazione, delle
strutture ecclesiastiche preposte e delle
parrocchie sul territorio.
Questa azione "del fare" che spesso "surroga" quelle delle amministrazioni pubbliche locali, che hanno prosciugato le
risorse destinate al disagio sociale, anche
delle persone con handicap, sta aprendo
spazi importanti di presidio per il diaconato permanente, nel servizio parrocchiale alla carità.
Esiste, eccome, un'alternativa di valori
cristiani al rischio che l'emarginazione
provochi, nelle persone colpite, la morte
della speranza e l'abbandono della Chiesa
P ER
NON U CCIDERE
LA S PERANZA
(tanto nessuno mi può aiutare!). È questa
alternativa che deve emergere nel primo
incontro e nell'accompagnamento di chi è
in difficoltà. "Il dialogo non può essere
fondato sull'indifferentismo religioso,
perché abbiamo il dovere si svilupparlo
offrendo la testimonianza piena della speranza che è in noi". (Novo millennio
ineunte). Quale migliore opportunità di
servizio per una persona consacrata.
Capacità di ascolto, di accoglienza e vicinanza; impegno nel convincere l'emarginato sull'assurdità di chiudersi in se stesso, attivando occasioni di incontro, anche
liturgiche e di preghiera; coinvolgimento
di "chi ha" a favore di "chi non ha": sono
tutti momenti del cammino di una diaconia del bisogno, che sta acquisendo spessore.
"Misericordia io voglio e non sacrificio":
fare proprio questo insegnamento di
Cristo, sempre e comunque, per le persone che entrano nella sacrestia significa
anche dare senso e sostanza ad una frase
che spesso Don Pino Puglisi ricordava
alla sua gente "per la persona semplice,
vivere significa solo sperare".
diac. Paolo Tabrini
- 13 -
società
Diaconi
-I
matrimoni celebrati in Italia sono stati 230.613 nel 2009 e poco più di 217 mila nel 2010
(dati provvisori). Si tratta di 3,6 matrimoni ogni 1.000 abitanti.
- In soli due anni si registrano
quasi 30 mila matrimoni in meno:
nel 2008 erano stati 246.613, pari
IL MATRIMONIO IN ITALIA
a 4,1 ogni mille abitanti.
R APPORT O ISTAT:
- La tendenza alla riduzione delle
nozze è in atto dal 1972, ma nel
ANNO 2008 E DATI PROVVISORI 2010
biennio 2009-2010 il calo è stato
particolarmente accentuato. Infatti, la variazione media annua ha raggiunto il -6%, un valore
decisamente al di sopra del -1,2% registrato, in media, negli ultimi 20 anni.
- La diminuzione delle nozze nel biennio 2009-2010 ha interessato tutte le aree del Paese. Tra
le grandi regioni, quelle in cui il calo è stato più marcato sono Lazio (9,4%), Lombardia (-8%), Toscana (-6,7%), Piemonte e Campania (-6,4%
in entrambi i casi).
- A diminuire sono soprattutto le prime nozze tra sposi entrambi di cittadinanza italiana, 175.043 celebrazioni nel 2009, 10.706 in meno rispetto al
2008; questa differenza spiega da sola il 67% della diminuzione osservata
per il totale dei matrimoni tra i due anni (-16 mila).
- Un altro 30% della diminuzione 2008-2009 è dovuto ai matrimoni in cui
almeno uno dei due sposi è di cittadinanza straniera: nel 2009 sono state
celebrate 32 mila nozze (pari al 14% del totale dei matrimoni), quasi 5 mila
in meno rispetto al 2008 e i dati del 2010 suggeriscono una ulteriore contrazione.
- Nell'ambito dei matrimoni in cui almeno uno dei due sposi è straniero,
sono quelli misti (in cui un coniuge è italiano e l'altro straniero, oltre 21
mila celebrazioni nel 2009) a far registrare la riduzione più marcata (3.191
in meno rispetto al 2008).
- Nel 2009 l'incidenza dei matrimoni in regime di separazione dei beni è
pari al 64,2% e supera la quota di quelli in regime di comunione dei beni
in tutte le ripartizioni.
Questa sintesi per punti estratta dall'ultimo Rapporto ISTAT inquadra
il massiccio fenomeno nel quale si trova la società italiana. Matrimonio,
infatti, dovrebbe voler dire mutuo, casa e figli. Per i giovani e spesso precari italiani (che di tutele e di ammortizzatori ne vedono pochi) però, a
volte vuol dire fare squadra, voglia di condividere quel poco che si ha,
Le Nozze di Ma
compresa la nebbia in testa sul futuro esistenziale. E questo ormai vale per
un arco plurigenerazionale che va dai venti ai quaranta anni. Il precariato
come condizione semi-permanente, è questo lo scenario dell'annuncio ai giovani del Vangelo.
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Diaconi
società
Siamo attrezzati per questo? Le nostre parrocchie hanno le capacità per intercettare questa
condizione diffusa nel settore strategico delle generazioni che tentano di vivere la loro vita con
speranza di futuro?
Il numero di nozze, nel biennio 2008-2009 è sceso del 6%: ben 30mila coppie in meno che
hanno detto sì (nel 2008 erano 246mila, nel 2010 sono scese a 217mila). E questa diminuzione riguarda soprattutto le prime nozze. "La tendenza al rinvio delle nozze è in atto dalla metà
degli anni '70. Attualmente gli sposi al primo matrimonio hanno, in media, 33 anni e le spose
30, sei anni in più rispetto ai valori osservati nel 1975" scrive l'Istat. E così nel 2009, "la propensione a sposarsi prima dei 35 anni è diminuita in un solo anno di circa del 7% sia per
i celibi che per le nubili, valore più che triplicato rispetto a quello osservata tra il 2008 e il
2007".
Stiamo dentro una stagione dove spesso proprio questi giovani adulti "comuni" (confusi) vengono evitati dalle comunità parrocchiali, perché a questi non sanno cosa
dire. Essi rappresentano uno spaccato sociale strategico e di estrema attualità, insieme a quelli che chiedono il Battesimo per i figli. Spesso si preferisce piuttosto mandare avanti un sistema di élites intra-parrocchiali e non,
che si autoriconoscono e autoriproducono a patto di non invadere l'altrui
terreno, mentre la nostra gente sul territorio è di fatto relegata nell'ambito
di una organizzazione di "corsi" di preparazione ai Sacramenti dove non si
investe in termini di qualità e quantità degli operatori pastorali.
L'importante appare essere che le élites parrocchiali siano vive e vegete.
Non è raro trovare un atteggiamento chiuso - nei nostri ambienti - nei confronti dell'uomo e della donna comune, del credente senza particolari qualifiche, magari solo devoto: una convinzione nella quale clero e laicati
"impegnati" spesso convergono. La "scelta prioritaria per il povero" o quella "per i lontani" è accompagnata spesso da questa sopportazione mal celata nei confronti del credente di "classe media" (Pietro De Marco).
Parole un po' forti, forse, ma qualcosa di questo tipo si percepisce in giro,
e questo contribuisce non poco a erodere gli ambienti popolari della trasmissione del Vangelo. Del resto si fa fatica a vedere realizzata la comunità, nei comportamenti "ad intra", come famiglia di famiglie. Permane piuttosto uno scacchiere di obbedienze plurime che di fatto frammenta a vari
livelli la comunità parrocchiale. L'Anno della fede che si sta aprendo sarà
utile a farci crescere anche nella deframmentazione di questa mentalità, in
modo tale che sappiamo comunitariamente cosa proporre e come dirlo a
quelli che - erga omnes - vogliono ancora "mettere su" famiglia, pur non
aria e Giuseppe
appartenendo alle "eccellenze" parrocchiali.
diac. Girolamo Furio
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SS PAOLO VI - CREDO DEL POPOLO DI DIO
Noi crediamo che in Adamo tutti hanno peccato: il che significa che la
colpa originale da lui commessa ha fatto cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa porta le conseguenze di
quella colpa, e che non è più lo stato in cui si trovava all'inizio nei nostri
progenitori, costituiti nella santità e nella giustizia, e in cui l'uomo non
conosceva né il male né la morte. E' la natura umana così decaduta spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa a tutti gli
uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Noi dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene
trasmesso con la natura umana, "non per imitazione, ma per propagazione", e che esso pertanto è "proprio a ciascuno".
Noi crediamo che Nostro Signor Gesù Cristo mediante il Sacrificio della
Croce ci ha riscattati dal peccato originale e da tutti i peccati personali
commessi da ciascuno di noi, in maniera tale che - secondo la parola
dell'Apostolo - "là dove aveva abbondato il peccato, ha sovrabbondato
la grazia".
Noi crediamo in un solo Battesimo istituito da Nostro Signor Gesù
Cristo per la remissione dei peccati. Il Battesimo deve essere amministrato anche ai bambini che non hanno ancor potuto rendersi colpevoli
di alcun peccato personale, affinché essi nati privi della grazia soprannaturale, rinascono "dall'acqua e dallo Spirito Santo" alla vita divina in
Gesù Cristo.