Tavola 01 - Relazione tecnica VinCa.

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Tavola 01 - Relazione tecnica VinCa.
REGIONE SICILIANA
COMUNE DI CASTELLAMMARE DEL GOLFO
PROVINCIA DI TRAPANI
VALUTAZIONE D’ INCIDENZA AMBIENTALE
OGGETTO: Studio d’Incidenza Ambientale ai sensi dell’art.5 del D.P.R. n°120 del
12/03/2003 e s.m.i. del vigente PRG approvato con D.Dirt. 616/DRU del
09/06/2004.
TAV. 1
RELAZIONE TECNICA
VinCa
NAVARRA Dr. DOMENICO
AGRONOMO
(Ordine Provinciale dei Dottori Agronomi e dei Dottori
Forestali n.° 468)
1
INDICE:
PREMESSA.
Pag.3
1. QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO
Pag.5
2. QUADRO DI RIFERIMENTO METODOLOGICO
Pag.6
3. GESTIONE DEI SITI D’IMPORTANZA COMUNITARIA
Pag.8
4. INQUADRAMENTO PROGRAMMATICO
Pag.9
5. PIANIFICAZIONE TERRITORIALE NELLA REGIONE SICILIA
Pag.9
6. CARATTERISTICHE GENERALI DEL TERRITORIO DI RIFERIMENTO
Pag.18
7. DESCRIZIONE DEL QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALECARATTERISTICHE DEI SITI DI RETE NATURA 2000
Pag.42
8. INCIDENZA E DESCRIZIONE DEI SINGOLI HABITAT SULLE
Z.T.O.- CARATTERISTICHE DEI SITI NATURA 2000 SIC – ZPS
Pag.46
9. PIANO REGOLATORE GENERALE, VARIANTE ALLE NORME TECNICHE
DI ATTUAZIONE (Del. di Consiglio Comunale n°47 del 04.12.2008)
Pag.60
10. DESCRIZIONE E VALUTAZIONE DEI POSSIBILI IMPATTI DERIVANTI DAL
P.R.G. VIGENTE SUGLI OBIETTIVI DI CONSERVAZIONE DEI SITI
Pag.84
11. DESCRIZIONE E VALUTAZIONE DELLE MISURE DI MITIGAZIONE
Pag.86
12. ATTESTAZIONE DI NON SIGNIFICATIVITA’
Pag.88
13. NORMATIVA AMBIENTALE DI RIFERIMENTO
Pag.89
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2
ELENCO ELABORATI:
TAV.1
RELAZIONE TECNICA VinCa.
TAV.1.1
INFORMAZIONI STATISTICHE.
TAV.2
FORMULARI SITI NATURA 2000.
TAV.3
RAPPORTO FOTOGRAFICO SITI NATURA 2000.
TAV.4.1
SIC ITA 010008-010015-010017 - PERIMETRAZIONE NATURA 2000.
TAV.4.2
SIC ITA 010008-010015-010017 - PERIMETRAZIONE NATURA 2000.
TAV.4.3
SIC ITA 010008-010015-010017 - PERIMETRAZIONE NATURA 2000.
TAV.5.1
SIC ITA 010008-010015-010017 - PERIMETRAZIONE IN FASE DI
AGGIORNAMENTO.
TAV.5.2
SIC ITA 010008-010015-010017 - PERIMETRAZIONE IN FASE DI
AGGIORNAMENTO.
TAV.5.3
SIC ITA 010008-010015-010017 - PERIMETRAZIONE IN FASE DI
AGGIORNAMENTO.
TAV.6.1
SIC CON HABITAT - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO.
TAV.6.2
SIC CON HABITAT - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO.
TAV.6.3
SIC CON HABITAT - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO.
TAV.7.1
SIC CON HABITAT SOVRAPPOSTI AL P.R.G. - PERIMETRAZIONE IN FASE
DI AGGIORNAMENTO.
TAV.7.2
SIC CON HABITAT SOVRAPPOSTI AL P.R.G. - PERIMETRAZIONE IN FASE
DI AGGIORNAMENTO.
TAV.7.3
SIC CON HABITAT SOVRAPPOSTI AL P.R.G. - PERIMETRAZIONE IN FASE
DI AGGIORNAMENTO.
TAV.8.1
ZPS ITA 010029 - PERIMETRAZIONE SECONDO NATURA 2000.
TAV.8.2
ZPS ITA 010029 - PERIMETRAZIONE SECONDO NATURA 2000.
TAV.8.3
ZPS ITA 010029 - PERIMETRAZIONE SECONDO NATURA 2000.
TAV.9.1
ZPS ITA 010029 - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO.
TAV.9.2
ZPS ITA 010029 - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO.
TAV.9.3
ZPS ITA 010029 - PERIMETRAZIONE IN FASE DI AGGIORNAMENTO.
TAV.10.1 ZPS ITA 010029 CON HABITAT - PERIMETRAZIONE IN FASE DI
AGGIORNAMENTO.
TAV.10.2 ZPS ITA 010029 CON HABITAT - PERIMETRAZIONE IN FASE DI
AGGIORNAMENTO.
TAV.10.3 ZPS ITA 010029 CON HABITAT - PERIMETRAZIONE IN FASE DI
AGGIORNAMENTO.
TAV.11.1 ZPS CON HABITAT SOVRAPPOSTI AL P.R.G. - PERIMETRAZIONE IN FASE
DI AGGIORNAMENTO
TAV.11.2 ZPS CON HABITAT SOVRAPPOSTI AL P.R.G. - PERIMETRAZIONE IN FASE
DI AGGIORNAMENTO
TAV.11.3 ZPS CON HABITAT SOVRAPPOSTI AL P.R.G. - PERIMETRAZIONE IN FASE
DI AGGIORNAMENTO
Dr. Agronomo Domenico Navarra
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3
PREMESSA
Il presente documento costituisce la Relazione per lo Studio d’Incidenza Ambientale relativamente al particolare scenario territoriale ed ambientale caratterizzante l’ambito geografico di riferimento, il territorio del Comune di Castellammare
del Golfo, interessato dalla presenza dei Siti Natura 2000: il Sito “ZPS ITA
010029 Monte Cofano, Capo San Vito e Monte Sparagio”, il Sito “SIC ITA
010008 Complesso Monte Bosco e Scorace”, il Sito “SIC ITA 010015 Complesso dei Monti di Castellammare del Golfo” e dal Sito “SIC ITA 010017
Capo S.Vito, M.Monaco, Zingaro, Faraglioni di Scopello e M.Sparacio”, redatta conformemente ai contenuti di cui alle norme regolamentari e attuative sulle
zone SIC e ZPS interne ai confini comunali o immediatamente confinanti con lo
stesso. Nel caso in esame dello Studio d’Incidenza Ambientale del vigente
Piano Regolatore Generale del Comune di Castellammare del Golfo finalizzato
ad
ottemperare
alla
prescrizione
del
decreto
di
approvazione
616/DRU del 09/06/2004, si vuole approfondire una peculiare analisi territoriale, volta ad un esame dello stato attuale del territorio, attraverso la valutazione
delle varie componenti biotiche ed abiotiche, nonché la valutazione della particolare
situazione ambientale, connessa ad una ottimizzazione e definizione della presenza
antropica sul territorio.
Nella presente analisi, condotta dal sottoscritto Dott. Agronomo Navarra Domenico, iscritto all’Ordine Provinciale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della
Prov. di Trapani al n°468, si metteranno in evidenza e si analizzeranno gli effetti e
le probabili conseguenze che le attuazioni del P.R.G. vigente possono avere sui siti
Natura 2000 che incidono in modo importante sul territorio comunale, quale in
questo caso il Sito SIC ITA 010015 Complesso dei Monti di Castellammare
del Golfo per Ha 2.405,47, il Sito ZPS ITA 010029 Monte Cofano, Capo San
Vito e Monte Sparacio per Ha 6.079,04 , il Sito SIC ITA 010008 Complesso
Monte Bosco e Scorace per Ha 99,66 e dal Sito SIC ITA 010017 Capo S.
Vito, M. Monaco, Zingaro, Faraglioni di Scopello e M. Sparacio per Ha
677,81.
Al fine di garantire un adeguato livello di tutela per le aree ad elevato interesse
ambientale, la normativa italiana prevede specifiche disposizioni per la valutazione
degli effetti di un piano o progetto sulle aree suddette. Il DPR 357/1997 (modificato
dal DPR 120/2003), in attuazione della direttiva comunitaria 92/43/CEE “Habitat”
relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali nonché della flora e
della fauna selvatiche, prescrive infatti all’art. 5 che debbano essere soggetti ad
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una procedura di valutazione dell’incidenza potenziale sulle aree naturali di importanza comunitaria i Piani o i Progetti che possano avere, anche solo per vicinanza
alle aree suddette, incidenze significative sullo stato di conservazione delle specie e
degli habitat in esse presenti. Tali aree sono i proposti siti di importanza comunitaria (SIC), le zone speciali di conservazione (ZSC) e, sulla base dell’art. 6 dello stesso DPR, le zone di protezione speciale (ZPS) designate in applicazione della direttiva 79/409/CEE.
Il legislatore da indicazioni anche sui contenuti della valutazione di incidenza (DPR
357/1997, All. G).
Caratteristiche dei piani e progetti:
Le caratteristiche dei Piani e Progetti debbono essere descritte con particolare riferimento ai seguenti aspetti:
- tipologie delle azioni e delle opere;
- dimensioni e/o ambito di riferimento;
- complementarietà con altri piani e/o progetti;
- uso delle risorse naturali;
- produzione di rifiuti;
- inquinamento e disturbi ambientali;
- dati dimensionali degli interventi;
- indicazioni derivanti dagli strumenti di pianificazione;
- alterazioni sulle componenti ambientali derivanti dai progetti puntuali del P.R.G.
(escavazioni, deposito materiali, dragaggi.);
- utilizzo delle risorse;
- viabilità del piano;
- effetti combinati con altri derivati da diversi piani o progetti.
Area vasta di influenza dei piani e progetti - interferenze con il sistema
ambientale:
Le interferenze di Piani e Progetti debbono essere descritte con riferimento al sistema ambientale considerando:
- componenti abiotiche;
- componenti biotiche;
- connessioni ecologiche.
Lo studio di tipo ambientale in oggetto riguarda, pertanto, le attuazioni del P.R.G.
vigente sulla conservazione di alcuni Habitat naturali individuati dalla Normativa
Nazionale e Comunitaria, individuati col Decreto del Ministero dell’Ambiente del
03.04.2000. Si cercherà quindi di verificare in modo adeguato ed attento le eventuali perturbazioni che il suddetto P.R.G. vigente potrebbe causare con l’eventuale
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alterazione diretta o indiretta a carico degli ecosistemi naturali e degli Habitat presenti nei siti SIC e ZPS. Si fa presente che lo Studio in Oggetto tiene in considerazione la Delibera G.M. n°65 del 30.03.2010 che norma e prevede una fascia di
territorio esterno alla perimetrazione dei SIC e della ZPS per 200 m, da considerarsi
a tutti gli effetti fascia di rispetto per i Siti Natura 2000, come si può evincere pure
dalle Tavole cartografiche di dettaglio allegate alla presente relazione. Tale fascia
ha il compito e l’utilità di fare da zona cuscinetto tra il territorio comunale interessato dai Siti Natura 2000 oggetto dello Studio D’incidenza Ambientale e la restante
parte di Territorio non interessato dai Siti natura 2000 ma non per questo libero da
ogni sorta di controllo e laddove necessario di elementi di mitigazione.
1.
QUADRO DI RIFERIMENTO NORMATIVO
Nel presente paragrafo verrà riportata una breve descrizione delle normative comunitarie, nazionali e regionali di maggiore interesse per la redazione del presente
studio.
Normative comunitarie:
•
79/409/CEE del 2 aprile 1979 Concernente la conservazione degli uccelli
selvatici. Prevede una serie di azioni per la conservazione di numerose specie di
uccelli, indicate negli allegati della Direttiva stessa, e l'individuazione da parte degli
Stati membri dell'Unione di aree da destinarsi alla loro conservazione, le cosiddette
Zone di Protezione Speciale (ZPS).
•
92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla "Conservazione
degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche", comunemente denominata Direttiva "Habitat".
•
Tale direttiva istituisce la Rete Natura 2000, costituita ai sensi dell’art.3 dalle
zone ZSC e ZPS. Attualmente è composta da ZPS della 79/409 e SIC. Per la salvaguardia di tali zone si fa obbligo di redigere una Valutazione di incidenza (art.6) per
le ZSC, ZPS (art.7), SIC e p-SIC (art.5 357/97).
La Rete Natura 2000 è composta quindi da aree destinate alla conservazione della
biodiversità biologica presente nel territorio dell’UE ed in particolare alla tutela di
una serie di habitat e specie animali e vegetali indicati negli allegati I e II della
direttiva HABITAT, incluse negli allegati A, B, D, E del DPR 357/97, e allegato I
della direttiva UCCELLI.
L'obiettivo della Direttiva è però più vasto della sola creazione della rete, avendo
come scopo dichiarato di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante attività di conservazione non solo all'interno delle aree che costituiscono la rete Natura
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2000 ma anche con misure di tutela diretta delle specie la cui conservazione è
considerata un interesse comune di tutta l'Unione.
Normative nazionali:
•
DPR 357/1997: “Regolamento recante attuazione della direttiva n.92/43/CEE
relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora
e della fauna selvatiche. Il DPR 357/1997 (modificato dal DPR 120/2003), in attuazione della direttiva comunitaria 92/43/CEE “Habitat” relativa alla conservazione
degli habitat naturali e seminaturali nonché della flora e della fauna selvatiche,
prescrive infatti all’art. 5 che debbano essere soggetti ad una procedura di valutazione dell’incidenza potenziale sulle aree naturali di importanza comunitaria i piani o
i progetti che possano avere, anche solo per vicinanza alle aree suddette, incidenze
significative sullo stato di conservazione delle specie e degli habitat da salvaguardare, elencati negli allegati A,B,D,E del medesimo DPR. Le aree Natura 2000 sottoposta a tutela dalla procedura di Valutazione di Incidenza sono i proposti siti di importanza comunitaria (SIC), le zone speciali di conservazione (ZSC) e, sulla base
dell’art.6 dello stesso DPR, le zone di protezione speciale (ZPS) designate in applicazione della direttiva 79/409/CEE.
•
Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 “Norme in Materia Ambientale”.
•
Decreto Legislativo 16 gennaio 2008 n.4 “Ulteriori disposizioni correttive ed
integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, recante norme in materia
ambientale”.
Normative regionali:
•
Circolare Assessorato Territorio ed Ambiente della Regione Siciliana 23 gen-
naio 2004: DPR 357/97 e s.m.i. art. 5 – Valutazione di incidenza – commi 1 e 2.
•
Deliberazione della Giunta di Governo n. 200/2009 in attuazione dell’art. 59
della L.R. 6/2009.
2. QUADRO DI RIFERIMENTO METODOLOGICO.
La Valutazione viene elaborata secondo quanto prescritto nel D.P.R. 12/03/03 n.
120 e secondo la Guida metodologica alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 3 e 4
della direttiva “Habitat” 92/43/CEE per la Valutazione di piani e progetti aventi
un’incidenza significativa sui siti della rete Natura 2000. L’approccio metodologico e
l’articolazione indicati da quest’ultimo documento rappresenta un capitolato flessibile e adattabile, nelle fasi e nei contenuti, alla tipologia di piano/progetto e alle
situazioni locali di riferimento. Pertanto si è cercato di ottemperare in maniera
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puntuale ed esaustiva alle prescrizioni di cui ai decreti nazionale e regionale che
prescrivono un indice di contenuti della Valutazione, che naturalmente è stato adattato alle condizioni locali e alla tipologia del progetto e si è articolato il documento
sulla scorta della Guida comunitaria, ponendo particolare enfasi ai siti della Rete
Natura 2000. Il metodo utilizzato ha seguito il flusso logico delle azioni previsto
dalla Guida comunitaria, che è il seguente:
FASE DI SCREENING.
Rappresenta la prima fase o primo livello della valutazione d’incidenza. Mediante
tale processo si perviene a determinare le potenziali implicazioni del progetto sul
sito di Natura 2000 valutando anche il grado si significatività di tali incidenze, distinguendone la rilevanza o meno. Quanto riportato nei precedenti capitoli e nel
presente, rappresenta le varie fasi dello schema di screening. In coda alla presente
saranno riportati i risultati conseguenti individuati da una serie di parametri indicatori del grado di perturbazione o di degrado del progetto sul sito di Natura 2000.
Una descrizione dettagliata del piano o del progetto che faccia riferimento alla tipologia delle azioni e/o delle opere, alla dimensione, alla complementarietà con altri
piani
e/o
progetti,
all’uso
delle
risorse
naturali,
alla
produzione
di
rifiu-
ti,all’inquinamento e al disturbo ambientale, al rischio di incidenti per quanto riguarda le sostanze e le tecnologie utilizzate.
ALTERAZIONI
DIRETTE
SULLE
RISORSE
AMBIENTALI
INDOTTE
DALL’OPERA.
Un’analisi delle interferenze del piano o del progetto col sistema ambientale di
riferimento, che tenga in considerazione le componenti biotiche, abiotiche e le
connessioni ecologiche.
Le risorse ambientali che vanno considerate in quanto potenzialmente interessate
dalla realizzazione degli interventi sopra specificati sono le seguenti:
-
inquinamento di acque;
-
inquinamento dell’aria;
-
inquinamento del suolo;
-
occupazione di suolo.
Tale valutazione interessa sia la fase di esercizio dell’opera che la fase di realizzazione. Il percorso metodologico di costruzione dello Studio di Incidenza individua i
seguenti quattro passaggi essenziali:
1.
Previsione del tipo e della significatività degli impatti potenziali sulla
flora e sulla fauna del sito della rete Natura 2000;
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2.
Individuazione delle possibili soluzioni alternative;
3.
Descrizione delle misure di mitigazione volte a minimizzare o impedire l’impatto previsto;
4.
Definizione di un programma di monitoraggio contenente:
•
Indicazioni precise in merito alle componenti del sito da monitorare;
•
Frequenza di monitoraggio;
•
Soggetti responsabili dell’esecuzione.
Scopo dello Studio di Incidenza è la determinazione dei possibili impatti negativi
sugli Habitat e le specie animali e vegetali per i quali il sito è stato individuato a
seguito di determinate iniziative d’intervento e trasformazione del territorio.
3. GESTIONE DEI SITI D’IMPORTANZA COMUNITARIA
La salvaguardia ed il miglioramento della qualità dell’ambiente naturale, attuati
anche attraverso la conservazione degli “Habitat”, della flora e della fauna selvatica,
costituiscono un obiettivo di primario interesse perseguito dall’Unione Europea.
La creazione della rete europea Natura 2000, in attuazione della Direttiva
92/43/CEE “Habitat”, ha rappresentato uno dei momenti di maggiore impulso per le
Politiche nazionali e regionali di conservazione della natura attraverso la salvaguardia ed il miglioramento degli habitat naturali, della flora e della fauna selvatiche. La
creazione di Natura 2000 e’ stata anche l’occasione per sfruttare una rete di referenti scientifici di supporto per Amministrazioni regionali e coordinati dal Ministero
dell’Ambiente in collaborazione con le Associazioni scientifiche italiane di eccellenza. Dalla realizzazione delle checklist delle specie, alla descrizione della trama vegetazionale del territorio, alla realizzazione di banche dati sulla distribuzione delle
specie all’avvio di progetti di monitoraggio sul patrimonio naturalistico, alla realizzazione di pubblicazioni e contributi scientifici e divulgativi. La Rete Natura 2000 ha
rappresentato, quindi, uno stimolo e costituisce una sfida per rendere concrete
forme di sviluppo sostenibile conferendo un ruolo di protagonisti alla Comunità
locali. In base a quanto previsto dalla Direttiva Habitat, la conservazione della
biodiversità è realizzata tenendo conto delle esigenze economiche, sociali e culturali
nonché delle peculiarità regionali. Scopo dello studio di incidenza è la determinazione dei possibili impatti negativi sugli habitat e le specie animali e vegetali per i quali
il sito è stato individuato a seguito di determinate iniziative d’intervento e trasformazione del territorio. La rete Natura 2000 ha rappresentato dunque uno stimolo e
costituisce una sfida per rendere concrete forme di sviluppo sostenibile conferendo
un ruolo di protagonisti alle comunità locali.
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4. INQUADRAMENTO PROGRAMMATICO
Iniziative di conservazione in programma o previste che possono incidere
sullo stato del sito.
Tra le iniziative di conservazione in programma, o previste, che possono incidere
sullo stato del sito sono attualmente presenti in Sicilia diversi strumenti attorno a
cui ruota la pianificazione territoriale. La coerenza esterna del Piano Regolatore
Generale di che trattasi rispetto alla pianificazione territoriale è attuata attraverso
un metodo che considera e integra al proprio interno i vincoli pianificatori. Tale
approccio costituisce uno strumento appropriato per la ricerca di ipotesi localizzative coerenti con la pianificazione territoriale e di settore di livello regionale o locale.
La coerenza esterna del progetto non significa assenza di interferenze dell’area di
studio, a livello attuativo, con aree soggette a vincoli e tutele. Si demanda al livello
progettuale la funzione di risolvere e minimizzare le interferenze residue attraverso
valutazione di incidenza ecologica appropriata.
5. PIANIFICAZIONE TERRITORIALE NELLA REGIONE SICILIA
- Il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR).
L’importanza del Piano Territoriale Paesistico Regionale,approvato con D.A. n°6080
de 21 Maggio 1999, discende direttamente dai valori paesistici e ambientali da
proteggere, che, soprattutto in Sicilia, mettono in evidenza l’intima fusione tra
patrimonio naturale e patrimonio culturale e l’interazione storica delle azioni antropiche e dei processi naturali nell’evoluzione continua del paesaggio. Tale evidenza
suggerisce una concezione ampia e comprensiva del paesaggio in nessun modo
riducibile al mero dato percettivo o alla valenza ecologico - naturalistica, arbitrariamente staccata dai processi storici di elaborazione e trasformazione antropica.
Una concezione che integra la dimensione “oggettiva” con quella “soggettiva” del
paesaggio, conferendo rilevanza cruciale ai suoi rapporti di distinzione e interazione
con l’ambiente ed il territorio. Sullo sfondo di tale concezione ed in armonia, quindi,
con gli orientamenti scientifici e culturali che maturano nella società contemporanea
e che trovano riscontro nelle esperienze europee, il Piano Territoriale Paesistico
Regionale persegue fondamentalmente i seguenti obiettivi:
a) la stabilizzazione ecologica del contesto ambientale regionale, la difesa
del suolo e della bio-diversità, con particolare attenzione per le situazioni di
rischio e di criticità;
b) la valorizzazione dell’identità e della peculiarità del paesaggio regionale,
sia nel suo insieme unitario che nelle sue diverse specifiche configurazioni;
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c) il miglioramento della fruibilità sociale del patrimonio ambientale regionale, sia per le attuali che per le future generazioni.
Tali obiettivi sono interconnessi e richiedono, per essere efficacemente perseguiti, il
rafforzamento degli strumenti di governo con i quali la Regione e gli altri soggetti
istituzionali possono guidare o influenzare i processi di conservazione e trasformazione del paesaggio in coerenza con le sue regole costitutive e con le capacità di
autoregolazione e rigenerazione del contesto ambientale. A tal fine il piano deve
perciò associare alla capacità di indirizzo e direttiva, anche la capacità di prescrivere, con vincoli, limitazioni e condizionamenti immediatamente operanti nei confronti
dei referenti istituzionali e dei singoli operatori, le indispensabili azioni di salvaguardia. L’integrazione di azioni essenzialmente difensive con quelle di promozione e di
intervento attivo è definita a due livelli:
1) quello regionale, per il quale le Linee Guida, corredate da cartografie in
scala 1:250000, daranno le prime essenziali determinazioni;
2) quello sub-regionale o locale, per il quale gli ulteriori sviluppi (corredati
da cartografie in scala 1:50000, 1:25000 e 1:10000) sono destinati a fornire
più specifiche determinazioni, che potranno retroagire sulle precedenti.
Il perseguimento degli obiettivi assunti (stabilizzazione ecologica, valorizzazione
dell’identità, miglioramento della fruibilità sociale) comporta il superamento di
alcune tradizionali opposizioni:
a) quella, in primo luogo, che, staccando i beni culturali ed ambientali dal loro contesto, porterebbe ad accettare una spartizione del territorio tra poche
“isole” di pregio soggette a tutela rigorosa e la più ben vasta parte restante,
sostanzialmente sottratta ad ogni salvaguardia ambientale e culturale, una
spartizione non soltanto inaccettabile sotto il profilo politico-culturale ma
che, nella concreta realtà siciliana (peraltro in armonia con quanto ormai
ampiamente
riconosciuto
a
livello
internazionale)
condannerebbe
all’insuccesso le stesse azioni di tutela;
b) quella, in secondo luogo, che, staccando le strategie di tutela da quelle di
sviluppo (o limitandosi a verificare la “compatibilità” delle seconde rispetto
alle prime), ridurrebbe la salvaguardia ambientale e culturale ad un mero elenco di “vincoli”, svuotandola di ogni contenuto programmatico e propositivo: uno svuotamento che impedirebbe di contrastare efficacemente molte
delle cause strutturali del degrado e dell’impoverimento del patrimonio ambientale regionale;
c) quella, in terzo luogo, che, separando la salvaguardia del patrimonio “culturale” da quella del patrimonio “naturale”, porterebbe ad ignorare o sottoDr. Agronomo Domenico Navarra
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valutare le interazioni storiche ed attuali tra processi sociali e processi naturali ed impedirebbe di cogliere molti aspetti essenziali e le stesse regole costitutive della identità paesistica ed ambientale regionale.
Di conseguenza, una più efficace strategia di tutela paesistica - ambientale, orientata sugli obiettivi assunti, non può disgiungersi da una nuova strategia di sviluppo
regionale, estesa all’intero territorio e fondata sulla valorizzazione conservativa ed
integrata dell’eccezionale patrimonio di risorse naturali e culturali.
Tale valorizzazione è infatti la condizione non soltanto per il consolidamento
dell’immagine e della capacità competitiva della regione nel contesto europeo e
mediterraneo, ma anche per l’innesco di processi di sviluppo endogeno dei sistemi
locali, che consentano di uscire dalle logiche assistenzialistiche del passato.
- Piano Straordinario per l’Assetto Idrogeologico.
Il PAI (Piano per l’Assetto Idrogeologico), approvato con D.G.R.n°329 del 6 Dicembre 1999 e adottato con D.A.n°298/41 del 4 Luglio 2000, individua le aree caratterizzate da pericolosità idrogeologica significativa sia a carattere geomorfologico che
idraulico.
Nelle aree di pericolosità idraulica e di pericolosità da frana il PAI ha le finalità di:
a) garantire nel territorio della Regione Sicilia adeguati livelli di sicurezza di
fronte al verificarsi di eventi idrogeologici e tutelare quindi le attività umane,
i beni economici ed il patrimonio ambientale e culturale esposti a potenziali
danni;
b) inibire attività ed interventi capaci di ostacolare il processo verso un adeguato assetto idrogeologico di tutti i bacini oggetto del piano;
c) costituire condizioni di base per avviare azioni di riqualificazione degli ambienti fluviali e di riqualificazione naturalistica o strutturale dei versanti in
dissesto;
d) stabilire disposizioni generali per il controllo della pericolosità idrogeologica diffusa in aree non perimetrate direttamente dal piano;
e) impedire l’aumento delle situazioni di pericolo e delle condizioni di rischio
idrogeologico esistenti alla data di approvazione del piano;
f) evitare la creazione di nuove situazioni di rischio attraverso prescrizioni finalizzate a prevenire effetti negativi di attività antropiche sull’equilibrio idrogeologico dato, rendendo compatibili gli usi attuali o programmati del territorio e delle risorse con le situazioni di pericolosità idraulica e da frana individuate dal piano;
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g) rendere armonico il proprio inserimento nel quadro della legislazione, della programmazione e della pianificazione della Regione Sicilia attraverso opportune previsioni di coordinamento;
h) offrire alla pianificazione regionale di protezione civile le informazioni necessarie sulle condizioni di rischio esistenti;
i) individuare e sviluppare il sistema degli interventi per ridurre o eliminare
le situazioni di pericolo e le condizioni di rischio, anche allo scopo di costituire il riferimento per i programmi triennali di attuazione del PAI;
j) creare la base informativa indispensabile per le politiche e le iniziative regionali in materia di delocalizzazioni e di verifiche tecniche da condurre sul
rischio specifico esistente a carico di infrastrutture, impianti o insediamenti.
Sono, quindi, contenuti nel PAI:
a) l’individuazione e la delimitazione delle aree con pericolosità idraulica e
con pericolosità da frana molto elevata, elevata, media e moderata;
b) la rilevazione degli insediamenti, dei beni, degli interessi e delle attività
vulnerabili nelle aree pericolose allo scopo di valutarne le specifiche condizioni di rischio;
c) l’individuazione e la delimitazione delle aree a rischio idraulico e a rischio
da frana molto elevato, elevato, medio e moderato;
d) le norme di attuazione orientate sia verso la disciplina di politiche di prevenzione nelle aree di pericolosità idrogeologica allo scopo di bloccare la nascita di nuove situazioni di rischio sia verso la disciplina del controllo delle situazioni di rischio esistenti nelle stesse aree pericolose allo scopo di non
consentire l’incremento del rischio specifico fino all’eliminazione o alla riduzione delle condizioni di rischio attuali;
e) lo sviluppo tipologico, la programmazione e la specificazione degli interventi di mitigazione dei rischi accertati o di motivata inevitabile rilocalizzazione di elementi a rischio più alto;
f) nuove opere e misure non strutturali per la regolazione dei corsi d’acqua
del reticolo principale e secondario, per il controllo delle piene, per la migliore gestione degli invasi, puntando contestualmente alla valorizzazione della
naturalità delle regioni fluviali;
g) nuove opere e misure non strutturali per la sistemazione dei versanti dissestati e instabili privilegiando modalità di intervento finalizzate alla conservazione e al recupero delle caratteristiche naturali dei terreni;
h) il tracciamento di programmi di manutenzione dei sistemi di difesa esistenti e di monitoraggio per controllare l’evoluzione dei dissesti.
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Il PAI contiene le disposizioni generali di indirizzo per il controllo degli usi del territorio nelle aree di pericolosità idrogeologica potenziale evidenziate nella cartografia
di piano. Il PAI ha valore di piano territoriale di settore e, in quanto dispone con
finalità di salvaguardia di persone, beni ed attività dai pericoli e dai rischi idrogeologici, prevale sui piani e programmi di settore di livello regionale ed infra-regionale.
In particolare i vincoli di tutela e le prescrizioni d’uso del PAI sono normalmente
compatibili con la disciplina stabilita dalle direttive europee 79/409/CEE (direttiva
uccelli) 92/43/CEE (Habitat) e dal DPR n. 357/97 (come modificato ed integrato dal
DPR, n. 120/2003) per le zone di protezione speciale, per i siti di importanza comunitaria e per le zone speciali di conservazione. Nei casi in cui, tali zone, siano comprese in tutto o in parte in aree di pericolosità idrogeologica le opere previste dal
PAI o dai programmi triennali di intervento sono assoggettate a valutazione di
incidenza ove possiedano i caratteri indicati nell’articolo 5, comma 3, del DPR
n°357/1997, come sostituito dall’articolo 6, comma 3, del D.P.R. 12-03-2003,
n°120. Le opere previste dal PAI o dai programmi triennali di intervento, dirette alla
tutela dell’incolumità pubblica o di attività e beni di importanza strategica, in assenza di alternative tecniche, sono realizzate ai sensi dell’articolo 5, commi 8 e 9, del
DPR n°357/1997 (come sostituiti dall’articolo 6, commi 9 e 10, del D.P.R.
12.3.2003, n°120) anche in caso di conclusione negativa della valutazione di incidenza.
- Piano di Tutela delle Acque (PTA).
Approvato con ordinanza n°333 del 24 dicembre 2008, contiene gli interventi volti a
garantire il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale di cui agli artt. 76 e
77 del D.Lgs 152/2006. Il Piano contiene, inoltre, le misure necessarie alla tutela
qualitativa e quantitativa del sistema idrico.
- Piano di Gestione Acque del Distretto Idrografico della Sicilia (PDG).
Il PDG, adottato con D.G.G.n°70 del 18 marzo 2010, è vigente in misura di salvaguardia. Il Piano di Gestione, previsto dalla Direttiva quadro sulle Acque, rappresenta lo strumento operativo attraverso il quale si devono pianificare, attuare e
monitorare le misure per la protezione, il risanamento e il miglioramento dei corpi
idrici superficiali e sotterranei e agevolare un utilizzo sostenibile delle risorse idriche.
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- Piano Regionale di Coordinamento per la Tutela della Qualità dell’aria
(PRTQA).
Approvato con Decreto Assessoriale n°176/GAB del 9 luglio 2007, il Piano Regionale
di Coordinamento per la Tutela della Qualità dell’Aria - Ambiente costituisce pertanto uno strumento organico di programmazione, coordinamento e controllo in materia di inquinamento atmosferico, finalizzato al miglioramento progressivo delle
condizioni ambientali e alla salvaguardia della salute dell’uomo e dell’ambiente.
- Piano Regionale dei Trasporti e della Mobilità (PRTM).
Adottato con D.A.n°237/GAB del 16 dicembre 2002, il Piano Regionale dei Trasporti
e della Mobilità costituisce lo strumento programmatorio regionale finalizzato ad
orientare e coordinare le politiche di intervento nel settore dei trasporti, in coerenza
con gli indirizzi di pianificazione socio-economica e territoriale della Regione ed a
perseguire obiettivi di efficacia, efficienza, compatibilità ambientale e sicurezza del
sistema dei trasporti.
- Piano Energetico Ambientale Regione Siciliana (PEARS).
Redatto con il fine di esporre i dati relativi alla produzione e all’approvvigionamento
delle fonti energetiche primarie, nonché quelli relativi all’evoluzione e alle dinamiche del sistema energetico regionale, offrendo uno scenario temporale valido sino al
2012. Approvato con D.G.R.n°1 del 3 febbraio 2009, il Piano sviluppa il percorso
metodologico indicato dalla politica regionale, individuando preliminarmente i punti
strategici da perseguire, secondo principi di priorità, sulla base dei vincoli che il
territorio e le sue strutture di governo, di produzione e l’utenza pongono.
-Piani di gestione della Rete Ecologica.
“La Rete Ecologica, quale infrastruttura naturale e ambientale che persegue il fine
di interrelazionare ambiti territoriali dotati di un elevato valore naturalistico, è il
luogo in cui meglio può esplicitarsi la strategia di coniugare la tutela e la conservazione delle risorse ambientali con uno sviluppo economico e sociale che utilizzi
come esplicito vantaggio competitivo la qualità delle risorse stesse e rafforzi nel
medio e lungo periodo l’interesse delle comunità locali alla cura del territorio”.
Il concetto di rete ecologica ha introdotto una nuova concezione delle politiche di
conservazione, affermando un passaggio qualitativo dalla conservazione di singole
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specie o aree, alla conservazione della struttura degli ecosistemi presenti nel territorio. Tale passaggio si è reso necessario a fronte del progressivo degrado del territorio e del crescente impoverimento della diversità biologica e paesistica, causati
dall’accrescimento discontinuo e incontrollato delle attività antropiche e insediative.
Questo approccio integrato che coniuga la conservazione della natura con la pianificazione territoriale e delle attività produttive trova esemplificazione nella strategia
Paneuropea sulla diversità biologica e paesistica (Ecnc 1996) che assegna alla costruzione della rete Ecologica Paneuropea il valore di strumento per la conservazione della ricca diversità di paesaggi, ecosistemi, habitat e specie di rilevanza europea. La cornice di riferimento è quella della direttiva comunitaria Habitat 92/43,
finalizzata all'individuazione di Siti di Importanza Comunitaria e Zone di Protezione
Speciale (SIC e ZPS) a cui è affidato il compito di garantire la presenza, il mantenimento e/o il ripristino di habitat e specie peculiari del continente europeo, particolarmente minacciati di frammentazione. Tali aree concorrono alla costruzione di una
rete di aree di grande valore biologico e naturalistico denominata “Natura 2000”.
Obiettivo principale della direttiva Habitat e di Natura 2000, sottoinsieme rilevante
della costituenda rete ecologica, è quello della conservazione della biodiversità
come parte integrante dello sviluppo economico e sociale degli Stati membri. La
nuova concezione delle politiche conservative, che mira alla conservazione della
intera struttura ecosistemica del territorio, nasce dalla considerazione della insufficienza delle politiche conservative tradizionali a contrastare i processi di degrado
del territorio e di crescente impoverimento della diversità biologica e paesistica.
Infatti la tradizionale contrapposizione tra conservazione e sviluppo è oggi ricompresa in una concezione più articolata e complessa, riassunta nel concetto di sviluppo sostenibile. Ciò comporta la ricerca di strategie conservative fortemente territorializzate, in rapporto alle prospettive di sviluppo che concretamente si presentano
nelle diverse aree territoriali. La ricerca di percorsi coevolutivi dei sistemi economici
ed ecologici implica infatti la ricerca di forme innovative di interazione tra ambiente
e società. In tal modo la questione ambientale si salda fortemente con i problemi
della pianificazione territoriale. Al mantenimento della biodiversità è strettamente
collegata la diminuzione del processo della frammentazione, che genera una progressiva riduzione della superficie degli ambienti naturali ed un aumento del loro
isolamento in una matrice territoriale di origine antropica. Tra le principali cause di
alterazione della struttura ecologica e paesistica sono da considerare i processi
insediativi, moltiplicatisi negli ultimi decenni secondo un modello discontinuo. Da
questo punto di vista la rete ecologica assume il valore di piano territoriale, che
rimanda ad un sistema territoriale aperto, di relazione tra i diversi elementi biologici
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e paesistici che lo costituiscono. Esigenza principale di tale sistema è quella della
integrazione tra diverse scelte ed azioni di programmazione territoriale e della
cooperazione tra vari enti e amministrazioni responsabili della gestione settoriale,
ad una scala per cui responsabilità collettiva e individuale possano confrontarsi sugli
obiettivi di tutela del capitale naturale ed ambientale e sulle istanze di sviluppo.
L’ampliamento di senso e di ruolo della rete ecologica verso “reti ambientali” capaci
di integrare la conservazione delle risorse naturali e culturali e la loro fruizione con
una attenta politica di valorizzazione, fornisce valore aggiunto alla rete stessa.
In tal modo alle finalità classiche della conservazione e del pubblico godimento si
viene ad associare quella della promozione dello sviluppo socioeconomico delle
comunità locali, soprattutto in quelle aree in cui è stretto il rapporto tra problemi di
tutela e problemi di sviluppo. Nonostante le differenze e la eterogeneità dei territori
sottoposti a tutela e concorrenti alla formazione della rete, è possibile individuare
nel processo della pianificazione dello sviluppo del territorio alcuni tratti comuni:

una fase preliminare di raccolta di indicazioni, priorità, direttive e richieste
alle quali con la costruzione della rete si deve rispondere attraverso
l’elaborazione di un documento programmatico, che costituisca la base di
partenza per la concertazione tra i diversi soggetti istituzionali e per il coinvolgimento degli attori locali;

una fase di elaborazione nella quale sviluppare le ricerche e definire le strategie di costruzione della rete;

Per
una fase applicativa nella quale maturano le intese e le iniziative congiunte.
l’attuazione
della
Rete
Ecologica
Siciliana,
la
Regione
Siciliana,
oltre
all’attenzione posta per tali ambiti d’intervento nelle diverse politiche settoriali, ha
messo a punto una strategia di programmazione mirata, dotandosi di strumenti
specifici di intervento che hanno interessato in particolare la programmazione dei
Fondi Strutturali nei quali si sono elaborate specifiche misure e strumenti di progettazione integrata territoriale e strategica. Sono state, inoltre, sviluppate, forti sinergie con i Progetti di sistema nazionali che concorrono alla realizzazione della Rete
Ecologica Nazionale: APE (Appennino Parco d’Europa), Itaca (Isole Minori),CIP
(Coste Italiane Protette) e Infea (Programma Nazionale di Educazione Ambientale)
e con le altre iniziative comunitarie e regionali che interessano tali ambiti di intervento. Le presenti linee guida vogliono essere un contributo tecnico-scientifico alla
definizione di un quadro strategico di riferimento per l’attuazione delle politiche
regionali della Regione Siciliana per il soddisfacimento degli obiettivi di tutela, valorizzazione e sviluppo dei territori e delle comunità socioeconomiche nei contesti
territoriali ad alta naturalità. Le linee guida costituiscono pertanto un documento di
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riferimento tecnico-programmatico per avviare la realizzazione della Rete Ecologica
nella Regione Siciliana, individuando gli indirizzi strategici, gli obiettivi operativi e gli
strumenti per la attuazione di una strategia per la conservazione della biodiversità e
per la promozione dello sviluppo sostenibile. Contengono inoltre i criteri per la
attuazione degli interventi e la attivazione delle risorse finanziarie previste dal PSR
Sicilia 2007-2013 e del relativo Complemento di Programma in materia di rete
ecologica.
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE PROVINCIALE.
- Piano Territoriale Paesaggistico dell’Ambito 1 – Area dei rilievi del trapanese.
Il Piano, approvato con Decreto Assessoriale n°2286 del 20/10/2010, ha come
obiettivo: la stabilizzazione ecologica del contesto ambientale, la difesa del suolo e
della biodiversità con particolare attenzione per le situazioni di rischio e criticità, la
valorizzazione dell’identità e della peculiarità del paesaggio dell’Ambito, sia nel suo
insieme unitario che nelle sue diverse specifiche configurazioni, il miglioramento
della fruibilità sociale del patrimonio ambientale, sia per le attuali che per le future
generazioni.
- Il Piano territoriale provinciale.
La pianificazione territoriale provinciale, normata dalla legge n°142/1990, ha assunto un ruolo assai importante, oltre che in campo urbanistico, anche per le funzioni di difesa del suolo, di tutela e valorizzazione dell'ambiente e del territorio, di
prevenzione delle calamità, di valorizzazione dei beni culturali, di viabilità e di trasporti. Il servizio si occupa della predisposizione e della redazione del Piano Territoriale Provinciale di cui all'art.12 della L.R. n.9/86, i cui compiti sono per certi aspetti
complementari a molti compiti di alcuni servizi di altri Settori relativamente alla rete
delle principali vie di comunicazione stradale e ferroviarie ed alla localizzazione delle
opere ed impianti di interesse sovra-comunale. Il Servizio Pianificazione Territoriale
si sta occupando della redazione del piano Territoriale Provinciale (PTP) e quindi,
della programmazione e della pianificazione in campo territoriale e paesistico su
area vasta, competenze attribuite dalla legislazione nazionale e regionale (D.Lgs.
267/2000). In particolare, attraverso lo strumento del Piano Territoriale di Coordinamento (PTP), attualmente ricompreso nel D.Lg.vo 267/2000, "Testo unico in
materia di Enti locali", la Provincia così come espresso all’art. 20, determina gli
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indirizzi generali di assetto del territorio, in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, che riguardano:
▪ le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione
delle sue parti;
▪ la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali
linee di comunicazione;
▪ le linee di intervento per la sistemazione idraulica, idrogeologica ed idraulico–forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione
delle acque;
▪ le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali.
6. CARATTERISTICHE GENERALI DEL TERRITORIO DI RIFERIMENTO
Il Comune di Castellammare del Golfo fa parte della Provincia di Trapani e occupa
un territorio di circa 127,32 Kmq e secondo il censimento del 2011 conta 14.603
abitanti con una densità abitativa di 114,69 Ab/Kmq. Confina con i Comuni di Alcamo, Calatafimi-Segesta, Custonaci, San Vito lo Capo e Buseto Palizzolo. Nel dettaglio il territorio di Castellammare si inserisce in un contesto più ampio, quale quello
provinciale dei “Monti di Trapani”.
Caratteri morfologici:
Assetto geomorfologico
Nel territorio del comune di Castellammare del Golfo è possibile riconoscere paesaggi differenti ognuno contrassegnato da un ben specifico assetto geomorfologico.
Aree costiere sub-pianeggianti, dove sono presenti più ordini di terrazzi marini, si
affiancano ad aree montuose e collinari, caratterizzate da un assetto più articolato
dovuto all’azione di differenti processi morfogenitici.
La fascia costiera comprende sia coste alte che litorali sabbiosi e si raccorda verso
mare con un’articolata piattaforma continentale.
Orografia
L’orografia dell’area è dominata dal massiccio di M. Inici; al centro si erge M. Inici
stesso (1062 m) con le cime secondarie di Pizzo delle Niviere (1040 m), Cozzo
Monaco (773 m), Pizzo Stagnone (803 m), Pizzo della Sella (672 m), poste nel
settore nord-occidentale del complesso montuoso. Il massiccio di M. Inici è delimitato a nord-est dalla Piana di Fraginesi (che lo separa dalla propaggine sudorientale di M. Sparagio) e ad est dalla Piana di Castellammare.
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Verso nord-ovest il territorio comunale di Castellammare del Golfo lambisce le falde
orientali e meridionali della dorsale montuosa che si sviluppa lungo l’intera penisola
di Capo S. Vito ed, in particolare, il gruppo di M. Sparagio (1100 m) con le cime
secondarie di M. Scardina (680 m), Portella di Baida (480 m) e Pizzo Giacolamaro
(786 m).
A sud, il versante meridionale di M. Sparagio si raccorda dolcemente con un complesso collinare contrassegnato dalla presenza di modesti rilievi isolati e arrotondati, le cui vette più significative sono date da Monte Le Curce (351 m), M. Susicchio
(255 m), M. Ramalloro (404 m), M. Mantello (401 m), M. Comune (432 m), Pizzo
Merio (404 m) e M. Erbe Bianche (530 m) e verso l’interno da M. Bosco (624 m),
dalla dorsale collinare M. Scorace (642 m) – Rocche di Molarella (581 m) e dal
rilievo basso collinare isolato di M. Abatello (462 m).
Forme del rilievo
Le aree montuose, collinari e di pianura costiera presentano assetti geomorfologici
differenti in relazione alle condizioni geologico-strutturali.
Nei tratti generali, infatti, la morfologia delle zone dove affiorano terreni lapidei è
rappresentata da apprezzabili rilievi dai versanti molto acclivi, associati ad ampie
fasce detritiche e valli strette e profonde; i principali processi geomorfologici che
interessano questi terreni sono la disgregazione fisica e l’erosione delle masse
litoidi, con conseguenti frane di crollo e/o ribaltamento.
I rilievi d M. Inici e Monte Sparagio, in particolare, dove affiorano rocce calcaree di
piattaforma carbonatica, mostrano più ordini di superfici di spianamento che si
sviluppano da 190 metri a 900 metri s.l.m.. Queste superfici sono limitate da scarpate originate dagli stessi processi di spianamento, oppure da scarpate e versanti di
faglia/linea di faglia. L’esistenza di rocce solubili ha altresì consentito lo sviluppo di
un carsismo sia epigeo che ipogeo. Molto importante da un punto di vista naturalistico il sistema carsico dell’Abisso dei Cocci che si sviluppa nel settore orientale del
massiccio di M. Inici. La cavità presenta diversi ingressi posti a varie quote ed è
nota per la presenza di profondi ed articolati pozzi.
Nelle zone collinari e pedemontane, dove prevalgono i litotipi plastici, i versanti
sono meno acclivi e mostrano morfosculture generate principalmente da processi
franosi e di erosione accelerata. In tale contesto, uno dei principali processi morfodinamici è quello legato allo scorrimento delle acque libere ed all’erosione e al trasporto solido delle acque incanalate.
Nel dettaglio, il settore di Monte Le Curcie, Monte Bosco e M. Abatello, dove affiorano rocce marno-argillose e argillo-sabbiose, è contrassegnato da più cicli di glacis di
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erosione in rocce tenere e da frequenti forme del rilievo riconducibili a processi
fluviali, al dilavamento e a movimenti franosi superficiali.
Le aree costiere orientali e il margine sud-orientale della dorsale montuosa della
penisola di Capo S. Vito, dove si realizza la sovrapposizione tettonica delle rocce
carbonatiche dell’Unità Panormidi sui depositi argillo-marnosi delle Unità Trapanesi,
sono, infine, caratterizzate da numerose forme del rilievo dovute a fenomeni di
deformazione gravitativa profonda di versante (DGPV) o a frane superficiali. Tali
frane presentano, sovente, una prosecuzione sottomarina. Gli stessi “Faraglioni di
Scopello”, pur se rimaneggiati dal moto ondoso, rappresentano dei grossi blocchi
calcarei franati e accumulatisi al piede e la loro genesi non è quindi legata a processi morfologici ad opera delle correnti marine. In particolare, la costa NO dell’abitato
di Castellammare del Golfo si presenta molto frastagliata con piccole insenature e
promontori.
Nei tratti generali, si può concludere che in questo settore del territorio del Comune
di Castellammare del Golfo i processi gravitativi rappresentano i principali agenti
morfogenetici che hanno contribuito, e che contribuiscono tuttora, al modellamento
del rilievo.
Le aree costiere delle pianure di Castellammare del Golfo, Fraginesi e Piano Vignazzi sono intagliate da più ordini di terrazzi marini, distribuiti tra 0 e circa 200 metri
s.l.m. e riferibili a diverse fasi di stazionamento del mare del Pleistocene. In queste
zone costiere, i processi geomorfologici si esplicano prevalentemente attraverso
l’azione battente delle onde del mare che dà luogo a fenomeni di disgregazione
fisica delle pareti rocciose a picco sul mare, con conseguenti fenomeni di crollo, e
all’erosione dei depositi di spiaggia in corrispondenza delle coste basse.
Con particolare riferimento alla fascia costiera si registra una costa alta e rocciosa
lungo il versante orientale di Capo San Vito e ad est della Tonnara di Scopello. In
questi luoghi, le pareti sono a strapiombo sul mare, interrotte da piccole insenature
con spiagge ciottolose, di cui la più significativa è rappresentata dal Seno di Guidaloca. Le alte falesie calcaree, in alcuni tratti, proseguono sotto il livello del mare fino
alla profondità di decine di metri. Di particolare interesse naturalistico sono inoltre
le piccole piattaforme costiere a vermitidi che si sviluppano lungo la costa per decine di metri e di cui un esempio significativo è rappresentato dal trottoir di Cala
Bianca. La stessa costa alta e rocciosa è ricca di grotte di escavazione marina dove
sono presenti segni evidenti di carsismo.
Ad est dell’abitato di Castellammare, invece, la costa cambia bruscamente direzione, assumendo un andamento circa ENE e si presenta bassa e sabbiosa, con una
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lunga spiaggia larga fino ad alcune decine di metri, interrotta dalla foce del Fiume
San Bartolomeo.
Tra le forme del rilievo vanno menzionate anche le morfologie di origine antropica.
Si tratta di aree in cui gli interventi antropici hanno determinato significative deformazioni dell’assetto geomorfologico originario, dando luogo a delle vere e proprie
forme del rilievo o a strutture che possono trarre in inganno sulla reale origine
dell’elemento morfologico. Alcuni interventi dell’uomo possono inoltre inibire estensivamente o esaltare l’azione degli agenti morfodinamici. Le principali forme antropiche individuate sono riferibili alle aree urbanizzate, ai rilevati, agli scavi, alle
discariche/terrapieno, alle cave e alle cavità di origine antropica. Una certa rilevanza assumono i fronti di cava ormai quasi del tutto in disuso che si ritrovano disseminate in tutto il territorio esaminato.
Alcuni tratti della paleofalesia, visibile lungo il tratto della S.S. 187, in prossimità
della spiaggia Plaja ad est dell’abitato di Castellammare del Golfo sono stati interessati dalla coltivazione di conci di tufo, pratica assai diffusa in tutto il trapanese.
L’attività estrattiva ha avuto grande diffusione tanto nel settore meridionale di
Monte Sparagio quanto nel massiccio M. Inici. L’attività è documentata sin dal XVII
secolo quando dai Monti di Castellammare del Golfo vennero estratti calcari monocromi e policromi, tra cui il “Rosso di Castellammare”, utilizzati come materiale di
pregio e di notevole valenza estetica. Lo sfruttamento dei materiali lapidei, piuttosto intenso nel passato e tuttora ancora attivo, ha profondamente modificato la
morfologia del complesso di Monte Sparagio. Sono piuttosto estese, infatti, le porzioni di versante coltivate o ricoperte dai detriti di cava derivanti dallo scarto di
lavorazione.
Identificazione dei dissesti potenziali ed in atto.
Il territorio comunale di Castellammare del Golfo, come già ampiamente descritto
precedentemente, è caratterizzato da un paesaggio montuoso-collinare che prevale
nettamente su quello di pianura individuabile solo nei fondovalle e nelle spianate di
abrasione marina pleistoceniche.
In generale, la maggior parte delle fenomenologie franose che interessano le aree
in oggetto ricade su terreni con frazione argillosa prevalente mentre nei complessi
calcarei e calcareo-dolomitici la tipologia di dissesto prevalente è rappresentata da
crolli e/o ribaltamenti.
La perimetrazione dei dissesti in atto sul territorio è stata eseguita mediante la
sovrapposizione delle carte del PAI (Piano stralcio di bacino per l’Assetto Idrogeologico) e dal rilevamento di dettaglio in campagna.
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In totale sono stati censiti 187 corpi franosi dalle carte del PAI e 69 corpi franosi
rilevati in campagna nell’ambito dello studio geologico redatto nel progetto di revisione del Piano Regolatore Generale.
I dissesti censiti con vario grado di attività sono in termini numerici:
•
Crollo e ribaltamento 107;
•
Rotational slide 2;
•
Deformazione gravitativa profonda di versante 6;
•
Complessa 14;
•
Flow 76;
•
Area a franosità diffusa 15;
•
Deformazione superficiale lenta 6;
•
Deformazione gravitativa ad erosione accelerata 29.
Un’area di dissesto piuttosto estesa che merita una descrizione più dettagliata è la
Frana di Scopello, presente, in particolare, nell’area territoriale fra il Bacino del
Fiume S. Bartolomeo e Punta di Solanto, in prossimità dell’abitato di Scopello, al
confine fra il territorio comunale di Castellammare del Golfo e quello di S. Vito lo
Capo. Essa è stata indicata come una deformazione gravitativa profonda di versante (DGPV), a vari gradi di attività, riscontrata al contatto fra le rocce carbonatiche e
i terreni argillosi sottostanti, che in superficie mostra evidenti fenomeni di crollo e/o
ribaltamento e determina estesi fenomeni franosi complessi.
La frana è lunga 3 km, con una prosecuzione marina di circa 2 km; essa presenta
una larghezza della testata di circa 1 km e raggiunge uno spessore di circa 130
metri (Agnesi et alii, 1995). Questo movimento in massa di materiale di dimensioni
variabile fino a blocchi di grandi dimensioni si sviluppa trasversalmente alla linea di
costa da Portella di Baida (480 metri) fino all’unghia inferiore posta sotto il livello
del mare. Lo stesso borgo di Scopello è interessato da questo fenomeno essendo
posto su un blocco carbonatico di grosse dimensioni. Il macereto di frana si compone di blocchi calcareo-dolomitici, originariamente appartenenti all’Unità stratigrafico-strutturale Monte Sparagio-Monte Monaco, derivante dalla deformazione del
Dominio Panormide e del suo margine e traslati verso mare in direzione della massima pendenza come conseguenza dell’attività di questo esteso e profondo fenomeno franoso. Le scarpate di frana sono soggette a crolli e ribaltamenti, la zona di
accumulo del corpo di frana è invece interessata da movimenti superficiali tipo
scorrimento-colamento favoriti dalla presenza di un substrato di matrice argillosa.
Nell’ottobre-novembre 1976 si verificarono dissesti di vario tipo a seguito di piogge
intense alimentate da venti di scirocco: a Castellammare del Golfo nella frazione
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Balata di Baida e Balata Inici. Altri eventi calamitosi si sono verificati in tempi più
recenti.
Caratteristiche litologiche e strutturali:
Inquadramento Geologico
L’area in studio nei caratteri generali rappresenta il settore più occidentale della
catena appenninico-maghrebide.
L’edificio tettonico affiorante nel territorio di Castellammare del Golfo è il risultato di
una serie di eventi deformativi che si sono succeduti dal Trias all’Attuale, e che
hanno interessato le successioni sedimentarie depositatesi nel settore siciliano
dell’antico margine continentale africano nell’intervallo compreso tra il Trias e il
Miocene (Catalano e D’Argenio, 1978). L’edificio tettonico mostra nell’area in esame
la sovrapposizione di tre grandi Unità Stratigrafico Strutturali (U.S.S.) derivanti
dalla deformazione dei terreni afferenti ai domini paleogeografici Panormide,
Trapanese e PrePanormide.
L’Unità geometricamente più alta è rappresentata dai terreni giurassico-miocenici
derivanti dalla deformazione del Dominio PrePanormide. Questa struttura poggia sui
terreni delle Unità Panormidi o sulle Unità Trapanesi. Si tratta di successioni carbonatiche e silicoclastiche con caratteristiche di bacino e di margine di piattaforma.
L’unità intermedia è costituita da terreni carbonatici di età meozoico-miocenica
derivanti dalla deformazione del dominio Panormide.
Infine, l’Unità tettonicamente più bassa è rappresentata dai terreni derivanti dalla
deformazione del dominio Trapanese. Si tratta di terreni carbonatici mesozoicomiocenici.
Stratigrafia
Di seguito viene fornita la descrizione stratigrafica dei terreni affioranti nel territorio
di Castellammare del Golfo in ordine dal più antico al più recente facendo riferimento ai dati aggiornati del progetto CARG. In particolare, verranno descritte le caratteristiche litologiche e stratigrafiche con qualche cenno sul contenuto paleontologico
in ordine dalle unità geometricamente più alte dell’edificio tettonico.
DEPOSITI DEL DOMINIO PREPANORMIDE:
Calcilutiti di Dattilo: Calcilutiti e calcisiltiti con liste e/o noduli di selce, sottilmente
stratificate, a volte marnose, di colore variabile dal rosso al bianco, al verdastro,
alternate a marne rossastre in livelli decimetrici nelle quali si intercalano livelli di
torbiditi calcaree biancastre passanti verso l’alto a calcilutiti e marne rossastre.
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Questi litotipi vengono inclusi in una nuova unità litostratigrafica, informalmente
proposta con il termine di “Calcilutiti di Dattilo”. Nell’area in esame affiorano soltanto in prossimità del versante nord-orientale della dorsale collinare M. Scorace –
Rocche di Molarella.
Argille ed arenarie quarzose di Monte Bosco: L’unità litostratigrafia si riconosce
per la presenza di marne grigio-scure passanti verso l’alto a marne sabbiose brune
ed argille siltose con intercalazioni di arenarie quarzose grigio-verdi debolmente
glauconitiche. È rappresentata a partire dal basso dalle seguenti associazioni di
litofacies:
a) argille e marne argilloso-sabbiose a foraminiferi planctonici con intercalazioni
di calcari marnosi grigio-verdi e lenti di biocalcareniti e biocalciruditi, talora
glauconitiche, gradate e/o laminate con fossili; in tali livelli sono presenti
forme rimaneggiate di foraminiferi bentonici, alghe incrostanti e frammenti
di macroforaminiferi;
b) peliti, argille siltose ed arenarie quarzose color tabacco, contenenti foraminiferi planctonici ed arenacei, cui si intercalano livelli lenticolari di conglomerati a base erosiva ed a matrice spesso prevalente;
c) peliti sabbiose con arenarie quarzose, prevalenti nella parte alta, con lenti di
quarzareniti e microconglomerati a matrice silicea con noduli sideritici a
struttura cipollare.
I terreni riferibili a questa formazione affiorano nel settore meridionale e orientale
del territorio castellammarese, a sud di Monte Sparagio e si estendono fino al rilievo
basso collinare di M. Abatello.
DEPOSITI DEL DOMINIO PANORMIDE
Nell’area interessata i depositi derivanti dalla deformazione del dominio Panormide
affiorano solamente per piccole estensioni lungo il versante meridionale del rilievo
di Monte Sparagio, nel settore costiero, in prossimità di Cala Mazzo di Sciacca, e
lungo il versante orientale di M. Scardina. L’unica successione derivante dalla deformazione dei terreni riferibili al dominio Panormide è la successione di Monte
Monaco-Monte Sparagio:
Formazione Sciacca: La facies litostratigrafica appare caratterizzata alla sua base
dalla presenza di un potente litosoma dolomitizzato e brecciato che passa verso
l’alto a più regolari alternanze di dolomie e calcari dolomitici laminati. Nel dettaglio
si succedono:
a) dololutiti e doloareniti in strati da decimetrici a metrici; dolomie bianche o grigie, spesso vacuolari e notevolmente ricristallizzate con rare intercalazioni di calciDr. Agronomo Domenico Navarra
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ruditi o calcareniti a stratificazione massiva; doloruditi a stratificazione massiva o
mal stratificate; queste litofacies sono sempre prive di contenuto faunistico.
b)
dolomie, dolomie calcaree e calcari dolomitici spesso ricristallizzati, di colore
bianco o grigio, in strati e banchi; sono riconoscibili laminazioni e livelli stromatolitici.
Tale formazione, nel suo complesso, affiora nel territorio in esame lungo il versante
orientale di M. Scardina ed è visibile nel settore settentrionale di Cala Mazzo di
Sciacca.
Formazione Capo Rama: Calcari e calcari dolomitici (mudstone e wackestone) ad
alghe e megalodontidi, dolomie stromatolitiche e loferitiche di colore grigio o bianco
avorio, brecce loferitiche, brecce nere in strati e banchi e brecce a “tepee”. La presenza dei generi Megalodon e Dicerocardium tra i lamellibranchi data questi depositi
all’intervallo Norico-Retico.
Si individuano lungo la dorsale di Pizzo Perania e formano una piattaforma carbonatica smembrata in blocchi di varia forma e dimensione lungo il Bosco di Scopello.
Calcari a crinoidi: Calcareniti bioclastiche discontinue lateralmente e di spessore
tale da non permettere la mappatura in carta per cui spesso sono state accorpate
all’unità litostratigrafia immediatamente soprastante (formazione Buccheri). Sul
versante occidentale di Monte Sparagio, lungo gli scavi di una cava per estrazione
di materiale lapideo per fini ornamentali, sono stati rinvenuti pochi metri di calcareniti (grainstone) grigio-biancastre ricche in articoli e piastrine di crinoidi e foraminiferi bentonici. Il tetto del litosoma mostra una spessa crosta di ossidi di Fe e Mn di
colore nerastro e con morfologia a pinnacoli.
Formazione Buccheri: Calcari nodulari rossastri, biocalcilutiti talora con aspetto
nodulare, ad ammoniti, calcari marnosi a radiolari, marne varicolori, radiolariti,
calcari bianchi ad ammoniti e beleminiti, calcisiltiti e calcareniti grigio scure sottilmente stratificate con intercalazioni di liste e noduli di selce. I depositi inclusi in
questa unità litostratigrafia sono noti come “Rosso Ammonitici” (nel quadro della
cartografia CARG). Nella formazione Buccheri sono stati distinti tre membri BCH1,
BCH2, BCH3 corrispondenti al Rosso Ammonitico inferiore, Membro Radiolaritico
Intermedio e Rosso Ammonitico superiore.
Rosso Ammonitico inferiore: calcari nodulari rossastri e biocalcilutiti con aspetto
nodulare, calcari marnosi, marne varicolori, calcari bianchi ad ammoniti. La fauna è
ricca in ammoniti, beleminiti, articoli di crinoidi, brachiopodi, gusci di molluschi in
genere, gasteropodi e lamellibranchi, aptici, foraminiferi, radiolari.
Membro Radiolaritico intermedio: radiolariti (bedded cherts), calcareniti e calcilutiti selcifere di colore grigio con stratificazione decimetrica, calcilutiti marnose,
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marne e argille marnose di colore variabile dal giallo al verde e sottilmente stratificate.
Rosso Ammonitico superiore: calcilutiti nodulari e calcareniti grigiastre bioclastiche contenenti articoli di crinoidi pelagici, alghe, coralli, ammoniti, aptici, beleminiti,
gasteropodi, lamellibranchi, spicole di spugna, aculei di ricci, foraminiferi.
Nel complesso i depositi calcareo-silico-marnosi della F.ne Buccheri si rinvengono
per piccole estensioni lungo il versante orientaledi M. Sparagio.
Calcari di Piano Battaglia: Calciruditi, calcareniti, brecce (grainstone o rudstone)
in banchi contenenti Ellipsactinia sp., alghe, spugne e coralli, lamellibranchi, gasteropodi e foraminiferi, passanti lateralmente a calcareniti e calcilutiti con selce in
strati centimetrici contenenti ammoniti, beleminiti, aptici, crinoidi, radiolari e tintinnidi, oltre ai frammenti degli organismi ora ricordati. Affiorano ad ovest di Piano
Levriere e a Portella di Baida.
Formazione Pellegrino: biolititi a rudiste, con coralli e alghe, biocalciruditi e biocalcareniti con livelli olitici, dolomitizzate ad elementi spigolosi dalle dimensioni
comprese tra il centimetro ed il metro (grainstone o rudstone). Sottili intercalazioni
di calcilutiti grigie laminate si riscontrano nella successione di Monte Monaco-Monte
Sparagio.
Formazione Amerillo: Lungo il versante meridionale e sud-orientale di Monte
Sparagio affiorano banchi di calcilutiti bianche a foraminiferi planctonici nei quali si
intercalano calcareniti risedimentate in livelli centimetrico-decimetrici che diventano, vieppiù, verso l’alto, potenti litosomi clastico-carbonatici.
DEPOSITI DEL DOMINIO TRAPANESE
Costituiscono l’ossatura del massiccio di Monte Inici.
•
Formazione Sciacca: Dolomie e calcari dolomitici grigio-biancastri con megalodontidi, dolomie stromatolitiche e loferitiche notevolmente fratturate e carsificate, organizzate in strati piano paralleli dello spessore metrico e decimetrico, spesso alternati regolarmente. Il contenuto fossilifero dell’unità, utile
per una attribuzione cronostratigrafica è rappresentato da lamellibranchi,
ammoniti, frammenti di gasteropodi. Costituiscono insieme alla F.ne Inici
l’ossatura del massiccio che domina il territorio di Castellammare del Golfo.
•
Formazione Inici (INI): Calcari bianco-grigiastri e calcari dolomitici compatti,
calcari stromatolitici e loferitici, calcareniti oolitiche. Si presentano ben stratificati in spessori decimetrici e interessati da frequenti cavità neocarsiche
riempite da alabastri calcarei e silt rossastro di origine continentale.
•
Formazione Buccheri (BCH):
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1. Rosso Ammonitico inferiore:
a) calcilutiti, calcilutiti marnose e calcareniti bianche, giallastre, nocciola e rossastre in una successione di strati medio-sottili, contenenti abbondanti lamellibranchi a guscio sottile (Bositra buchi), ammoniti, beleminiti, brachiopodi, articoli di crinoidi e foraminiferi. Al microscopio sono riconoscibili (packstone/ wackestone) a peloidi, frammenti di echinodermi, protoglobigerinidi
e gasteropodi spesso ricoperti da una sottile crosta di ossidi di manganese.
Lamine ondulate stromatolitiche e sottili orizzonti di croste nerastre ferromanganesifere (litofacies a). Tali depositi, potenti tra 5 e 15 m, hanno geometrie lentiformi e si sovrappongono in onlap sui sottostanti calcari della
Formazione Inici;
b) Calcilutiti rosse e grigiastre, in strati massivi e compatti, e con abbondanti
ammoniti, in sezione sottile sono packstone-wackestone con gusci di Bositra
sp., peloidi, frammenti di crinoidi e foraminiferi. Il limite inferiore è una superficie di onlap sui sottostanti depositi o, localmente, sulla Formazione Inici;
c) Calcari marnosi rossastri e rosati a tessitura nodulare e ricchi in ammoniti
(litofacies c). I noduli sono costituiti dai gusci di ammoniti o da wackestone /
packstone bioclastici con pochi gusci di Bositra sp. e numerose protoglobigerine, aptici, frammenti di crinoidi.
2. Membro Radiolaritico intermedio:
Calcari silicizzati (mudstone a radiolari) con noduli di selce e radiolariti rossastre a
luoghi laminate in strati sottili regolarmente alternati a livelli di marne radiolaritiche
bianco-rossastre e sottili livelli di selci stratiformi policrome (diaspri o bedded
cherts) contenenti oltre agli abbondanti radiolari, ammoniti, beleminiti, aptici, articoli di crinoidi.
3. Rosso Ammonitico superiore:
Calcari lutitici e arenitici di colore rosso grigiastro e biancastro a tessitura nodulare
o pseudonodulare in strati medio-sottili, con noduli e liste di selce più frequenti
nella porzione più bassa al passaggio, apparentemente graduale, con i depositi del
membro inferiore. Sono dei pakestone/grainstone con abbondanti crinoidi pelagici,
frammenti di echinidi, brachiopodi, beleminiti, foraminiferi bentonici, radiolari,
ammoniti abbondanti nella parte inferiore e tintinnidi più frequenti nella porzione
sommitale.
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Nel complesso la formazione Buccheri affiora lungo la monoclinale di Guidaloca,
lungo il versante occidentale del Massiccio di M. Inici, nella propaggine occidentale
di Pizzo Petralia. Significativi affioramenti si rilevano lungo l’incisione carsica del
Fosso Orghenere.
•
Lattimusa: Calcilutiti pseudonodulari rosate con rari noduli di selce, calcilutiti
lattiginose bianche, verdastre, rosate e grigiastre ben stratificate con liste e
noduli di selce, alternate a marne calcaree, caratterizzate nel complesso dalla presenza di faune a calpionelle; il contenuto fossilifero è completato dalla
presenza di abbondanti microrganismi, radiolari, foraminiferi e nannoplancton e da frequenti macrofossili tra cui ammoniti, gusci di echinidi, beleminiti, articoli di crinoidi, aptici, brachiopodi. Al microscopio sono dei wackestone/ mudstone a tintinnidi. Affiora lungo la monoclinale di Guidaloca, lungo il
versante occidentale e meridionale del Massiccio di M. Inici, nella propaggine
occidentale di Pizzo Petralia. Significativi affioramenti si rilevano lungo
l’incisione carsica del Fosso Orghenere.
•
Formazione Hybla: Calcilutiti grigiastre selcifere sottilmente stratificate e a
volte laminate, alternate regolarmente a marne verdastre o color tabacco in
livelli centimetrico-decimetrici e solo a luoghi in livelli metrici. Il contenuto
fossile è dato da aptici, beleminiti, radiolari, foraminiferi planctonici, bentonici e nannoplancton calcareo.
•
Formazione Amerillo: La formazione, più nota con il termine di “Scaglia”, è
generalmente costituita da calcilutiti bianche e rossastre con liste e noduli di
selce, alternate a calcilutiti rosate e marne da grigio a verdastre, contenenti
globotruncanidi, globorotalidi e nannoplancton calcareo; verso l’alto si intercalano sottili livelli di calcareniti i cui granuli risultano essere frammenti di
echinidi, molluschi e macroforaminiferi risedimentati. Frequenti e diffusi i fenomeni da slumping.
•
Calcareniti di Corleone: Biocalcareniti e biocalciruditi glauconitiche con intercalazioni di arenarie quarzoso-glauconitiche giallastre in strati spessi da pochi centimetri a qualche decimetro, cui si intercalano argille scure, marne e
marne sabbiose bruno-verdastre scarsamente fossilifere con spessori centimetrico-decimetrici. Le bioclastiti contengono gusci di macroforaminiferi rimaneggiati, denti di squali, frammenti di lamellibranchi, di echinodermi, brachiopodi e abbondanti foraminiferi.
•
Marne di San Cipirello: La formazione comprende argille, marne e marne argillose grigio-verdastre (grigio cenere, verdi o bluastre nella parte alta) e
marne sabbiose giallastre con contenuto in CaCO3 pari al 33% con scarsa
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sabbia quarzosa, contenenti una ricca microfauna prevalentemente planctonica. Verso l’alto, rarissime intercalazioni di livelli arenacei a composizione
quarzosa e quarzosa-micacea. Le marne, spesso deformate, hanno spessori
che, seppure difficilmente valutabili in superficie, non dovrebbero superare i
150 metri.
DEPOSITI DELL’AVANFOSSA MIOCENICA
•
Formazione Castellana Sicula: Argille ed argille sabbiose grigio-azzurre a
rari foraminiferi planctonici, sabbie ed arenarie giallastre, talora bioclastiche,
con livelletti di conglomerati.
•
Formazione Terravecchia: Argille ed argille sabbiose, sabbie ed arenarie,
e marne grigie con molluschi in frammenti, ostracodi e plancton calcareo.
DEPOSITI DEL PLEISTOCENE-OLOCENE.
Si tratta di depositi sia di origine marina che continentale o di ambiente intertidale
che ricoprono il bedrock.
•
Sistema di Marsala: Calcareniti e calciruditi sia bioclastiche che litoclastiche, contenenti una frazione minoritaria di litotipi quarzosi.
a) Calcareniti e sabbie di Castellammare: La litofacies è costituita da
un complesso di calcareniti e sabbie giallastre a composizione prevalentemente carbonatica e da rari livelli conglomeratici ed argillosi.
•
Sistema di Barcarello: Depositi marini e continentali delimitati al letto da
superfici di erosione marina (piattaforme di abrasione) o subaerea (scavate
dalle acque dilavanti) e al tetto da superfici di erosione subaerea talvolta pedogenizzate, spesso coincidenti con l’attuale piano topografico. I depositi
marini e di spiaggia con una ricca fauna senegalese a Strombus bubonius o
depositi immediatamente più recenti sono attribuibili al Tirreniano. Nelle aree costiere, i depositi continentali, solitamente di origine colluviale, si rinvengono con rapporti di transizione ed interdigitazioni con i depositi di
spiaggia. Nelle aree più interne i depositi continentali si rinvengono a varie
quote lungo i versanti. (A Punta Cala Bianca, in due distinti affioramenti posti a 2-6 m s.l.m. si rinvengono arenarie grossolane di spiaggia spesse 1-2
m, poggiate su una superficie di abrasione marina. Nella Piana di Castellammare affiorano biocalcareniti, biocalciruditi e conglomerati stratificati, costituiti da grossi ciottoli cartonatici nella cui matrice arenitica, di colore rosso-giallo, si rinvengono esemplari integri e frammenti appartenenti ad una
fauna di ambiente infralitorale con bivalvi e gasteropodi. I livelli arenitici
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presentano a luoghi laminazione piano-parallela o incrociata. Affiorano in
lembi isolati lungo la costa, al di sopra di piattaforme di erosione marina
comprese tra i 15 e 25 m s.l.m.).
•
Sistema di Raffo Rosso: Depositi continentali, quali detriti di falda cementati e stratificati, depositi colluviali e arenarie eoliche prodottisi durante
l’ultimo ciclo glaciale. I depositi continentali sono delimitati alla base da superfici di erosione subaerea/costiera o dall’antico piano topografico (superfici
di non deposizione) alla fine del Tirreniano; al tetto da superfici di erosione
subaeree o di non deposizione, talvolta pedogenizzate e spesso coincidenti
con l’attuale superficie topografica.
•
Sistema di Capo Plaia: Depositi clastici, eterometrici, transizionali e continentali di età olocenica. L’unità è limitata in basso da superfici di erosione
marina o subaerea (queste ultime talvolta intagliate sui depositi del sistema
di Raffo Rosso) e, verso l’alto, da superfici di erosione subaerea o di non deposizione spesso pedogenizzate, coincidenti con la superficie topografica attuale. Spessori variabili tra 0,50 e 20 m.
Tettonica.
Nel dettaglio verranno descritte le caratteristiche strutturali delle Unità che ricadono
nel territorio di Castellammare del Golfo con un ordine geometrico dalle unità più
alte a quelle più basse dell’edifico tettonico.
Le Unità PrePanormidi poggiano nell’area oggetto di studio sui depositi tardorogeni.
Le faglie inverse ed i piani di sovrascorrimento che coinvolgono l’Unità Stratigrafico
Strutturale Buseto Palizzolo sono prevalentemente orientate da ONO/ESE e ad E-O
ed immergono verso nord. Sulla base dei principali lineamenti tettonici sono riconoscibili due subunità di cui la subunità Monte Scorace è quella che ricade nell’area in
studio.
La Subunità Scorace, nel territorio Castellammarese, affiora a Monte Bosco e Monte
Le Curcie. In particolare, lungo il versante settentrionale di Monte Bosco, la subunità si sovrappone ai depositi terrigeni miocenici della Formazione Castellana Sicula.
A est, in prossimità di Portella Lisciandrini la stessa subunità è sovrapposta alle
marne di S. Cipirello, formazione tortoniana posta al top della successione Trapanese, lungo una superficie di sovrascorrimento con trasporto tettonico orientale e con
asse di sviluppo orientato pressappoco N-S. La struttura della subunità è piuttosto
articolata ed il motivo tettonico predominante è dato dalla presenza di pieghe mo-
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noclinaliche o strutture antiformi, sovrapposte, secondo piani subparalleli, immergenti mediamente verso nord e nord-ovest.
Sul versante orientale di Monte Le Curcie, faglie inverse ad alto angolo, immergenti
ad ONO causano la sovrapposizione delle marne ed arenarie della subunità Scorace
sulla formazione Castellana Sicula. Unità Stratigrafico Strutturali Monte Monaco Monte Sparagio, Subunità Sparagio.
L’assetto strutturale dei terreni derivanti dalla deformazione del dominio Panormide
e del suo margine è piuttosto articolato. Lungo il versante sud-orientale di M. Sparagio (Castello di Baida, Visicari ed Area di Scopello) i depositi della piattaforma
carbonatica Panormide si sovrappongono tettonicamente sui termini serravallianotortoniani della successione mesozoico-terziaria Trapanese. Ai margini del territorio
di Castellammare, al confine con quello di Custonaci, in prossimità di Visicari è
visibile la sovrapposizione tettnica dei calcari cretacici della subunità Sparagio sui
termini miocenici dell’U.S.S. Inici – Ramalloro. Il piano di sovrascorrimento è caratterizzato da un’inclinazione di circa 45°.
Descrizione delle criticità rilevate, valutazione delle interferenze indotte
dal piano ed analisi dei possibili interventi di mitigazione previsti.
L’analisi e la sovrapposizione delle aree a vincolo idrogeologico ai sensi del R.D.L. n.
3267 del 1923 con la perimetrazione delle S.I.C.-Z.P.S. (vedi carta dei vincoli)
mette in evidenza per il territorio di Castellammare del Golfo una corrispondenza,
soprattutto per quanto riguarda le aree montuose e collinari. Pertanto, fatta salva
l’esecuzione di studi più approfonditi di carattere geologico, geomorfologico ed
idrogeologico, ne discende che qualunque intervento consentito dall’attuazione del
Piano Regolatore Generale vigente dovrà essere realizzato adottando, soprattutto in
fase di cantiere e con particolare riferimento all’esecuzione di movimenti terra,
estrazione o immersione di fluidi nel sottosuolo, modificazione del regime delle
acque superficiali, modifica delle pendenze, ogni cautela necessaria ad evitare
alterazioni dell’assetto idrogeologico dei luoghi.
Acque superficiali e acque sotterranee:
Idrologia di superficie
L’idrografia risente naturalmente della particolare configurazione orografica del
territorio, già descritta precedentemente, così come dell’assetto strutturale.
L’area collinare costituisce, in particolare, la zona di raccolta delle acque piovane
che vengono drenate tramite piccoli affluenti a prevalente sviluppo N-S, verso sud
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dal versante meridionale di M. Sparagio e verso nord dai versanti collinari settentrionali di M. Bosco.
La rete idrografia presenta un pattern di tipo parallelo (versante meridionale di M.
Sparagio), dendritico (aree collinari di M. Bosco) o radiale centrifugo (rilievo arrotondato di M. Le Curce).
Queste aste fluviali minori sono tributarie del Torrente Guidaloca o del Torrente
Forgia che, rispettivamente, drenano le acque a est verso il Golfo di Castellammare
ed a ovest verso il Golfo di Bonagia. La direzione di sviluppo dei corsi d’acqua è
inizialmente E-O, per il controllo strutturale esercitato dalla dorsale di M. Sparagio,
per poi divenire N-S, in relazione con il gradiente di pendenza regionale.
Infine, lungo la Piana di Castellammare è possibile osservare la parte terminale di
numerose aste fluviali conseguenti con prevalente sviluppo N-S, che raccolgono le
acque delle zone più settentrionali della catena siciliana e le drenano verso nord,
lungo il Golfo di Castellammare. Fra questi il più significativo ricadente nell’area
oggetto del presente studio è il Fiume S. Bartolomeo.
Identificazione dei bacini idrografici e descrizione della rete di deflusso
superficiale.
Il territorio del Comune di Castellammare del Golfo ricade in quattro differenti bacini idrografici o aree territoriali contigue, posti nel settore nord-occidentale della
Sicilia.
La porzione sud-orientale del territorio comunale insiste nel Bacino Idrografico
del Fiume San Bartolomeo; il settore centro-settentrionale e costiero con gran
parte del centro abitato di Castellammare del Golfo e dell’agglomerato urbano di
Scopello ricadono nell’area territoriale compresa tra il Bacino Idrografico del
F. S. Bartolomeo e Punta di Solanto; l’estrema propaggine occidentale si colloca
nel bacino idrografico del Torrente Forgia e per una limitata porzione nell’area
territoriale tra il bacino idrografico del Torrente Forgia e Punta di Solanto.
Per quanto attiene alle zone SIC e ZPS queste si collocano in massima parte
nell’area territoriale posta tra il bacino idrografico del F. S. Bartolomeo e Punta di
Solanto.
Bacino idrografico del Fiume San Bartolomeo.
Il bacino idrografico del Fiume San Bartolomeo si estende per circa 419 Km2. Il
bacino, nei tratti generali, si estende dal territorio di Gibellina e di Poggioreale sino
al Mar Tirreno meridionale presso la Tonnara Magazzinazzi, al confine tra il territorio
di Castellammare del Golfo e di Alcamo.
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Da un punto di vista idrografico esso confina ad ovest con il bacino del F. Birgi e
l’area territoriale tra il bacino del F. S. Bartolomeo e Punta Solanto; ad est con il
bacino del F. Jato e l’area territoriale tra il bacino del F. Jato e il bacino del F. S.
Bartolomeo; a sud con il bacino del F. Belice, il bacino del F. Modione ed il Bacino
del F. Arena. Nel bacino è presente come già accennato precedentemente una parte
del centro abitato di Castellammare del Golfo.
In particolare, per quanto attiene ai S.I.C. - Z.P.S. solo una parte insiste nel bacino
idrografico del F. S. Bartolomeo. Si tratta di alcune aree localizzate nel settore
centro settentrionale del bacino idrografico che si colloca nell’area montuosa di
Monte Inici e dei rilievi secondari del massiccio. Nel dettaglio il S.I.C. e la Z.P.S.
ricadono lungo i versanti meridionali di M. Erbe Bianche e Pizzo delle Niviere e M.
Inici, lungo il versante sud-orientale di Pizzo Brando e la valle fluvio–carsica di
contrada Bocca della Carrubba.
La forma del bacino idrografico del F. S. Bartolomeo è sub-circolare, con una limitata appendice orientale. Il bacino raggiunge la sua massima ampiezza nel settore
centrale; nella parte settentrionale, invece, la larghezza si riduce progressivamente,
fino a qualche centinaio di metri in corrispondenza della foce.
A partire dalla foce la linea spartiacque che delimita il bacino in esame si sviluppa
ad oriente lungo la zona centrale dell’abitato di Alcamo e prosegue per le vette di
Monte Bonifato, per poi deviare verso est e proseguire lungo Monte Ferricini e Pizzo
Montelongo; sempre ad oriente, la linea di displuvio prosegue lungo Cozzo Strafatto, Monte Spezza Pignate e Monte Castellazzo.
A sud, procedendo da est verso ovest, lo spartiacque si sviluppa lungo la dorsale
compresa tra Monte Castellazzo e Monte Falcone passando per Le Montagnole,
Rocca Tonda, Rocca delle Penne e Monte Finestrelle fino a curvare in corrispondenza delle pendici nord-orientali di Monte Falcone e il centro abitato di Gibellina.
Ad occidente, invece, la linea di spartiacque attraversa Monte Baronia, Monte Pietralunga, Monte S. Giuseppe e rocche di Molarella attraversando anche il perimetro
nord-orientale dell’abitato di Vita.
Lo spartiacque procede ancora a nord per Pizzo delle Niviere, Pizzo Stagnone e
Pizzo Brando fino a chiudere, infine, in corrispondenza della foce, localizzata a pochi
chilometri di distanza dagli abitati di Castellammare del Golfo e Alcamo Marina.
Il Fiume S. Bartolomeo rappresenta la parte terminale del F. Freddo che nasce
presso Case Castelluzzi in territorio di Calatafimi-Segesta e lungo il suo percorso,
che si sviluppa per circa 46 Km, riceve le acque di diversi affluenti, ma quasi tutti di
scarsa importanza. L’asta principale del Fiume assume il nome di S. Bartolomeo a
partire dalla confluenza dei Fiumi Caldo e Freddo, al confine tra i territori comunali
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di Alcamo, Castellammare del Golfo e Calatafimi (tutti ricadenti in provincia di Trapani), ad una quota di circa 29 m s.l.m..
Tra gli affluenti principali sono da annoverare: il F. Sirignano, che confluisce in
destra idraulica presso Contrada Pergola, al confine tra il territorio di CalatafimiSegesta, Alcamo e Monreale; il Rio Giummarella, che confluisce in sinistra idraulica
presso la Stazione FF.SS. di Alcamo al confine tra il territorio di Calatafimi-Segesta
e Alcamo; il F. Caldo che confluisce in sinistra idraulica presso Molino Marcione, al
confine tra il territorio di Castellammare del Golfo, Alcamo e Calatafimi-Segesta.
Degli affluenti citati il Fiume Caldo rappresenta l’affluente più importante ed anche
quello più significativo in quanto il suo sottobacino ricade in parte nell’area della
rete Natura 2000 oggetto del presente studio.
Il Fiume S. Bartolomeo scorre prevalentemente in direzione NNE-SSO e con andamento meandriforme nella sua parte terminale, indice della maturità evolutiva
raggiunta. Il suo reticolo idrografico appare abbastanza gerarchizzato, ma disorganizzato; il bacino, inoltre, presenta un pattern sub-dendritico.
Come già accennato in precedenza riveste una certa importanza il sottobacino del
Fiume Caldo di cui vengono descritte di seguito le caratteristiche dell’asta fluviale
principale.
Il Fiume Caldo: è localizzato nella zona occidentale del bacino del Fiume S. Bartolomeo. L’affluente rappresenta la parte terminale del Fiume Gaggera che nasce a
circa 400 m s.l.m. in prossimità del Gorgo delle Sanguisughe, nel territorio comunale di Calatafimi.
Si sviluppa per circa 22 Km. Il Fiume Caldo assume tale nome in prossimità delle
Terme Segestane, nel Comune di Castellammare del Golfo. Nel suo tratto di monte
(Fiume Gaggera) esso scorre con orientazione all’incirca nord – sud nel fondovalle
localizzato ad ovest dell’abitato di Calatafimi-Segesta; in corrispondenza della confluenza con il Rio Mendola, invece, cambia bruscamente orientazione e scorre in
direzione SO-NE fino a quando, confluisce presso Molino Marcione, in sinistra idraulica, con il Fiume S. Bartolomeo.
Tra i piccoli affluenti del Fiume Caldo-Fiume Gaggera il più importante è il Vallone
del Viviere, che rappresenta il tratto iniziale del Rio Mendola che si riversa nel Fiume Gaggera in sinistra idraulica; esso nasce alle pendici meridionali di Monte
Centurino, in territorio di Castellammare del Golfo.
Il reticolo idrografico del Fiume Caldo è di tipo subparallelo asimmetrico.
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Area Territoriale tra il Bacino del Fiume San Bartolomeo e Punta Solanto.
L’area territoriale tra il bacino del Fiume S. Bartolomeo e Punta Solanto si colloca
totalmente all’interno del territorio comunale di Castellammare del Golfo. In particolare occupa un area molto importante da un punto di vista naturalistico. Al suo
interno, infatti, limitandosi al territorio di Castellammare del Golfo, ricadono gran
parte del massiccio di Monte Inici ed il versante meridionale di Monte Sparagio.
Anche il tratto di costa rocciosa ad ovest dell’abitato di Castellammare del Golfo si
localizza in questa area territoriale.
L’area in esame è estesa circa 106 Km2 ed è caratterizzata da una forma allungata
verso nord. La displuviale che delimita l’area considerata coincide a sud con il tratto
di spartiacque occidentale del bacino del Fiume San Bartolomeo, compreso tra la
foce di quest’ultimo e le pendici di Rocche di Molarella, ad ovest con lo spartiacque
che la separa dall’area territoriale tra Punta di Solanto e il bacino del T.te Forgia
passando per la dorsale costituita dai rilievi di Monte Monaco, Monte Acci, Monte
Speziale, Monte Sparagio, mentre ad est coincide con la linea di costa.
Nell’area territoriale in esame sono presenti pochi corsi d’acqua, localizzati essenzialmente nel suo settore meridionale. Si tratta di corsi d’acqua a carattere torrentizio, aventi tutti orientazione all’incirca NE-SO. Essi nascono alle pendici orientali
della dorsale che funge da spartiacque tra l’area in esame ed il bacino del T. Forgia
e il bacino del F. Birgi e sfociano nel Mar Tirreno, nel tratto di costa compreso tra la
frazione di Scopello (Castellammare del Golfo) e la foce del Fiume S. Bartolomeo. Si
tratta, dunque, di impluvi d’interesse piuttosto limitato, aventi percorsi relativamente brevi e scarsi affluenti, limitati più che altro al settore di monte; il principale
corso d’acqua è il Torrente Guidaloca.
Il Torrente Guidaloca, nasce nel territorio comunale di Castellammare del Golfo al
confine con Buseto Palizzolo, alle pendici nord-orientali della dorsale Monte BoscoMonte Scorace ad una quota di circa 600 m; nel suo tratto intermedio e vallivo ha
un andamento piuttosto sinuoso; scorre con orientazione all’incirca SO-NE e sfocia
nel Mar Tirreno, in corrispondenza dell’area costiera denominata “Seno di Guidaloca”. L’asta principale si sviluppa per circa 11 km.
Il reticolo idrografico presenta un pattern tendenzialmente subdendritico; nell’asta
principale, infatti, confluiscono diversi corsi d’acqua (valloni e fossi). Il Torrente
Guidaloca viene così denominato solo nel tratto finale del corso d’acqua principale,
in prossimità di C.da Terre Nove, alla confluenza del Torrente Sarcona con il
Fosso Orghenere.
Il Torrente Sarcona confluisce in sinistra idraulica e rappresenta la prosecuzione
del Torrente Celso che nasce alle pendici settentrionali di Monte Bosco;
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l’orientazione, inizialmente, è SSO-NNE poi subisce una brusca deviazione in corrispondenza di Casa Galante ed assume l’orientazione ovest-est, infine assume la
direzione SO-NE osservabile anche negli altri corsi d’acqua; fra gli affluenti sono da
annoverare il Fosso Balatelle in destra idraulica ed il Fosso Susucchio in sinistra
idraulica.
Il Fosso Orghenere confluisce in destra idraulica e rappresenta il tratto finale del
Vallone di Bruca che nasce nel versante sud-orientale delle Rocche di Molarella;
l’orientazione, inizialmente, è NO-SE poi subisce una brusca deviazione in corrispondenza di Casa Sciuto ed assume l’orientazione SO-NE osservabile anche negli
altri corsi d’acqua; fra gli affluenti è da considerare il Fosso Dalia in sinistra idraulica.
Il bacino idrografico del Torrente Forgia occupa una superficie complessiva di
circa 62 km2 e presenta una forma allungata in direzione SE-NW, con uno sviluppo
maggiormente esteso in sinistra idrografica. Confina a Nord con l’area territoriale
tra il bacino idrografico del Torrente Forgia e Punta di Solanto, ad Est con l’area
territoriale tra il bacino del F. San Bartolomeo e Punta Solanto, a Sud e Sud-Ovest
con i bacini idrografici rispettivamente del F. Birgi e del F. Lenzi ed, infine, ad Ovest
con l’area territoriale (Area territoriale tra il bacino del Torrente Forgia e il bacino
del Fiume Lenzi Baiata).
Il corso d’acqua nasce dalle pendici di Monte Bosco, nel territorio comunale di Castellammare del Golfo, si sviluppa per circa 15 Km sfociando nel Mar Tirreno.
Procedendo verso Sud, in senso orario, lo spartiacque segue le cime di Colle di
Celso (m 246), Monte Bosco (m 622) e Monte Murfi (m 510). Verso ovest, le cime
più rappresentative attraversate dalla displuviale sono Monte Luziano (m 479) e
Poggio Mafi ( m 279).
Il Torrente Forgia rappresenta il principale corso d’acqua di questo settore della
Sicilia, sebbene sottenda uno dei bacini minori del settore occidentale della Sicilia.
Nasce dalle pendici di M. Bosco e si sviluppa per circa 15 Km, scorrendo in direzione
SE-NW fino a sfociare nel Mar Tirreno, e nel suo tratto terminale rappresenta il
limite tra i territori comunali di Custonaci e Valderice. Percorre, soprattutto nel
tratto iniziale che ricade nell’area interessata terreni di natura argillo-marnosa,
argillo-sabbiosa e sabbie con un andamento prevalentemente rettilineo e, prima di
sfociare, attraversa le spianate calcarenitiche di Piano dei Tribli e di Piana S. Alberto, da esso incise e suddivise in piastroni. Il sistema di drenaggio, prevalentemente
di tipo sub-parallelo, è poco sviluppato con modesti tributari di limitato sviluppo in
lunghezza.
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L’area territoriale tra il bacino idrografico del Torrente Forgia e Punta di
Solanto comprende una limitata porzione del territorio di Castellammare del Golfo.
La sua superficie, estesa circa 80 km2, si sviluppa da Nord verso Sud con una forma
irregolare e confina ad oriente con l’area territoriale tra il Bacino del Fiume San
Bartolomeo e Punta Solanto, a Sud con il bacino idrografico del T.te Forgia mentre
ad occidente l’area, essendo prospiciente al Mar Tirreno, è delimitata dalla linea di
costa.
Le quote più elevate dello spartiacque si localizzano ad oriente in corrispondenza
della dorsale che da Monte Monaco si spinge verso Sud fino a Monte Sparagio. In
questo settore i rilievi principali sono rappresentati da Monte Monaco (529 m), Pizzo
di Sella (circa 700 m), Monte Scardina (689 m) e Monte Sparagio (1111 m).
In questa area territoriale la rete idrografica è poco sviluppata e consiste in alcune
linee di impluvio, con valli spesso con profili trasversali a V, che drenano i versanti
dei rilievi carbonatici e scaricano i deflussi superficiali direttamente in mare. L’unica
incisione di una certa rilevanza (Canale Biro) non ricade nell’area in studio.
Idrogeologia:
Assetto Idrogeologico
Nell’area oggetto del presente studio ricadono principalmente due strutture idrogeologiche afferenti al più ampio bacino idrogeologico dei monti di Trapani:
•
Unità idrogeologica Monte Inici - Monte Ramalloro;
•
Unità idrogeoloica Monte Sparagio – Monte Monaco.
La circolazione idrica nelle maggiori idrostrutture è essenzialmente condizionata dai
principali lineamenti strutturali ed, in particolare, dai fronti di accavallamento e
dalle forme carsiche profonde e di superficie.
Il corpo idrico Monte Sparagio – Monte Monaco nell’area oggetto di studio affiora
solamente in corrispondenza del rilievo di Monte Sparagio che ne costituisce il suo
margine sud-orientale. Il corpo idrico è parzialmente tamponato alla base dai depositi argillo-marnosi miocenici impermeabili (k = 10-9 m/s) scollate dal sottostante
corpo idrico di Monte Inici. Le manifestazione sorgentizie di Scopello sono legate
infatti a questo parziale tamponamento. Il bacino di alimentazione di questa sorgente coincide con una idrostruttura di ordine minore di natura dolomitica e calcareo-dolomitica. L’assetto stratigrafico accompagnato ad una disposizione tettonica e
spaziale delle diverse unità geologiche che compongono il corpo idrico nel suo insieme tende infatti a rendere compartimentati i diversi acquiferi presenti, fatto
ulteriormente favorito dalla natura carsica degli acquiferi.
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Il corpo Idrico Monte Inici - Monte Ramalloro affiora nell’area in studio in corrispondenza dei rilievi omonimi di Monte Inici e di Monte Ramalloro. Il recapito finale di
questa unità è rappresentato dal mare e dalla spianata pleistocenica di Castellammare. L’acquifero principale ha sede nei terreni di natura calcareo-dolomitica di età
triassico-liassica ed ha una permeabilità variabile tra 10-1 e 10-4 m/s e una potenza
massima in affioramento di circa 100 metri (M. Inici). Al di sopra dell’acquifero
principale seguono delle sequenze calcareo-marnose e marnoso-argillose con permeabilità variabile da media a bassa in relazione alla maggiore o minore presenza
dei livelli marnosi scarsamente permeabili e dei livelli argilloso-marnosi che hanno
funzione di impermeabile relativo. Nei tratti generali la componente del flusso idrico
sotterraneo è diretta verso i quadranti settentrionali e nord-orientali con sversamento prevalente a mare come attestato dalla presenza di diffuse manifestazione
sorgentizie sottomarine lungo il profilo costiero e anche in direzione dei depositi
pleistocenici della Piana di Castellammare del Golfo. In questo ultimo caso il flusso
viene travasato in relazione al diverso grado di trasmissività degli acquiferi coinvolti.
La porzione affiorante del corpo idrico costituisce il bacino di alimentazione del
gruppo termale Terme Segestane – Gorga. Come attestato infatti dall’analisi delle
stratigrafie di pozzi idrici o per ricerche di idrocarburi e dai dati geofisici, verso sud
e sud – est l’unità sembrerebbe collegata a delle sub-strutture sepolte di natura
carbonatica, sottostanti ad un potente spessore di depositi terrigeni (il cui tetto si
rinviene al massimo a – 500, - 600 metri s.l.m.), e dotate di superficie piezometrica
(Cusimano et al. 1982). Nei settori meridionali (località Balata di Baida e Bruca),
tali sub-strutture, sono interessate da importanti lineamenti trascorrenti. Questi
lineamenti trascorrenti sinistri sembrano proseguire lungo il corso del Fiume Caldo
ed essere responsabili delle venute idrotermali (Terme Segestane e Terme Gorga),
comprese quelle di Monte Inici, dove ricadono alcuni pozzi idrici con acque calde
fortemente mineralizzate (Cusimano et al., 1986).
La falda idrotermale è stata intercettata anche nelle seguenti località: Costa di
Ballo, Crociferi – Bocca della Carruba (in prossimità dell’abitato di Castellammare
del Golfo) e nell’area prossima al porto, Piano Vignazzi e Balata di Inici.
Altre aree indiziate di leggero termalismo sono quelle della depressione tettonica di
Fraginesi.
Gli affioramenti dei terreni tardorogeni, discordanti sulle unità costituenti l’ossatura
dell’edificio tettonico di Monte Inici, ospitano al loro interno diversi acquiferi, separati da orizzonti impermeabili o semipermeabili dove sono possibili fenomeni di
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fuga. Si tratta di acquiferi mutlifalda di cui i più significativi e produttivi trovano
sede negli intervalli arenaceo-conglomeratici della Formazione Terravecchia.
Negli alvei dei due corsi d’acqua principali ricadenti nel territorio (Fiume S. Bartolomeo, Fosso Guidaloca e Torrente Sarcona) sono presenti acquiferi mutlifalda con
falda superficiale di tipo libero in seno ai depositi alluvionali. In questo caso lo sfruttamento delle acque sotterranee è operato attraverso pozzi a grande diametro
scavati a mano.
Infine rivestono importanza da un punto di vista idrogeologico i depositi sabbiosocalcarenitici costituenti i terrazzi marini, caratterizzati dalla presenza di acquiferi
mutlifalda, le cui acque vengono intercettate da numerosi pozzi. Lo sfruttamento di
tali acquiferi costieri, spesso indiscriminato ha generato fenomeni di ingressione di
acqua marina.
Di seguito vengono descritte le caratteristiche di permeabilità dei terreni che ricadono nell’aree in studio. Si tratta delle caratteristiche idrogeologiche intese nel
senso di permeabilità relativa.
- Rocce permeabili per porosità.
Tale tipo di permeabilità è offerta dai depositi clastici incoerenti dei detriti di falda
presenti ai piedi dei rilievi, dai depositi alluvionali (T. Guidaloca e Fosso Guidaloca),
dalle calcareniti più o meno terrazzate plio-quaternarie .
- Rocce permeabili per fessurazione e carsismo.
Tale tipo di permeabilità è dovuto ad una fitta rete di fessurazione originatasi in
seguito ad intensi sforzi tettonici a cui sono state sottoposte le rocce. Successivamente, le acque arricchite in CO2, svolgendo un’azione solvente sulle rocce di composizione carbonatica, allargano le fessure e danno luogo così a fenomeni carsici più
o meno spinti che aumentano la permeabilità creando delle vie preferenziali di
scorrimento dell’acqua in corrispondenza delle fratture principali.
Tale tipo di permeabilità è presentata dai seguenti litotipi: calcari dolomitici, brecce
calcareo-dolomitiche, orizzonti prettamente calcari della Scaglia. In tali rocce
l’infiltrazione e lo scorrimento delle acque avviene prevalentemente in senso verticale e secondo lamine orizzontali sul tetto dei terreni impermeabili sottostanti.
- Rocce a permeabilità limitata per fessurazione.
Tale tipo di permeabilità è dovuta ad intensa fessurazione in rocce composte da
livelli più o meno permeabili alternati a livelli impermeabili variamente distribuiti in
senso verticale ed orizzontale.
Presentano questo tipo di permeabilità i livelli calcareo-marnosi della Scaglia.
- Terreni molto permeabili.
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A questa categoria sono ascrivibili le litologie caratterizzate da permeabilità in
grande per fessurazione e carsismo; in questo caso la permeabilità primaria per
porosità è di esigua importanza, trattandosi di rocce litoidi compatte ed è comunque legata all’eventuale presenza di livelli calcarenitici e calciruditici presenti
all’interno delle formazioni calcaree.
Nei terreni molto permeabili la circolazione idrica avviene principalmente attraverso
le fratture e i vuoti creati dai processi di dissoluzione; le formazioni dotate di questo
grado di permeabilità rivestono notevole importanza in quanto sedi di consistenti
falde idriche, ubicate generalmente in profondità.
- Terreni mediamente permeabili.
Sono litologie caratterizzate essenzialmente da permeabilità primaria variabile e da
una modesta permeabilità per fessurazione; quest’ultima tipologia di permeabilità si
presenta quando il terreno ha consistenza litoide ed è stato sottoposto a stress
tettonici.
Nei terreni mediamente permeabili la circolazione idrica è affidata essenzialmente
alla porosità degli strati e in misura minore all’eventuale rete di fessurazione; i
terreni suddetti costituiscono spesso degli acquiferi di potenzialità e soggiacenza
variabile; sono molto frequenti falde acquifere sospese, superficiali o a livelli sovrapposti.
Nei terreni mediamente permeabili si identificano tutti i complessi detritici, alluvionali e costieri di natura conglomeratico-sabbiosa, la facies sabbioso-conglomeratica
della Fm. Terravecchia e tutte le componenti calcarenitiche di spessore consistente
intercalate nelle varie formazioni (calcareniti glauconitiche).
- Terreni impermeabili.
Essi sono rappresentati dalle litologie nelle quali si verifica una circolazione idrica
praticamente trascurabile e che per tali caratteristiche fungono da substrato alle
falde acquifere.
In questa categoria si identificano tutte le litofacies costituite da una frazione argillosa prevalente; in particolare, nell’area in esame esse sono rappresentate dalle
facies argillose della Fm. Terravecchia, dalla Fm. Marne di San Cipirello e dalla Fm.
Castellana Sicula che rappresentano degli impermeabili relativi.
Vulnerabilità Idrogeologica
Lo studio della vulnerabilità all’inquinamento degli acquiferi che si localizzano in
particolare nei S.I.C. e nelle Z.P.S. del territorio comunale di Castellammare del
Golfo, si propone di definire l’impatto che situazioni permanenti, periodiche o accidentali, possono indurre sulla qualità e sulle caratteristiche delle acquee sotterraneDr. Agronomo Domenico Navarra
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e. Lo scopo è quello di prevedere misure che possano tutelare la qualità delle acque
sotterranee.
La caratterizzazione dei corpi idrici superficiali nei singoli sistemi idrografici è oggetto di studio del Piano di gestione del distretto idrografico della Sicilia nel Sistema
“San Bartolomeo”.
Il corpo idrico Monte Inici - Monte Ramalloro è molto vulnerabile in relazione alle
caratteristiche idrostrutturali e geomorfologiche delle aree di ricarica, caratterizzate
dalle presenza di stratificazione evidente, di diffusa maglia di fratturazione ed elevato carsismo degli orizzonti calcareo-dolomitici. Inoltre, in gran parte dei rilievi
principali di Monte Inici e Monte Ramalloro la roccia è affiorante o sub-affiorante
con scarsa presenza di suolo e di una adeguata copertura vegetazionale capace di
svolgere una efficace azione di autodepurazione. I centri di pericolo principali sono
localizzati in corrispondenza di alcune cave attive ed inattive a Monte Inici, dalla
presenza dell’asse stradale S.S. 187 che attraversa il settore di Monte Ramalloro e
la strada di collegamento tra Castellammare del Golfo e Calatafimi che si snoda
lungo le pendici orientali di Monte Inici. Sono da considerare a rischio le aree costiere ed in particolare gli acquiferi di pianura di Fraginesi e Piano Vignazzi in cui i
fenomeni di ingressione di acqua marina possono essere innescati dal sovrasfruttamento della falda idrica con il conseguente depauperamento della risorsa.
Un altro fattore di rischio per l’inquinamento è costituito dall’attività antropica
nell’abitato di Castellammare del Golfo, ubicato nel margine NE del corpo idrico.
Per quanto attiene al settore sud-orientale del corpo idrico di Monte Sparagio questo risulta piuttosto vulnerabile tanto per le caratteristiche litostratigrafiche e geomorfologiche delle aree di ricarica (zone carsificate e fratturate) che per la mancanza di coperture di suolo e di una vegetazione associata in grado di svolgere
un’azione di autodepurazione delle acque sotterranee. I centri di pericolo per quanto riguarda le aree ricadenti nei SIC e/o ZPS sono localizzati in corrispondenza delle
diverse cave di estrazione e lavorazione di materiale lapideo attive ed inattive ubicate principalmente nel versante meridionale di Monte Sparagio. Se si escludono
queste attività l’incidenza dell’inquinamento di natura antropica risulta essere bassa
o molto bassa, vista la quasi totale assenza di attività produttive in queste aree
montuose, soprattutto lungo il versante nord-occidentale dove ricade la Riserva
Naturale Orientata dello Zingaro soggetta a vincolo naturalistico.
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7. DESCRIZIONE DEL QUADRO DI RIFERIMENTO
CARATTERISTICHE DEI SITI DELLA RETE NATURA 2000
AMBIENTALE
-
Caratteristiche climatiche
Per quanto riguarda l’andamento delle temperature, le registrazioni relative alle
vicine stazioni litoranee di Trapani e di Capo S. Vito evidenziano come l’influenza
marittima abbia notevoli ripercussioni sulla climatologia locale, con escursioni medie
annue comprese tra 6,9 e 7,3 °C. La media diurna risulta piuttosto elevata, attestandosi su valori di 18,1-19 °C, con medie mensili di 11,4-12,6 °C e di 25,8-27,4
°C. Dalle registrazioni pluviometriche risultano precipitazioni medie annue comprese tra 502,4 mm (Capo S.Vito) e 602,7 (S.Andrea di Bonagia). Sulla base della
classificazione bioclimatica definita secondo gli indici di RIVAS-MARTINEZ applicati alle suddette registrazioni pluviometriche, il territorio è compreso tra il termomediterraneo inferiore ed il mesomediterraneo inferiore subumido superiore.
Viabilità
Le principali infrastrutture di trasporto che incidono sul territorio sono le strade che
collegano il paese ai maggiori nuclei abitati del comune tra di loro quali la SP 63
S.Vito-Scopello, la SS 187 Castellammare del Golfo, il porto di Castellammare del
Golfo, lo svincolo autostradale dell’ A29 Palermo-Trapani. E’ presente una rete
ferroviaria che ha perso con gli anni la funzione di trasporto merci per il territorio e
funge pressoché da trasporto civile soprattutto per la spola con i paesi limitrofi della
Provincia di Palermo e di Trapani.
Frazioni e Nuclei abitati minori
Il territorio comunale ospita circa 14.603 abitanti residenti, distribuiti oltre che nel
centro abitato di Castellammare del Golfo in “nuclei minori” di varia importanza
ma che attraverso la Rete Natura 2000 potrebbero trovare il giusto strumento per
un rilancio innanzitutto paesaggistico-ambientale che possa fare da volano per la
crescita di tutto il territorio comunale, considerato pure che per ubicazione coprono
parte dell’area comunale stessa. I nuclei minori degni di maggior nota, con aspetti
abitativi del tipo continuativo e non, che meritano tutta l’attenzione del caso, sono:

Balata di Baida: Ubicata a circa 10 Km ad Ovest del centro abitato principale, è la frazione con il maggior numero di abitanti, circa 300. E’ costeggiata
dalla SS 187 che congiunge Castellammare con i paesi limitrofi quali Buseto
Palizzolo, Custonaci e San Vito Lo Capo. Fonda la propria ricchezza economica sul settore agricolo ed estrattivo minerario in modo principale, e lo testimonia in modo netto il “terroir” che nei decenni si è venuto a creare a causa
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della forte incidenza antropica. Sebbene la frazione di Balata di Baida sia interessata dal Sito Natura 2000 ZPS ITA 010029 “Monte Cofano, Capo
S. Vito, Monte Sparagio”,il centro abitato, individuato nella Tav. P.3* del
P.R.G. vigente, non presenta la presenza di alcun Habitat Natura 2000 che
possa andare incontro a rischi dovuti all’antropizzazione dell’area.
Nelle zone limitrofe al centro abitato, invece, sono presenti i seguenti
Habitat,tra i quali il 91AA* prioritario :
•
5330
: Arbusteti Termo-mediterranei e pre-desertici;
•
91AA* : Boschi orientali di Quercia bianca;
•
9340
: Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia.
Il territorio di Balata di Baida e’ ad oggi interessato da un Progetto di revisione del
P.r.g. nella zona stralciata dell’abitato di Balata di Baida,da parte del Prof. Ing.
Arch. G. Trombino,in adempimento a quanto richiesto nel decreto di approvazione
del P.r.g. vigente; nel citato decreto di approvazione l' A.R.T.A. ha stralciato le
previsioni relative a Balata di Baida onerando il comune di C.mare del Golfo di
effettuare, attraverso un apposito studio urbanistico, un'analisi approfondita sui
reali fabbisogni della frazione stessa.

Scopello : Borgata di notevole valenza ambientale-culturale, ubicata a
circa 10 Km dal centro abitato di Castellammare del Golfo è servito dalla SP
63, ricopre una notevole importanza per il turismo stagionale. Negli ultimi
decenni ha acquisito sempre più valenza residenziale soprattutto nel territorio
adiacente il Borgo. Da un punto di vista storico c’è da ricordare che Scopello
nasce come insediamento ellenico ma riscopre sempre più importanza strategica sin dal XIII sec. con Federico II di Svevia, successivamente sotto il dominio normanno si assiste al sorgere del Baglio e della piazzetta adiacente
con la Chiesa di S.Maria delle Grazie. Dal 1830 al 1860 circa era considerata
a tutti gli effetti la “Tenuta di caccia” di Ferdinando III di Borbone. Appartengono a queste memorie storiche la famosa Tonnara, che ha avuto gran lustro
anche grazie alla Famiglia Florio, e le tre torri che sovrastano la borgata, torri
erette tra il XIII e il XVI sec. A Scopello è presente la Riserva Naturale
O-
rientata dello Zingaro, resa Riserva a tutti gli effetti di legge con la L.R.
98/981 e per i Comuni di Castellammare del Golfo e di San Vito lo Capo riveste importanza paesaggistico-ambientale di primaria importanza. Un’altra attrattiva di sicuro interesse sono i “Faraglioni” , che offrono un panorama suggestivo e fuori dal “tempo” ai visitatori. Il centro abitato, individuato nella
Tav. P.3* del P.R.G. vigente è interessato sia dal Sito Natura 2000 “ZPS ITA
010029 Monte Cofano, Capo S.Vito, Monte Sparagio” che dal Sito NatuDr. Agronomo Domenico Navarra
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ra 2000 “SIC ITA 010017 Capo San Vito, Monte Monaco, Zingaro, Faraglioni Scopello, Monte Sparacio”. Nella borgata non sono presenti
Habitat mentre nella zona limitrofa troviamo un Habitat prioritario quale il
6220*e nelle adiacenze della borgata gli Habitat presenti sono :
•
5330
: Arbusteti Termo-mediterranei e pre-desertici;
•
5331
: Formazioni ad Eufhorbia dendroides;
•
9340
: Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia;
•
6220* : Percorsi Sub-steppici di Graminaceae e piante annue
di Thero-Brachipodietea;
8214
•

: Versanti calcarei dell’Italia Meridionale.
Baida: Borgo rurale ubicato a circa 15 Km dal centro abitato, negli ultimi
anni sta riacquistando il valore di punto di riferimento per la ruralità della zona, grazie ad interventi privati di riqualificazione del territorio.
Merita menzione il Castello di Baida come fulcro di interesse turistico per la
zona intera. La borgata è interessata sia dal Sito Natura 2000 “ZPS ITA
010029 Monte Cofano, Capo S.Vito, Monte Sparagio” che dal Sito Natu
ra 2000 “SIC ITA 010017 Capo San Vito, Monte Monaco, Zingaro,
Faraglioni Scopello, Monte Sparacio”. Il comprensorio del Castello di
Baida è interessato dai seguenti Habitat, tra i quali uno prioritario 91AA* :

•
5330
: Arbusteti Termo-mediterranei e pre-desertici;
•
5331
: Formazioni ad Eufhorbia dendroides;
•
5332
: Praterie ad Ampelodesmus mauritanicus;
•
91AA* : Boschi orientali di Quercia bianca;
•
92A0
: Foreste e gallerie di Salix alba e Populus alba.
Fraginesi: Zona residenziale ubicata a circa 5 Km ad Ovest del centro abitato di Castellammare del Golfo, è la zona che più di tutte ha subito trasformazioni negli ultimi decenni grazie agli interventi antropici di riqualificazione.
Non è interessata direttamente dai Siti Natura 2000 ma non per questo le attività che la riguardano non possono creare effetti di disturbo ai Siti Natura
2000 limitrofi, soprattutto ai Siti “ZPS ITA 010029 Monte Cofano,Capo
San Vito, Monte Sparagio” e al “SIC ITA 010015 Complesso Monti di
Castellammare del Golfo”. Non sono presenti Habitat di Natura 2000
all’interno del territorio di Fraginesi, ma sul versante di Costa Larga sono
presenti gli Habitat, tra cui il 6220* e il 91AA* prioritari:
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•
5330
: Arbusteti Termo-mediterranei e pre-desertici;
•
5332
: Praterie ad Ampelodesmus mauritanicus;
•
6220* : Percorsi Sub-steppici di Graminaceae e piante annue
di Thero-Brachipodietea;

•
91AA* : Boschi orientali di Quercia bianca;
•
9340
: Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia.
Visicari-Sarmuci : Zona cuscinetto tra le borgate di Scopello e il Castello
di Baida, e tra i Comuni di Castellammare del Golfo e Custona
ci, interessata dai Siti Natura 2000 “ZPS ITA 010029 Monte Cofano,
Capo S.Vito, Monte Sparagio” e “SIC ITA 010017 Capo San Vito,
Monte Monaco, Zingaro, Faraglioni Scopello, Monte Sparacio”.
Nelle prossimità del territorio sono presenti i seguenti Habitat:

•
5330
: Arbusteti Termo-mediterranei e pre-desertici;
•
5331
: Formazioni ad Eufhorbia dendroides;
•
5332
: Praterie ad Ampelodesmus mauritanicus;
•
9340
: Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia;
•
8214
: Versanti calcarei dell’Italia Meridionale.
Dacala Secca: Il nucleo abitato, individuato nella Tav. P.3* del P.R.G. vi
gente, rappresenta una zona cuscinetto tra Castellammare del Golfo e la fra
zione di Balata di Baida, interessata dal Sito Natura 2000 “ZPS ITA 010029
Monte Cofano, Capo S.Vito, Monte Sparagio”, con Habitat Natura 2000
prioritario 91AA*:

•
5330
: Arbusteti Termo-mediterranei e pre-desertici;
•
5332
: Praterie ad Ampelodesmus mauritanicus;
•
91AA* : Boschi orientali di Quercia bianca;
Inici: Inici si differenzia dai precedenti nuclei minori del Comune di Castellammare innanzitutto per l’ubicazione, in quanto insiste a SSO del territorio
comunale nella parte confinante con i Comuni di Calatafimi-Segesta da un lato e un po’ più marginale con Buseto Palizzolo, è interessata dai Siti Natura
2000 “ZPS ITA 010029 Monte Cofano, Capo S.Vito, Monte Sparagio” e
dal “SIC ITA 010015 Complesso Monti di Castellammare del Golfo”.
Ormai caratterizzato da un paesaggio prettamente rurale, caratterizzato soprattutto dalla coltivazione dell’Ulivo e della Vite, i terreni seminativi sono per
lo più coltivati a Grano duro e rientrano comunque nella rotazione agronomi-
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ca tipica della zona. Negli ultimi anni tutta la zona è stata interessata da vasti
incendi estivi che hanno fortemente compromesso gli Habitat presenti, specialmente quelli di conifere e altre essenze tipicamente boschive. A differenza
delle altre borgate che stanno assistendo ad un risveglio di interesse sia ricettivo che produttivo, Inici ha assistito nell’ultimo decennio soprattutto, ad
un sempre più progressivo abbandono dell’identità residenziale. Nel territorio
di Inici sono presenti Habitat prioritari come 91AA*, 3170* e 6220*,
oltre agli altri Habitat Natura 2000 presenti nel territorio, quali:
•
3170* : Stagni temporanei mediterranei;
•
5330
: Arbusteti Termo-mediterranei e pre-desertici;
•
5331
: Formazioni ad Eufhorbia dendroides;
•
5332
: Praterie ad Ampelodesmus mauritanicus;
•
6220* : Percorsi Sub-steppici di Graminaceae e piante annue
di Thero-Brachipodietea;
•
•
8214
: Versanti calcarei dell’Italia Meridionale.
91AA* : Boschi orientali di Quercia bianca;
•
9330
: Foreste di Quercus suber;
•
92D0
: Gallerie e forteti ripari meridionali ( NerioTamaricetea e Securinegion tinctoriae);
•
9340
: Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia.
8. Incidenza e descrizione dei singoli Habitat sul territorio e sulle Z.T.O.
Caratteristiche dei Siti Natura 2000 SIC-ZPS.
Sito Natura 2000 “SIC ITA 010008 Complesso Monte Bosco e Scorace”.
Il SIC ITA 010008, a differenza degli agli altri siti Natura 2000 presenti nel territorio
di Castellammare del Golfo, non è interessato da un aggiornamento della perimetrazione in corso di approvazione dalla C.E., come si evince pure dalle Tab. 1 e 2
della Tav 1.1. delle informazioni statistiche allegate alla presente relazione, e dove
sono dettagliate tutte le differenze di superficie, la ripartizione e distribuzione degli
Habitat interessati nel Sito Natura 2000 in questione. Dalla sovrapposizione degli
Habitat con le Z.T.O. del P.R.G. Vigente nel Comune di Castellammare del Golfo
vediamo che la Superficie Totale del Sic è pari ad Ha 99,66 tutti presenti nella
Z.T.O. E 1 Zona Agricola Produttiva e Habitat rappresentativo il 6220* per Ha 2,98
pari ad un’incidenza del 2,99%.
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In questa area traggono origine il Fastaia, affluente del Fiume Birgi a Sud, il Torrente Forgia a Nord-Ovest e alcuni affluenti del Guidaloca a Nord-Est. Il SIC è occupato
in maniera prevalente da eucalipteti, estesi da Nord a Sud con prevalenza lungo il
settore Ovest; cinque grandi aree ricoperte da boschi di pini mediterranei e cipresso
sono ben distinguibili nella parte Nord e Sud del SIC, mentre due piccole aree ricoperte da macchia si rinvengono nella porzione centrale. Il SIC comprende un’ampia
area forestata, in massima parte dominata dai rimboschimenti (specie prevalenti
Pinus halepensis ed Eucalyptus camaldulesis), ma parzialmente costituita da interessanti aspetti boschivi a Quercus suber.
Aspetti botanici e vegetazionali:
L’habitat di interesse comunitario presente all’interno del territorio ed elencato nella
Direttiva Habitat, uno di interesse prioritario 6220*. Oltre all’habitat 6310 è stato
eliminato dal formulario anche il 9320, dal momento che anche in ambiti subrupestri non sono presenti aspetti di vegetazione a Olea europaea e Ceratonia. Anche
nelle stazioni più aride sono infatti sempre presenti aspetti di radi a Quercus suber
o aspetti di gariga ad essi collegati dinamicamente. Non sono presenti specie elencate nell'Allegato II della Direttiva 92/43/EEC.
Analisi preliminare delle criticità:
L’area, saltuariamente soggetta ad incendi (180), è stata fin nel recente passato
sottoposta a massicci interventi di riforestazione (161) con specie esotiche o mediterranee ma del tutto estranee alle formazioni boschive autoctone (rimboschimenti
ad Eucalyptus camaldulensis e a Pinus halepensis). La potenzialità di questi soprassuoli artificiali è notevole, come dimostra il denso strato arbustivo a Cistus che
tende ad insediarsi, a prova di un certo dinamismo della vegetazione verso cenosi
più stabili. All’interno delle cenosi forestali a Quercus suber è possibile riscontrare
diverse specie di notevole interesse fitogeografico, soprattutto in presenza di affioramenti stagionali della falda (aspetti degli Isoëto-Nanojuncetea, praterelli effimeri
dei Tuberarietea guttatae).
Aree di importanza faunistica:
Arbusteti, macchie e garighe
Sono aree che ospitano una vegetazione arbustiva, più o meno evoluta, che rappresenta sia un aspetto di degrado dell’originaria vegetazione forestale, sia un aspetto
di ricolonizzazione dei pascoli da parte di specie preforestali. Queste aree sono,
quindi, dinamicamente correlate alle zone boscate, verso la cui formazione tendeDr. Agronomo Domenico Navarra
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rebbero ad evolversi naturalmente in assenza di disturbi quali l’incendio, il pascolo
e la ceduazione. Esse fungono sia da “serbatoi di biodiversità” (principalmente per
quanto riguarda la fauna invertebrata) che da aree di riposo, rifugio e foraggiamento per molti vertebrati ed essendo altamente permeabili, contribuiscono ad incrementare la connettività ecologica del territorio.
Pascoli e praterie
Per i pascoli si tratta di diverse tipologie di ambienti aperti caratterizzati dalla utilizzazione a pascolo. Spesso sono zone con suolo molto povero e con affioramenti
rocciosi. Queste aree hanno un notevole interesse per la fauna, infatti oltre che veri
e propri corridoi ecologici, esse rappresentano zone di foraggiamento dei rapaci e
habitat di elezione per numerose specie di uccelli proprie degli ambienti aperti. Un
gran numero di specie di insetti sono esclusive di questi habitat e la presenza del
bestiame al pascolo e all’origine di numerose catene alimentari. Le praterie sono
ambienti xerici che ospitano una fauna molto specializzata. Accresce il loro interesse il fatto che su questi habitat il pascolo esercita una pressione molto ridotta. In
ambienti seminaturali o intramezzate ad aree coltivate possono configurasi come
corridoi ecologici. Sono classificate come habitat di interesse comunitario.
Boschi e boscaglie
Sono stati inclusi in queste aree diverse tipologie boschive naturali. Spesso si tratta
di boschi secondari, formatisi in conseguenza dell’abbandono delle colture, di residui di boschi o di boschi ripariali. La tutela di questi habitat è essenziale per la
conservazione della fauna.
Rimboschimenti
Questi habitat, sebbene non siano caratterizzati da una fauna specializzata e non
rivestano generalmente un particolare interesse naturalistico, rappresentano potenziali rifugi per un buon numero di specie sia di vertebrati che di invertebrati, la loro
presenza infatti accresce pure la connettività ecologica dell’intero territorio.
Agroecosistemi di interesse faunistico
Fungono da aree di foraggiamento, sosta, riposo e talora nidificazione per la fauna.
Per tale motivo in generale esse oltre a connotare, per alcune di loro, fortemente il
paesaggio in modo armonico con la natura rivestono comunque un notevole significato per la conservazione della fauna e dell’avifauna in modo particolare.
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Sito Natura 2000 “SIC ITA 010015 Complesso Monti di Castellammare del
Golfo”.
L’area del SIC ricade interamente nel territorio del Comune di Castellammare del
Golfo (TP), dove si estende per Ha 2.405,47, dopo la nuova perimetrazione in fase
di aggiornamento dalla C.E., con ben 1.980,36 Ha che ricadono nella Z.T.O. E.3
Zona Agricola da Forestare con un’incidenza del 82,327 % e 215,29 Ha in Z.T.O.
R.3 pari al 9,950%. Tra gli Habitat più rappresentativi del SIC si riscontrano il 5332
con 1.026,40 Ha, l’Habitat 9340 con 285,78 Ha e l’Habitat 6220* con Ha 114,29.
In misura minore sono presenti gli Habitat 1170-1210-1240-1310-5320-53305331-5333-8214-91AA*-9330. La superficie totale degli Habitat presenti nel SIC è
pari ad Ha 1.562,31.
Il Sito natura 2000 in oggetto ingloba il rilievo culminante nelle vette di Monte Inici
(1064 m s.l.m.), Pizzo delle Neviere (1042 m s.l.m.) e Cozzo Monaco (773 m
s.l.m.). Nel versante nord si estende anche alla fascia costiera che si protrae ad
ovest dell’abitato di Castellammare del Golfo, includendo Punta Cala Bianca e Capo
Puntazza. Imponenti sono i sistemi rupestri, presenti prevalentemente ad oriente e
a settentrione, proprio a monte del centro abitato di Castellammare. Verso occidente si rinvengono invece interessanti fosse, come quella delle “Bocche di Centurino”
che tagliano in maniera netta l’area collinare poste a Sud dell’abitato di Balata di
Baida. In virtù della notevole differenziazione altimetrica e della vicinanza al mare,
si riscontrano nell’area diverse condizioni microclimatiche che si riflettono in una
notevole diversità a livello fitocenotico. L’habitat forestale maggiormente diffuso nel
SIC è l’habitat “Foreste di conifere”, esso è diffuso principalmente nel settore Sud e
Nord, ma presenta alcune aree anche nella parte Ovest ed è rappresentato da
rimboschimenti a pini mediterranei e conifere. In oltre possiamo ritrovare un’area
occupata dall’Habitat “Foreste sempreverdi” costituito principalmente da lecceti ed
in modo limitato da alcune sugherete, soprattutto nel settore Sud – Est del SIC.
Aspetti botanici e vegetazionali:
Le formazioni a Micromeria fruticulosa ed Helianthemum sp., di particolare rilievo
scientifico, rientrano nei biotopi 34.5 (habitat 6220) e 32.4. Rispetto al precedente
formulario è stato eliminato l’habitat 92A0 che risultava non cartografabile e che ad
una più attenta analisi non è effettivamente rappresentato nel territorio incluso
entro i limiti del SIC. Nel formulario viene riportata la presenza di Ophrys lunulata e
Dianthus rupicola, specie elencate nell'Allegato II della Direttiva 92/43/EEC. Dianthus rupicola risulta essere alquanto comune in tutte le rupi del SIC, mentre Ophrys
lunulata è rara e vulnerabile.
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Analisi preliminare delle criticità:
L’area costiera risente del turismo di massa (608, 402, 403), mentre la restante
parte del sito è frequentemente soggetta ad incendi (180) che si ripetono pressoché
annualmente, soprattutto in estate. Mentre ad alta quota e nel versante settentrionale prevalgono le formazioni forestali naturali a Quercus ilex, al di sotto dei 600 m
di quota sono stati eseguiti vari interventi di riforestazione a prevalenza di conifere
(161), nonostante l’evidente capacità di ripresa dei sistemi forestali naturali. Nella
parte Montana (fra la contrada Saltaleviti e Cozzo Monaco) sono inoltre presenti
particolari affioramenti caratterizzati dalla presenza di calcari rosati, al di sopra dei
quali insiste una flora particolarmente pregiata (aspetti a Micromeria fruticulosa ed
Helianthemum sp.pl.). Queste formazioni sono continuamente minacciate da opere
di scasso effettuate sia per l’impianto di nuovi vigneti che per opere di rimboschimento.
Aree di importanza faunistica:
Coste marine rocciose
Sono state incluse in questa tipologia le coste alte caratterizzate da pareti rocciose
immergenti verso mare con elevate inclinazioni. Questi ambienti rivestono un ruolo
importante, in particolare, per l’avifauna. La difficile accessibilità delle falesie garantisce, infatti, un certo grado di protezione ai nidi. Oltre alle specie marine, diverse
altre specie, tra cui molti predatori, mostrano una predilezione per questi ambienti.
In questo caso il fattore ecologico determinante è la presenza di siti inaccessibili.
Arbusteti, macchie e garighe
Sono aree che ospitano una vegetazione arbustiva, più o meno evoluta, che rappresenta sia un aspetto di degrado dell’originaria vegetazione forestale, sia un aspetto
di ricolonizzazione dei pascoli da parte di specie preforestali. Queste aree sono,
quindi, dinamicamente correlate alle zone boscate, verso la cui formazione tenderebbero ad evolversi naturalmente in assenza di disturbi quali l’incendio, il pascolo
e la ceduazione. Esse fungono da “serbatoi di biodiversità” (principalmente per
quanto riguarda la fauna invertebrata) e da aree di riposo, rifugio e foraggiamento
per molti vertebrati ed essendo altamente permeabili, contribuiscono ad incrementare la connettività ecologica del territorio.
Pascoli e praterie
Per i pascoli si tratta di diverse tipologie di ambienti aperti caratterizzati dalla utilizzazione a pascolo. Spesso sono zone con suolo molto povero e con affioramenti
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rocciosi. Queste aree hanno un notevole interesse per la fauna, oltre che veri e
propri corridoi ecologici, esse rappresentano zone di foraggiamento dei rapaci e
habitat di elezione per numerose specie di uccelli proprie degli ambienti aperti. Un
gran numero di specie di insetti sono esclusive di questi habitat e la presenza del
bestiame al pascolo è all’origine di numerose catene alimentari.
Le praterie sono ambienti xerici che ospitano una fauna molto specializzata. Accresce il loro interesse il fatto che su questi habitat il pascolo esercita una pressione
molto ridotta. In ambienti seminaturali o intramezzate ad aree coltivate possono
configurasi come corridoi ecologici. Sono classificate come habitat di interesse
comunitario.
Aree rupestri
In questo caso si è preferito privilegiare la tipologia morfologica piuttosto che quella
legata alla vegetazione, quest’ultima può presentare diversi aspetti: da ambienti
steppici ad ampelodesmeti a cespuglieti, che ospitano svariati tipi di fauna. Queste
tipologie comprendono rocche e poggi con forte acclività o verticali, generalmente
rocciosi o pietrosi. In molti casi, la forte acclività le ha finora salvaguardate da
pesanti trasformazioni antropiche. Queste aree offrono rifugi e siti di nidificazione a
diverse specie di uccelli, ed hanno un ruolo fondamentale per la sopravvivenza dei
rapaci. Inoltre spesso presentano cavità e fessure tra le rocce che sono luogo di
rifugio per i pipistrelli.
Bacini d’acqua artificiali
Tali aree, sebbene artificiali, offrono opportunità di sopravvivenza a molte specie di
vertebrati ed invertebrati. Tali ambienti contribuiscono ad accrescere sensibilmente
l’eterogeneità ambientale e la biodiversità. Essi sono infatti utilizzati da molte specie di uccelli di passo, soprattutto limicoli, che li utilizzano come delle vere e proprie
“zone umide”, e dall’erpetofauna, in particolare dagli anfibi notoriamente legati
all’acqua per l’espletamento del loro ciclo biologico, ma anche da specie di invertebrati paludicole, o comunque igrofile. Questi habitat, nell’ambito in questione, sono
poco rappresentati e di ridotta estensione, essi appaiono, inoltre, altamente frammentati. Sarebbe dunque auspicabile, oltre ad avviare e/o favorire processi di naturalizzazione, realizzare una maggiore inter-connettività attraverso la creazione o il
potenziamento dei corridoi ecologici.
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Boschi e boscaglie
Sono stati inclusi in queste aree diverse tipologie boschive naturali. Spesso si tratta
di boschi secondari, formatisi in conseguenza dell’abbandono delle colture, di residui di boschi o di boschi ripariali. La tutela di questi habitat è essenziale per la
conservazione della fauna.
Rimboschimenti
Questi habitat, sebbene non siano caratterizzati da una fauna specializzata e non
rivestano generalmente un particolare interesse naturalistico, rappresentano potenziali rifugi per un buon numero di specie sia di vertebrati che di invertebrati; la loro
presenza accresce inoltre la connettività ecologica dell’intero territorio. Nell’ambito
in esame questa tipologia è stata inclusa all’interno di aree (spesso comprendenti
altre tipologie, soprattutto boschi) con elevata copertura vegetazionale e caratterizzate da una morfologia eterogenea (in particolar modo per quanto riguarda
l’esposizione e la variazione altitudinale).
Agroecosistemi di interesse faunistico
Fungono da aree di foraggiamento, sosta, riposo e talora di nidificazione per la
fauna. Per tale motivo in generale esse oltre a connotare, per alcune di loro, fortemente il paesaggio in modo armonico con la natura, rivestono comunque un notevole significato per la conservazione della fauna e dell’avifauna in modo particolare.
Sito Natura 2000 “SIC ITA 010017 Capo S.Vito, M.Monaco, Zingaro, Faraglioni di Scopello, M.Sparacio”.
L’area del SIC, in parte già compresa all’interno della Riserva Naturale Orientata
dello Zingaro, si estende complessivamente per una superficie di circa 7.260
ettari, interessando i territori comunali di San Vito Lo Capo, Castellammare del
Golfo e Custonaci. Per quanto concerne il territorio del Comune di Castellammare
del Golfo il SIC si estende per 677,81 Ha, interessando soprattutto la Z.T.O. E.2
per 247,81 Ha ed un’incidenza del 36,561%, la Z.T.O. E.1 con 181,75 Ha pari al
26,814% ,la Z.T.O. R.N.O. Lo Zingaro per 91,41 Ha con un’incidenza del
13,486%, in misura minore sono pure interessate le Z.T.O. D.7 Zona Destinata
all’Estrazione del Marmo con 69,06 Ha e il 10,189%, la Z.T.O. R.V. Fascia di rispetto Verde Ambientale con 53,75 Ha pari al 7.930 % e marginalmente nelle Z.T.O.
D.2-R.1-R-A-Fp. Gli Habitat presenti nel SIC ricoprono una superficie totale pari a
409,76 Ha incidendo sui sistemi Z.T.O. nella misura del 84,166%. Nello specifico gli
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Habitat presenti sono soprattutto il 5332 con 254,05 Ha dei quali ben 148,63 Ha nel
Sistema Agricolo Ambientale, in misura minore si riscontrano gli Habitat 53319340-5330-6220*-5333-1240. Il sito si localizza nella fascia costiera del versante
settentrionale del Trapanese, dalla penisola di San Vito Lo Capo fino alla dorsale
culminante nel M. Sparacio (1110 m), fra le altre cime più elevate figurano M.
Scardina (680 m), M. Speziale (913 m) M. Passo del Lupo (868 m) e M. Monaco
(532 m). Si tratta di rilievi di natura preminentemente carbonatica, caratterizzati da
una morfologia talora piuttosto aspra,con irte falesie. Tali vette sono disposte lungo
due direttrici parallele, fra le quali è interposta un’ampia vallata interna che si apre
poi nell’ampia piana di Castelluzzo e Macari nel territorio comunale di San Vito lo
Capo. Il presente SIC non possiede vaste zone occupate da habitat di interesse
agricolo forestale, solamente da citare sarebbe l’Habitat delle “Foreste sempreverdi”
costituito da piccole aree occupate principalmente da lecceti.
Aspetti botanici e vegetazionali:
Diverse sono le tipologie difficilmente cartografabili, quali gli habitat 5320 e 1170,
rientranti nel 1240, il 3170 (spesso rientrante nel 6220), 2110 e 2210 (limitati a
piccole calette sabbiose e spesso non ben caratterizzati). L’Habitat 9320 (foreste di
Olea e Ceratonia) è stato aggiunto nel formulario sulla base dell’Osservazione di
aspetti di macchia a dominanza di Olea europaea var.sylvestris localizzati principalmente alla base dei versanti meridionali della catena dello Zingaro, al di sopra
dei centri di S. Vito, Macari e Castelluzzo. Si tratta di formazioni a dominanza di
Olivastro, a cui si accompagnano specie termofili quali Teucrium fruticans, Prasium
majus,Asparagus albus. Frequenti sono pure Ceratonia siliqua e Crataegus laevigata. In taluni casi si potrebbe trattare di aspetti di ricolonizzazione insediati in corrispondenza di ex mandorleti o carrubbeti, ma non è da escludere l’origine naturale
di alcuni lembi e in particolar modo di quelli localizzati in corrispondenza di macereti
consolidati sicuramente non soggetti a precedenti tentativi colturali. Nel formulario
viene riportata la presenza di Ophrys lunulata e Dianthus rupicola, specie elencate
nell'Allegato II della Direttiva 92/43/EEC. Dianthus rupicola risulta essere alquanto
comune in tutte le rupi del SIC, mentre Ophrys lunulata è rara e vulnerabile.
Analisi preliminare delle criticità
La principale minaccia agli habitat presenti nel Sic e in particolar modo a quelli di
tipo forestale, rupestre e subrupestre (habitat 5331, 5333, 8214) deriva dai ripetuti
incendi (180). Nei pressi dei centri abitati di S. Vito e Macari vi è un’intensa e incontrollata attività turistica che minaccia molto da vicino alcuni ambiti costieri e in
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particolar modo quelli della penisola di S. Vito. Sempre presso S. Vito si osserva di
recente l’arrivo di specie esotiche particolarmente invasive, quali Pennisetum setaceum e Boehravia repens che competono pesantemente con le specie della flora
locale (954, 971).
Aree di importanza faunistica
Ambienti sabbiosi
Questa particolare tipologia di habitat comprende una artropodofauna caratteristica.
Nella maggior parte dei casi si tratta di elementi specializzati eco-etologicamente e
troficamente, spesso esclusivi di questi ambienti. Alla salvaguardia dell’habitat
dunale nel suo complesso va riservata particolare attenzione sia per la sua limitata
estensione che per le sue specificità. La diversità biologica della zona costiera è
molto fragile e pericolosamente esposta. Tale fragilità è dovuta al fatto che tutta la
biodiversità è suddivisa in fasce di larghezza ridotta parallele alla costa; inoltre,
ogni fascia vive grazie a quella che la precede e a quella che la segue, per cui ogni
minima manomissione umana può causare ingenti danni.
Coste marine rocciose
Sono state incluse in questa tipologia le coste alte caratterizzate da pareti rocciose
immergenti verso mare con elevate inclinazioni. Questi ambienti rivestono un ruolo
importante, in particolare, per l’avifauna. La difficile accessibilità delle falesie garantisce, infatti, un certo grado di protezione ai nidi. Oltre alle specie marine, diverse
altre specie, tra cui molti predatori, mostrano una predilezione per questi ambienti.
In questo caso il fattore ecologico determinante e la presenza di siti inaccessibili.
Arbusteti, macchie e garighe
Sono aree che ospitano una vegetazione arbustiva, più o meno evoluta, che rappresenta sia un aspetto di degrado dell’originaria vegetazione forestale, sia un aspetto
di ricolonizzazione dei pascoli da parte di specie preforestali. Queste aree sono,
quindi, dinamicamente correlate alle zone boscate, verso la cui formazione tenderebbero ad evolversi naturalmente in assenza di disturbi quali l’incendio, il pascolo
e la ceduazione. Esse fungono da “serbatoi di biodiversità” (principalmente per
quanto riguarda la fauna invertebrata) e da aree di riposo, rifugio e foraggiamento
per molti vertebrati e, essendo altamente permeabili, contribuiscono ad incrementare la connettività ecologica del territorio.
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Pascoli e praterie
Per i pascoli si tratta di diverse tipologie di ambienti aperti caratterizzati dalla utilizzazione a pascolo. Spesso sono zone con suolo molto povero e con affioramenti
rocciosi. Queste aree hanno un notevole interesse per la fauna, oltre che veri e
propri corridoi ecologici, esse rappresentano zone di foraggiamento dei rapaci e
habitat di elezione per numerose specie di uccelli proprie degli ambienti aperti. Un
gran numero di specie di insetti sono esclusive di questi habitat e la presenza del
bestiame al pascolo è all’origine di numerose catene alimentari. Le praterie sono
ambienti xerici che ospitano una fauna molto specializzata. Accresce il loro interesse il fatto che su questi habitat il pascolo esercita una pressione molto ridotta. In
ambienti seminaturali o intramezzate ad aree coltivate possono configurasi come
corridoi ecologici. Sono classificate come habitat di interesse comunitario.
Aree rupestri
In questo caso si è preferito privilegiare la tipologia morfologica piuttosto che quella
legata alla vegetazione, quest’ultima può presentare diversi aspetti: da ambienti
steppici ad ampelodesmeti a cespuglieti, che ospitano svariati tipi di fauna. Queste
tipologie comprendono rocche e poggi con forte acclività o verticali, generalmente
rocciosi o pietrosi. In molti casi, la forte acclività le ha finora salvaguardate da
pesanti trasformazioni antropiche. Queste aree offrono rifugi e siti di nidificazione a
diverse specie di uccelli, ed hanno un ruolo fondamentale per la sopravvivenza
dei rapaci. Inoltre spesso presentano cavità e fessure tra le rocce che sono luogo di
rifugio per i pipistrelli.
Corpi d’acqua artificiali e temporanei
Tali aree, sebbene artificiali, offrono opportunità di sopravvivenza a molte specie di
vertebrati ed invertebrati. Tali ambienti contribuiscono ad accrescere sensibilmente
l’eterogeneità ambientale e la biodiversità. Essi sono infatti utilizzati da molte specie di uccelli di passo, soprattutto limicoli, che li utilizzano come delle vere e proprie
“zone umide” e dall’erpetofauna, in particolare dagli anfibi notoriamente legati
all’acqua per l’espletamento del loro ciclo biologico; ma anche da specie di invertebrati paludicole, o comunque igrofile. Questi habitat, nell’ambito in questione, sono
poco rappresentati e di ridotta estensione, essi appaiono,inoltre, altamente frammentati. Sarebbe dunque auspicabile, oltre ad avviare e/o favorire processi di naturalizzazione, realizzare una maggiore inter-connettività attraverso la creazione o
il potenziamento dei corridoi ecologici.
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Boschi e boscaglie
Sono stati inclusi in queste aree diverse tipologie boschive naturali. Spesso si tratta
di boschi secondari, formatisi in conseguenza dell’abbandono delle colture, di residui di boschi o di boschi ripariali. La tutela di questi habitat è essenziale per la
conservazione della fauna.
Rimboschimenti
Questi habitat, sebbene non siano caratterizzati da una fauna specializzata e non
rivestano generalmente un particolare interesse naturalistico, rappresentano potenziali rifugi per un buon numero di specie sia di vertebrati che di invertebrati; la loro
presenza accresce inoltre la connettività ecologica dell’intero territorio. Nell’ambito
in esame questa tipologia è stata inclusa all’interno di aree (spesso comprendenti
altre tipologie, soprattutto boschi) con elevata copertura vegetazionale e caratterizzate da una morfologia eterogenea (in particolar modo per quanto riguarda
l’esposizione e la variazione altitudinale).
Agroecosistemi di interesse faunistico
Fungono da aree di foraggiamento, sosta, riposo e talora nidificazione per la fauna.
Per tale motivo in generale esse oltre a connotare, per alcune di loro, fortemente il
paesaggio in modo armonico con la natura rivestono comunque un notevole significato per la conservazione della fauna e dell’avifauna in modo particolare.
Sito Natura 2000 “ZPS ITA 010029 M.Cofano, Capo S. Vito, M. Sparagio”
L’area, estesa per circa 15.183,74 ettari, include biotopi di rilevante interesse, in
parte già compresi all’interno delle due note “Riserve Naturali dello Zingaro” e
di “Monte Cofano”. Tale ZPS si sovrappone interamente ai Siti Natura 2000 SIC
ITA010016, ITA010015 e ITA010017. Questa ZPS non presenta dal punto di vista
agricolo forestale Habitat con coperture significative; possiamo semplicemente
affermare che le “Colture cerealicole estensive”, rappresentate da seminativi semplici, ricoprono il 5% della superficie; gli “Altri terreni agricoli” si aggirano attorno
all’ 1%; le “Foreste di caducifoglie”, con l’1%, sono occupate da querceti a roverella; l’Habitat “Foreste di conifere” con il 6% è costituito da pini mediterranei e cipresso; le “Foreste sempreverdi” con il 5%; gli “Impianti forestali a monocoltura”
con l’1% ed infine gli “Arboreti” con il 7% con vigneti, oliveti e agrumeti diffusi
soprattutto nella porzione centrale della ZPS.
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Per quanto concerne limitatamente il territorio comunale di Castellammare del
Golfo, la ZPS in oggetto ha subito un aggiornamento della perimetrazione che è in
corso di approvazione da parte della Comunità Europea. Si è passati da un Area di
Ha 6.081,72 ad un’area di Ha 6.079,04. Questo aggiornamento ha interessato solo
alcune zone del territorio e precisamente: Piano Principe-Gagliardetta, Mortilli,
Zona Porto, Guidaloca, Castellaccio, Pilato-Fraginesi, Omo Morto, Terrenuove, Piano Vignazzi, Scopello, Cala Alberelli, Ciacca di Baida, Balata di
Baida e il Castello di Inici.
All’interno della ZPS ITA 010029 sono presenti n°16 Habitat, di cui due prioritari, il
6220* per Ha 218,86 interni alla ZPS e Ha 2,46 esterni al perimetro della ZPS ma
all’interno della fascia di 200 m di tutela prevista dalla Delibera di Giunta Comunale
n°65 del 30/03/2010, con un’incidenza percentuale del 3,600 % su tutta la ZPS
ricadente nel territorio comunale e del 7,499 % su tutta la Superficie Habitat ricadente all’interno della ZPS stessa e il 91AA* per Ha 80,88 tutta all’interno del perimetro con un’incidenza percentuale del 1,33% su tutta la superficie ZPS e del 2,77
su tutta la Superficie Habitat.
L’Habitat maggiormente presente e significativo sul territorio è il 5332 con una
superficie pari ad Ha 1.815,17 interni al perimetro ZPS ed Ha 3,19 esterni al perimetro della ZPS ma interni alla fascia di tutela di 200 m. La sua incidenza è del
29,85 % rispetto alla Superficie ZPS e del 62,19 % rispetto a tutta la Superficie
Habitat all’interno della ZPS. Per quanto riguarda i dati di tutti gli Habitat e le relative sovrapposizioni alle ZTO del PRG di Castellammare del Golfo si rimanda alle
tavole statistiche allegate.
Aspetti botanici e vegetazionali:
Molto ben rappresentate sono le praterie ad Ampelodesmos (5332), i praterelli
terofitici (6220) e, anche se non in termini percentuali, le comunità rupestri (8214).
Diverse sono le tipologie non cartografabili, quali gli habitat 5320 e 1170, rientranti
nel 1240, il 3170 (spesso rientrante nel 6220), 2110 e 2210 (limitati a piccole
calette sabbiose e spesso non ben caratterizzati). Nel formulario viene riportata la
presenza di Ophrys lunulata e Dianthus rupicola, specie elencate nell'Allegato II
della Direttiva 92/43/EEC. Dianthus rupicola risulta essere alquanto comune in tutte
le rupi della ZPS, mentre Ophrys lunulata è rara e vulnerabile.
Analisi preliminare delle criticità:
Per quanto concerne i principali fattori di minaccia si rimanda a quanto è stato gia
detto per le due aree di interesse comunitario inclusi all’interno della ZPS in queDr. Agronomo Domenico Navarra
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stione (SIC ITA 010015 e SIC ITA 010017). Fra le aree non incluse nei tre SIC
di cui sopra, particolarmente minacciata è la costa di Castelluzzo, su cui insiste
un’intensa attività di balneazione estiva. La mancanza di un’adeguata pianificazione
ha fatto si che venissero create diverse piste in terra battuta, minacciando da vicino
le coste rocciose, le garighe costiere a Thymus capitatus, Asteriscus maritimus e
Thymelaea hirsuta e il modesto sistema dunale di Castelluzzo con gravissime conseguenze sulla vegetazione di tipo costiero (habitat 1240 e 2210). Queste problematiche riguardano comunque in maniera particolare la zona del SIC che insiste su
San Vito Lo Capo e Castelluzzo, non le troviamo nel territorio di Castellammare del
Golfo.
Aree di importanza faunistica
Ambienti sabbiosi e cordoni dunali (16.1, 16.211, 16.223)
Questa particolare tipologia di habitat comprende una artropodofauna caratteristica.
Nella maggior parte dei casi si tratta di elementi specializzati eco-etologicamente e
troficamente, spesso esclusivi di questi ambienti. Alla salvaguardia dell’habitat
dunale nel suo complesso va riservata particolare attenzione sia per la sua limitata
estensione che per le sue specificità. La diversità biologica della zona costiera è
molto fragile e pericolosamente esposta. Tale fragilità è dovuta al fatto che tutta la
biodiversità è suddivisa in fasce di larghezza ridotta parallele alla costa; inoltre,
ogni fascia vive grazie a quella che la precede e a quella che la segue, per cui ogni
minima manomissione umana può causare ingenti danni.
Coste marine rocciose
Sono state incluse in questa tipologia le coste alte caratterizzate da pareti rocciose
immergenti verso mare con elevate inclinazioni. Questi ambienti rivestono un ruolo
importante, in particolare, per l’avifauna. La difficile accessibilità delle falesie garantisce, infatti, un certo grado di protezione ai nidi. Oltre alle specie marine,diverse
altre specie, tra cui molti predatori, mostrano una predilezione per questi ambienti.
In questo caso il fattore ecologico determinante è la presenza di siti inaccessibili.
Arbusteti, macchie e garighe
Sono aree che ospitano una vegetazione arbustiva, più o meno evoluta, che rappresenta sia un aspetto di degrado dell’originaria vegetazione forestale, sia un aspetto
di ricolonizzazione dei pascoli da parte di specie preforestali. Queste aree sono,
quindi, dinamicamente correlate alle zone boscate, verso la cui formazione tenderebbero ad evolversi naturalmente in assenza di disturbi quali l’incendio, il pascolo
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e la ceduazione. Esse fungono da “serbatoi di biodiversità” (principalmente per
quanto riguarda la fauna invertebrata) e da aree di riposo, rifugio e foraggiamento
per molti vertebrati e, essendo altamente permeabili, contribuiscono ad incrementare la connettività ecologica del territorio.
Pascoli e praterie
Per i pascoli si tratta di diverse tipologie di ambienti aperti caratterizzati dalla utilizzazione a pascolo. Spesso sono zone con suolo molto povero e con affioramenti
rocciosi. Queste aree hanno un notevole interesse per la fauna; oltre che veri e
propri corridoi ecologici, esse rappresentano zone di foraggiamento dei rapaci e
habitat di elezione per numerose specie di uccelli proprie degli ambienti aperti. Un
gran numero di specie di insetti sono esclusive di questi habitat e la presenza del
bestiame al pascolo e all’origine di numerose catene alimentari. Le praterie sono
ambienti xerici che ospitano una fauna molto specializzata. Accresce il loro interesse il fatto che su questi habitat il pascolo esercita una pressione molto ridotta. In
ambienti seminaturali o intramezzate ad aree coltivate possono configurasi come
corridoi ecologici. Sono classificate come habitat di interesse comunitario.
Aree rupestri
In questo caso si è preferito privilegiare la tipologia morfologica piuttosto che quella
legata alla vegetazione, quest’ultima può presentare diversi aspetti: da ambienti
steppici ad ampelodesmeti a cespuglieti, che ospitano svariati tipi di fauna. Queste
tipologie comprendono rocche e poggi con forte acclività o verticali, generalmente
rocciosi o pietrosi. In molti casi, la forte acclività le ha finora salvaguardate da
pesanti trasformazioni antropiche. Queste aree offrono rifugi e siti di nidificazione a
diverse specie di uccelli, ed hanno un ruolo fondamentale per la sopravvivenza dei
rapaci. Inoltre spesso presentano cavità e fessure tra le rocce che sono luogo di
rifugio per i pipistrelli.
Corpi d’acqua artificiali e temporanei
Tali aree, sebbene artificiali, offrono opportunità di sopravvivenza a molte specie di
vertebrati ed invertebrati. Tali ambienti contribuiscono ad accrescere sensibilmente
l’eterogeneità ambientale e la biodiversità. Essi sono infatti utilizzati da molte specie di uccelli di passo,soprattutto limicoli, che li utilizzano come delle vere e proprie
“zone umide” e dall’erpetofauna, in particolare dagli anfibi notoriamente legati
all’acqua per l’espletamento del loro ciclo biologico; ma anche da specie di invertebrati paludicole, o comunque igrofile. Questi habitat, nell’ambito in questione, sono
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poco rappresentati e di ridotta estensione, essi appaiono, inoltre, altamente frammentati. Sarebbe dunque auspicabile, oltre ad avviare e/o favorire processi di naturalizzazione, realizzare una maggiore inter-connettività attraverso la creazione o
il potenziamento dei corridoi ecologici.
Boschi e boscaglie
Sono stati inclusi in queste aree diverse tipologie boschive naturali. Spesso si tratta
di boschi secondari, formatisi in conseguenza dell’abbandono delle colture, di residui di boschi o di boschi ripariali. La tutela di questi habitat è essenziale per la
conservazione della fauna.
Rimboschimenti
Questi habitat, sebbene non siano caratterizzati da una fauna specializzata e non
rivestano generalmente un particolare interesse naturalistico, rappresentano potenziali rifugi per un buon numero di specie sia di vertebrati che di invertebrati; la loro
presenza accresce inoltre la connettività ecologica dell’intero territorio. Nell’ambito
in esame questa tipologia e stata inclusa all’interno di aree (spesso comprendenti
altre tipologie; soprattutto boschi) con elevata copertura vegetazionale e caratterizzate da una morfologia eterogenea (in particolar modo per quanto riguarda
l’esposizione e la variazione altitudinale).
Agroecosistemi di interesse faunistico
Fungono da aree di foraggiamento, sosta, riposo e talora nidificazione per la fauna.
Per tale motivo in generale esse oltre a connotare, per alcune di loro, fortemente il
paesaggio in modo armonico con la natura rivestono comunque un notevole significato per la conservazione della fauna e dell’avifauna in modo particolare.
9. PIANO REGOLATORE GENERALE, VARIANTE ALLE NORME TECNICHE DI
ATTUAZIONE
Deliberazione Di Consiglio Comunale n. 47 del 04/12/2008
Testo coordinato:
• Con le modifiche discendenti dal D.Dir. di approvazione definitiva
n°616/DRU del 09/06/2004;
• Con le nuove disposizioni di legge;
• Con gli atti deliberativi in materia del Consiglio Comunale;
1. Il P.R.G. disciplina le destinazioni d’uso relative all’intero territorio comunale di
Castellammare del Golfo, gli interventi pubblici e privati in rapporto alle esigenze di
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sviluppo economico e sociale della intera comunità, tendendo alla salvaguardia dei
valori urbani collettivi, di quelli ambientali e naturali nonché di quelli produttivi.
2. Con queste finalità il P.R.G. disciplina la trasformazione degli immobili compresi
nel territorio che, intervenendo sulla consistenza fisica e sull’uso, sono soggette
dalla legislazione vigente a concessione edilizia o ad autorizzazione edilizia, ed alla
denunzia di inizio dell’attività nel rispetto della L.R.17 Agosto 1942 n°1150 e successive modificazioni e della L.R.27 Dicembre 1978 n 71 e successive modificazioni.
3. Il P.R.G. integra, inoltre, al proprio interno la disciplina di ulteriori particolari
trasformazioni che, in rapporto alla tutela dei beni ambientali, naturali, e culturali,
ovvero in dipendenza di specifiche normative, siano assoggettate ad autorizzazioni
particolari, comprese quelle che disciplinano l’attività edificatoria in zona sismica.
4. Il P.R.G. del Comune di Castellammare del Golfo, viene redatto tenendo conto
della presenza di un precedente strumento urbanistico (Piano Urbanistico Comprensoriale n°3 approvato con D.P.R.S. il 16 Aprile 1975 n°66) e di un Piano Particolareggiato approvato con D.A. n°376 del 28 Settembre 1985.
5. La presente variante alle N.T.A., approvate con il decreto Dir 616/DRU del
9/06/2004, è tesa a chiarire alcuni aspetti normativi del PRG approvato per assicurare un’applicazione più chiara e trasparente delle norme stesse.
ZONE TERRITORIALI OMOGENEE INTERESSATE DAI SITI NATURA 2000
Zone Territoriale Omogenee
Con riferimento a quanto indicato all’art.41 il territorio comunale è suddiviso nelle
seguenti zone territoriali omogenee:
a) Zona territoriale omogenea “ A ” : (Residenziale). E’ quella parte del territorio interessata da agglomerati urbanistico edilizi che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale oppure da porzioni di essi,
comprese le aree circostanti che possono considerarsi per tali caratteristiche
parte integrante degli agglomerati stessi.
b) Zona territoriale omogenea “ B ” : (Residenziale). E’ quella parte del territorio totalmente o parzialmente edificata diversa dalle zone “A” ed a prevalente destinazione residenziale.
c) Zona territoriale omogenea “ C ” : (Residenziale). E’ quella parte del territorio destinata a nuovi insediamenti residenziali.
d) Zona territoriale omogenea “ D ” : (Attività produttive e commerciali). E’
quella parte del territorio, anche se parzialmente o totalmente edificata, da
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destinare ad insediamenti a prevalente funzione produttiva di tipo industriale, artigianale, commerciale e direzionale.
e) Zona territoriale omogenea “ E ” : (Attività Agricolo-Ambientale-Turistica). E’
quella parte del territorio destinata ad usi Agricoli, Ambientali e Turistici.
f) Zona territoriale omogenea “ FT ” : (Attività turistico-ricettiva). E’ quella
parte del territorio destinata ad attività turistico-ricettiva.
ZONE TERRITORIALI OMOGENEE “A”
Art. 50 Zona Territoriale Omogenea “A5” di Balata di Baida
Nella zona territoriale omogenea “A5” di Balata di Baida, estesa al solo nucleo abitativo, sono effettuabili gli stessi interventi indicati nella zona “A3” del centro storico di Castellammare del Golfo ai precedenti Artt. 48 e 49. E’ in corso sul territorio
di Balata di Baida, da parte del Prof.Ing.Arch. Giuseppe Trombino dell’Università
degli Studi di Palermo, uno studio per la revisione del P.R.G. vigente del territorio di
Balata di Baida in adempimento a quanto richiesto nel decreto di approvazione del
P.r.g. vigente; nel citato decreto di approvazione l' A.R.T.A. ha stralciato le previsioni relative a Balata di Baida onerando il comune di C.mare del Golfo di effettuare, attraverso un apposito studio urbanistico, un'analisi approfondita sui reali fabbisogni della frazione.
ZONE TERRITORIALI OMOGENEE “C3 - C4”
Art. 60 Zona Territoriale Omogenea “C3-1”
1. La zona territoriale omogenea “C3-1”, zona residenziale con tipologia a case
isolate o binate, compresa tra la zona “C1” e la zona Artigianale, è caratterizzata
dalla presenza di edilizia unifamiliare.
2. Le destinazioni d’uso ammesse sono: residenza, servizi sociali, servizi di ristoro,
servizi di svago, attività professionali, attrezzature per lo sport ed il tempo libero,
parcheggi, commercio , piccolo artigianato, uffici e attività turistiche.
3. Il P.R.G. si attua, per le costruzioni esistenti, a mezzo di interventi diretti e, per
le nuove costruzioni, a mezzo di Piano di Lottizzazione. La monetizzazione è prevista solo quando le vigenti disposizioni legislative lo consentono.
4. Nella redazione dei Piani di Lottizzazione dovranno essere rispettate le norme
fissate dagli artt. 3 e 4 del D.M. 2 Aprile 1968, n°1444.
5. (abrogato)
6. I Piani di Lottizzazione (P.d.L.) sono finalizzati a ridare un adeguato assetto
urbanistico ed edilizio alla zona già parzialmente costruita ed a riqualificare gli spazi
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pubblici e privati (viabilità, parcheggi, attrezzature di interesse generale, ecc.),
mantenendo gli allineamenti già materializzati dalle preesistenti costruzioni.
7. Tenuto conto dello stato di fatto (quale rilevasi dalla Tavola A.4. di analisi) e
della prevista viabilità (quale rilevasi dalla Tavola P.2. di progetto), rilevato che
nell’ambito della zona i residui lotti suscettibili di edificabilità non raggiungono, se
non in numero molto limitato, la superficie di mq. 10.000 si è riparametrato il dato
della superficie territoriale minima d’intervento assumendolo ad una superficie pari
a mq. 5.000 .
8. Il P.d.L. deve rispettare i seguenti parametri:
1) indice di fabbricabilità territoriale: It = 0,50 mc/mq;
2) superficie territoriale minima d’intervento: mq. 5.000. L’intervento di lottizzazione prospiciente la viabilità pubblica, dovrà prevedere obbligatoriamente, la viabilità
pubblica per consentire lo sviluppo urbanistico delle aree circostanti ed adiacenti.(E)
3) altezza massima delle costruzioni: ml. 7,50;
4) distanza minima dai confini: ml. 6,00;
5) distanza tra fabbricati: ml. 12,00;
6) (abrogato)
7) rapporto di copertura (Rc): 1/5 del lotto fondiario di pertinenza;
8) la viabilità di lottizzazione, che non può avere sezione inferiore a mt. 12,00,
deve essere direttamente collegata alla viabilità pubblica;
9) area a parcheggio privato: 1/10 della cubatura abitabile;
10) arretramento stradale dei fabbricati: ml. 7,00.
9. Negli elaborati di piano, predisposti nel rispetto degli artt. 3 e 4 del D.M. 2 Agosto 1968 N°1444, le aliquote relative alle attrezzature per l’istruzione e per le attrezzature di interesse comune potranno essere ridotte a vantaggio di quella per
spazi pubblici attrezzati, per parco giochi , per lo sport e dei parcheggi.
10. L’indice di densità fondiaria (If) sarà quello che risulterà dal P.d.L. applicando
l’indice territoriale (It) con le procedure indicate all’art. 9 punto 1 delle presenti
N.T.A.
11. Gli interventi consentiti, nelle more di approvazione del P.d.L. o di altri strumenti attuativi, sono i seguenti:
a) manutenzione ordinaria, straordinaria e ristrutturazione edilizia così come definiti
dall’art. 20 L.R. n°71/1978,nel rispetto della volumetria esistente;
b) demolizione e ricostruzione in sito del volume esistente nell’assoluto rispetto
della consistenza planovolumetrica e comunque senza alterare alcun parametro
edilizio preesistente. Qualora il fabbricato ricada nella fascia di arretramento strada-
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le di ml. 7,00 la ricostruzione non è consentita in sito ma arretrando l’edificio al di
là della fascia di rispetto.(E)
12. Nella nuova edificazione valgono le seguenti prescrizioni:
a) tetto a falde con coppi siciliani con pendenza massima del 35%;
b) marciapiedi delle sedi stradali realizzati con grés rosso o grigio ed orlatura in
pietra calcarea;
c) passetti pedonali e muretti di cinta in pietra calcarea locale;
d) il bianco sporco, il giallo ocra, il rosa chiaro devono essere i colori predominanti
dei prospetti;
e) le colonne di scarico degli edifici devono essere in rame o in cotto; se di diverso
materiale devono essere collocati in appositi cavedii;
f) le aree libere di pertinenza del fabbricato devono essere alberate e sistemate a
verde con siepi, gelsomini, rose, buganvillee, ibiscus, con rapporto di piantumazione pari a 1/5. Il progetto di sistemazione a verde deve fare parte integrante dello
strumento urbanistico di attuazione del PRG e deve specificare le essenze delle
piantumazioni arboree previste e la loro ubicazione.
Art. 64 Zona Territoriale Omogenea “C4”
1. Le zone territoriali omogenee “C4”, corrispondenti alle Zone di Residenza Stagionale Agricola con tipologia “a case isolate”, consentono l’insediamento di edifici
isolati nel rispetto delle seguenti prescrizioni:
• Indice di fabbricabilità fondiaria: 0,07 mc./mq;
• Distanza minima fra fabbricati: ml. 12,00;
• Distanza minima dai confini: ml. 6,00;
• Altezza massima: ml. 6,00;
• Rapporto di copertura: 1/20 della superficie del lotto fondiario.
2. Le destinazioni d’uso ammesse sono quelle di cui all’Art. 62, punto 2 delle presenti N.T.A., compreso la realizzazione di magazzini e locali di deposito.
3. Il P.R.G. si attua, sia per le costruzioni esistenti che per le nuove costruzioni, a
mezzo di interventi diretti.(E)
ZONE TERRITORIALI OMOGENEE “D”
Art. 69 Zona Territoriale Omogenea destinata a discarica dei rifiuti della
lavorazione dei marmi “D2”
1. La zona territoriale omogenea “D2”, localizzata in C/da Segala, è destinata a
discarica dei rifiuti della lavorazione dei marmi.
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2. Nella zona è consentita anche l’attività di estrazione del perlato, la sua lavorazione e quella di altri materiali lapidei, realizzando le strutture nel rispetto della normativa vigente (“Testo Unico dell’Ambiente”, Decreto Legislativo 16 gennaio
2008 n. 4 e s. m. i.).
3. Edifici di servizio e accessori sono consentiti alle seguenti condizioni:
- altezza fabbricati 3,50 mt;
- superficie coperta complessiva massima 90 mq;
- piani fuori terra n. 1;
Destinazioni d’uso ammesse: uffici, magazzini, locali tecnici, locali per personale.
Sugli edifici esistenti sono ammessi solo interventi di manutenzione ordinaria e
straordinaria così come definiti dall’art. 20 della L.R. 71/78.
4. In dette zone le previsioni del P.R.G. ai soli fini urbanistici si attuano attraverso
interventi diretti.
Art.72 Zona Territoriale Omogenea destinata a discarica di sfabbricidi “D5”
1. La zona territoriale omogenee “D5”, destinata alla sola discarica per materiali
provenienti da demolizione di costruzioni (sfabbricidi) e da scavi, è stata dislocata
in C/da Gagliardetta.
2. In detta zona le previsioni del P.R.G. si attuano a mezzo di intervento diretto;
l’area di sedime deve essere preparata opportunamente onde evitare fenomeni di
inquinamento del suolo o delle falde idriche, nel rispetto di quanto previsto nel
“Testo Unico dell’Ambiente”, Decreto Legislativo 16 gennaio 2008 n.4 e
s.m.i.
3. L’utilizzo a discarica per sfabbricidi deve permettere, a saturazione, il recupero
totale della zona riportando il sito alla primitiva sistemazione da inserire nuovamente nell’ambiente circostante. È ammesso solo la discarica di inerti prevedendo
l’impiego solo di materiali selezionati provenienti da demolizioni di costruzioni e da
scavi e non già per lo smaltimento di rifiuti pericolosi e no. Tutti gli interventi devono essere compatibili con le presenze abitative della zona in cui ricade la zona
territoriale omogenea “D5”. Non sono ammesse attività di smaltimento e/o stoccaggio che comportino emissioni in atmosfera di sostanze derivanti dal trattamento
di sostanze pericolose o comunque nocive. Pertanto non sono ammessi impianti di
smaltimento di rifiuti inerti pericolosi e speciali non pericolosi.
Art. 74 Zona Territoriale Omogenea - Bacino Marmifero - “D7”
1. La zona territoriale omogenea “D7” destinata alla estrazione del marmo è sita in
C/da “Segala”.
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2. L’apertura e l’utilizzo delle cave di estrazione deve essere regolarizzata da un
progetto regolarmente autorizzato dall’Ente Minerario competente (Art.30 R.D.
03/06/1940 n°1357).
Art. 75 Zona Territoriale Omogenea per Attrezzature di Interesse Portuali “D8”
Nella zona territoriale omogenea “D8” tutti gli interventi debbono essere preventivamente approvati, mediante regolare progetto esecutivo, da tutti gli organi competenti (Statali e/o Regionali).
ZONE TERRITORIALI OMOGENEE “E”
Art. 77 Zona Territoriale Omogenea “E1” Agricola produttiva normale in
grado di sviluppare la potenzialità produttiva della zona.
1. Nella zona territoriale omogenea “E1” sono ammesse tutte le destinazioni d’uso a
funzione agricola appresso specificate:
a. servizi rustici aziendali: fabbricati rurali, stalle, serbatoi di raccolta di acqua,
serre intensive e tutto quanto riguarda la conduzione agricola;
b. impianti o manufatti edilizi destinati alla lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli o zootecnici ed all’utilizzo a carattere artigianale di risorse naturali;
c. impianti e strutture di depurazione dei reflui zootecnici;
d. spacci e punti vendita per i prodotti agricoli aziendali;
e. strutture per ricovero di macchinari agricoli e a servizio della meccanizzazione
agricola;
f. allevamenti suinicoli aziendali ed interaziendali;
g. allevamenti intensivi di bovini, equini e suini anche come attività produttiva
autonoma non al servizio del fondo agricolo;
h. allevamenti intensivi di polli, conigli ed eventuali altre specie;
i. strutture per attività agrituristiche e di turismo rurale nei limiti delle leggi regionali relative;
l. attività di turismo equestre e di equiturismo e realizzazione delle relative strutture, quali ad esempio: sentieristica equestre, piste, galoppatoi, box e stalle per il
ricovero dei cavalli, fienili e depositi di attrezzi nonché i relativi servizi di ristoro;
m. strutture sportive all’aperto connesse con l’attività agricola;
n. costruzioni da destinare ad usi abitativi residenziali.
Le previsioni del P.R.G. si attuano a mezzo di interventi edilizi diretti. Per i fabbricati esistenti gli interventi consentiti oltre agli interventi di cui alla L.R.n°17/94 sono:
1) manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro, risanamento conservativo,
ristrutturazione edilizia così come definiti dall’art. 20 della L.R. n°71/1978 e nel
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rispetto assoluto della cubatura esistente e di quanto detta il punto 8 della Circolare
Regionale n°239 del 23 Luglio 1997;
2) demolizione di fabbricati e ricostruzione degli stessi in sito a parità di volume e
senza la possibilità di realizzare locali seminterrati o cantinati a meno che non
siano presenti nella costruzione esistente. L’altezza massima del nuovo volume è di
mt. 7,50 con 2 elevazioni fuori terra. Non è ammesso il trasferimento di volume in
nessun caso.
3) sopraelevazioni ed ampliamenti da realizzare nel rispetto delle prescrizioni di cui
in appresso. Gli immobili ricadenti all’esterno del C.U. e compresi nell’elenco dei
beni isolati predisposto dall’assessorato BB.CC.AA. o comunque individuati nel
P.R.G. come emergenze di interesse architettonico e storico culturale, sono classificati come Zone A puntuali e gli interventi ammessi sono quelli previsti dall’art. 20
lett. a-b-c della L.R. n° 71/78. Le nuove costruzioni possono essere destinate ad
usi:
A) servizi rustici aziendali;
B) allevamenti di bovini, equini e suini;
C) allevamenti intensivi di polli, conigli, ecc.;
D) attività diverse connesse con l’attività agricola;
E) residenziali;
Le costruzioni da destinare a servizi rustici aziendali ,comprendono le destinazioni
d’uso annesse nel presente articolo al punto 1. lettera a)-b)-d)-e) e devono essere
costruite nel rispetto dei seguenti parametri:
a) rapporto di copertura: 1/10 della superficie fondiaria di proprietà proposta per
l’insediamento, costituita da terreni contigui senza soluzione di continuità;
b) altezza massima: ml. 6,00 con unica elevazione fuori terra;
c) distanza minima dai confini: ml. 10,00;
d) distanza minima tra fabbricati: ml. 20,00;
e) distanza minima dai cigli stradali fissati dall’art. 26 del D.P.R. n°495/1992;
f) parcheggi in misura non inferiore ad 1/10 della superficie coperta;
g) abr.
Le costruzioni da destinare ad allevamenti di bovini, equini e suini comprendono le
destinazioni d’uso annesse nel presente articolo al punto 1. lettera c) - f)- g) e
devono rispettare le seguenti prescrizioni:
a) Superficie fondiaria di pertinenza, costituita da terreni contigui senza soluzione
di continuità, deve essere non inferiore a mq. 6.000 e deve appartenere alla stessa
ditta richiedente;
b) rapporto di copertura: 1/10 della superficie;
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c) altezza della costruzione: ml. 6,00 con unica elevazione fuori terra;
d) distanza dai confini: ml. 15,00;
e) distanza minima dai cigli stradali fissati dall’art. 26 del D.P.R. n°495/1992;
f) parcheggi in misura non inferiore ad 1/10 della superficie coperta;
g) distanza dagli insediamenti abitativi, previsti dagli strumenti urbanistici, non
inferiore a ml. 500,00.
Le costruzioni da destinare ad allevamento intensivo di polli, conigli comprendono le
destinazioni d’uso annesse nel presente articolo al punto 1. lettera h) ed eventuali
altre specie devono rispettare le seguenti prescrizioni:
a) Superficie fondiaria minima di pertinenza, costituita da terreni contigui senza
soluzione di continuità, deve essere non inferiore a mq. 10.000 e deve appartenere
alla stessa ditta richiedente;
b) rapporto di copertura: 1/10 della superficie;
c) altezza massima: ml. 6,00 in unica elevazione fuori terra, escluso eventuali corpi
tecnici;
d) distanza dai confini: ml. 30,00;
e) distanza minima dai cigli stradali fissati dall’art. 26 del D.P.R. n°495/1992;
f) parcheggi in misura non inferiore ad 1/10 della superficie coperta;
g) distanza dagli insediamenti abitativi, previsti dagli strumenti urbanistici, non
inferiore a ml. 500,00. Le attività diverse connesse con l’attività agricola comprendono le destinazioni d’uso previste nel presente articolo al punto 1. lettera i)- l)
-m) e devono rispettare le seguenti condizioni: Gli interventi di cui alla lettera i) agriturismo, turismo rurale – sono subordinati alle condizioni poste dalla normativa
regionale in materia ed in particolare alla esistenza dell’azienda agricola regolarmente costituita al momento della presentazione del progetto. Sotto il profilo urbanistico le attività di trasformazione edilizia possono riguardare solo edifici esistenti.
Sono ammessi gli interventi previsti al punto 3 del presente articolo (sopraelevazioni ed ampliamenti), che come previsto dall’art. 23 della L.R. 71/78, sono ammessi
sino al 30% della cubatura regolarmente realizzata ed accatastata al momento
dell’approvazione del P.R.G. con il decreto DRU 616 del 09/06/2006, e comunque
nei limiti di 300 mc. Per gli interventi di cui al punto 1. lettera l )- turismo equestre
e equiturismo- sono ammesse nuove costruzioni strettamente connesse con lo
svolgimento delle attività: box e stalle, uffici, bagni e servizi annessi.
- Il rapporto di copertura è di 1/20 dell’area di insediamento,come definita al punto
22 dell’art. 9 delle presenti N.T.A. e comunque nei limiti di mq 200 di superficie
coperta;
- altezza fabbricati h 3,50;
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- distanza dai confini 10 mt;
- distanza tra fabbricati 20 mt .
Sono ammesse tettoie per il ricovero momentaneo degli animali nella misura strettamente indispensabile. Se le tettoie non sono destinate al ricovero degli animali
non possono avere una superficie coperta maggiore del 50% delle strutture edilizie
di cui costituiscono annessi; la loro superficie va computata nel rapporto di copertura. Le zone di accesso, se aperte al transito e/o all’ingresso di auto per gli utenti,
devono avere apposite superfici destinate a posteggio nella misura di 1 posto auto
ogni 2 equini ospitabili. Gli interventi di cui alla lettera m) del punto 1. del presente
articolo, -strutture sportive all’aperto connesse con l’attività agricola - è consentita
la realizzazione di piccole strutture sportive all’aperto solo se siano di supporto
all’attività agrituristica o di turismo rurale, che in ogni caso deve assumere il ruolo
prioritario nel regime edificatorio, determinando il fulcro dell’azienda. Sono ammessi campi da gioco, (tennis, bocce, piscine,ecc.). E’ consentita anche, al servizio delle
attività sportive, la costruzione di locali per servizi, uffici, spogliatoi e depositi. Il
rapporto di copertura è di 1/20 dell’area d’insediamento, come definita al punto 22
dell’art. 9 delle presenti N.T.A e comunque nei limiti di 100 mq di superficie coperta.
- l’altezza dei fabbricati è di 3,50 mt
- la distanza dai confini è mt 10,00.
Sono ammesse tettoie sino al 50% della superficie coperta delle strutture edilizie di
cui costituiscono annessi; la loro superficie coperta va completata nel rapporto di
copertura. Per tutte le attività diverse connesse con l’attività agricola i progetti
devono prevedere:
a) tutto il terreno di pertinenza del fabbricato dovrà essere lasciato scrupolosamente allo stato naturale, potrà solo essere integrato da essenze tipiche della macchia
mediterranea per mimetizzare il fabbricato;
b) i muretti di recinzione dovranno realizzarsi in pietra locale a secco con altezza
massima di ml. 2,00;
c) i percorsi carrabili e le aree di sosta potranno essere pavimentate con un basolato di pietra locale di forma irregolare come è nella tradizione dell’agro di Castellammare del Golfo.
d) il rilascio della Concessione Edilizia è subordinato alla trascrizione del vincolo di
destinazione d’uso per 20 anni alla Conservatoria dei Registri Immobiliari, e con
verifica da parte dell’Ufficio Tecnico Comunale di quanto realizzato prima del rilascio
del Certificato di Agibilità.
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e) Non è ammessa alcuna destinazione residenziale né alberghiera nei volumi edilizi
edificati per le attività diverse connesse con l’attività agricola.
E) Le costruzioni da destinare ad usi abitativi residenziali comprendono le destinazioni d’uso previste nel presente articolo punto 1. lettera n) e devono rispettare i
seguenti parametri:
a) Superficie fondiaria, costituita da terreni contigui e senza soluzione di continuità;
(E)
b) Indice di fabbricabilità fondiaria 0,03 mc/mq (riferita al volume residenziale
complessivo ivi compresi i servizi e i locali accessori;
c) altezza massima degli edifici: ml.7,50 con non più di due piani fuori terra;
d) distanza minima dai confini: ml.10,00;
e) distanza tra fabbricati: ml.20,00;
f) i fabbricati dovranno essere a pianta rettangolare o regolare e copertura a falda
con unica linea di colmo, allo scopo di rispettare i caratteri dell’edilizia rurale tradizionale;
g) il fabbricato deve essere adagiato completamente sul terreno seguendone
l’andamento orografico, evitando così eccessivi sbancamenti che dovranno comunque essere limitati alla sola superficie di sedime del fabbricato, non sono ammessi
terrazzamenti artificiosi;
h) tutto il terreno di pertinenza del fabbricato dovrà essere lasciato scrupolosamente allo stato naturale, potrà solo essere integrato da essenze tipiche della macchia
mediterranea, per mimetizzare il fabbricato;
i) il giardino ornamentale, ad arredo della costruzione, non dovrà superare il 10%
della superficie totale del lotto, al fine di mantenere il rapporto quantitativo e qualitativo con la superficie agricola;
l) i muretti di recinzione dovranno realizzarsi in pietra locale a secco con altezza
massima di ml. 2,00;
m) i percorsi carrabili e le aree di sosta dovranno essere pavimentate con un basolato di pietra locale di forma irregolare come è nella tradizione dell’agro di Castellammare del Golfo.
Art. 78 Zona Territoriale Omogenea “E2” Agricola di Interesse Paesaggistico Ambientale
1. La zona territoriale omogenea “E2” interessa parte del territorio da assoggettare
a particolari accorgimenti nell’esercizio dell’attività agricola.
2. Le destinazioni d’uso ammesse sono quelle appresso indicate:
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a) servizi rustici aziendali: fabbricati rurali, magazzini e ricoveri per macchinari
agricoli, spacci e punti vendita per i prodotti agricoli e tutto quanto riguarda la
conduzione agricola del fondo agricolo.
b) abitazioni;
c) tutte le attività non agricole di trasformazione del territorio, ivi compresi sbancamenti, riempimenti, muri di contenimento e recinzioni in muratura, opere tutte
soggette al preventivo parere della Commissione Edilizia;
d) strutture per attività agrituristiche e turismo rurale nel rispetto delle relative
leggi regionali;
e) attività di turismo equestre e di equiturismo e realizzazione delle relative strutture quali ad esempio: sentieristica equestre, piste, galoppatoi, box e stalle per il
ricovero dei cavalli, fienili e depositi di attrezzi nonché i relativi servizi di ristoro.
f) piccole strutture sportive all’aperto al servizio delle attività agrituristiche e di
turismo rurale.
3. Le previsioni del P.R.G. si attuano a mezzo di interventi edilizi diretti.
4. Per i fabbricati esistenti gli interventi consentiti oltre a quanto previsto dalla
L.R.n° 17/1994 sono:
a) manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro, risanamento conservativo,
ristrutturazione edilizia così come definiti dall’art. 20 della L.R.n°71/1978 e nel
rispetto assoluto della cubatura esistente e di quanto detta il punto 8 della Circolare
Regionale n°239 del 23 Luglio 1997;
b) demolizione di fabbricati e ricostruzione degli stessi in sito, a parità di volume e
senza la possibilità di realizzare locali seminterrati o cantinati a meno che non siano
presenti nella costruzione esistente. L’altezza massima del nuovo volume è di mt
7.50 con 2 elevazioni fuori terra. Nel rispetto delle prescritte distanze, dei limiti
della cubatura e destinazione d’uso preesistenti e degli elementi tipologici e formali
tradizionali (L.R.21 Aprile 1995, n°40, art. 12).Non è ammesso il trasferimento di
volume in nessun caso.
5. Gli immobili ricadenti all’esterno del C.U. e compresi nell’elenco dei beni isolati
predisposto dall’assessorato BB.CC.AA. o comunque individuati come emergenze di
interesse architettonico e storico culturale, devono essere classificati come Zone A
puntuali e gli interventi ammissibili sono quelli previsti dall’art. 20 lett. a-b-c della
L.R. n° 71/78 superati dalla nuova legge. Le costruzioni da destinare a servizi rustici aziendali, comprendono le destinazioni d’uso annesse nel presente articolo al
punto 2. lettera a) e devono essere costruite nel rispetto dei seguenti parametri:
1. rapporto di copertura: 1/20 della superficie fondiaria di proprietà proposta
per l’insediamento, costituita da terreni contigui senza soluzione di continuità;
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2. altezza massima: ml. 6,00 con unica elevazione fuori terra;
3. distanza minima dai confini: ml. 10,00;
4. distanza minima tra fabbricati: ml. 20,00;
5. distanza minima dai cigli stradali fissati dall’art. 26 del D.P.R. n°495/1992;
6. parcheggi in misura non inferiore ad 1/10 della superficie coperta.
Le costruzioni da destinare ad usi abitativi residenziali comprendono le destinazioni
d’uso previste nel presente articolo punto 2. lettera b) e devono rispettare i seguenti parametri:
a) Superficie fondiaria, costituita da terreni contigui e senza soluzione di continuità;(E)
b) Indice di fabbricabilità fondiaria 0,03 mc/mq (riferita al volume residenziale
complessivo ivi compresi i servizi e i locali accessori;
c) altezza massima degli edifici: ml. 7,50 con non più di due piani fuori terra;
d) distanza minima dai confini: ml. 10,00;
e) distanza tra fabbricati: ml. 20,00;
f) i fabbricati dovranno essere a pianta rettangolare o regolare e copertura a falda
con unica linea di colmo, allo scopo di rispettare i caratteri dell’edilizia rurale tradizionale;
g) il fabbricato deve essere adagiato completamente sul terreno seguendone
l’andamento orografico, evitando così eccessivi sbancamenti che dovranno comunque essere limitati alla sola superficie di sedime del fabbricato non sono ammessi
terrazzamenti artificiosi;
h) tutto il terreno di pertinenza del fabbricato dovrà essere lasciato scrupolosamente allo stato naturale, potrà solo essere integrato da essenze tipiche della macchia
mediterranea, per mimetizzare il fabbricato;
i) il giardino ornamentale, ad arredo della costruzione, non dovrà superare il 10%
della superficie totale del lotto, al fine di mantenere il rapporto quantitativo e qualitativo con la superficie agricola;
j) i muretti di recinzione dovranno realizzarsi in pietra locale a secco con altezza
massima di ml. 2,00;
k) i percorsi carrabili e le aree di sosta dovranno essere pavimentate con un basolato di pietra locale di forma irregolare come è nella tradizione dell’agro di Castellammare del Golfo. Le attività diverse connesse con l’attività agricola comprendono
le destinazioni d’uso previste nel presente articolo al punto 2. lettera d) -e)-f)
e devono rispettare le seguenti condizioni:
Gli interventi di cui alla lettera d) del punto 2. - agriturismo, turismo rurale - sono
subordinati alle condizioni poste dalla normativa regionale in materia ed in particoDr. Agronomo Domenico Navarra
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lare alla esistenza dell’azienda agricola regolarmente costituita al momento della
presentazione del progetto. Sotto il profilo urbanistico le attività di trasformazione
edilizia possono riguardare solo edifici esistenti. Sono ammessi gli interventi previsti
al punto 3 del presente articolo (sopraelevazioni ed ampliamenti), che come previsto dall’art. 23 della L.R. 71/78, sono ammessi sino al 30% della cubatura regolarmente realizzata ed accatastata al momento dell’approvazione del P.R.G. con il
decreto DRU 616 del 09/06/2006, e comunque nei limiti di 300 mc. Per gli interventi di cui al punto 2. lettera e) - turismo equestre ed equiturismo- sono ammesse
nuove costruzioni strettamente connesse con lo svolgimento delle attività: box e
stalle, uffici, bagni e servizi annessi.
- rapporto di copertura 1/20 dell’area di insediamento, come definita al punto 22
dell’art.9 delle presenti N.T.A. e comunque nei limiti di mq 200 di superficie coperta;
- altezza fabbricati h 3,50;
- distanza dai confini 10 mt;
- distanza tra fabbricati 20 mt.
Sono ammesse tettoie per il ricovero momentaneo degli animali nella misura strettamente indispensabile. Se le tettoie non sono destinate al ricovero degli animali
non possono avere una superficie coperta maggiore del 50% delle strutture edilizie
di cui costituiscono annessi, la loro superficie va computata nel rapporto di copertura. Le zone di accesso, se aperte al transito e/o all’ingresso di auto per gli utenti,
devono avere apposite superfici destinate a posteggio nella misura di 1 posto auto
ogni 2 equini ospitabili. Per gli interventi di cui alla lettera f) del punto 2. del presente articolo, - strutture sportive all’aperto connesse con l’attività agricola- è consentita la realizzazione di piccole strutture sportive all’aperto solo se siano di supporto all’attività agrituristica o di turismo rurale, che in ogni caso devono assumere
il ruolo prioritario nel regime edificatorio, determinando il fulcro dell’azienda. Sono
ammessi campi da gioco, (tennis, bocce, piscine, ecc.). E’ consentita anche, al
servizio delle attività sportive, la costruzione di locali per servizi, uffici, spogliatoi e
depositi. Il rapporto di copertura è di 1/20 dell’area d’insediamento, come definita
al punto 22 dell’art.9 delle presenti N.T.A e comunque nei limiti di 100 mq di superficie coperta .
- l’altezza dei fabbricati è di 3,50 mt;
- la distanza dai confini è mt 10,00.
Sono ammesse tettoie sino al 50% della superficie coperta delle strutture edilizie di
cui costituiscono annessi, la loro superficie coperta va completata nel rapporto di
copertura.
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Per tutte le attività diverse connesse con l’attività agricola i progetti devono prevedere:
a. tutto il terreno di pertinenza del fabbricato dovrà essere lasciato scrupolosamente allo stato naturale, potrà solo essere integrato da essenze tipiche della macchia
mediterranea per mimetizzare il fabbricato;
b. i muretti di recinzione dovranno realizzarsi in pietra locale a secco con altezza
massima di ml. 2,00;
c. i percorsi carrabili e le aree di sosta potranno essere pavimentate con un basolato di pietra locale di forma irregolare come è nella tradizione dell’agro di Castellammare del Golfo;
d. il rilascio della Concessione Edilizia è subordinato alla trascrizione del vincolo di
destinazione d’uso per 20 anni alla Conservatoria dei Registri Immobiliari, e con
verifica da parte dell’Ufficio Tecnico Comunale di quanto realizzato prima del rilascio
del Certificato di Agibilità;
e. non è ammessa alcuna destinazione residenziale né alberghiera nei volumi edilizi
edificati per le attività diverse connesse con l’attività agricola.
Art. 80 Zona Territoriale Omogenea Agricola da Forestare - “E3” 1. La zona territoriale omogenea “E3” interessa la parte boschiva del territorio.
2. Nell’ambito di detta zona non è consentita alcuna attività edificatoria, non sono
consentite trasformazioni che modifichino la natura e la destinazione d’uso di eventuali manufatti esistenti e non è consentito l’abbattimento di piante di alto fusto
esistenti. L’attività edilizia consentita è analoga a quella regolata dall’art. 103 delle
presenti N.T.A.
3. Nei casi di modificazioni conseguenti all’esecuzione di opere pubbliche è prescritto il ripristino della vegetazione finalizzata alla rigenerazione ecologica ed alla salvaguardia idrogeologica dei suoli.
Art. 83 Zona Territoriale Omogenea di Rispetto e Tutela dei Corsi d’Acqua “E6”
1. Sono le zone destinate alla conservazione e riqualificazione delle sponde dei corsi
d’acqua principali, la capacità edificatoria può essere trasferita alle zone agricole
adiacenti, mantengono l’indice fondiario 0,03mc/mq, ferma restando la inedificabilità assoluta delle suddette aree.
2. Tali zone sono destinate al ripristino della vegetazione, alla realizzazione di eventuali opere di ingegneria naturalistica disposte o autorizzate dall’autorità competente, alla sistemazione di percorsi pubblici pedonali e spazi di sosta e di osservazione
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sulla base di appositi programmi di intervento finalizzati anche all’acquisizione
pubblica delle aree o di loro parti. (fiume S. Bartolomeo, fiume di Guidaloca).
3. Sono altresì consentite la prosecuzione dell’attività agricola in atto e gli interventi
esclusivamente finalizzati al mantenimento e al recupero dei manufatti edilizi. Nelle
zone E6, di rispetto dei corsi d’acqua, non è ammesso il cambio di destinazione
d’uso. Eventuali eccezioni ai fini produttivi potranno essere valutate su progetti
esecutivi in applicazione dell’art. 5 del D.P.R. n. 447/98.
ZONE TERRITORIALI OMOGENEE “EDIFICI DI PREGIO”
Art. 85 Edifici ed emergenze di interesse architettonico e storico-culturale
1. Il P.R.G. dispone la tutela degli edifici e delle emergenze di interesse architettonico e storico culturale.
2. Negli edifici vincolati ai sensi del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n.42 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e s.m.i e negli edifici di interesse storicoarchitettonico individuati nelle tavole di P.R.G. sono consentiti solo interventi di
manutenzione ordinaria e straordinaria nonché di restauro e risanamento conservativo, di cui all’Art. 20 della L.R. 71/78.
3. Abrogato
4. Abrogato
5. In ogni caso il rilascio di Concessione edilizia o di autorizzazione rimane subordinato al parere favorevole (nulla-osta) della Soprintendenza per i Beni Culturali ed
Ambientali.
6. Le prescrizioni del presente articolo prevalgono su quelle relative alle zone omogenee nell’ambito delle quali gli edifici sono ubicati.
7. I Piani di Recupero o i Piani Particolareggiati del Centro Storico, sulla scorta dello
studio di maggior dettaglio, potranno integrare e/o modificare le tipologie di intervento di cui ai precedenti commi.
Art. 86 Edifici rurali di interesse storico-architettonico
1. Per i manufatti individuati nelle tavole del P.R.G. come edifici rurali di interesse
storico-architettonico quali bagli, masserie, casaleni, castelli (Inici, Baida) sono
consentiti gli interventi di cui all’Art. 20 della L.R.71/78 lettere a-b-c, cioè manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, secondo la Normativa Regionale. E’ consentita la destinazione d’uso per attività
turistico-rurale ed attività ad esso connesse.
2. Gli interventi debbono essere compatibili con la tutela dei manufatti storiciarchitettonici e del loro valore etno-antropologico e debbono prestare attenzione
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alla salvaguardia ed alla riqualificazione degli spazi aperti di pertinenza, ivi compresi i cortili, le siepi, i muretti di recinzione e le strade di accesso.
3. Per detti edifici è indicata una fascia perimetrale di rispetto assoluto non soggetto ad edificazione, con una profondità minima di mt 50.
4. E’ consentita la destinazione d’uso per attività culturali, scientifiche e che abbiano finalità pubbliche.
Art. 88 Tutela delle aree di Interesse Ambientale
1. Nelle more della formazione del Piano Paesistico Regionale, che potrà disporre
ulteriori e specifiche modalità di tutela, il P.R.G. recepisce i vincoli di cui alla Legge
08 Agosto 1985, n°431 per la tutela della costa, dei fiumi, dei torrenti e dei boschi.
2. Nelle aree ricadenti all’interno dei perimetri delle zone così vincolate le attività di
trasformazione del territorio sono sottoposte ad approvazione della Sovrintendenza
per i Beni Culturali ed Ambientali.
3. Le zone della fascia costiera entro i 150 metri lineari dalla linea di costa vengono
tutelate con il vincolo di inedificabilità assoluta ai sensi dell’art. 15 della L.R. n°
78/1976, nonché quanto previsto all’art.101 dellepresenti N.T.A.
4. Le zone perimetrate come boschi e nelle fasce boscate relative sono sottoposte
al vincolo paesaggistico del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 Codice dei
Beni Culturali e del Paesaggio e s.m.i. e si applicano i vincoli di cui alla L.R. 16/96 e
successive modifiche e integrazioni nonché quanto previsto dall’art. 103 delle presenti norme.
5. Nell’ambito delle aree incluse nel perimetro di vincolo idrogeologico valgono le
norme di cui al R.D. 3267/1923 ed al relativo Regolamento.
6. Il territorio comunale non è sottoposto ad usi civici come accertato e documentato con delibere della Commissione Straordinaria nell’esercizio delle funzioni di Consiglio Comunale n°9 del 27/02/2008.
7. Nella fascia costiera è possibile utilizzare per posteggi stagionali al servizio della
balneazione le aree libere e immediatamente fruibili dalle strade esistenti.
8. La sistemazione delle aree non deve alterare le caratteristiche naturali del sito,
non è possibile fare alcuna opera edilizia, né movimenti di terra. Si possono istallare bagni chimici. La concessione all’utilizzo del posteggio deve essere rilasciata ogni
anno ed ha una durata massima di 8 mesi.
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ZONE TERRITORIALI OMOGENEE “F”
Art. 92 Zone per Attrezzature di Interesse Comune (Fc)
1. Sono attrezzature di interesse comune le attrezzature culturali (Fc.1), socioassistenziali (Fc.2), amministrative e direzionali (Fc.3), sanitarie ed ospedaliere
(Fc.5), sportive (Fc.6), per servizi ed impianti (Fc.7) e religiose (FR).
2. Per l’attuazione di tali attrezzature è ammessa la concessione in diritto di superficie ad associazioni, enti, cooperative, singoli privati che si impegnino, con apposita
convenzione, a realizzare ed a gestire opere ed impianti in conformità ai programmi
di intervento comunali.
3. In queste zone è altresì consentita la realizzazione di sale di ritrovo e di spettacolo, arene estive, locali per associazioni, biblioteche, attrezzature sanitarie ed
ospedaliere, con i relativi servizi e la residenza del personale di custodia, realizzate
dal Comune ovvero da privati in regime di concessione.
4. La concessione sarà regolata da una apposita convenzione che dovrà garantire i
caratteri e la qualità dell’edificazione nonché l’uso pubblico delle attrezzature e
regolare le modalità di gestione.
5. Per le aree concesse in diritto di superficie valgono le seguenti prescrizioni:
•
Rc. = 60 % della superficie fondiaria;
•
H = ml. 12,00.
6. Dovrà essere garantita una dotazione di parcheggi di pertinenza.
7. I parametri costruttivi sono indicati dalla normativa di settore per ciascuna
destinazione d’uso.
Art. 94 Prescrizioni particolari per le aree destinate ad Attrezzature Religiose (FR)
1. Le aree destinate all’attività religiosa e di culto sono indicate nelle Tavole di
Piano. Su tali aree è consentita la realizzazione con intervento diretto, mediante
concessione edilizia. Le destinazioni d’uso ammesse sono: gli edifici di culto, la
residenza del personale addetto e le altre attrezzature di proprietà ed in gestione
dell’Ente istituzionalmente competente, connesse all’attività religiosa e di culto
(catechistiche, ricreative, sociale, culturale, ecc.).
2. La servitù di uso pubblico di tali attrezzature è soddisfatta mediante l’attività di
servizio di interesse comune che gli enti religiosi e di culto forniscono alla comunità
in adempimento dei propri fini di istituto.
3. Per la realizzazione di nuovi edifici si applicano i seguenti indici:
a) Rc. = 50 % dell’intera superficie fondiaria;
b) H = ml. 14,00.
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Art. 95 Zona per spazi pubblici attrezzati, per il gioco e lo sport (Fv)
Nelle suddette zone è consentita la realizzazione di parchi pubblici,giardini, campi
gioco e tempo libero, impianti sportivi e relative strutture di servizio. Le attrezzature sportive devono tenere conto oltre che delle norme previste in materia, delle
prescrizioni del C.O.N.I. e delle seguenti ulteriori prescrizioni:
rapporto di copertura - 1/3 della superficie d’intervento; alberatura in almeno il 40
% della superficie d’intervento, con alberi di alto fusto con equidistanza ml. 6,00.
Il P.R.G. distingue le seguenti categorie di aree per verde pubblico attrezzato:
a) Spazi per Verde Pubblico (Fv 1 ): Comprende tutte le categorie e tipologie
del verde pubblico. Nell’ambito degli interventi di maggiore estensione (minimo Ha.
5.00.00) è ammessa la realizzazione di edifici funzionali alla vita del parco, destinati
a locali di ristoro, edicole, spazi per associazioni, attività commerciali connesse
all’uso del parco. In ogni caso gli edifici dovranno rispettare un Rc = 5 %. La progettazione di tali edifici avverrà in base ad un progetto generale di organizzazione
dell’area o ad un Piano Particolareggiato, redatto dal Comune; sia la realizzazione
dell’opera che la gestione potrà essere affidata a privati sulla base di apposita convenzione. E’ ammessa la realizzazione di servizi igienici e di locali di deposito per
la manutenzione del verde pubblico, nella misura strettamente necessaria.
b) Spazi per Verde Pubblico Attrezzato (Fv 2 ): Comprende le categorie del
verde pubblico attrezzato e del grande parco urbano. In queste zone la realizzazione degli impianti per il gioco e lo sport dovrà avvenire sulla base di un progetto
generale di organizzazione dell’area o di un Piano Particolareggiato, redatto dal
Comune, dal quale sia possibile desumere la distribuzione ed il dimensionamento
delle aree per attrezzature sportive coperte e scoperte. Il progetto dovrà uniformarsi ai seguenti indici:
•
Rc (rapporto copertura): 50 %;
•
H (altezza): ml. 14,00 per le coperture di Impianti Sportivi;
•
H (altezza): ml. 8,00 per tutti gli altri casi;
•
Area a Parcheggio: mq. 1,00 per ogni mq. di S.c. dei fabbricati e mq. 1,00
per ogni 5 mq. di S.c. dei campi sportivi;
•
Distanza dai confini: ml. 5,00;
•
Distanza tra i fabbricati: ml. 10,00.
La realizzazione degli impianti sportivi potrà anche essere affidata a privati sulla
base di una convenzione che preveda la concessione dell’area in diritto di superficie
per un periodo non superiore a 30 anni, l’utilizzazione degli impianti da parte della
collettività a condizioni concordate, la cessione gratuita al Comune di tutte le attrezzature e degli impianti allo scadere della concessione.
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c) Verde di filtro e di riequilibrio ambientale (Fv 3): La finalità dell’interesse
pubblico, che l’individuazione di tali aree si prefigge, consegue alla loro sistemazione a verde, con interventi ascrivibili alla categoria della forestazione urbana, mediante la piantumazione e la coltivazione dell’area con flora autoctona. Tale destinazione non esclude la possibilità, da parte di proprietari o di terzi di utilizzare le aree
per scopi privati che non siano incompatibili con le indicate finalità tendenti alla
fruizione del verde inteso come filtro naturale e per il riequilibrio ambientale del
tessuto urbano. In queste aree è vietata qualunque edificazione ad eccezione della
realizzazione di opere ed impianti destinati alla diretta fruizione della forestazione
urbana, sia per la conduzione e la gestione delle attività in esse esercitate. E’ ammissibile la realizzazione di chioschi o piccole strutture per la somministrazione, tipo
piccoli bar in legno o in struttura prefabbricata, sport all’aperto, svago, tempo libero
e quanto altro connesso alla fruibilità della forestazione urbana. Il rapporto tra la
superficie piantumata e l’area oggetto dell’intervento non deve essere inferiore al
70% con altezza massima di ml. 3,00. É vietata la realizzazione di strutture da
utilizzare a servizi per la fruibilità di dette aree in c.a. ed in muratura. L’attuazione
di tali zone avviene a mezzo di intervento diretto. Nella zona Fv3 l’intervento privato potrà essere consentito previa convenzione con il comune.
d) Verde di rimboschimento (Fv 4 ): La zona interessata dal verde di rimboschimento comprende quelle aree interessate da fenomeni di instabilità dei pendii e
da dissesto idrogeologico. In questa zona è vietato operare tagli sul terreno naturale, scavi o sbancamenti di qualsiasi tipo; potranno solo essere impiantate essenze
arboree di medio ed alto fusto e potranno realizzarsi interventi di bonifica idraulica
dei siti e sistemazione delle scarpate e degli argini. Per i fabbricati esistenti sono
consentite soltanto interventi edilizi diretti per la manutenzione ordinaria e straordinaria nonché per le opere di sistemazione e di consolidamento statico degli edifici
e delle relative aree di pertinenza.
c) Verde di tutela degli impianti tecnologici (Fv 5 ): La zona verde (Fv5), a
tutela degli impianti tecnologici, si attua a mezzo di intervento pubblico con le
seguenti prescrizioni:
a) le fasce di alberi di alto fusto dovranno essere piantumate in filari alternati;
b) dovranno essere disposte tutte le opere di drenaggio e sistemazione dell’area di
sedime al fine di evitare fenomeni di inquinamento nel suolo e nella falda idrica.
d) Verde di arredo stradale (Fv 6 ): Le aree a verde di arredo stradale (Fv6)
sono destinate alla conservazione e realizzazione di aiuole, alberature, piccoli giardini e verde ornamentale in genere. La vegetazione dell’aiuola spartitraffico deve
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essere tale da consentire sempre la visibilità veicolare, in particolar modo in corrispondenza degli incroci e nei tratti in curva.
e) Verde di arredo privato (Fv 7): Le aree a verde di arredo privato sono le aree
libere di pertinenza dei fabbricati. Dette aree devono essere alberate e sistemate a
verde con siepi, gelsomini,rose, buganvillee, ibiscus. Il progetto di sistemazione a
verde deve far parte integrante della richiesta di Concessione per il fabbricato con
indicati l’ubicazione e le essenze da piantumare, con un rapporto di piantumazione
riferito alla Zona Territoriale Omogenea in cui insiste il fabbricato.
Art. 96 Zone per Parcheggi Pubblici (Fp)
I parcheggi pubblici per la sosta temporanea degli autoveicoli potranno realizzarsi a
livello stradale, nel sottosuolo o in elevazione.
1. Se realizzate a livello stradale, le aree attrezzate dovranno essere organizzate in
modo da consentire usi temporanei differenti dal parcheggio (manifestazioni pubbliche, attività ricreative, ecc.) per il migliore godimento del servizio pubblico.
2. I parcheggi pubblici da realizzare nel sottosuolo o in elevazione devono possedere i seguenti requisiti per posto macchina:
a) lunghezza massima, ml. 5,00;
b) larghezza minima, ml. 2,50;
c) altezza massima, ml. 2,50.
4. Dotazione di parcheggi per particolari esigenze:
a) gli strumenti urbanistici attuativi, relativi alla realizzazione ed alla ristrutturazione di insediamenti produttivi, dovranno prevedere, in posizioni idonee, parcheggi
per autovetture ed autotreni in numero non inferiore ad uno ogni mq. 5.000 di
superficie utile edificabile.
b) a servizio di locali pubblici o di uso pubblico e nell’ambito degli strumenti urbanistici attuativi, deve essere previsto un adeguato numero di parcheggi riservati a
persone fisicamente impedite in conformità alle vigenti norme che regolano la materia.
5. Per i Parcheggi in elevazione valgono le seguenti prescrizioni:
a) le superfici destinate a rimessaggio non concorrono al computo della superficie
utile;
b) l’altezza non può eccedere due piani fuori terra;
c) è consentita la realizzazione di una abitazione per una superficie massima di mq.
120,00 al solo fine della custodia.
6. Le destinazioni sopra elencate e riportate con apposita simbologia nelle Tavole di
Piano, hanno valore indicativo e potranno essere variate in ragione dei programmi
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d’intervento comunali, sempre nell’ambito della utilizzazione per attrezzature pubbliche.
7. La realizzazione dei parcheggi potrà essere affidata a privati, attraverso la concessione in diritto di superficie delle relative aree sulla base di apposita convenzione.
8. La convenzione fisserà la durata della concessione e dovrà prevedere il rispetto
delle finalità sociali dell’intervento, garantire il controllo pubblico del servizio e
comporterà la cessione gratuita al Comune di tutti gli impianti e le attrezzature, alla
scadenza della convenzione stessa. La convenzione non può avere durata inferiore
a 50 anni.
9. Nelle zone Fp va comunque rispettato il parametro stabilito dall’art. 5 del D.I. n.
1444/6 e della L.R.n°22/99.
Art. 97 Zone per servizi ed attrezzature private di uso pubblico (Fv.p)
1. In tali zone sono previsti servizi ed attrezzature a carattere assistenziale, sanitario, culturale e sportivo di proprietà e gestione privata ma di uso o interesse pubblico con vincolo non preordinato all’espropriazione.
2. Il P.R.G. individua, nelle Tavole di zona, due categorie:
1) Verde privato Attrezzato: (Fv.p1) Sono le zone destinate alla realizzazione di
impianti sportivi privati, aperti al pubblico, per l’esercizio delle diverse attività sportive, sia all’aperto che al coperto. Gli interventi, per i lotti di estensione superiore a
mq 5.000, saranno assentiti con Concessione Edilizia nel rispetto dell’art.9 della
Legge n°10 del 28 Gennaio 1977 e previa approvazione di un apposito piano attuativo per i lotti di estensione maggiore. Nei nuovi interventi dovrà essere garantito
l’equilibrio fra le aree occupate dalle attrezzature sportive e le aree destinate a
verde. Le costruzioni dovranno rispettare i seguenti parametri:
a) per gli impianti
•
Rc.: 50 %;
•
H.: ml. 14,00;
•
Parcheggi: mq. 1,00 ogni mq. 5,00 di S.c..
b) per gli edifici annessi
•
Rc.: 10 %;
•
H.: ml. 8,00;
•
Parcheggi: mq. 1,00 ogni mq. 1,00 di S.c..
2) Servizi ed attrezzature private di uso pubblico: (Fv.p2) In queste zone
l’edificazione, subordinata a concessione nel rispetto dell’art. 9 della Legge n°10 del
28 Gennaio 1977, dovrà rispettare i seguenti parametri:
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•
Rc.: 60 %;
•
H.: ml. 14,00.
3. Nelle zone Fvp1 e nelle zone Fvp2, fermo restando che tutti gli interventi dovranno essere assoggettati a piano attuativo, i parcheggi non dovranno essere
inferiori a quelli previsti per le attività commerciali (L.R. n.22/99).
Art. 99 Salvaguardia delle Attrezzature Turistiche esistenti (FT)
1. I complessi turistici all’aria aperta, le attrezzature alberghiere ed agrituristiche
esistenti sul territorio comunale, anche se ricadenti in zone a diversa destinazione,
possono potenziare la loro attività, in applicazione delle Leggi Nazionali o Regionali
vigenti in materia che fissano la densità raggiungibile, ma nel rispetto delle prescrizioni afferenti alla zona in cui di fatto ricadono.
2. Nel caso di cessazione dell’attività, il terreno di sedime e quello che all’attività
preesistente era funzionale, assume la destinazione urbanistica quale indicata nel
Piano e soggiace alle norme che ne prescrivono l’utilizzazione.
ZONE TERRITORIALI OMOGENEE “R”
Art. 101 Zona di Rispetto “R1” (Z.T.O. R1 per la diretta fruizione del mare)
1. La Zona “R1” interessa la fascia costiera di larghezza ml. 150 dalla battigia.
2. Nella Zona “R1”, previa esplicita concessione del Ministero della Marina Mercantile e nulla osta della Sovrintendenza BB.CC.AA., sono consentite costruzioni provvisorie, dirette al godimento collettivo di attività balneari.
3. In particolare sono consentiti:
1) opere ed impianti che hanno un rapporto di fruizione diretta con gli usi propri del
mare in quanto tali (navigazione, pesca, balneazione,acquacoltura, ecc.);
2) ristrutturazione degli edifici esistenti e regolarmente autorizzati, senza alterazione dei volumi (L.R. n°78/1976, art. 15);
3) opere pubbliche o dichiarate di preminente interesse pubblico (art. 89 comma 11
L.R. 6/2001);
4) opere di urbanizzazione primaria e secondaria connesse ad impianti turisticoricettivi esistenti, nonché ad ammodernamenti strettamente necessari alla funzionalità degli stessi complessi (art. 89 comma 11 L.R. 6/2001); con provvedimento
annuale e per un periodo non superiore a 8 mesi è consentito destinare aree a
parcheggi al servizio della balneazione.
5) Abrogato;
6) opere relative ai porti ed alle opere connesse per i servizi ed infrastrutture.
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4. I commi 3), 4), e 6) sono dettati dalla L.R. n°71/1978 art. 57 in deroga alla L.R.
n°78/1976, sostituiti dall’art. 89, comma 11 della L.R. 6/2001.
5. La fascia “R1”, Z.T.O. R1 per la diretta fruizione del mare, con densità fondiaria
edilizia 0,03 mc/mq, è sottoposta al Vincolo Paesaggistico del Decreto Legislativo
22 gennaio 2004 n.42 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e s.m.i.
Art. 103 Zona di Rispetto “R3”
1. La Zona “R3” interessa la fascia di rispetto forestale.
2. In detta fascia di rispetto, che parte dai limiti dei boschi e delle fasce forestali
per una larghezza dai 50 ml. a 200 ml. (giusta L.R. n°16 del 06 Aprile 1996, art. 10
e L.R. n°13 del 19 Agosto 1999, art. 10 comma 1°, 2°e 3°, non è consentita alcuna
attività edificatoria.
3. All’interno delle riserve naturali non è consentita alcuna deroga al divieto di cui al
comma 1 (comma 7, L.R. n° 13/1999).
4. In deroga al divieto di cui al comma 1, nei terreni artificialmente rimboschiti e
nelle relative zone di rispetto, resta salva la facoltà di edificare nei limiti previsti
dalla normativa vigente per le zone territoriali omogenee agricole (comma 9, L.R.
n°13 del 19 Agosto 1999), con densità edificatoria 0,03 mc/mq. Il comparto territoriale di riferimento per il calcolo di tale densità è costituito esclusivamente dalla
zona di rispetto “R3”. (E)
5. Le zone di rispetto di cui ai commi 1, 2 e 3 sono in ogni caso sottoposte di diritto
al vincolo paesaggistico del Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n.42 Codice dei
Beni Culturali e del Paesaggio e s.m.i.
6. Nelle Z.T.O. “R3” è consentito il mantenimento dei manufatti edilizi esistenti già
accatastati al momento dell’adozione del P.R.G. L’attività edilizia sugli edifici esistenti è regolata dall’art. 20 L.R. 71/78 lettera a)- b)- c).
Art. 106 Fascia di Rispetto Verde Ambientale “R.V.”
1. Le fasce di rispetto “R.V.”, zone a verde di particolare interesse paesaggistico e
ambientale
comprese
tra
le
spalle
del
molo
del
porto
e
la
punta
Est
dell’insediamento di Cala Bianca e tra la Cala della Tonnara ed il Centro Storico di
Scopello, per una larghezza di ml. 300, e per come meglio rappresentate graficamente, sono sottoposte a vincolo di inedificabilità assoluta e destinate a verde di
interesse ambientale.
2. In esse sono pertanto consentite solo piantumazioni di piante mediterranee
(ulivo, carrubo, frassino, palme nane, ecc..), le relative opere di sistemazione del
terreno e la manutenzione ordinaria degli edifici esistenti già censiti.
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3. Per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di restauro e risanamento conservativo, manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché di ristrutturazione edilizia, senza alterazione dei volumi, quali definiti ai punti a, b, c, d (art. 20 L.R. 27
Dicembre 1978 n°71). Non è prevista la demolizione e ricostruzione degli edifici
esistenti.
4. Per i fabbricati esistenti, oltre all’uso residenziale è consentita l’attività pensionistica, commerciale (negozi di vicinato) e di supporto alle attività turistiche o di zone
omogenee viciniori.
5. In riferimento all’emendamento n°1 della relazione generale ed all’Art. 106 delle
N.T.A., fermo restando il vincolo di inedificabilità assoluta per una fascia di ml. 150
dal mare, la superficie di terreno oltre la striscia dei 150 ml ed i 300 ml dal mare,
viene assimilata a Z.T.O. E2.
Art. 107 Zona di Rispetto di Interesse Archeologico “R.A.”
1. La zona “R.A.” comprende le aree di interesse archeologico soggette al Vincolo
Paesaggistico, Decreto Legislativo 22 gennaio 2004 n. 42, Codice dei Beni Culturali
e del Paesaggio e s.m.i.
10. DESCRIZIONE E VALUTAZIONE DEI POSSIBILI IMPATTI DERIVANTI
DAL P.R.G. VIGENTE SUGLI OBIETTIVI DI CONSERVAZIONE DEI SITI.
Secondo l’Allegato G del precitato D.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 le interferenze
eventualmente generate dal P.R.G. vigente in oggetto devono essere descritte con
riferimento al sistema ambientale considerando:
•
componenti abiotiche (clima, suolo, sottosuolo, acque superficiali, acque
sotterranee);
•
componenti biotiche (flora, vegetazione, fauna);
•
connessioni ecologiche (ecosistemi, paesaggio).
Inoltre le interferenze devono tenere conto della qualità, della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona e della capacità di carico dell’ambiente naturale. L'analisi dei possibili impatti generati dalle disposizioni del P.R.G. Vigente
permette di trarre alcune conclusioni relativamente alle interazioni con le componenti biotiche dell'ecosistema sia in termini di singoli elementi biologici (specie rare,
endemismi, ecotipi ecc.), sia a livelli gerarchici maggiori.
Da un punto di vista climatico il territorio in esame ricade nella fascia compresa tra
il termomediterraneo inferiore secco superiore ed il mesomediterraneo inferiore
subumido superiore. In generale, nell’arco di ogni singolo anno i giorni più piovosi
ricadono nel semestre autunno-inverno e, in particolare, nell’intervallo temporale
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Ottobre-Febbraio mentre le precipitazioni diventano decisamente di scarsa entità
nel periodo compreso tra Maggio e Settembre. L’attuazione del P.R.G. vigente non
determina una variazione di microclima .
L’analisi delle componenti antropiche evidenzia ed individua solo negli incendi e
nell’attività venatoria le principali fonti di disturbo degli aspetti biocenotici ed ambientali dell’area.
La valutazione della significatività si basa sui seguenti parametri:
• caratteristiche e valore dell’ambiente in oggetto;
• grado, diffusione spaziale e temporale del cambiamento previsto;
• capacità dell’ambiente di resistere al cambiamento;
• affidabilità delle previsioni;
• disponibilità di programmi, piani etc. da utilizzare come criteri;
• disponibilità di standard ambientali sui quali basarsi per la valutazione (norme specifiche di campo;
• correlazione fra opinione pubblica-risorse ambientali e proposta progettuale;
• misure di mitigazione, sostenibilità e reversibilità.
Matrice di valutazione della significatività.
TIPO DI INCIDENZA
INDICATORE
Percentuale di perdita
all’interno del sito
Frammentazione
Grado di frammentazione
Perturbazione
Grado di perturbazione
Entità del calo stimato nella
Densità della popolazione popolazione delle varie specie
Rischio stimato di inquinaQualità dell’ambiente
mento (aria, acqua e suolo)
Perdita di aree di habitat
GIUDIZIO SULLA
SIGNIFICATIVITA’
DELL’IMPATTO DEL
PROGETTO SUL SITO
Non significativo
Non significativo
Non significativo
Non significativo
Non significativo
Livelli di giudizio:
•
Non significativo: l’intervento non comporta alcuna incidenza sul sito
•
Poco significativo: quando esistono delle incertezze e dubbi sulla possibile incidenza
•
Significativo: l’intervento può avere delle incidenze che comportano l’adozione di opportune misure di mitigazione
•
Molto significativo: l’intervento di certo ha delle incidenze elevate sul sito.
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11. DESCRIZIONE E VALUTAZIONE DELLE MISURE DI MITIGAZIONE.
Vengono definite come le misure intese a ridurre al minimo o addirittura sopprimere
l’impatto negativo di un Piano o Progetto durante o dopo la sua realizzazione.
Obiettivo è quello di garantire la conservazione degli Habitat mediante la messa in
atto di una serie di accorgimenti e misure finalizzati alla riduzione o eliminazione di
tecnologie estranee all’ambiente favorendo, di contro, l’evoluzione dei sistemi naturali il cui obiettivo finale è la ricostituzione di nuovi equilibri ecologici, naturali e
paesaggistici finalizzati alla conservazione del sito.
Nel caso specifico i sistemi di mitigazione da mettere in atto sono i seguenti:
• Riutilizzazione dove possibile dei materiali di scavo;
• Uso di teli impermeabili posti sul terreno dove poggiare i materiali da costruzione;
• Copertura con teli dei materiali da costruzione;
• Uso di macchine e attrezzi certificati secondo la direttiva macchine al fine di
ridurre le emissioni sonore;
• Divieto assoluto di lavare i mezzi meccanici all’interno del sito;
• Nella realizzazione delle opere esterne dovrà essere limitata il più possibile
l’utilizzazione di malte cementizie a favore di muretti a secco in pietrame locale;
• Divieto assoluto di utilizzo di lampade alogene e/o ad incandescenza;
• Corpi illuminanti con flusso luminoso convogliato verso il basso;
• Illuminazione conforme alle UNI 10439 e UNI 10819 con regolazione del flusso luminoso;
• Le aree libere eventuali da adibire ad aiuole dovranno essere rinaturate con
essenze autoctone;
• Cura delle piante e delle essenze con metodi biologici con divieto assoluto di
utilizzo di pesticidi ed anticrittogamici;
• Ove le opere da realizzare ,compreso l’allestimento del cantiere, prevedano la
rimozione di vegetazione riconducibile agli Habitat 5330-6220*-91AA*9340, dovrà essere prevista la compensazione degli stessi mediante reimpianto in aree della proprietà caratterizzate dagli Habitat degradati per una
superficie uguale o maggiore;
• Dovrà altresì essere adottato ogni accorgimento necessario a ridurre le emissioni di polveri e le emissioni acustiche.
Fatte salve le mitigazioni suggerite per i singoli interventi da attuare all’interno ed
all’esterno, entro la fascia di rispetto dei 200 metri, dei SIC e della ZPS, i cui limiti
da considerare sono quelli in fase di approvazione dalla C.E., opportunamente riporDr. Agronomo Domenico Navarra
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tate nelle tabelle (1-2) allegate alla presente, sarà necessario osservare le seguenti
prescrizioni particolari a tutela del territorio comunale:
1. Nei siti della rete Natura 2000 ricedenti nel territorio comunale sono da escludersi interventi di antropizzazione invasiva ed interventi di trasformazione del suolo fino all’individuazione delle misure di conservazione ai sensi
dell’art. 4 del DPR 357797 e s.m.i. sono consentiti esclusivamente interventi
rivolti alla conservazione delle risorse naturali, dei processi biocenotici e del
patrimonio ambientale e paesaggistico.
2. Nelle zone di rispetto delle sponde e piedi degli argini dei corsi d’acqua sono
compatibili interventi volti alla difesa idrogeologica con esclusivo ricorso a
tecniche di ingegneria naturalistica, alla bonifica ed al restauro ambientale e
paesaggistico.
3. Gli interventi di nuova costruzione previste nella ZTO D dovranno avere caratteristiche di basso impatto ambientale, uso di materiali ecocompatibili e
riciclabili ed alta qualità energetica.
4. Per gli impianti di distribuzione di carburante individuati nel territorio comunale anche limitrofi ai siti Natura 200 dovranno essere individuati nuove
forme di regolamentazione ed interventi volti ad eliminare ogni possibilità di
inquinamento ambientale.
5. Le superfici delle aree a parcheggio presenti all’interno dei siti Natura 2000 e
limitrofe alla Riserva Naturale Orientata dello Zingaro dovranno essere realizzate con pavimentazione permeabile e dovrà essere prevista la piantumazione di specie vegetali autoctone schermanti ed ombreggianti.
6. Tutta l’attività edilizia consentita relativa a nuova edificazione, ristrutturazione, demolizione e ricostruzione nel rispetto delle superfici e volumi utili esistenti come da disposizioni attuative dovrà avvenire con criteri costruttivi
bioclimatici, integrati e strategici per il risparmio energetico e volti all’utilizzo
di fonti energetiche rinnovabili ed alternative come previsto dalla normativa
in materia.
7. Nel corso delle fasi di realizzazione di opere o impianti previste nelle ZTO interessati dai siti natura 2000 e limitrofe per una fascia di 200 metri si provvederà alla rimozione dell’impianto di cantiere e di tutte le opere provvisionali al termine di ciascuna fase di lavorazione, dovranno essere adottati tutti
gli accorgimenti necessari per mitigare gli impatti derivanti da polverosità,
rumore ed emissioni in atmosfera. Si dovrà avere cura di effettuare la fase
di cantiere al di fuori del periodo riproduttivo delle specie protette presenti
nei siti viciniori. Non dovranno essere alterati i caratteri geomorfologici né il
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regime idrogeologico del sito, prevedendo una idonea sistemazione idraulica
delle acque superficiali e meteoriche, al fine di assicurare il recapito nei loro
impluvi naturali. Si dovrà evitare, laddove possibile, di abbattere essenze
vegetali arboree ed arbustive prevedendone eventualmente il reimpianto,
procedendo durante la fase di spostamento delle stesse essenze vegetali assicurando l’integrità della zolla di terra attorno alle radici ed il reimpianto in
zone idonee al successivo attecchimento. Le aree di cantiere dovranno essere sistemate alla situazione anteoperam attraverso l’inserimento di inerbimento e piantumazione vegetale utilizzando essenze vegetali autoctone. Al
fine di mitigare l’impatto visivo dovrà essere messo in atto ogni accorgimento possibile.
8. Tutti i progetti e le opere che dall’attuazione del vigente P.R.G. ricadono
all’interno dei siti della Rete Natura 2000 dovranno essere soggetti a valutazione di incidenza ai sensi dell’art. 5 DPR 357/97 e s.m.i..
9. Tutti i progetti e le opere che dall’attuazione del vigente P.R.G. ricadono entro la fascia di rispetto dei 200 m, o che anche se e’ all’esterno ma possono
avere incidenza significativa sugli habitat di Natura 2000, dovranno essere
soggetti a valutazione di Screening ai sensi dell’art. 5 DPR 357/97 e s.m.i..
12. ATTESTAZIONE DI NON SIGNIFICATIVITA’
Considerate le direttive e gli indirizzi programmatici dei piani di assetto del territorio
della regione Sicilia, sovraordinati al vigente P.R.G., orientati ad assicurare la salvaguardia dei valori ambientali, morfologici e percettivi ed a promuovere azioni per
il riequilibrio naturalistico ed ecosistemico, dopo avere esaminato attentamente le
caratteristiche, modalità e finalità del Piano Regolatore del Comune di Castellammare del Golfo vigente, approfondite le indagini volte all’individuazione del grado di
naturalità ed antropizzazione dell’area esaminata in termini di area vasta di influenza, dopo avere effettuato una analisi statistica derivante dalla sovrapposizioni delle
Z.T.O. del vigente P.R.G. con i siti natura 2000 che insistono nel territorio comunale, in base ai dati floristici e vegetazionali, all’elaborazione dei dati fitosociologici ed
alle osservazioni faunistiche reperite ed ancora attuando le misure di mitigazione
precedentemente indicate, si può affermare che il Piano possa continuare a garantire condizioni per uno sviluppo territoriale sostenibile.
Si escludono, pertanto, effetti significativi sui SIC e la ZPS presenti all’interno del
territorio comunale.
Considerati i lavori eseguiti al supporto del PRG vigente del Comune di Castellammare del Golfo derivanti dallo studio agricolo forestale redatto dal Dott. Agr. Andrea
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Ferrarella, alla relazione geologica del Dott. Geologo Gualtiero Bellomo, nonché gli
apporti importanti resi dai collaboratori Dott. Geologo Giacomo Galante e dal Dott.
Naturalista Adragna Francesco, il sottoscritto Dott. Agronomo Domenico Navarra
dichiara che il Piano Regolatore vigente non determinerà conseguenze significative
ed indesiderate sulla flora, fauna, sugli habitat e sul paesaggio. Si attesta pertanto
la non significatività degli impatti.
13. NORMATIVA AMBIENTALE DI RIFERIMENTO.
Norme principali
Inquinamento
Legge 23 marzo 2001, n.93 (Disposizioni in campo ambientale).
Dlgs 4 agosto 1999, n.372 (attuazione della direttiva 96/61/CE - IPPC).
Rifiuti
Dl 9 settembre 1988, n.397 convertito in legge, con modificazioni, con legge 9
novembre 1988, n.475 (disposizioni urgenti in materia di smaltimento dei rifiuti
industriali).
Dlgs 27 gennaio 1992, n.95 (Attuazione delle direttive 75/439/CEE e 87/101/CEE
relative alla eliminazione degli olii usati) - Testo vigente.
Legge 23 marzo 2001, n.93 (Disposizioni in campo ambientale).
Ordinanza 28 febbraio 2001 (disciplina per l'ingresso in Sicilia dei rifiuti destinati ad
essere riciclati o recuperati - ordinanza n.107).
Decisione CE 2001/118/CE (modifica all'elenco di rifiuti istituito dalla decisione
2000/532/CE).
Legge 28 luglio 2000, n.224 (conversione del Dl 16 giugno 2000, n.160 - bonifica
dei siti inquinati)
Legge 25 febbraio 2000, n.33 (conversione in legge del Dl 500/1999 - proroga
termini per lo smaltimento in discarica dei rifiuti e comunicazioni PCB)
Dl 30 dicembre 1999, n.500 (proroga dei termini per lo smaltimento in discarica di
rifiuti e per le comunicazioni sui PCB) - Testo coordinato con le modifiche apportate
dalla legge di conversione
Dlgs 5 febbraio 1997, n.22 (Decreto Ronchi e successive modifiche)
Rumore
Legge 23 marzo 2001, n.93 (Disposizioni in campo ambientale)
Dm 29 novembre 2000 (criteri per la predisposizione dei piani degli interventi di
contenimento e abbattimento del rumore)
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Direttiva 2000/14/CE (emissione acustica ambientale delle macchine ed attrezzature destinate a funzionare all'aperto)
Dpcm 1° marzo 1991 (limiti massimi di esposizione) - Testo vigente
Dm 16 marzo 1998 (rilevamento e misurazione)
Dpcm 14 novembre 1997 (valori limite)
Legge 447/1995 (legge quadro inquinamento acustico)
Territorio
Legge 23 marzo 2001, n.93 (Disposizioni in campo ambientale)
Legge 24 novembre 2000, n.340 (semplificazione dei procedimenti amministrativi)
- Articoli 5, 8 e 22
Legge 11 febbraio 1994, n.109 (Legge Quadro in materia di lavori pubblici) - Testo
vigente
Dlgs 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di
beni culturali e ambientali)
Valutazione di incidenza
Direttiva n.79/409/CEE (individuazione delle zone di protezione speciale)
Direttiva n.92/43/CEE –“Habitat” (individuazione dei siti di importanza comunitaria)
DPCM n.357/1997 (regolamento di attuazione della direttiva 92/43/CEE)
Decreto Ministero dell’Ambiente del 3 aprile 2000 (pubblicazione elenchi ZPS e SIC
sul territorio nazionale)
D.P.R. 12 marzo 2003 n.120 (modifiche al DPCM n. 357/1997).
Tanto ad evasione dell’incarico ricevuto,
Castellammare del Golfo, 4.6.2013.
L’ AGRONOMO
DOMENICO NAVARRA
(Ordine Prov.le dei Dott.ri Agronomi e dei Dott.ri Forestali n.° 468)
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