una guerra che spacca l`europa

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una guerra che spacca l`europa
Quando scoppia una guerra, il primo pensiero corre
necessariamente alle vittime, in particolare a chi la
guerra può solo subirla, ovvero la popolazione civile.
Ma la guerra divampata in Iraq – indipendentemente
dagli esiti che essa produrrà - ha sollevato in queste
settimane anche dei problemi di altra natura. Sul ruolo dell’Onu, ad esempio, mai come oggi messo in
discussione. Sui vincoli posti dal diritto internazionale
e dalle carte costituzionali – a partire da quella italiana
– che ripudiano la guerra come mezzo per la risoluzione dei conflitti internazionali e che certamente non
autorizzano una nazione ad invaderne un’altra per prevenire possibili offese o per cambiare il suo regime.
Ma la guerra ha posto innanzitutto una pesantissima
ipoteca sul futuro politico dell’Europa. Quali che siano
le azioni con le quali adesso i Quindici cercheranno di
ricucire lo strappo fra paesi belligeranti e non belligeranti – così come fra i primi e le istituzioni comunitarie – il danno prodotto dal conflitto del Golfo è sotto gli
occhi di tutti. Ad esso si aggiunge un’altra lacerazione,
quella fra una parte dei Paesi Europei – in particolare
quelli che l’amministrazione Bush ha definito sprezzantemente “vecchia Europa”, Francia e Germania – e
gli Stati Uniti. Infine, il comportamento dei paesi dell’Europa orientale candidati ad entrare a far parte del-
la UE – così come quello della Turchia – hanno reso
evidente che l’allargamento dell’Unione probabilmente
non rafforzerà ma anzi indebolirà il disegno di dare all’Europa un’anima politica comune, oltre a quella economica.
Mentre scriviamo queste brevi note, ignoriamo quale
sarà il costo finale di vite umane di questo conflitto.
Due cose, però, ci sentiamo di dire. In primo luogo,
che il Trentino ha fatto una scelta ben chiara; lo dimostrano le migliaia di bandiere che sventolano tuttora
dai balconi e dalle finestre delle nostre case, e lo dimostra con ancora maggiore forza l’impegno delle tante associazioni umanitarie (a partire da “Un ponte
per…”) e delle stesse istituzioni (gli enti locali, la Provincia autonoma di Trento, la Regione) per alleviare le
sofferenze della popolazione irachena, oppressa da
una feroce dittatura e afflitta da ben tre guerre negli ultimi vent’anni (quella contro l’Iran dal 1980 al 1988,
la Guerra del Golfo del ’91, ed ora quest’ultima, che segue tra l’altro un embargo particolarmente duro). Proprio prima dello scoppio della guerra la Provincia autonoma aveva deciso non a caso un nuovo stanziamento per la realizzazione di progetti umanitari e di potabilizzazione delle acque nella regione di Bassora, subito seguita dal Comune di Trento e da quello di Rovereto. Al di là delle cifre, e dei progetti più o meno sofisticati, si trattava di lanciare un segnale, di fare un investimento di pace – l’ultimo di una lunga serie – proprio mentre l’unica logica vincente sembra essere diventata quella delle armi. Al momento, ogni possibilità
in questo senso è ancora preclusa. Ma non appena sarà possibile, sono certo che i trentini torneranno a fare, come sempre, la loro parte.
Il secondo punto sul quale è necessario soffermarsi
riguarda un tema molto più vasto, ed è quello della
nuova Costituzione europea. Mai come in questo momento di crisi profonda dell’idea stessa di Europa unita, si avverte la necessità di procedere a una riforma
istituzionale in grado di rispondere adeguatamente alle
aspettative, alle aspirazioni ed esigenze dei cittadini.
Una riforma che attinga ai valori profondi dell’Europa
– la solidarietà, la tolleranza, il ruolo centrale del diritto - senza i quali nessuna “casa comune” è possibile. I
lavori della Convenzione acquistano quindi un’importanza ancora maggiore di quella che già avevano; da
essa deve scaturire un segnale forte, per rilanciare con
forza e senza ambiguità il ruolo del Continente sullo
scenario mondiale.
Remo Andreolli
Assessore al Commercio, Cooperazione,
Lavoro e Politiche comunitarie
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