Swing Training: la metafora del golf nell`outdoor training

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Swing Training: la metafora del golf nell`outdoor training
settembre 2008
Swing Training:
la metafora del golf
nella formazione outdoor
Redazione di formazione-esperienziale.it
Premessa
Il golf può essere lo strumento privilegiato attraverso cui impadronirsi delle mosse
chiave per il successo utili sia nella vita privata che nel mondo degli affari.
Lavorando con quasi un migliaio di dirigenti d’azienda, Gay Hendricks ed i suoi
colleghi hanno scoperto che le mosse vincenti del golf, della vita e del business
sono esattamente le stesse.
Il golf offre due doni: ci rivela chi siamo e ci offre la possibilità di migliorarci.
Questo attraverso il passaggio dalla visione newtoniana a quella einsteiniana. Il
golf, infatti, cambia a seconda di come lo osservi.
Molti giocatori giocano servendosi di una mentalità newtoniana. Newton vedeva
un universo ordinato che funziona in base a regole fisse ed in cui ad ogni azione
corrisponde una reazione uguale e contraria. Secondo questo approccio il colpo
perfetto sarebbe quello che va ogni volta direttamente nella buca e porterebbe il
giocatore ad utilizzare migliori mazze, driver più lunghi e putter più diritti. Il
problema dell’ottica newtoniana è che il più delle volte non arriviamo nemmeno
lontanamente a realizzare il colpo perfetto, a vivere una vita perfetta ed a svolgere
in modo perfetto il nostro lavoro. Finire nella trappola newtoniana significa cadere
nel conflitto tra ideale e reale condannandoci all’insuccesso ed all’infelicità perenne.
Non c’è niente di male nel desiderare il meglio per sè e per gli altri, ma c’è una
grande differenza tra standard elevati ed aspettative rigide. Ogni momento
racchiude in sè una ricca potenzialità di apprendimento che può tradursi in realtà
solo se ci si libera da aspettative fisse.
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L’approccio einsteiniano, invece, parte dal presupposto che il modo in cui siamo
influisce sul modo in cui percepiamo la realtà (per Newton invece è il modo in cui è
l’universo a determinare come siamo noi). Questa visione è molto più
responsabilizzante. Il golfista newtoniano pensa che a determinare il modo in cui
colpisce la palla siano pratica ed attrezzatura. Il golfista einsteiniano, pur
riconoscendo l’importanza di questi fattori, è consapevole che il come si è dentro
svolge un ruolo determinante. Il lavoratore newtoniano fissa gli obiettivi, controlla
le spese, tiene d’occhio la concorrenza, lavora sodo mentre quello einsteiniano
lavora in modo intelligente, non faticoso ed usa esattamente il tempo che ci vuole
per raggiungere i suoi obiettivi.
Esiste una terza via per giocare che passa gradualmente da un approccio
newtoniano ad uno einsteiniano. Riguarda la nostra relazione con la palla. Un colpo
malfatto non esiste. Ogni colpo che eseguiamo va esattamente dove deve andare,
dato il modo in cui abbiamo colpito. Che i nostri colpi siano buoni o cattivi è
soltanto un concetto che abbiamo costruito noi per impedirci di divertirci
continuamente.
Per Gay Hendricks il giocatore di golf come il manager efficace è quello che ha
scoperto i tre segreti.
Mantenere l’attenzione sul completamento del processo
Il primo segreto consiste nel mantenere l’attenzione sul processo essenziale finché
non sia completato. Solo mantenendo l’attenzione sulla palla finché non se ne sarà
andata potrai essere sicuro di non aver mancato il compito fondamentale (colpire la
palla) e soltanto dopo potrai guardare avanti verso l’esito della tua azione. Il primo
e più grosso errore nel golf è quello di sbirciare per vedere dov’è arrivato il tiro
prima di aver finito di colpire la palla.
Questo vuol dire finire il lavoro prima di cominciare a pensare al risultato,
completare una cosa prima di passare alla successiva.
Hendricks racconta che, in un seminario con 50 persone, fece stilare una lista di
tutte le cose che avevano ancora da completare. Vennero prodotte centinaia di voci,
alcune vecchie di decenni. Tutto questo brucia una quantità incredibile di energia!
Non
interessa
stabilire
se
la
completezza
sia
moralmente
migliore
dell’incompletezza. Il grande problema dell’incompletezza è che consuma energia.
Completando un’attività in modo impeccabile si libera energia creativa che può
essere impiegata per attività successive.
Occorre stabilire quindi qual è la prossima azione essenziale in ogni dato momento:
quella che porterà a completamento il progetto con priorità più alta.
L’aspettativa è uno dei più grossi ostacoli all’efficacia ed al completamento perché
impedisce di essere totalmente nell’azione presente. L’aspettativa ha le sue radici
nella paura ed è basata sulle azioni passate a differenza della consapevole
visualizzazione di dove vorresti portare la palla. Hendricks non simpatizza
comunque nemmeno con le visualizzazioni che, secondo lui, tengono lontani dal
presente.
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Secondo Hendricks le persone hanno paura di completare le cose. Completare
qualcosa vuol dire finire, il nostro inconscio ci dice che possiamo ingannare la morte
con l’incompletezza.
Come mettere in pratica il primo segreto:
Riconoscere le emozioni dentro di noi: non è necessario agire in base alle
emozioni, ma riconoscerle nel momento in cui le stiamo vivendo.
Completare le comunicazioni: nelle nostre conversazioni il completamento si ha
quando diciamo esattamente la cosa essenziale che deve essere detta senza
perdersi in mille parole (nessuna delle quali essenziale).
Rispettare gli accordi presi: molta energia va dispersa e sprecata in accordi mal
formulati o non rispettati.
Compilare giornalmente la scheda dei completamenti (le prime 5 azioni
essenziali di oggi; ci sono situazioni/persone/decisioni che sto evitando? Ci sono
emozioni che ho bisogno di riconoscere in me?, ecc…).
Lo swing: muoversi al ritmo giusto
Per comprendere il secondo segreto del golf e del lavoro ci aiuta un’altra metafora
ancora: quella dell’altalena. Ciò che rende l’altalena un’attività così amata dai
bambini di tutto il mondo è che oscillare è facile, non si deve far altro che iniziare,
poi la gravità da il resto del lavoro al posto nostro. Non solo facile ma anche
piacevole: deve essere divertente altrimenti non è andare in altalena, se è troppo
veloce o troppo in alto non ci si diverte più.
Ecco allora che lo swing nel golf diventa come l’altalena. Il movimento effettuato
per colpire la palla non è un fendente, non è un colpo d’ascia, non è un pugno o uno
schiaffo, è uno swing appunto. Quando si colpisce la palla è perché la palla si trova
lungo la traiettoria dello swing. La palla è un incontro secondario nella pienezza del
proprio swing. Colpire la palla diventa come sfiorare leggermente il terreno con la
punta dei piedi mentre stai andando sull’altalena.
Occorre quindi non lasciare che l’obiettivo di colpire la palla ci prenda tanto da farci
dimenticare che quello è uno swing, è un flusso.
Per capire se quello che stiamo facendo è uno swing basta chiedersi:
è facile?
è piacevole?
è divertente?
Essere nello swing delle cose significa muoversi al ritmo giusto con esse ma spesso
stiamo “spingendo” troppo forte o non siamo in sintonia con il compito che stiamo
facendo. Allora occorre rallentare, riprendere fiato e tornare nello swing.
Secondo Hendricks il grande swing è l’oscillazione tra il dimenticarsi che è uno
swing ed il ricordarselo. Non si è mai sempre nello swing. Si oscilla sempre avanti e
indietro.
L’importanza dello swing ci ricorda di allentare la presa sull’impugnatura del
bastone perché lo swing è in parte trattenere ed in parte lasciar andare.
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Nello svolgere i propri compiti lavorativi occorre chiedersi quanta energia sto
investendo?, dove sto lavorando troppo e con scarsi risultati?, devo essere proprio
così coinvolto in quello che faccio?, posso farlo con maggiore agio?.
Il golfista esperto esegue uno swing durante un’espirazione o subito dopo.
L’espirazione corrisponde al completamento ed è in sintonia col modello organico
della natura.
Il locus of control interno
Quando si colpisce la palla da golf, noi siamo in movimento ma la palla no. La palla
non può andare da nessuna altra parte che non quella dove noi la mandiamo. La
palla è soltanto una palla finché non la carichiamo noi di energia. Anche sul lavoro
siamo noi a dare tutto il significato ad ogni momento e che carichiamo ogni azione
di senso.
Il golfista consapevole pensa “Cosa ho fatto perché la palla andasse dove è
andata?”. Il golfista inconsapevole invece pensa “E’ inconcepibile che la palla possa
trovarsi dove, a quanto pare, si trova. L’universo fisico ha fatto un errore e io devo
punirlo!”. Si tratta di una vera e propria proiezione: qualcosa là fuori è responsabile
di qualcosa che è dentro di te. Quando la proiezione è estrema ci fa sorridere ma
più spesso si annida dentro di noi e non è più così ovvia e visibile.
Spesso fa male accettare l’idea che se siamo dove siamo dipende da una serie di
scelte più o meno consapevoli, ma questa è l’unica prospettiva che abbia in sé una
vera forza, altrimenti siamo vittime e tutto il potere è nelle mani degli altri (locus of
control esterno).
Nel golf e nel lavoro non c’è mai nessuno da incolpare ma solo qualcosa da
imparare.
Ecco perché il cattivo colpo non esiste: i risultati mi mostrano sempre quale è la
mia vera intenzione.
Glossario
Driver: il bastone numero 1 che permette di ottenere la maggiore distanza e che
solitamente si impiega per effettuare il colpo di partenza con la palla posta sul tee.
Green: piazzola di erba molto rasata dove è posta la buca.
Putter: bastone con cui si effettuano i colpi giocati sul green per mandare la palla
in buca.
Tee: supporto su cui si pone la palla per tirare il primo colpo (ma anche la zona
stessa dalla quale si effettua il primo colpo).
Note
Il presente articolo è tratto ed adattato dal lavoro di Gay Hendricks, psicologo e
consulente aziendale americano che insieme alla moglie Kathlyn dirige l’Hendricks Institute
e l’Academy for Conscious Golf and Business in California.
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