Sez. 5, Sentenza n. 19512 del 26/04/2006 Cc. (dep. 07/06/2006 )
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Sez. 5, Sentenza n. 19512 del 26/04/2006 Cc. (dep. 07/06/2006 ) Rv. 234405 Presidente: Colonnese A. Estensore: Rotella M. Relatore: Rotella M. Imputato: Zhu. P.M. Martusciello V. (Diff.) (Annulla in parte con rinvio, Trib.lib. Genova, 2 febbraio 2006) 598 REATI CONTRO LA FEDE PUBBLICA - 044 INTRODUZIONE NELLO STATO E COMMERCIO DI PRODOTTI CON SEGNI FALSI REATI CONTRO LA FEDE PUBBLICA - DELITTI - FALSITÀ IN SIGILLI O STRUMENTI O SEGNI DI AUTENTICAZIONE, CERTIFICAZIONE O RICONOSCIMENTO INTRODUZIONE NELLO STATO E COMMERCIO DI PRODOTTI CON SEGNI FALSI - Reato previsto dall'art. 127 D.Lgs. n. 30 del 2005 - Somiglianza con il prodotto originale idonea a generare confusione - Sufficienza - Esclusione - Fattispecie in tema di sequestro preventivo. In tema di sequestro preventivo, il reato di cui all'art. 127 D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, pur costituendo un'ipotesi sussidiaria rispetto a quelle previste dagli artt. 473, 474 e 517 cod. pen., tutela esclusivamente il patrimonio privato, con la conseguenza che il relativo accertamento è legato a parametri diversi da quelli richiesti dalle citate norme codicistiche, le quali assorbono lo specifico interesse patrimoniale in altro collettivo di maggior rilievo (fede pubblica e mercato). Ne consegue che, non trattandosi di un'ipotesi minore di imitazione del marchio, ai fini della sua configurabilità, non rileva la mera somiglianza del prodotto contraffatto con quello originale, idonea a generare confusione, ma è necessario ravvisare un carattere del prodotto industriale, relativo a progetto o a struttura, componenti, assemblaggio, confezione od altro che, al di là del marchio, ne renda esclusiva la fabbricazione ed il commercio (fattispecie relativa a sequestro di articoli di pelletteria importati dall'estero motivato dalla loro somiglianza con i prodotti originali recanti il marchio "Louis Vuitton", idonea a generare confusione). . Riferimenti normativi: Decreto Legisl. 10/02/2005 num. 30 art. 127 Nuovo Cod. Proc. Pen. art. 321 Cod. Pen. art. 473 Cod. Pen. art. 474 Cod. Pen. art. 517 Sez. 5, Sentenza n. 19512 del 2006 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio Dott. COLONNESE Andrea - Presidente - del 26/04/2006 Dott. FERRUA Giuliana - Consigliere - SENTENZA Dott. ROTELLA Mario - Consigliere - N. 644 Dott. BRUNO Paolo Antonio - Consigliere - REGISTRO GENERALE Dott. DUBOLINO Pietro - Consigliere - N. 007767/2006 ha pronunciato la seguente: SENTENZA/ORDINANZA sul ricorso proposto da: 1) ZHU MEYING N. IL 18/08/1965; avverso ORDINANZA del 02/02/2006 TRIB. LIBERTÀ di GENOVA; sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROTELLA MARIO; sentite le conclusioni del P.G. Dr. MARTUSCIELLO V., di rigetto. RITENUTO IN FATTO 1 - Il GIP di Genova, cui il P.M. aveva chiesto sequestro preventivo ai sensi degli artt. 474 (marchio contraffatto "Louis Vuitton") e 648 c.p. di oggetti di pelletteria, importati dalla ditta di Zhu Meiyng, lo ha disposto ai sensi del D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 127, per la somiglianza con il prodotto originale, idonea ad ingenerare confusione. Il Tribunale di riesame ha annullato il decreto del GIP perché, pur ricorrendone gli estremi, la norma non era stata ancora introdotta al momento dell'importazione, ed è stata applicata retroattivamente. Ma ha mantenuto il sequestro ai sensi dell'art. 240 c.p., comma 2, secondo il quale è sempre disposta la confisca (e non può essere revocato il sequestro, ai sensi dell'art. 324 c.p.p., comma 7, u.p.) di cose la cui alienazione costituisce reato, ritenendo il pericolo di futura commissione del reato di cui all'art. 127 cit.. Il ricorso denuncia violazione di legge (art. 324 c.p.p., comma 7 - art. 240 c.p., comma 2), per erronea qualificazione delle cose sequestrate come corpo di reato che, a sensi dell'art. 127, comma 5, D.Lgs. cit. è perseguibile a querela, e per omessa menzione del titolo che giustifica il mantenimento del vincolo a fini di confisca obbligatoria. 2 - Il ricorso è fondato. Va premesso che il D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 127, comma 1 prevede, a tutela della proprietà industriale, reati punibili a querela di parte, fuori di quelli di falso di cui agli artt. 473 e 474 c.p., o di vendita di prodotti industriali con segni mendaci ai sensi dell'art. 517 c.p.. Si tratta perciò di ipotesi sussidiarie espressamente limitate alla tutela del patrimonio privato, il cui accertamento è legato a parametri diversi, se si vuole residui rispetto ai parametri richiesti dalle norme incriminatici del Codice, le quali assorbono lo specifico interesse patrimoniale in altro collettivo di maggior rilievo (fede pubblica e mercato). La norma difatti tutela il prodotto industriale solo e proprio in quanto coperto da titolo di proprietà (per es. un brevetto) relativo a progetto, struttura, componenti, assemblaggio, confezione o altro che, al di là del marchio, ne renda esclusiva la fabbricazione ed il commercio. E non configura una ipotesi minore di Imitazione del marchio, o di confondibilità degli acquirenti circa l'origine o la qualità di una merce (artt. 473 o 517 c.p.), per quanto tali aspetti possano essere sintomi di lesione di un diritto altrui di proprietà industriale. Fatta questa premessa di diritto sostanziale, va affermato che non compete al Tribunale di riesame del sequestro, non solo probatorio (cfr. Cass., Sez. 5^, n. 7228/01 e 29909/02), ma anche preventivo, la verifica di procedibilità riservata al Giudice del merito. Ma è evidente che il tenore della querela offre elementi di fatto per l'identificazione di un diritto industriale violato, per nulla semplice da ravvisare, se si è a fronte di un prodotto di consumo ordinario. Ed è questo, in effetti, il senso della doglianza sotto tale profilo. Nella specie il Tribunale, fa propria la giustificazione resa dal GIP circa l'apparente somiglianza dei prodotti. E mantiene il sequestro per il pericolo che le cose restituite potrebbero essere messe in vendita, ritenendo la merce confiscabile ai sensi dell'art. 240 c.p., comma 2, ex art. 324 c.p.p., comma 7. Sennonché la sostenuta somiglianza del prodotto con altri, non consente di ritenerne un vizio intrinseco, al punto di renderla sottratta a commercio. Pertanto risulta necessario nuovo esame, che abbia per fermi i seguenti punti di principio: a) va innanzitutto verificato se, al momento del sequestro, la merce era posta in vendita; b) in ipotesi di cui agli artt. 473, 474 e 517 c.p., non compete al Giudice di riesame, bensì a quello di merito stabilire il livello della capacità imitativa di un marchio, e cioè se si sia in presenza di un falso punibile o grossolano, o comunque sussista pericolo di confusione per l'acquirente; c) ai fini di cui al D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 127, la mera somiglianza dei prodotti è un indice insufficiente se non incongruo; mentre è necessario che si ravvisi un carattere del prodotto relativo a progetto o a struttura, componenti, assemblaggio, confezione o altro, che ne renda esclusiva la fabbricazione ed il commercio. P.Q.M. annulla l'impugnata ordinanza con rinvio al Tribunale di Genova per nuovo esame. Così deciso in Roma, il 26 aprile 2006. Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2006