I NOMI DELLO STERMINIO Finalità: Questa scheda

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Materiale didattico a cura di P. Carmignani
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I NOMI DELLO STERMINIO
Finalità:
Questa scheda non è la trattazione storica dell’olocausto o del nazismo, fenomeno storico
troppo complesso e che richiederebbe un intervento troppo lungo, lo scopo è di fornire
un’idea di questo evento che ha coinvolto milioni di persone e che ha colpito l’umanità nella
sua dignità più profonda, come uno dei capitoli più bui del ‘900.
Per questo saranno date brevi informazioni utili ad entrare nel contesto del tema senza avere
la pretesa di ricostruire le dinamiche del processo né esaurire gli aspetti problematici ad esso
connessi, successivamente saranno offerti spunti di riflessione finalizzati a dare una
spiegazione di un fatto storico così orrendo, infine saranno fornite indicazioni di carattere
bibliografico e indirizzi internet dove poter approfondire il problema.
Prima parte
Alle elezioni politiche del maggio 1932 il NSPDA (Partito nazionalsocialista) ottenne il
37,4% dei suffragi pari a circa 13 milioni di voti, diventando il primo partito tedesco.Nel
gennaio 1933 Hitler, nominato cancelliere della repubblica federale tedesca (Rep. Di
Weimar), avvia una politica finalizzata all’eliminazione delle opposizioni politiche (partiti,
sindacati, movimenti) ed all’esautorazione del Parlamento, per realizzare il progetto di
creazione di uno stato nazista.
Nucleo fondante del pensiero nazista non fu tanto la costruzione dello Stato
nazionalsocialista, ma la realizzazione di una Grande Germania in cui potesse trovare
domicilio il popolo tedesco che, per Hitler, rappresentava l’idea della perfezione umana.
Infatti una delle parole d’ordine del nazismo fu la Rassenkampf (la battaglia per la razza) con
lo scopo di creare una Volksgemeinschaft (comunità popolare) costituita esclusivamente da
individui biologicamente selezionati di razza ariana e tedeschi.
La politica nazionalista, la guerra, l’industrializzazione, l’occupazione di un Lebensraum,
sono soltanto mezzi per il conseguimento di una Volksgemeinschaft tedesca.
In questa ottica prende corpo il progetto che, nel corso degli anni, in varie fasi ha prodotto
uno dei crimini più orrendi di cui l’umanità si sia macchiata: lo sterminio premeditato di
milioni di persone.
Le tappe più significative dell’olocausto furono:
1935 promulgazione delle Leggi di Norimberga finalizzate a stabilire una discriminazione
nei confronti di quelle minoranze etniche che non appartengono alla razza ariana. In
particolare queste leggi colpiscono gli ebrei dichiarati estranei alla Volksgemeinschaft e, per
questo, privati dei diritti di cui , invece, godono, coloro che vi appartengono.
1938 8-9 novembre. Notte dei cristalli. Così definita per le devastazioni perpetrate nei
confronti di negozi di ebrei e sinagoghe. Costituisce un’evoluzione rispetto agli anni
precedenti caratterizzate da un aumento delle violenze razziali.
1939-1941 Con la guerra e l’occupazione di territori le discriminazioni razziali vengono
applicate anche in altri paesi europei. Gli ebrei vengono costretti a trasferirsi nei ghetti,
ovvero quartieri recintati in cui gli ebrei vengono concentrati e costretti a risiedere senza
poter uscire, con tutti i problemi del sovraffollamento e dei rifornimenti.
1942-1945 È il periodo caratterizzato dalla concentrazione nei lager che sono stati costruiti
un po’ dappertutto in Germania, Austria, ma, soprattutto nei paesi dell’est europeo e dalla
soluzione finale (Conferenza di Wannsee del gennaio 1942). È in questa area che vengono
convogliati milioni di ebrei, ma non solo, da tutta Europa e rinchiusi nei campi per un solo
scopo: essere sterminati
I lager tedeschi servivano per isolare gli oppositori politici, ma anche gli handicappati o i
deviati che non potevano rientrare nel programma di realizzazione di una razza pura. Altri
servivano a contenere i delinquenti o i prigionieri di guerra. I reclusi venivano utilizzati
come manodopera a basso costo che poteva essere affittata ad aziende tedesche, oppure
impiegata per la realizzazione di opere logistiche come strade, fortificazioni, sterramenti ecc.
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Coloro che non riuscivano a mantenere i massacranti ritmi di lavoro, considerata la scarsa
alimentazione e le carenti condizioni igieniche, venivano eliminati.
Ma alcuni lager furono costruiti esclusivamente per attuare lo sterminio degli internati.
[vedi cartina sul libro di testo a pagina 303]
Chelmno, Treblinka, Sobibor, Majdanek, Belzec, Birkenau. Sono alcuni nomi di campi in cui
venne perpetrato lo sterminio di massa. Uomini, donne, bambini, anziani venivano deportati
in questi luoghi esclusivamente per essere uccisi.
I primi esperimenti per l’eliminazione fisica, visto che le fucilazioni delle Einsätzgruppen ed
i furgoni a gas risultarono inadeguati. La soluzione venne trovata con l’uso di un gas, Ziklon
B, e la successiva cremazione dei cadaveri in forni appositamente costruiti.
27 gennaio 1945 I soldati dell’armata sovietica arrivano ad Auschwitz e liberano i
prigionieri. È questa data presa come simbolo del “giorno della memoria”.
1945-1946 Processo di Norimberga ad opera delle quattro potenze vincitrici (USA, URSS,
GB, F) contro 22 gerarchi nazisti ritenuti colpevoli di crimini contro l’umanità.
Seconda parte: Dai nomi dello sterminio al suo concetto
[Questa scheda utilizza l’intervento del prof. Fabio Minazzi nell’ambito del Convegno “Le storie estreme del’900. Il problema dei
genocidi e il totalitarismo”, organizzato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università, della Ricerca, a Varese presso il Liceo Scientifico
Statale G. Ferrarsi dal 14 al 19 maggio 2001]
Il filologo Hadwig Klemperer, nel Taccuino di un filologo, studia la Lingua Tertii Imperii,
ovvero la lingua del cosiddetto Terzo Reich convinto che tramite essa sia possibile analizzare
aspetti rilevanti della vita e della prassi naziste. La lingua nazista, infatti, è incredibilmente
povera, costituita da pochi slogans che vengono ossessivamente ripetuti alla massa per
infondere i principi della Rassenkampf.
“..il nazismo si insinuava nella carne e nel sangue della folla attraverso singole parole, le
locuzioni, la forma delle frasi ripetute milioni di volte, imposte a forza alla massa e da
questa accettate meccanicamente ed inconsciamente”
Il linguaggio è “costitutivo” di un individuo perché è proprio dal proprio universo linguistico
che, in ultima analisi, un individuo è determinato; questo perché è attraverso la lingua che
vengono assimilate le espressioni verbali, i vocaboli, che veicolano i concetti attraverso cui
organizziamo il pensiero e, in ultima istanza, a nostra Weltanschauung.
La lingua costituisce “l’esserci dello Spirito” per usare l’espressione hegeliana, in quanto è il
luogo dove lo Zeit Geist si manifesta in tutta la sua pienezza, è lo spazio in cui il pensiero si
materializza configurandosi secondo una specifica curvatura storico-esistenziale ed
istituzionale.
L’approccio linguistico al tema della Shoah costituisce un importate aspetto, seppur
preliminare, che contribuisce a chiarire che cosa si è inteso per un fenomeno storico
altamente drammatico, consistito nel sistematico assassinio attuato dai nazisti nei confronti di
circa 12 milioni di persone, nominato in diversi modi, non solo dalla storiografia, ma anche
dal dibattito civile e culturale antifascista contemporaneo. Non solo; è necessario affermare
che si è profilato anche uno specifico problema di dominazione perché qualcuno ha ripetuto
che tale fenomeno storico non era nominabile ma rientrava nell’indicibile.
Resta chiaro, comunque, dopo quello che abbiamo detto sulla lingua, che con la stessa
nominazione dello sterminio rischiamo di comunicare valori e concetti che possono sfuggirci
nelle loro connotazioni culturali ed axiologiche.
Occorre sviluppare un’indagine storico-linguistico-concettuale concernente gli stessi termini
con cui lo sterminio è stato nominato non solo dai nazisti, ma anche dalle loro vittime.
La prima cosa da stabilire è se lo sterminio nazista si colloca su un piano di indicibilità e
indescrivibilità, oppure se può essere oggetto di analisi critica, storica, linguistica.
Primo Levi in Se questo è un uomo. La tregua, scrive: << Noi diciamo “fame”,
“stanchezza”, “paura” e “dolore”, diciamo”inverno” e sono altre cose. Sono parole libere,
create e usate da uomini liberi che vivevano, godendo, e soffrendo nelle loro case. Se i lager
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fossero durati più a lungo, un nuovo aspro linguaggio sarebbe nato; e di questo si sente il
bisogno per spiegare cosa è faticare l’intera giornata nel vento, sotto zero, con solo indosso
camicia, mutande, giacca e brache di tela e in corpo la debolezza e fame e consapevolezza
della fine che viene>>. Ne I sommersi e i salvati Levi dice<< …allora per la prima volta ci
siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la
demolizione di un uomo…Ci tolgono anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo
trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, quale
eravamo, rimanga>>
Nei lager il tradizionale nesso tra le parole e le cose è distrutto, piagato e spezzato da
un’esperienza esistenziale radicale che si colloca al limite stesso dell’umanità; anzi secondo
Levi ben al di là dell’umano. Un linguaggio è organicamente connesso ad un mondo, alle sue
esperienze, alle sue istituzioni alla sua storia; questo vale anche per il linguaggio babelico del
lager che, in sostanza è questo mondo.
La studiosa Anna-Vera Sullam Calimani, autrice del libro I nomi dello sterminio, ha
affrontato sistematicamente il problema della nominazione dello sterminio.
Innanzi tutto occorre sottolineare con Klemperer che <<tutto ciò che costituisce il nazismo è
già contenuto in germe nel Romanticismo: la detronizzazione della ragione, la riduzione
dell’uomo ad animale, l’esaltazione del concetto di potenza, del predatore, della bestia
bionda…L’accusa rimane, a buon diritto,nonostante tutti i valori creati dal Romanticismo>>
Lo storico Enzo Collotti ha chiarito come il nazismo abbia scardinato e rifiutato il concetto
democratico di uguaglianza giuridica tra gli uomini, elaborato dal giusnaturalismo e fatto
proprio dal pensiero illuminista, per sostituire alla Gesellschaft la Gemeinschaft. Se la prima
indica la società pluralistica e tollerante, fondata sui singoli individui, ognuno dei quali
dotato di diritti insopprimibili, la seconda indica una comunità unita e compatta, penetrata da
un solo pensiero ed una sola axiologia, cui gli interessi dei singoli si devono necessariamente
subordinare, per trovare, infine, la loro più alta manifestazione nella figura del Führer.
La stessa Rassenkampf rimanda ad un approccio riduttivamente biologico-naturalistico alle
società umane. Si tratta di scardinare l’impianto giudaico-cristiano-illuminista dei valori, per
convincere gli appartenenti alle razze superiori, come i tedeschi, della necessità di una pulizia
etnica che avrebbe dovuto spazzare via gli elementi parassitari, capaci di pervertire il corso
naturale delle cose. Come è naturale che il pesce più grosso mangi il più piccolo,
progressivamente, gli ebrei vengono paragonati a pidocchi, o topi parassiti che possono
infettare la società, con lo scopo di far vincere qualsiasi senso di colpa o di repulsione per
quello che si stava compiendo, ovvero lo sterminio di massa, facendolo sembrare, invece, una
normale operazione naturale che, nella millenaria storia del terzo Reich, avrebbe dovuto
ricoprire un ruolo assolutamente secondario.
Lo stesso linguaggio tende a denominare lo sterminio “soluzione finale” della questione
ebraica, l’uccisione con il gas, disinfestazione, lo stesso gas venefico, disinfettante.
I nomi dello sterminio: genocidio, olocausto, Shoah, Auschwitz, Endlösung.
Genocidio. Usato per la prima volta da Raphael Lemkin, giurista polacco emigrato in USA,
durante il processo di Norimberga, indica la sistematica distruzione di un gruppo etnico,
razziale o religioso, mediante l’eliminazione fisica degli appartenenti, la dispersione delle
famiglie, l’eliminazione di ogni reperto culturale, documentale, politico, religioso.
Il G. è finalizzato a cancellare ogni individuo o testimonianza di un gruppo etnico dalla
faccia della terra.
Il termine G., ricalcato dalla lingua inglese, pur nella duplice radice latina (ghenos, stirpe,
razza e occidere, uccidere, sterminare) finisce per mescolare il concetto dell’annientamewnto
fisico di un gruppo, con quello della distruzione della sua identità culturale. Per questo nel
corso di questi decenni il termine è stato “abusato”, ovvero utilizzato per indicare stermini
d’altra natura (genocidio… delle balene, degli indios, delle foche, dei curdi, della cultura…).
L’indeterminatezza del vocabolo permise la sua applicazione ad avvenimenti diversi e questo
ne ha pregiudicato il rigore semantico che, però, era gia minato dalla contaminazione dei due
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ambiti, quello fisico e quello culturale, che ne avevano già provocato l’indeterminatezza
semantica.
Olocausto. Forma di sacrificio praticata nell’antichità, specialmente nella religione greca ed
in quella ebraica, in cui la vittima veniva interamente bruciata.
Usato anche in senso figurato per designare un massacro, o un sacrificio volontario. Yad
Vashem (= centro internazionale di studi e ricerche sullo sterminio con sede nello stato
d’Israele) utilizza questo termine come corretta traduzione del termine ebraico Shoah.
Si nota tuttavia un’ambiguità di fondo anche nel nome Olocausto per designare lo sterminio.
Chiamare olocausto lo sterminio di milioni di uomini finisce per collocare la loro uccisione
su un piano sacrificale; l’ucciso diventa quasi una vittima che doveva essere sacrificata e,
perciò, gli stessi nazisti si trasformerebbero in improbabili sacerdoti.
Inoltre il termine olocausto rimanda all’idea che lo sterminio è un evento che sarebbe dovuto
accadere come espiazione di una colpa del popolo “maledetto” perché macchiatosi del
peggiore dei delitti quello del deicidio.
La connotazione religiosa del termine ne ha fatto anche la sua fortuna sul piano
internazionale poiché trasforma il ”banale” assassinio di massa perpetrato a livello industriale
dai nazisti, in un processo sacrificale, in fondo, più accettabile e di cui se ne può parlare. Un
sacrificio che potrebbe preludere ad una nuova vita. L’alone religioso recupera questo brutale
assassinio di massa in un evento che rientra in una divina logica superiore. Per questo si è
parlato d’indicibilità dell’olocausto.
Si è trattato di un olocausto e l’uomo, a causa della sua limitatezza e fragilità, non può
comprendere l’abisso che si spalanca davanti ai suoi occhi, ma Dio, invece, sa e conosce le
ragioni profonde di questo tragico evento, il cui senso misterioso si colloca sul piano
paradossalmente provvidenzialistico in cui il sacrificio-olocausto di tanti milioni di persone
non è stato affatto inutile.
È da notare, comunque, che in molti casi le vittime dello sterminio hanno lasciato
testimonianze in cui evidenziano un allontanamento da Dio proprio per l’incomprensibilità
delle ragioni che li ha condotti a subire l’esperienza del lager.
<<Come può esistere Dio se permette tutto ciò?>> si chiede un internato a Mauthausen. Ne
“La notte” Elie Wiesel, ricordando l’impiccagione di un ragazzo polacco nel campo di
Auschwitz, si chiede”Dov’è Dio?” e, mentre assiste impotente e rassegnato agli ultimi rantoli
del ragazzo, ha come un’illuminazione: “Ho capito dov’è Dio! Eccolo lì, proprio davanti ai
miei occhi”.
Sullman Calimani scrive che olocausto è un termine mistificatorio perché sposta il significato
dell’eccidio sul piano mitico-religioso; si pretende di cancellare il male dell’assassinio di
milioni di persone in un processo mitico-religioso che ne trasvaluta il senso inserendolo in un
processo caratterizzato dall’egemonia assoluta del bene divino. Invece è necessario affermare
che lo sterminio fu solamente un assassinio brutale di massa, che nei campi i detenuti non
morirono, ma furono uccisi. È questa, nonostante le accuse di chi sostiene che questa lettura
comporta una banalizzazione dello sterminio, il corretto modo d’intendere quello che fu uno
spaventoso, orrendo, gigantesco, ma semplicemente e solamente, assassinio.
Shoah. Termine biblico che (libro di Giobbe) significa distruzione, sciagura improvvisa,
rovina, desolazione, luogo desolato e arido. In genere nella Bibbia la Shoah denota un
disastro improvviso causato dall’ira del Signore, che colpisce individui o collettività, ed il cui
strumento può essere anche un nemico.
La connotazione religiosa del termine, tuttavia, comporta anche in questo caso un problema
perché da un lato lascia intendere la Shoah come l’apogeo di una lunga storia di vessazioni e
di persecuzioni che il popolo ebreo ha dovuto subire nel corso della sua storia, dall’altro,
invece, il termine può rimandare all’idea di un evento che rappresenta un’assoluta novità,
tale da costituire una vera e propria cesura nella storia dell’Occidente.
In questo senso la Shoah rappresenta l’unicità ed irripetibilità della storia del popolo ebreo
rispetto agli altri popoli del mondo.
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Considerando che gli ebrei morti nei campi di sterminio furono circa sei milioni sui dodici
che costituiscono il totale delle vittime ( zingari, testimoni di Geova, partigiani, asociali,
omosessuali, militari, ecc), è evidente che per poter usare il termine Shoah, per riferirsi a
questa catastrofe, è necessario privarlo della sua valenza religiosa, perché deve poter spiegare
l’annichilimento di altri sei milioni di persone assassinate dai nazisti oltre agli ebrei.
Auschwitz come simbolo dello sterminio. L’assunzione del nome Auschwitz come simbolo
universale dello sterminio denota l’idea di qualcosa che, da un lato, assume connotazioni
simboliche, e dall’altro, però, designa un luogo reale, nel cuore dell’Europa , dove i nazisti
hanno costruito dei campi e, dove, milioni di persone sono state deportate sfruttate, seviziate
ed uccise.
Come simbolo, Auschwitz, assume un valore metastorico, irripetibile; non è un evento, bensì
è l’evento, dopo cui nulla potrà essere come prima. Né la cultura, né l’arte e la poesia, né,
addirittura, come dice il filosofo Hans Jonas lo stesso concetto di Dio.
Auschwitz diventa la metafora del male radicale, perdendo quello che in realtà fu: un evento
umano, troppo umano, per usare un’espressione nietscheiana.
Se Auschwitz diventa una metafora del male, diventa inutile studiare gli aspetti concreti e
storici dell’organizzazione del campo, della condizione dei detenuti, delle tecniche
organizzative dello sterminio. L’analisi anatomica del campo diventa un dettaglio, di fronte
alla trasvalutazione di Auschwitz come simbolo universale. In questo caso il rischio è che il
fenomeno perda di concretezza, diventando un modello astratto e ideale, un mito con il quale
è difficile confrontarsi sul piano storico reale.
Un altro rischio è che Auschwitz subisca una strumentalizzazione ideologica e diventi la
punta d’iceberg di un processo malefico, quello della modernizzazione, che attraverso una
progressiva laicizzazione della società, un materialismo eccessivo, un utilizzo della scienza a
scopo di sviluppo economico, ha tradito i valori più autentici ed ha profanato gli ideali più
sacri.
La mitizzazione simbolica di Auschwitz e la sua strumentalizzazione ideologica, lascia in
ombra propria la vita reale di milioni di persone che, purtroppo, sono state in quel campo e
dopo avervi sofferto sono state assassinate.
Endlösung. È il termine utilizzato dagli stessi nazisti per indicare lo sterminio di massa degli
ebrei . Esso viene accompagnato anche a Vernichtung (annientamento) ed esprime quella
povertà lessicale propria del linguaggio nazista. Chiamare lo sterminio di massa “soluzione
finale” o “annientamento” non rende giustizia dal punto di vista della ricchezza semantica,
pur essendo termini corretti e che rendono l’idea.
Assassinio di massa È forse l’espressione che meglio delle altre nomina lo sterminio
nazista. Questa espressione, infatti, fa piazza pulita delle connotazioni religiose, bibliche,
simboliche ed epocali dello sterminio ed introduce al tema dal punto di vista dell’indagine
storica.
Perché, è necessario affermarlo, lo sterminio nazista fu prima di tutto un evento storico che si
presta ad essere analizzato con gli strumenti conoscitivi che l’uomo ha a disposizione,
ricostruendo, sulla base di fonti, i luoghi, gli strumenti, l’organizzazione, le strutture, le
condizioni, i soggetti, le vittime, i sopravvissuti, ecc. Inoltre s’inserisce in un contesto
politico-culturale ed in un processo storico che riguarda l’Europa e che lo rende adatto a
tentativi di comprensione.
Lo sterminio nazista resta un orrendo crimine contro l’umanità perché è un assassinio di
massa perpetrato sistematicamente sulla base di un progetto concepito e realizzato
utilizzando ciò che di meglio il progresso scientifico, tecnologico, organizzativo di una
società evoluta come quella tedesca aveva prodotto a quel tempo.
Occorre avere il coraggio di utilizzare un linguaggio comune per non rimuovere la verità
nuda e cruda, agghiacciante e brutale come quella degli assassini di massa.
Per capire fino in fondo questo crimine è necessario avere un coraggio ancora maggiore e
dire chiaramente che il grave scandalo dello sterminio nazista e dei campi di concentramento
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consiste nel fatto che i nazisti hanno fatto in Europa e contro gli europei ciò che gli europei
hanno sempre fatto ai danni delle popolazioni non europee.
I nazisti hanno avuto la colpa di fare a noi bianchi occidentali ciò che noi bianchi occidentali
abbiamo sempre fatto ai danni dei non-bianchi e dei non-occidentali.
La sorte per secoli riservata da noi occidentali ai neri ed agli indiani costituisce un modello
non dichiarato per il nazismo ed il fascismo.
Concludiamo questa scheda con una citazione di Noam Chomsky:
“..la conquista del Nuovo Mondo dette vita a due grandi catastrofi demografiche senza
paragoni nella storia: l’eliminazione delle popolazioni indigene dell’emisfero occidentale e
la devastazione dell’Africa man mano che la tratta degli schiavi si estendeva per soddisfare
le necessità dei conquistatori. Anche gran parte dell’Asia subì terribili sventure. Se oggi le
forme di dominio sono cambiate, gli aspetti fondamentali della Conquista mantengono la
loro continuità ed importanza, e così sarà fino a che non saranno affrontate con onestà le
cause e la realtà di quella selvaggia ingiustizia”.
Bisogna riconoscere nel nazismo un figlio legittimo di uno specifico modello occidentale che
ha devastato interi continenti e ha assassinato e sfruttato cinicamente milioni di persone,
senza provare mai alcun serio rimorso civile.
Terza parte indicazioni bibliografiche
Eraldo Affinati, Campo del sangue, Mondadori
Jean Amery, Un intellettuale ad Auschwitz, Bollati Boringhieri
Hannah Arendt, La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, Feltrinelli Editore
Christopher Browning, Verso il genocidio, Mondadori
Enzo Collotti, La soluzione finale. Lo sterminio degli ebrei, Tascabili economici Newton
Hans Jonas, Il concetto di Dio dopo Auschwitz, Il melangolo
Primo Levi, Se questo è un uomo. La tregua, Einaudi
Primo Levi, I sommersi e i salvati, Mondatori