TRUMAN - Un vero amico è per sempre - Cine

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TRUMAN - Un vero amico è per sempre - Cine
TRUMAN - Un vero amico è per sempre
Un film di Cesc Gay. Con Ricardo Darín, Javier Cámara, Dolores Fonzi,
Eduard Fernández, Alex Brendemühl.
Durata 108 minuti.
Julián è un attore argentino che vive e lavora a Madrid. Tomás è madrileño
ma si è trasferito in Canada, dove ha una famiglia e insegna all’università.
Julián e Tomás sono amici di lunga data, uniti da quell’amicizia, rara e
preziosa, che supera le barriere della distanza e del tempo. Eppure sono
molto diversi: pragmatico e responsabile Tomás, estroso e bohémien Julián.
Un “seduttore”, come ama definirsi lui: separato, un figlio, una vita un po’
spregiudicata, vissuta con leggerezza, e un unico compagno di vita:
l’inseparabile Truman, il fedele bullmastiff. A sorpresa Tomás si presenta alla
porta di Julián: l’amico sta attraversando un momento difficile a causa delle
sue precarie condizioni di salute, e Tomás è venuto per stargli vicino qualche
giorno. Tomás accompagna Julián ad organizzare le cose della sua vita
cercando però, di convincerlo a non prendere decisioni affrettate. Ma Julián
ha già deciso tutto: l’unica sua preoccupazione è con chi lasciare l’adorato
Truman quando lui non potrà più occuparsene. Per il resto, ha già analizzato
il futuro e fatto le sue scelte. E si aspetta che Tomás le accetti. Tra gli incontri
con le potenziali famiglie adottive, le visite mediche, le serate a teatro dove
recita Julián, e un viaggio inaspettato ad Amsterdam, i due amici
trascorreranno insieme momenti di complicità. E il tutto sotto gli occhi vigili di
Truman.
Un film dalla trama semplice ma dagli esiti spesso sconcertanti e mai banali.
C’è da dire che il regista catalano Cesc Gay ha trovato due attori perfetti per
costruire una coppia di amici tanto paradigmatica quanto stereotipata. Da un
lato il Tomás di Cámara (attore del momento, visto che è tra gli interpreti
dell’acclamato The Young Pope di Sorrentino), il bravo ragazzo, quello mite e
generoso, dall’altro il Julián di Darín, l’attore donnaiolo e scapestrato, quello
sopra le righe e oltre la legge. E’ chiaro che il regista si rispecchia nel
personaggio di Cámara, il cui punto di vista è anche quello di noi spettatori.
E il cane che dà il titolo al film? Truman, il terzo incomodo, personaggio
simbolico e metaforico, è un cane e non parla. Ma del resto anche i due amici
dialogano spesso solo a monosillabi. La verità è che l’amore e l’affetto non si
misurano a parole. E poi non è che dobbiamo sempre dirci tutto.
Quando leggerezza fa rima con profondità
Dopo lo splendido “A gun in Each hand” Cesc Gay torna ad addolcire la
Spagna e non solo con un piccolo gioiello di semplicità e umanità che ha
letteralmente dominato l’ultima edizione dei Goya, con ben cinque premi nelle
categorie più importanti (miglior film, miglior regia, migliore sceneggiatura,
migliore attore protagonista e non protagonista).
Apparentemente la trama di Truman sembrerebbe un dramma giocato con
furbizia sulla condizione di un uomo allo stadio terminale della sua malattia.
Nelle mani del regista spagnolo invece, questa insostenibile realtà si
trasforma in una commedia profonda e sensibile, in grado di insinuarsi nelle
pieghe drammatiche della vita, trovandovi anche un’inaspettata e
commovente leggerezza.
Non siamo in presenza di uno spettacolo esaltante o di una pellicola
rivoluzionaria, ma di un piccolo ritratto che arriva a toccare il cuore perché
animato dalla gentilezza e dalla sincerità. E’ incantevole vedere come tutta la
vicenda sia in realtà soltanto lo sfondo che permette di dare forma e
dimensione all’universo emotivo dei suoi protagonisti. L’occhio di Gay infatti è
sempre incredibilmente focalizzato sui suoi personaggi; mai un virtuosismo,
mai un vezzo, mai un eccesso o un momento di ostentazione. Uno splendido
lavoro di sottrazione che trae la sua linfa vitale da silenzi più intensi di mille
parole, da piccoli sguardi carichi di emozioni e dalle interpretazioni di due
attori formidabili (Ricardo Darín e Javier Cámara), capaci di esternare un
mondo interiore tremendamente umano anche attraverso la delicatezza di
semplici gesti.
Un’atmosfera di morbidezza e pacatezza che riesce a trovare nello spettro
della morte il senso di una vita, quel senso che troppo spesso tendiamo a
ricercare nelle cose più magniloquenti e complesse ma che può risiedere
invece anche nell’avvolgente complicità di rapporti quotidiani. Ecco infatti che
l’amicizia vera tra due anime fuse imprescindibilmente, che il legame
simbiotico con il proprio animale, che l’amore paterno incontenibile, anche se
mai dichiarato, possono assumere un valore vitale inestimabile, più forte di
qualsiasi incognita futura e di qualsiasi certezza imminente. 108 minuti di
cinema sottile, fatto di momenti fugaci e sfuggenti da assaporare secondo per
secondo fino all’ultimo istante.
Matteo Bianchini – ilfattoquotidiano.it