Scarica l`allegato

Transcript

Scarica l`allegato
Comunicato stampa
Scoperto un interruttore genetico che rende il Lupus
ancora più feroce
Tale interruttore accelera e amplifica i processi patologici di questa malattia
autoimmune che colpisce in prevalenza donne. Aperta la strada verso diagnosi e
prognosi più mirate e verso terapie personalizzate.
Roma, 16 gennaio 2012 – Scoperto da ricercatori della Facoltà di Medicina e chirurgia
dell’Università Cattolica di Roma un interruttore genetico che rende ancora più “feroce” il
Lupus, una malattia autoimmune che colpisce prevalentemente il sesso femminile. Questo
interruttore, che si chiama “enhancer HS1.2", è come il pedale di accelerazione
dell’automobile e iperattiva una serie di geni che amplificano la risposta immunitaria
patologica tipica della malattia. Il risultato finale è che le cellule immunitarie impazzite che
producono gli anticorpi patologici, attaccano il corpo del paziente invece di difenderlo
(autoanticorpi).
È l’importante risultato di uno studio condotto dal professor Gianfranco Ferraccioli, ordinario di
Reumatologia e responsabile dell’Unità Operativa di Reumatologia e di Medicina Interna – CIC
dell’Università Cattolica - Policlinico A. Gemelli di Roma insieme al professor Domenico Frezza
della Facoltà di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata e alla professoressa Raffaella
Scorza dell’Università Statale di Milano, pubblicato sulla rivista Annals of the Rheumatic
Diseases.
“La scoperta”, ha spiegato il professor Ferraccioli, “potrebbe condurre a nuove terapie più
mirate ed efficaci contro questa complessa malattia, in particolare contro i casi più gravi e
meno gestibili”.
Il Lupus eritematoso sistemico è una malattia autoimmune, cioè una patologia in cui il sistema
immunitario del paziente va “in tilt” e comincia ad attaccare il corpo del paziente stesso, invece di
difenderlo. È una malattia feroce come l’animale, il lupo, da cui prende il nome, per le
caratteristiche chiazze rossastre (simili alle macchie sul pelo del lupo) che compaiono sul viso dei
pazienti. Il Lupus colpisce in Italia circa 60.000 persone e la fascia di età più a rischio è quella tra
i 15 e i 45 anni, con una netta preferenza per il sesso femminile. Si tratta di una malattia dai tanti
volti perché colpisce diversi organi e tessuti e dà una molteplicità di sintomi che ne rendono
anche difficile la diagnosi, tra cui dolori alle articolazioni, febbre, manifestazioni cutanee, perdita
di capelli, raynaud, anemia, nefrite, cerebrite.
Le terapie oggi in uso contro il Lupus, ha spiegato il professor Ferraccioli, si basano sull’uso
oculato del cortisone, di farmaci antimalarici e Immunosoppressori (Azatioprina, Micofenolato,
Ciclofosfamide) e negli ultimi anni anche di farmaci biologici (Rituximab, Belimumab).
Ma ci sono parecchi casi in cui il Lupus si manifesta in modo più aggressivo e finora non
era chiara l’origine di questa particolare gravità.
I ricercatori italiani hanno scoperto che il succo del problema risiede nell’interruttore di
accelerazione enhancer HS1.2. In generale gli enhancer, potenziatori genetici, sono delle
sequenze di Dna deputate ad accelerare l'attivazione di geni limitrofi, da cui il nome.
Ufficio stampa – 00168 Roma Largo Francesco Vito, 1 – telefono +39 06 30154442-4295 e-mail [email protected]
HS1.2 porta a un’attivazione potenziata del “fattore di trascrizione Nf-KB” (un fattore di
trascrizione è una molecola che “legge” i geni per farli funzionare) che a sua volta aumenta
enormemente l’aggressività dei processi infiammatori alla base della malattia.
I ricercatori dell’Università Cattolica di Roma hanno scoperto che oltre il 30% del totale dei
pazienti è portatore sul proprio Dna dell'enhancer HS1.2 e che questo causa una forma più
grave di Lupus.
I ricercatori sono giunti a questa scoperta dopo aver dimostrato negli ultimi due anni che
l’enhancer HS1.2 favorisce l’insorgere di altre malattie autoimmuni come l’Artrite
Reumatoide e la Sclerodermia, ma soltanto in quest’ultimo studio è stato possibile
definire, grazie anche alla cooperazione di ricercatori statunitensi, il meccanismo attraverso il
quale l’enhancer genera la maggiore predisposizione alla malattia autoimmune.
“La nostra speranza, prima neppure ipotizzabile - ha affermato il reumatologo della Cattolica - è
che bloccando l'enhancer HS1.2, o il suo effetto su Nf-KB, con farmaci specifici si possa fermare
la malattia senza dover ricorrere a farmaci immunosoppressori o ad altre terapie che presentano
non pochi effetti collaterali. Intanto – ha concluso Ferraccioli – la scoperta del ruolo di questo
enhancer permetterà di classificare in modo più accurato i pazienti e quindi formulare una
prognosi più precisa indirizzandosi verso cure più personalizzate”.
Ufficio stampa Roma - [email protected]
Tel. 06 30154442 – 06 30154295 – Fax 06 3055032