Compromesso e contratto di agenzia

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Compromesso e contratto di agenzia
GUIDO BELLI
CONTRATTO DI AGENZIA E ARBITRATO:
QUALI I LIMITI?
TRIBUNALE UDINE, 13.4.2010, N. 568.
Il fatto. L’attrice ha convenuto in
giudizio le parti indicate in epigrafe ed
anche le presunte società Z. Trading
Company Ltd (France) e Z. Trading
Company Ltd Uk (London) chiedendo che
venisse accertata la nullità o la simulazione
relativa (per interposizione fittizia di
persona) del contratto di agenzia
sottoscritto con la Z. Trading Company
Limited in data 3.04.94 e dei successivi
addendum di data 17.10.00 e estensione di
data 11.02.04, essendo invece titolare
effettivo del rapporto il suo legale
rappresentante N.S., o in subordine
chiedendo che venisse accertata la
cessazione dell’efficacia dello stesso
contratto e delle successive integrazioni a
decorrere dalla data del 3.03.2007 e quindi
l’insussistenza di qualsiasi pretesa avanzata
dalle società convenute o personalmente
dal N.S., nonché l’invalidità dei collegati
contratti di consulenza di data 8.07.96 e
15.09.02, sempre sottoscritti dalla società
convenuta Z. Ltd.
Nel costituirsi in giudizio le parti
convenute resistevano alle domande,
eccependo l’esistenza di una clausola
compromissoria per arbitrato estero che
rendeva improcedibile l’azione e comunque
il difetto di giurisdizione dell’adito giudice
avendo la società sede a Teheran (Iran) e
essendo il N.S. (legale rappresentante della
Z.) cittadino iraniano e dovendo il
contratto essere eseguito in Iran, svolgendo
anche, solo in via subordinata, domanda
riconvenzionale, come da epigrafate
conclusioni, precisando inoltre che le
società Z. France e Z. London in realtà
non esistevano, trattandosi di meri recapiti
in tali paesi dell’unica società esistente e
avente sede in Teheran.
L’attrice di fronte a tali eccezioni di
compromesso ha replicato sostenendo che
la clausola compromissoria era invalida,
non solo perché la controversia in materia
di contratto di agenzia non era
compromettibile in arbitri, coinvolgendo
un soggetto persona fisica, trattandosi di
controversia di competenza del giudice del
lavoro, ma anche perché l’azione di
simulazione presupponeva la presenza
anche del terzo interponente, quale
litisconsorte necessario, estraneo al
compromesso.
I motivi. Va preliminarmente rigettata
l’eccezione dell’attrice circa l’invalidità del
mandato rilasciato dalla Z. Ltd., con sede in
Teheran (Iran), Boulevard Mirfdamad, in
quanto come risulta dalla dimessa
documentazione, l’amministratore delegato
della stessa società N.S. aveva il potere di
conferire il mandato, mentre per quanto
attiene alle presunte società Z. France e Z.
(UK) London non vi è prova che siano
autonomi soggetti giuridici, ma piuttosto
semplici recapiti della Z. Ltd (v. certificato
del Registro delle imprese di Teheran e atto
costitutivo, doc. n. 6-7), dovendo l’attrice
dare prova del contrario, anche perché la
denominazione delle due sedi europee
appare identica a quella della società
Iraniana e si deve quindi presumere, fino a
prova contraria, che vi sia piena identità fra
le stesse.
L’eccezione d’improponibilità dell’azione
per la presenza di una clausola
compromissoria per arbitrato estero, con
conseguente rinunzia alla giurisdizione sia
del giudice statale italiano, che di qualsiasi
altro giudice straniero, è fondata e va
accolta, in quanto sulla base dei contratti
sottoscritti dalle parti (v. clausola n. 7.2 del
contratto di data 3.03.1994, nonché
clausole n. 10 dei contratti di consulenza
stipulati con la società Z. in data 8.07.96 e
15.09.02) competente a conoscere di ogni
controversia relativa agli stessi è l’ICC di
Parigi, dove è anzi già pendente un
arbitrato concernente il contratto di agenzia
di data 3.03.1994, che fu promosso dalla
convenuta Z. in data 6.06.2008.
Va in primo luogo precisato che la
questione attinente all’interpretazione della
clausola arbitrale è una questione di merito
affidata alla giurisdizione del giudice adito e
non di giurisdizione, preliminare a tutte le
altre, che deve essere affrontata dal giudice
adito in via di delibazione sommaria (cfr.,
Cass., sez. Unite 21.09.09, n. 22236,
secondo cui: “In presenza di un
compromesso o di una clausola
compromissoria per arbitrato estero, si
pone una questione non di giurisdizione posto che il dictum arbitrale è un atto di
autonomia privata, non esercitando gli
arbitri funzioni giurisdizionali - ma di
merito, inerente all’accertamento, da
effettuarsi dal giudice fornito di
giurisdizione secondo i normali criteri di
sua determinazione, della validità del patto
prevedente l’arbitrato estero, il quale
comporta la rinuncia ad ogni tipo di
giurisdizione, sia essa italiana o straniera” e
anche in senso conforme Cass., 5.01.2007,
n. 35, secondo cui: “In presenza di un
compromesso o di una clausola
compromissoria che prevedano il ricorso
ad un arbitrato estero, si pone una
questione non di giurisdizione ma di merito,
inerente l’accertamento, da effettuarsi dal
giudice fornito di giurisdizione secondo i
normali criteri, della validità del patto
prevedente l’arbitrato estero, che comporta
la rinuncia ad ogni tipo di giurisdizione, sia
essa italiana o straniera (in applicazione di
tale principio, la S.C. ha cassato con rinvio
la decisione del giudice di merito che,
dichiarando la giurisdizione del giudice
italiano dopo aver escluso che la
controversia rientrasse nella clausola
arbitrale, ha ritenuto che l’interpretazione
della clausola integrasse una questione di
giurisdizione)”.
E’ inoltre principio consolidato che
spetti
al
giudice
adito
verificare
preliminarmente, in via di delibazione
sommaria la validità, operatività e
applicabilità della clausola arbitrale, in
quanto “L’art. 2, 3° comma, della
Convenzione di New York del 1958
attribuisce al giudice adito il potere-dovere
di verificare, preliminarmente, la validità,
operatività ed applicabilità della clausola
compromissoria per arbitrato estero, in via
di delibazione sommaria, e, all’esito
favorevole di tale verifica, di rimettere le
parti dinanzi agli arbitri. Solo in caso di
verifica negativa, il giudice si pronunzierà
sulla giurisdizione propria o di altro giudice.
La delibazione sommaria effettuata dal
giudice adito sulla validità, operatività ed
applicabilità della clausola compromissoria,
non essendo idonea a formare il Giudicato,
non vincolerà né il collegio arbitrale né il
giudice straniero, di cui sia stata ritenuta la
giurisdizione” (Omissis)
Va in secondo luogo osservato che le
parti nello stipulare il contratto hanno
previsto di riferirsi alle norme del codice
civile italiano per la risoluzione di eventuali
controversie ed è quindi alla luce della
nostra legislazione che l’indagine sulla
validità della clausola e la sua applicabilità
deve essere svolta (v. clausola n. 7.1). Non
vi sono dubbi nella fattispecie in esame,
che con le clausole compromissorie le parti
abbiano voluto devolvere la cognizione di
ogni controversia relativa alla validità,
efficacia e esecuzione del contratto di
agenzia alla camera arbitrale, in quanto la
clausola n. 7.2 afferma esplicitamente che:
“...qualsiasi disaccordo in relazione
all’interpretazione e/o esecuzione e/o
cessazione della nomina, verrà risolto
tramite arbitrato conformemente alle
norme e regolamenti della Camera di
Commercio Internazionale di Parigi” e che
le questioni sollevate nella presente
controversia che attengono proprio alla
validità o meno del contratto e alla sua
efficacia fra le parti (o del terzo
interponente,
in
forza
dell’asserita
simulazione
relativa),
oltre
che
conseguentemente alla sua esecuzione,
compresa quindi l’azione di simulazione,
rientrino nelle materie devolute alla
competenza del collegio arbitrale estero.
Va, infatti, rammentato che anche
l’accertamento dell’eventuale simulazione
relativa, per interposizione fittizia di
persona, presuppone l’accertamento di un
accordo
simulatorio
strutturalmente
trilatero, al quale partecipano contraente
apparente (interposto), contraente effettivo
(interponente) e la controparte, che
comporta come conseguenza l’efficacia fra
le parti dell’accordo realmente voluto e
l’inefficacia di quello simulato.
Priva di pregio è poi la tesi che la
controversia in esame sia relativa anche a
dei rapporti diversi dal contratto di agenzia
e che quindi sussista la giurisdizione del
giudice ordinario in forza della vis attractiva
della giurisdizione statale, nel caso di
controversie connesse, atteso che secondo
costante giurisprudenza della Suprema
Corte il giudice ordinario non può
pronunziare anche sulle domande che le
parti nella loro autonomia hanno devoluto
alla competenza arbitrale, pure in presenza
di controversie connesse (v. Cass.,
7.09.2007, n. 18525, secondo cui: “L’art.
819-bis c.p.c., introdotto dalla legge n. 25
del 1994 ed applicabile alle controversie
insorte dopo l’entrata in vigore della legge
stessa, stabiliva, prima della sostituzione ad
opera dell’art. 22 del d.lgs. n. 40 del 2006,
che la controversia rimessa ad arbitri sulla
base di valida clausola compromissoria non
era attratta, per ragioni di connessione, da
altra causa pendente dinanzi al giudice
ordinario, senza che assumesse rilievo il
fatto che la causa fosse stata già instaurata
dinanzi agli arbitri, ovvero non fosse
ancora pendente”).
Tale orientamento ha, d’altro canto,
trovato definitiva affermazione nell’art.
819-ter, primo comma, c.p.c., come
modificato dall’art. 22, comma primo, del
d.lgs. 2.02.2006, n. 40, che ha
esplicitamente
affermato
che
la
competenza degli arbitri non è esclusa dalla
connessione tra la controversia ad essi
deferita e una causa pendente davanti al
giudice ordinario. Va in tutti i casi
osservato che anche nei contratti di
consulenza di data 8.07.1996 e 15.9.2002 è
presente una convenzione di arbitrato (v.
clausola n. 10 dei contratti di consulenza),
con la conseguenza che anche in questa
ipotesi sussiste il difetto di giurisdizione del
giudice ordinario.
Parimenti infondata appare la tesi della
giurisdizione del giudice adito sul
presupposto
della
domanda
di
accertamento della simulazione soggettiva
del contratto (interposizione fittizia di
persona), che vedrebbe come vera parte del
contratto il S. personalmente e non la
interposta società Z., di cui lo stesso
peraltro è amministratore (circostanza che
già sotto tale profilo fa ritenere ad un
esame sommario, l’eccezione meramente
strumentale per ottenere una artificiosa
competenza del giudice ordinario, rispetto
a quella arbitrale), con la conseguenza che
la domanda coinvolgerebbe delle parti
diverse da quelle della convenzione
arbitrale, quali litisconsorti necessari, in
quanto la posizione di litisconsorte
necessario del S., in relazione a tale
domanda di simulazione, non esclude la
competenza del collegio arbitrale.
Va, infatti, rammentato che l’art. 816quinquies, secondo comma, c.p.c., così come
modificato dalla legge di riforma di cui al
d.lgs. n. 40/06, che ha risolto l’annosa
questione dell’intervento del litisconsorte
necessario pretermesso nel procedimento
arbitrale, stabilisce espressamente che sono
sempre ammessi nel procedimento arbitrale
l’intervento previsto dal secondo comma
dell’art. 105 e l’intervento del litisconsorte
necessario (vincolato o non vincolato che
sia dalla clausola compromissoria) e che il
primo comma del medesimo articolo
consente
anche
l’integrazione
del
contraddittorio (chiamata in arbitrato) nei
confronti del litisconsorte necessario, pur
estraneo al compromesso, ove le parti e il
terzo vi consentano e gli arbitri lo
ritengano necessario.
Viceversa, anche dopo la modifica
legislativa, così come unanimemente
ritenuto in precedenza, sotto il vigore della
previgente disciplina, si deve escludere il
potere delle parti compromettenti e degli
arbitri dì costringere il terzo litisconsorte
necessario, estraneo al compromesso, a
partecipare al giudizio, con la conseguenza
che qualora il contraddittorio non sia
integrato,
l’arbitrato
deve
ritenersi
improcedibile e le parti originarie
riacquistano il potere di adire l’autorità
giudiziario ordinaria, senza che le altre parti
possano opporre l’exceptio compromissi.
Alla stregua di tali principi appare
evidente che l’attrice, essendo già stato
promosso l’arbitrato davanti al collegio
arbitrale parigino era ed è legittimata in tale
sede a chiedere l’integrazione del
contraddittorio del litisconsorte necessario
e solo ove l’altra parte o il terzo o gli arbitri
non lo consentano, potrà far valere
l’improcedibilità del procedimento arbitrale,
onde riacquistare il diritto alla proposizione
della domanda davanti al giudice ordinario.
Instauratosi, infatti, il giudizio arbitrale
spetta solamente agli arbitri decidere della
validità della clausola (v. Cass., 8.07.96, n.
6205 e Cass., 7.04.1997, n. 3001, secondo
cui: “Nell’ipotesi in cui al giudice ordinario
venga richiesta, dopo l’instaurazione del
giudizio arbitrale, una decisione sulla
questione di competenza, il giudice deve
limitarsi a prendere atto della circostanza
che l’accordo derogatorio della competenza
dell’autorità giudiziaria ordinaria ha già
trovato
concreta
attuazione,
indipendentemente dal fatto che la
contestazione in ordine alla legittima
investitura del collegio arbitrale sia
successiva alla concorde instaurazione del
giudizio arbitrale, ovvero se essa sorga
ancor prima, a seguito della mera
notificazione dell’atto di accesso agli arbitri
per iniziativa di una delle parti, essendo
sufficiente che il giudizio arbitrale abbia
comunque avuto inizio e che gli arbitri
abbiano risolto la questione affermando la
propria competenza a decidere la
controversia
insorta fra le parti
compromettenti. Ne consegue che, ove
rilevi (a pendenza del giudizio arbitrale), il
giudice adito deve limitarsi a dichiarare
improponibile o improseguibile l’azione,
astenendosi da ogni accertamento in ordine
all’esistenza ed alla validità dell’accordo
compromissorio che ha conferito agli
arbitri la potestas iudicandi in ordine alla
controversia sottoposta al loro esame,
atteso che solo a questi ultimi è riservata, in
via esclusiva, la preventiva verifica dei
propri poteri, salva restando la possibilità di
proporre impugnazione per nullità del lodo
che si assuma pronunciato da arbitri privi
di ogni potere al riguardo”). Va, inoltre,
osservato che nel caso di interposizione
fittizia di un terzo nel rapporto contrattuale,
vale a dire nella simulazione soggettiva, non
necessariamente tutte le parti coinvolte
nella simulazione e segnatamente il terzo
interponente sono parti indispensabili del
giudizio, in quanto il litisconsorzio
necessario sussiste solo nel caso di
domanda di simulazione svolta in via
principale, come autonoma domanda, non
nel caso di eccezione di simulazione, svolta
in via riconvenzionale, tendente a
paralizzare la pretesa della controparte (cfr.
in tal senso Cass., 13.02.08, n. 3474,
secondo cui: “Il contraddittorio nel
giudizio tra tutti i partecipanti, od i loro
eredi, all’atto impugnato per simulazione è
necessario solo quando la nullità che ne
deriva all’atto venga posta a fondamento
dell’azione e non già quando il suo
accertamento formi oggetto di una mera
eccezione e debba essere effettuato in via
incidentale e senza efficacia di giudicato”,
nonché in senso conforme Cass., n.
9374703 e Cass., n. 3105/05).
Ne consegue che la D. convenuta nel
giudizio arbitrale è anche legittimata ad
avanzare l’eccezione di simulazione in tale
procedimento,
senza
necessità
di
coinvolgere il S., per paralizzare la pretesa
della Z. in quella sede, dovendo comunque
il collegio arbitrale pronunziarsi su tale
eccezione e in caso positivo, respingere la
domanda della Z. come improcedibile, dato
che presupporrebbe l’integrazione del
contraddittorio di una parte estranea al
compromesso e quindi non coercibile, al
fine di accertare in via incidentale la
simulazione
relativa
del
contratto,
declinando in questo caso per tale ragione
la propria competenza a conoscere della
controversia (salvo l’intervento volontario
del S. medesimo o la sua chiamata con il
consenso unanime delle parti).
Non si dimentichi, infatti, che l’azione
promossa dalla D. davanti a questo
Tribunale in via principale è di mero
accertamento negativo dell’insussistenza
delle obbligazioni a suo carico derivanti dal
contratto (asseritamene simulato) ed è
quindi in tutto uguale all’eventuale
eccezione di simulazione formulabile nel
procedimento arbitrale, per paralizzare la
pretesa della controparte, con la
conseguenza che non vi è alcuna
compromissione dei diritti dell’attore che
renda invalida la clausola compromissoria.
Nel caso in cui invece la Z. e il S.
acconsentano nel giudizio arbitrale alla
chiamata in causa del litisconsorte
necessario, trova applicazione l’art, 816-ter,
primo comma, c.p.c., che come già
rammentato, ammette tale possibilità di
chiamata
del
terzo
estraneo
al
compromesso, nel giudizio arbitrale, ove
sussista il consenso delle parti, del terzo e
del collegio arbitrale.
Ne consegue che la D. in pendenza della
procedura arbitrale, già avviata presso la
Camera di Commercio di Parigi, non può
far valere in questa sede eccezioni o
domande che può svolgere in quella sede e
che attengono alla stessa validità del
compromesso, dovendo essere gli arbitri
ormai investiti della questione a decidere
dei loro poteri, salva l’impugnazione del
lodo con mezzi previsti dall’ordinamento.
In tutti i casi anche, a voler seguire il
diverso orientamento giurisprudenziale c.d. delle vie parallele - che ammette la
competenza contemporanea sia del collegio
arbitrale, che del giudice ordinario, di
valutare la vincolatività della clausola, pur
potendo dar luogo ad un eventuale
conflitto di giudicati (cfr. in tal senso Cass.,
9.04.1998, n. 3676 e Cass., 30.08.2000, n.
11404),
con
conseguente
potere del giudice ordinario adito di in
terpretare il patto compromissorio a fini
delibativi dell’eccezione di compromesso,
per le ragioni già esposte appare evidente la
validità della clausola, anche in presenza di
un litisconsorzio necessario e quindi la sua
piena operatività.
Del tutto infondata appare, infine, anche
la questione relativa all’invalidità della
clausola arbitrale, in quanto attinente a
materia non compromettibile in arbitri,
perché sottratta alla disponibilità delle parti,
per essere il (presunto) reale rapporto di
agenzia (o rapporto atipico, come definito
dalla stessa attrice negli atti di causa) fra il S.
e la D. qualificabile come un rapporto di
competenza del giudice del lavoro, atteso
che la qualificazione del rapporto come
rientrante fra quelli di competenza del
giudice del lavoro ex art. 409 c.p.c., o meno
presuppone il previo accertamento
dell’esistenza della simulazione soggettiva,
accertamento che spetta al collegio arbitrale,
il quale è l’unico che possa valutare la
sussistenza o meno di una simulazione
relativa del contratto concluso fra la D. e la
Z. (eventualmente anche in via incidentale)
e anche in questo caso eventualmente
declinare la propria competenza a favore
del giudice ordinario.
La questione preliminare di merito da
decidere è, infatti, quella circa la sussistenza
del rapporto di simulazione relativa del
contratto, atteso che solo nel caso di
risposta positiva a tale quesito è possibile
scendere nel merito della compromettibilità
in arbitri di un rapporto di agenzia (peraltro
contestato dall’attrice, che lo qualifica essa
stessa come atipico e non rientrante in tale
tipo contrattuale, con una certa mancanza
di coerenza con la sollevata eccezione) che
veda coinvolto un agente come persona
fisica, con qualificazione personale della
prestazione (v. art. 409, primo comma, n. 3,
c.p.c., essendo invece escluse le società di
capitali; cfr. Cass., 22.03.06, n. 6351) e
quindi il problema della ulteriore validità o
meno della clausola, che ormai, instaurato
l’arbitrato estero, per i principi sopra
richiamati, è di competenza esclusiva del
collegio arbitrale.
Tale
questione
non
è
quindi
delibabile dal giudice che deve decidere
sulla fondatezza o meno dell’eccezione di
compromesso, in quanto in questo caso lo
stesso si sostituirebbe al collegio arbitrale
nella decisione sulla domanda di
simulazione, che appartiene invece alla
competenza esclusiva degli arbitri ed è
strettamente connessa alla verifica della
vincolatività o meno della clausola.
Va comunque osservato che, anche ove
si affermasse la competenza del giudice
ordinario per l’azione di simulazione, si
deve ritenere che non sussista la
giurisdizione del giudice italiano, sulla base
dei criteri fissati dall’art. 3 della legge n.
218/95, atteso che i convenuti non sono né
residenti né domiciliati in Italia, ma
piuttosto in Iran (mentre Z. France e Z.
UK sono dei meri recapiti, non essendovi
prova che le medesime società esistano
realmente), né hanno un rappresentante
autorizzato a stare in giudizio nel nostro
paese e l’obbligazione dedotta in giudizio,
vale a dire il contratto di agenzia, non è
stato concluso in Italia e doveva essere
eseguito in Iran (clienti e territorio in cui
l’agente ha avuto l’incarico di promuovere
le vendite: Repubblica Islamica dell’Iran).
Quand’anche si volesse ritenere che il S.
sia residente in Inghilterra (v. mandato in
calce alla comparsa di risposta), la
competenza non spetterebbe al giudice
italiano neppure in base al regolamento CE
n. 44/01, sulla base dei medesimi criteri (v.
artt. 2 e 5 del citato regolamento). È, infatti,
pacifico che in caso di accertamento
negativo l’obbligazione rilevante ai fini
dell’individuazione del luogo di esecuzione
è l’obbligazione principale o caratterizzante
il negozio, vale a dire in questo caso
l’obbligazione dedotta nel contratto di
agenzia e quella di pagamento delle
prestazioni, a nulla rilevando le subordinate
domande della convenuta, che. sono state
avanzate solamente in caso di ritenuta
competenza del giudice adito (v. Cass., sez.
Unite, ordinanza, 2.04.2003, n. 5108,
secondo cui: “Il foro speciale previsto
dall’art. 5 della convenzione di Lugano 16
settembre 1988 concernente la competenza
giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni
in materia civile e commerciale (resa
esecutiva in Italia con la legge 10 febbraio
1992, n. 198), in base al quale il convenuto
domiciliato nel territorio di uno Stato
contraente può essere citato, in altro Stato
contraente, davanti al giudice del luogo in
cui l’obbligazione dedotta in giudizio è
stata o deve essere eseguita, è applicabile
non solo alle azioni volte alla realizzazione
del vincolo contrattuale, ma anche a quelle
di nullità o di annullabilità del negozio o di
accertamento negativo dell’esistenza dello
stesso, posto che anche dette azioni
deducono, pur se al fine di contestarne la
validità o l’esistenza, la volontaria
assunzione di un vincolo obbligatorio, in
funzione di contrasto con la pretesa che
controparte deriva dal ridetto vincolo, ed
attengono
quindi
alla
materia
contrattuale. E siccome l’obbligazione
rilevante ai fini dell’individuazione del
luogo di esecuzione è l’obbligazione
principale, o caratterizzante il negozio, ove
l’attore promuova azione di invalidità o di
accertamento negativo dell’esistenza di un
contratto di mandato avente ad oggetto
l’incarico
di
svolgere
attività
di
intermediazione finanziaria per la cessione
di un pacchetto azionario, è alla detta
obbligazione, quale obbligazione principale
e caratteristica della convenzione, e non già
all’obbligazione del mandante di pagare il
compenso, che occorre aver riguardo al
fine di individuare - in conformità della
legge applicabile al contratto sulla base del
diritto internazionale privato del giudice
adito - il forum solutionis” e anche in senso
conforme Cass., sez. Unite, 7.05.03, n. 6899,
secondo cui (Omissis)).
Del tutto infondata, è infine, la tesi
dell’attrice che i convenuti svolgendo
l’eccezione di compromesso, che è
eccezione di merito, abbiano accettato la
giurisdizione del giudice italiano, in quanto
in realtà gli stessi hanno svolto in via
principale, ma gradata, entrambe le
eccezioni sia di difetto di giurisdizione a
favore del collegio arbitrale, sia di difetto di
giurisdizione del giudice ordinario italiano e
il giudice adito deve esaminarle entrambe in
sequenza logica, in quanto in primo luogo
deve esaminare in via delibativa preliminare
la validità e applicabilità della clausola
compromissoria
(che
esclude
la
competenza di qualsiasi giudice statale),
atteso che si tratta di una questione che
riguarda la stessa proponibilità dell’azione
davanti a qualsiasi giudice statale e solo in
un secondo tempo, in caso di risposta
negativa, scendere all’esame dell’eccezione
di difetto di giurisdizione (v. in tal senso la
già citata sentenza della Suprema Corte che
afferma (Omissis)). Va comunque osservato
che non ha alcuna rilevanza l’ordine con
cui la convenuta ha sollevato le eccezioni di
compromesso e di difetto di giurisdizione,
in quanto l’ordine giuridico e logico che
deve seguire il giudice per decidere tali
questioni pregiudiziali e preliminari è
determinato dalla legge processuale e non
dalle parti ( art 279 c.p.c.), e in questo caso
particolare anche dalla convenzione di New
York relativa agli arbitrati esteri.
E’ pertanto evidente la carenza di
giurisdizione
del
giudice
ordinario
(italiano o estero, poco importa) a
conoscere di qualsiasi controversia
derivante dal medesimo contratto e dai
contratti collegati, sia attinente alla sua
esistenza, validità ed efficacia fra le parti sia
attinenti alla sua esecuzione e la
conseguente improponibilità dell’azione,
vendo le stesse stabilito di comune accordo
di ricorrere ad un arbitrato stero, ai sensi
del combinato disposto degli artt. 4 della l.
n. 218/95 e all’art. 11 della convenzione di
New York del 1958 sul riconoscimento e
l’esecuzione delle sentenze arbitrali
straniere, rinunziando alla giurisdizione del
giudice
statale,
ed
essendo
già
effettivamente pendente la procedura
arbitrale presso la camera parigina. (Omissis)
La decisione. Il Giudice Unico fra le
parti definitivamente pronunciando, ogni
contraria domanda, istanza e deduzione
reietta, respinge le domande in quanto
improponibili e inammissibili. (Omissis)
[PELLIZZONI Giudice unico – D. S.p.a. (avv.
Campeis) – Z. Trading Company Limited e
N.S. (avv.ti Crivellaro e Damiani)]
SOMMARIO: 1. La vicenda. – 2. Le questioni.
1. La vicenda.
Qualche tempo dopo aver firmato con una società iraniana un
contratto di agenzia, che avrebbe dovuto trovare esecuzione sul
territorio della Repubblica Islamica dell’Iran, il preponente agiva in
giudizio, avanti al tribunale di Udine, chiedendo la pronuncia di
invalidità del contratto per interposizione fittizia di persona. Il
preponente affermava che il reale contraente andava individuato non
già nella società – che era semplicemente un’interposta – bensì nel
suo legale rappresentante; resisteva la convenuta eccependo
l’esistenza, tra le parti, di una clausola compromissoria per arbitrato
estero ed il difetto di giurisdizione del giudice italiano. Nel replicare,
l’attrice insisteva per l’accoglimento della domanda di simulazione,
affermava la nullità della clausola compromissoria, in quanto avente
ad oggetto un rapporto rientrante nella cognizione esclusiva del
giudice ordinario, non deferibile ad arbitri, e sosteneva la sussistenza
della giurisdizione del giudicante adito.
Il tribunale di Udine, nella sentenza in esame, rigetta le
domande dell’attrice, affrontando la questione della simulazione relativa
soggettiva del contratto di agenzia e della compromettibilità in arbitri delle
controversie nascenti da tale rapporto.
2. Le questioni.
1. La pretesa esercitata in via principale dall’attrice si qualifica,
giuridicamente, come azione di simulazione relativa soggettiva,
finalizzata ad ottenere la pronuncia di inefficacia del contratto
simulato.
Nel replicare alle difese assunte dai convenuti nella comparsa di
costituzione e risposta, l’attrice afferma la nullità della clausola
compromissoria per arbitrato estero, per essere – a suo dire – la
qualifica di agente assunta non già dalla società, ma dal suo legale
rappresentante persona fisica, con la conseguenza che le controversie
nascenti da detto rapporto rientrerebbero nella competenza esclusiva
del giudice ordinario e non sarebbero compromettibili in arbitri.
Conclude, poi, sostenendo che l’arbitrato non sarebbe stato,
comunque, praticabile, dal momento che l’azione di simulazione
presupponeva l’intervento di un terzo soggetto (l’interponente),
estraneo al compromesso.
Occorre, al riguardo, dare atto dell’esistenza di un differente
trattamento, operato dalla giurisprudenza, a seconda che la qualifica
di agente sia assunta da un individuo persona fisica, ovvero da
un’impresa.
Agente può, infatti, essere un lavoratore autonomo che si avvale,
nello svolgimento dell’incarico affidatogli, di una propria
organizzazione di mezzi, capitali e persone; oppure un lavoratore
parasubordinato, laddove l’ingerenza del preponente sia tale da
limitare sensibilmente la sua autonomia organizzativa ed operativa.
Di una simile impostazione si è fatto consapevole anche il
legislatore che, nel novellare con la legge n. 533/1973 l’art. 409 c.p.c.,
ha ricompreso, tra le controversie soggette al rito del lavoro anche
quelle relative a “rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri
rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera
continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere
subordinato”.
Tali rapporti di agenzia sono soltanto quelli in cui l’agente
esercita la propria attività in forma individuale e non si serve di
una organizzazione a carattere imprenditoriale 1.
Qualora, infatti, il requisito della personalità del lavoro non sia
soddisfatto, come nelle ipotesi in cui la qualità di agente è assunta da
una società di persone o di capitali 2, i contenziosi che derivano dal
1 Cfr. Tribunale Ivrea, sez. Lavoro 3.8.2005, n. 60, in D&G, 2005, 39, 28: “La
controversia tra l’assicuratore preponente e l’agente assicurativo non è soggetta al rito del lavoro, allorché
l’agente eserciti la propria attività con autonomia e organizzazione imprenditoriale, desumibile da vari
indici quali il volume d’affare, la proprietà dei locali dell’agenzia ed il numero dei dipendenti”.
2 È, pur sempre, ammessa la prova contraria, vale a dire la ricorrenza del requisito
della parasubordinazione: “In tema di controversie attinenti a rapporti di agenzia, l’esistenza di
un’organizzazione in forma sociale dell’agenzia implica una mera presunzione di insussistenza del
carattere prevalentemente personale dell’attività svolta e, quindi, di insussistenza della parasubordinazione,
in ordine alla quale rimane possibile, per qualunque soggetto interessato, fornire la prova contraria” (Cass.
civ., sez. III 28.7.2005, n. 15790).
rapporto di agenzia sono soggetti alle regole del processo ordinario di
cognizione e sono liberamente compromittibili in arbitri 3.
2. Nella vicenda in esame, posizione preminente assume
l’accertamento della sussistenza, o meno, della simulazione del
contratto, in quanto destinato a ripercuotersi, anche, sulle repliche,
successive alla costituzione dei convenuti, avanzate dall’attrice.
Ma preliminare ad ogni altra è la questione attinente alla
validità, operatività ed applicabilità della clausola compromissoria
per arbitrato estero, che, qualora immune da vizi, si tradurrebbe nel
difetto di giurisdizione di un qualsiasi giudice, italiano o straniero,
diverso dagli arbitri designati 4.
Su tale questione, che è di merito 5, il giudice adito ha il dovere
di pronunziarsi mediante deliberazione sommaria rimettendo, in caso
di esito favorevole, le parti dinanzi al collegio arbitrale.
Occorre, al riguardo, puntualizzare che i contendenti hanno
convenuto, in contratto, di riferirsi, per la soluzione di eventuali
controversie, alla legislazione italiana; ne consegue che l’indagine sulla
validità e sull’operatività della clausola compromissoria deve essere
compiuta alla luce di tale legislazione.
Dalla documentazione prodotta in atti è emerso che le parti
hanno voluto deferire, espressamente, alla Camera di commercio
Così Cass. civ., sez. Lavoro 13.7.2001, n. 9547: “Le controversie attinenti al contratto di
agenzia rientrano nella competenza del giudice del lavoro solo ove l’attività continuativa e coordinata sia
svolta, quantomeno in misura prevalente, personalmente dall’agente; tale situazione non ricorre quando la
qualità di agente è assunta da una società di capitali o di persone, poiché la società costituisce un autonomo
centro di imputazione che si pone tra socio e preponente”. Analoghi precedenti in Cass. civ., sez.
Lavoro 24.1.1998, n. 709; Cass. civ., sez. Lavoro 21.1.1995, n. 693; Cass. civ., sez. Lavoro
4.1.1995, n. 120.
4 Cfr. Cass. civ., sez. Unite 12.1.2007, n. 412: “L’art. 2, 3° comma, della Convenzione di
New York del 1958 attribuisce al giudice adito il potere-dovere di verificare, preliminarmente, la validità,
operatività ed applicabilità della clausola compromissoria per arbitrato estero, in via di deliberazione
sommaria e, all’esito favorevole di tale verifica, di rimettere le parti dinanzi agli arbitri. Solo in caso di
verifica negativa, il giudice si pronunzierà sulla giurisdizione propria o di altro giudice. La deliberazione
sommaria effettuata dal giudice adito sulla validità, operatività ed applicabilità della clausola
compromissoria, non essendo idonea a formare il giudicato, non vincolerà né il collegio arbitrale né il giudice
straniero, di cui sia stata ritenuta la giurisdizione”.
5 Così Cass. civ., sez. Unite 21.10.2009, n. 22236: “In presenza di un compromesso o di
una clausola compromissoria per arbitrato estero, si pone una questione non di giurisdizione – posto che il
dictum arbitrale è un atto di autonomia privata, non esercitando gli arbitri funzioni giurisdizionali – ma
di merito, inerente all’accertamento, da effettuarsi dal giudice fornito di giurisdizione secondo i normali
criteri di sua determinazione, della validità del patto prevedente l’arbitrato estero, il quale comporta la
rinuncia ad ogni tipo di giurisdizione, sia essa italiana o straniera”.
3
internazionale di Parigi la risoluzione di “qualsiasi disaccordo in relazione
all’interpretazione e/o esecuzione e/o cessazione” del contratto di agenzia; ed
è proprio per il tramite di tale clausola onnicomprensiva che il giudice
adito ha ritenuto rientrante nella competenza degli arbitri l’azione di
simulazione proposta dall’attrice.
Del resto, l’accertamento, con esito favorevole, della
simulazione per interposizione fittizia di persona è destinato ad
influire, in maniera determinante, sull’esecuzione stessa del contratto,
comportando, come conseguenza, l’efficacia, inter partes, dell’accordo
dissimulato e l’inefficacia di quello apparente.
Analogamente, deve essere disattesa la tesi sostenuta dall’attrice,
che pretendeva di sottrarre al collegio arbitrale estero la controversia,
qualificandola come relativa (e, quindi, connessa) anche a rapporti
diversi da quello di agenzia, in forza della vis attractiva della
giurisdizione statale. Al riguardo, infatti, la costante giurisprudenza è
concorde nell’affermare, data la validità della clausola compromissoria,
il difetto di giurisdizione del giudice ordinario 6.
Il tribunale ha, poi, ritenuto infondata l’eccezione attorea che
pretende di affermare la sussistenza della giurisdizione del giudicante
adito, sul presupposto che l’azione di simulazione del contratto di
agenzia coinvolgerebbe, quale litisconsorte necessario, anche
l’interponente (il legale rappresentante ed amministratore della società
convenuta), estraneo, invece, alla convenzione arbitrale.
In argomento, è noto che il novellato art. 816-quinquies, comma
2, c.p.c., ammette sempre l’intervento, nel procedimento arbitrale, del
litisconsorte necessario, con la conseguenza che solo quando detto
contraddittorio non è integrato, per il rifiuto del litisconsorte di
partecipare al giudizio, l’arbitrato deve considerarsi improcedibile, in
tal caso riacquistando, le parti originarie, la facoltà di adire l’autorità
giudiziaria ordinaria.
Ne deriva che, essendo già stato promosso l’arbitrato avanti
all’Icc di Parigi, in tale sede e solo in essa, l’attrice è legittimata a
chiedere l’integrazione del litisconsorte necessario e, solo ove tale
6 In questi termini cfr. Cass. civ., sez. III 3.9.2007, n. 18525: “L’art. 819-bis
c.p.c., introdotto dalla legge n. 25 del 1994 ed applicabile alle controversie insorte dopo l’entrata
in vigore della legge stessa, stabiliva, prima della sostituzione ad opera dell’art. 22 del d.lgs. n. 40
del 2006, che la controversia rimessa ad arbitri sulla base di valida clausola compromissoria non
era attratta, per ragioni di connessione, da altra causa pendente dinanzi al giudice ordinario,
senza che assumesse rilievo il fatto che la causa fosse stata già instaurata dinanzi agli arbitri,
ovvero non fosse ancora pendente”.
intervento non trovi l’accordo dell’altra parte o manchi il consenso
degli arbitri, potrà far valere l’improcedibilità del procedimento
arbitrale, onde essere ammessa alla proposizione della domanda
avanti al giudice ordinario.
Instauratosi, infatti, l’arbitrato estero spetta solamente agli
arbitri
pronunciarsi
sull’interpretazione
della
clausola
compromissoria, dovendo il giudice ordinario astenersi da ogni
accertamento in ordine all’esistenza e alla validità di tale clausola 7.
La giurisprudenza è, poi, concorde nell’affermare che, benché
l’interposizione fittizia di persona presupponga un accordo
simulatorio a tre (le parti del contratto simulato da una parte, ed il
terzo interponente dall’altra), il litisconsorzio processuale di tali
soggetti è necessario solo quando l’azione di simulazione ex art. 1414
c.c. è dedotta in via di azione principale e non anche quando, come
nel caso di specie, è oggetto di una mera eccezione riconvenzionale 8.
3. Infondata è apparsa, anche, la domanda dell’attrice diretta a
far valere l’invalidità della clausola compromissoria, per essere il
(presunto) reale contratto di agenzia stato concluso non già con la
società di controparte, ma con il suo legale rappresentante e, come
tale, coinvolgendo un agente persona fisica, oggetto di competenza
del giudice del lavoro, non compromettibile in arbitri.
Una simile pretesa presuppone, infatti, la risoluzione di una
questione preliminare di merito – quella sulla fondatezza dell’azione
di simulazione – il cui accertamento compete unicamente all’Icc di
Parigi, essendo stati gli arbitri investiti della controversia,
anteriormente al tribunale di Udine.
In ogni caso, anche a voler affermare la competenza
dell’autorità giudiziaria ordinaria per l’azione di simulazione, il giudice
7 Cfr. Cass. civ., sez. I 8.7.1996, n. 6205, in Giust. civ., 1996, I, 2842: “La
costituzione del collegio arbitrale sottrae al giudice ordinario ogni potere di deliberare in ordine
all’esistenza, alla validità ed alla portata dell’accordo derogatorio della sua competenza, restando
tale accertamento affidato, in via esclusiva, agli arbitri, la cui pronuncia sarà suscettibile di
impugnazione per nullità, qualora dovesse essere eccepita la mancanza della loro potestas
iudicandi per qualsiasi motivo che comporti carenza dell’investitura da parte dei privati
contraenti”.
8 Tra le più recenti, cfr. Cass. civ., sez. II 13.2.2008, n. 3474:“Il contraddittorio
nel giudizio tra tutti i partecipanti, od i loro eredi, all’atto impugnato per simulazione è necessario
solo quando la nullità che ne deriva all’atto venga posta a fondamento dell’azione e non già
quando il suo accertamento formi oggetto di una mera eccezione e debba essere effettuato in via
incidentale e senza efficacia di giudicato”.
italiano risulterebbe privo di giurisdizione ai sensi dell’art. art. 3, l.
218/1995, atteso che i convenuti non sono né residenti, né
domiciliati nel territorio della Repubblica, che il contratto di agenzia
non è stato concluso in Italia e che le obbligazioni oggetto dello
stesso devono essere eseguite sul territorio iraniano.
Analogamente, è da censurare la pretesa dell’attrice di affermare
la giurisdizione del giudice italiano in base al regolamento CE n.
44/2001, sulla circostanza che il legale rappresentante della società
avversa risiede, come si evince dal mandato alle liti in calce alla
comparsa di costituzione e risposta, in Inghilterra.
È, infatti, pacifico che in caso di accertamento negativo,
l’obbligazione rilevante ai fini dell’individuazione del luogo di
esecuzione è quella principale o caratterizzante del contratto di
agenzia, a nulla rilevando le domande subordinate avanzate della
convenuta, valevoli soltanto nella denegata ipotesi di ritenuta
competenza del giudice adito 9.
9 Cfr. Cass. civ., sez. Unite 2.4.2003, n. 5108: “Il foro speciale previsto dall’art. 5
della convenzione di Lugano 16 settembre 1988 concernente la competenza giurisdizionale e
l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (resa esecutiva in Italia con la legge 10
febbraio 1992, n. 198), in base al quale il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato
contraente può essere citato, in altro Stato contraente, davanti al giudice del luogo in cui
l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita, è applicabile non solo alle azioni
volte alla realizzazione del vincolo contrattuale, ma anche a quelle di nullità o di annullabilità del
negozio o di accertamento negativo dello stesso, posto che anche dette azioni deducono, pur se al
fine di consentirne la validità o l’esistenza, la volontaria assunzione di un vincolo obbligatorio, in
funzione di contrasto con la pretesa che controparte deriva dal ridetto vincolo, ed attengono quindi
alla materia contrattuale. E siccome l’obbligazione rilevante ai fini dell’individuazione del luogo di
esecuzione è l’obbligazione principale, o caratterizzante il negozio, ove l’attore promuova azione di
invalidità o di accertamento negativo dell’esistenza di un contratto di mandato avente ad oggetto
l’incarico di svolgere attività di intermediazione finanziaria per la cessione di un pacchetto
azionario, è alla detta obbligazione, quale obbligazione principale e caratteristica della
convenzione, e non già all’obbligazione del mandante di pagare il compenso, che occorre aver
riguardo al fine di individuare – in conformità della legge applicabile al contratto sulla base del
diritto internazionale privato del giudice adito, il forum solutionis”.