capua longobarda e montecassino: dall`antagonismo al protettorato

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capua longobarda e montecassino: dall`antagonismo al protettorato
CAPUA LONGOBARDA E MONTECASSINO:
DALL’ANTAGONISMO AL PROTETTORATO
LUIGI IORIO
PAGINE DI STORIA, A CURA DELLA COMMISSIONE CULTURA DEL
ROTARY CLUB CASSINO AR 2015-16 PRESIDENTE DR. LUIGI IORIO
La Badia di Montecassino era stata dichiarata
da Carlo Magno nel 787 Camera Imperiale,
per cui essa doveva fare riferimento
direttamente all’imperatore. Essa aveva dei
rapporti diretti anche con il papa(1). A
Montecassino furono dati dall’imperatore
molti privilegi e molti lasciti, non ultimo il
permesso di poter prendere dall’anfiteatro di
Capua antica marmi, colonne. Ancora la
Badia era una vera potenza economica per le
ricchezze che possedeva e una potenza
morale e di scienza, riconosciuta non solo in
Italia ma anche nell’Europa dell’epoca. I
monaci Cassinesi formavano il vero corpo
diplomatico al servizio dell’Imperatore e del
Papato. Essi possedevano volumi di
pergamene contenenti tutto lo scibile di
quell’epoca rendendoli fieri del loro potere.
La contea capuana mal sopportava
l’ingerenza straniera, perseguiva una politica
di autonomia e di liberazione dell’Italia
meridionale (2). Quanto riportato creava
antagonismo con Montecassino, che durò
sino agli ultimi imperatori carolingi. Gli
avvenimenti storici dell’epoca erano riportati
dai “Cronisti” benedettini. L’antagonismo si
manifestò in modo evidente con il Vescovoconte di Capua Landolfo, definito dai cronisti
cassinesi diavolo nero. Questo giudizio così
severo non coincide con quelli di cronisti di
altre Badie come quelle Salernitane, Cavesi,
Beneventane; e non corrisponde al giudizio
dato da Erchemperto (3) nella sua Storia dei
Longobardi. Questo vescovo-conte fece
risorgere Capua sul Volturno. L’antagonismo
era anche dovuto al fatto che Landolfo
sedeva anche in tribunale e quindi poneva un
limite al potere temporale di Montecassino
su possedimenti, su usufrutti di lasciti
ereditari nei territori della cosiddetta
“Campania Felix”. A tutto questo il Cenobio
rispondeva con giudizi poco gratificanti, con
invettive e scomuniche.
Le cose dovevano mutare con la caduta
definitiva dell’impero franco. Infatti i privilegi
di cui Montecassino usufruiva vennero a
mancare. I monaci cassinesi, infatti, erano
stati per oltre un secolo i veri mediatori tra
impero e papato.
Con la protezione anche armata dell’impero
franco, potevano da un lato tenere a bada
ogni mira espansionistica dei Longobardi e
tenevano confinati nei propri confini il ducato
greco-bizantino di Gaeta. Sicuramente non
videro malvolentieri, anche per volontà di
papa Giovanni VIII, l’insediamento dei
saraceni sulle rive del Garigliano. Infatti
questi crearono in quella zona una dimora
stabile, cuscinetto tra i territori di S.
Benedetto ed i Longobardi a sud ed il ducato
Greco-Bizantino a ovest.
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Le popolazioni saracene sulle rive del
Garigliano divennero sempre più numerose
formando
un
vero
e
proprio
“Caravanserraglio”. Cominciarono ad avere
mire espansionistiche nei territori interni, per
cui da una fase di prestatori d’opera sulle
navi di Gaeta o braccianti agricoli nei terreni
di proprietà di S. Benedetto o dei Longobardi,
passarono ad avere sempre una più grossa
autonomia sia da altri insediamenti saraceni
del meridione o della Sicilia, sia dai
confinanti. In particolare cominciarono a
desiderare di impossessarsi delle immense
ricchezze di Montecassino (4). L’occasione fu
data loro quando l’Abate Bertario di
Montecassino, di origine francese, prese
parte come uomo d’armi a fianco dei
pontefici alla battaglia di Ostia e di Monte
Circello sconfiggendo i Saraceni.
Nell’anno
883
i Saraceni
invasero
Montecassino portando via buona parte dei
tesori in oro e argento ivi custoditi, uccisero
l’Abate Bertario ed incendiarono il
Monastero. I monaci, circa una cinquantina,
si rifugiarono nella contea di Teano portando
con se alcuni codici e quanto per loro era più
prezioso e precisamente manoscritti e testi
greci o latini da cui avrebbero ricavato codici.
Portarono con se anche la REGOLA di S.
Benedetto.
Con la morte di Ludovico II e del papa
Giovanni VIII, sia l’impero franco sia il papato
andarono a rotoli. A Roma si ebbe la
rivoluzione romana per cui furono nominati
due Consoli Alberico il vecchio ed Alberico il
giovane. Questi presero il nome di Principi
quali sovrani indipendenti dall’Imperatore e
dal Papato. Fu eletto per la prima volta un re
d’Italia Berengario I.( a. 888).
Questi avvenimenti storici dettero l’impulso a
cambiare i rapporti tra i Conti di Capua ed i
Benedettini di Montecassino oramai a Teano.
L’idea di un Protettorato cominciò a farsi
strada, infatti anche la Badia di Teano fu
assalita ed incendiata dai saraceni dopo tre
anni dall’insediamento dei monaci di
Montecassino. Furono
bruciati molti
documenti, pergamene, diplomi e cosa più
importante la “Regola” scritta da S.
Benedetto.
Il califfato del Garigliano con il suo potente
califfo Allicu’ aveva delle mire sempre più
espansionistiche minacciando la contea di
Capua, il ducato di Gaeta ed il ducato di
Napoli. Atenolfo, conte di Teano, si alleò con
il duca di Gaeta, con il duca di Napoli e con
l’ausilio bizantino riuscì a cacciare i saraceni
dai territori del Garigliano. Inglobò la contea
di Teano e divenne principe di Capua con
l’approvazione del papa Giovanni X. Da allora
cominciò una dinastia ereditaria. Il fratello
del principe, Giovanni, arcidiacono della
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Cattedrale di Capua, si fece monaco e fu
eletto abate dai monaci benedettini a Teano
perché lo ritennero il più degno a ricoprire
quel ruolo. Giovanni fu inviato a
Costantinopoli come ambasciatore per
ottenere rinforzi nella battaglia per
sconfiggere i saraceni dalle coste tirreniche.
Fu più evidente che la sede poco propizia di
Teano era insufficiente a ridare splendore
alla Badia benedettina e quindi nel 915 fu
trasferita a Capua. Si stabilì un rapporto di
Protettorato tra i principi longobardi di Capua
e il Monastero, non senza aver fatto giurare a
tutti i monaci di non poter testimoniare nei
tribunali laici, come era ben sancito dalla
Regola (5). L’Abate Giovanni portò da
Costantinopoli oggetti preziosi Evangelari,
candelabri, paramenti sacri finemente
ricamati in oro e cosa più importante
manoscritti da copiare. Fu costruita una
Badia e fu istituito uno scriptorium. I 34 anni
che seguirono rappresentarono il momento
più esaltante per il Principato Longobardo di
Capua, finchè nel 949 l’Abate Aligerno riportò
il Monastero nuovamente sul luogo ove era
sepolto il suo fondatore. (6)
Le espressioni artistiche più importanti
dell’epoca furono di tipo architettonico e
l’arricchimento delle miniature dei codici. Dal
punto di vista culturale furono eseguiti ben
27 codici. Gli argomenti trattati nei codici
sono di natura diversa quindi non solo
religiosa ma anche laica, comprendendo tutti
i campi del sapere dettati dalle arti liberali.
A Montecassino già dal VII secolo si
trascrivevano e compilavano codici. I primi di
carattere prevalentemente religioso, in
seguito nel IX secolo compaiono codici a
carattere misto religioso-profano. Ricordo il
cod 69 in cui vi sono riportate molte notizie
di medicina di provenienza chiaramente
bizantina e romana e “ Etimologie ed
Origini”di Hisidori di Siviglia, una delle più
antiche enciclopedie. Questi codici sempre su
pergamena erano trascritti da più mani ed
anche da persone non dotte ed a volte sotto
dettatura. Spesso vengono riportati termini
greci e si nota spesso il fenomeno del
betacismo. Spesso la squadratura della
pergamena non è perfetta, le miniature si
limitano agli acrostici, i colori sono solo il
bianco ed il nero o qualche volta il rosso.
Con i codici capuani (7) comincia una nuova
epoca sia per gli argomenti copiati, sia per la
trasformazione della miniatura. I caratteri
della scrittura sono sempre in BeneventanoCassinese. I codici capuani presentano una
migliore preparazione delle pergamene, i
fogli sono perfettamente squadrati, la
scrittura, fatta da mani esperte, ha una
struttura chiara e omogenea.
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La miniatura si arricchisce di disegni, di
simboli. Viene nel cod. 175 trascritta la
“Regola di S. Benedetto”. Nello stesso codice
vi sono riportati molti documenti riferiti alla
storia Longobarda, come una lettera di Paolo
Diacono all’imperatore Carlo Magno, ma
anche leggi e direttive per la vita sociale
Longobarda. Molto importante è il codice 97,
nella prima parte di Medicina, nella seconda
parte vi è un erbario il cosiddetto
“PseudoApuleio”,
con
molte
piante
medicinali. Il cod 97 è da considerarsi un
antesignano dell’Articella cioè i testi che
venivano usati per gli allievi della Scuola
medica salernitana circa un secolo dopo.
4. Michele Amari; Storia dei Musulmani
in Sicilia; vol III, Torino 2014
Mondatori
5. F.Maria Pratilli. Historia Principum
Longobardorum; 1749 biblioteca
Pratilli
6. G.Stroffolini. La Contea di Capua,vol I
e II; Caserta 1885 : ed. Maione
7. G. Orofino. I Codici Decorati
dell’Archivio di Montecassino, vol I.
Roma 1994. Istituto Poligrafico e
zecca dello Stato
Lo scriptorium di Capua continuò ad operare
anche quando la Badia fu trasferita
nuovamente a Montecassino. Finalmente
negli ultimi codici prodotti a Capua compare
il nome del miniaturista monaco Giaquinto.
Egli esperimenterà un nuovo modo di fare
miniatura raggiungendo la piena maturità
nell’ultimo codice prodotto a Capua: Regesti
S.Angeli ad Formas. Per tanti anni l’arte di
Giaquinto influenzerà la miniatura prodotta
dai monaci di Montecassino, che arriverà al
suo massimo splendore con gli Abati
Desiderio e Teobaldo alla fine del 1100.
Bibliografia
1. Ostiensis L. Chronicon Casinensis; in
MGH Scriptores, XXXIV, Hannover:
Hoffman 1980; vol I: 90-9
2. Anonymi Salernitani. Chronicon; ed
Muratori cap LXVI
3. Erchemperto.
La
storia
dei
Longobardi, trad. Giuseppe Sperduti,
Cassino 1999: Ciolfi ed
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