Rapporto di mercato coils a caldo/Prezzi frenano la corsa ma

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Rapporto di mercato coils a caldo/Prezzi frenano la corsa ma
Gianclaudio Torlizzi
Dow Jones
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Milano, 15 Novembre 2010
Metalli non ferrosi/Fed conferma piano di stimolo monetario: rischio bolla?
Nuovo rally in vista per i prezzi del rame. La conferma da parte della Federal Reserve al piano di
stimolo monetario da 600 miliardi di dollari ha alimentato le aspettative di una svalutazione del
dollaro Usa nei confronti delle altre divise internazionali spingendo al rialzo il prezzo dei metalli
non ferrosi quotati al LME.
Tra i metalli più sensibili al fenomeno è il rame il cui contratto a 3 mesi sembra oramai prossimo a
toccare i 9000 dollari la tonnellata. Ma anche gli altri metalli non sono certamente indenni
dall’ondata di rialzi con l’alluminio che rimane inchiodato oltre i 2400 dollari la tonnellata e il nichel
prossimo a toccare i 25 mila dollari. Per non parlare dello zinco che malgrado la oversupply
strutturale punta a 2600 dollari la tonnellata.
Sicuramente il fatto che a livello fondamentale il mercato del rame presenti segnali di restrizione
dell’offerta nei confronti della domanda contribuisce a incidere sulla performance dei prezzi. Ma
se però si considera come il rally abbia trasciato al rialzo anche i metalli caratterizzati da una
sovraofferta come lo zinco allora occorre fare un ragionamento diverso.
Interpellati da AcciaioReport gli operatori finanziari legano il rally dei metalli a cui si è assistito in
questi ultimi mesi alle attese di svalutazione del dollaro Usa e quindi più a fattori puramente
speculativi che fondamentali. “Negli ultimi mesi è cambiata la percezione che gli operatori
nutrivano nei confronti dei metalli di base che per certi versi sono divenuti un vero e proprio “bene
rifugio” a protezione di una prevista futura inflazione causata a sua volta dalla impressionante
mole di liquidità che giunge dagli Usa – spiega un broker londinese – se a questo aggiungiamo il
fatto che i metalli sono una commodity intrinsecamente legata anche al ciclo congiunturale ben si
spiega il motivi di questi balzi”. Tuttavia, avvertono gli operatori, più i metalli si discosteranno dai
fondamentali (il costo di produzione del rame per esempio è attualmente fissato intorno ai 3600
dollari la tonnellata) più aumentano le chance di assistere a una pesante correzione nel mese di
dicembre.
Dice sempre il broker “in questi ultimi mesi le spinte al rialzo sono giunte maggiormente dai
piccoli trader privati che non dalle grandi banche d’affari che sono state alla finestra. La domanda
che ci poniamo ora è: “che cosa faranno i fondi adesso? Aspetteranno che il mercato corregga
per poi entrare, oppure entreranno subito sul mercato spingendo il prezzo del rame fino a 9000
dollari la tonnellata? Certo, nel caso in cui la correzione non si dovesse verificare
immediatamente allora le probabilità di assistere a un calo molto pesante diventano concrete”.
Secondo gli operatori finanziari un’altra incognita è rappresentata da quello che faranno sul
mercato dei cambi le banche asiatiche, Giappone e Cina in testa. Non è un mistero infatti che il
mantenimento negli Usa di una politica monetaria a tasso zero e dunque il dollaro debole
spingano i grandi fondi finanziari di investimento a riversare enormi somme di denaro al di fuori
dagli Usa dove i rendimenti sono migliori.
Qualora non si ponga un freno a tale attività però il rischio di formazione di una bolla speculativa
non solo sulle commodity anche anche sui mercati finanziaria dei paesi emergenti diventa molto
concreto. Ecco spiegato il motivo per cui nei giorni immediatamente successivi all’annuncio da
parte della Fed di proseguire con il piano di immissione di liquidità i rappresentati dei governi di
Cina e Giappone hanno espresso il loro disappunto con inusuale nettezza.
Non è escluso dunque che nell’arco delle prossime settimane le banche centrali di Cina,
Giappone possano coordinarsi per spingere al rialzo il dollaro Usa. Al rischio bolla non sfugge
neppure il Brasile. In una nota inviata alla clientela PIMCO il maggiore gestore mondiale di
obbligazioni con un’esposizione di oltre mille miliardi di dollari Usa ha avvertito come il Brasile sia
tra i paesi che potrebbero accusare “danni collaterali” causati dall’allentamento quantitativo da
parte della banca centrale americana. “Al fine di evitare la formazione di una bolla il Brasile ha tre
alternative nessune delle quali da augurarsi: “assistere impotenti al rialzo della valuta locale,
frenare l’afflusso di investimenti nel paese oppure alzare le tasse”.
La tesi della pesante correzione a dicembre è sposata dalla casa di brokeraggio Sucden secondo
cui alla fine i temuti hedge funds entreranno nel mercato dei metalli non ferrosi spingendo le
quotazioni al rialzo. “nel mese di dicembre però i fondi dovranno chiudere le posizioni per portare
a bilancio i guadagni e questo potrebbe dare il via a una marcata correzione”, spiegano gli esperti
londinesi.
Nel frattempo però qualche segnale di avvertimento già circola. In una nota recente la banca
d’affari australiana Macquarie ha messo in guardia i propri clienti dalla recente perforance dello
zinco i cui prezzi continuano a salire malgrado l’aumento delle scorte LME al massimo degli ultimi
6 anni.