Paul Klee e l`arte come allegoria della creazione
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Paul Klee e l`arte come allegoria della creazione
n° 315 - maggio 2004 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it Paul Klee e l’arte come allegoria della creazione “Non sono ancora morto io, non sono. Mi credevano un pazzo, allora D’Annunzio persino mi vedeva in un manicomio a dipingere i crani degli altri pazzi”. Giacomo Balla (da un’intervista di Giuseppe Bocconetti , in “Corriere Lombardo”. Milano, 12 novembre 1951 Prestigio, memoria, riconoscimento, vanità e studio di sé. Gli artisti si mostrano e nel contempo si osservano attraverso lo specchio, strumento-obiettivo utilizzato per fissare la propria immagine: oggetto di conoscenza e di meditazione tra l’io e l’universo. “L’autoritratto è il sublime ricordo del mito di Narciso (l’io e la metamorfosi), è la proiezione del passato della storia. E’ allegoria e emblema, racconto e menzogna. Può essere verità assoluta o verità inconscia”, scrive Maurizio Fagiolo dell’Arco. Certo un mezzo per comunicare l’anima attraverso il corpo. Complesso e affascinante il tema dell’autoritratto, per la molteplicità dei significati che può racchiudere, non tutti e non sempre di facile interpretazione. La sua storia riconduce a qualche raro aneddoto narrato dalle fonti antiche quali Fidia o Apelle e a qualche ugualmente raro episodio risalente all’età medievale come quelli della monaca Guda, di Maestro Mathiu, Giotto (almeno secondo quanto ci tramanda il Vasari ) e Andrea Orcagna. Sino all’età umanistica nella quale l’artista comincia a fare ritratti di sé con regolarità. Ma si mostra celandosi: Masaccio si nasconde nella folla che circonda San Pietro in cattedra; così come Filippino Lippi è presente alla Crocefissione di San Pietro; Sandro Botticelli guarda lo spettatore che sta guardando i Magi in adorazione della Vergine. Michelangelo nasconde il suo tormentato volto nella pelle scuoiata di San Bartolomeo, mentre Raffaello testimonia la sua presenza all’interno della Scuola di Atene. La prima collezione di autoritratti d’artista nasce a Firenze alla corte medicea per felice intuizione (“forse una magica cerimonia quella di appropriarsi del volto dell’artista” scrive a tal proposito sempre Fagiolo dell’Arco) del cardinale Leopoldo de’ Medici che cominciò a collezionare questa tipologia di ritratto che oggi, raccolta nel Corridoio Vasariano, conta ben 1320 esemplari. Gli studi sull’evoluzione della figura e del ruolo sociale dell’artista e gli sviluppi di questo genere pittorico sono stati ampiamente documentati e sempre di più oggi suscitano interesse e vivacità critica, soprattutto in riferimento all’arte italiana del Novecento: analisi di problematiche che legano la storia con la sociologia, le indagini psicanalitiche con le inquietudini e gli interrogativi che hanno attraversato il ventesimo secolo. Giorgio de Chirico si è travestito cento volte e si è anche abbinato a statue classiche o a personaggi mitici per cercare un’identificazione. Ci sono invece artisti come Carlo Carrà o Giorgio Morandi che si sono ritratti solo una o due volte e altri ancora che si sono costantemente scrutati e ritratti nel corso della loro vita: è il caso di Giacomo Balla o di Gino Severini. A Firenze ulteriori testimonianze sull’autoritratto sono raccolte nella mostra “Moi! Autoritratti del XX secolo” (il pronome interprete-simbolo dell’internazionalità nell’iconografia autoriflessa), alla Galleria degli Uffizi, che offre una panoramica vasta e originale della produzione di artisti, a raggio internazionale, che hanno segnato le più diverse espressività del Novecento lasciando nello studio di sé tracce vive e pulsanti del loro modo di essere, di pensare, di intendere l’arte oltre che loro stessi. Una inedita visualizzazione che consente di delineare attraverso il percorso della mostra le principali linee di tendenza dell’evoluzione dell’auto- Paul Klee: Torre doppia - Collezione privata Palazzo parzialmente distrutto Denver Art Museum pag. 2 Paul Klee: Nel deserto - Collezione privata ritratto nella pittura del XX secolo. In questo secolo diverso è il porsi in effige dell’artista. E così il percorso della mostra citata si snoda tra autoritratti osservati dall’esterno e indagati nella loro genesi, contrapposti o a confronto, per sottolinearne la somiglianza o meno, l’apposizione della maschera e il variare dell’espressione, il segno della storia, oppure l’uso della metamorfosi. La firma dell’artista, il suo sguardo, tutto racconta di lui: il suo corpo può diventare anche luogo di vanità riflessa in uno specchio. E ciò vale per Magritte, Brancusi, Duchamp, Fontana, Chagall, Warhol, e Suzanne Valadon o Kathe Kollwitz, per citare due autoritratti al femminile. Opere che ricordano, come sottolinea Pascal Bonafoux, curatore della mostra già presentata a Parigi, che mentre un tempo il comune denominatore della collezione era l’ “olio su tela”, oggi sono le tecniche, ingegnose, pro- Paul Klee: Senza titolo (natura morta) - Berna, Fondazione Paul Klee vocatorie, diverse, documento oltre che dell’autore che vi si ritrae, della disomogeneità dell’autoritratto, pur nella medesima finalità. Ora confessione del modo in cui l’artista vede se stesso, ora immagine idealizzata corrispondente a ciò che vorrebbe essere o far credere di essere. maria siponta de salvia