PC_DIETRO_03 sorelle - Sorelle della carit
Transcript
PC_DIETRO_03 sorelle - Sorelle della carit
venerdì 24 maggio 2013 SORELLE DELLA CARITÀ III Lo traccia la psicologa nonché docente nelle scuole del Sacro Cuore, Stefania Di Leva La famiglia come luogo del comunicare e dell’educare: breve excursus sulla comunicazione efficace con i figli Parlare della relazione genitori-figli, significa occuparsi di moltissimi aspetti; le relazioni genitori-figli si giocano nell’ ambito delle più allargate relazioni famigliari e occorre quindi cominciare a definire che cosa si intende per famiglia. Ogni individuo cresce e si sviluppa nell’incontro con gli altri. Nel corso della vita, infatti, entriamo a far parte dei più svariati sistemi sociali, ma ciò che accomuna tutti gli individui, è far parte di un sistema detto Famiglia, o meglio, nascere e crescere in tale sistema, in cui si apprende anche su come relazionarci con gli altri. La famiglia è perciò definibile come un sistema di relazioni primarie. E’ in famiglia che impariamo a conoscere la diversità ( di genere, di ruolo, ....) e a convivere con i diversi. E’ in famiglia che impariamo che la relazione è qualcosa che produce affetto e benessere profondo, ed è in famiglia che costruiamo la nostra identità. Per comprendere, ancora più a fondo, il concetto di famiglia, è utile riferirsi ad alcuni elementi sociologici, volgendo lo sguardo a ciò che succedeva nel passato e a come si sono evolute le modalità relazionali tra i membri di una famiglia. LA FAMIGLIA CONTADINA E LA FAMIGLIA BORGHESE: Tra fine ‘700 e metà ‘900 erano presenti due modelli principali di famiglia con pratiche educative peculiari: quella contadina e quella borghese. Nella famiglia contadina i figli avevano un ruolo concreto per la sopravvivenza della famiglia. Le relazioni erano basate su un modello patriarcale, vi erano cioè ruoli e posizioni diverse tra i vari membri della famiglia. L’ educazione dei figli era delegata alla madre e alla figura più anziana; i figli venivano spesso adultizzati,ed erano attori attivi nella gestione della famiglia. Il vincolo coniugale non si poteva spezzare e vigevano rigide regole di convivenza e divieti. La posizione familiare prevedeva gerarchie di potere e ruolo, in cui il pater familias stabiliva i ritmi di vita, secondo principi di normatività. Infatti si può parlare a tutti gli effetti di modello normativo di famiglia. Nella famiglia borghese, invece, i coniugi non si sceglievano e i figli avevano il compito di protrarre lo status sociale della famiglia. L’ educazione stessa dei figli era delegata a tate, o balie e alle prime agenzie educative, non rientrando nei compiti della famiglia. Anche in questo tipo di famiglia sono presenti molte regole e divieti, per incanalare i figli a seguire la loro istruzione esterna, più che per scopi educativi veri e propri. Anche in queste famiglie il vincolo coniugale non si poteva spezzare. LA FAMIGLIA AFFETTIVA: E’ solo a partire dalla seconda metà del ‘900 che la famiglia si trasforma in modo drastico e si comincia a parlare di famiglia affettiva. Il ‘900 è il secolo dei bambini, si modificano la pratiche educative, nascono scuole più attente alle esigenze dei più piccoli. L’ attenzione ai bisogni dei fanciulli e lo sviluppo di nuove teorie psicologiche e pedagogiche, fanno sì che si co- Due giorni di formazione a Nomadelfia per conoscere la fratellanza di un popolo Una due giorni formativa per esplorare la comunità di Nomadelfia. L’iniziativa è stata promossa dalle Sorelle della Carità e aperta a tutti; una trentina le persone che vi hanno preso parte, conoscendo così questa bella realtà nel fine settimana del 25 aprile. I componenti (ad oggi circa 350) adottano uno stile di vita ispirato a quanto riportato negli Atti degli Apostoli. Non esiste proprietà privata, non vi è “né servo né padrone”. Le famiglie vivono una struttura sociale di tipo patriarcale che segue determinate regole quali: il lavoro non retribuito, la comunità dei beni prodotti, l’obbligo scolastico fino ai diciotto anni, la facoltà di accogliere bambini in affido, purché cattolici, un’economia basata sul rispetto della natura e l’obbedienza alle regole stabilite all’interno della comunità, disponibili ad accogliere ragazzi in affido. I nuclei familiari vengono raggruppati in unità più grandi (3-5 famiglie), che condividono assieme vari momenti della giornata (come i pasti). Il loro semplice agire e la dimensione scolastica, sono gli aspetti che mi hanno maggiormente colpito. La scuola di Nomadelfia è “familiare”. E’ nata nel 1968, quando i genitori hanno ottenuto dal Ministero della Pubblica Istruzione di potere istruire i figli sotto la propria responsabilità, con l’obbligo di presentare i figli come privatisti agli esami di Stato. Inoltre questa scuola è definita “vivente”, ove l’insegnamento non si identifica soltanto con la trasmissione del minci a pensare al bambino, non più come ad una tabula rasa su cui imprimere il sapere, ma come ad un individuo con proprie peculiarità ed esigenze (nascono Comitati in difesa dei diritti dei bambini, si stipulano convenzioni tra Stati- si veda ad esempio la Carta dei diritti del Fanciullo, approvata nel 1959 dall’ Assemblea generale delle Nazioni Unite e revisionato nel 1989- o simili). Nella famiglia affettiva: si sta insieme per amore la famiglia tende a nuclearizzarsi per creare un’armonia degli affetti si sta insieme per soddisfare i propri bisogni umani fondamentali ci si sceglie per realizzare insieme un progetto di felicità il figlio diventa un investimento affettivo, si vuole dare amore e sicurezza si cerca un rapporto comunicativo profondo con i figli: si parla con loro, si cerca il dialogo. Il ruolo educativo non compete solo a un genitore i ruoli genitoriali sono spesso sovrapposti e confusi le regole e i divieti non sono più così rigidi, tutto si negozia, si contratta da alcuni figli a figlio unico (si effettua il controllo nascite e il figlio è cercato) da matrimonio come simbolo dell’amore a possibilità di scioglimento e altre forme di relazione di coppia( diversi modelli familiari, si comincia a parlare di famiglie). COS’ E’ L’ EDUCAZIONE? Educare significa “tirare fuori”, in questo caso significa estrapolare da un figlio le sue competenze e la sua vera identità. Il termine educare è simile al termine greco maieutica, ovvero “l’arte del far nascere”. Educare è una scelta, non qualcosa di automatico o naturale; nello specifico educare è la scelta di aumentare la competenza di un figlio nella sua capacità di costruire valori, operare scelte, creare coerenza tra la coscienza e le azioni. Il gruppo che ha partecipato all’esperienza sapere, ma tende soprattutto all’organizzazione dei mezzi per l’apprendimento, promuovendo nell’alunno la disponibilità all’osservazione continua, perché ogni momento della vita è scuola in quanto l’ambiente familiare, sociale e naturale nel quale i ragazzi vivono è di per sé educativo. La riflessione di estendere l’ambiente scolastico oltre i limiti tradizionali dell’aula-classe e sviluppare le competenze degli attori coinvolti offrendo spunti per la personalizzazione del processo di apprendimento è una metodologia che motiva e facilita gli studenti all’apprendimento, pertanto trovo questa dinamica vincente e attuabile Il bisogno dei figli è quello di crescere e di essere accompagnati all’autonomia, più che stare bene con i genitori. I genitori di oggi sono in realtà le figure educative più sensibili ai contenuti pedagogici perchè molto orientati a dare un significato alle scelte che operano in funzione dei figli (libri, esperti, convegni,...). Il genitore di oggi vuole educare con cura, agire con consapevolezza ed analizzare i bisogni specifici di quel figlio. Educare e’ un arte, richiede competenze tecniche, attenzione, capacità creativa, occorre organizzare intenzionalmente una serie di azioni, saper regolare, ascoltare e alla base di tutto sapere comunicare. Non si può’ educare senza comunicare. Il termine comunicazione anche all’interno della nostra società. Stessa libertà d’insegnamento, rivoluzionaria ma fondamentale è attuata dai insegnanti o meglio alcuni genitori che si chiamano “coordinatori”, i quali non impongono i propri modelli socio-culturali, bensì aiutano l’alunno a realizzare, nella libertà e nell’autonomia, il proprio processo di formazione orientato alla costruzione di una personalità capace di stare in piedi da sola. L’immergersi in questo popolo dove la fraternità è una risorsa che ti proietta oltre il comune “mondo” è stato davvero un grande momento di arricchimento personale. barbara capuano deriva dal latino cum= con e munire= legare, costruire. Comunicare significa fondamentalmente “mettere in comune” con altri, informazioni, idee, emozioni etc. Questo scambio tra persone avviene soprattutto attraverso il linguaggio parlato o scritto, ma anche attraverso gesti e immagini. È importante tenere conto del fatto che i termini comunicazione e linguaggio - spesso confusi - non hanno esattamente lo stesso significato. Il linguaggio è la capacità di associare suoni e significati attraverso delle regole grammaticali, esso assolve due funzioni: la funzione comunicativa vera e propria; la funzione simbolica che consiste nella costruzione di un insieme di simboli (parole) che rappresenta- Sabato sera è mancata suor Germana E’ mancata all’età di novantuno anni suor Germana Rabozzi, Sorella della Carità con casa generalizia a Novara. Suor Germana era nata nel 1922 a Barengo ed era entrata in noviziato nel 1941; tre anni dopo la professione religiosa. In molte case aveva prestato il suo servizio di religiosa, principalmente in scuole materne: a Pieve del Cairo, in provincia di Pavia; a Romagnano Sesia, Novara e a Cavallirio. Sino al 1972, quando è stato chiesto il suo aiuto al pensionato di Grignasco. Qui vi è rimasta sino al ritorno alla Casa del Padre, domenica mattina. I funerali sono stati celebrati martedì pomeriggio; ora riposa nel cimitero cittadino grignaschese. Suor Germana Rabozzi no le categorie degli oggetti. Il linguaggio verbale è uno degli strumenti (il più importante) che permettono la comunicazione , ma non è l’unico, ad esso si aggiungono gli aspetti non verbali della comunicazione: il tono, il ritmo, il volume della voce, i gesti, la mimica, gli sguardi, la postura, l’abbigliamento. Possiamo affermare che qualsiasi nostro comportamento è comunicazione. Ciascuno di noi può facilmente constatare che la comunicazione non ha quasi mai una struttura lineare semplice. Non c’è generalmente un inizio ed una fine, bensì ogni messaggio è insieme di causa ed effetto di altri messaggi. Il concetto di comunicazione comporta la presenza di un’ interazione tra agenti diversi: si tratta quindi di un’ attività che prevede un certo tipo di cooperazione. Quando vi è comunicazione tra due o più persone quindi, non vi è mai solo uno scambio di contenuti e non vengono solo trasmesse delle informazioni, ma viene determinato anche il tipo di relazione che sussiste tra le persone. Si dice cioè che ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto, cioè ciò che le parole dicono, e uno di relazione, ovvero quello che i parlanti lasciano intendere, a livello verbale e più spesso non verbale, sulla qualità della relazione che intercorre tra loro. Nello specifico, nel rapporto genitori-figli la comunicazione assume un fondamentale aspetto relazionale. E’ quindi impossibile non comunicare e, di conseguenza, è impossibile non entrare in relazione con l’ altro. L’ altro avrà sempre una percezione di noi e del nostro modo di porci nei suoi confronti. Per questo possiamo e dobbiamo chiederci che cosa imparano i bambini? Che cosa comunichiamo a loro quando viviamo in una relazione spesso fatta di gesti che passano attraverso comunicazioni non sempre consapevoli? Cosa comunichiamo loro attraverso le emozioni che viviamo e che passano nella relazione con loro? Comunicare in famiglia significa quindi disporsi gli uni verso gli altri, genitori e figli, nella propria casa, nella quotidianità più intima delle relazioni felici e/o dolorose della vita in comune. La parola scambiata e ascoltata, così come l’azione presentata e condivisa, può essere compresa solamente attraverso un esercizio costante di attenzione all’altro. Dunque nella conversazione familiare il dialogo, l’ascolto e l’attenzione sono i mezzi attraverso cui i genitori e i figli, reciprocamente, mettono in atto uno scambio relazionale. In conclusione possiamo affermare che se non sappiamo comunicare adeguatamente con i nostri figli, anche la relazione con loro risulterà complessa. Non è semplice saper comunicare, ma è solo così che possiamo gettare le basi di una relazione genuina. Dott.ssa Stefania Di Leva Psicologa e docente all’istituto Sacro Cuore Nasce il blog della “buonascuola” Nasce un nuovo blog: buonascuola.it. A curarlo è Paolo Usellini, coordinatore didattico delle scuole del Sacro Cuore. Che sul nuovo blog scrive così la sua presentazione, che riportiamo qui di seguito: «Non c’è storia. O forse, è proprio la storia ad insegnarcelo: senza formazione, senza cultura, senza passione… non si cresce. E oggi di formazione, cultura, passione… si parla troppo poco. C’è qualcosa che non va? Colpa della scuola. C’è da tagliare qualcosa? Beh, si riveda qualche capitolo di bilancio dell’istruzione. I ra- pagina realizzata a cura di paolo usellini e dalla redazione delle Sorelle della Carità c/o Casa Generalizia via Solferino 16, 28100 Novara. Per contatti: [email protected] gazzi sono svogliati? Colpa degli insegnanti… E via di questo passo. Ma attenzione…La Buona Scuola nasce innanzitutto con un obiettivo chiaro: innanzitutto per parlare della scuola in positivo (senza comunque risparmiare critiche o commenti sui più disparati argomenti); poi per raccontare cosa accade – soprattutto di bello – in quel sommerso della scuola che non esce sui giornali o non si sente alla televisione. E ancora, per dare ossigeno a questo mondo dove si costruisce il futuro! Anche voi ne sarete protagonisti. Attraverso questo blog, attraverso uno specifico profilo su Facebook e il "cinguettio" su twitter». Basta digitare www.buonascuola.it