quale relazione?
Transcript
quale relazione?
Impegno nel sociale e interesse per la politica: quale relazione? di Massimo Lori Stefania Della Queva Manuela Nicosia Paper for the Espanet Conference “Innovare il welfare. Percorsi di trasformazione in Italia e in Europa” Milano, 29 Settembre — 1 Ottobre 2011 Massimo Lori, ricercatore Istat, [email protected] Stefania Della Queva, ricercatrice Istat, Manuela Nicosia, ricercatrice Istat, Impegno nel sociale e interesse per la politica 1. Introduzione La riflessione sulla crisi delle democrazie occidentali che dalla fine degli anni settanta si è protratta sino ad oggi, è stata alimentata in primo luogo dalla constatazione del constante declino della partecipazione e dalla disaffezione dei cittadini verso la politica (Crozier et al., 1975; Klingmann & Fuchs, 1995; Stoker 2008; Russell, 2000). In effetti, sul lungo periodo, le indagine empiriche volte a rilevare i sentimenti e gli atteggiamenti dei cittadini verso le principali istituzioni del sistema politico, mostrano una contrazione delle forme di partecipazione politica istituzionalizzate, come il voto elettorale e l’attivismo all’interno dei partiti politici. I risultati delle survey, infatti, sia lungo la distinzione introdotta da Easton tra sostegno diffuso e sostegno specifico sia attraverso la considerazione tra orientamenti affettivi e valutativo-cognitivi di Almond e Verba, mostrano una marcata sfiducia verso la classe politica tout court e le organizzazioni partitiche ma anche una significativa mancanza di credibilità del parlamento e delle altre istituzioni politiche, sebbene sia ancora molto diffuso il consenso verso i principi e i valori democratici (Pharr at al., 2000, Stoker, 2008; Dalton & Wattenberg, 2000; Dalton, 1999). Almeno a partire dagli anni settanta, in molte democrazie europee si è registrato un aumento dell’astensionismo che, nel caso italiano, si è manifestato nella riduzione della quota dei votanti del 16% nel lasso di tempo compreso tra le elezioni nazionali del 1976 e del 2008. Parallelamente, i partiti sembrano aver perso gran parte della propria funzione identificante, e cioè la capacità di costituire e rafforzare le identità collettive (Pizzorno, 1993), se si considera, oltre al calo degli iscritti, l’aumentata volatilità elettorale e, al contempo, la diminuzione della capacità di penetrazione sociale ed integrativa dei partiti (Raniolo, 2007; Della Porta, 2009). Le evidenze empiriche, pertanto, convergono nel segnalare l’erosione della legittimità del sistema politico e una caduta del livello della partecipazione politica qualora però la si intenda esclusivamente in senso convenzionale. In effetti, proprio il concetto di partecipazione politica è stato oggetto di una profonda rivisitazione, pressoché in polemica con la crescente letteratura sul declino dell’attivismo politico nelle società occidentali (Norris, 2011). In effetti, qualora si considerassero anche le forme di partecipazione e mobilitazione non convenzionali (Barnes & Kaase, 1979), dalla cosiddetta protest politics sino al consumo critico e responsabile, si osserverebbe un trend crescente di forme di attivismo, in controtendenza rispetto alla frequenza di comportamenti riconducibili alle forme tradizionali della partecipazione politica (Inglehart, 2002; Norris, 2002). Da un tale punto di vista, prendendo atto della diffusione di un nuovo repertorio di comportamenti sul terreno della mobilitazione collettiva e dell’attivismo civico, il concetto di partecipazione politica andrebbe ridefinito lungo le componenti costitutive dall’azione: ‘chi’ prende voce nella sfera pubblica (agencies o soggetti collettivi), i ‘mezzi’ che si adottano (e cioè i repertori d’azione comunemente utilizzati per esprimere le posizioni politiche), e gli ‘obiettivi’ da realizzare (i target che i partecipanti cercano di influenzare) (Norris 2002). In relazione alla prima di queste dimensioni, come nuovi catalizzatori della partecipazione politica sono stati riconosciuti i movimenti sociali, le associazioni civiche e di volontariato, le ong e i network transnazionali. Le forme d’azione tipiche dei nuovi attori politici non sono più quelle tradizionali (l’iscrizione ad un partito, il voto o il contattare un politico) ma hanno un carattere non-istituzionalizzato (attivismo su internet, consumerismo, boicottaggio, scioperi non autorizzati, occupazione di edifici, ecc.). Per quanto riguarda invece il target della protesta, questo non sarebbe necessariamente lo Stato nelle sue varie articolazioni ma anche istituzioni altre come le multinazionali, gli organismi internazionali e altre agenzie private o non-profit. Questa definizione a maglie larghe del concetto di partecipazione politica, riconoscendo la comparsa di nuove soggettività sulla scena politica organizzate prevalentemente nella forma di associazioni volontarie, richiama la connessione tra processo democratico e partecipazione associativa particolarmente cara alla riflessione politologica, in particolare quella di stampo liberale. È ormai celebre il passo di Tocqueville in cui afferma che, contro la tirannide della maggioranza o del despota e per il buon funzionamento del processo democratico, il libero associazionismo degli individui è una risorsa fondamentale e insostituibile: “non c’è paese dove le associazioni siano più necessarie, per impedire il dispotismo dei partiti o l’arbitrio del principe, che quelli dove l’assetto sociale è democratico […] se gli individui non possono creare artificialmente e momentaneamente qualcosa che rassomigli loro, non vedo nessun argine ad ogni sorta di tirannide”. Tale tradizione di pensiero la si rintraccia anche nel dibattito attuale stimolato, in particolare, dal lavoro di Putnam, convinto sostenitore della funzione che l’associazionismo svolge per l’affermazione di una democrazia vibrante e il buon rendimento delle istituzioni pubbliche (Putnam, 1993). Secondo il politologo statunitense, il capitale sociale, inteso come fiducia, norme e reti associative che regolano la convivenza civica, agisce positivamente sul buon governo e sull’organizzazione politica di una società, a due livelli. Il primo attiene gli effetti esterni del capitale sociale, quando le associazioni diventano gli strumenti per la trasmissione e classificazione della domanda politica. Il secondo livello su cui ha effetto il capitale sociale riguarda la produzione di virtù civiche, reciprocità e fiducia generalizzata quando le associazioni si configurano come palestre di democrazia promuovendo il confronto e il dialogo interpersonale. Ma il riconoscimento di una dimensione politica al libero associarsi dei cittadini, manifestatosi quantitativamente negli ultimi decenni come una vera e propria “rivoluzione associativa” (Istat, 2002), si può riscontrare anche in studiosi molto lontani da Putnam. La crisi delle istituzioni politiche della prima modernità e la nascita di nuove forme di attivismo possono essere comprese come il risultato dei processi di modernizzazione riflessiva (Beck, 2000). Il concetto di sub-politica starebbe proprio ad indicare l’apertura di uno spazio pubblico agito dai movimenti sociali e associazioni grassroots che in sostituzione delle precedenti istituzioni rappresentative, in primo luogo i partiti politici, si presentano come gli agenti socialmente legittimati a operare per la costruzione del bene comune e dell’interesse generale, sullo sfondo dei problemi emergenti tipici di una società del rischio (Klingemann & Fuchs, 1995; Beck, 2000). Insomma, diversità teoriche a parte, il dibattito attuale sembra enfatizzare la dimensione politica dell’associazionismo, sia lungo il tradizionale assioma liberale che lega la pratica democratica alla vitalità associativa dei cittadini, sia con il riconoscimento di nuovi attori collettivi, che in modo non istituzionalizzato rispetto al repertorio tradizionale allargano i confini della politica. A un elevato livello di astrazione è più che sostenibile l’idea che le reti associative siano i luoghi di produzione simbolica con cui si può esprimere la domanda politica, come è avvenuto con l’insorgenza dei movimenti sociali degli ultimi decenni e, in particolare, con il diffondersi della protesta ambientalista. Ciononostante, la questione di comprendere in che misura le realtà organizzative del cosiddetto terzo settore promuovano la partecipazione politica dei cittadini merita sicuramente una maggiore attenzione. Innanzitutto, in ragion del fatto che la galassia delle organizzazioni di terzo settore è difficilmente riconducibile ai medesimi sistemi d’azione, ambienti istituzionali e genus. Del resto, l’ambiguità semantica e la ridondanza di definizioni e concetti per riferirsi al mondo della solidarietà denotano l’incapacità degli stessi attori della società civile di riconoscersi all’interno di cornici cognitive comuni. Dal punto di vista organizzativo, infatti, il terzo settore è riconducibile a diverse logiche istituzionali e cioè modelli sopraorganizzativi di comportamento attraverso i quali gli individui e le organizzazioni producono e riproducono la loro esistenza materiale ed organizzano lo spazio e il tempo (Aldford & Friedland, 2000). Le logiche istituzionali non sono altro che sistemi simbolici, modi di ordinare la realtà e di rendere in tal modo significativa l’esperienza del tempo e dello spazio, e che consentono agli individui e alle organizzazioni di produrre e riprodurre la propria sussistenza materiale. Le logiche e gli ordini istituzionali orientano l’agire sociale vincolandone sia i fini che i mezzi per raggiungerli, creano non solo ciò che ha valore, ma le regole attraverso le quali tale valore si misura e si distribuisce (Thorton & Ocasio, 2008). Le logiche istituzionali, pertanto, permeano i microcosmi strutturati in cui operano gli agenti, fornendo la cosmologia che rende i mezzi dell’azione significativi e la coppia mezzi-fini come appropriata e naturale. A partire da tali presupposti teorici, il presente lavoro intende analizzare il ruolo che forme distinte di partecipazione associativa, relative a differenti campi organizzativi, assolvono nel promuovere la partecipazione politica dei cittadini. Nel dettaglio, nel secondo paragrafo si individueranno differenti modalità di partecipazione associativa in relazione alle motivazioni alla base del coinvolgimento e delle finalità dell’azione. Nel terzo paragrafo, i differenti tipi di associazionismo saranno messi in relazione al campo politico, considerando sia il grado di politicizzazione dell’associazione di appartenenza, sia l’impegno individuale verso la politica. Il quarto, infine, paragrafo sarà invece dedicato a proiettare nello spazio sociale i partecipanti ad associazioni di diversa natura e a individuare le determinanti alla base dell’affiliazione associativa. Le elaborazioni statistiche su cui si sviluppa l’analisi sono state eseguite sui dati della survey longitudinale dell’istituto Cattaneo Itanes 2001-2006 Progetto cultura politica e dell’indagine multiscopo sulle famiglie dell’Istat (anno 2011). 2. Verso una classificazione dell’azione associativa L’eterogeneità e la complessità del fenomeno associativo rendono piuttosto difficile qualsiasi operazione di sintesi volta a individuare il milieu, le identità collettive, le pratiche e il repertorio d'azione delle diverse associazioni del settore nonprofit italiano. Del resto, come ha notato Donati, la partecipazione associativa risponde ai bisogni interni dei mondi della vita quotidiana e non solo; inoltre, rispetto ad altre forme organizzative del terzo settore, quella dell’associazione è la più generalista e a-specifica (Donati & Colozzi, 2007). Nonostante le indagini statistiche sull’associazionismo, in genere, tendano a lambire la superficie del fenomeno, scontrandosi con l’impossibilità tecnica di analizzare il contesto della partecipazione e la dinamica delle interazioni, i dati statistici permettono di identificare i principali leitmotiv della partecipazione associativa in Italia. Per tale scopo, a partire dai dati dell’indagine Itanes 2001-2006, si è pervenuti ad una classificazione della galassia associativa considerando non tanto il settore di attività dell’associazione e i legami strutturali derivanti dalle appartenenze associative multiple, quanto le motivazioni alla base del coinvolgimento individuale e la descrizione dell’attività dell’associazione. In tal modo i confini tra ambiti operativi distinti (sport, cultura, assistenza sociale, ecc.) si attenuano se l’azione associativa è connotata dai medesimi significati. Sicché, l’azione volontaria svolta per l’organizzazione di corsi per disabili al fine di combatterne l’emarginazione, più che in campo ludico-ricreativo come solitamente sono classificate le attività sportive, sarà classificata alla stregua di quelle attività, spesso ricondotte al settore dell’assistenza sociale, con una forte valenza solidaristica. Nell’indagine realizzata dall’Istituto Cattaneo si individuano diverse motivazioni alla base della partecipazione associativa. Il coinvolgimento individuale, se da un lato, può trarre origine da un atteggiamento incline alla sociabilità e al bisogno di relazionarsi socialmente, dall’altro, può derivare dalla ricerca del benessere fisico o da interessi e sensibilità legati al campo della cultura. In altri casi, il movente è prevalentemente solidaristico, se l’obiettivo è quello di offrire aiuto ai più svantaggiati oppure quando nasce dall’esigenza di impegnarsi in cause socialmente utili e dalla necessità di supplire alle carenze dello stato sociale. Infine, l’impegno in un’associazione può avere anche motivazioni meno “nobili” e più strumentali quando è finalizzata a migliorare la condizione professionale individuale. Come naturale estensione delle motivazioni individuali, l’indagine Itanes ricomprende nel repertorio delle azioni esplicabili all’interno dell’associazione le attività legate alla sfera del tempo libero, l’impegno declinato sul piano politico, sociale o civico, e, infine, l’offerta dei servizi del volontariato sociale e di solidarietà sociale. Sulla base delle motivazioni individuali e della descrizione dell’attività svolta nell’associazione, l’analisi statistica ha fatto emergere tre principali orientamenti d’azione dell’associazionismo. Il primo, denominato per convenzione associazionismo solidaristico, raccoglie gli individui attivi prevalentemente in associazioni religiose (44,2% contro il 30,7% del campione) e socioassistenziali (34,9% vs. 23,7%) che operano nell’ambito del volontariato sociale e per l’offerta di servizi finalizzati alla promozione della solidarietà sociale (22,3% vs. 12,4%), e che indicano come movente principale della partecipazione la possibilità di aiutare gli altri (48,1% contro il 22,8%). Questa forma di associazionismo rimanda a una cultura della solidarietà e del servizio verso terzi, particolarmente diffusa tra le associazioni attive nel settore socio-assistenziale, tipica dei sistemi di dono della società contemporanea (Godbout, 1993; Lori, 2000). In essa si intravedono sia gli elementi di filantropia tradizionale, d’ispirazione religiosa o laica, ma anche la risposta reattiva di individui e realtà collettive all’intervento pubblico in relazione ai bisogni sociali (Melucci, 1991). Il secondo orientamento ricomprende la partecipazione in un insieme di associazioni che, sebbene eterogenee affrontano le questioni sollevate pubblicamente dai movimenti sociali più recenti, dal fronte della difesa dei diritti civili sino a quello della tutela e salvaguardia dei beni comuni. In tali casi, l’azione svolta è interpretata dagli associati innanzitutto come una forma di impegno civile (41,9% vs. 11,3%) e sociale (35,2% vs. 10,5%) e, sul piano motivazionale, è giustificata dall'urgenza di far fronte alle carenze dello Stato (23,8% vs. 5,7%) e dal senso di responsabilità verso le questioni sociali (35,2% vs. 19,0%). Le forme di associazionismo riconducibili a questo orientamento rimandano a quella cultura civica che nelle democrazie anglosassoni è spesso descritta con la categoria della community action (Almond & Verba, 1965). L’accento in questo caso è sulla dimensione partecipativa dell’azione; si coltiva il sentimento dell’appartenenza comunitaria e la responsabilità individuale verso la tutela dei beni comuni che può si manifestarsi in iniziative volte a fare includere nell’agenda politico-programmatica le tematiche ritenute importanti (Bassi, 2000) oppure assumere anche le forme della sfida simbolica: “un orientamento conflittuale che investe i modi di costruzione dei codici culturali dominanti” (Melucci, 1991). Tab. 1 Classificazione della partecipazione associativa Variabile Modalità Associazionismo solidaristico Attività svolta nell'associazione Motivo della partecipazione Attività svolta nell'associazione Associazione a cui partecipa Associazione a cui partecipa Associazione a cui partecipa Associazione a cui partecipa Associazione a cui partecipa Volontariato La possibilità di aiutare gli altri Solidarietà sociale Religiose Assistenziali Cooperazione internazionale Giovanili Difesa dei diritti Associazionismo civico Attività svolta nell'associazione Attività svolta nell'associazione Motivo della partecipazione Motivo della partecipazione Motivo della partecipazione Associazione a cui partecipa Associazione a cui partecipa Associazione a cui partecipa Associazione a cui partecipa Associazione a cui partecipa Associazione a cui partecipa Associazionismo ricreativo Attività svolta nell'associazione Associazione a cui partecipa Motivo della partecipazione Motivo della partecipazione Impegno civile Impegno sociale L'urgenza di far fronte alle carenze dello Stato Vantaggi professionali L'esigenza di impegno sociale Ambientaliste Professionali Pacifiste Culturali Centri Sociali Difesa dei diritti Attività del tempo libero Sportive Crescita culturale e benessere fisico Il bisogno di stare con gli altri % nel gruppo % nel campione 66,0 48,1 22,3 44,2 34,9 12.6 3,4 7,8 53,1 31,6 22,8 12,4 30,7 23,7 10,2 2,9 6,6 41,9 35,2 23,8 15,2 35,2 16,2 21,9 10,5 26,7 5,7 8,6 27,1 11,3 10,2 5,7 4,6 19,0 7,3 11,5 5,31 19,5 3,5 6,6 98,7 67,5 44,2 48,0 19,8 20,6 29,9 13,9 20,3 Fonte: Itanes 2001-2006 Infine, il terzo orientamento associativo è quello dell’associazionismo ricreativo, dove le principali ragioni addotte per argomentare il proprio coinvolgimento riguardano la ricerca della crescita culturale e del benessere fisico (44,2% contro il 13,9% del campione) e il bisogno di stare con gli altri (48,0% contro il 20,3%). L’associazione di affiliazione è attiva prevalentemente nel settore sportivo (67,5% vs. 29,9%), in cui si è impegnati soprattutto nell’organizzazione delle attività del tempo libero (98,7% vs. 20,6%). Questa forma di attivismo si presenta come il luogo in cui trova espressione la soggettività individuale, non in termini solipsistici o egoistici, ma all’interno di una dimensione collettiva. Sicché le istanze di autorealizzazione e le diverse inclinazioni individuali (dalla cultura sino al tempo libero) si realizzano all’interno di un sistema di relazioni, e si trasforma in forma ludica e leggera la realtà della vita. 3. Culture associative e cultura politica La classificazione della partecipazione associativa prodotta dall’analisi statistica, sebbene piuttosto astratta, mostra come si possano individuare diversi orientamenti sulla base dei significati e del contenuti riconosciuti nell’azione. Le diverse forme di impegno sembrano essere radicate in ambienti istituzionali distinti, ognuno caratterizzato da principi, norme, interessi e rapporti di forza propri. Inoltre, è presumibile che i tre tipi di partecipazione possano distinguersi non solo in considerazione delle finalità, ma anche in relazione alle forme e alle pratiche organizzative in cui è ordinata a vari livelli la vita associativa, dalle relazioni interpersonali tra gli associati sino alle modalità di acquisizione delle risorse economiche o al processo decisionale. Le reti associative, dunque, non sono reticoli sociali “neutri” che fanno appello ai medesimi frame mobilitanti e modalità d’azione, ma si differenziano per le forme con cui sono radicate nella società sul piano strutturale, cognitivo, culturale e politico (Zukin & DiMaggio, 1990). Inoltre, la diversità degli orientamenti associativi lascia presupporre un diverso grado di autonomia e interdipendenza con gli altri campi in cui è organizzata la realtà sociale, e in particolare con quello politico inteso come “luogo dove si generano, con il concorso di agenti che vi si trovano coinvolti, prodotti politici, problemi, programmi, analisi, commenti, concetti, avvenimenti, tra i quali i cittadini ordinari, ridotti allo status di consumatori, devono scegliere, con probabilità di malinteso tanto più grandi quanto più essi sono lontani dal luogo della produzione” (Bourdieu, 2005:11). Infatti, la rilevanza che assume il discorso e la pratica politica non sono invarianti rispetto al tipo di partecipazione associativa. Nello specifico, se oltre il 30% dei partecipanti ai gruppi civici dichiara di discutere spesso dei temi politici più recenti all’interno dell’associazione, tale quota scende al 12,6% e al 6,5% rispettivamente tra gli attivisti nelle organizzazioni solidaristiche e in quelle ricreative. Inoltre, la presa di posizioni politiche o l’azione di pressione verso il governo è un evento piuttosto frequente nell’ambito dell’associazionismo civico (32,4%), meno diffuso tra i gruppi di volontariato (11,2%) e piuttosto raro tra quelli ricreativi (3,9%). Nel complesso, l’impegno politico più ricorrente è l’attività di lobbying per influenzare le scelte delle istituzioni locali verso le quali, comunque, tendono ad agire in misura maggiore le associazioni civiche (41,9%) e quelle solidaristiche (20,9%). L’azione politica esercitata dalle associazioni non comporta necessariamente l’organicità verso partiti o coalizioni politiche, sebbene le associazioni più attive politicamente, e cioè quelle civiche, presentino un legame più stretto con gli attori politici tradizionali (21,0% contro l’11,3% degli associati complessivi). Tab. 2 Partecipazione associativa e campo politico Ass. ricreativo Ass. civico Ass. solidaristico Nell’associazione si discutono i problemi politici del momento Spesso 6,5 30,5 12,6 Talvolta 31,2 36,2 26,7 Raramente 24,7 13,3 18,0 Mai 37,7 18,1 38,8 Non sa 1,9 3,9 Totale 16,2 30,2 18,0 33,0 2,6 L'associazione prende posizioni politiche o cerca di influenzare il governo Sì 3,9 32,4 11,2 No 96,1 64,8 87,9 Non sa 2,9 1,0 15,5 83,2 1,3 L’associazione cerca di influenzare le azioni delle istituzioni locali 41,9 20,9 Sì 9,1 No 89,6 57,1 76,2 Non sa 1,3 1,0 2,9 24,2 73,7 2,1 L'associazione è vicina politicamente ad una coalizione o ad un partito Sì 2,6 21,0 9,7 No 96,1 77,1 86,9 Non sa 1,3 1,9 3,4 11,3 86,1 2,6 Indice dipendenza dal campo politico1 0,224 Fonte: Itanes 2001-2006 0,436 0,288 0,321 In definitiva, l’associazionismo civico presenta un’autonomia dal campo politico (si veda l’indice sintetico della tabella 2) molto minore rispetto alle altre modalità associative e in particolare rispetto all’orientamento ricreativo. Ciò che rimane ancora da verificare è se i diversi orientamenti associativi sottendono anche un diverso interesse dei partecipanti verso la politica. Per tale scopo il coinvolgimento individuale sarà declinato, oltre che alla luce dell’ambito associativo, rispetto alle due categorie con cui si è soliti distinguere la partecipazione politica. Con il concetto di partecipazione politica invisibile si fa riferimento alla dimensione soggettiva dell’individuo, e cioè 1 L’indice, che sintetizza le variabili della tabella2, è stato costruito attraverso una tecnica statistica (CATPCA) di tipo fattoriale e varia da 0 a 10. al coinvolgimento psicologico e all’interesse emotivo-affettivo per quanto accade nel mondo politico. Quello di partecipazione politica visibile, invece, considera l’adozione concreta di comportamenti volti ad influenzare le decisioni della classe politica nonché la sua stessa selezione (Raniolo, 2007). Tab. 3 Partecipazione politica invisibile secondo la partecipazione associativa Partecipazione associativa Ass. ricreativo Ass. civico Ass. solidaristico Non partecipa Totale Si interessa di politica? Molto/abbastanza Poco/ per niente Totale 53,2 46,8 100,0 59,0 41,0 100,0 42,2 57,8 100,0 26,9 73,1 100,0 31,6 68,4 100,0 Quali sentimenti suscita in Lei la politica? Noia/indifferenza Entusiasmo/passione Rabbia/disgusto Interesse/impegno Diffidenza Non sa Totale 6,5 2,6 37,7 35,1 15,6 2,6 100,0 5,7 1,9 34,3 41,0 16,2 1,0 100,0 12,6 3,8 37,4 27,7 17,5 1,0 100,0 22,2 2,7 41,1 18,0 15,2 0,7 100,0 19,5 2,7 40,2 21,1 15,6 0,8 100,0 Interessato a quello che il governo fa e propone Molto/abbastanza 81,8 Poco/ per niente 18,2 Totale 100,0 84,8 15,2 100,0 77,7 22,3 100,0 65,4 34,6 100,0 68,6 31,4 100,0 Interessato a quello che Regione, Provincia, Comune in cui vive sta decidendo e discutendo in questi giorni Molto/abbastanza 72,7 78,1 69,4 62,2 64,4 Poco/ per niente 27,3 21,9 30,1 37,5 35,3 Non sa 0,5 0,3 0,3 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 Interessato a quello che succede nel Suo paese \ città Molto/abbastanza 89,6 Poco/ per niente 10,4 Non sa Totale 100,0 Con quale frequenza Le capita di parlare di politica? Almeno qualche volta alla 63,6 settimana Qualche volta alla settimana 46,8 Qualche volta al mese 16,9 Qualche volta all'anno 13,0 Mai 5,2 Non sa 1,3 Totale 100,0 90,5 9,5 100,0 82,0 18,0 100,0 79,9 20,1 0,1 100,0 81,1 18,8 0,1 100,0 71,4 57,3 37,5 42,8 36,2 15,2 8,6 4,8 100,0 38,8 18,9 13,6 10,2 100,0 25,8 22,7 19,9 19,5 0,4 100,0 28,8 21,6 18,3 17,0 0,4 100,0 6,6 5,6 4,8 5,1 Indice partecipazione politica invisibile2 6,0 Fonte: Itanes 2001-2006 2 L’indice è costruito con la stessa tecnica statistica di quello che misura la dipendenza del campo politico e varia nello stesso intervallo. Considerando la prima dimensione, gli italiani, in genere, dichiarano di interessarsi poco o per niente di politica (68,4%); tuttavia, chi è attivo in un’associazione mostra una passione maggiore, in particolare gli associati civici (59%) e quelli attivi in ambito ricreativo (53,2%). Tra i cittadini del Belpaese, la politica suscita prevalentemente sentimenti di rabbia o disgusto (40,2%), emozioni condivise in larga parte anche da chi prende parte ad un’associazione, per quanto gli attivisti civici (41,0%) e ricreativi (35,1%) considerino la politica anche un forma d’impegno che merita attenzione. L’interessamento verso la politica è poi strettamente connesso all’attenzione che si presta per l’operato delle istituzioni in cui si articola l’attività di governo, da quello centrale sino agli enti locali. Tra i non associati si rilevano le percentuali più elevate di disinteresse verso: “quello che fa e propone il governo” (65,4%), “quello che la Regione, o la Provincia, o il Comune in cui vive sta decidendo e discutendo in questi giorni” (62,2%), “quello che succede nel paese/città di residenza” (79,9%). Al contrario, gli associati in generale sono i cittadini che rispetto ai tre livelli di governance considerati presentano il coinvolgimento maggiore, e, nuovamente, le punte più elevate si riscontrano tra i partecipanti civici (la modalità molto/abbastanza interessato raccoglie rispettivamente l’84,8%, il 78,1% e il 90,5%) e quelli attivi in ambito ricreativo (81,8%, 72,7% e 89,6%). Vale la pena, infine, di osservare un’ultima forma di partecipazione latente e cioè la frequenza con sui si parla di politica. Considerando questo aspetto, si osserva che chi parla di politica almeno qualche volta alla settimana costituisce rispettivamente il 71,4%, il 63,6% e il 57,3% degli associati civici, ricreativi e solidaristici mentre tra i non partecipanti la quota si attesta su livelli molto più contenuti intorno al 42,8%. Insomma, sul terreno della partecipazione politica invisibile, l’attivismo all’interno di un’associazione in genere e in una civica in particolare sembra fare la differenza rispetto a chi non partecipa; infatti, accorpando le variabili precedenti con un indice sintetico si rileva il valore più elevato tra gli associati civici (6,6), seguiti da quelli attivi in ambito ricreativo (6,0) e poi dai solidali (5,6), mentre i più distanziati risultano essere coloro che non partecipano ad alcuna organizzazione (4,8). L’altra dimensione con cui analizzare l’affiliazione associativa è quella della partecipazione politica manifesta, che ricomprende diversi comportamenti che hanno a che fare con il campo politico. Le condotte considerate nell’indagine Itanes sono piuttosto variegate ricomprendendo sia risposte di tipo voice quando si comunica pubblicamente in forma organizzata o individuale la propria opinione su questioni di interesse generale, sia azioni connesse alla competizione politica tra partiti o ad una qualche forma di impegno a favore della comunità e per la tutela dei beni comuni. Come per la partecipazione invisibile, una prima linea di demarcazione nei comportamenti politici manifesti è quella tra il partecipare o meno ad un’associazione, in quanto gli attivisti presentano una maggiore propensione per tutti i tipi di azione politica, e tra questi in misura maggiore quelli civici. I tipi partecipativi, infatti, non si differenziano in relazione a specifici repertori d’azione ma per la diversa propensione nell’adozione di una condotta politica qualunque essa sia. I partecipanti ad un’associazione civica, pertanto, presentano le frequenze più elevate per tutti i tipi di azione politica considerati dall’indagine Itanes, e in misura maggiore nel caso dell’ascolto di dibattiti politici, la firma di referendum o leggi (50,5% contro il 20,3% del totale), dell’impegno di gruppo per risolvere un problema di interesse collettivo (41,9% vs. 12,7%) e dell’attività di propaganda di un candidato o di un partito (41,0 vs. 14,9%). Inoltre, anche tra partecipanti ad un’associazione solidaristica sono diffusi in misura significativa i comportamenti riconducibili alle community action nella forma dell’impegno in un organismo/consiglio (24,8%) o in un gruppo di amici e conoscenti (35,0%) sui problemi della comunità. La riduzione delle diverse forme di partecipazione manifesta in un indice sintetico consente di riconoscere i partecipanti civici come i più attivi politicamente e successivamente quelli con un orientamento solidaristico mentre gli attivisti in ambito ricreativo presentano il valore più basso (1,7). Tab. 4 Partecipazione politica manifesta secondo la partecipazione associativa Partecipazione associativa Ass. ricreativo Firmato per leggi o referendum Firmato per la presentazione di un candidato o di una lista Inviato lettere, reclami ad autorità pubbliche Scritto lettere ad un giornale Andato a sentire qualche dibattito politico Partecipato ad una manifestazione Soldi per un partito, candidato, giornale di partito Dedicato tempo o lavoro ad un partito Lavorato in organo o consiglio sui problemi della comunità Lavorato con qualche gruppo di amici o di conoscenti per risolvere un qualche problema del quartiere o del paese Cercato di convincere qualcuno a votare per un determinato partito o candidato Indice partecipazione politica manifesta3 Ass. civico Non Totale partecipa Ass. solidaristico 31,2 11,7 15,6 9,1 28,6 23,4 2,6 5,2 14,3 50,5 29,5 31,4 27,6 56,2 34,3 15,2 19,0 30,5 36,9 19,4 17,0 11,2 36,4 18,9 9,7 9,7 24,8 15,1 5,7 4,8 2,8 14,5 8,6 1,8 2,8 3,0 20,3 8,9 8,2 5,4 20,0 11,9 3,5 4,6 7,5 20,8 41,9 35,0 6,9 12,7 24,7 41,0 20,9 11,5 14,9 1,7 3,4 2,2 0,7 1,7 Fonte: Itanes 2001-2006 3 L’indice è costruito con la stessa tecnica statistica di quello con cui si è misurata la partecipazione politica invisibile. Per concludere, sembrerebbe sussistere una relazione ricorsiva tra il livello di dipendenza dell’associazione a cui si partecipa dal campo politico e i comportamenti politici individuali che condurrebbe a sostenere l’idea che la microfondazione di molte forme di partecipazione politica avvenga all’interno di reti associative che fungono da agenti di mobilitazione. Le reti associative, infatti, riducono i “costi della partecipazione, fornendo risorse di vario tipo (materiali, identitarie, morali, affettive, ecc.) anche ai cittadini meno provvisti, e saldano le componenti socio-psicologiche (micro) con quelle proprie della mobilitazione (macro), con un allineamento degli schemi interpretativi della realtà e un adattamento tra motivazioni individuali e costruzione sociale dei problemi sui quali vale la pena attivarsi (Melucci, 1982; Snow at al.; Sini, 1996; Della Porta & Diani, 1997). L’analisi svolta poco sopra indica come la capacità di mobilitazione delle reti associative non sia una proprietà intrinseca ma tenda a variare a seconda della loro natura e dell’ambiente istituzionale in cui operano. 4. Distanza sociale e appartenenze multiple Nell’analisi precedente emerge piuttosto chiaramente che l’attivismo politico individuale è connesso col tipo di partecipazione associativa espletato. Ma non solo. Un altro elemento di rilievo è che i partecipanti ad un’associazione, qualunque essa sia, presentano un grado di fiducia verso il sistema politico e un livello di mobilitazione politica maggiore rispetto a coloro che non sono né associati né volontari. Tale risultato sembrerebbe quindi supportare l’idea di Putnam secondo cui la partecipazione associativa sviluppa una fiducia più elevata e un maggiore coinvolgimento individuale verso il processo politico. È bene aggiungere, poi, che se formalmente tutti i cittadini sono liberi di prendere parte alla vita politica, nella pratica si osservano dei differenziali considerevoli in considerazione di alcune categorie sociali. In effetti, il livello di competenza così come il sentirsi inclusi, rappresentati o quanto meno legittimati ad operare nel campo politico non possono essere considerate dei comportamenti indifferenziati all’interno dello spazio sociale. Se in precedenza ci si è mossi nella direzione di evidenziare le differenze tra i diversi orientamenti associativi (civico, solidaristico, ricreativo), sia sul piano dei significati dell’azione che sul rapporto con il campo della politica e dell’attivazioni di pratiche politiche, ora è opportuno approfondire i legami strutturali che sussistono tra di essi, considerando sia le appartenenze associative multiple, sia la posizione che i partecipanti, distinti secondo il tipo di associazione, occupano nello spazio degli attributi sociali. Per tale operazione, torna utile l’indagine multiscopo dell’Istat con cui si rileva la partecipazione sociale dei cittadini italiani attraverso una classificazione delle associazioni molto simile alla tassonomia degli orientamenti associativi ottenuta sui dati dell’indagine Itanes4. L’appartenenza multipla è un fenomeno trasversale nel senso che la partecipazione a un’associazione fa aumentare la probabilità di aderire anche a un’altra5. In particolare, chi è attivo in un’associazione ricreativa più frequentemente di altri partecipa alla vita associativa di un organizzazione di altro tipo (tab. 6). Un discreto legame strutturale si rileva anche tra i partecipanti alle associazioni civiche e ai gruppi di volontariato. Quando si considerano le principali caratteristiche socio-anagrafiche (genere, istruzione, posizione professionale, regione di residenza) si constata piuttosto chiaramente che l’impegno in un’associazione, a prescindere dal settore di attività, sia legato ai medesimi attributi. I partecipanti ad un’associazione, infatti, risultano essere prevalentemente: di genere maschile, residenti nelle regioni del Nord-Italia, studenti o preferibilmente occupati come liberi professionisti, dirigenti/quadri e impiegati, in possesso di una laurea o di un diploma di scuola superiore e con un’età non superiore ai 65 anni (tab. 5). Tali risultati non sono affatto in controtendenza rispetto a quanto emerge da altre indagini sulla partecipazione associativa6: gli associati in linea di tendenza presentano attributi legati allo status socio-economico, come il titolo di studio e la posizione sul mercato del lavoro, o risiedono in contesti territoriali dove, storicamente, si è radicata maggiormente l’azione volontaria in Italia (Istat, 2001). Ma tali variabili strutturali e di contesto, in buona parte, sono le stesse che empiricamente sono aiutano a identificare i gruppi sociali più inclini alla partecipazione politica (Istat, 2011). Pertanto, nello spazio sociale costruito secondo le più importanti variabili di differenziazione, sembra esservi un certo grado di prossimità tra partecipazione associativa e partecipazione politica, per cui sembrerebbe esservi una rapporto di corrispondenza tra posizioni sociali e disposizioni (o habitus) verso l’impegno sociale e politico (Bourdieu, 1979). In altri termini, il possesso di determinati attributi sociali sembra comportare una maggiore propensione alla partecipazione a prescindere cha avvenga in ambito strettamente politico o sociale. In effetti, il possesso di determinate risorse o di competenze tecniche e culturali unito alla posizione economico-funzionale sono spesso le determinanti che si utilizzano in ambito teorico per spiegare la partecipazione politica e per individuare gli attori più portati a mobilitarsi in un’azione collettiva (Della Porta & Diani, 1997; Edwards & McCarthy, 2004; Verba at al., 1995). 4 Nell’indagine Istat, infatti, si considera la partecipazione a riunioni di tre tipi di organizzazioni: gruppi di volontariato (partecipazione solidaristica), associazioni ecologiche/per i diritti civili/per la pace (partecipazione civiche), associazioni culturali ricreative (partecipazione ricreativa). 5 Il test del chi-quadro rileva sempre un relazione positiva la partecipazione ad associazioni distinte. 6 Il riferimento è diretto in particolare alle indagini sull’associazionismo sociale realizzate dall’Iref a partire dagli anni ottanta. Tab.5 Caratterizzazione socio-anagrafica della partecipazione associativa7 Partecipa associazioni Partecipa associazioni Partecipa associazioni volontariato civiche ricreativo-culturali Popolazione italiana Valor test % Valor test % Valor test % % Età: 18-29 7,7 17,1 5,4 19,4 7,3 16,3 12,6 Età: 30-45 7,0 28,4 - - 6,3 27,3 23,4 Età: 46-65 14,1 38,5 6,5 38,5 15,7 38,1 27,7 Condizione professionale: occupato 16,6 49,9 9,3 52,6 21,0 51,1 36,3 Condizione professionale: studente 8,8 11,5 7,9 15,8 11,4 12,0 7,4 Professione: direttivo, quadro 11,5 6,5 6,7 7,6 16,3 7,4 2,8 Professione: impiegato 16,7 30,8 9,1 32,9 21,2 32,0 19,2 9,7 6,7 5,0 7,1 13,8 7,5 3,4 Professione: libero professionista Area geografica: Italia Nord-Occidentale 4,2 24,0 - - 2,5 22,6 21,1 15,1 30,9 3,4 25,3 16,9 30,5 20,2 3,7 51,4 2,7 53,1 9,6 55,2 48,2 Titolo di studio: diploma 19,4 44,9 7,9 43,0 21,4 44,2 29,6 Titolo di studio: laurea 18,4 19,5 15,2 28,6 27,5 22,7 9,5 Distanza dall’origine (profilo “medio”) 11,6 Area geografica: Italia Nord-Orientale Sesso: maschio 53,6 8,6 0,0 Tab. 6 Appartenenze multiple tra le diverse forme di partecipazione associativa Partecipa associazioni volontariato Partecipa associazioni civiche Partecipa associazioni civiche 0,124 - Partecipa associazioni ricreativo-culturali 0,077 0,141 7 Partecipa associazioni ricreativo-culturali - Per ogni tipo di partecipazione sono riportate esclusivamente le variabili che la caratterizzano in base alla significatività statistica. Sebbene da una semplice analisi bivariata emerga che i profili associativi siano caratterizzati dai medesimi attributi, ad un esame più approfondito questi ultimi sembrano incidere con una diversa frequenza. A titolo esemplificativo, se la residenza nelle regioni dell’Italia nord-orientale contraddistingue in misura più che significativa la partecipazione ad un’associazione ricreativa (valor test8 pari a 16,9) ciò non avviene in egual misura tra chi è attivo in un’associazione civica (valor test uguale a 3,4). L’analisi delle radici sociali della partecipazione associativa, dunque, merita di essere sviluppata ulteriormente attraverso un’analisi statistica più sofisticata. E, in questa direzione, allargando lo spettro delle determinanti esplicative, può tornare utile un modello che sintetizza gli approcci più recenti per lo studio della partecipazione politica. Questo framework, denominato CLEAR (Can do, Like to, Enabled to, Asked to, Responded to), identifica cinque fattori alla base della partecipazione (Stoker, 2008). Il primo fattore è relativo alle competenze e alle risorse personali (la fiducia in sé, la capacità di parlare in pubblico o scrivere lettere, l’abilità di persuasione delle opinioni altrui, l’attitudine a organizzare eventi, ecc.) che ampliano il potenziale partecipativo individuale e che solitamente sono distribuite nella popolazione secondo lo status socioeconomico. Il secondo fattore è invece legato al senso di appartenenza a una comunità e al sentirsi parte di un gruppo, che si suppone possano incoraggiare le persone alla partecipazione. La terza determinante si fonda sull’idea che gruppi e reti civiche possano promuovere la partecipazione sociale essendo questa molto meno praticabile ‘in solitaria’. Con il quarto fattore si assume che i cittadini partecipino più frequentemente quando sono esplicitamente invitati a farlo, ad esempio, quando il sistema politico è aperto al loro coinvolgimento, come è avvenuto negli enti locali che hanno offerto l’opportunità di una gestione partecipata della cosa pubblica. Infine, il quinto fattore è strettamente connesso al senso di autoefficacia e cioè che il proprio coinvolgimento possa incidere sul processo politico. Sulla base delle dimensioni identificate dal modello CLEAR sono state selezionate le variabili dell’indagine multiscopo dell’Istat da considerare all’interno di un modello statistico costruito per individuare le determinanti della partecipazione in associazioni civiche, ricreative o di volontariato9. Ebbene, osservando i risultati dell’analisi espressi con un indice10 che misura la forza predittiva delle variabili, (fig. 1, tab.7) è piuttosto evidente che il fattore più rilevante affinché un individuo partecipi a un’associazione, senza distinguerne la natura, è la compresenza di un altro famigliare impegnato anch’egli nella stessa associazione o in una del medesimo tipo. Nel dettaglio, nei tre 8 Il valor test è una statistica che si utilizza per rilevare il grado di associazione tra modalità. Più è elevato il valor test e maggiore sarà il legame tra le variabili. 9 Il modello statistico utilizzato è una regressione logistica dove, alternativamente, la variabile dipendente è la partecipazione in associazioni civiche, ricreative o di volontariato. 10 L’indice varia da 0 a 100 (max forza predittiva) ed è costruito considerando la perdita di informazione che si riscontra nel modello escludendo una variabile, in termini di 2Log Likehood. modelli dove figurano di volta in volta come variabili dipendenti la partecipazione a un’associazione civica, ricreativa, di volontariato si osserva che la capacità esplicativa della variabile che rileva la presenza di un familiare nella stessa o in un’organizzazione simile è rispettivamente pari a 23,7, 36,1 e 25,4. È, invece, molto meno determinante l’evenienza della partecipazione di un proprio familiare in un’associazione di natura diversa da quella dell’intervistato. La similarità dei comportamenti partecipativi tra persone socialmente “vicine” non è nuova negli studi sulla partecipazione ad associazione volontarie (Knoke, 1990). I reticoli sociali, infatti, sembrerebbero formarsi seguendo il principio di omofilia, per cui le associazioni: “induce substantial homogeneity in members’ occupation, education, gender, and interest and beliefs. In effect, associations serve as social filters for screening out much variability that might expose members to diverse viewpoints. Thus, people who join a voluntary organization are very likely to encounter other members who already hold opinions with their own (Knoke, 1990: 1044). Inoltre, da una diversa angolazione, tale risultato rimanda al fatto che le preferenze e i comportamenti individuali si formano in base al sistema di valori della “cerchia di riconoscimento” del soggetto, legittimata a esprimere giudizi, direttamente o indirettamente, sulle sue scelte (Pizzorno, 2007). Sebbene in maniera meno evidente, il legame tra partecipazione associativa e background familiare si rinviene anche in considerazione delle variabili che descrivono il livello di politicizzazione familiare. Infatti, sulla partecipazione ad associazione civiche, che come si è visto in precedenza sono maggiormente legate al campo della politica, incidono in misura maggiore rispetto alle altre affiliazioni associative il fatto d’informarsi di politica tramite i parenti (indice della forza esplicativa pari a 5,8 e odds ratio pari 1,721), la presenza di almeno un familiare che nell’ultimo anno è stato attivo in un partito politico (1,5; 1,401) o che ha preso parte a un corteo (3,3; 1,645). Un altro elemento che tende a diversificare in maniera significativa i tre tipi di impegno associativo è la frequenza con cui ci si reca nei luoghi di culto. Infatti, questa variabile presenta la più alta capacità esplicativa sulla partecipazione in gruppi di volontariato (27,4) mentre quando si considerano altri tipi associativi tale forza diminuisce notevolmente. Nel complesso, comunque, la pratica religiosa è legata positivamente all’impegno associativo. Per spiegare l’attivismo civico, invece, risulta avere una forza predittiva relativamente maggiore la variabile con cui si chiede all’intervistato se sia d’accordo con l’opinione che “gran parte della gente è degna di fiducia” (8,0), il cui peso si attenua significativamente nelle altre reti associative. 40,0 35,0 30,0 25,0 20,0 Ass. civiche 15,0 Ass. ricreative Ass. volontariato 10,0 5,0 0,0 Figura 1 - Forza esplicativa delle variabili indipendenti Tab. 7 – Odds ratio nei tre modelli logistici Ass. Ass. Ass. Variabili civica ricreativa volontariato Posizione professionale dirigente 0.361 1.126 Variabili Ass. Ass. Ass. civica ricreativa volontariato 1.295 Uso d'internet sì, negli ultimi 3 mesi 2.881 2.444 2.134 2.557 2.085 1.608 2.764 1.818 1.373 2.119 2.565 7.463 1.091 2.097 4.681 0.833 1.656 2.699 direttivo, quadro 0.384 1.014 1.547 sì, da 3 mesi a 1 anno fa impiegato, intermedio 0.387 1.041 1.389 sì, più di 1 anno fa capo operaio, operaio 0.252 0.943 1.053 apprendista 0.228 0.819 1.213 imprenditore 0.297 1.302 1.562 libero professionista 0.293 1.280 1.651 Frequentazione chiesa tutti i giorni qualche volta a settimana 1 volta a settimana lavoratore in proprio 0.459 1.175 1.396 qualche volta al mese 0.710 1.367 1.820 coadiuvante 0.261 0.644 0.962 qualche volta all'anno 0.633 1.164 1.396 disoccupato 0.354 1.274 1.394 Soddisfazione situazione economica casalinga 0.243 1.066 1.096 Molto 1.017 1.668 1.231 Studente 0.553 1.326 2.121 abbastanza 0.734 1.207 0.999 poco 0.816 1.163 0.934 pensionato 0.379 0.287 1.411 1.187 1.574 1.689 tutti i giorni 3.642 2.892 2.953 13.093 6.140 5.697 più 1 volta a settimana 3.805 3.091 3.066 Diploma 7.712 4.293 4.956 una volta a settimana 2.655 2.184 2.303 Licenza media 6.324 3.127 3.916 qualche volta al mese 1.938 1.726 1.813 Licenza elementare 3.849 2.232 2.454 qualche volta all'anno 1.573 1.258 1.282 Sesso (Maschio) 1.149 1.349 1.160 Mai 1.265 0.653 1.162 Fiducia nella gente 1.779 1.469 1.426 altro non occupato Titolo di studio Laurea Frequentazione amici Regione Piemonte - Valle d’Aosta 0.907 1.085 1.064 Lombardia 0.800 1.158 0.931 Classi di età <24 0.321 0.338 0.571 0.393 0.433 0.743 Trentino Alto-Adige 1.152 1.836 2.004 25-34 Veneto 0.942 1.332 1.124 35-44 0.577 0.608 0.880 Friuli Venezia Giulia 0.682 1.338 1.266 45-54 0.750 0.723 0.967 Liguria 0.647 1.104 0.917 0.688 0.931 1.209 0.831 1.184 0.967 1.721 1.534 1.260 0.940 1.268 0.963 1.645 - 1.191 0.849 0.829 1.101 1.401 1.116 1.159 0.630 0.793 0.881 - 1.158 3.228 0.670 0.715 0.780 4.399 1.277 - 0.553 0.582 0.717 1.526 4.003 1.334 Molise 0.594 0.778 0.917 55-64 S'informa politica da parenti Familiari partecipano cortei Familiari attivi in partiti Familiari in ass. volontariato Familiari in ass. civiche Familiari in ass. ricreative Constante 0.001 0.004 0.002 Campania 0.722 0.547 0.541 Puglia 0.885 0.612 0.619 Basilicata 1.233 0.973 0.886 Calabria 0.857 0.760 0.769 Sicilia 0.428 0.555 0.637 Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Il livello d’istruzione si rileva significativo per la partecipazione sociale in genere e, in particolare, quando si è impegnati in un’associazione civica (l’odds ratio della laurea è pari a 13,093), caso in cui la probabilità di attivarsi è più legata al fatto di essere studente (0,552), un lavoratore in proprio (0,459) o un impiegato (0,386). Il discorso muta leggermente tra i partecipanti a un’associazione di volontariato o ricreativa, dove oltre agli studenti, anche pensionati, libero professionisti o imprenditori presentano i valori dell’odds ratio più elevati. Sulla base di queste risultanze, si potrebbe quasi sostenere che la partecipazione a un’associazione civica, dunque, dipenda più dalla dotazione di capitale culturale che di capitale economico. Un altro aspetto da tenere in considerazione in chiave esplicativa è la regione geografica, che presenta un potere predittivo discretamente elevato nel caso della associazioni ricreative e di volontariato. Il fatto di risiedere in alcuni regioni (Trentino Alto-Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Emilia Romagna), dove sono più diffuse le istituzioni non-profit (Istat, 2001), comporta una probabilità maggiore di attivarsi in questo tipo di organizzazione. Al contrario, l’appartenenza a un’associazione civica si caratterizza meno facilmente in termini territoriali. 5. Conclusioni Per ripercorrere in pochi passaggi il discorso concluso poco sopra, si può affermare che dall’analisi empirica emergono degli orientamenti associativi distinti, ognuno dei quali legato al campo della politica con un diverso grado di dipendenza, e che tale diversità la si riscontra sia nella cultura associativa sia nei comportamenti politici individuali. E, infine, che il differente coinvolgimento politico tra gli associati rimanda, almeno in parte, alla diversa posizione occupata all’interno dello spazio sociale e all’appartenenza a determinate reti sociali, sebbene alcune determinanti appaiano simili. Questi risultati consentono di esprimere alcune considerazioni su due questioni che possiamo in questa sede definire “teoria dei vasi comunicanti” e “fallacia interazionista”. Con la prima ci si riferisce all’idea che la diffusione delle organizzazioni di terzo settore debba essere interpretata in primo luogo alla luce della caduta dell’appartenenza ai partiti e della loro forza nell’offrire risorse identitarie. Tale ipotesi non sembra del tutto convincente, da un lato, in base ai risultati delle analisi svolte che non mostrano una contrapposizione tra partecipazione sociale e partecipazione politica convenzionale, dall’altro, considerando che, storicamente, lo sviluppo dell’associazionismo in Italia è avvenuto parallelamente alla strutturazione e diffusione dei principali partiti di massa (si pensi in questa direzione al fenomeno del collateralismo delle organizzazioni sociali). Con l’espressione “fallacia interazionista”, invece, il riferimento è all’idea che le reti associative, prescindendo dal loro radicamento nella realtà sociale (dal punto di vista strutturale, culturale, politico, ecc.), producano dotazioni di capitale sociale fungibili per una pluralità di scopi o che il fatto stesso di associarsi sia un fluidificante della partecipazione politica. In realtà, uno dei principali risultati dell’analisi mostra come a reti associative con caratteristiche distinte corrispondano diversi livelli di coinvolgimento politico degli associati. Inoltre, le reti associative non possono considerarsi in assoluto dei facilitatori dei processi di democratizzazione di una società. I reticoli fiduciari agiscono in tal senso a seconda della relazione che s’instaura con la sfera politica (Tilly, 2007) e dalla loro capacità di distribuire risorse per ridurre la disuguaglianza strutturale tra i cittadini, favorendo la partecipazione anche di quelli più svantaggiati. Bibliografia Beck U. (2000), La società del rischio, Carocci, Roma. Bourdieu P. (1979), La distinzione, Il Mulino, Bologna. Bourdieu P. (2005), Proposta politica. Andare a sinistra, Castelvecchi, Roma. Crozier M., Huntington S.P., Watanuki J. (1975), The Crisis of Democracy, New York University Press, New York. Dalton R. J. (1999), “Political Support in Advanced Industrial Democracies”, in Norris P. , Critical Citizens: global support for democratic governance, Oxford, Oxford University press. Dalton R.J., Wattenberg M.P., (2000), Parties without partisans: political change in advanced industrial democracies, Oxford, Oxford University Press. Della Porta D., I partiti politici, 2009, Bologna, Il Mulino. Della Porta D., Diani M. (1997), I movimenti sociali, La Nuova Italia Scientifica, Roma. Donati P, Colozzi I. (2004), Il terzo settore in Italia: culture e pratiche, Milano, FrancoAngeli. Edwards B., McCarthy J.D. (2007), “Resources and Social Movement Mobilization”, in Snow D.A., Soule S.A., Kriesi H., The Blackwell companion of social movements, Oxford, Blackwell pubblications. Friedland R., Alford R.R. (2000), “Tornare alla società: simboli, pratiche e contraddizioni”, in Powell W.W., DiMaggio P.J. (2000), Il neoistituzionalismo nell’analisi organizzativa, Torino, Edizioni comunità. Godbout J. (1993), Lo spirito del dono, Torino, Bollati Boringhieri. Inglehart R., Catterberg G. (2002), “Trends in Political Action: The Development Trends and Posthoneymoon Decline”, International Journal of Comparative Sociology, 34, pp.300-317. Istat (2001), Le istituzioni in Italia, Roma. Istat (2011), La vita quotidiana del 2010, Roma. Klingemann, H.D. e Fuchs, D. (1995), Citizen and the State, Oxford, Oxford University Press. Lori M. (2000), “I tre volti dell’azione volontaria”, in IREF, L’impronta civica. Le forme di partecipazione sociale degli italiani”, Roma, Edizioni Lavoro. Melucci A. (1982), L’invenzione del presente, Il Mulino, Bologna. Melucci A. (1991), “L’azione volontaria tra sistema politico e società civile” in Tomai B., Associazionismo, volontariato e nuova cittadinanza sociale, Cernusco, Cens. Norris P. (2002), Democratic Phoenix: Reinventing Political Activism, Cambridge University Press, Cambridge. Norris P. (2011), Democratic Deficit: Critical citizen revisited, Cambridge University Press, Cambridge. Pharr, S.J. e Putnam, R.D. (2000), Disaffected Democracies: What’s Troubling the Trilateral Countries?, Princeton, Princeton University Press. Pharr S. J., Putnam R. D., Dalton R. J. (2000), “A Quarter-Century of Declining Confidence”, Journal of Democracy, 11, 2, pp. 5-25. Pizzorno A. (1993), Le radici della politica assoluta, Milano, Feltrinelli. Putnam, R.D. (1993), La tradizione civica nelle regioni italiane, Milano, Mondadori. Putnam, R.D. (2000), Bowling Alone: The Collapse and Revival of American Community, New York, Simon & Schuster. Raniolo F., La partecipazione politica, 2008, Bologna, Il Mulino. Sani G. (1996), “Partecipazione politica”, in Enciclopedia delle Scienze Sociali, Roma, Treccani. Snow D.A. (1986), “Frame alignment processes, micromobilization, and movement participation”, American Sociological Review, 51, pp. 464-81. Stoker G. (2008), Perché la politica è importante. Come far funzionare la democrazia, Vita e Pensiero, Milano. Tilly C., (2007), La democrazia, Bologna, Il Mulino. Thornton P.H., Ocasio W. (2008), “Institutional Logics”, in Greenwood R., Oliver C., Shalin K., Suddaby R., The sage Handbook of organizational institutionalism, London, Sage publications. Zukin, S, DiMaggio, P. ( 1990), Structures of Capital: The Social Organization of the Economy, Cambridge University Press, Cambridge.