quale relazione?

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quale relazione?
Impegno nel sociale e interesse per la politica:
quale relazione?
di
Massimo Lori
Stefania Della Queva
Manuela Nicosia
Paper for the Espanet Conference
“Innovare il welfare. Percorsi di trasformazione in Italia e in Europa”
Milano, 29 Settembre — 1 Ottobre 2011
Massimo Lori, ricercatore Istat, [email protected]
Stefania Della Queva, ricercatrice Istat,
Manuela Nicosia, ricercatrice Istat,
Impegno nel sociale e interesse per la politica
1. Introduzione
La riflessione sulla crisi delle democrazie occidentali che dalla fine degli anni settanta si è protratta
sino ad oggi, è stata alimentata in primo luogo dalla constatazione del constante declino della
partecipazione e dalla disaffezione dei cittadini verso la politica (Crozier et al., 1975; Klingmann &
Fuchs, 1995; Stoker 2008; Russell, 2000). In effetti, sul lungo periodo, le indagine empiriche volte
a rilevare i sentimenti e gli atteggiamenti dei cittadini verso le principali istituzioni del sistema
politico, mostrano una contrazione delle forme di partecipazione politica istituzionalizzate, come il
voto elettorale e l’attivismo all’interno dei partiti politici.
I risultati delle survey, infatti, sia lungo la distinzione introdotta da Easton tra sostegno diffuso e
sostegno specifico sia attraverso la considerazione tra orientamenti affettivi e valutativo-cognitivi di
Almond e Verba, mostrano una marcata sfiducia verso la classe
politica tout court e le
organizzazioni partitiche ma anche una significativa mancanza di credibilità del parlamento e delle
altre istituzioni politiche, sebbene sia ancora molto diffuso il consenso verso i principi e i valori
democratici (Pharr at al., 2000, Stoker, 2008; Dalton & Wattenberg, 2000; Dalton, 1999).
Almeno a partire dagli anni settanta, in molte democrazie europee si è registrato un aumento
dell’astensionismo che, nel caso italiano, si è manifestato nella riduzione della quota dei votanti del
16% nel lasso di tempo compreso tra le elezioni nazionali del 1976 e del 2008. Parallelamente, i
partiti sembrano aver perso gran parte della propria funzione identificante, e cioè la capacità di
costituire e rafforzare le identità collettive (Pizzorno, 1993), se si considera, oltre al calo degli
iscritti, l’aumentata volatilità elettorale e, al contempo, la diminuzione della capacità di
penetrazione sociale ed integrativa dei partiti (Raniolo, 2007; Della Porta, 2009).
Le evidenze empiriche, pertanto, convergono nel segnalare l’erosione della legittimità del sistema
politico e una caduta del livello della partecipazione politica qualora però la si intenda
esclusivamente in senso convenzionale. In effetti, proprio il concetto di partecipazione politica è
stato oggetto di una profonda rivisitazione, pressoché in polemica con la crescente letteratura sul
declino dell’attivismo politico nelle società occidentali (Norris, 2011). In effetti, qualora si
considerassero anche le forme di partecipazione e mobilitazione non convenzionali (Barnes &
Kaase, 1979), dalla cosiddetta protest politics sino al consumo critico e responsabile, si
osserverebbe un trend crescente di forme di attivismo, in controtendenza rispetto alla frequenza di
comportamenti riconducibili alle forme tradizionali della partecipazione politica (Inglehart, 2002;
Norris, 2002). Da un tale punto di vista, prendendo atto della diffusione di un nuovo repertorio di
comportamenti sul terreno della mobilitazione collettiva e dell’attivismo civico, il concetto di
partecipazione politica andrebbe ridefinito lungo le componenti costitutive dall’azione: ‘chi’ prende
voce nella sfera pubblica (agencies o soggetti collettivi), i ‘mezzi’ che si adottano (e cioè i repertori
d’azione comunemente utilizzati per esprimere le posizioni politiche), e gli ‘obiettivi’ da realizzare
(i target che i partecipanti cercano di influenzare) (Norris 2002). In relazione alla prima di queste
dimensioni, come nuovi catalizzatori della partecipazione politica sono stati riconosciuti i
movimenti sociali, le associazioni civiche e di volontariato, le ong e i network transnazionali. Le
forme d’azione tipiche dei nuovi attori politici non sono più quelle tradizionali (l’iscrizione ad un
partito, il voto o il contattare un politico) ma hanno un carattere non-istituzionalizzato (attivismo su
internet, consumerismo, boicottaggio, scioperi non autorizzati, occupazione di edifici, ecc.). Per
quanto riguarda invece il target della protesta, questo non sarebbe necessariamente lo Stato nelle
sue varie articolazioni ma anche istituzioni altre come le multinazionali, gli organismi internazionali
e altre agenzie private o non-profit.
Questa definizione a maglie larghe del concetto di partecipazione politica, riconoscendo la
comparsa di nuove soggettività sulla scena politica organizzate prevalentemente nella forma di
associazioni volontarie, richiama la connessione tra processo democratico e partecipazione
associativa particolarmente cara alla riflessione politologica, in particolare quella di stampo liberale.
È ormai celebre il passo di Tocqueville in cui afferma che, contro la tirannide della maggioranza o
del despota e per il buon funzionamento del processo democratico, il libero associazionismo degli
individui è una risorsa fondamentale e insostituibile: “non c’è paese dove le associazioni siano più
necessarie, per impedire il dispotismo dei partiti o l’arbitrio del principe, che quelli dove l’assetto
sociale è democratico […] se gli individui non possono creare artificialmente e momentaneamente
qualcosa che rassomigli loro, non vedo nessun argine ad ogni sorta di tirannide”.
Tale tradizione di pensiero la si rintraccia anche nel dibattito attuale stimolato, in particolare, dal
lavoro di Putnam, convinto sostenitore della funzione che l’associazionismo svolge per
l’affermazione di una democrazia vibrante e il buon rendimento delle istituzioni pubbliche (Putnam,
1993). Secondo il politologo statunitense, il capitale sociale, inteso come fiducia, norme e reti
associative che regolano la convivenza civica, agisce positivamente sul buon governo e
sull’organizzazione politica di una società, a due livelli. Il primo attiene gli effetti esterni del
capitale sociale, quando le associazioni diventano gli strumenti per la trasmissione e classificazione
della domanda politica. Il secondo livello su cui ha effetto il capitale sociale riguarda la produzione
di virtù civiche, reciprocità e fiducia generalizzata quando le associazioni si configurano come
palestre di democrazia promuovendo il confronto e il dialogo interpersonale.
Ma il riconoscimento di una dimensione politica al libero associarsi dei cittadini, manifestatosi
quantitativamente negli ultimi decenni come una vera e propria “rivoluzione associativa” (Istat,
2002), si può riscontrare anche in studiosi molto lontani da Putnam. La crisi delle istituzioni
politiche della prima modernità e la nascita di nuove forme di attivismo possono essere comprese
come il risultato dei processi di modernizzazione riflessiva (Beck, 2000). Il concetto di sub-politica
starebbe proprio ad indicare l’apertura di uno spazio pubblico agito dai movimenti sociali e
associazioni grassroots che in sostituzione delle precedenti istituzioni rappresentative, in primo
luogo i partiti politici, si presentano come gli agenti socialmente legittimati a operare per la
costruzione del bene comune e dell’interesse generale, sullo sfondo dei problemi emergenti tipici di
una società del rischio (Klingemann & Fuchs, 1995; Beck, 2000).
Insomma, diversità teoriche a parte, il dibattito attuale sembra enfatizzare la dimensione politica
dell’associazionismo, sia lungo il tradizionale assioma liberale che lega la pratica democratica alla
vitalità associativa dei cittadini, sia con il riconoscimento di nuovi attori collettivi, che in modo non
istituzionalizzato rispetto al repertorio tradizionale allargano i confini della politica.
A un elevato livello di astrazione è più che sostenibile l’idea che le reti associative siano i luoghi di
produzione simbolica con cui si può esprimere la domanda politica, come è avvenuto con
l’insorgenza dei movimenti sociali degli ultimi decenni e, in particolare, con il diffondersi della
protesta ambientalista. Ciononostante, la questione di comprendere in che misura le realtà
organizzative del cosiddetto terzo settore promuovano la partecipazione politica dei cittadini merita
sicuramente una maggiore attenzione. Innanzitutto, in ragion del fatto che la galassia delle
organizzazioni di terzo settore è difficilmente riconducibile ai medesimi sistemi d’azione, ambienti
istituzionali e genus. Del resto, l’ambiguità semantica e la ridondanza di definizioni e concetti per
riferirsi al mondo della solidarietà denotano l’incapacità degli stessi attori della società civile di
riconoscersi all’interno di cornici cognitive comuni. Dal punto di vista organizzativo, infatti, il terzo
settore è riconducibile a diverse logiche istituzionali e cioè
modelli sopraorganizzativi di
comportamento attraverso i quali gli individui e le organizzazioni producono e riproducono la loro
esistenza materiale ed organizzano lo spazio e il tempo (Aldford & Friedland, 2000). Le logiche
istituzionali non sono altro che sistemi simbolici, modi di ordinare la realtà e di rendere in tal modo
significativa l’esperienza del tempo e dello spazio, e che consentono agli individui e alle
organizzazioni di produrre e riprodurre la propria sussistenza materiale. Le logiche e gli ordini
istituzionali orientano l’agire sociale vincolandone sia i fini che i mezzi per raggiungerli, creano
non solo ciò che ha valore, ma le regole attraverso le quali tale valore si misura e si distribuisce
(Thorton & Ocasio, 2008). Le logiche istituzionali, pertanto, permeano i microcosmi strutturati in
cui operano gli agenti, fornendo la cosmologia che rende i mezzi dell’azione significativi e la
coppia mezzi-fini come appropriata e naturale.
A partire da tali presupposti teorici, il presente lavoro intende analizzare il ruolo che forme distinte
di partecipazione associativa, relative a differenti campi organizzativi, assolvono nel promuovere la
partecipazione politica dei cittadini. Nel dettaglio, nel secondo paragrafo si individueranno
differenti
modalità di partecipazione associativa in relazione alle motivazioni alla base del
coinvolgimento e delle finalità dell’azione. Nel terzo paragrafo, i differenti tipi di associazionismo
saranno messi in relazione al campo politico, considerando sia il grado di politicizzazione
dell’associazione di appartenenza, sia l’impegno individuale verso la politica. Il quarto, infine,
paragrafo sarà invece dedicato a proiettare nello spazio sociale i partecipanti ad associazioni di
diversa natura e a individuare le determinanti alla base dell’affiliazione associativa.
Le elaborazioni statistiche su cui si sviluppa l’analisi sono state eseguite sui dati della survey
longitudinale dell’istituto Cattaneo Itanes 2001-2006 Progetto cultura politica e dell’indagine
multiscopo sulle famiglie dell’Istat (anno 2011).
2. Verso una classificazione dell’azione associativa
L’eterogeneità e la complessità del fenomeno associativo rendono piuttosto difficile qualsiasi
operazione di sintesi volta a individuare il milieu, le identità collettive, le pratiche e il repertorio
d'azione delle diverse associazioni del settore nonprofit italiano. Del resto, come ha notato Donati,
la partecipazione associativa risponde ai bisogni interni dei mondi della vita quotidiana e non solo;
inoltre, rispetto ad altre forme organizzative del terzo settore, quella dell’associazione è la più
generalista e a-specifica (Donati & Colozzi, 2007). Nonostante le indagini statistiche
sull’associazionismo, in genere, tendano a lambire la superficie del fenomeno, scontrandosi con
l’impossibilità tecnica di analizzare il contesto della partecipazione e la dinamica delle interazioni, i
dati statistici permettono di identificare i principali leitmotiv della partecipazione associativa in
Italia. Per tale scopo, a partire dai dati dell’indagine Itanes 2001-2006, si è pervenuti ad una
classificazione della galassia associativa considerando non tanto il settore di attività
dell’associazione e i legami strutturali derivanti dalle appartenenze associative multiple, quanto le
motivazioni alla base del coinvolgimento individuale e la descrizione dell’attività dell’associazione.
In tal modo i confini tra ambiti operativi distinti
(sport, cultura, assistenza sociale, ecc.) si
attenuano se l’azione associativa è connotata dai medesimi significati. Sicché, l’azione volontaria
svolta per l’organizzazione di corsi per disabili al fine di combatterne l’emarginazione, più che in
campo ludico-ricreativo come solitamente sono classificate le attività sportive, sarà classificata alla
stregua di quelle attività, spesso ricondotte al settore dell’assistenza sociale, con una forte valenza
solidaristica.
Nell’indagine realizzata dall’Istituto Cattaneo si individuano diverse motivazioni alla base della
partecipazione associativa. Il coinvolgimento individuale, se da un lato, può trarre origine da un
atteggiamento incline alla sociabilità e al bisogno di relazionarsi socialmente, dall’altro, può
derivare dalla ricerca del benessere fisico o da interessi e sensibilità legati al campo della cultura.
In altri casi, il movente è prevalentemente solidaristico, se l’obiettivo è quello di offrire aiuto ai più
svantaggiati oppure quando nasce dall’esigenza di impegnarsi in cause socialmente utili e dalla
necessità di supplire alle carenze dello stato sociale. Infine, l’impegno in un’associazione può avere
anche motivazioni meno “nobili” e più strumentali quando è finalizzata a migliorare la condizione
professionale individuale. Come naturale estensione delle motivazioni individuali, l’indagine Itanes
ricomprende nel repertorio delle azioni esplicabili all’interno dell’associazione le attività legate alla
sfera del tempo libero, l’impegno declinato sul piano politico, sociale o civico, e, infine, l’offerta
dei servizi del volontariato sociale e di solidarietà sociale.
Sulla base delle motivazioni individuali e della descrizione dell’attività svolta nell’associazione,
l’analisi statistica ha fatto emergere tre principali orientamenti d’azione dell’associazionismo. Il
primo, denominato per convenzione associazionismo solidaristico, raccoglie gli individui attivi
prevalentemente in associazioni religiose (44,2% contro il 30,7% del campione) e socioassistenziali (34,9% vs. 23,7%) che operano nell’ambito del volontariato sociale e per l’offerta di
servizi finalizzati alla promozione della solidarietà sociale (22,3% vs. 12,4%), e che indicano come
movente principale della partecipazione la possibilità di aiutare gli altri (48,1% contro il 22,8%).
Questa forma di associazionismo rimanda a una cultura della solidarietà e del servizio verso terzi,
particolarmente diffusa tra le associazioni attive nel settore socio-assistenziale, tipica dei sistemi di
dono della società contemporanea (Godbout, 1993; Lori, 2000). In essa si intravedono sia gli
elementi di filantropia tradizionale, d’ispirazione religiosa o laica, ma anche la risposta reattiva di
individui e realtà collettive all’intervento pubblico in relazione ai bisogni sociali (Melucci, 1991).
Il secondo orientamento ricomprende la partecipazione in un insieme di associazioni che, sebbene
eterogenee affrontano le questioni sollevate pubblicamente dai movimenti sociali più recenti, dal
fronte della difesa dei diritti civili sino a quello della tutela e salvaguardia dei beni comuni. In tali
casi, l’azione svolta è interpretata dagli associati innanzitutto come una forma di impegno civile
(41,9% vs. 11,3%) e sociale (35,2% vs. 10,5%) e, sul piano motivazionale, è giustificata
dall'urgenza di far fronte alle carenze dello Stato (23,8% vs. 5,7%) e dal senso di responsabilità
verso le questioni sociali (35,2% vs. 19,0%). Le forme di associazionismo riconducibili a questo
orientamento rimandano a quella
cultura civica che nelle democrazie anglosassoni è spesso
descritta con la categoria della community action (Almond & Verba, 1965). L’accento in questo
caso è sulla dimensione partecipativa dell’azione; si coltiva il sentimento dell’appartenenza
comunitaria e la responsabilità individuale verso la tutela dei beni comuni che può si manifestarsi in
iniziative volte a fare includere nell’agenda politico-programmatica le tematiche ritenute importanti
(Bassi, 2000) oppure assumere anche le forme della sfida simbolica: “un orientamento conflittuale
che investe i modi di costruzione dei codici culturali dominanti” (Melucci, 1991).
Tab. 1 Classificazione della partecipazione associativa
Variabile
Modalità
Associazionismo solidaristico
Attività svolta nell'associazione
Motivo della partecipazione
Attività svolta nell'associazione
Associazione a cui partecipa
Associazione a cui partecipa
Associazione a cui partecipa
Associazione a cui partecipa
Associazione a cui partecipa
Volontariato
La possibilità di aiutare gli altri
Solidarietà sociale
Religiose
Assistenziali
Cooperazione internazionale
Giovanili
Difesa dei diritti
Associazionismo civico
Attività svolta nell'associazione
Attività svolta nell'associazione
Motivo della partecipazione
Motivo della partecipazione
Motivo della partecipazione
Associazione a cui partecipa
Associazione a cui partecipa
Associazione a cui partecipa
Associazione a cui partecipa
Associazione a cui partecipa
Associazione a cui partecipa
Associazionismo ricreativo
Attività svolta nell'associazione
Associazione a cui partecipa
Motivo della partecipazione
Motivo della partecipazione
Impegno civile
Impegno sociale
L'urgenza di far fronte alle carenze dello Stato
Vantaggi professionali
L'esigenza di impegno sociale
Ambientaliste
Professionali
Pacifiste
Culturali
Centri Sociali
Difesa dei diritti
Attività del tempo libero
Sportive
Crescita culturale e benessere fisico
Il bisogno di stare con gli altri
% nel
gruppo
% nel
campione
66,0
48,1
22,3
44,2
34,9
12.6
3,4
7,8
53,1
31,6
22,8
12,4
30,7
23,7
10,2
2,9
6,6
41,9
35,2
23,8
15,2
35,2
16,2
21,9
10,5
26,7
5,7
8,6
27,1
11,3
10,2
5,7
4,6
19,0
7,3
11,5
5,31
19,5
3,5
6,6
98,7
67,5
44,2
48,0
19,8
20,6
29,9
13,9
20,3
Fonte: Itanes 2001-2006
Infine, il terzo orientamento associativo è quello dell’associazionismo ricreativo, dove le principali
ragioni addotte per argomentare il proprio coinvolgimento riguardano la ricerca della crescita
culturale e del benessere fisico (44,2% contro il 13,9% del campione) e il bisogno di stare con gli
altri (48,0% contro il 20,3%). L’associazione di affiliazione è attiva prevalentemente nel settore
sportivo (67,5% vs. 29,9%), in cui si è impegnati soprattutto nell’organizzazione delle attività del
tempo libero (98,7% vs. 20,6%). Questa forma di attivismo si presenta come il luogo in cui trova
espressione la soggettività individuale, non in termini solipsistici o egoistici, ma all’interno di una
dimensione collettiva. Sicché le istanze di autorealizzazione e le diverse inclinazioni individuali
(dalla cultura sino al tempo libero) si realizzano all’interno di un sistema di relazioni, e si trasforma
in forma ludica e leggera la realtà della vita.
3. Culture associative e cultura politica
La classificazione della partecipazione associativa prodotta dall’analisi statistica, sebbene piuttosto
astratta, mostra come si possano individuare diversi orientamenti sulla base dei significati e del
contenuti riconosciuti nell’azione. Le diverse forme di impegno sembrano essere radicate in
ambienti istituzionali distinti, ognuno caratterizzato da principi, norme, interessi e rapporti di forza
propri. Inoltre, è presumibile che i tre tipi di partecipazione possano distinguersi non solo in
considerazione delle finalità, ma anche in relazione alle forme e alle pratiche organizzative in cui è
ordinata a vari livelli la vita associativa, dalle relazioni interpersonali tra gli associati sino alle
modalità di acquisizione delle risorse economiche o al processo decisionale.
Le reti associative, dunque, non sono reticoli sociali “neutri” che fanno appello ai medesimi frame
mobilitanti e modalità d’azione, ma si differenziano per le forme con cui sono radicate nella società
sul piano strutturale, cognitivo, culturale e politico (Zukin & DiMaggio, 1990). Inoltre, la diversità
degli orientamenti associativi lascia presupporre un diverso grado di autonomia e interdipendenza
con gli altri campi in cui è organizzata la realtà sociale, e in particolare con quello politico inteso
come “luogo dove si generano, con il concorso di agenti che vi si trovano coinvolti, prodotti
politici, problemi, programmi, analisi, commenti, concetti, avvenimenti, tra i quali i cittadini
ordinari, ridotti allo status di consumatori, devono scegliere, con probabilità di malinteso tanto più
grandi quanto più essi sono lontani dal luogo della produzione” (Bourdieu, 2005:11). Infatti, la
rilevanza che assume il discorso e la pratica politica non sono invarianti rispetto al tipo di
partecipazione associativa. Nello specifico, se oltre il 30% dei partecipanti ai gruppi civici dichiara
di discutere spesso dei temi politici più recenti all’interno dell’associazione, tale quota scende al
12,6% e al 6,5% rispettivamente tra gli attivisti nelle organizzazioni solidaristiche e in quelle
ricreative. Inoltre, la presa di posizioni politiche o l’azione di pressione verso il governo è un evento
piuttosto frequente nell’ambito dell’associazionismo civico (32,4%), meno diffuso tra i gruppi di
volontariato (11,2%) e piuttosto raro tra quelli ricreativi (3,9%). Nel complesso, l’impegno politico
più ricorrente è l’attività di lobbying per influenzare le scelte delle istituzioni locali verso le quali,
comunque, tendono ad agire in misura maggiore le associazioni civiche (41,9%) e quelle
solidaristiche (20,9%). L’azione politica esercitata dalle associazioni non comporta necessariamente
l’organicità verso partiti o coalizioni politiche, sebbene le associazioni più attive politicamente, e
cioè quelle civiche, presentino un legame più stretto con gli attori politici tradizionali (21,0% contro
l’11,3% degli associati complessivi).
Tab. 2 Partecipazione associativa e campo politico
Ass. ricreativo
Ass. civico
Ass. solidaristico
Nell’associazione si discutono i problemi politici del momento
Spesso
6,5
30,5
12,6
Talvolta
31,2
36,2
26,7
Raramente
24,7
13,3
18,0
Mai
37,7
18,1
38,8
Non sa
1,9
3,9
Totale
16,2
30,2
18,0
33,0
2,6
L'associazione prende posizioni politiche o cerca di influenzare il governo
Sì
3,9
32,4
11,2
No
96,1
64,8
87,9
Non sa
2,9
1,0
15,5
83,2
1,3
L’associazione cerca di influenzare le azioni delle istituzioni locali
41,9
20,9
Sì
9,1
No
89,6
57,1
76,2
Non sa
1,3
1,0
2,9
24,2
73,7
2,1
L'associazione è vicina politicamente ad una coalizione o ad un partito
Sì
2,6
21,0
9,7
No
96,1
77,1
86,9
Non sa
1,3
1,9
3,4
11,3
86,1
2,6
Indice dipendenza dal campo politico1
0,224
Fonte: Itanes 2001-2006
0,436
0,288
0,321
In definitiva, l’associazionismo civico presenta un’autonomia dal campo politico (si veda l’indice
sintetico della tabella 2) molto minore rispetto alle altre modalità associative e in particolare rispetto
all’orientamento ricreativo. Ciò che rimane ancora da verificare è se i diversi orientamenti
associativi sottendono anche un diverso interesse dei partecipanti verso la politica. Per tale scopo il
coinvolgimento individuale sarà declinato, oltre che alla luce dell’ambito associativo, rispetto alle
due categorie con cui si è soliti distinguere la partecipazione politica. Con il concetto di
partecipazione politica invisibile si fa riferimento alla dimensione soggettiva dell’individuo, e cioè
1
L’indice, che sintetizza le variabili della tabella2, è stato costruito attraverso una tecnica statistica (CATPCA) di tipo
fattoriale e varia da 0 a 10.
al coinvolgimento psicologico e all’interesse emotivo-affettivo per quanto accade nel mondo
politico. Quello di partecipazione politica visibile, invece, considera l’adozione concreta di
comportamenti volti ad influenzare le decisioni della classe politica nonché la sua stessa selezione
(Raniolo, 2007).
Tab. 3 Partecipazione politica invisibile secondo la partecipazione associativa
Partecipazione associativa
Ass. ricreativo
Ass. civico
Ass. solidaristico
Non
partecipa
Totale
Si interessa di politica?
Molto/abbastanza
Poco/ per niente
Totale
53,2
46,8
100,0
59,0
41,0
100,0
42,2
57,8
100,0
26,9
73,1
100,0
31,6
68,4
100,0
Quali sentimenti suscita in Lei la politica?
Noia/indifferenza
Entusiasmo/passione
Rabbia/disgusto
Interesse/impegno
Diffidenza
Non sa
Totale
6,5
2,6
37,7
35,1
15,6
2,6
100,0
5,7
1,9
34,3
41,0
16,2
1,0
100,0
12,6
3,8
37,4
27,7
17,5
1,0
100,0
22,2
2,7
41,1
18,0
15,2
0,7
100,0
19,5
2,7
40,2
21,1
15,6
0,8
100,0
Interessato a quello che il governo fa e propone
Molto/abbastanza
81,8
Poco/ per niente
18,2
Totale
100,0
84,8
15,2
100,0
77,7
22,3
100,0
65,4
34,6
100,0
68,6
31,4
100,0
Interessato a quello che Regione, Provincia, Comune in cui vive sta decidendo e discutendo in questi giorni
Molto/abbastanza
72,7
78,1
69,4
62,2
64,4
Poco/ per niente
27,3
21,9
30,1
37,5
35,3
Non sa
0,5
0,3
0,3
Totale
100,0
100,0
100,0
100,0
100,0
Interessato a quello che succede nel Suo paese \ città
Molto/abbastanza
89,6
Poco/ per niente
10,4
Non sa
Totale
100,0
Con quale frequenza Le capita di parlare di politica?
Almeno qualche volta alla
63,6
settimana
Qualche volta alla settimana
46,8
Qualche volta al mese
16,9
Qualche volta all'anno
13,0
Mai
5,2
Non sa
1,3
Totale
100,0
90,5
9,5
100,0
82,0
18,0
100,0
79,9
20,1
0,1
100,0
81,1
18,8
0,1
100,0
71,4
57,3
37,5
42,8
36,2
15,2
8,6
4,8
100,0
38,8
18,9
13,6
10,2
100,0
25,8
22,7
19,9
19,5
0,4
100,0
28,8
21,6
18,3
17,0
0,4
100,0
6,6
5,6
4,8
5,1
Indice partecipazione politica invisibile2
6,0
Fonte: Itanes 2001-2006
2
L’indice è costruito con la stessa tecnica statistica di quello che misura la dipendenza del campo politico e varia nello
stesso intervallo.
Considerando la prima dimensione, gli italiani, in genere, dichiarano di interessarsi poco o per
niente di politica (68,4%); tuttavia, chi è attivo in un’associazione mostra una passione maggiore, in
particolare gli associati civici (59%) e quelli attivi in ambito ricreativo (53,2%). Tra i cittadini del
Belpaese, la politica suscita prevalentemente sentimenti di rabbia o disgusto (40,2%), emozioni
condivise in larga parte anche da chi prende parte ad un’associazione, per quanto gli attivisti civici
(41,0%) e ricreativi (35,1%) considerino la politica anche un forma d’impegno che merita
attenzione.
L’interessamento verso la politica è poi strettamente connesso all’attenzione che si presta per
l’operato delle istituzioni in cui si articola l’attività di governo, da quello centrale sino agli enti
locali. Tra i non associati si rilevano le percentuali più elevate di disinteresse verso: “quello che fa e
propone il governo” (65,4%), “quello che la Regione, o la Provincia, o il Comune in cui vive sta
decidendo e discutendo in questi giorni” (62,2%), “quello che succede nel paese/città di residenza”
(79,9%). Al contrario, gli associati in generale sono i cittadini che rispetto ai tre livelli di
governance considerati presentano il coinvolgimento maggiore, e, nuovamente, le punte più elevate
si riscontrano tra i partecipanti civici
(la modalità molto/abbastanza interessato raccoglie
rispettivamente l’84,8%, il 78,1% e il 90,5%) e quelli attivi in ambito ricreativo (81,8%, 72,7% e
89,6%).
Vale la pena, infine, di osservare un’ultima forma di partecipazione latente e cioè la frequenza con
sui si parla di politica. Considerando questo aspetto, si osserva che chi parla di politica almeno
qualche volta alla settimana costituisce rispettivamente il 71,4%, il 63,6% e il 57,3% degli associati
civici, ricreativi e solidaristici mentre tra i non partecipanti la quota si attesta su livelli molto più
contenuti intorno al 42,8%.
Insomma, sul terreno della partecipazione politica invisibile, l’attivismo all’interno di
un’associazione in genere e in una civica in particolare sembra fare la differenza rispetto a chi non
partecipa; infatti, accorpando le variabili precedenti con un indice sintetico si rileva il valore più
elevato tra gli associati civici (6,6), seguiti da quelli attivi in ambito ricreativo (6,0) e poi dai
solidali (5,6), mentre i più distanziati risultano essere coloro che non partecipano ad alcuna
organizzazione (4,8).
L’altra dimensione con cui analizzare l’affiliazione associativa è quella della partecipazione politica
manifesta, che ricomprende diversi comportamenti che hanno a che fare con il campo politico. Le
condotte considerate nell’indagine Itanes sono piuttosto variegate ricomprendendo sia risposte di
tipo voice quando si comunica pubblicamente in forma organizzata o individuale la propria
opinione su questioni di interesse generale, sia azioni connesse alla competizione politica tra partiti
o ad una qualche forma di impegno a favore della comunità e per la tutela dei beni comuni.
Come per la partecipazione invisibile, una prima linea di demarcazione nei comportamenti politici
manifesti è quella tra il partecipare o meno ad un’associazione, in quanto gli attivisti presentano una
maggiore propensione per tutti i tipi di azione politica, e tra questi in misura maggiore quelli civici.
I tipi partecipativi, infatti, non si differenziano in relazione a specifici repertori d’azione ma per la
diversa propensione nell’adozione di una condotta politica qualunque essa sia. I partecipanti ad
un’associazione civica, pertanto, presentano le frequenze più elevate per tutti i tipi di azione politica
considerati dall’indagine Itanes, e in misura maggiore nel caso dell’ascolto di dibattiti politici, la
firma di referendum o leggi (50,5% contro il 20,3% del totale), dell’impegno di gruppo per risolvere
un problema di interesse collettivo (41,9% vs. 12,7%) e dell’attività di propaganda di un candidato o
di un partito (41,0 vs. 14,9%). Inoltre, anche tra partecipanti ad un’associazione solidaristica sono
diffusi in misura significativa i comportamenti riconducibili alle community action nella forma
dell’impegno in un organismo/consiglio (24,8%) o in un gruppo di amici e conoscenti (35,0%) sui
problemi della comunità.
La riduzione delle diverse forme di partecipazione manifesta in un indice sintetico consente di
riconoscere i partecipanti civici come i più attivi politicamente e successivamente quelli con un
orientamento solidaristico mentre gli attivisti in ambito ricreativo presentano il valore più basso
(1,7).
Tab. 4 Partecipazione politica manifesta secondo la partecipazione associativa
Partecipazione associativa
Ass.
ricreativo
Firmato per leggi o referendum
Firmato per la presentazione di un candidato o di una lista
Inviato lettere, reclami ad autorità pubbliche
Scritto lettere ad un giornale
Andato a sentire qualche dibattito politico
Partecipato ad una manifestazione
Soldi per un partito, candidato, giornale di partito
Dedicato tempo o lavoro ad un partito
Lavorato in organo o consiglio sui problemi della comunità
Lavorato con qualche gruppo di amici o di conoscenti per
risolvere un qualche problema del quartiere o del paese
Cercato di convincere qualcuno a votare per un determinato
partito o candidato
Indice partecipazione politica manifesta3
Ass.
civico
Non
Totale
partecipa
Ass.
solidaristico
31,2
11,7
15,6
9,1
28,6
23,4
2,6
5,2
14,3
50,5
29,5
31,4
27,6
56,2
34,3
15,2
19,0
30,5
36,9
19,4
17,0
11,2
36,4
18,9
9,7
9,7
24,8
15,1
5,7
4,8
2,8
14,5
8,6
1,8
2,8
3,0
20,3
8,9
8,2
5,4
20,0
11,9
3,5
4,6
7,5
20,8
41,9
35,0
6,9
12,7
24,7
41,0
20,9
11,5
14,9
1,7
3,4
2,2
0,7
1,7
Fonte: Itanes 2001-2006
3
L’indice è costruito con la stessa tecnica statistica di quello con cui si è misurata la partecipazione politica invisibile.
Per concludere, sembrerebbe sussistere una relazione ricorsiva tra il livello di dipendenza
dell’associazione a cui si partecipa dal campo politico e i comportamenti politici individuali che
condurrebbe a sostenere l’idea che la microfondazione di molte forme di partecipazione politica
avvenga all’interno di reti associative che fungono da agenti di mobilitazione. Le reti associative,
infatti, riducono i “costi della partecipazione, fornendo risorse di vario tipo (materiali, identitarie,
morali, affettive, ecc.) anche ai cittadini meno provvisti, e saldano le componenti socio-psicologiche
(micro) con quelle proprie della mobilitazione (macro), con un allineamento degli schemi
interpretativi della realtà e un adattamento tra motivazioni individuali e costruzione sociale dei
problemi sui quali vale la pena attivarsi (Melucci, 1982; Snow at al.; Sini, 1996; Della Porta &
Diani, 1997). L’analisi svolta poco sopra indica come la capacità di mobilitazione delle reti
associative non sia una proprietà intrinseca ma tenda a variare a seconda della loro natura e
dell’ambiente istituzionale in cui operano.
4. Distanza sociale e appartenenze multiple
Nell’analisi precedente emerge piuttosto chiaramente che l’attivismo politico individuale è
connesso col tipo di partecipazione associativa espletato. Ma non solo. Un altro elemento di rilievo
è che i partecipanti ad un’associazione, qualunque essa sia, presentano un grado di fiducia verso il
sistema politico e un livello di mobilitazione politica maggiore rispetto a coloro che non sono né
associati né volontari. Tale risultato sembrerebbe quindi supportare l’idea di Putnam secondo cui la
partecipazione associativa sviluppa una fiducia più elevata e un maggiore coinvolgimento
individuale verso il processo politico. È bene aggiungere, poi, che se formalmente tutti i cittadini
sono liberi di prendere parte alla vita politica, nella pratica si osservano dei differenziali
considerevoli in considerazione di alcune categorie sociali. In effetti, il livello di competenza così
come il sentirsi inclusi, rappresentati o quanto meno legittimati ad operare nel campo politico non
possono essere considerate dei comportamenti indifferenziati all’interno dello spazio sociale. Se in
precedenza ci si è mossi nella direzione di evidenziare le differenze tra i diversi orientamenti
associativi (civico, solidaristico, ricreativo), sia sul piano dei significati dell’azione che sul rapporto
con il campo della politica e dell’attivazioni di pratiche politiche, ora è opportuno approfondire i
legami strutturali che sussistono tra di essi, considerando sia le appartenenze associative multiple,
sia la posizione che i partecipanti, distinti secondo il tipo di associazione, occupano nello spazio
degli attributi sociali. Per tale operazione, torna utile l’indagine multiscopo dell’Istat con cui si
rileva la partecipazione sociale dei cittadini italiani attraverso una classificazione delle associazioni
molto simile alla tassonomia degli orientamenti associativi ottenuta sui dati dell’indagine Itanes4.
L’appartenenza multipla è un fenomeno trasversale nel senso che la partecipazione a
un’associazione fa aumentare la probabilità di aderire anche a un’altra5. In particolare, chi è attivo
in un’associazione ricreativa più frequentemente di altri partecipa alla vita associativa di un
organizzazione di altro tipo (tab. 6). Un discreto legame strutturale si rileva anche tra i partecipanti
alle associazioni civiche e ai gruppi di volontariato.
Quando si considerano le principali caratteristiche socio-anagrafiche (genere, istruzione, posizione
professionale, regione di residenza) si constata piuttosto chiaramente che l’impegno in
un’associazione, a prescindere dal settore di attività, sia legato ai medesimi attributi. I partecipanti
ad un’associazione, infatti, risultano essere prevalentemente: di genere maschile, residenti nelle
regioni del Nord-Italia, studenti o preferibilmente occupati come liberi professionisti,
dirigenti/quadri e impiegati, in possesso di una laurea o di un diploma di scuola superiore e con
un’età non superiore ai 65 anni (tab. 5). Tali risultati non sono affatto in controtendenza rispetto a
quanto emerge da altre indagini sulla partecipazione associativa6: gli associati in linea di tendenza
presentano attributi legati allo status socio-economico, come il titolo di studio e la posizione sul
mercato del lavoro, o risiedono in contesti territoriali dove, storicamente, si è radicata
maggiormente l’azione volontaria in Italia (Istat, 2001). Ma tali variabili strutturali e di contesto, in
buona parte, sono le stesse che empiricamente sono aiutano a identificare i gruppi sociali più inclini
alla partecipazione politica (Istat, 2011). Pertanto, nello spazio sociale costruito secondo le più
importanti variabili di differenziazione, sembra esservi un certo grado di prossimità tra
partecipazione associativa e partecipazione politica, per cui sembrerebbe esservi una rapporto di
corrispondenza tra posizioni sociali e disposizioni (o habitus) verso l’impegno sociale e politico
(Bourdieu, 1979). In altri termini, il possesso di determinati attributi sociali sembra comportare una
maggiore propensione alla partecipazione a prescindere cha avvenga in ambito strettamente politico
o sociale. In effetti, il possesso di determinate risorse o di competenze tecniche e culturali unito alla
posizione economico-funzionale sono spesso le determinanti che si utilizzano in ambito teorico per
spiegare la partecipazione politica e per individuare gli attori più portati a mobilitarsi in un’azione
collettiva (Della Porta & Diani, 1997; Edwards & McCarthy, 2004; Verba at al., 1995).
4
Nell’indagine Istat, infatti, si considera la partecipazione a riunioni di tre tipi di organizzazioni: gruppi di volontariato
(partecipazione solidaristica), associazioni ecologiche/per i diritti civili/per la pace (partecipazione civiche),
associazioni culturali ricreative (partecipazione ricreativa).
5
Il test del chi-quadro rileva sempre un relazione positiva la partecipazione ad associazioni distinte.
6
Il riferimento è diretto in particolare alle indagini sull’associazionismo sociale realizzate dall’Iref a partire dagli anni
ottanta.
Tab.5 Caratterizzazione socio-anagrafica della partecipazione associativa7
Partecipa associazioni Partecipa associazioni Partecipa associazioni
volontariato
civiche
ricreativo-culturali
Popolazione
italiana
Valor test
%
Valor test
%
Valor test
%
%
Età: 18-29
7,7
17,1
5,4
19,4
7,3
16,3
12,6
Età: 30-45
7,0
28,4
-
-
6,3
27,3
23,4
Età: 46-65
14,1
38,5
6,5
38,5
15,7
38,1
27,7
Condizione professionale: occupato
16,6
49,9
9,3
52,6
21,0
51,1
36,3
Condizione professionale: studente
8,8
11,5
7,9
15,8
11,4
12,0
7,4
Professione: direttivo, quadro
11,5
6,5
6,7
7,6
16,3
7,4
2,8
Professione: impiegato
16,7
30,8
9,1
32,9
21,2
32,0
19,2
9,7
6,7
5,0
7,1
13,8
7,5
3,4
Professione: libero professionista
Area geografica: Italia Nord-Occidentale
4,2
24,0
-
-
2,5
22,6
21,1
15,1
30,9
3,4
25,3
16,9
30,5
20,2
3,7
51,4
2,7
53,1
9,6
55,2
48,2
Titolo di studio: diploma
19,4
44,9
7,9
43,0
21,4
44,2
29,6
Titolo di studio: laurea
18,4
19,5
15,2
28,6
27,5
22,7
9,5
Distanza dall’origine (profilo “medio”)
11,6
Area geografica: Italia Nord-Orientale
Sesso: maschio
53,6
8,6
0,0
Tab. 6 Appartenenze multiple tra le diverse forme di partecipazione associativa
Partecipa associazioni
volontariato
Partecipa associazioni
civiche
Partecipa associazioni civiche
0,124
-
Partecipa associazioni ricreativo-culturali
0,077
0,141
7
Partecipa associazioni
ricreativo-culturali
-
Per ogni tipo di partecipazione sono riportate esclusivamente le variabili che la caratterizzano in base alla significatività statistica.
Sebbene da una semplice analisi bivariata emerga che i profili associativi siano caratterizzati dai
medesimi attributi, ad un esame più approfondito questi ultimi sembrano incidere con una diversa
frequenza. A titolo esemplificativo, se la residenza nelle regioni dell’Italia nord-orientale
contraddistingue in misura più che significativa la partecipazione ad un’associazione ricreativa
(valor test8 pari a 16,9) ciò non avviene in egual misura tra chi è attivo in un’associazione civica
(valor test uguale a 3,4). L’analisi delle radici sociali della partecipazione associativa, dunque,
merita di essere sviluppata ulteriormente attraverso un’analisi statistica più sofisticata. E, in questa
direzione, allargando lo spettro delle determinanti esplicative, può tornare utile un modello che
sintetizza gli approcci più recenti per lo studio della partecipazione politica. Questo framework,
denominato CLEAR (Can do, Like to, Enabled to, Asked to, Responded to), identifica cinque fattori
alla base della partecipazione (Stoker, 2008). Il primo fattore è relativo alle competenze e alle
risorse personali (la fiducia in sé, la capacità di parlare in pubblico o scrivere lettere, l’abilità di
persuasione delle opinioni altrui, l’attitudine a organizzare eventi, ecc.) che ampliano il potenziale
partecipativo individuale e che solitamente sono distribuite nella popolazione secondo lo status
socioeconomico. Il secondo fattore è invece legato al senso di appartenenza a una comunità e al
sentirsi parte di un gruppo, che si suppone possano incoraggiare le persone alla partecipazione. La
terza determinante si fonda sull’idea che gruppi e reti civiche possano promuovere la partecipazione
sociale essendo questa molto meno praticabile ‘in solitaria’. Con il quarto fattore si assume che i
cittadini partecipino più frequentemente quando sono esplicitamente invitati a farlo, ad esempio,
quando il sistema politico è aperto al loro coinvolgimento, come è avvenuto negli enti locali che
hanno offerto l’opportunità di una gestione partecipata della cosa pubblica. Infine, il quinto fattore è
strettamente connesso al senso di autoefficacia e cioè che il proprio coinvolgimento possa incidere
sul processo politico.
Sulla base delle dimensioni identificate dal modello CLEAR sono state selezionate le variabili
dell’indagine multiscopo dell’Istat da considerare all’interno di un modello statistico costruito per
individuare le determinanti della partecipazione in associazioni civiche, ricreative o di volontariato9.
Ebbene, osservando i risultati dell’analisi espressi con un indice10 che misura la forza predittiva
delle variabili, (fig. 1, tab.7) è piuttosto evidente che il fattore più rilevante affinché un individuo
partecipi a un’associazione, senza distinguerne la natura, è la compresenza di un altro famigliare
impegnato anch’egli nella stessa associazione o in una del medesimo tipo. Nel dettaglio, nei tre
8
Il valor test è una statistica che si utilizza per rilevare il grado di associazione tra modalità. Più è elevato il valor test e
maggiore sarà il legame tra le variabili.
9
Il modello statistico utilizzato è una regressione logistica dove, alternativamente, la variabile dipendente è la
partecipazione in associazioni civiche, ricreative o di volontariato.
10 L’indice varia da 0 a 100 (max forza predittiva) ed è costruito considerando la perdita di informazione che si
riscontra nel modello escludendo una variabile, in termini di 2Log Likehood.
modelli dove figurano di volta in volta come variabili dipendenti la partecipazione a
un’associazione civica, ricreativa, di volontariato si osserva che la capacità esplicativa della
variabile che rileva la presenza di un familiare nella stessa o in un’organizzazione simile è
rispettivamente pari a 23,7, 36,1 e 25,4. È, invece, molto meno determinante l’evenienza della
partecipazione di un proprio familiare in un’associazione di natura diversa da quella
dell’intervistato.
La similarità dei comportamenti partecipativi tra persone socialmente “vicine” non è nuova negli
studi sulla partecipazione ad associazione volontarie (Knoke, 1990). I reticoli sociali, infatti,
sembrerebbero formarsi seguendo il principio di omofilia, per cui le associazioni: “induce
substantial homogeneity in members’ occupation, education, gender, and interest and beliefs. In
effect, associations serve as social filters for screening out much variability that might expose
members to diverse viewpoints. Thus, people who join a voluntary organization are very likely to
encounter other members who already hold opinions with their own (Knoke, 1990: 1044). Inoltre,
da una diversa angolazione, tale risultato rimanda al fatto che le preferenze e i comportamenti
individuali si formano in base al sistema di valori della “cerchia di riconoscimento” del soggetto,
legittimata a esprimere giudizi, direttamente o indirettamente, sulle sue scelte (Pizzorno, 2007).
Sebbene in maniera meno evidente, il legame tra partecipazione associativa e background familiare
si rinviene anche in considerazione delle variabili che descrivono il livello di politicizzazione
familiare. Infatti, sulla partecipazione ad associazione civiche, che come si è visto in precedenza
sono maggiormente legate al campo della politica, incidono in misura maggiore rispetto alle altre
affiliazioni associative il fatto d’informarsi di politica tramite i parenti (indice della forza esplicativa
pari a 5,8 e odds ratio pari 1,721), la presenza di almeno un familiare che nell’ultimo anno è stato
attivo in un partito politico (1,5; 1,401) o che ha preso parte a un corteo (3,3; 1,645).
Un altro elemento che tende a diversificare in maniera significativa i tre tipi di impegno associativo
è la frequenza con cui ci si reca nei luoghi di culto. Infatti, questa variabile presenta la più alta
capacità esplicativa sulla partecipazione in gruppi di volontariato (27,4) mentre quando si
considerano altri tipi associativi tale forza diminuisce notevolmente. Nel complesso, comunque, la
pratica religiosa è legata positivamente all’impegno associativo.
Per spiegare l’attivismo civico, invece, risulta avere una forza predittiva relativamente maggiore la
variabile con cui si chiede all’intervistato se sia d’accordo con l’opinione che “gran parte della
gente è degna di fiducia” (8,0), il cui peso si attenua significativamente nelle altre reti associative.
40,0
35,0
30,0
25,0
20,0
Ass. civiche
15,0
Ass. ricreative
Ass. volontariato
10,0
5,0
0,0
Figura 1 - Forza esplicativa delle variabili indipendenti
Tab. 7 – Odds ratio nei tre modelli logistici
Ass.
Ass.
Ass.
Variabili
civica
ricreativa volontariato
Posizione professionale
dirigente
0.361
1.126
Variabili
Ass.
Ass.
Ass.
civica ricreativa volontariato
1.295
Uso d'internet
sì, negli ultimi 3 mesi
2.881
2.444
2.134
2.557
2.085
1.608
2.764
1.818
1.373
2.119
2.565
7.463
1.091
2.097
4.681
0.833
1.656
2.699
direttivo, quadro
0.384
1.014
1.547
sì, da 3 mesi a 1 anno fa
impiegato, intermedio
0.387
1.041
1.389
sì, più di 1 anno fa
capo operaio, operaio
0.252
0.943
1.053
apprendista
0.228
0.819
1.213
imprenditore
0.297
1.302
1.562
libero professionista
0.293
1.280
1.651
Frequentazione chiesa
tutti i giorni
qualche volta a
settimana
1 volta a settimana
lavoratore in proprio
0.459
1.175
1.396
qualche volta al mese
0.710
1.367
1.820
coadiuvante
0.261
0.644
0.962
qualche volta all'anno
0.633
1.164
1.396
disoccupato
0.354
1.274
1.394
Soddisfazione situazione economica
casalinga
0.243
1.066
1.096
Molto
1.017
1.668
1.231
Studente
0.553
1.326
2.121
abbastanza
0.734
1.207
0.999
poco
0.816
1.163
0.934
pensionato
0.379
0.287
1.411
1.187
1.574
1.689
tutti i giorni
3.642
2.892
2.953
13.093
6.140
5.697
più 1 volta a settimana
3.805
3.091
3.066
Diploma
7.712
4.293
4.956
una volta a settimana
2.655
2.184
2.303
Licenza media
6.324
3.127
3.916
qualche volta al mese
1.938
1.726
1.813
Licenza elementare
3.849
2.232
2.454
qualche volta all'anno
1.573
1.258
1.282
Sesso (Maschio)
1.149
1.349
1.160
Mai
1.265
0.653
1.162
Fiducia nella gente
1.779
1.469
1.426
altro non occupato
Titolo di studio
Laurea
Frequentazione amici
Regione
Piemonte - Valle d’Aosta
0.907
1.085
1.064
Lombardia
0.800
1.158
0.931
Classi di età
<24
0.321
0.338
0.571
0.393
0.433
0.743
Trentino Alto-Adige
1.152
1.836
2.004
25-34
Veneto
0.942
1.332
1.124
35-44
0.577
0.608
0.880
Friuli Venezia Giulia
0.682
1.338
1.266
45-54
0.750
0.723
0.967
Liguria
0.647
1.104
0.917
0.688
0.931
1.209
0.831
1.184
0.967
1.721
1.534
1.260
0.940
1.268
0.963
1.645
-
1.191
0.849
0.829
1.101
1.401
1.116
1.159
0.630
0.793
0.881
-
1.158
3.228
0.670
0.715
0.780
4.399
1.277
-
0.553
0.582
0.717
1.526
4.003
1.334
Molise
0.594
0.778
0.917
55-64
S'informa politica da
parenti
Familiari partecipano
cortei
Familiari attivi in
partiti
Familiari in ass.
volontariato
Familiari in ass.
civiche
Familiari in ass.
ricreative
Constante
0.001
0.004
0.002
Campania
0.722
0.547
0.541
Puglia
0.885
0.612
0.619
Basilicata
1.233
0.973
0.886
Calabria
0.857
0.760
0.769
Sicilia
0.428
0.555
0.637
Emilia Romagna
Toscana
Umbria
Marche
Lazio
Abruzzo
Il livello d’istruzione si rileva significativo per la partecipazione sociale in genere e, in particolare,
quando si è impegnati in un’associazione civica (l’odds ratio della laurea è pari a 13,093), caso in
cui la probabilità di attivarsi è più legata al fatto di essere studente (0,552), un lavoratore in proprio
(0,459) o un impiegato (0,386). Il discorso muta leggermente tra i partecipanti a un’associazione di
volontariato o ricreativa, dove oltre agli studenti, anche pensionati, libero professionisti o
imprenditori presentano i valori dell’odds ratio più elevati. Sulla base di queste risultanze, si
potrebbe quasi sostenere che la partecipazione a un’associazione civica, dunque, dipenda più dalla
dotazione di capitale culturale che di capitale economico.
Un altro aspetto da tenere in considerazione in chiave esplicativa è la regione geografica, che
presenta un potere predittivo discretamente elevato nel caso della associazioni ricreative e di
volontariato. Il fatto di risiedere in alcuni regioni (Trentino Alto-Adige, Veneto, Friuli Venezia
Giulia, Toscana, Emilia Romagna), dove sono più diffuse le istituzioni non-profit (Istat, 2001),
comporta una probabilità maggiore di attivarsi in questo tipo di organizzazione. Al contrario,
l’appartenenza a un’associazione civica si caratterizza meno facilmente in termini territoriali.
5. Conclusioni
Per ripercorrere in pochi passaggi il discorso concluso poco sopra, si può affermare che dall’analisi
empirica emergono degli orientamenti associativi distinti, ognuno dei quali legato al campo della
politica con un diverso grado di dipendenza, e che tale diversità la si riscontra sia nella cultura
associativa sia nei comportamenti politici individuali. E, infine, che il differente coinvolgimento
politico tra gli associati rimanda, almeno in parte, alla diversa posizione occupata all’interno dello
spazio sociale e all’appartenenza a determinate reti sociali, sebbene alcune determinanti appaiano
simili.
Questi risultati consentono di esprimere alcune considerazioni su due questioni che possiamo in
questa sede definire “teoria dei vasi comunicanti” e “fallacia interazionista”. Con la prima ci si
riferisce all’idea che la diffusione delle organizzazioni di terzo settore debba essere interpretata in
primo luogo alla luce della caduta dell’appartenenza ai partiti e della loro forza nell’offrire risorse
identitarie. Tale ipotesi non sembra del tutto convincente, da un lato, in base ai risultati delle analisi
svolte che non mostrano una contrapposizione tra partecipazione sociale e partecipazione politica
convenzionale, dall’altro, considerando che, storicamente, lo sviluppo dell’associazionismo in Italia
è avvenuto parallelamente alla strutturazione e diffusione dei principali partiti di massa (si pensi in
questa direzione al fenomeno del collateralismo delle organizzazioni sociali).
Con l’espressione “fallacia interazionista”, invece, il riferimento è all’idea che le reti associative,
prescindendo dal loro radicamento nella realtà sociale (dal punto di vista strutturale, culturale,
politico, ecc.), producano dotazioni di capitale sociale fungibili per una pluralità di scopi o che il
fatto stesso di associarsi sia un fluidificante della partecipazione politica. In realtà, uno dei
principali risultati dell’analisi mostra come a reti associative con caratteristiche distinte
corrispondano diversi livelli di coinvolgimento politico degli associati. Inoltre, le reti associative
non possono considerarsi in assoluto dei facilitatori dei processi di democratizzazione di una
società. I reticoli fiduciari agiscono in tal senso a seconda della relazione che s’instaura con la sfera
politica (Tilly, 2007) e dalla loro capacità di distribuire risorse per ridurre la disuguaglianza
strutturale tra i cittadini, favorendo la partecipazione anche di quelli più svantaggiati.
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